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Copertina del libro La Grecia contemporanea 1974-2006 di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco e Ninni Radicini edito da Polistampa di Firenze La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007

Presentazione | Articoli di Ninni Radicini

| [] | Agrigento Capitale italiana della cultura 2025 | [] |

Fermoimmagine dal film Nosferatu con i personaggi di Hutter e del Conte Orlok poco dopo l'arrivo del primo nel Castello in Transilvania
Nosferatu: dal cinema al fumetto
 
Locandina della mostra Icone Tradizione-Contemporaneità - Le Icone post-bizantine della Sicilia nord-occidentale e la loro interpretazione contemporanea
Le Icone tra Sicilia e Grecia
 
Particolare dalla copertina del romanzo I Vicerè, scritto da Federico De Roberto e pubblicato nel 1894
Recensione "I Vicerè" | Review "The Viceroys"
 
Composizione geometrica ideata da Ninni Radicini
Locandine mostre e convegni
 
Fermoimmagine dal film tedesco Metropolis
Il cinema nella Repubblica di Weimar

La fotografa Vivian Maier
Vivian Maier
Mostre in Italia
Luigi Pirandello
«Pirandello»
Poesia di Nidia Robba
Fermo-immagine dal film Il Pianeta delle Scimmie, 1968
1968-2018
Il Pianeta delle Scimmie

Planet of the Apes - Review
Aroldo Tieri in una rappresentazione televisiva del testo teatrale Il caso Pinedus scritto da Paolo Levi
Aroldo Tieri
Un attore d'altri tempi

An Actor from another Era
Gilles Villeneuve con la Ferrari numero 12 nel Gran Premio di F1 in Austria del 1978
13 agosto 1978
Primo podio di Gilles Villeneuve

First podium for G. Villeneuve
Il pilota automobilistico Tazio Nuvolari
Mostre su Tazio Nuvolari
Maria Callas nel film Medea
Maria Callas
Articolo


Mostre e iniziative a cura di Marianna Accerboni: 2024-2022 | 2020-21 | 2019 | 2018 | 2017 | 2016 | 2015 | 2014 | 2013 | 2012 | 2011 | 2010 | 2009 | 2007-08

Grecia Moderna e Mondo Ellenico (Iniziative culturali): 2024-2019 | 2018 | 2017 | 2016 | 2015 | 2014 | 2013 | 2012 | 2011 | 2010-2009 | 2008 | 2007



Opere di Callum Innes in mostra a Napoli Callum Innes
termina lo 02 novembre 2024
alfonsoartiaco - Napoli
www.alfonsoartiaco.com

Per la sua prima mostra personale in galleria l'artista presenta 13 nuovi dipinti di grandi e medie dimensioni ed una serie di otto opere su carta. Astrazione e stratificazione, colore e rimozione. La pratica artistica di Callum Innes è fatta di numerosi passaggi, tempi lunghi di preparazione che evocano atmosfere cromatiche. I suoi dipinti sono geometrie luminose in cui la pittura a olio bianca o nera si alterna a colori brillanti e striati, dall'azzurro al viola, dal giallo al rosso. Opere che partendo dalla stessa impostazione rigorosa raggiungono una vasta gamma di effetti cromatici in cui poter cogliere la profondità delle sfumature. In mostra due tipologie di opere: gli "Exposed Paintings", dipinti su lino dalla forma quadrata, e dipinti circolari su supporto di legno compensato, definiti dall'artista "Tondos".

I dipinti "Exposed Paintings" vengono realizzati in serie attraverso un lento ed intenso processo di stratificazione di pittura ad olio applicata sulla tela di lino il cui risultato viene successivamente ricoperto di nero. Il lavoro si trova adesso nascosto da una coltre scura che viene parzialmente rimossa da numerosi lavaggi di trementina che dissolvono la vernice lasciando l'effetto delle tinte striate. L'operazione viene ripetuta varie volte alternando altri passaggi di colore fresco a quelli del diluente che li cancella. La parte della tela rimasta ancora nera viene quindi dipinta con un altro colore, dando vita ad una superficie luminosa e mutevole.

La serie dei "Tondos", una produzione più recente che crea una presenza in qualche modo scultorea dell'opera nello spazio, è realizzata con un processo molto simile ma che richiede un'interazione fisica differente dell'artista. Innes utilizza infatti pannelli circolari di legno compensato che esigono una preparazione a gesso e a vernice da cui scaturiscono risultanti di colori sempre differenti ma che conservano un rigoroso geometrismo. Dopo aver dipinto per anni su superfici squadrate, Innes ha notato come la forma del tondo occupi più spazio e si estenda in modo diverso sulla parete. L'assenza di angoli favorisce un senso di interazione più dinamica e coinvolgente tra lo spettatore e l'opera.

In galleria si alternano i lavori come campiture di tono su tono in cui lo spazio del dipinto è scandito con precisione: la bidimensionalità delle opere è solo apparente, nascosta nelle profondità delle striature e delle sfumature, in una misurata divisione dei vuoti e dei pieni. I dipinti di Callum Innes pongono lo spettatore di fronte a paesaggi astratti e cadenzati il cui ritmo è dato dalla lenta stratificazione e trasformazione del colore. (Comunicato di presentazione)




Opera a inchiostro su carta di cm 33x24 denominata Herman Melville realizzata da Matteo Guarnaccia nel 2021 Matteo Guarnaccia
"Santi e Briganti - Immagini e pensieri da una coscienza ispirata dall'amore"


17 ottobre (inaugurazione) - 09 novembre 2024
Galleria Antonio Colombo - Milano
www.colomboarte.com

Nel Magic Bus, project room della galleria, sarà esposto l'ultimo grande progetto concepito dall'artista Matteo Guarnaccia prima della sua prematura scomparsa. Si tratta di una serie che vede oltre 100 ritratti originali con i quali celebra personaggi che, nel corso della storia, hanno scosso le fondamenta del pensiero convenzionale. I ritratti sono un omaggio a musicisti, filosofi, poeti, artisti, guru e outsider che hanno rivoluzionato la propria epoca.

David Bowie, Vivienne Westwood, Ipazia, San Francesco, Bob Dylan e Buddha sono solo alcune delle figure iconiche catturate da Guarnaccia con il suo tratto inconfondibile, carico di significati simbolici e profondità emotiva. Ogni ritratto è un'esplorazione visiva che cattura l'essenza di queste figure ribelli, celebrando la loro capacità di sfidare lo status quo e la loro influenza rivoluzionaria nel plasmare nuovi modi di pensare.

Matteo Guarnaccia (Milano 1954-2022) artista e storico del costume, è stato una figura di riferimento della cultura visionaria contemporanea. Già negli anni settanta è stato protagonista della scena controculturale europea, con la sua rivista psichedelica, "Insekten Sekte”. I suoi lavori compaiono su importanti riviste e cataloghi. Si è occupato di moda con vari progetti. Ha scritto e disegnato oltre sessanta "saggi” dedicati alle avanguardie e alle sottoculture del Novecento, pubblicati da diversi editori.

"... Per me, la creatività, è un dovere biologico. Sono un grande curioso, e per decenni mi sono occupato, e mi occupo, di portare a termine le mie curiosità attraverso la pittura, i disegni, i collage, la scrittura e le azioni... Ho disegnato, disegnato... scritto tutto quello che mi ha attraversato. L'arte è luce e nutrimento...L'amore è la più alta forma di consapevolezza..." (Matteo Guarnaccia)

In occasione dell'opening della mostra, sarà presentato il volume Santi e Briganti. Ritratti gentili di artisti, rivoluzionari e guru, edito da ShaKe Edizioni, che raccoglie gli oltre cento ritratti in mostra, accompagnati da citazioni e riflessioni sui protagonisti, tracciando un percorso che ripercorre non solo le vite di queste figure emblematiche, ma anche lo straordinario cammino artistico di Matteo Guarnaccia. Con 256 pagine illustrate e 108 tavole in grande formato, il volume rappresenta un'importante testimonianza dell'eredità lasciata da Guarnaccia alla cultura contemporanea. Un'opera che va oltre la semplice raccolta di ritratti, offrendo una narrazione che intreccia arte, filosofia e storia, e rendendo omaggio all'eterna curiosità e allo spirito rivoluzionario dell'artista. (Estratto da comunicato stampa)

Immagine:
Matteo Guarnaccia, Herman Melville, 2021, inchiostro su carta cm. 33x24




Dipinto in acrilico su tela di cm. 64x64 denominato Origine del giardino compromesso realizzato da Ugo La Pietra nel 2022 Ugo La Pietra
"Il mio giardino"


24 ottobre (inaugurazione ore 18) - 30 novembre 2024
Paula Seegy Gallery - Milano
www.paulaseegygallery.com

.. 19 novembre, ore 18, presentazione in anteprima del libro "Il Giardino delle Delizie", di Ugo La Pietra, Manfredi Edizioni

Mostra personale di Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino - Pescara - 1938), figura di spicco nel campo dell'arte, architettura e design. La mostra ospita un corpus di 27 opere in gran parte inedite tra acrilici su tela, su legno e lavori su carta, frutto della ricerca dell'artista sul rapporto tra l'uomo e la natura, con una particolare attenzione ai giardini urbani e domestici. Nei lavori in mostra, La Pietra esplora il tema del giardino come spazio reale e simbolico, topos a lui molto caro. L'artista infatti conduce da decenni una ricerca che si muove tra i territori dell'arte visiva e del progetto, mantenendo un'attenzione costante per i temi ambientali e urbani.

In particolare, l'esposizione riflette sul ruolo del giardino come luogo di rifugio e contemplazione, oasi nell'arido contesto urbano contemporaneo, su cui l'uomo impone le proprie leggi di geometria e struttura. Il giardino diventa così una metafora della relazione tra artificio e natura, ordine e caos, in cui l'intervento umano cerca di definire e dominare le leggi dell'ambiente stesso. Al contempo, come afferma Ugo La Pietra, esso rimane "meta di riposo psicofisico, luogo dove coltivare contemporaneamente la spettacolarità e la concettualità, spazio organizzato per il piacere, espressione del superfluo, sinonimo di ‘paradiso', paradigma di atemporalità e universalità ".

A questo proposito la serie "Il Giardino delle Delizie" (2020) evoca l'idea di quel giardino "paradisiaco" come spazio mentale in cui l'intervento umano si mescola armoniosamente con l'ambiente che lo circonda. Tra i lavori più emblematici si distingue anche la serie dei "Gazebi" del 2023-24, come "Casetta alberata" e "Gazebo Gotico", che ritrae piccoli rifugi immersi nel verde, dove l'artificio architettonico si sposa con l'elemento naturale.

Emerge con chiarezza un intreccio tra immaginazione e rigore progettuale, tra poesia e pragmatismo, un gioco tra geometria e l'imprevedibilità della natura. Attraverso il suo linguaggio Ugo La Pietra ci invita a guardare al giardino da prospettive diverse, come luogo di piacere estetico e come spazio di riflessione sulle dinamiche tra uomo e ambiente. Accompagna la mostra la pubblicazione "Il mio giardino", edita dalla Paula Seegy Gallery, con introduzione di Ugo La Pietra, testi critici di Marco Meneguzzo e Simona Bartolena, e immagini di tutte le opere esposte. (Estratto da comunicato ufficio stampa IBC Irma Bianchi Comunication)

Immagine:
Ugo La Pietra, L'origine del giardino compromesso, 2022, acrilico su tela cm. 64x64




Opera di Paolo Maione nella mostra denominata Rasna Paolo Maione
"Rasna"


09 novembre 2024 (inaugurazione ore 18.00) - 10 gennaio 2025
Galleria Alessandro Bagnai - Firenze
www.galleriabagnai.it

La prima personale di Paolo Maione a cura di Vittoria Coen. Nella poetica di Maione, ricca di umorismo, è chiaramente percepibile un legame con gli archetipi dell’antichità, seppur nascoste dietro ad una apparente comica leggerezza. Il titolo, Rasna, rimanda al termine che la civiltà etrusca usava per designare sé stessa in contrapposizione alle denominazioni attribuite da Greci e Romani. Allo stesso modo, il lavoro dello scultore toscano rifiuta l’accostamento a uno stile ben delineato, ma si evolve secondo un processo di ricerca autonoma.

In questa mostra Paolo Maione presenta un nuovo ciclo di maioliche e sculture in bronzo in cui il ciuco, elemento iconografico a cui l'artista da sempre fa riferimento, prosegue il suo viaggio, in un continuo gioco di umoristiche metamorfosi, ironiche ascesi e allucinate citazioni. Questa figura simbolo è l’antieroe per eccellenza, rappresentato in diverse pose e situazioni nelle quali giochi di parole e non sense contribuiscono a comporre i titoli delle opere stesse. (Comunicato stampa)




Due fotografie in mostra a Trieste "URBAN Unveils the City and its Secrets" (URBAN svela la città e i suoi segreti)
10 ottobre - 09 novembre 2024
Palazzo Poste - Trieste

Un tributo ai luoghi che spesso non conosciamo o non abbiamo guardato abbastanza. Il percorso rappresenta una selezione di opere presentate a "URBAN Photo Awards", uno dei più importanti concorsi fotografici a livello internazionale, cui nel 2024 hanno presentato la propria candidatura circa 17.000 fotografi provenienti da ogni parte del mondo. Giunto alla sua quindicesima edizione, "URBAN" ha la missione di raccontare, attraverso scatti di grande sensibilità e pregio, l'ingegno, l'operosità, la poesia e l'arte che animano la vita urbana in ogni luogo del mondo. Così come Poste Italiane è parte integrante della vita quotidiana delle persone, la mostra offre uno sguardo sulle storie, gli occhi e le anime delle "persone del mondo".

Le fotografie, scattate "on the road" in città di ogni latitudine, catturano le molteplici sfumature della vita urbana, rendendo così omaggio alla complessità e alla bellezza del vivere metropolitano, immortalate così in uno scatto. La mostra, organizzata dalle Associazioni culturali dotArt e Exhibit Around APS, rientra tra i principali eventi del Trieste Photo Day - Festival Internazionale di Fotografia che da 11 anni porta la grande fotografia mondiale nel cuore di Trieste. (Comunicato stampa)




Opera di Gianfranco Anastasio denominata Tempo Attesa Opera di Gianfranco Anastasio denominata Tempo Bianco Fotografia che riprende Gianfranco Anastasio nel suo studio Opera di Gianfranco Anastasio denominata Guardiani Gianfranco Anastasio
"Con gli occhi della mente"


05 ottobre - 15 novembre 2024
Galleria Carta Bianca - Catania
www.galleriacartabianca.it

Una prestigiosa personale di Gianfranco Anastasio (Messina, 1956), artista storicamente legato alla galleria, ormai alla sua terza presenza dopo le mostre del 1999 e del 2009.

Claudio Cerritelli, il critico di riferimento dell'Astrazione italiana, così scriveva di Anastasio su un quaderno che sarà presente all'inaugurazione: "Nei discorsi sulla pittura astratta è spesso prevalsa la convinzione che il colore debba sempre calibrare la sua temperatura originaria per essere luce che vive nello spazio dell'opera, non a caso la sua pregnanza si identifica nella qualità manuale del pittore che ne disvela il volto senza ancora conoscerlo. In questa fase di accertamento, la superficie dipinta non è solo rispondente al processo esecutivo e alle sue pratiche materiali ma evoca soprattutto l'idea che "dipingere è pensare con gli occhi", definizione che Anastasio propone nelle sue "scritture bastarde" parallele alla pittura. Le riflessioni teoriche e i frammenti aforistici nascono dall'esperienza sedimentata in lunghi anni di analisi del rapporto tra progetto e opera....

Gli esegeti della pittura di Anastasio (da Crispolti a Caramel, da Barbera a Frazzetto, da Meneguzzo a Bazzini) hanno indicato secondo angolazioni diverse un ampio campo di riferimenti che attingono alla linea aniconica del contemporaneo. Queste radici oggettivamente verificabili vanno ricondotte alla soggettività di un pensiero basato su assonanze che l'artista trasforma in dati esperienziali, legati alle antinomie del vissuto. Dunque, non riducibili ad un citazionismo reverenziale, rivelatori piuttosto di differenti dislivelli immaginativi: disciplina e trasgressione, volontà affermativa e abbandono estatico, linee di fermezza e forme di spaesamento spaziale, entità misurabili....

Per Anastasio la dimensione del colore è plurale, si nutre di luci dove ogni elemento è calibrato in termini di relazione, infatti un colore preso in sé stesso non è mai intenso come quando si manifesta insieme ad altri colori. Non sempre questa considerazione incontra i favori dei pittori astratti, ma in questo caso può dirsi aderente alla posizione anomala ed eretica del nostro artista, alla sua necessità di infrangere le regole del sistema linguistico iper-aniconico. Quello che resta è la promessa imperfetta di una nuova durata" - così ha scritto l'artista alla ricerca di nuovi orizzonti, tramutando le ombre interiori in nuove promesse di luce, in perpetuo dialogo con il futuro della pittura... All'interno di questa tensione creativa recita un ruolo decisivo il movimento perpetuo della memoria tra il passato e il futuro, essendo il presente solo un punto di passaggio relativo a ciò che la pittura è stata e vuole ancora essere, aperta ai giorni a venire e agli sguardi futuri."

Racconta Gianfranco Anastasio: "Il testo, pubblicato nel quaderno, è stato scritto da Claudio Cerritelli pochi mesi prima che ci lasciasse. Stavamo lavorando a una mostra che poi non è stato possibile organizzare, non c'è stato tempo. Era stato al mio studio a Messina in compagnia di Francesco Rovella per vedere i lavori recenti, poi ci siamo incontrati più volte a Milano con lunghe discussioni caratterizzate da un'autentica passione per la pittura, sulla sua necessità e vitalità, ma anche piene di ironia e curiosità, nel labirinto del suo studio pieno di libri e di opere, seduti al bar o passeggiando per le strade dei Navigli." (Comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Gianfranco Anastasio, Tempo Attesa
2. Gianfranco Anastasio nel suo studio 3. Gianfranco Anastasio, Guardiani
4. Gianfranco Anastasio, Tempo Bianco





Locandina della mostra di Alfredo Rapetti Mogol denominata La musica delle parole Alfredo Rapetti Mogol
"La musica delle parole"


12 ottobre - 30 novembre 2024
ARCgallery - Monza

Alfredo Rapetti Mogol, noto per la sua carriera di autore di testi musicali e artista visivo, presenta la sua mostra personale. Questa esposizione offre una selezione di opere che riflettono il suo percorso artistico, in cui la scrittura si intreccia con la pittura e la scultura. La serata è presentata dal critico Fortunato D'Amico. Nella sua ricerca, Rapetti Mogol esplora l'ambivalenza tra oggetto e concetto, utilizzando materiali vari come carta, tela, piombo, marmo, cemento e gesso. Le sue opere si caratterizzano per un processo creativo in cui la scrittura diventa un elemento visivo, trasformandosi in pittura e scultura.

Le serie "Lettere" e "Mappe del cielo" sono esempi di come l'atto del dipingere si unisca a quello dello scrivere, rendendo la tela un foglio bianco che raccoglie pensieri e messaggi. Inoltre, l'artista utilizza tecniche come la scomposizione alfabetica per creare segmenti letterari che sfidano il fruitore a decodificare il senso delle frasi. Questo approccio invita a un'interazione attiva con le opere, richiedendo attenzione e partecipazione.

Alfredo Rapetti Mogol (Milano, 1961) cresce in un ambiente creativo che lo porta a lavorare nel campo della grafica e dell'editoria fin da giovane. La sua passione per la pittura emerge nel 1996, portandolo a collaborare con maestri milanesi come Alessandro Algardi e Mario Arlati. Oltre alla sua carriera artistica, ha scritto testi per numerosi successi musicali ed è stato presente in mostre personali e collettive sia in Italia che all'estero.Tra i suoi riconoscimenti, spiccano le partecipazioni alla Biennale d'Arte di Venezia nel 2007 e nel 2011. Negli ultimi anni ha esposto in diverse gallerie e musei, consolidando la sua reputazione nel panorama artistico contemporaneo. (Comunicato stampa)




Locandina di presentazione della mostra Il cinema nei manifesti cubani dalla Collezione Bardellotto "Ciak! Cuba"
Il cinema nei manifesti cubani dalla Collezione Bardellotto


20 ottobre 2024 - 31 marzo 2025
Museo nazionale Collezione Salce - Treviso

Questa esposizione, realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio di Treviso-Belluno, celebra i manifesti cinematografici cubani, recentemente insigniti del prestigioso riconoscimento "Memory of the World" dall'UNESCO, provenienti dalla Collezione Bardellotto. Dal 1959, poco dopo la rivoluzione, l'ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos) ha preso vita, trasformando il cinema in uno strumento fondamentale per esprimere e promuovere la nuova identità culturale cubana. I cubani, noti per la loro passione per il cinema, hanno visto nascere una vivace produzione locale, affiancata dai migliori film provenienti dal resto del mondo, che hanno rimpiazzato gradualmente le pellicole nordamericane.

Accanto a quest'istituzione, il cartel de cine ha preso forma, affidato a grafici locali, molti dei quali autodidatti. Nonostante le sfide economiche, questi artisti hanno dimostrato una creatività straordinaria, guadagnandosi riconoscimenti internazionali. Nomi come Eduardo Muñoz Bachs, Rafael Morante, Antonio Reboiro, René Azcuy, Antonio Pérez González (Ñiko) e Alfredo Rostgaard hanno dato vita a opere uniche, tutte realizzate a mano e stampate in serigrafia, per sostenere il panorama cinematografico dell'isola.

Si pensò in particolare a creare un nuovo cinema che si smarcasse da tutti i punti di vista dallo schema commerciale hollywoodiano. Si decise così che anche le locandine dei film dovessero essere ripensate, evitando i canoni affermati (grandi volti delle star, scene madri, slogan suggestivi) dei manifesti cinematografici tradizionali. I nuovi carteles (prodotti in tecnica serigrafica 51x76 cm) furono così liberati della loro funzione pubblicitaria e lasciarono ai disegnatori grafici piena libertà interpretativa del film, contribuendo a una vera propria rivoluzione visuale e concettuale del pubblico delle sale cinematografiche El cartel de cine diventerà a tutti gli effetti un'opera d'arte esposta nelle strade. I Carteles sono un fenomeno grafico unico (che perdura ancora oggi a Cuba), di eccezionale qualità e creatività artistica, punto di incrocio di stili e forme espressive diverse, isola felice di libertà in un paese dove ogni forma di comunicazione visiva è posta sotto rigidi controlli.

La mostra si sviluppa in due sedi: la prima a Santa Margherita, dedicata ai grandi maestri, e la seconda a San Gaetano, dove sono ripercorsi i legami tra la grafica cubana e quella italiana. Qui si dà la possibilità di confrontare manifesti cubani e italiani per gli stessi film, un'occasione per scoprire affinità e differenze culturali. A San Gaetano si documenta l'evoluzione della grafica con l'introduzione del computer. Cinque giovani grafici cubani, affiancati dal grande cartellonista italiano Renato Casaro, presentano nuove interpretazioni per il film "Signore e Signori" di Pietro Germi, vincitore della Palma d'Oro a Cannes nel 1966.

Con oltre trecento manifesti e bozzetti originali, molti dei quali unici, questa mostra ripercorre una delle stagioni più affascinanti della grafica del Novecento. Durante questi anni, la comunicazione visiva ha giocato un ruolo cruciale, trasmettendo messaggi di positività anche in tempi difficili. La mancanza di risorse ha stimolato una creatività capace di assimilare e reinterpretare spunti dall'America e dall'Europa. Le opere esposte dimostrano la varietà, i colori e la forza che caratterizzano il Laboratorio Cubano della Grafica.

Questa mostra è un'opportunità unica per immergersi in un'epoca di comunicazione visiva efficace, rivelando la libertà espressiva dei grafici cubani. I visitatori potranno apprezzare come il Cartel Cubano vada oltre la mera promozione, raccontando l'Idea e l'Ideale di una nazione attraverso un linguaggio creativo ricco e variegato. (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI di Sergio Campagnolo)




Opera di Carla Accardi Opera di Dadamaino Avanguardie al Femminile
Accardi - Apollonio - Dadamaino


19 settembre - 15 novembre 2024
Tornabuoni Arte - Firenze
www.tornabuoniart.com

Una mostra unica che riunisce tre delle più importanti protagoniste dell'arte italiana del dopoguerra: Carla Accardi (1924-2014), Marina Apollonio (1940) e Dadamaino (1934-2004). Con oltre 40 opere, che abbracciano la seconda metà del XX secolo, la galleria vuole rendere omaggio al fondamentale e personale contributo che ognuna di loro ha dato all'evoluzione dell'arte astratta.

Il percorso espositivo inizia al piano terra dove troviamo i lavori di Carla Accardi, di cui per altro quest'anno si celebra il centenario della nascita, e Dadamaino. Si apre con Assedio Rosso n.3 (1956) dell'Accardi, una tela di oltre un metro e mezzo di lunghezza, in cui è racchiuso tutto il suo linguaggio fatto di segni, simboli e colore, esposta anche al Palazzo delle Esposizioni a Roma per la retrospettiva a lei dedicata proprio per il centenario. Realizzato pochi anni dopo lo scioglimento di Forma 1 - un movimento artistico da lei fondato a Roma nel 1947 insieme, tra gli altri, a Giulio Turcato, Pietro Consagra, Piero Dorazio e Achille Perilli - il dipinto richiama alcuni degli ideali del gruppo che enfatizzava l'importanza dell'astrazione e rifiutava ogni forma di realismo e rappresentazione figurativa.

A testimoniare la sua ricerca del periodo successivo, è presente anche un monumentale quadro del 1967, lungo quasi quattro metri, su sicofoil, un materiale plastico trasparente, che sostituisce il tradizionale supporto della tela e caratterizza il quadro stesso come un diaframma luminoso, un esempio iconico di una delle serie più note dell'Accardi. È dedicato alla critica d'arte Carla Lonzi, alla quale la pittrice fu legata da uno straordinario sodalizio durato circa un decennio, e con cui fondò Rivolta Femminile, all'inizio degli anni Settanta, uno dei primi movimenti femministi in Italia. Con Assedio Rosso n.3 è stato esposto alla LIX Biennale di Venezia del 2022, dove tutte e tre le nostre artiste sono state scelte, tra le altre, dalla curatrice Cecilia Alemani con dei lavori storici (alcuni prestati dalla Tornabuoni Arte) a indicare la significativa e fondamentale eredità che hanno lasciato.

Dell'Accardi, qui in mostra, troviamo anche Arancio verde del 1972-76, dove c'è un ritorno ad una pittura più tradizionale, una pittura su stoffa, di grandi dimensioni, di forte impatto cromatico. Sempre su tela sono le opere che dagli anni Ottanta arrivano al Duemila, scelte per questa occasione, dove la sua sperimentazione è sempre più indirizzata verso il colore, fatta eccezione per Bianco nero, del 2004, memoria di un'astrazione ridotta nei segni e nella tavolozza più vicino all'Informale degli anni '50.

Dadamaino, pseudonimo di Edoarda Emilia Maino, più giovane di un decennio, mentre l'Accardi operava a Roma tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi dei Sessanta, Dadamaino si trovava, invece, a Milano. Autodidatta, affascinata dalla pittura, casualmente, scopre in una vetrina un quadro di Fontana, e, influenzata dalla corrente dello Spazialismo, elabora una sua personale versione delle opere con i buchi dell'artista che intitola Volumi, di cui vediamo alcuni esempi qui esposti. Grandi ovali ritagliati nella tela monocroma, che ne rivelano il bianco retrostante: il buco diventa il negativo, il vuoto, e la tela è percepita non più come superficie ma come spazio tridimensionale.

Sono anche gli anni in cui Dadamaino frequenta il bar Giamaica a Milano, dove, nel 1957, conosce Piero Manzoni, con cui nasce una profonda amicizia. Manzoni la invita ad esporre i suoi Volumi nella galleria Azimut, spazio autogestito dal gruppo di cui faceva parte insieme a Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani. Agli inizi degli anni Sessanta, in questa sua veloce parabola creativa, l'artista intraprende la sperimentazione optical, una nuova percezione, un nuovo modo di vedere, che coinvolge anche la partecipazione dello spettatore.

Il delicato Oggetto ottico-dinamico (1963-65), precedentemente esposto al Centre Pompidou a Parigi e successivamente al Guggenheim di Bilbao, è la chiara dimostrazione della sua capacità di spingersi nella ricerca e testimonia anche la sua partecipazione al movimento internazionale "Nove Tendencija" di Zagabria, una delle maggiori espressioni dell'arte cinetica, alla quale prese parte anche Marina Apollonio, più o meno negli stessi anni.

Dadamaino, come Carla Accardi, abbandona la tela come supporto in favore delle potenzialità della plastica, lasciando solo i segni, il movimento, il gesto. In mostra anche le delicate Passo dopo passo, 1988, e Sein und Zeit, 1999, dove interviene minuziosamente su fogli trasparenti di poliestere con numerosi trattini di inchiostro di china, per lo più nero. Trattini che si susseguono a distanze regolari, cambiando inclinazione, secondo concentrazioni e diramazioni, creando un movimento dinamico delle superfici, quasi fossero delle maree. Nella serie raffinatissima degli Interludi, di cui abbiamo tre esempi del 1981, realizzati sempre con la stessa tecnica a mano libera, leggera, ma definita da rigore e metodo, il poliestere viene sostituito dalla carta.

A Marina Apollonio è riservato il primo piano della galleria. L'artista è di sicuro una delle rappresentanti più significative del movimento ottico-cinetico internazionale. Già nei primi anni Sessanta, hanno inizio le sue ricerche sulla percezione visiva, sulla creazione di stimoli percettivi attraverso una combinazione di forme pure. Con gli esponenti dell'Arte Optical condivide una visione di un'arte depersonalizzata in opposizione al concetto di astrazione espressiva. Nei lavori della serie Dinamica Circolare, qui esposti, Apollonio ha ideato dei congegni meccanici che mettono in movimento le sue sinuose spirali bicolori, inserendo una dimensione cinetica al dinamismo ottico delle sue opere.

Si aggiunge a questa serie Blu su rosso fluorescenti 6A, 1966-68, che si distingue dalle altre per l'uso del colore, fluorescente appunto, su masonite. Marina Apollonio è un artista meticolosa, rigorosa che ha sempre continuato nella sua ricerca visiva - dalla pittura alla scultura e al disegno, dalle opere statiche a quelle in movimento - a inventare, a sperimentare nuovi materiali, abbracciando le innovazioni tecnologiche del suo tempo, pur mantenendo una programmazione geometrica, matematica, non lasciando mai niente al caso. (Comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Opera di Carla Accardi
2. Opera di Marina Apollinio
3. Opera di Dadamaino

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Dadamaino. Gli anni '80 e '90, l'infinito silenzio del segno
Associazione Culturale Renzo Cortina - Milano, giugno-luglio 2014
Catalogo della mostra




Dipinto in acrilico su tela di cm 50x50 denominato Il Lyskamm realizzato da Sandra Tenconi nel 2023 Dipinto in acrilico su tela di cm 70x100 denominato Ghiacciaio e rocce realizzato da Sandra Tenconi nel 2019. Sandra Tenconi
"Montagne 1960-2024"


21 novembre (inaugurazione ore 18) - 26 gennaio 2025
Spazio per le Arti Contemporanee del Broletto - (Pavia)
www.vivipavia.it

Il senso della Natura attraverso una ricerca appassionata e silenziosa, che si riflette in una pittura figurativa che arriva a frantumare l'immagine al limite dell'informale. Per Sandra Tenconi (Varese, 1937), artista visiva, diplomatasi a Brera con Aldo Carpi e Domenico Cantatore negli anni Sessanta, la natura è da sempre riferimento primo della sua poetica, senso profondo dell'esistenza e spunto per una intensa ricerca pittorica tra volumi e colori. Organizzata dal Comune di Pavia, la mostra, a cura di Francesca Porreca, presenta oltre novanta opere fra disegni, tele e pastelli, alcune delle quali mai esposte.

I soggetti principali delle opere in mostra non sono semplici diorami di luoghi, ma diventano espressioni di stati d'animo e sentimenti interiori. Lo Skyline delle vette montuose, in particolare, occupa un posto speciale nella sua opera: dalle Alpi italiane alle cime svizzere, fino alle vette della Shenandoah Valley negli Stati Uniti, ogni paesaggio montano viene trasformato in una sorta di "ritratto" spirituale, dove la materia cromatica si fa portatrice di emozioni complesse.

"Sin da quando ero piccola mi sono ritrovata a girovagare nei boschi, ad ascoltare la natura, imparando poco alla volta a dialogare con lei e a fidarmi di lei, suggerimento costante di grandi emozioni" - sottolinea Sandra Tenconi - "Nei cicli più vicini al tema della montagna (monte San Martino, Alpi Apuane, Provenza, Oltrepò, Monferrato, le Marche, le Alpi) ho indagato con violenza e commozione le forre profonde, le cime, gli anfratti misteriosi, le stesure dei bianchi (che siano marmo o neve) e i cieli altrettanto protagonisti".

Nella poetica dell'artista la natura si presenta spesso in una condizione "sospesa" tra realtà e immaginazione. Le sue montagne non sono solo fisicamente riconoscibili ma anche sublimemente astratte, tanto che sembrano galleggiare in un'atmosfera rarefatta, tra luci, ombre e slanci cromatici improvvisi. Questo dialogo tra presenza fisica e trascendenza spirituale diventa uno dei tratti distintivi della sua visione naturalista, che si nutre tanto di contemplazione quanto di emozione.

Aspetto affascinante del suo lavoro è anche l'uso del colore, che varia a seconda del soggetto trattato. Nei dipinti che raffigurano rocce e vette tormentate, la materia pittorica si addensa e si stratifica, creando superfici ruvide e aspre che richiamano la solidità della terra. Al contrario, nelle rappresentazioni di ghiacciai e distese nevose, o delle cime avvolte dalle nubi, il colore diventa morbido e suadente, creando un senso di leggerezza e avvolgimento che sembra sfidare la gravità stessa. In tutti i casi il colore si trasforma in uno strumento linguistico potente, capace di dare corpo alle tensioni emotive e spirituali che animano l'opera.

Scrive Francesca Porreca nel suo testo in catalogo: "Il tratto corposo e ruvido dei disegni e la materia tenera del pastello sono, fin dagli anni della formazione, strumenti privilegiati di registrazione e poi di traduzione di forme vegetali, paesaggi, montagne. I lavori degli esordi, realizzati a matita e a carboncino, dimostrano una straordinaria capacità di sintesi, che in certi casi arriva fino all'astrazione. Lo stesso effetto è raggiunto con le opere realizzate ad acrilico (dagli anni Novanta fino ai giorni nostri), caratterizzate da una tavolozza su cui spiccano i verdi, i viola e le accensioni dei bianchi sontuosi".

Le opere di Tenconi non si limitano a rappresentare la natura in maniera realistica, ma ne colgono l'essenza più profonda, quella dimensione misteriosa e sublime che si cela dietro le forme visibili. Accanto a questa tensione verso il sublime, tuttavia, vi è anche una profonda riflessione dell'artista sulla fragilità e la caducità della natura, che dimostra il suo essere in simbiosi con essa. L'approccio naturalista di non è mai semplicemente documentario. Al contrario, è una forma di ricerca esistenziale che, attraverso il paesaggio, esplora i grandi temi della vita umana: la solitudine, il tempo, la bellezza e il dolore.

Sandra Tenconi partecipa alla prima collettiva nel 1958, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. L'anno successivo vince il primo premio Diomira per il disegno. Nel 1960 tiene alla Galleria La Piccola Permanente di Varese la prima personale, mentre nel 1967 è alla Galleria L'Agrifoglio di Milano. Seguono oltre 70 mostre personali (non si contano le collettive) in Italia e nel mondo; La mostra più recente, "Il significato dell'immagine" a cura di Paolo Biscottini, è della primavera 2024 al Museo di Storia Naturale di Milano. Partita da una forma di naturalismo, nel solco della grande tradizione postimpressionista lombarda, l'artista giunge poi, impiegando soprattutto le tecniche dell'acrilico e del pastello, a composizioni dove il dato di natura viene interpretato come riflessione su un colore materico ed emozionale. Nelle opere più recenti si accentua la componente informale, con rimandi ad alcune sue opere degli anni '60. (Estratto da comunicato ufficio stampa De Angelis Press, Milano)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Sandra Tenconi, Il Lyskamm, 2023, acrilico su tela cm. 50x50
2. Sandra Tenconi, Ghiacciaio e rocce, 2019, acrilico su tela cm. 70x100




Sala Mappe di Palazzo Butera in una foto scattatata da Sandro Scalia MAPPA-MONDO. Fotografie di dieci paesi in Sicilia
Giorgio Barrera, Martina Della Valle, Sebastiano Raimondo, Moira Ricci, Sandro Scalia, Maria Vittoria Provato


Palazzo Butera - Palermo
30 ottobre - 11 dicembre 2024

Progetto di ricerca fotografica contemporanea voluto dall'Accademia di Belle Arti di Palermo in partnership con la Fondazione di Palazzo Butera, sostenuto da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Curato da Roberta Valtorta il progetto ha preso avvio in seguito al ritrovamento a Palazzo Butera, nel corso dei lavori di restauro al piano nobile, di 10 mappe, dipinte ad olio, estremamente dettagliate di proprietà feudali della famiglia dei Branciforte, corrispondenti ai paesi di Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuia, Militello e Scordia.

Sei fotografi sono stati incaricati dall'Accademia di Palermo di produrre dei progetti fotografici a partire dalle dieci mappe: Giorgio Barrera, Martina Della Valle, Sebastiano Raimondo, Moira Ricci, Sandro Scalia, Maria Vittoria Trovato. Dipinte a olio da più artisti (ad oggi se ne conosce solo uno, Filippo Giarrusso) intorno alla metà del 1700, le mappe sono portatrici di importanti indizi che hanno permesso una lettura del presente e una ricognizione in situ delle permanenze, un dialogo con la storia e l'attualità dei luoghi, vuoi con ricognizioni fotografiche esperienziali e puntuali, vuoi con creazioni immaginifiche di nuovi paesaggi. L'intero corpus di opere realizzate (dodici stampe per ciascun autore) entrerà a far parte della Collezione dell'Accademia di Belle Arti di Palermo.

Il lavoro di ricerca e le opere prodotte saranno documentate in un volume edito da Dario Cimorelli con testi di Claudio Gulli, direttore di Palazzo Butera, Monica Maffioli, storica della fotografia e Roberta Valtorta, storica e critica della fotografia e curatrice del progetto. Il catalogo conterrà oltre alle fotografie realizzate dai sei autori (9 per ciascuno di loro), le immagini delle mappe settecentesche e alcune fotografie, in forma di omaggio, che Giovanni Chiaramonte - a sua volta coinvolto nel progetto ma mancato nell'ottobre 2023 - realizzò in uno di questi paesi, Raccuja, nel 1999.

La mostra presenta una selezione di opere fotografiche dei sei autori allestite luogo il percorso espositivo che ospita la ricchissima collezione di Francesca e Massimo Valsecchi. A partire dal mese di settembre il progetto e le singole indagini dei sei fotografi saranno presentate sui canali social, Instagram e Facebook, dedicati: @mappamondo_fotografieinsicilia.

Il progetto ha impegnato sei fotografi in progetti dedicati a dieci paesi della Sicilia (Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuja, Militello, Scordia), un tempo feudi dei Branciforte, principi di Butera. Questi feudi rappresentati in dieci grandi e affascinanti mappe settecentesche conservate a Palazzo Butera, Palermo, sono stati il punto di partenza dei sei autori per sviluppare le loro riflessioni sul territorio che cambia e sul senso dei luoghi nel tempo.

Non si è trattato di una "documentazione" (tema già concettualmente molto sondato grazie alle numerose importanti esperienze di committenza pubblica, ormai storicizzate, svoltesi in Italia e in Europa dai primi anni Ottanta all'inizio dei Duemila), ma di indagini completamente libere, in senso fisico e soprattutto mentale, e di costruzioni di immaginari, attraverso modalità progettuali e narrative diverse che affermano la assoluta soggettività della rappresentazione e le grandi possibilità della fotografia di immaginare il paesaggio.

Giorgio Barrera (Cartofotografica) ha realizzato un polittico di richiamo pittorico con immagini del solo paesaggio intorno alla città, e non dell'agglomerato urbano come accade nelle antiche mappe, mettendo in discussione l'impianto prospettico tradizionale e creando, attraverso il collage digitale e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, un insieme visivo credibile ma non realmente esistente.

Martina Della Valle (Di ricotte ed altre cose) ha raccontato "di ricotte ed altre cose" riunendo immagini tra loro molto diverse (paesaggi, antichi oggetti della tradizione, ricotte, strumenti di lavoro, pecore, figure di pastori presenti nelle mappe di Palazzo Butera) e approdando a un teatrino al cui centro sta, protagonista, la ricotta siciliana.

Sebastiano Raimondo (Il mappamondo di Palazzo Butera) ha ricercato il mistero dei luoghi, le tracce della storia e insieme lo stato delle cose nella contemporaneità, raccogliendo solitari frammenti di realtà, talvolta di valore iconico, in un vagare visivo di forte tono interrogativo-esistenziale.

Moira Ricci (è in gioco la verità) ha inventato, attraverso prelievi da Google street view e interventi di intelligenza artificiale, un paese siciliano contemporaneo abitato da figurine, simile a un presepe, con i segni dell'urbanizzazione incontrollata e della distruzione del territorio, un luogo "somigliante", ma assolutamente non esistente.

Sandro Scalia (L'eredità dei Branciforte) ha compiuto lunghi e meticolosi viaggi per individuare punti simbolici nel paesaggio antropizzato, incluso Palazzo Butera stesso, sottolineando l'importanza, in fotografia, dell'incontro con i luoghi e del ripetuto ritorno.

A Maria Vittoria Trovato (PRG) dobbiamo un'esplorazione di schietta matrice "topografica" di una serie di odierni uffici comunali di alcuni di questi paesi (così diversi dal Palazzo), in cerca di piante legate ai piani regolatori che mostrano soprattutto l'espansione urbana contemporanea, in un importante confronto tra mappe di ieri e mappe di oggi.

Giorgio Barrera (Cagliari, 1969) ha studiato Fotografia alla Fondazione Marangoni di Firenze. È stato assistente di Joel Meyerowitz, ha vinto, tra gli altri, i premi Baume & Mercier, Canon, FNAC, e ha collaborato con vari Istituti di Cultura italiani, con il Mibact e altre istituzioni e gallerie, e ha esposto i suoi lavori in Italia e all'estero. Lavora con la fotografia, il video e la scrittura, focalizzando la sua ricerca sull'analisi dei linguaggi visivi, la creazione di immaginari, il rapporto tra realtà e soggettività. Promuove e segue progetti culturali e dal 2020 cura la collana dei volumi Anatomia e dinamica di un territorio (Quinlan). Fra le sue pubblicazioni, La battaglia delle immagini (Postcart, 2016), Campi di Battaglia 1848-67 (Silvana Editoriale, 2011), Attraverso la finestra (Zone Attive, 2009).

Martina della Valle (Firenze, 1981) si é diplomata nel 2003 al corso triennale di fotografia dell'Istituto Europeo di Design di Milano. Sviluppa immagini, situazioni e fotografie. La sua ricerca muove dalle basi della tecnica fotografica, e si sviluppa attraverso vari media assumendo forme diverse, dalle tecniche di stampa in bianco e nero, a formati di lavoro collaborativi, dall'installazione site-specific, al video e al disegno. Tra i libri nei quali è pubblicato il suo lavoro: Italiens. Young Italian Artists In Berlin (Electa, 2013), Laboratorio Italia (Johan & Levi, 2010), Minyonies. Trama doppia (Alghero, 2006), Lo Sguardo Italiano. Italian Fashion Photography since'51 (Charta, 2005). Dal 2008 vive e lavora a Berlino. 

Moira Ricci (Orbetello-GR, 1977), è cresciuta nella campagna maremmana fino ai 19 anni quando si è trasferita a Milano per studiare fotografia al Centro Bauer e poi Multimedia all'Accademia di Brera. La sua ricerca artistica spesso d'impronta autobiografica, indaga attraverso la fotografia, il video, l'installazione i temi dell'identità individuale e sociale, della storia familiare e del legame originario con il territorio, intrecciando invenzione tecnologica e riscoperta dell'immagine vernacolare. Ha esposto in sedi pubbliche e private in Italia, Europa, Stati Uniti, Asia e le sue opere sono presenti in importanti collezioni italiane e straniere. Tra le sue pubblicazioni: 20.12.53-10.08.04 (Corraini, 2023) e Capitale terreno (Silvana Editoriale, 2015).

Sebastiano Raimondo (Gangi, 1981), laureatosi a Palermo con Giovanni Chiaramonte, fa parte del gruppo Presente Infinito con il quale ha realizzato vari progetti tra i quali Madonie Paesaggi 1973 2021 nel 2021 per il MIC. Nel 2020 è tra i finalisti del VAF-Stiftung con il progetto Custodire soglie - Palermo ed espone nelle città di Kiel in Germania e Ferrara in Italia. Nel 2022 vince con il progetto Reduce-re il primo premio della Biennale di Fotografia di Vila Franca de Xira in Portogallo e pubblica nel relativo catalogo fotografie e testo. L'ultima pubblicazione per l'editore Lettera Ventidue riguarda una delle prime e poco conosciute opere dell'architetto Fernando Tavora a Oporto. Vive tra Portogallo e Italia, è dottorando all'ISCTE-IUL di Lisbona e insegna Fotografia all'Accademia di Belle Arti di Palermo.

Sandro Scalia (Ragusa, 1959), studia Fotografia al Centro Bauer di Milano, all'Accademia di Belle Arti di Palermo e consegue la laurea specialistica a Catania. Inizia a lavorare professionalmente negli anni Ottanta a Milano collaborando con redazioni, case editrici, fondazioni e studi di architettura. Impegnato da sempre nell'osservazione del paesaggio, lavora sulle stratificazioni e sull'azione del tempo. Dal 1998 è professore di Fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha pubblicato molti libri, tra i quali: Palermo/periferie (ABAPA, 2020), Belice punto zero (INGV, 2020), Le città di Palermo/Cities within the City, (Charta, 2000), Tratti (Peliti Associati, 1999).

Maria Vittoria Trovato (Gela, 1982) vive e lavora a Siracusa. Ha studiato Filosofia a Catania e Fotografia alla NABA di Milano. Nel 2007 inizia a collaborare con lo scrittore Marco Ciriello a un progetto sul mare, le navi e gli uomini che vi lavorano. Nel 2011 si trasferisce a Berlino, dove collabora con l'agenzia fotografica Ostkreuz e nel 2018 ritorna a Siracusa per aprire la Libreria Zaratan, un punto di incontro dedicato ai libri, alla fotografia e alla musica. Insegna fotografia presso Made a Siracusa e all'Accademia di Belle Arti di Palermo. Le sue fotografie sono apparse su diverse riviste italiane e internazionali. (Comunicato ufficio stampa Alessandra Pozzi)

Immagine:
Sala Mappe di Palazzo Butera - Foto Sandro Scalia




Locandina della mostra Pubblicità come arte dedicata a Giovanni Pintori Giovanni Pintori (1912-1999)
Pubblicità come arte


07 ottobre 2024 - 16 febbraio 2025
m.a.x. museo - Chiasso
www.archiviostoricolivetti.it

In progetto integrato con il MAN_Museo d'Arte Provincia di Nuoro, una mostra su Giovanni Pintori, indagandolo attraverso una sorta di "racconto grafico" ed evidenziandone la modernità progettuale e le scelte creative. Una mostra che ripercorre l'iter creativo e professionale dell'artista, mostrando il processo ideativo dal quale sono scaturiti i progetti che hanno caratterizzato la sua carriera, che va dalla creazione di manifesti, alle locandine, dalla corporate identity, ai logotipi per le imprese. Nelle sale del museo sono esposti, e organizzati con un criterio tematico-cronologico, oltre duecento pezzi fra schizzi, bozzetti, disegni acquerellati, carte intestate, manifesti, pubblicazioni varie. L'Associazione Archivio Storico Olivetti ha contribuito alla realizzazione della mostra fornendo in prestito diversi materiali storici originali conservati nei proprio archivi. (Comunicato di presentazione)




The Cool Couple
"Territorial Machines: Extracting Nature"


03 ottobre - 22 novembre 2024
MAAB Gallery - Milano
www.maabgallery.com

Prima mostra personale di The Cool Couple nella galleria, a cura di Arnold Braho; l'idea della mostra nasce anche grazie alla collaborazione con Marco Lorenzetti di MLZ Art Dep. Un nucleo di lavori inediti, ed è parte della ricerca sviluppata nella residenza artistica che The Cool Couple ha svolto presso la Nirox Foundation in Sudafrica nel 2017. Il titolo della mostra fa riferimento al concetto di macchine territoriali, ossia macrostrutture capaci di codificare la vita organica, umana e animale, ma anche di produrre un certo tipo di territorio composto da un insieme di segni, pratiche e abitudini che organizzano il tempo e lo spazio.

Questo sistema dalle radici neoliberali, viene qui analizzato da The Cool Couple nel contesto selvatico e in particolare in quello Sudafricano, dove l'industria degli animali, della privatizzazione e dell'estrazione di valore dalla natura, fonde l'idea della conservazione faunistica alle logiche di mercato. Le contraddizioni in atto esprimono varie controversie: da un lato una pratica che ha permesso di rendere il Sudafrica il paese con più biodiversità al mondo, grazie alla proliferazione di un grandissimo numero di animali selvatici, dall'altro la totale ricostruzione di un'idea di natura come proprietà privata e merce di scambio. Il principio di conservazione è così totalmente relegato al suo mero utilizzo, è la mercificazione infatti a garantire la sopravvivenza delle specie animali.

Dalla fine del fordismo in poi la natura è stata progressivamente incorporata dal capitale, articolandosi di conseguenza anche nelle tecniche di salvaguardia della fauna, e spostando quindi la produzione dalle macchine ai corpi vivi. Oggi le tecniche applicate dalle cosiddette macchine territoriali sono di tipo immateriale, strutturali e invisibili, e rappresentano la capacità di estrazione del valore, in questo caso da forme di vita animali. È proprio l'idea di natura selvatica e del suo mutare all'interno del nostro immaginario a essere messa in scena da The Cool Couple, in Territorial Machines: Extracting Nature. Se leoni, elefanti, rinoceronti, impala, gnu, per citarne alcuni, svolgono il ruolo di beni di lusso gestiti da parti private o pubbliche, com'è variato il nostro modo di visualizzare il mondo animale?

The Cool Couple analizza le strutture di privatizzazione della fauna selvatica sudafricana. Le immagini presenti ricostruiscono una geografia di recinti, muri e sistemi di cattura delle cosiddette macchine territoriali, ma anche l'immaginario che questi stessi dispositivi producono in rete. Alcune delle immagini sono state prodotte mediante la collaborazione con l'intelligenza artificiale (AI), con l'obiettivo di ricostruire un'archeologia della domestificazione, in particolare del selvatico. (Estratto da comunicato stampa)




Opera denominata Il viaggio di Marco Polo realizzata nel 2024 a tecnica mista su tela Opera denominata Note 7-26 realizzata da Luo Qi nel 2023 Opera denominata Torneranno i dinosauri realizzata a tecnica mista su tela deno Luo Qi e Giovanni Cerri
"Tra Oriente e Occidente. Ricordando Marco Polo"


27 ottobre (inaugurazione ore 18.00) - 24 novembre 2024
Spazio Heart Pulsazioni Culturali - Vimercate

La mostra curata da Simona Bartolena rappresenta la continuazione del progetto espositivo "Memory of History", presentato dai due artisti nei primi sei mesi del 2023 prima al Ningbo Art Museum nella provincia di Zehijang, quindi al The Roof Art Museum di Hangzhou e contemporaneamente al Centro Culturale di Milano. Le oltre trenta opere esposte nei due piani espositivi dello Spazio Heart a Vimercate ripropongono il confronto tra Luo Qi e Giovanni Cerri, differenti stilisticamente sia nella scelta dei soggetti che nei metodi di esecuzione, ma uniti dal comune sentire e vivere l'arte come medium capace di trascendere le barriere linguistiche e culturali, creando connessioni profonde tra popoli e tradizioni apparentemente lontane.

L'incontro tra l'Oriente di Luo Qi e l'Occidente di Gi ovanni Cerri diventa così un'opportunità unica per mostrare come l'arte, proprio perché "non conosce confini", sia l'unica via alternativa a svolgere un ruolo cruciale nel mantenere vivo il dialogo tra diverse visioni del mondo e a creare connessioni: atto di resistenza contro l'intolleranza e l'isolamento, oltre a mostrare come la diversità di stili, tecniche e simboli possa essere una fonte inesauribile di innovazione e bellezza. Inoltre, il richiamo all'arte del passato emerge come un elemento fondamentale per entrambi gli artisti, considerato indispensabile per la loro espressione contemporanea.

Nel confronto fra le loro opere risulta evidente come la forza dell'arte risieda nella capacità di veicolare significati complessi attraverso immagini, suoni e forme, a prescindere dal contesto culturale di partenza. Proprio per questo l'allestimento diviene passaggio cruciale per l'esegesi stessa della mostra: la narrativa pittorica di Cerri e la narrativa linguistica di Luo Qi sono costantemente mescolate così da creare un canale privilegiato per affrontare e comprendere temi globali come l'identità, la memoria e il cambiamento, rendendo possibile una riflessione collettiva che abbraccia le differenze e le trasforma in ricchezza.

Luo Qi, nato a Hangzhou nella provincia di Zhejiang nel 1960, offre una riflessione visiva sull'eredità dell'immagine medievale, che viene portata fuori contesto, destrutturata e ricomposta, rinnovando un patrimonio iconografico con nuovi tratti, nuove luci e nuove tonalità. Nelle opere in mostra, tutte realizzate con inchiostro su carta cinese, non traspare solo un'analisi dell'immagine medievale, ma una conoscenza del linguaggio dei gesti, dei simboli, dei colori. L'approccio di Luo Qi, che riconosce al Medioevo una grande ricchezza di contenuti, non è storico, ma iconografico: questo permette all'artista di rivisitarlo esaltandone la ricchezza delle immagini e ricreando un suo "personale Medioevo".

Giovanni Cerri, artista milanese classe 1969, rivisita il paesaggio urbano - sia quello riferito ad architetture di carattere storico, sia quello periferico, più "anonimo" - con l'aggiunta della tematica urgente e "mondiale" dell'emergenza climatica. Luoghi che ci appaiono sotto una nuova luce, inquietante nella sua caratterizzazione di un ambiente post-umano, una visione drammatica del paesaggio del futuro, tuttavia molto prevedibile sulla base di ciò che sta accadendo al nostro pianeta per mano dell'uomo. In queste sue nuove opere, tutte tecniche miste su tela, le tendenze del presente sono percepite dall'artista come altamente negative: le tinte desolate e le pennellate che lasciano colare il colore sulla tela sono gli "avvertimenti" pittorici di quello che il cambiamento climatico sta producendo sotto gli occhi di tutti noi.

La mostra "Tra Occidente e Oriente" si completa con un doveroso omaggio di dieci opere, cinque per ogni artista, alla figura di Marco Polo, il grande viaggiatore, mercante e scrittore italiano in occasione del settimo centenario della morte. Il primo a portare con sé influenze artistiche e culturali da un capo all'altro del mondo, creando un ponte e arricchendo sia l'Oriente che l'Occidente. (Estratto da comunicato ufficio stampa De Angelis Press, Milano)

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Diario, incontri, testimonianze
di Giovanni Cerri, Casa editrice Le Lettere, Collana "Atelier" a cura di Stefano Crespi, Firenze 2020
Presentazione




Locandina della mostra Infinitely delicate landscapes con opere di Giacomo Costa Giacomo Costa
"Infinitely delicate landscapes"


03 ottobre (inaugurazione) - 05 novembre 2024
Galleria Guidi&Schoen - Genova
www.guidieschoen.com

Giacomo Costa (Firenze, 1970) collabora con Guidi&Schoen da più di 20 anni. La prima personale a Genova nei nostri spazi risale infatti al 2003. Da allora la sua ricerca artistica, così originale e coerente, ha ottenuto un riconoscimento internazionale raro per un artista italiano. Le sue opere sono state esposte in prestigiose istituzioni come il Centre Pompidou e la Biennale di Venezia, il Leopold Museum e la Caixa Forum di Madrid, nei musei di Seoul e di Brisbane. Il suo lavoro è stato pubblicato e commentato su magazine internazionali come il New York Times e El Pais. Il fatto che dopo tanti anni ancora scelga la nostra galleria per presentare per la prima volta in Italia il suo nuovo progetto ci rende quindi particolarmente orgogliosi.

Questa mostra segue, e in qualche maniera sviluppa, quella con lo stesso titolo presentata alla galleria Dominik Mersch di Sydney alla fine del 2023. Dodici nuove opere e un video attraverso le quali l'artista fiorentino continua ad interrogarsi sul rapporto tra la natura e l'operato dell'uomo. Le immagini di Costa infatti già dalle prime opere, i famosi "Agglomerati" di palazzi affastellati gli uni sugli altri, sono in realtà metafore per raccontare le vicende umane e per riflettere su come l'uomo consideri l'ambiente come un bene nella propria totale disponibilità.

Quasi ogni spazio, è costruito e manipolato per permettere all'uomo di approfittarne a proprio vantaggio. Nella società contemporanea questo ha determinato due atteggiamenti contrapposti. Due fazioni che si fronteggiano come tifosi di una squadra di calcio. Una che pensa che l'uomo possa e debba fare tutto ciò che vuole in quanto vero padrone del mondo e l'altra convinta che l'umanità abbia ormai imboccato una strada senza ritorno che ci porterà verso l'annientamento totale della vita così come la conosciamo. L'dea di Costa è che esistano tra queste due posizioni una grande quantità di sfumature intermedie che è compito degli artisti e degli intellettuali esplorare.

Guardando le opere di questa serie, affascinanti e al contempo respingenti come sempre, ci si trova a chiedersi se siano luoghi reali o scenari di un possibile futuro. E questo interrogativo e le riflessioni che stimola sono il vero centro del lavoro di Costa la cui bellezza estetica, innegabile, è solo un mezzo, per altro fondamentale, al servizio di questo fine concettuale e maieutico. (Comunicato stampa)




Opera di Gianni Dova Gianni Dova
"Vita reale e magia cromatica"


03 ottobre (inaugurazione ore 18.00) - 16 novembre 2024
Tornabuoni Arte - Milano
www.tornabuoniart.com

"La pittura non è stata un fine per dire altre cose, ma un mezzo, per capire la vita e la realtà o anche il magico e l'irreale che fa nido nelle cose." (Gianni Dova)

L'esposizione antologica realizzata in collaborazione con l'Archivio Dova ripercorre l'intera carriera dell'artista, uno dei protagonisti della scena dell'arte italiana della seconda metà del Novecento, sottolineando l'importante contributo di Gianni Dova ai maggiori movimenti artistici del dopoguerra. Come ha sottolineato Enrico Crispolti, intervenendo sulla figura dell'artista, "la vicenda immaginativa di Dova esprime complessivamente, quale tratto caratteristico della sua personalità di pittore, una profonda fiducia nelle possibilità suggestive della costruzione d'immagine, che riesce sempre a proporsi dotata di un'intensità magica." E continua "...le proposizioni doviane sembrano maggiormente prese da una volontà di traslazione fantastica, di stupore magico dell'immagine, forse persino infine da una loro sostanziale solarità. Ed e` forse questo il dono più tipico della sua pittura."

L'intensità magica, lo stupore fantastico sono alcuni dei tratti che emergono in questa mostra che raccoglie oltre venti opere, scelte tra le più significative, comprese tra gli anni Cinquanta - a partire da un lavoro come Anabasi 2, del 1954, legato alla Pittura Nucleare - e gli anni Ottanta, caratterizzati dalla corrente del Naturalismo Fantastico. Un focus è riservato ai dipinti di fine anni '50 e degli anni '60 e '70, più interessati al Neo-surrealismo Metamorfico. Ne ricordiamo alcuni, come: Scultura all'aria aperta e In mezzo a un ramo, entrambi del 1965, insieme a Riposo su un ramo di melo, di poco successivo, del 1973 e infine la grande tela Fuoco di stoppie autunnali, del 1987. Per l'occasione sarà pubblicato un catalogo con un testo inedito dello storico dell'arte e critico, Luigi Cavadini, insieme a uno scritto di Enrico Crispolti, tratto dal Catalogo generale dell'artista, da lui curato, e pubblicato nel 2021 da Allemandi.

Gianni Dova (Roma, 1925 - Rigoli presso Marina di Pisa, 1991) si trasferisce a Milano con la famiglia, dove frequenta l'Accademia di Brera, allievo di Carrà e Funi. Con alcuni dei suoi compagni, in particolare con Roberto Crippa, instaura un rapporto di collaborazione e profonda amicizia. Partecipa attivamente al dibattito culturale dei primi anni del dopoguerra, firmando nel 1946, insieme a Crippa, Morlotti, Tassinari e Testori, il Manifesto del realismo (Oltre Guernica). La pittura di Dova, in questo periodo, è di stampo neocubista, in linea con la tendenza dominante nei giovani artisti da poco usciti dall'Accademia che vedevano nel Picasso di Guernica un modello da seguire.

La sua ricerca attrae l'attenzione di collezionisti e galleristi, tanto che firma un contratto con Antonio Boschi, importante mecenate dei giovani artisti milanesi, e con Carlo Cardazzo, anima delle Gallerie del Naviglio a Milano e del Cavallino a Venezia. Nel 1947, fonda, con Brindisi e Kodra, il Gruppo di Linea, che segna una prima rottura con il neocubismo, nei suoi dipinti iniziano a comparire animali fantastici che risentono di un rinnovato clima surrealista. Successivamente, si avvicina al Movimento Spaziale di Lucio Fontana e sottoscrive il Secondo manifesto spaziale. Allo stesso tempo, partecipa al neonato MAC Movimento Arte Concreta, di Dorfles e Ballocco: appartengono a questo periodo opere più marcatamente astrattogeometriche, in virtù delle quali viene anche invitato a partecipare alla prima rassegna Arte astratta in Italia alla Galleria di Roma, organizzata per iniziativa del Gruppo Forma.

Nel 1951 aderisce al Movimento della Pittura Nucleare, sorto in occasione di una mostra milanese di Baj e Dangelo, e ne firma il manifesto con Colombo, Del Pezzo e Crippa. La mostra di Dova, di quello stesso anno, alla Galleria Il Milione è considerata la prima esposizione nucleare, dove sperimenta soluzioni di smalti e acqua per ottenere superfici ghiacciate e trasparenti. In seguito, con l'aggiunta di sabbia, raggiungerà effetti materici vicini al dripping di Pollock e all'Informale. Partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1952, ed è qui che conosce Michel Tapié. Alla fine del 1953, attraversa un periodo di crisi, dal quale ne uscirà con una nuova fase pittorica.

Dopo un periodo a Parigi, nel 1956 si trasferisce ad Anversa, dove si dedica allo studio degli artisti del primo Quattrocento, di Bosch e dei fiamminghi. Esaurita, dunque, l'esperienza informale si avvicina sempre più al Surrealismo studiando le tecniche automatiche di Ernst, la figurazione visionaria di Munch, Klee, Brauner e Delvaux, che ha avuto modo di vedere alla Biennale di Venezia del 1954. Le sue opere si popolano di creature simboliche e metamorfiche, con una raffinata cromia fiamminga. La critica italiana e internazionale si interessa sempre più a Dova, come testimonia l'importante mostra personale al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles.

Tornato a vivere a Milano, nel 1959 espone Difesa contrastata, una grande tela di quindici metri quadrati, alla Quadriennale di Roma e partecipa per la prima volta a Documenta a Kassel. Viene invitato, nel 1960, alla mostra Possibilità di relazione, curata da Enrico Crispolti, Roberto Sanesi e Emilio Tadini alla Galleria L'Attico di Roma. Alla Biennale di Venezia, nel 1962, ha una sua sala personale, ed è presentato in catalogo da Guido Ballo. Nella sua produzione pittorica lo spazio si espande, l'atmosfera si fa sempre più luminosa e i personaggi diventano più accoglienti e gioiosi, sintomo di un rapporto più armonioso tra uomo e mondo.

Il viaggio in Bretagna del 1967 lo colpisce profondamente, mostrandogli una natura ricca di fermenti simbolici, stimoli che si riflettono nei suoi lavori dove approfondisce la riflessione sulle profondità marine e realizza nuove tele, più figurative, di voli sull'acqua e giardini. L'anno seguente acquista in quella regione una casa dove si trasferisce per lunghi periodi. Accanto alla pittura, inizia a realizzare tempere su carta che lo occuperanno per tutto il decennio. Verso la fine degli anni '70 il paesaggio inizia a prendere il sopravvento: la natura, raccontata attraverso la brillantezza del colore, è ora l'assoluta protagonista, anche se sempre popolata da creature che "fanno capolino", ammiccano e ci guardano quasi nascondendosi. Nel 1991 viene organizzata un'importante mostra antologica in tre sedi, a Viareggio, Cesena e Mantova, a cura di Claudio Spadoni. (Comunicato stampa)




Dipinto a olio su tela denominato Little Boy with Bunny Ears realizzato da Tal R nel 2024 TAL R
"Boy Looking at the Sun"


21 settembre (inaugurazione) - 09 novembre 2024
TVLG Roma (Palazzo Donarelli Ricci) - Roma
www.timvanlaeregallery.com

Terza mostra personale di Tal R dall'inizio della sua collaborazione con Tim Van Laere Gallery, nonché la sua prima mostra personale nello spazio romano della galleria. In questa mostra Tal R ha deciso di presentare per la prima volta una combinazione di nuovi dipinti e sculture. Ricorrendo a media differenti, tra cui pittura, disegno, stampa, tessuti, scultura e arredamento, Tal R mette in discussione i concetti e i preconcetti della realtà che ci circonda. Con la sua rielaborazione del reale, costruita secondo i principi di quella che definisce la "matematica d'artista", Tal R cerca di comprendere sia il mondo fisico che vede ed esperisce in prima persona, sia gli oggetti astratti che conosce solo con il pensiero.

Le sue opere raccontano di qualcosa apparentemente molto concreto e figurativo. Qualcosa di semplice, che si può descrivere a qualcuno al telefono con poche parole. Ma a uno sguardo più attento, alla semplicità si aggiunge una sensazione scomoda. Metaforicamente parlando, osservare un'opera di Tal R è come percorrere una scala senza un gradino: una lacuna che ci lascia spiazzati, a mezz'aria. L'apparenza giocosa e felice lascia il posto a una lettura più profonda e sinistra, a tratti inquietante. Come in un sogno, le sue opere rompono i concetti convenzionali di spazio e tempo, rivelando aspetti della natura umana che rimarrebbero altrimenti celati. "È in questo aspetto rivelatore che risiede l'importanza dell'arte per la società", definito da Tal R come "il "fantasma" nella macchina".

Per Boy Looking at the Sun, Tal R si è ispirato alla sua vita familiare, ritraendo i figli, la moglie, la famiglia e gli amici. Come per ogni altro soggetto a cui si avvicina, ne porta la rappresentazione alla sua essenza. Così spiega l'artista: "Per disegnare, dipingere o scolpire persone con cui si ha familiarità, bisogna sottrarre quest'ultima. Non possono rimanere in questo mondo umano privato e intimo, ma devono diventare privati e intimi all'interno dell'universo dell'arte, e questi due mondi differiscono. Quando si crea un dipinto o una scultura, bisogna lasciare dietro di sé il sentimento umano. I dipinti possono provenire in un certo senso dal nostro mondo, ma sono anche individui a sé stanti.

Si può notare che ripeto la stessa immagine in lavori diversi, dove ogni lavoro è un nuovo modo di cercare di entrare nella discussione di questa immagine. L'immagine viene da questo mondo, il mondo di me e di te, ma tu la costringi a trasformarsi completamente in un dipinto. Lasci solo il titolo, come Boy Looking at the Sun, così le persone possono relazionarsi attraverso l'ordinarietà e perdersi nella sfera di intimità del dipinto. Così lo si converte da un mondo a un altro. Questa è la cosa complicata del fare arte. Prendere qualcosa che è prezioso in un modo specifico per te in un mondo e tradurlo in un altro mondo dove devi essere specifico e sensibile in un modo completamente diverso". (Comunicato stampa Lara Facco P&C)

Immagine:
Tal R, Little Boy with Bunny Ears, 2024, olio su tela




Dipinto in acrilico su tela di cm 70x50 denominato Parmigianino a Fonta realizzato da Paolo Manganelli ad aprile 2023 Serie grafica su carta piccole dimensioni denominata Parmigiano a Fonta realizzata da Paolo Manganelli nel gennaio 2021 Paolo Manganelli
"L'astrattismo alchemico ispirato al Parmigianino"


05 ottobre (inaugurazione ore 16.30) - 20 ottobre 2024
Rocca Sanvitale - Fontanellato (Parma)

Il progetto nasce dall'osservazione diretta, da parte di Paolo Manganelli (Parma, 1964), del capolavoro giovanile del Parmigianino custodito nella Rocca Sanvitale e dedicato al mito di Diana e Atteone. L'affresco nel 2024 compie 500 anni, dimostrando tuttavia la grande modernità di Francesco Mazzola, artista indipendente, sperimentatore della realtà e alchimista.

Il percorso espositivo comprende una ventina di dipinti ad acrilico su tela di vari formati, unitamente ad una ventina di lavori su carta realizzati con biro, matite, acrilici, pennarelli e collage strutturali. Tutte le opere esposte sono inedite e realizzate dal 2021 al 2023. La ricerca di Paolo Manganelli, di matrice prevalentemente astratta, affonda le sue radici nelle avanguardie storiche del Novecento, senza dimenticare il Rinascimento e l'arte del passato. Il suo lavoro, geometricamente scomposto e fondato su equivalenze ritmiche e cromatiche, oltre che su linee sinuose e contrapposizioni tra negativi-positivi, considera il colore come valore in sé, capace di determinare la forma e di farsi portavoce di una profonda musicalità.

«Partendo da un'approfondita analisi del capolavoro di Fontanellato - si legge nel testo critico di Silvia Bonomini - Paolo Manganelli ha avuto il prodigioso talento di avviare un'originale riattivazione iconica. La ricerca presenta tratti innovativi: un dialogo tra arte passata e contemporanea che, nel confronto con il capolavoro del periodo manierista, colpisce gli animi per il suo dinamismo e la sua carica emotiva. L'incontro con il Maestro del '500 si evince nel dialogo sulla potenza del colore, sull'armonia e il movimento delle forme in un raffinato gioco di riscontri visivi tanto pertinenti quanto arditi. Paolo Manganelli mette sotto agli occhi dell'osservatore una serie di ipotesi e combinazioni che testimoniano l'alleanza nascosta e a volte inconsapevole di un affresco nato in un differente contesto storico». (Estratto da comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Paolo Manganelli, Parmigianino a Fonta, aprile 2023, acrilico su tela cm 70x50
2. Paolo Manganelli, Parmigiano a Fonta, gennaio 2021, serie grafica su carta piccole dimensioni




Olivetti • Graficarte
29 settembre (inaugurazione) - 29 dicembre 2024
Museo Civico P. A. Garda - Ivrea
www.archiviostoricolivetti.it

Dalla collaborazione tra il Comune di Ivrea e l'Associazione Archivio Storico Olivetti, apre una nuova mostra che mette in luce una selezione di opere di artisti, designer, grafici e art director che hanno collaborato a lungo con la Olivetti di Ivrea, come Costantino Nivola, Giovanni Pintori, Marcello Nizzoli, Franco Bassi, Walter Ballmer, Ettore Sottsass jr. e Milton Glaser, oltre a lavori di creativi come Anna Monica Jost, Adrianus Van der Elst e Isaka Yoshitaro. Una varietà che dimostra come la libertà espressiva trascenda i confini, trasformando la pubblicità in un'arte integrata nel processo industriale. La comunicazione Olivetti, polifonica e identitaria, si è distinta, in particolare, per la sua capacità di saper parlare molte lingue.

La mostra si articola in sezioni che esaminano il ruolo della committenza della società Olivetti nel settore pubblicitario. Una prima sezione illustra la prima impresa di Camillo Olivetti a fine Ottocento come rivenditore di biciclette, concentrandosi poi sui manifesti pubblicitari degli anni '10 e '20 del Novecento, come il primo manifesto del 1912 per la Olivetti M1 di Teodoro Wolf Ferrari e quelli Marcello Dudovich per la Olivetti M20. La seconda sezione analizza il periodo che va dagli anni '30 fino agli anni '50/60, evidenziando l'integrazione sempre più profonda tra Olivetti e il mondo artistico e mostrando alcune delle collaborazioni più durature intercorse con artisti del calibro di Marcello Nizzoli, Giovanni Pintori, Costantino Nivola, Bruno Munari, Walter Ballmer.

La terza sezione si occupa delle campagne pubblicitarie dal dopoguerra agli anni '90, presentando opere di artisti come Giovanni Pintori, Franco Bassi, Walter Ballmer, Milton Glaser e Roberto Pieracini. Una quarta sezione mette in luce l'impegno sociale di Olivetti attraverso campagne pubblicitarie che affrontano temi come sostenibilità, protezione ambientale, risparmio energetico e educazione alimentare: vengono quindi mostrati i famosi manifesti della campagna Save our planet, insieme ai lavori di Egidio Bonfante. Olivetti Graficarte è un'occasione unica per immergersi nel mondo della grafica pubblicitaria Olivetti, in cui l'arte e la creatività hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di un linguaggio visivo, distintivo e innovativo. (Estratto da comunicato stampa)




Opera a tela su acciaio di cm 180x360 Senza titolo realizzata da Sergio Fermariello nel 2024 Opera in acrilico su carta e forex di cm 80x60 Senza titolo realizzata da Sergio Fermariello nel 2024 Sergio Fermariello
"Meridiano"


KROMYA Art Gallery
Lugano, 17 settembre - 16 novembre 2024
Verona, 20 settembre - 16 novembre 2024
www.kromyartgallery.com

Una mostra personale distribuita nelle due sedi di Lugano e Verona. Protagonista è l'artista Sergio Fermariello (Napoli, 1961), noto per aver fatto del guerriero armato di lancia il proprio segno di riconoscimento. La sua ricerca prende avvio dal recupero di modelli, di memorie familiari, per poi estendersi a un'indagine più profonda dell'arcaico universale nel recupero di una memoria inconscia collettiva. Il titolo della mostra, curata da Demetrio Paparoni, fa riferimento ad un luogo mentale, ad un orizzonte di intenti, all'attitudine di un emisfero che detta tempi lenti. Attraverso la reiterazione del segno, l'artista infatti scolpisce il tempo, una delle più grandi ricchezze del presente.

«Sin dai suoi esordi, il lavoro di Sergio Fermariello è caratterizzato da una malinconia che fa da propellente alla ricerca di una memoria perduta, necessaria alla ridefinizione dell'identità personale e collettiva», ha scritto di lui Demetrio Paparoni. «A partire da questa condizione d'animo, Fermariello ha avviato, ancora studente, un processo di sintesi della figura umana che lo ha portato a stilizzarla in pochi tratti essenziali e a trovare nell'immagine del guerriero l'espressione dell'essenza dell'uomo. Il guerriero è l'espressione di un segno controllato, ossessivo, ripetuto come un mantra all'infinito nella speranza che alla fine accada qualcosa di talmente estremo da rappresentare un punto di morte necessario perché ci sia una rinascita. L'omino stilizzato è l'artista con il pennello in mano che, diventato guerriero, ripete ossessivamente il proprio consenso a quello che sta facendo. È lì a difendere l'idea che l'artista è sempre impegnato a combattere la propria battaglia. In quest'ottica il suo significato sta nel segno stesso che lo compone».

«Nella mia pratica - dichiara Sergio Fermariello - coltivo il segno sino al parossismo, secondo una coazione a ripetere che va oltre il principio del piacere. Non mi interessa il significato, anche se nella figura del guerriero sono presenti numerose simbologie. Il mio intento è recuperare questo archetipo, che in passato si sarebbe trasformato in una divinità, per restituire il senso di appartenenza ad un destino maggiore, che non ci tradisce e che ci sintonizza con il sé di gruppo in un unico atto creativo».

Il percorso espositivo, articolato nelle due sedi di Lugano e Verona, comprende una trentina di opere di recente produzione, molte delle quali inedite. Oltre alle tele su acciaio, che a volte si presentano come bassorilievi, e agli acrilici su carta, la mostra comprende anche una Tela scrittura, ovvero un'opera disegnata nel tempo in cui il segno visto a distanza diviene astrazione, e una scultura totemica virata nell'arancio. A tracciare un'ideale ponte tra le due sedi è la scultura denominata Knot, composta da due tubi di ferro zincato che presentano al centro una strozzatura, un nodo che rallenta la discesa dell'acqua, alludendo ad altre possibili strade e vie d'uscita.Nel corso della mostra sarà pubblicato un catalogo disponibile in Galleria con un testo critico inedito di Demetrio Paparoni e la documentazione delle opere esposte. (Estratto da comunicato ufficio stampa CSArt - Comunicazione per l'Arte)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Sergio Fermariello, Senza titolo, 2024, tela su acciaio cm. 180x360
2. Sergio Fermariello, Senza titolo, 2024, acrilico su carta e forex cm. 80x60




Dattiloscritto nero e rosso su carta con interventi a biro Senza titolo e senza data realizzato da Emilio Prini, Courtesy Archivio Emilio Emilio Prini
"Typewriter Drawings. Bologna/München/Roma - 1970/1971"


28 settembre (inaugurazione) - 03 maggio 2025
Fondazione Antonio Dalle Nogare - Bolzano
www.fondazioneantoniodallenogare.com

Mostra dedicata a Emilio Prini (1942-2016), una delle figure più radicali ed enigmatiche del panorama artistico italiano e internazionale. Tra il 1970 e il 1975, Emilio Prini realizza una serie di circa duecento disegni su carta con l'ausilio di una macchina da scrivere Olivetti 22.Utilizzandola come fosse una matita, l'artista disegna, elabora formule matematiche e architetture bidimensionali, compone filastrocche, registra intuizioni, verifica idee.

La mostra propone una selezione di opere su carta connesse alle tre mostre seminali Gennaio '70 - comportamenti, progetti, mediazioni (Museo Civico Archeologico, Bologna, 1970), Arte Povera - 13 Italian Artists (Kunstverein München, 1971) e Merce Tipo Standard (Galleria L'Attico, Roma, 1971), in cui Prini riflette sulla logica del produrre attraverso l'uso di dispositivi tecnologici, indaga lo standard informativo pubblico e privato, riflette sul valore della merce (arte) prodotta, attenendosi alla teoria dei tipi di B. Russell. I disegni sono corredati da alcuni scritti teorici e una selezione di fotografie documentative, perlopiù inedite, delle tre mostre. Il progetto costituisce l'avvio di una ricerca e di una catalogazione in corso, a cura dell'Archivio Emilio Prini. (Comunicato stampa Lara Facco P&C)

Immagine: Emilio Prini, Senza titolo, senza data, dattiloscritto nero e rosso su carta con interventi a biro, Courtesy Archivio Emilio




Incisione con Italia nell'Atlante Parergon del 1595 Opera a tempera denominata Tempio di Giove Arco di Caligola realizzata da Antonio Coppola nel 1893 Un Nuovo Orizzonte: Plinio, Ortelio e il Rinascimento geografico
05 ottobre (inaugurazione ore 17) - 03 novembre 2024
Museo del Paesaggio del Lago di Como - Tremezzina

In occasione delle celebrazioni del bimillenario pliniano, la mostra a cura di Massimiliano Mondelli e Francesco Trippini. Organizzata dal Comune di Tremezzina, da Accademia Pliniana e dall'Associazione Roberto Almagià e patrocinata dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei duemila anni dalla nascita di Plinio il Vecchio, l'esposizione affronta, attraverso la produzione del cartografo e geografo fiammingo Abramo Ortelio (Abraham Ortel, Anversa 1527-1598), il debito contratto dalle nuove conoscenze geografiche del Rinascimento con la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.

Plinio, con i 37 libri del suo trattato, aveva creato nel I Sec d. C. un'enciclopedia universale capace di influenzare profondamente persino intellettuali del XIV, XV e XVI secolo. Fra questi, Petrarca, Boccaccio e, più tardi, Ortelio stesso, che cercò di riannodare il dialogo tra antichi e moderni, innovando gli studi geografici attraverso una quanto più approfondita consapevolezza storica. Ortelio, ricordato per aver creato il primo atlante moderno della storia, Theatrum Orbis Terrarum (1570), e il primo atlante storico, Parergon (1579), si nutrì costantemente della lezione pliniana, e nelle sue opere si riscontra la stessa visione universalistica ed ecumenica che aveva caratterizzato Plinio.

Forte è l'approccio umanistico-rinascimentale, in cui la conoscenza del passato è fondamentale per comprendere il presente e immaginare il futuro, e la geografia non è solo rappresentazione accurata del mondo, ma strumento per comprendere la storia e il destino dell'umanità, espressione di un ideale di armonia universale, nonché esortazione a regnanti e politici a perseguire la pace.

La prefazione del Theatrum Orbis Terrarum contiene un concetto chiave che evidenzia questa visione: la geografia è definita "oculus historiae", cioè l'occhio della storia, un'espressione che sottolinea l'indissolubile legame tra queste due discipline nel pensiero rinascimentale. La storia e la geografia, secondo Ortelio, sono dunque strumenti fondamentali per comprendere il passato e costruire il futuro. Il Parergon, immaginato inizialmente come compendio dell'opera principale, offriva uno sguardo più dettagliato sulla geografia dell'antichità, rafforzando ulteriormente questo legame.

Esposte 25 straordinarie carte originali del Paregron più 2 del Theatrum realizzate da Ortelio per restituire un orizzonte geografico del mondo antico il più preciso possibile, oltre ad alcune grandi tempere di Antonio Coppola presentate nell'aprile del 1893 a Napoli per l'esposizione "Pompei vivente. Pompei di diciotto secoli fa, Pompei attuale" in occasione della visita di Umberto I e Margherita di Savoia. Le carte del Parergon in mostra svelano al pubblico il mondo antico conosciuto da Plinio, mentre le vedute di Coppola rievocano le atmosfere del I Sec. d. C., raffigurando scorci di Pompei prima e dopo l'eruzione del 79 d.C., evento nel quale trovò la morte proprio Plinio il Vecchio. Completano la mostra 5 ritratti a stampa di Plinio il Vecchio del XV, XVI, XVII e XVIII secolo a evocare il costante dialogo fra antichi e moderni, base per le scoperte storiche e geografiche del nuovo mondo rinascimentale.

Come per la Naturalis Historia, la logica dell'esposizione procede dal generale al particolare, mostrando prima la rappresentazione geografica del mondo antico e moderno ricostruita da Ortelio - a partire dalla mappa ovale colorata a mano del mondo così come era conosciuto allora che include anche la "Terra Australis nondum cognita", un ipotetico continente che si credeva esistesse nell'emisfero meridionale - per poi illustrare sempre più nel dettaglio le zone di interesse pliniano studiate da Ortelio (Italia, Belgio, Spagna, Francia, ecc.) sino alla raffigurazione dell'ambiente urbano conosciuto da Plinio.

In particolare, tra le carte esposte in mostra, oltre a quelle dedicate alle conquiste di Alessandro Magno, dell'Impero Romano, dei territori di cui Plinio fu governatore, si trova la carta Larii Lacus Vulgo Comensis Descriptio Auct. Paulo Jovio, una carta del Lago di Como basata sulla rappresentazione originale con dovizia di particolari di Paolo Giovio, pubblicata postuma nel 1559. Questa scelta espositiva non è casuale, ma legata alla figura di Plinio il Vecchio e del nipote Plinio il Giovane, entrambi profondamente legati al territorio del Lario. I Plinii, entrambi Comensi, elogiavano infatti il lago di Como come luogo di grande fascino, un sentimento condiviso anche da Ortelio, che riprende le connessioni pliniane nella sua opera. La carta geografica ne presenta numerosi riferimenti diretti, confermando l'influenza culturale che i Plinii esercitarono anche in epoca rinascimentale.

L'esposizione lariana è l'evoluzione di due mostre del 2023 in Umbria e a Roma: la prima a settembre presso le sale di Palazzo Brizzi, nell'antico borgo medievale di Civitella del Lago, a poca distanza dalle gole del Forello, descritte da Plinio nella Naturalis Historia, e dal sito archeologico di Scoppieto; la seconda a novembre nelle sale dello Stadio di Domiziano, sotto Piazza Navona, luogo assai significativo della Roma imperiale. La mostra al Museo del Paesaggio del Lago di Como a Tremezzina è corredata da un catalogo realizzato dall'Associazione Roberto Almagià in collaborazione con Accademia Pliniana dal titolo "Plinio, guida e mito delle scoperte geografiche.

Nato a Novum Comum, l'odierna Como, tra il 23 e il 24 d.C., Gaius Plinius Secundus, a noi più noto come Plinio il Vecchio, è una figura cruciale del processo di sviluppo culturale europeo sia come primo "storico dell'Arte", sia come grande testimone e narratore dell'Età Classica. Fra le sue numerose opere, l'unico lavoro giunto fino a noi è la Naturalis Historia, vero condensato del Sapere antico, pensato a beneficio dello sviluppo culturale ed economico della articolata società romana nel suo complesso. Grazie alle sue descrizioni dei capolavori perduti dell'Antichità possiamo dare un nome, un volto e un autore a gran parte delle opere del passato.

Uno dei maggiori geografi e cartografi del sec. XVI, Abramo Ortelio (Anversa, 1527 - Anversa, 1598), da famiglia originaria di Augusta, dopo alcuni anni di studî umanistici, appena ventenne è impiegato in un laboratorio cartografico. Dal 1550 circa intraprende frequenti viaggi, specie a Parigi e più ancora a Francoforte, la cui fiera aveva importanza sia per la ricerca sia per lo smercio delle carte, e dove nel 1554 conosce il celebre Mercatore, con il quale nel 1560 si reca in Francia. La sua massima opera apparve nel 1570 col titolo di Theatrum Orbis Terrarum in 70 carte (su 53 fogli) incise da Francesco Hogenberg.

Il successo dell'opera è tale che l'anno stesso viene ristampata. Non meno di 25 edizioni nei varî paesi d'Europa, vivente l'autore. Anche dopo la morte dell'autore vengono realizzate altre edizioni ampliate. Nel 1583 viene pubblicato un supplemento al Theatrum col titolo di Parergon sive veteris geographiae aliquot tabulae, contenente carte storiche; infine, nel 1587, un Thesaurus geographicus, ampliamento della Synonimia, in forma di vero e proprio dizionario di geografia storica. (Estratto da comunicato ufficio stampa De Angelis Press, Milano)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Parergon 1595, Italia, incisione
2. Antonio Coppola 1893, Tempio di Giove Arco di Caligola, tempera




Dipinto in acrilico su tela e pigmenti naturali di cm 160x130 denominato Ultima Eudaimonia II realizzato da Brigitta_Rossetti nel 2024 Brigitta Rossetti
"L'ultima eudaimonia"


05 ottobre (inaugurazione ore 11.00) -23 ottobre 2024
Musei Civici di Palazzo Farnese - Piacenza

«Il progetto - scrive Alberto Mattia Martini - nasce da una riflessione profonda e viscerale sulle tematiche cruciali del nostro tempo, esplorando il rapporto tra arte e natura, mettendone in luce le conseguenze dei cambiamenti climatici, addentrandosi inoltre nel ruolo che l'uomo ricopre o dovrebbe avere in relazione a tali tematiche, in modo che si possa finalmente concretizzare "l'ultima eudaimonia": ossia una sintonia virtuosa, appunto tra natura, arte e umanità, per generare una sorta di felicità non solo del singolo, bensì un benessere comune in relazione all'ambiente sociale e naturale».

Attraverso una trentina di opere recenti, molte delle quali inedite, il pubblico viene invitato ad esplorare le interconnessioni che si creano tra il concetto di crisi ambientale, natura e arte. Dipinti ad acrilico e pigmenti naturali su tela di piccolo e grande formato, installazioni, opere audio e video offrono una panoramica del lavoro dell'artista, da sempre interessata a sfidare i limiti perimetrali della ricerca attraverso una libera contaminazione dei linguaggi.

Il percorso espositivo, a cura di Alberto Maria Martini, comprende opere appartenenti a diverse serie: dai Giardini Pensili, che si distinguono per l'uso innovativo di una speciale carta assorbente contro l'inquinamento, ai Feticci, ovvero oggetti raccolti in vari luoghi e momenti che si trasformano in opere d'arte esplorando tematiche più intime e personali, fino alle installazioni audio Lunch e Song of Cicadas, che catturano i suoni autentici della natura, e alla video performance Rituals, che invita il pubblico a riflettere sul proprio "Io" in relazione alla natura. La mostra è completata dalle opere della recente serie Ultima eudaimonia, nelle quali l'artista, pur servendosi sempre di pigmenti, sia industriali che naturali, e stratificandone la materia, inserisce materiali recuperati, volutamente ricercati o esito di un incontro casuale.

«L'ultima eudaimonia - conclude il curatore - non è solo una mostra d'arte, ma un richiamo alla consapevolezza ed alla responsabilità. Attraverso le sue opere, Rossetti ci guida verso una comprensione più profonda della bellezza e della fragilità, sperando di suscitare in ognuno di noi un senso rinnovato di armonia e sostenibilità».(Estratto da comunicato ufficio stampa CSArt - Comunicazione per l'Arte)

Immagine:
Brigitta Rossetti, Ultima Eudaimonia II, 2024, acrilico su tela e pigmenti naturali cm. 160x130




Talia Chetrit
"Gut"


18 settembre - 17 novembre 2024
Galleria 10 Corso Como - Milano
www.10corsocomo.com

La più ampia mostra personale sino a ora dedicata al lavoro dell'artista statunitense Talia Chetrit, curata da Alessandro Rabottini e Anna Castelli. In quest'occasione, l'artista riunisce opere realizzate nell'arco di trent'anni, dal 1994 al 2023, ponendo in dialogo momenti differenti della sua ricerca artistica e della sua vita. Autoritratti, scene familiari, nature morte e fotografia di strada; nessun soggetto è escluso dalla pratica artistica di Chetrit, che si interroga sull'attuale validità dei "generi fotografici", infondendo nelle immagini il candore della fragilità e il senso della provocazione e sollevando interrogativi intorno ai temi della rappresentazione del sé, della sessualità e delle dinamiche di potere.

Le sue immagini - tanto poetiche e provocatorie quanto attentamente elaborate - combinano intensità emotiva e qualità compositive: sono un esercizio critico su cosa significhi guardare un'immagine e su cosa si provi nel mettersi in posa per l'obiettivo, un'indagine sulle implicazioni formali del gesto di inquadrare e sulle dinamiche psicologiche che emergono quando diventiamo il soggetto dell'inquadratura. (Comunicato stampa)




Foto Polaroid scattata da Giovanni Chiaramonte a Milano nel 2012 per Luigi Ghirri denominata Salvare l'ora Fotoritratto di Giovanni Chiaramonte Giovanni Chiaramonte
"Salvare l'ora"


20 novembre 2024 - 18 gennaio 2025
Centro Culturale di Milano
www.cmc.milano.it

A un anno esatto dalla scomparsa di Giovanni Chiaramonte (18 ottobre 2023), fra i grandi protagonisti della fotografia italiana contemporanea, la mostra dedicata a una delle sue più particolari e originali raccolte con 70 Polaroid e 70 haiku scritti dal fotografo. Patrocinata dal Comune di Milano e da Regione Lombardia, ideata da Camillo Fornasieri e curata da Elena Pontiggia, il titolo dell'esposizione prende spunto dall'omonimo titolo del libro edito nel 2018 da Postcart, nel quale Giovanni Chiaramonte scrive: "gli haiku e le immagini di 'Salvare l'ora' nascono da due periodi di malattie apparentemente senza speranza: si pongono come tracce leggere della presenza divina nascosta all'interno di ogni forma e figura che splende nel mondo"

Le Polaroid, formato fotografico assolutamente inedito per l'autore realizzate con una Fuji Instax a sviluppo istantaneo, consentono al pubblico di tracciare il rapporto di Chiaramonte con Dio e mostrano come nell'intimità di quegli scatti egli cercasse il legame tra il particolare e l'essere. Tra memoria e stupore, tristezza e redenzione: nella casa, nei prati comuni, nei bordi abbandonati della città, nello splendore della natura.

La mostra di Giovanni Chiaramonte, nato a Varese nel 1948 da genitori siciliani (di Gela) e arrivato a Milano nel 1961, si apre a una settimana esatta dall'inaugurazione della personale "La geometria e la compassione" dedicata a Ferdinando Scianna, che proprio da Chiaramonte venne invitato, poco più di un anno fa e a nome del CMC, a comporre un'esposizione sulla sua posizione di uomo e fotografo di fronte al grande limite del dolore del mondo.

Come riferisce Camillo Fornasieri, direttore del CMC: "Le due esposizioni sono una straordinaria circostanza umana e culturale che il Centro Culturale di Milano ha voluto unire non per un confronto, ma per invitare il pubblico ad andare al fondo e riscoprire il senso della fotografia nell'amicizia di due fotografi sui temi più radicali dell'esistenza. In particolare, la mostra 'Salvare l'ora' vuole sottolineare non solo il linguaggio colto della fotografia di Chiaramonte, ma anche la ricerca spirituale e umana della sua opera, dove l'immagine è meditazione sul senso dell'esistenza".

Su temi diversi ma speculari i fotografi si interrogano profondamente sull'essere delle cose e dell'uomo. L'amico e poeta milanese Umberto Fiori su "Salvare l'ora" così scrive: "qui si ha l'impressione di avere di fronte un'esposizione lampante della poetica del fotografo... lo sguardo chiama, è una voce". Se negli Haiku, forma giapponese di poesia ripresa in Italia da Andrea Zanzotto, sono le cose della natura a campeggiare come "enigmi naturali", per Chiaramonte a prevalere è la riflessione: tempo, spazio, universo, nulla, pensiero, luce, abisso.

Le Polaroid, che non hanno possibilità alcuna di intervento prima e dopo lo scatto, riflettono le comunanze con il grande amico Luigi Ghirri (proprio una delle foto è a lui dedicata) e provengono da interni ed esterni di Milano, Berlino, Postsdam, posando lo sguardo sull'esserci delle cose, sulla memoria, i legami, gli oggetti più inerti e insignificanti in uno splendore di colori, una linea cha va da Kértesz a Ghirri. Le figure degli Haiku di Chiaramonte che accompagnano "Salvare l'ora" e che si trovano negli scritti in mostra accanto alle immagini, nascono dall'ascolto che l'infinito dà allo sguardo, mostrando come per lui il tempo del contemplare fosse importante e necessario quanto il silenzio interiore. Chiaramonte in queste polaroid e nei suoi scritti ha rivelato la parola che tace al fondo delle sue immagini. Una parola che si sporge oltre sé stessa, cercando il proprio limite. Cosa c'è, oltre quel limite? "Dove il pensiero/Si interrompe in frantumi/Inizia l'altro (haiku di Giovanni Chiaramonte).

Giovanni Chiaramonte comincia a fotografare alla fine degli anni Sessanta, operando per la ripresa della forma figurativa, seguita alla stagione astratta e informale. Per questo nel 1978 insieme a Luigi Ghirri nasce Punto e Virgola, prima casa editrice dedicata alla fotografia e alla sua storia. All'opera di Luigi Ghirri dedica e cura personalmente la mostra "Nostalgia del futuro. L'immagine necessaria" che si inaugura al CMC a pochi giorni dalla sua morte di Chiaramonte avvenuta il 18 ottobre 2023. La sua fotografia risente del pensiero di R. Guardini, H.U. von Balthasar e in quella della Chiesa d'Oriente incontrata in A. Tarkovskij, O. Clément, P. Evdokimov.

Dal 1983 collabora alla rivista "Lotus International" e alle mostre internazionali curate alla Triennale di Milano, dove nel 2000 realizza col Centro Culturale di Milano e i poeti e scrittori De Angelis, Rondoni, Doninelli, Raboni la mostra "Milano Cerchi della città di mezzo", curata da Pierluigi Nicolin. Partecipa alle mostre del CCA di Montréal, tra cui Asphalt e Rooms You May Have Missed. Chiaramonte espone in tutto il mondo e per ben cinque volte alla Biennale di Venezia, l'ultima delle quali nel 2013. Al CMC presenta nel 1999 con Joel Mewerowitz la mostra "Eventi umani, eventi urbani". Nel 2005 l'Università di Palermo gli conferisce la Laurea honoris causa in Architettura.

Nel 2010 è presente all'Expo di Shangai con "Nascosto in prospettiva", mentre l'anno successivo è nominato Accademico Benemerito dell'Accademia di San Luca (2021). Ha insegnato Storia e Teoria della Fotografia allo IULM di Milano, alla Facoltà di Architettura di Palermo e al Master di "Forma" a Milano. Durante la sua carriera ha pubblicato oltre 100 volumi. (Comunicato ufficio stampa mostra De Angelis Press, Milano)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Giovanni Chiaramonte, Salvare l'ora, Milano 2012 per Luigi Ghirri, Polaroid
2. Fotoritratto di Giovanni Chiaramonte

___ Presentazione di mostre di fotografia nella newsletter Kritik

Stefano Cerio | "Viceversa"
29 giugno (inaugurazione) - 03 novembre 2024
Castello di Postignano (Perugia)
Presentazione

Federico Garolla | "Gente d'Italia. Fotografie 1948-1968"
24 aprile - 27 ottobre 2024
Museo Nazionale di Villa Pisani - Stra (Venezia)
Presentazione




Vladimir Kartashov
"Spellbound"


17 settembre (inaugurazione ore 18.00) - 20 ottobre 2024
Prometeo Gallery Ida Pisani - Milano
www.prometeogallery.com

Influenzato da diverse tradizioni iconografiche, dalla mitologia e dalla dimensione onirica, l'artista russo Vladimir Kartashov (Novosibirsk, 1997) esplora la sempre più complessa condizione esistenziale umana alla luce dello sviluppo dell'era digitale; combinando universi visivi differenti che vanno dal realismo al simbolismo, dal surrealismo all' esistenzialismo, le sue opere raccontano il suo immaginario fortemente poetico e la sua vivida sensibilità estetica.

Kartashov ha sviluppato uno stile personale complesso, nutrito da stratificazioni materiche e simboliche, che usa per approfondire temi universali come la vita, la morte, il tempo, la spiritualità ed esplorando la sfera emotiva dell'individuo in relazione alla dimensione più inaccessibile della psiche. Le sue opere, tra realismo e fantastico, che realizza utilizzando il medium pittorico, alternano introspezione e meraviglia.

Negli spazi della galleria, a cura di Domenico de Chirico esporrà tele di grande formato in cui scene voluttuose sono popolate da animali e personaggi fantastici dai volti celati, gli elementi vegetali riempiono con virtuosi decorativismi gli sfondi sovrapponendosi a simboli, emoticon, particolarissimi oggetti iperreali e codici scritti, arricchendo l'immagine finale al punto da farla quasi traboccare dalla superficie. Con Spellbound, Vladimir Kartashov traasporta lo spettatore in mondi alternativi, immaginari e profondamente simbolici: un viaggio visivo ed emotivo da percorrere alla scoperta degli abissi più profondi dell'esperienza umana. (Comunicato stampa Lara Facco P&C)




Dipinto a olio su tela denominato Ritratto di Carrà realizzato da Carlo Mattioli Carlo Mattioli, [contro] ritratti
05 ottobre 2024 - 12 gennaio 2024
Reggia di Colorno - Parma
www.reggiadicolorno.it

Mostra monografica dedicata ai ritratti di Carlo Mattioli (Modena 1911 - Parma, 1994). Cesare Garboli aveva acutamente colto l'essenza di questi dipinti: "i ritratti di Mattioli sono [...] introspezioni fulminee, 'saggi critici' che investono la psicologia (nella sua totalità) e il segreto di una persona, la contraddizione che la fa esistere". La mostra coordinata da Antonella Balestrazzi, curata da Sandro Parmiggiani e Anna Zaniboni Mattioli, nipote dell'artista e curatrice dell'Archivio e della Fondazione Carlo Mattioli, riunisce una sessantina di opere del Maestro. La mostra è organizzata da Antea Progetti e servizi per la cultura e il turismo con la collaborazione di Provincia di Parma e Comune di Colorno.

Il percorso espositivo si apre con i sedici ritratti di storici personaggi colornesi conservati nella Sala del Consiglio Comunale e commissionati all'artista nel 1963 da Augusta Ghidiglia Quintavalle, storica dell'arte e Sovrintendente alle Gallerie di Parma. Un corpus, questo, che si muove scopertamente sulla corda dell'ironia. Alcuni di essi giocano su una trasposizione divertita dei volti: Ottobono Terzi diventa il poeta Attilio Bertolucci, il filosofo Zaccaria Olivieri, il pittore Carlo Carrà e il vescovo Martino da Colorno, il papa regnante Giovanni XXIII.

L'esposizione prosegue con una lunga sequenza di ritratti che si avvicinano progressivamente all'intimità dell'artista: intellettuali, poeti, artisti da lui frequentati e stimati al tempo dell'"Officina Parmigiana" fino ai più celebri colleghi (Renato Guttuso, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Giorgio De Chirico, Ottone Rosai, Giacomo Manzù). Il nucleo più sentito e privato chiude la sequenza con i ritratti di famiglia (la moglie Lina, la figlia Marcella, l'amatissima nipote Anna, raffigurata nelle varie età della vita, dall'infanzia all'adolescenza) e gli autoritratti. Le opere provengono da Musei e istituzioni pubbliche e da collezioni private.

"I ritratti realizzati da Carlo Mattioli testimoniamo il valore e il fascino della pittura dell'artista: opere nelle quali il disegno germoglia, con soluzioni memorabili, sempre tese a catturare la verità di un volto e di un corpo, con uno sguardo d'ironia affettuosa che non esita a spingersi nei territori della rivelazione dell'intima verità della persona. Pensiamo al disagio, alla disperazione esistenziale di Rosai, con quelle sue mani come artigli, come protesi tese a cogliere qualcosa che sempre sfugge, alla solitudine di Morandi, raffigurato come una sorta di sfinge inaccessibile, all'ambiguità di Guttuso, cui alludono le volute di fumo della sua sigaretta", evidenzia Sandro Parmiggiani.

Carlo Mattioli, pittore e disegnatore tra i più importanti del secolo scorso, ha affrontato molti temi: Parma, la sua città, la natura morta, il paesaggio, tormento e riflessione come nelle Aigues mortes, i cieli, l'illustrazione di testi capolavori della letteratura mondiale. I ritratti di Mattioli sono apprezzati dagli appassionati della sua pittura e dagli studiosi dell'arte del Novecento tra gli esiti più alti della sua attività, nei tratti esasperati dei volti e della postura dei corpi, in una latente, talvolta dissacrante, ironia". (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Esseci di Sergio Campagnolo)

Immagine:
Carlo Mattioli, Ritratto di Carrà, 1967, olio su tela cm 36x45




Dettaglio di un opera di Andrea Ravo Mattoni in mostra Andrea Ravo Mattoni
"Ritratto dell'IA: il Classicismo Contemporaneo"


17 settembre (inaugurazione) - 09 novembre 2024
Boccanera Gallery - Milano
www.boccaneragallery.com

Nuovo progetto di Andrea Ravo Mattoni a cura di Giorgia Lucchi Boccanera e Andrea Ceresa, che esalta all'interno degli spazi della stessa Galleria il virtuosismo dell'artista nella traduzione dei dipinti dei maestri della pittura classica su grandi superfici con la tecnica dello spray e le nuove funzionalità dell'IA.

"Il lavoro sul classico inizia nel 2016, è nato da un impulso, una volontà. Volevo riportare la grande pittura classica sulla strada, volevo farlo con gli spray, come quando dipingevo illegalmente muri e treni negli anni 90. Il medesimo impulso ed esigenza sono giunti nel 2022. Ho assistito all'avvento dell'Intelligenza Artificiale come un'onda di piena che avvolge tutto e tutti, ho creato immagini con lei, nutrendola con quelle stesse rappresentazioni classiche, ho ripreso gli spray sono tornato sulla strada, le ho dipinte." - così Andrea Ravo Mattoni spiega la sua pratica pittorica.

"Questa mostra è nata da un incontro con Giorgia nella sua Galleria di Milano in un pomeriggio caldissimo di quest'estate. Nasce da un dialogo iniziato quasi per caso. Ero da lei per tutt'altro, ma siamo finiti a discutere d'arte, di perseveranza e cambiamento, di Lorenzo Lotto e pittura a spray, di voglia di tornare a Milano, città che frequento poco, ma che ho vissuto intensamente negli anni dell'accademia. Abbiamo discusso di determinazione, delusioni e rivincite, e senza accorgercene stavamo già progettando e discutendo di qualcosa che non era stato previsto." - commenta l'artista.

La composizione visibile sul muro principale della Galleria, al centro della mostra, rappresenta una scena allegorica creata con l'ausilio della tecnologia di Blending dell'Intelligenza Artificiale che ha fuso due immagini in una unica, inedita, ispirandosi alle opere di Lorenzo Lotto: il Ritratto di Andrea Odoni (1527) e l'Allegoria della Virtù e del Vizio (1505). Il 22 ottobre aprirà la seconda parte del progetto espositivo, intitolata La collezione "artificiale", con dipinti di nature morte e paesaggi realizzati dall'artista con la stessa tecnica spray su tela e l'ausilio dell'Intelligenza Artificiale. (Comunicato stampa)

Immagine:
Andrea Ravo Mattoni, Collectae, 2024, spray su muro, cm. 735x645, Boccanera Gallery Milano, dettaglio




Collage realizzato nel 2017 con opera di Pierre-Yves Le Duc su Sorrento Pierre-Yves Le Duc
"Magigonie"


19 settembre (inaugurazione) - 09 novembre 2024
Maja Arte Contemporanea - Roma
www.majartecontemporanea.com

La mise en scène conduce il visitatore in un viaggio che ha il sapore del Grand Tour attraverso 22 città italiane (Amalfi, Assisi, Bergamo, Capri, Ercolano, Firenze, Genova, Milano, Monreale, Napoli, Orvieto, Padova, Palermo, Pisa, Pompei, Portofino, Roma, Siena, Siracusa, Sorrento, Venezia, Verona), con l'unica eccezione di Parigi e Cannes, a cui l'artista deve rispettivamente la propria formazione culturale e la genesi del ciclo di opere in mostra.

"Magigonie" - un neologismo introdotto da Le Duc - è il frutto involontario di una precedente ricerca ("Apparato", 2013-2016), in cui l'artista volle indagare il processo evolutivo dell'atto creativo, reiterando lo stesso disegno a china ovvero lo stesso soggetto nell'arco di tre anni, con metodo e parametri scientifici predefiniti. Furono così prodotti 12.000 disegni e circa 2.000 fogli di scarto, mai distrutti, piuttosto messi in latenza.

A proposito dell'origine del progetto Pierre-Yves Le Duc racconta: "Nel 2014 ho cominciato a creare i primi collage di 'Magigonie' accostando cartoline souvenir in bianco e nero - degli anni '30, '40, '50 - a frammenti di segni d'inchiostro scelti con cura dagli scarti di 'Apparato', cercando corrispondenze poetiche, narrative, grafiche; immaginando mondi al di fuori dell'inquadratura della foto. Così prende vita un corpo di opere che vuole andare oltre la realtà visibile; non per indagare la magia dell'arte, ma l'arte della magia artistica, una pratica che si evolve nel fare e scopre se stessa nella sperimentazione. Questa ricerca svela il carattere astratto nell'illusione fotografica, la frontiera labile tra reale e irreale, e non solo: l'esercizio di guardare 'fuori quadro' dà accesso al subconscio svelandolo, mettendo in luce processo e contenuti visionari, acuendo la capacità naturale di andare oltre l'evidenza data dall'immagine."

Osserva Alfredo De Dominicis: "(...) Le Duc fa specchiare l'ordine con il caos, il noto con l'ignoto. Si susseguono, in modo ripetitivo, due mondi, due visioni. Da una parte il Mondo che conosciamo, una serie di cartoline che riproducono luoghi tra i più iconici e conosciuti al mondo, dall'altro un Mondo primordiale; o forse, al contrario, un Mondo futuro, post-umano. Oppure a specchiarsi in una ripetizione che appare quasi infinita, ciclica - tema questo dell'eterno ritorno e della riproducibilità, molto caro all'artista - è lo stesso identico Mondo, una volta mascherato una volta no, nudo e crudo, 'atomizzato'. E allora ci si chiede: quale dei due è poi quello vero?"

Pierre-Yves Le Duc nasce in Francia nel 1964. Studia letteratura italiana alla Sorbona (dove si laurea nel 1988) iniziando un periodo di formazione a tutto campo, durante il quale la naturale inclinazione per l'arte si alimenta attraverso una frequentazione assidua di teatri, spettacoli di danza contemporanea, gallerie d'arte, musei e concerti. Durante il periodo universitario si reca frequentemente in Italia, attraversandola in lungo e in largo. Poi il colpo di fulmine per Napoli, dove decide di risiedere dopo aver ottenuto una borsa di studio.

Nel 1989 realizza le sue prime opere. Fondamentale è il successivo incontro nel 1992 con Alfredo Bovio Di Giovanni a cui deve l'apprendimento dei rudimenti del "mestiere" e la pratica "accademica". Dal 1993 la ricerca di Le Duc si concentra principalmente sulla realizzazione di installazioni monumentali dedicate a precisi luoghi, cicli di opere complesse e articolate con una forte impronta progettuale. Le Duc ha esposto in Italia (Milano, Napoli, Pavia, Roma, Salerno, Sorrento, Torino, etc.) e all'estero (del 2012 la personale ad Atlanta, Stati Uniti). È presente in importanti fiere quali Basilea Art Fair, Miami Art Fair e Artissima. (Estratto da comunicato stampa)

Immagine:
Pierre-Yves Le Duc, Magigonie. Sorrento, 2017, collage con fotografia d'epoca e disegno ad inchiostro, cm. 24.5x 24.5 (con passepartout)




Opera in smalto, inchiostro e testo scritto su PVC di cm 68,5x78 Tania Pistone & Nanda Vigo
"Impulso per un Viaggio"


11 settembre (inaugurazione) - 11 novembre 2024
Galleria Allegra Ravizza - Lugano
www.allegraravizza.com

Un confronto tra due identità artistiche di diversa generazione, Nanda Vigo (Milano, 1936-2020) e Tania Pistone (Catania, 1969), accomunate dalla medesima forza espressiva e dallo stesso intento artistico. Sebbene esteticamente e concretamente diverse, entrambe le artiste mirano con la loro arte a proiettare lo spettatore in una dimensione "altra": la prima infatti concepisce le proprie opere come forme e strutture in grado di attivare impulsi informativi che, attraverso la diffusione e l'immaterialità della luce, conducano lo spettatore a virare verso concetti e mondi distanti, intelligibili; la seconda invece, tramite l'impatto visivo del linguaggio e della scrittura, trasforma il segno grafico in un simbolo capace di proiettare il fruitore in una dimensione ulteriore, astratta ed emotiva.

Il Cronotopo di Nanda Vigo e le tele gremite di segni e scritte di Tania Pistone conducono ad un'esplorazione astratta della propria conoscenza, della propria memoria e del proprio subconscio. Le sculture di Nanda Vigo caratterizzate da un'estetica pulita e industriale, così come i disegni di cui ne sono una rappresentazione grafica, deformano lo spazio guidando lo spettatore in un viaggio nella totalità della propria memoria. Se nell'arte dell'artista milanese l'elemento onnipresente e imprescindibile è la luce, concepita come strumento unificante tra spazio/topos e tempo/cronos, nelle creazioni di Tania Pistone l'elemento principe è la scrittura demolita della propria funzione primaria ovvero la leggibilità. Su base monocroma, parole, aforismi e pensieri graficamente riconoscibili ma totalmente indecifrabili si alternano e stratificano sotto simboli ignoti generando un'intima narrazione del subconscio, diversa e personale per ogni individuo. (Comunicato stampa)

Immagine:
Tania Pistone, Mappa Astrale (Nanda Vigo), 2024, smalto, inchiostro e testo scritto su PVC, cm. 68.5x78




Ferdinando Scianna
"La geometria e la compassione"


14 novembre 2024 - 18 gennaio 2025
Centro Culturale di Milano
www.cmc.milano.it

Ferdinando Scianna, uno dei fotografi italiani più autorevoli a livello internazionale, noto per la capacità di incidere profondamente la realtà attraverso le sue opere fotografiche, sarà protagonista con la nuova mostra, curata a quattro mani dallo stesso autore insieme a Camillo Fornasieri. Patrocinata dal Comune di Milano e da Regione Lombardia, composta da 60 opere fotografiche in bianco e nero Original Print e accompagnata da un importante Libro Catalogo edito da Silvana Editoriale per la Collana Quaderni del CMC, la mostra non è solo un'opportunità per riflettere sul ruolo della fotografia nel mondo contemporaneo, ma anche il pensiero originale dell'autore siciliano sulla condizione umana e sulla sua fotografia come dimensione identitaria con il mondo.

Un'esposizione dalla grande potenza espressiva che trova la sua genesi nella decisione di Scianna di accogliere l'invito dell'amico Giovanni Chiaramonte, pochi mesi prima della sua scomparsa nell'ottobre 2023, di realizzare una sua mostra che fosse una meditazione sul tema del dolore. Come afferma lo stesso Scianna - nato a Bagheria nel 1943 e che non ha mai chiuso gli occhi di fronte alle condizioni di limite in cui l'uomo vive e spera vivendo - la fotografia non ha il potere di cambiare il mondo, ma può aiutare a vedere ciò che spesso scegliamo di ignorare, e compito del fotografo è cercare di far sì che lo spettatore, attraverso la dimensione identitaria delle fotografie, possa ritrovare in esse qualcosa della propria verità, del proprio vissuto.

Le immagini selezionate per la mostra raccontano di realtà che conosciamo ma che spesso non vogliamo guardare, momenti che Scianna ha incontrato nel suo percorso e che ha voluto trattenere e condividere. Immagini che riflettono la sua ricerca fotografica e colgono con caparbietà e passione frammenti del reale con una precisa autenticità storica. Durante i suoi reportage, le immagini sono testimonianza di un approccio alla fotografia sempre intimamente legato alla vita stessa. Un racconto che cerca di dare voce al dolore e all'ingiustizia, ma anche al desiderio umano di felicità che persiste nonostante tutto, come spiega lo stesso autore partendo dal titolo della mostra: "Niente si può esprimere senza geometria, senza forma, e la forma di ogni uomo e donna è la ricerca della felicità. Il dolore degli altri ci provoca compassione perché ci allontana tutti dal diritto a essere felici. Con questa mostra e il libro che l'accompagna ho voluto raccontare che anche nel più cupo dolore si scopre l'ansia di cercare la felicità".

Immagini con una grande densità emozionale che, in questa mostra, corrono insieme alle parole. Fotografie dalla struttura di racconto e di memoria, con un'ambizione e una dignità letteraria. Nel corso degli anni Scianna ha infatti sentito crescere dentro di sé l'esigenza di esprimere, in una letteratura ibrida di immagini e parole, la sua complessa relazione con la realtà e con sé stesso. Proprio per questa ragione, per la mostra Scianna ha scritto numerosi testi che riflettono sugli "incontri" che ha vissuto nel corso della sua carriera. Le immagini esposte al Centro Culturale di Milano, provenienti da paesi come Etiopia, Sudan, Bangladesh, India, Vietnam, Stati Uniti, Italia, Francia, America Latina e Libano, rappresentano volti e situazioni che hanno lasciato un'eco profonda nell'animo dell'autore.

La mostra e il libro associato sono organizzati in otto capitoli, ognuno dei quali esplora temi come miseria, malattia, catastrofi, violenza, emigrazione, emarginazione, solitudine e, infine, la morte. I diversi capitoli raccolgono le parole e le immagini che hanno dato forma agli incontri vissuti da Scianna, offrendo una visione profonda e toccante del mondo e delle sue contraddizioni. Con questa mostra Scianna si riavvicina ad alcuni dei suoi reportage e alla sua ricerca fotografica, ricordando il periodo in cui conobbe lo scrittore Leonardo Sciascia, col quale strinse una profonda amicizia e realizzò diverse collaborazioni, a partire dal libro Feste religiose in Sicilia del 1965, che gli valse il Premio Nadar l'anno successivo.

Fu proprio Sciascia a incoraggiarlo a continuare a fotografare la sua Sicilia, persone, volti, feste religiose e popolari, nonché il primo a spingerlo a unire la sua fotografia con la scrittura, la parola come un luogo che accoglie il mistero del mondo attraverso la fotografia. La mostra di Scianna è seguita da un'altra esposizione nella Sala Erculea del CMC, intitolata "Salvare l'ora" (21 novembre 2024 - 18 gennaio 2025) e che presenta 70 Polaroid e 70 Haiku realizzati da Giovanni Chiaramonte negli ultimi anni della sua vita. L'intento non è di mettere a confronto i due artisti, ma di celebrare l'amicizia e il dialogo tra due grandi fotografi che si sono confrontati sui temi più profondi e radicali dell'esistenza. (Estratto da comunicato ufficio stampa De Angelis Press, Milano)




Opera di Federico Lanaro nella mostra Beat Federico Lanaro
"BEAT"


26 settembre (inaugurazione ore 18.30) - 12 dicembre 2024
Studio d'Arte Raffaelli (Palazzo Wolkenstein) - Trento
www.studioraffaelli.com

Terza mostra personale di Federico Lanaro in galleria dopo "Supernatural!" (2011) e "RMX" (2013). Ciò che accomuna i progetti espositivi dell'artista è un forte riferimento al simbolo, in questo caso un'unità di misura musicale che segna il ritmo dell'evoluzione del suo lavoro. Durante il vernissage una live performance musicale di Federico Lanaro in collaborazione con l'artista del suono Everest Parisi.

Nella nuova produzione di Federico Lanaro sono compresenti, infatti, originalità e coerenza rispetto al suo percorso artistico, che si muove in parallelo a un'attenta osservazione dei cambiamenti in atto nella società. Originalità, per gli stratagemmi compositivi, l'uso dei materiali, l'innovazione, in alcune opere, nel passaggio di colore da fluorescente a fosforescente; coerenza, perché quello di Federico Lanaro è innanzitutto un lavoro basato sulla relazione, e nel corpus realizzato per BEAT questo aspetto è più centrale che mai.

In una trentina di opere fra tele, tecniche miste con tele, legno e specchi, acquerelli su carta e una speciale edizione limitata in ceramica, Federico Lanaro ha la capacità di raccontare le molteplici sfaccettature che si snodano, sottili, tra i rapporti interpersonali, ricorrendo alla rappresentazione puntuale della figura umana solo nella serie intitolata "Pica Pica", nome scientifico della gazza ladra presente nelle opere. Sono infatti gli animali e le loro interazioni il soggetto metaforico privilegiato dall'artista, la lente attraverso la quale guardare all'essere umano e alla natura che lo circonda, senza necessariamente ricorrere al linguaggio polemico della denuncia, ma al delicato e più funzionale dispositivo dell'invito. Invito a "Cantare alla luna", e a costituire insiemi, più che divisioni, declinato attraverso un'arte positiva e inclusiva. La mostra, a cura di Virginia Raffaelli, è accompagnata da un catalogo con testi di Valerio Dehò e di Gabriele Lorenzoni, che raccoglie, oltre alle opere inedite, anche un excursus antologico su tutto il lavoro dell'artista. (Comunicato stampa)




Musica da guardare
Copertine d'autore e vinili dal 1940 a oggi


09 agosto - 03 novembre 2024
Palazzo dei Priori - Fermo

Andy Wharol, Mirò, Oliviero Toscani, Jeff Koons, Keith Haring, Tom Hingston, Milo Manara, Banksy. Sono soltanto alcuni degli artisti autori delle oltre 230 copertine di vinili esposte nella mostra a cura di Alessandro Biocca. Questa suggestiva mostra tocca più generi musicali e regala una panoramica sulla storia della musica e dell'arte moderna e contemporanea dagli anni '40 ad oggi, attraverso le copertine d'autore dei vinili e alcuni tra i suoi più grandi protagonisti. Dagli artisti della pop art e del surrealismo come Andy Warhol e Salvador Dalì ai grandi fotografi come Helmut Newton, Mapplethorpe, Ghirri e importanti disegnatori e fumettisti come Andrea Pazienza, Manara, Crepax, Zerocalcare fino all'arte psichedelica di Bob Pepper.

I vinili esposti sono una selezione scelta dalla vasta collezione privata di Alessandro Biocca, composta da oltre 8500 vinili, frutto di una meticolosa ricerca, raccolta e catalogazione condotte in oltre 35 anni. Una mostra che incanterà gli appassionati di musica e non solo, per il modo di comunicare libero, straordinario e a volte provocante di queste copertine, tra energia e fantasia. La mostra è promossa dal Comune di Fermo e organizzata da Maggioli Cultura e Turismo.

L'esposizione presenta un percorso artistico-musicale attraverso sette sezioni, riferite alle categorie della collezione di Alessandro Biocca: prime copertine, foto, grafica, disegno e fumetto, arte contemporanea, censurati, errori di stampa. Spiega il curatore e collezionista Alessandro Biocca: «La vera mancanza, che nessun dispositivo digitale potrà mai colmare, è quella che viene data dall'esperienza visiva. Quella regalata dalla copertina di un disco e che ha avuto il suo massimo picco nel periodo che va dal 1948 al 1982 ovvero, nella parabola che inizia quando l'LP è stato inventato e termina quando è stato presentato il primo Compact Disc. La New Wave è stato l'ultimo genere musicale a sfruttare il glorioso potenziale della tela quadrata di 31,43 cm del disco da 12 pollici».

Immancabili in mostra gli LP dei più grandi interpreti della musica italiana e internazionale: Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Beatles, Rolling Stones, David Bowie, Michael Jackson, Madonna, Miles Davis, Pink Floyd, Massive Attack, Queen, Patti Smith, Lady Gaga... La storia delle copertine dei vinili inizia nel 1939 con il 23enne Alex Steinweiss, assunto come direttore artistico dalla Columbia, la più antica azienda americana del settore musicale. Aveva l'incarico di disegnare opuscoli, manifesti e cataloghi; da subito si rese conto che la modalità "anonima" con la quale i dischi venivano confezionati era poco efficace ad essere notato, soprattutto perchè, all'epoca, venivano solitamente venduti nei negozi di elettrodomestici nel reparto dei fonografi e dei grammofoni.

Alex Steinweiss, con non trascurabili difficoltà poste dall'aumento esponenziale dei costi di realizzazione di un disco, riuscì ad ottenere il via libera per la realizzazione di alcune copertine personalizzate, come l'album "Smash Hits By Rodgers & Hart" di Rodgers & Hart. Steinweiss non solo aveva inventato un genere, ma aveva aggiunto una dimensione completamente nuova all'esperienza dell'ascolto della musica registrata. Quella visiva. Invece di limitarsi a disegnare un semplice ritratto dell'artista, inoltre, utilizzò i simboli culturali e musicali legati al disco o alla vita e ai tempi del musicista.

«In una raccolta del 1947 di Boogie Woogie per esempio - racconta Alessandro Biocca - disegnò due grandi mani, una bianca e una nera, che insieme suonano un pianoforte e stanno a simboleggiare l'uguaglianza etnica. Un tema molto attuale nell'America di quegli anni. Inoltre, l'immagine di copertina che Steinweiss ha progettato per il Concerto per Pianoforte n°5 in Mi bemolle - L'imperatore di Beethoven nel 1941, è stata fonte d'ispirazione per Storm Thorgerson che nel 1973 ha realizzato la celebre copertina di "The Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd».

Dal 1943 al 1945 l'incarico di direttore artistico della Columbia fu coperto da Jim Flora il cui lavoro si contraddistinse per la fantasia. Eleganti musicisti volanti e strumenti sospesi nel vuoto su prospettive instabili sovvertivano le leggi della fisica. Neanche l'anatomia umana fu esente dalle sue reinterpretazioni, che davano ai disegni un tono comico e al contempo inquietante. Il suo posto, dal 1945 al 1953, fu affidato a Robert M. Jones che, per soddisfare l'enorme richiesta di cover, si avvalse anche di disegnatori esterni. Nel 1949, per la ristampa in LP di "A Program Of Mexican Music" di Carlos Chávez, incaricò il 21enne Andrew Warhola Jr., passato alla storia come Andy Warhol.

Sempre ad Alex Steinweiss, nel 1948, fu affidato l'incarico di progettare la confezione del nuovo ritrovato per l'ascolto della musica, il disco in vinile che, a differenza del 78 giri, aveva bisogno di una confezione che ne preservasse i solchi dai graffi inferti dalle buste in cartone pesante, usate fino a quel momento. Il suo progetto, solo con qualche piccola modifica, è ancora oggi lo standard nella confezione dei dischi in vinile.

Nel 1950 iniziò l'era delle copertine con fotografie e, pochi anni dopo, anche la pittura strizzò l'occhio alle cover per dischi. Gli artisti dei generi più disparati, da quel momento, si cimentano nelle artwork che, sempre più spesso assumono un ruolo paritario rispetto alla musica che accompagnano. Non semplice ornamento, ma completamento di un'opera. Immagini che a volte arrivano a stridere con il pensare comune, sia esso dettato da un credo religioso o politico, e in alcuni casi considerate minacciose a tal punto dal venire censurate, come le copertine di "The Wall" dei Pink Floyd o "Nevermind" dei Nirvana.

Una sezione della mostra è dedicata agli errori di stampa. Ovvero alcuni dischi che, seppur in quantità limitatissime e per inspiegabili motivazioni, sono entrati in commercio con delle clamorose sviste grafiche, che li hanno fatti diventare oggetti di culto e contesi da collezionisti di tutto il mondo, come la copia errata di "The Freewheelin' Bob Dylan" di Bob Dylan e di "Crazy Little Thing Called Love" dei Queen. (Comunicato stampa)




Locandina nel comunicato di presentazione della decima edizione di Archivi Aperti Rete Fotografia presenta la X edizione di Archivi Aperti
Pagine di Fotografia


Sedi varie, 11-20 ottobre 2024
www.retefotografia.it

La manifestazione, nata nel 2016 con lo scopo di rendere il pubblico coinvolto più consapevole del patrimonio fotografico conservato negli archivi italiani e sensibile al valore storico e culturale della fotografia, è cresciuta considerevolmente negli ultimi anni, per numero di archivi partecipanti, pubblico e notorietà, grazie anche alla collaborazione di AFIP International e GRIN-Gruppo Redattori Iconografici Nazionale e, dal 2019, TAU Visual, soci di Rete Fotografia.

Le prime edizioni hanno avuto la caratteristica di aprire per la prima volta archivi fotografici storici dei partecipanti, per lo più soci di RF, per mostrare la ricchezza e la vastità delle loro collezioni. Sono state occasioni preziose che hanno permesso di far conoscere lo straordinario patrimonio di fotografie che unisce testimonianze della nostra cultura e della nostra storia, ma anche dell'evoluzione del mezzo fotografico, dall'Ottocento ai giorni nostri. A partire dall'edizione del 2017, dedicata alla valorizzazione della fotografia e dei suoi archivi nel web, la rassegna "Archivi Aperti" ha sempre posto ampie riflessioni su tematiche di grande attualità nel mondo dell'immagine.

Eccetto il focus del 2018 sul ruolo centrale della fotografia negli anni Sessanta, ideato in occasione dei cinquant'anni dal '68, la manifestazione ha affrontato e discusso alcune delle importanti trasformazioni in atto nel mondo della fotografia, a partire dal tema "Memoria e oblio. Generare, conservare, condividere la fotografia oggi" del 2019, passando per le nuove possibili storie raccontate in "Anomalie/Trasformazioni. Narrazioni contemporanee e nuovi sguardi" durante il 2020, intercettando poi bisogni e obiettivi globali attraverso "Sostenibilità: ambiente, tutela del territorio e del paesaggio" del 2021.

Le ultime due rassegne sono state sempre più indirizzate a un intervento diretto sul tema da parte di tutti gli attori coinvolti nell'ambito della fotografia e degli archivi, in particolare sulla questione attuale del digitale, della tutela e della valorizzazione: dedicandole rispettivamente a "Conservare il futuro. Quale design per gli archivi fotografici tra nuove tecnologie e rivoluzione digitale?" (2021) e "Gli archivi dei fotografi italiani: un patrimonio da valorizzare" (2022), Rete Fotografia ha assunto un ruolo di primo piano sul territorio nazionale nel sollecitare azioni concrete e un dialogo comune tra enti, privati e istituzioni pubbliche.

La manifestazione si è trasformata ulteriormente negli anni aprendo la partecipazione ad altre realtà grandi e piccole su tutto il territorio nazionale: delle vere e proprie scoperte arrivando a creare un sistema aperto di collegamenti e relazioni tra realtà pubbliche e private unite dal comune obiettivo di promozione, approfondimento e ricerca intorno all'ambito della fotografia. I 18 archivi nel 2016 che hanno aderito alla prima edizione nel 2016 sono diventati 63 nel 2023 in 13 regioni italiane.

Oltre 150 appuntamenti, tutti gratuiti, hanno permesso lo scorso anno di raccontare la storia di oltre 200 fondi di professionisti molti dei quali conservati in grandi istituzioni pubbliche e private (archivi negli archivi): figure note e meno note, attive a partire dall'Ottocento e fino ai nostri giorni. L'offerta si è quindi ampliata. La particolarità di aprire alcuni dei più prestigiosi archivi fotografici italiani è rimasta, ma a questa straordinaria opportunità si sono aggiunti appuntamenti di diverso genere determinati dalla varietà dei partecipanti: incontri in studio e in streaming con gli autori delle fotografie, workshop, tavole rotonde, visite guidate a mostre e molto altro.

RETEFOTOGRAFIA è nata nel 2011 a Milano su iniziativa di un gruppo di enti e istituzioni, attivi nel settore della fotografia, con la finalità di creare un sistema aperto di collegamenti e relazioni tra realtà pubbliche e private, di promuovere e valorizzare la fotografia attraverso una cultura critica sempre più ampia, aggiornata e qualificata. Costituitasi come associazione non profit nel 2016, ha organizzato e continua a promuovere incontri, convegni, visite guidate al fine di offrire strumenti di conoscenza e aggiornamento a specialisti e nello stesso tempo diffondere, in modo gratuito, la cultura fotografica a un pubblico sempre più vasto, anche di non addetti ai lavori. (Comunicato stampa)




Opera di Nicola Carrino in mostra "Dimensionare lo spazio"
Nicola Carrino, Gianni Colombo, Lesley Foxcroft, Igino Legnaghi, François Morellet, Arcangelo Sassolino, Mauro Staccioli, David Tremlett, Antonio Trotta, Grazia Varisco, Michel Verjux


18 settembre (inaugurazione) - 21 novembre 2024
Galleria A arte Invernizzi - Milano
www.aarteinvernizzi.it

La mostra, a cura di Lorenzo Madaro, invita a riflettere su una idea di scultura intesa come rimodulazione dello spazio fisico attraverso opere la cui tridimensionalità nasce dalla alterazione della percezione visiva. Si concentra sui perimetri e gli ambiti di ricerca di una scultura in grado di generare riflessioni sulla forma e lo spazio. Gli artisti protagonisti del progetto espositivo hanno lavorato e lavorano investigando le radici proprie del linguaggio, esplorando la luce e il dinamismo, ma anche il rapporto tra la bidimensionalità della parete e lo sguardo espanso dell'architettura, esplicitando le specificità che la scultura ingloba costantemente. La scultura serve a riconoscere i luoghi, a viverli e a osservarli.

In questa dicotomica e persistente relazione di connessione che sussiste tra forma e spazio, si estende un dibattito destabilizzante e straordinario, anche sul piano propriamente teorico. L'artista che in Italia ha avuto un ruolo prioritario in quest'ambito - anche sotto il profilo teorico e in anni pionieristici - è stato Nicola Carrino, da cui è preso in prestito il titolo della mostra e secondo il quale «Scultura è operazione del mutare, strumento indispensabile del continuo occupare e dimensionare lo spazio». Come evidenzia Franco Sossi nel suo Luce Spazio Strutture (1967), i presupposti di tali esperienze vanno rintracciati nel Costruttivismo degli anni Dieci del XX secolo.

La scultura pertanto diviene un linguaggio generativo di esperienze, preludio di un'architettura ulteriore rispetto a quella con cui si relaziona, ma è anche un linguaggio che esiste solo in rapporto a un ambiente. È l'opera stessa che contiene lo spazio, creandolo. Confermano tali linee teoriche le opere in mostra e i percorsi di Nicola Carrino, Gianni Colombo, Lesley Foxcroft, Igino Legnaghi, François Morellet, Arcangelo Sassolino, Mauro Staccioli, David Tremlett, Antonio Trotta, Grazia Varisco e Michel Verjux. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue con un testo di Lorenzo Madaro, docente di Storia dell'Arte Contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, e la riproduzione delle opere esposte. (Comunicato stampa)

Immagine:
Opera di Nicola Carrino




Opera fotografica di Giuseppe Chietera denominata Locarno-Piano di Magadino realizzata nel 2016 Scenescape
08 giugno 2024 - 24 novembre 2024
Rolla.info - Bruzella (Svizzera)

Ventitreesima mostra organizzata dalla Fondazione Rolla. Il testo introduttivo di Philip Rolla spiega il tema proposto: "Per caso o per scelta, tutto ciò che vediamo si trasforma in una scena ai nostri occhi. Questa scena può essere semplice, quasi fatta di niente, complessa, sofisticata o banale, ma rimane tuttavia una scena, magari solo per un istante, o forse per un arco di tempo più lungo, entrando a far parte della nostra memoria visiva. La nostra collezione comprende numerose fotografie che catturano la natura più elementare: un albero, un arbusto, un muro, il profilo di un orizzonte, alcune quasi nulla, ma ognuna di essa racchiude una bellezza che forse non può essere descritta ma che possiamo invece percepire."

Gli autori in mostra sono Robert Adams, Lewis Baltz, Vincenzo Castella, Giuseppe Chietera, Aline d'Auria, Ray K. Metzker, Linda Fregni Nagler, Jan Koster, Josef Koudelka, Francine Mury, Igor Ponti, Luciano Rigolini, Philip Rolla, Josef Sudek, Hiroshi Sugimoto, John Szarkowski e Fabio Tasca. La mostra è accompagnata da un catalogo che include la riproduzione di tutte le immagini esposte e testi di Philip Rolla e Fabio Tasca. (Comunicato stampa)

Immagine:
Giuseppe Chietera, Locarno-Piano di Magadino, 2016




Pierre-Yves Le Duc
"Magigonie"


19 settembre (inaugurazione) - 09 novembre 2024
Maja Arte Contemporanea - Roma
www.majartecontemporanea.com

La mise en scène conduce il visitatore in un viaggio che ha il sapore del Grand Tour attraverso 22 città italiane (Amalfi, Assisi, Bergamo, Capri, Ercolano, Firenze, Genova, Milano, Monreale, Napoli, Orvieto, Padova, Palermo, Pisa, Pompei, Portofino, Roma, Siena, Siracusa, Sorrento, Venezia, Verona), con l'unica eccezione di Parigi e Cannes, a cui l'artista deve rispettivamente la propria formazione culturale e la genesi del ciclo di opere in mostra.

"Magigonie" - un neologismo introdotto da Le Duc - è il frutto involontario di una precedente ricerca ("Apparato", 2013-2016), in cui l'artista volle indagare il processo evolutivo dell'atto creativo, reiterando lo stesso disegno a china ovvero lo stesso soggetto nell'arco di tre anni, con metodo e parametri scientifici predefiniti. Furono così prodotti 12.000 disegni e circa 2.000 fogli di scarto, mai distrutti, piuttosto messi in latenza.

A proposito dell'origine del progetto Pierre-Yves Le Duc racconta: "Nel 2014 ho cominciato a creare i primi collage di 'Magigonie' accostando cartoline souvenir in bianco e nero - degli anni '30, '40, '50 - a frammenti di segni d'inchiostro scelti con cura dagli scarti di 'Apparato', cercando corrispondenze poetiche, narrative, grafiche; immaginando mondi al di fuori dell'inquadratura della foto. Così prende vita un corpo di opere che vuole andare oltre la realtà visibile; non per indagare la magia dell'arte, ma l'arte della magia artistica, una pratica che si evolve nel fare e scopre se stessa nella sperimentazione. Questa ricerca svela il carattere astratto nell'illusione fotografica, la frontiera labile tra reale e irreale, e non solo: l'esercizio di guardare 'fuori quadro' dà accesso al subconscio svelandolo, mettendo in luce processo e contenuti visionari, acuendo la capacità naturale di andare oltre l'evidenza data dall'immagine."

Osserva Alfredo De Dominicis: "(...) Le Duc fa specchiare l'ordine con il caos, il noto con l'ignoto. Si susseguono, in modo ripetitivo, due mondi, due visioni. Da una parte il Mondo che conosciamo, una serie di cartoline che riproducono luoghi tra i più iconici e conosciuti al mondo, dall'altro un Mondo primordiale; o forse, al contrario, un Mondo futuro, post-umano. Oppure a specchiarsi in una ripetizione che appare quasi infinita, ciclica - tema questo dell'eterno ritorno e della riproducibilità, molto caro all'artista - è lo stesso identico Mondo, una volta mascherato una volta no, nudo e crudo, 'atomizzato'. E allora ci si chiede: quale dei due è poi quello vero?"

Pierre-Yves Le Duc nasce in Francia nel 1964. Studia letteratura italiana alla Sorbona (dove si laurea nel 1988) iniziando un periodo di formazione a tutto campo, durante il quale la naturale inclinazione per l'arte si alimenta attraverso una frequentazione assidua di teatri, spettacoli di danza contemporanea, gallerie d'arte, musei e concerti. Durante il periodo universitario si reca frequentemente in Italia, attraversandola in lungo e in largo. Poi il colpo di fulmine per Napoli, dove decide di risiedere dopo aver ottenuto una borsa di studio.

Nel 1989 realizza le sue prime opere. Fondamentale è il successivo incontro nel 1992 con Alfredo Bovio Di Giovanni a cui deve l'apprendimento dei rudimenti del "mestiere" e la pratica "accademica". Dal 1993 la ricerca di Le Duc si concentra principalmente sulla realizzazione di installazioni monumentali dedicate a precisi luoghi, cicli di opere complesse e articolate con una forte impronta progettuale. Le Duc ha esposto in Italia (Milano, Napoli, Pavia, Roma, Salerno,Sorrento, Torino, etc.) e all'estero (del 2012 la personale ad Atlanta, Stati Uniti). È presente in importanti fiere quali Basilea Art Fair, Miami Art Fair e Artissima. (Comunicato stampa)




Il Surrealismo e l'Italia
14 settembre - 15 dicembre 2024
Fondazione Magnani-Rocca - Mamiano di Traversetolo (Parma)

Cento anni fa nasceva il Surrealismo; da quel momento la percezione del mondo non sarà più la stessa. "L'immaginazione non è altro che la rivelazione di ciò che siamo, della nostra propria sostanza, che è sogno, purezza, energia, libertà." scrive André Breton nel Manifeste du Surréalisme, pubblicato il 15 ottobre 1924, segnando ufficialmente l'avvio del movimento.

La grande mostra, curata da Alice Ensabella, Alessandro Nigro, Stefano Roffi, attraverso oltre 150 opere di Salvador Dalí, René Magritte, Max Ernst, Joan Miró, Marcel Duchamp, Man Ray, Yves Tanguy, Giorgio de Chirico e il fratello Alberto Savinio, Enrico Baj, Fabrizio Clerici, Leonor Fini e altri protagonisti di questa corrente immaginifica, testimonia la vastità di mezzi e linguaggi del Surrealismo e ne esplora l'impatto e l'evoluzione nel nostro Paese, offrendo una prospettiva inedita e affascinante su un movimento che ha lasciato un segno indelebile nell'immaginario artistico contemporaneo.

Il percorso espositivo si sviluppa in due grandi capitoli, suddivisi in sezioni tematiche.

Il primo intende presentare il Surrealismo internazionale e il suo arrivo in Italia; mediato in un primo momento dall'opera di de Chirico e Savinio di ritorno da Parigi negli anni Trenta, poi rappresentato attraverso le opere dei maestri del movimento storico, che evidenziano una profonda eterogeneità estetica e formale (arte astratta e figurativa), così come una moltitudine di media utilizzati (pittura, collage, assemblage, fotografia, ready-made, objets trouvés). Qui vengono presentati importanti lavori di Magritte, Dalí, Man Ray, Ernst, Masson, Miró, Tanguy, Duchamp, Matta, Lam, oltre a de Chirico.

Il secondo capitolo individua i protagonisti della scena surrealista italiana, già a partire dagli anni Trenta, al fine di esaminarne le tangenze col gruppo francese, ma anche - e soprattutto - di metterne in luce l'indipendenza e l'originalità. È possibile constatare in Italia il delinearsi di due tendenze principali: da una parte, la nascita di un gruppo che si ispira a pratiche artistiche nuove e che intrattiene rapporti col gruppo francese, come è possibile vedere nelle opere di Sergio Dangelo o di Enrico Baj. Dall'altra, un filone figurativo fantastico, caratterizzato dalla produzione di opere visionarie, a cui appartengono, tra gli altri, Leonor Fini, Fabrizio Clerici, Stanislao Lepri, per cui l'opera di de Chirico e Savinio fu capitale. Questi ultimi attirano la critica internazionale, come dimostra la loro presenza nel numero monografico della rivista americana View, pubblicato nel 1946, intitolato Italian Surrealists.

Un'attenzione particolare viene infine conferita al contesto della diffusione del Surrealismo in Italia, mettendo in luce gli attori e i luoghi che ne sono stati gli artefici, in particolare galleristi (Schwarz, Tazzoli, Cardazzo, Del Corso, Jolas, Sargentini, Brin, etc.) e collezionisti (Guggenheim, Passaré, etc.).

La Fondazione Magnani-Rocca invita così il pubblico a questo affascinante viaggio, scoprendo come il movimento surrealista abbia liberato l'inconscio e trasformato la percezione della realtà, offrendo nuove chiavi di lettura per comprendere l'arte e la vita. Una celebrazione che non è solo un tributo ma una riflessione viva e attuale su come l'automatismo psichico continui a influenzare il nostro presente e, citando ancora una volta Breton, scoprire che "Il meraviglioso è sempre bello, anzi, solo il meraviglioso è bello." (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI)




Locandina della mostra Matisse e la luce del Mediterraneo Matisse e la luce del Mediterraneo
28 settembre 2024 - 04 marzo 2025
Centro Culturale Candiani - Mestre (Venezia)

Un viaggio nei capolavori e nei luoghi che li hanno ispirati, tra le luminose atmosfere mediterranee, punti geografici e dell'anima, sfondi di vicende artistiche e fondamentali per l'evoluzione dell'arte moderna europea. Il nuovo progetto espositivo, a cura di Elisabetta Barisoni, che nasce dalle collezioni civiche di arte moderna conservate a Ca' Pesaro, arricchito da prestigiosi prestiti internazionali, è dedicato ad un altro maestro delle avanguardie del '900: Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 1869 - Nizza, 1954).

Maestro e capostipite dei Fauves - le belve, i selvaggi - e perciò posto in mostra e in dialogo con artisti con i quali condivise vicende biografiche e rivoluzioni artistiche; pittore della gioia di vivere, delle emozioni profonde, tradotte in colori forti, vivaci, innaturali. E, soprattutto, interprete della luce: centro della ricerca di Matisse, come di quegli artisti che miravano a catturare l'abbagliante bellezza del Mar Mediterraneo, del Midi, il Mezzogiorno francese, luogo fisico e della creazione artistica, il vero protagonista del colore liberato dall'Espressionismo selvaggio.

Luce e colore sono quindi il fulcro della rassegna, insieme all'importanza, quasi un'ossessione, del disegno per Matisse. In mostra oltre cinquanta opere, partendo dalle preziose raccolte di grafica della Galleria Internazionale d'Arte Moderna - che annoverano tre importanti litografie dell'artista francese datate agli anni Venti e due disegni appartenenti alla sua produzione del 1947 - poste accanto ai capolavori del maestro provenienti dal Philadelphia Museum of Art, dalla Národní Galerie di Praga, dal Musée des Beaux-Arts di Bordeaux, dal Musée des Beaux-Arts di Nancy, dal Centre Pompidou di Parigi, dal Musée Albert-André di Bagnols-sur-Cèze, dal Museo del Novecento di Milano.

Sette le sezioni per indagare La modernità viene dal mare, La Luce del Mediterraneo, L'età dell'oro, Il Mediterraneo, un paradiso unico, a cui si affiancano le riflessioni sul decorativo e l'ornamento, il fascino delle linee moresche, le languide figure femminili in veste di odalische in Arabesco e decorazione fino alla sintesi perfetta di Lusso, calma e voluttà e del "disegno del piacere", di cui scrive il filosofo Jean-Luc Nancy.

Nasce così spontaneamente il dialogo con diversi autori che hanno lavorato sulle qualità interiori della pittura, inseguendo la poetica: Henri Manguin, André Derain, Albert Marquet, Maurice de Vlaminck, Raoul Dufy e Pierre Bonnard. Ricerche e produzioni distinte creano tuttavia un racconto corale: dall'amicizia tra Derain e Matisse, in viaggio sulla costa mediterranea della Francia nell'estate del 1905, alla centralità di alcuni luoghi, come Nizza, Arles, Saint-Tropez, quest'ultima divenuta icona dell'arte e della cultura del Novecento.

L'esposizione si chiude con l'ultima rivoluzionaria fase creativa di Matisse. Dal colore alla forma prende avvio dalla produzione dei papiers découpés, fogli di carta colorata ritagliati e incollati nei quali il Maestro francese porta al massimo la sintesi dell'espressione. Dagli epigoni di area veneziana, come Renato Borsato o Saverio Barbaro, alle figurine di Chris Ofili e fino alle composizioni di Marinella Senatore, la dignità del decorativo, dell'ornamento, del disegno e della stilizzazione della figura emerge nell'ultima sezione della mostra come il lascito forse più importante che Matisse fa all'età contemporanea. (Comunicato stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo)




Divisionismi. Un'altra modernità
18 ottobre - 30 novembre 2024
Galleria Bottegantica - Milano
www.bottegantica.com

Dopo le mostre Angelo Morbelli. Luce e colore (2019), Gaetano Previati. Previati in Love (2020) e Il giovane Boccioni (2021), dedicate ad artisti che, in modi diversi, hanno preso parte alla multiforme esperienza del divisionismo italiano, la galleria Bottegantica ha scelto di indagare in modo più esteso la parabola ed il perdurare del fenomeno. Intende offrire una nuova prospettiva sul movimento divisionista, esplorandone le evoluzioni e le implicazioni artistiche dagli anni Novanta del XIX secolo sino agli anni Venti del Novecento.

Accanto alle opere dei maestri e principali teorici della tecnica divisionista - da Gaetano Previati ad Angelo Morbelli ed Emilio Longoni, da Vittore Grubicy de Dragon a Giovanni Segantini e Pellizza da Volpedo - dei quali sono presenti alcuni capolavori come Le Caravelle (1908 circa), Fiumelatte (1897) e L'Ultima fatica del giorno (1892) e Tramonto sulle colline di Volpedo (1903-1904), la mostra presenta lavori di artisti legati ad ulteriori sviluppi della ricerca divisionista, nella sua complessità estetica e concettuale, all'aprirsi del nuovo secolo.

Sono infatti presenti anche i primi firmatari del Manifesto futurista, che proprio sul divisionismo nell'accezione del complementarismo congenito si basava, come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Luigi Russolo e Carlo Carrà con lavori di primaria importanza come Mia madre (1907) e Ritratto di Bice Morselli (1910), accanto a diversi altri artisti divisionisti di primo livello - entro una prospettiva nazionale di ampio respiro - come Carlo Fornara, Benvenuto Benvenuti, Cesare Maggi, Emilio Longoni, Plinio Nomellini e Sexto Canegallo.

Il divisionismo, nato sullo scorcio degli anni Ottanta del XIX secolo, affrontò inizialmente la resistenza critica di quanti ne decretavano la fine già all'inizio del nuovo secolo: nonostante le critiche di figure come Diego Angeli e Ugo Ojetti, che vedevano nel divisionismo un eccesso di dogmatismo scientifico e tecnico, molti artisti riuscirono a trasformarne la tecnica in un mezzo per esplorare le potenzialità espressive della pittura. La mostra mira ad indagare il variegato orizzonte del divisionismo nei primi due decenni del secolo per superarne una concezione, frequente negli studi e nelle occasioni espositive, che ne ha spesso relegato i migliori esiti agli anni dei suoi esordi.

All'approssimarsi del nuovo secolo tanto i maestri, quanto le nuove generazioni di artisti, non si trovarono più a confrontarsi assiduamente con i problemi teorici e pratici relativi alla divisione del colore: la tecnica divisa era finalmente un dato acquisito, da poter vivere con un rinnovato senso di indisciplinatezza, fondamentale per l'evoluzione del divisionismo. Già dagli anni Novanta i singoli artisti, impegnati intorno alla ricerca sul colore diviso, avevano elaborato delle maniere individuali, aprendo la strada ad un'interpretazione dell'assunto teorico e scientifico di partenza che andasse ben oltre la tecnica, per sondare le possibilità pittoriche in termini di espressione e forza evocatoria.

È proprio l'affermarsi di un'inedita sperimentazione attorno al valore del segno pittorico a divenire protagonista in questa stagione: stesure puntinate e pulviscolari, lineari, a tacche, ora affidate a un ductus più disteso, ora risolventesi in una grafia spezzata e nervosa. Le variazioni sugli impasti, con evidenziazioni materiche o stesure levigate, costituirono la base essenzialmente modernista di una riflessione sul linguaggio pittorico stesso, fondamentale per le premesse concettuali che portarono all'affermazione dell'avanguardia e alla rilettura in chiave moderna di una delle più importanti sperimentazioni pittoriche dell'Ottocento italiano. Il catalogo della mostra, curato da Niccolò D'Agati e pubblicato da Bottegantica Edizioni, sarà disponibile per approfondire ulteriormente le tematiche e le opere esposte. (Comunicato Ufficio Stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo)




Berthe Morisot
"Pittrice impressionista"


16 ottobre 2024 - 09 marzo 2025
GAM Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea - Torino
www.gamtorino.it

Nell'anno internazionalmente dedicato all'Impressionismo, la mostra che celebra la storia e il percorso artistico dell'unica donna tra i fondatori del movimento impressionista. Grande interprete della Nouvelle Peinture, Berthe Morisot ha avuto un ruolo importante nella storia del movimento partecipando a sette delle otto mostre impressioniste che si sono tenute dal 1874 al 1886 (unica assenza nel 1879 per la nascita della figlia). Nel 1874 Berthe sposa Eugène Manet, fratello di Édouard, entrando di diritto nella famiglia. Indipendentemente dalla presenza di Manet, il più importante artista del suo tempo, Morisot continua a vivere intensamente la propria vicenda creativa, legandosi in modo diretto al gruppo.

Attraverso una selezione di opere, tra celebri dipinti e incisioni, provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche - tra cui, oltre al Musée Marmottan Monet di Parigi, il Musée d'Orsay di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di Pau, il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Musée d'Ixelles di Bruxelles, l'Institut National d'Histoire de l'Art (INHA) di Parigi - e importanti collezioni private, la mostra ripercorre la vita e la carriera di Berthe Morisot, dai suoi esordi connessi al sodalizio artistico e umano con Édouard Manet, fino alla piena adesione alla poetica impressionista.

Il percorso espositivo si sviluppa in sezioni tematiche dedicate ai principali soggetti protagonisti della produzione di Morisot - luoghi all'aperto, interni animati da figure colte in situazioni di intimità o nel brillio della vita sociale, paesaggi marini, famiglia, case e giardini - e racconta il suo stile leggero, talvolta sorprendentemente ellittico e moderno. La luce, protagonista indiscussa della sua produzione, avvolge e irradia attraverso pennellate brillanti la superficie delle opere, raggiungendo la massima espressione nelle scene en plein air, sempre caratterizzate da atmosfere vibranti e cromaticamente intense.

L'esposizione è organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, a cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta la più grande raccolta di opere di Berthe Morisot da cui provengono importanti dipinti e con la consulenza scientifica di Sylvie Patry, tra i maggiori esperti internazionali di Morisot.

La mostra illustra il legame di Morisot con la poetica del movimento e fa emergere il suo personalissimo timbro nel cogliere la labilità dell'attimo, a simbolo della fragilità dell'esistenza, capace di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà. L'allestimento della mostra accoglie anche un display, appositamente ideato per il percorso espositivo, di Stefano Arienti, artista italiano tra i più riconosciuti, che crea un confronto con Morisot e i valori del linguaggio impressionista, a cura di Chiara Bertola, Direttrice della GAM. (Comunicato stampa)




Donna, Musa, Artista
Ritratti di Cesare Tallone tra Otto e Novecento


14 settembre 2024 - 12 gennaio 2025
Museo Villa Bassi Rathgeb - Abano Terme (Padova)

Cesare Tallone (1853-1919) artista di grande successo, ritrattista della Regina Margherita e fondatore di una delle prime scuole di pittura femminili, è il protagonista della mostra a cura di Raffaele Campion, Silvia Capponi, Elena Lissoni e Barbara Maria Savy. La mostra nasce da un lavoro di studio e di approfondimento sulla collezione permanente del Museo e in particolare sul nucleo di opere di Cesare Tallone, dando particolare rilievo alla produzione ritrattistica femminile dell'artista, che racconta il ruolo delle donne nella società italiana tra fine Ottocento e inizio Novecento. Presenta alcuni dei ritratti della famiglia Tallone, tra cui quello della moglie dell'artista, la poetessa Eleonora Tango, e dei figli Guido e Irene, raffigurati dal vero nelle vesti di pastorelli, ciociare, massaie, e talvolta in immagini dal sapore intimo e sognante.

L'indagine condotta dal team curatoriale sulle immagini di famiglia dell'artista, tra dipinti di genere, ritratti e fotografie, ha reso possibile avviare anche una riflessione sulla rappresentazione e autorappresentazione delle donne nella società italiana tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. In questo contesto, libero e aperto, prendono vita alcuni ritratti femminili dell'artista che restituiscono un caleidoscopio di immagini emblematiche di una società in trasformazione, dal Doppio ritratto femminile (1887) a quello dell'attrice Lina Cavalieri (1905 circa), icona di stile che campeggia anche nel manifesto Campari presente in mostra insieme ad altri della Collezione Salce di Treviso, fino allo "scandaloso" Nudo femminile (1913 circa). (Comunicato stampa Lara Facco P&C)




Stefano Cerio
"Viceversa"


29 giugno (inaugurazione) - 03 novembre 2024
Castello di Postignano (Perugia)
www.castellodipostignano.it

Nell'ambito della 12a edizione della manifestazione culturale "Un Castello all'Orizzonte" la mostra del fotografo Stefano Cerio, a cura di Arianna Catania, che riunisce opere di grande formato e video tratti da cinque serie di lavori sviluppati dal fotografo tra il 2010 e il 2017 su luoghi e architetture adibiti al divertimento di massa, al gioco, al tempo libero. Negli Acquapark, nelle piste e gli impianti di risalita di Night Ski, nelle navi da crociera di  Cruise ship, nei paesaggi di Chinese Fun e nei parchi dei Night Games non ci sono persone, la presenza umana si sente ma non si vede: Cerio sceglie la notte, le vacanze, i momenti in cui questi luoghi abbassano i riflettori e non sono in funzione. Immagini surreali e silenziose, caratterizzate da un forte senso di sospensione che lasciano immaginare lo spettatore, attivando una sensazione di spaesamento.

«Voglio catturare esattamente ciò che vedo in quel momento. Talvolta uso le mie luci come strumento di costruzione dell'immagine, talvolta uso la luce naturale in determinate ore della giornata, con l'obiettivo di creare delle atmosfere che in realtà non esistono», racconta Cerio. Nella sua ricerca cattura l'invisibile, costruendo mondi immaginari, ma contemporaneamente rimane saldamente aggrappato alla realtà e alla sua materialità. Accanto alle serie sui luoghi del divertimento di massa saranno presentate alcune immagini e un video della serie "Aquila", che rilegge il paesaggio devastato dal terremoto del 2009, attraverso l'uso di gonfiabili realizzati ad hoc dall'autore.

"Un Castello all'Orizzonte 2024", con il patrocinio della Provincia di Perugia e del Comune di Sellano, offre al pubblico un ricco e variegato programma:   quattro mostre permanenti di fotografia e di arte contemporanea - quattro masterclass (due di disegno, una di pianoforte, una di violoncello barocco e di musica strumentale italiana del sei-settecento) - due esposizioni temporanee di fotografia - due proiezioni di documentari - tre "incontri con l'autore" per la presentazione dei loro libri - dieci concerti, dalla musica antica alla classica, dalla lirica al jazz. (Estratto da comunicato stampa Patrizia Cavalletti Comunicazione)




Helmut Newton | Ellen von Unwerth
Eroticism in Fashion Photography


19 settembre (inaugurazione) - 16 novembre 2024
Glenda Cinquegrana Art Consulting - Milano
www.glendacinquegrana.com

Doppia mostra dedicata ad Helmut Newton ed Ellen von Unwerth che mette in dialogo due fotografi uniti dal fil rouge dell'erotismo e della sensualità quali elementi caratterizzanti la propria visione molto personale della fotografia di moda e di celebrity. L'esposizione, a cura di Glenda Cinquegrana, che si compone di più di venti immagini vintage in B/N e a colori che coprono un arco temporale che va dagli anni Settanta ai Duemila, vede una selezione di ritratti di supermodels e celebrities, paesaggi, polaroid.

Di Helmut Newton esponiamo alcune foto vintage che vanno dagli anni Settanta ai Duemila tratti da celebri portfoli Rosalyn at Arcangue degli anni Settanta, fino al Woman on a Level Four scattato a Monte Carlo negli anni Duemila; un ritratto di Ava Gardner degli anni Settanta fino ad uno di Kristen McMenamy degli anni Novanta; infine, uno scatto della serie Sex & Landscapes. Di Ellen von Unwerth sono presenti in mostra stampe provenienti dallo studio dell'artista di cui un celeberrimo ritratto di Claudio Schiffer per Guess degli anni Novanta, alcuni scatti delle supermodels Naomi Campbell, Linda e Christy; un iconico scatto di Monica Bellucci e Vincent Cassel; alcune immagini significative della serie Revenge, fino alle iconiche fotografie a colori degli anni Duemila.

La narrativa sull'eros e la donna sottintesa alle immagini dei due autori è la vera protagonista dell'esposizione. Helmut Newton negli anni Ottanta realizzava il doppio scatto Sie Kommen (Naked/Dressed) ponendo al centro della fotografia di moda non più la donna vestita, ma il corpo femminile quale elemento fortemente significante della personalità della donna, capace di costruire una narrativa scandalosa e potente del femminile, che prende il potere sul suo stesso corpo, sui media. Una narrativa, quella di Newton capace di dare corpo visivo ad universo del desiderio, in cui la donna è per la prima volta protagonista volontaria e libera di interpretare i sogni che essa stessa crea. A partire da questa visione i fotografi delle generazioni successive, come Ellen von Unwerth, hanno ampliato ulteriormente il racconto che, attorno a donna e desiderio, è divenuto sempre più immaginifico. (Comunicato stampa)




Locandina della mostra Italia Sessanta ITALIA SESSANTA. Arte, Moda e Design. Dal Boom al Pop
29 giugno - 27 ottobre 2024
Palazzo Attems Petzenstein - Gorizia

Un decennio effervescente e controverso quello dei "mitici" Anni Sessanta. Tempo di complessi mutamenti sociali e politici, certo, ma anche di originali spinte creative e dell'imporsi di nuovi approcci e nuove visioni. A mutare è il modo di vivere, di abitare, lavorare, vestire, amare e gestire il tempo libero. Sono gli anni dell'alluvione di Firenze e Venezia, del '66, delle contestazioni studentesche del '68 e '69, del primo esprimersi degli Anni di piombo, ma anche quelli in cui ogni sogno sembra poter diventare realtà, a partire dall'uomo a passeggio sulla Luna. Sono gli anni della plastica arancione, del design, delle più incredibili sperimentazioni. Fioriscono oggetti-icona destinati a connotare l'epoca e che, nel loro piccolo, mutano il mondo di vivere. Basti citare il mangiadischi che porta la musica ovunque si voglia: una piccola, enorme rivoluzione.

Ad accogliere i visitatori sarà una sfavillante Ferrari 275 gtb del 1965, affiancata da una Lamborghini Miura, quest'ultima presente solo in immagine, per questione di spazio, simboli evidenti e universali del design ma anche dell'imporsi della tecnologia Made in Italy. I curatori - Carla Cerutti per il design, Enrico Minio Capucci e Raffaella Sgubin per la moda e Lorenzo Michelli per le arti visive - hanno scelto di raccontare il decennio sottolineando le assonanze di generi. A raccontare l'antefatto, ovvero il decennio dei '50, aveva provveduto, un anno fa, nella medesima sede, "Italia Cinquanta. Moda e Design. Nascita di uno stile", mostra visitatissima e molto amata.

Quel racconto, parlando dei '60, si amplia. Al di là del design e della moda, il racconto si apre anche all'arte, riconoscendo quanto questo linguaggio espressivo si intrecci con gli altri due. Nel '64 la Biennale di Venezia ufficializza la Pop Art, che con il Radical Design impone il primato della invenzione poetica sulla funzionalità. Intanto nuove figurazioni e forme, tra Pop e Op, nuovi materiali e nuove tecnologie si irradiano dagli epicentri di Milano e Roma alle periferie, crescendo modelli originali e avanzate sensibilità.

I creativi meticciamenti tra design, arte, moda, comunicazione, musica, spettacolo producono, e rendono popolari, oggetti come il telefono Grillo e la radio TS 502, entrambi di Zanuso, i televisori Brionvega, oggi oggetto del desiderio di ogni collezionista, la macchina da scrivere Valentine di Ettore Sottsass per Olivetti, tra i tanti. Il nuovo coinvolge tutte le arti applicate, dai vetri alle ceramiche. E, naturalmente, la moda. In mostra abiti icona come il Pigiama Palazzo imposto da Irene Galitzine accanto agli abiti di Valentino, Capucci, Missoni, Pucci, Balestra e a borse e scarpe di Ferragamo, Gucci, Roberta di Camerino... Ma si assiste anche all'ingresso della plastica nella moda e l'influenza di Pop e Op, con le creazioni di Getulio Alviani e Germana Marucelli.

Ad accogliere queste nuove creazioni sono case nuove e nuovi arredi, anch'essi spazi di sperimentazione e nuove visioni firmate da Joe Colombo, De Pas e D'Urbino, Giancarlo Piretti, Archizoom, Studio 65, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Vico Magistretti, Elio Martinelli, Umberto Riva, Gae Aulenti, Gino Sarfatti, Gio Ponti, Tobia Scarpa, tra i tanti. Tra le invenzioni del momento, come non citare il Sacco di Gatti, Paolini e Teodoro reso celebre dai film di Fracchia?

Il design muta forma anche agli strumenti musicali: iconica la chitarra della Eko, Rocket, ideata dal geniale Oliviero Pigini per il gruppo musicale inglese The Rokes, destinato a mietere grandi successi in Italia. A questo proposito, una sezione sarà dedicata alla "Britaly", la British Invasion. Molti artisti e musicisti britannici saranno, infatti, attratti dal nostro Paese e vi si stabiliranno portando con sé la nuova ventata culturale proveniente dal Regno Unito. Dalla minigonna alla musica, all'arte: novità che l'Italia assorbe e ripropone con buon gusto e genialità. Accompagna la mostra un volume edito da Antiga Edizioni su progetto grafico di Studio Polo 1116. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo)




Collage di Marko Tadic denominato Funga Robo The Fair realizzato nel 2024 Marko Tadic
"Heliopolis"


17 maggio (inaugurazione) - 20 ottobre 2024
PAV Parco Arte Vivente - Torino
www.parcoartevivente.it

Il lavoro di Marko Tadic rilegge la storia del modernismo socialista jugoslavo attraverso il confronto con pratiche di grandi autori che operarono alla fine degli anni '50 in Croazia, tra questi il designer, scultore e architetto d'avanguardia Vyaceslav Richter (1917-2002) e il filmaker Vladimir Kristl (1923-2004) della Scuola di animazione di Zagabria, riconosciuta come uno dei capisaldi in ambito europeo. Attraverso una metodologia che tenta di "fare Storia partendo dai rifiuti della Storia" - come avrebbe detto Walter Benjamin, citando Goncourt - Tadic individua nei residui inerti della memoria un potenziale attivo utile a rileggere e a generare nuove possibilità di narrazione. Attraverso il riutilizzo e la rielaborazione di oggetti d'epoca come cartoline, mappe geografiche, diapositive, taccuini e archivi fotografici personali, Tadic riporta alla luce un archivio sommerso sul quale interviene sovrascrivendo.

La mostra, a cura di Marco Scotini, concepita appositamente per il PAV comprende un nucleo di opere dell'artista dedicate all'interazione con il pensiero di Vjenceslav Richter, tra i membri fondatori di EXAT 51 gruppo d'avanguardia di artisti, architetti, designer e teorici attivi a Zagabria tra il 1950 e il 1956 che intendeva promuovere e raggiungere una sintesi e una intersezione tra tutte le forme d'arte. Richter, del quale sono presenti in mostra una serie di opere originali, dedicò quasi due decenni della sua vita al perfezionamento di progetti tecno-utopici in ambito urbanistico che tentavano di rispondere, attraverso la pianificazione, ai bisogni specifici di una società socialista. Nella città utopica di Richter ciò di cui si ha bisogno è a portata di mano e la pianificazione risponde all'esigenza di ridurre i tempi della mobilità per garantire più tempo libero.

In mostra Tadic immagina e progetta la sua città utopica contaminando i progetti di Richter con un immaginario fantascientifico e impiantando su questi sistemi complessi una riflessione ecologica. Attraverso disegni, collage e animazioni ne ipotizza un ampliamento che include nuovi quesiti riguardanti il rapporto tra uomo, ambiente e tecnologia e l'utilizzo di risorse rinnovabili. Heliopolis si compone di quattro isole tematiche Leaving the Frame, Flow Diversions, The Open Future e From the Shell (of the Old) nelle quali il rapporto tra ecologia, architettura utopica e fantascienza viene indagato attraverso una prospettiva multi scalare. Variando la scala attraverso la quale viene rappresentato un sistema è possibile arricchire la sua comprensione e formulare nuove letture.

Attraverso la miniaturizzazione Tadic trasforma i detriti e gli scarti in giocattoli in senso benjaminiano. «Prodotti collettivi» che rimandano ad un confronto con il mondo dell'adulto che tornano a liberare, senza per questo essere privati del proprio valore documentale. In Heliopolis l'opera di Marko Tadic rilegge Vyaceslav Richter per proporre un modello che miri a stabilire un ritmo armonioso nel metabolismo della società, alla continua ricerca di un delicato equilibrio tra costruzione e cancellazione, tra futuri possibili e trasmissione della memoria. Nell'ambito della mostra Heliopolis le AEF/PAV (Attività Educative e Formative) propongono il 3 e 4 luglio il Workshop_81 condotto da Tadic rivolto a studenti d'Accademia, d'Università e giovani artisti con un focus su uno dei medium dell'artista: l'animazione in stop-motion.

Marko Tadic (Croazia, 1979) ha studiato pittura all'Accademia di Belle Arti di Firenze. La sua pratica artistica spazia dal disegno all'installazione e all'animazione. Vincitore di numerosi premi internazionali, riceve nel 2015 il premio Vladimir Nazor (Croazia) per la migliore mostra e nel 2008 il Radoslav Putar Award (Croazia) come miglior giovane artista contemporaneo. Ha partecipato a numerose residenze a Helsinki, New York, Los Angeles, Francoforte e Vienna. Ha collaborato con l'Art Academy di Zagabria come tutor di un workshop sul libro d'artista, il field recording e il radio drama. Lavora come docente all'Accademia di Belle Arti di Zagabria e alla Nuova Accademia di Belle Arti NABA di Milano. I suoi film sono stati proiettati in diversi festival internazionali di film d'animazione e di cinema sperimentale. Nel 2017 con Tina Gverovic ha rappresentato la Croazia alla 57ma Esposizione Internazionale d'Arte La Biennale di Venezia. (Estratto da comunicato stampa Lara Facco P&C)

Immagine:
Marko Tadic, Funga Robo/The Fair, 2024, collage 150x110cm

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Mostre sui Balcani
Storia | Popoli | Arte | Cinema

Mondo ex e tempo del dopo
di Pedrag Matvejevic
Recensione

Immagini di una cultura in viaggio. Incontri con il cinema croato
Roma, 11-14 novembre 2010
Rassegna cinematografica




Opera di Ilya Kabakov "Between Heaven and Earth"
A Tribute to Ilya Kabakov


14 aprile - 14 luglio 2024
Fondazione Querini Stampalia - Venezia

La Fondazione Querini Stampalia e la Ilya and Emilia Kabakov Art Foundation dedicano un omaggio a Ilya Kabakov, a un anno dalla scomparsa, in occasione della 60° Esposizione Internazionale d'Arte - La Biennale. La mostra a cura di Chiara Bertola, vuole ricordare il maestro dell'arte concettuale, geniale sperimentatore della poesia e delle potenzialità espressive dei materiali nello spazio espositivo, celebrato come il più importante artista nato in URSS e naturalizzato statunitense del XX secolo.

Per la prima volta alcune installazioni storiche dei Kabakov dialogheranno con gli ambienti antichi e le collezioni d'arte del Museo della Fondazione, diventando interventi site specific pensati per l'ambiente che li accoglie, come è la natura del programma di arte contemporanea 'Conservare il futuro' della Querini Stampalia, che implica il confronto con un passato da tutelare e un futuro da progettare e coinvolge l'istituzione, il pubblico, gli artisti. Questi ultimi fanno da traghettatori, svelano fratture, inventano connessioni. Mostrano qualcosa che rischiava di andare perduto o di non essere più visto.

Ciascuna delle installazioni è una messa in scena attentamente coreografata di oggetti, opere, testi, luci, suoni che porteranno lo spettatore dentro l'opera d'arte secondo il concetto di 'installazione totale', così importante per Ilya Kabakov fin dagli anni Ottanta del secolo scorso. (Comunicato stampa)




Dipinto realizzato da Italo Cremona Italo Cremona
"Tutto il resto è profonda notte"


24 aprile - 15 settembre 2024
GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino

18 ottobre 2024 - 26 gennaio 2025
Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

Il notturno è uno dei temi della pittura di Italo Cremona, una condizione espressiva, esistenziale e filosofica che produce sogni, incubi, apparizioni, immagini fantastiche. "Tutto il resto è profonda notte" è la frase con cui Cremona aveva concluso uno dei testi di "Acetilene", rubrica che negli anni cinquanta firmava per "Paragone", la rivista di Roberto Longhi.

Pittore-scrittore, intellettuale poliedrico ed eccentrico, nei dipinti e negli scritti Italo Cremona ha indagato la Zona ombra (titolo di un suo libro edito da Einaudi nella serie bianca dei "Coralli"): un territorio capiente, dove il buio entra in contatto con la luce attraverso lampi vividi o barlumi; attraverso il chiarore di una lampada ad acetilene (il lume usato un tempo da minatori e speleologi) o la scia di una stella cadente, come nel romanzo distopico La coda della cometa. Tutto il resto è profonda notte è dunque un titolo-insegna, la chiave scelta per tracciare un percorso espositivo dedicato all'intero arco della pittura di Italo Cremona, dalle prime prove giovanili di metà anni Venti fino alle opere della prima metà degli anni Settanta, dalle nature morte prossime alle atmosfere del Realismo magico alla visionarietà del "surrealista indipendente", come amava definirsi.

La mostra raccoglie un centinaio di dipinti e una selezione di disegni e di incisioni e documenta la più alta qualità pittorica dell'artista, rileggendo nel presente l'originalità del suo immaginario. A partire dal nucleo di opere appartenenti alla collezione della GAM (dall'Autoritratto nello studio del 1927 a Metamorfosi del 1936, a Inverno del 1940), l'antologica conta su una serie di prestiti da musei, tra cui il Mart, partner del progetto (Composizione con lanterna, 1926 e La Libra, 1929), i Musei Civici Luigi Barni di Vigevano (con Dialogo tra una conchiglia e un guantone da scherma del 1930 e un coeso nucleo di dipinti visionari degli anni Quaranta-Cinquanta), l'Accademia Albertina di Belle Arti e i Musei Reali - Galleria Sabauda di Torino.

Grazie a una ricerca capillare, la mostra presenta numerose opere provenienti da collezioni private e prestiti da istituzioni come il Museo Casa Mollino (Ritratto di Carlo Mollino del 1928), l'Archivio Salvo (Autoritratto giovanile del 1926) la Collezione Bottari Lattes (Vittoria sul cavallo di gesso, 1940), la Collezione Rai - Radiotelevisione Italiana di Torino (Piccolo Golem, 1940). Basata sullo studio e la rilettura dei materiali documentari, conservati nel Fondo Italo Cremona all'Archivio di Stato di Torino e in archivi privati, Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte è accompagnata dal catalogo edito da Allemandi, con saggi delle curatrici e un ricco corredo iconografico.

Il percorso espositivo segue la progressione cronologica delle stagioni creative di Cremona, enucleando in alcune sale le sue costanti espressive: particolari attenzioni di natura iconografica e di natura poetica sulle quali l'artista si è trovato a tornare più volte. Una sala centrale del percorso, eletta a cabinet des folies, è dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell'espressione del bizzarro.

Nella sala delle facciate, la visione si sposta sulle architetture torinesi, un motivo pittorico peculiare, sviluppato dall'artista lungo i decenni: apparentemente deserte d'ogni presenza umana, dipinte in realtà come quinte di un segreto teatro cittadino, le facciate silenziose dei palazzi e delle case alludono sempre a uno spazio ulteriore. La natura più idiosincratica dell'ampia produzione di nudi è accostata ponendo in evidenza le prove in cui il tradizionale esercizio accademico scivola verso una visionaria produzione di epifanie, apparizioni di alterità, piccole allucinazioni che non distinguono più la realtà del corpo della modella dalla segmentazione pittorica dei suoi dettagli.

Intervallando le immagini oniriche o perturbanti, le armi improprie dei disegni e delle incisioni, con il senso più epidermicamente pittorico del suo operare - con la forza plastica dei suoi anni Venti e Trenta, l'intensità lirica dei suoi anni Quaranta, l'esattezza disegnativa impressa sull'emozione cromatica dei suoi anni Cinquanta - la mostra mette in evidenza gli aspetti più attuali e contemporanei dell'opera di Cremona e della sua figura di intellettuale irregolare, impegnato in numerosi ambiti creativi e affine, nel suo modo insolito di interpretare il Novecento, ad altre figure eccentriche di Torino quali Carlo Mollino e Carol Rama. La mostra si fonda sulla convinzione che il suo insegnamento pittorico e intellettuale ha lavorato negli anni, nelle generazioni, molto più di quanto non si sia riconosciuto sinora.

Artista e letterato, Italo Cremona (Cozzo, Pavia, 1905 - Torino, 1979) è stato un intellettuale singolare, interprete di un'ampia concezione dell'arte espressa attraverso la pittura, la storia dell'arte, la scrittura critica e narrativa, l'attività di scenografo per il cinema e il teatro, l'insegnamento delle discipline artistiche. Si era trasferito a Torino, divenuta sua città di elezione. Qui, si laurea in Giurisprudenza nel 1927, anno in cui esordisce alla Mostra degli Amici dell'Arte alla Promotrice. Libero da appartenenze strette, collabora con Mino Maccari e la sua rivista "Il Selvaggio", è amico di Carlo Mollino, frequenta Felice Casorati e nei primi anni Trenta conosce Alberto Savinio. Espone a Torino, poi alla Quadriennale di Roma (1931 e 1935); nel 1932 è alla Biennale di Venezia (dove sarà presente con continuità dagli anni Trenta agli anni Cinquanta). La sua prima personale apre nel 1933 alla Galleria il Cenacolo di Genova.

Nel 1937 inizia a lavorare per il cinema con le scenografie di Pietro Micca di Aldo Vergano, realizzate a Cinecittà a Roma. Da qui in poi, Cremona assumerà gli incarichi di scenografo, arredatore, costumista, sceneggiatore, assistente alla regia, collaborando a una ventina di pellicole, tra cui Sotto la Croce del Sud, appartenente al filone del cinema coloniale, Carmela, La contessa di Castiglione, Calafuria e Dagli Appennini alle Ande. Per il teatro, realizza la scenografia di L'orchidea di Sem Benelli, rappresentato a Roma e Nozze di sangue di Garçia Lorca al Teatro Gobetti di Torino. Nel 1939 sposa Danila Dellacasa, con la quale nel 1944 si trasferisce a Venezia dove si iscrive al I Biennio di Architettura allo IUAV.

L'attività pittorica si intreccia all'insegnamento e alla pubblicazione di articoli, libri d'arte e romanzi. Nel 1946 ottiene la cattedra di Decorazione all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove insegna fino al 1955, anno in cui fonda l'Istituto statale d'Arte di Torino, che dirigerà fino al 1975. Collabora con la rivista "Il Primato" (1940-1942), è autore della rubrica "Acetilene" sulle pagine di "Paragone" (1951-1957) e creatore della rivista "Circolare Sinistra" (1955). Pubblica le monografie dedicate a Cino Bozzetti (1940) e a Felice Casorati (1942) e, attento alla rilettura di movimenti e fenomeni della storia dell'arte, nel 1964 Il tempo dell'Art Nouveau. Nel 1968 esce il suo primo romanzo, La coda della cometa; nel 1976 Armi improprie (con scritti datati dal 1955 al 1973); nel 1977 la raccolta di racconti Zona ombra. (Comunicato stampa)




Dipinto denominato Le tre finestre o La pianura dalla torre realizzato da Jessie Boswell nel 1924 "Un tappo che chiude... e apre"
24 aprile - 15 settembre 2024
Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea - Torino

Una ristretta selezione di dipinti, fotografie e video delle collezioni GAM, a cura di Fabio Cafagna, chiude idealmente la mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte, isolandone un tema e interpretandolo con la massima libertà. Gli artisti esposti: Gabriele Basilico, Jessie Boswell, Italo Cremona, Dadamaino (Eduarda Maino), Giovanni Battista De Gubernatis, Francesco Garrone, Luigi Ghirri, Sabrina Mezzaqui, Fernando Scianna, Mario Sironi, Giuseppe Uncini

«Nei miei quadri c'è sempre qualcosa che tappa. Un tappo che chiude». Con questa epigrafica sentenza Italo Cremona rispondeva nell'aprile 1973 alle domande di un intervistatore che si stava interrogando sulla frontalità delle sue inquadrature. Quello che definiva come tappo era in realtà una piatta superficie pittorica che, pur possedendo un carattere claustrofobico, si apriva verso l'esterno con specchi, finestre e squarci. Il pieno dello studio d'artista o di un interno domestico si compenetrava così con le immagini che provenivano dall'esterno, allo stesso modo in cui la facciata di un palazzo o la veduta di una piazza lasciavano presagire ciò che accadeva al di là di quelle scabre mura.

È a partire da questa semplice considerazione che si sono selezionate opere appartenenti alle collezioni GAM in grado di far risuonare il momento dell'incontro tra ciò che sta fuori e ciò che sta dentro. Lo sguardo, intrappolato nella specularità dell'allestimento e in un gioco di corrispondenze visive, si muove tra stanze in penombra e muri disadorni, finestre che si aprono su sconfinati orizzonti e desolanti visioni di periferie urbane, ordinati studi d'artista e assolate pareti di mattoni rossi, ambienti in cui la presenza umana è soltanto supposta, mai dichiarata esplicitamente.

Ogni veduta cittadina nasconde, dietro le fredde facciate dei suoi edifici, una moltitudine di storie private. Ogni interno, per quanto confinato possa sembrare, presuppone un varco verso l'esterno. Ogni tappo è anche un gioco di rimandi visivi, come intuiva l'intervistatore di Cremona nel 1973: «Un tappo... un interno, l'angolo di una stanza invaso da suppellettili di ogni tipo, e di sguincio c'è uno specchio. Dentro uno specchio nuota quel che può arrivarvi da una finestra aperta: il solito cornicione... la finestra di fronte chiusa, un davanzale».

Immagine:
Jessie Boswell, Le tre finestre o La pianura dalla torre, 1924




Opera a tela e crilico di cm 120x140 denominata Quadro (manifestazione) realizzata da Giuliano Mauri nel 1970 Spazio Giuliano Mauri
11 maggio (inaugurazione) - 31 dicembre 2024
Scuderie di Palazzo Barni - Lodi
www.giulianomauri.com

Annunciato lo scorso primo marzo alla stampa, lo Spazio Giuliano Mauri apre al pubblico con una mostra che ripercorre ogni fase della vita artistica dell'artista - dagli anni '60 fino alla sua scomparsa nel 2009. Questo luogo permanente dedicato al "Poeta della Natura" occupa le scuderie del seicentesco Palazzo Barni nel centro di Lodi, in corso Vittorio Emanuele, a cinque minuti dalla stazione ferroviaria.

La prima esposizione per presentare l'artista a 360 gradi, dalle prime opere in vetro e neon, ai quadri di stampo militante che raccontano la cronaca del tempo, con l'Azione alla Palazzina Liberty (1976) di Milano con Dario Fo e le "Tele" che porta alla Biennale di Venezia nel 1976. Una sezione lignea, con le maquette preparatorie alle opere di Art In Nature, scritti, disegni, fotografie e video introducono il visitatore a installazioni monumentali come L'Albero dei cento nidi (1992, Lodi), Osservatori Estimativi (2001, Gorlitz-Zgorzelec, Germania-Polonia), La Casa della Memoria (1997, St. Louis, Missouri, USA) la Voliera per Umani (Monza, 2006), fino alle Cattedrali Vegetali di Arte Sella (2001) e del Parco dello Orobie (2009).

Dal 2025 lo Spazio sarà organizzato in due sezioni, una permanente con le opere principali dell'artista e una in movimento, dove, attraverso una programmazione studiata, verranno presentate mostre tematiche e di approfondimento dedicate alla vita e all'arte di Mauri, restituendo il suo pensiero e la sua filosofia, più che mai attuali. Un grande traguardo per l'Associazione Giuliano Mauri, a 15 anni dalla scomparsa dell'artista, nata per volontà degli eredi nel 2016 e divenuta APS Giuliano Mauri ETS nel 2021 con l'obiettivo di rendere pubblico e fruibile l'archivio, che fino a questo momento è rimasto privato e aperto solo su appuntamento. Il fondo è composto da oltre 1000 opere che raccontano, nella loro unicità, l'intero percorso artistico di Mauri: quadri, disegni, progetti, neon, vetri, tele di canapa grezza, fotografie, video, maquette e prototipi di opere realizzate nell'ambiente. Segue poi l'archivio cartaceo, composto da riviste, pubblicazioni, lettere, testi, tesi di laurea.

Visitatori, studenti, critici e studiosi avranno la possibilità di conoscere le opere e il pensiero di Giuliano Mauri, in modo diverso rispetto a quanto fatto sin d'ora: approfondendo la sua arte e la sua poetica naturale, attraverso la visione diretta delle sue opere, partecipando a workshop, visite guidate, videoproiezioni ecc. Lo Spazio Giuliano Mauri è pensato quindi come luogo di racconto, di studio, di didattica, di restauro e di memoria, legati alla relazione uomo-natura attraverso la sua arte. La sua superfice di 130 metri quadrati è abbastanza grande da permettere di presentare in maniera esaustiva la sua opera e il suo pensiero, e nello stesso tempo sostenibile dall'Associazione. (Estratto da comunicato stampa Alessandra Pozzi)

Immagine:
Giuliano Mauri, Quadro (manifestazione), 1970, tela e crilico, cm 120x140




Effetto notte: Nuovo realismo americano
14 aprile - 14 luglio 2024 (prorogata fino all'8 settembre 2024)
Gallerie Nazionali di Arte Antica (Palazzo Barberini) - Roma

Più di 150 le opere esposte, tutte provenienti dalla collezione di Aïshti Foundation, una delle più importanti istituzioni di arte contemporanea sulla scena internazionale. La mostra, a cura di Massimiliano Gioni e Flaminia Gennari Santori, prende il titolo da un'opera dell'artista newyorkese Lorna Simpson. Day For Night - in italiano, "Effetto notte" - è un trucco cinematografico che consente di filmare scene notturne durante il giorno. Il titolo è stato reso celebre da un film di Francois Truffaut del 1973: in francese l'effetto notte si chiama "Nuit Américaine", la notte americana - un'immagine che ben si addice alle visioni chiaroscurate di questi artisti che negli ultimi decenni hanno catturato la realtà dell'America in tutta la sua complessità.

Palazzo Barberini ospiterà una selezione di opere di artisti attivi negli Stati Uniti - tra cui Cecily Brown, George Condo, Nicole Eisenman, Urs Fischer, Wade Guyton, Julie Mehretu, Richard Prince, Charles Ray, David Salle, Dana Schutz, Cindy Sherman, Lorna Simpson, Henry Taylor, Christopher Wool e molti altri - il cui lavoro si confronta con la questione cruciale del realismo e della rappresentazione della verità. La progressiva erosione del concetto di verità che ha contraddistinto la cultura americana negli ultimi anni paradossalmente è coincisa con un ritorno alla figurazione da parte di numerosi artisti contemporanei. Mentre concetti quali alternative facts e post-truths si sono fatti largo nell'opinione pubblica americana, molti artisti hanno intrapreso una riflessione complessa sul concetto di realismo, in particolare nel campo della pittura contemporanea.

La mostra espone opere di artisti emergenti accanto al lavoro di importanti predecessori che hanno anticipato le recenti riflessioni sul concetto di verismo e rappresentazione. Questa riflessione sul realismo trova un'originale e straordinaria collocazione nelle Gallerie Nazionali di Arte Antica che raccolgono la più ampia collezione al mondo di pittura caravaggesca, ovvero di opere di artisti che, per la prima volta e su scala europea, ambiscono a una rappresentazione naturalistica della realtà.

Il percorso inizia nella dodici sale dello Spazio Mostre al piano terra e prosegue negli spazi più emblematici del museo, come alcune sale monumentali del piano nobile - Atrio Bernini, Sala Ovale, Sala Marmi e Atrio Borromini - per concludersi infine nel cosiddetto Appartamento del Settecento, un interno rococò unico a Roma, al secondo piano di Palazzo Barberini, che in occasione della mostra verrà aperto per la prima volta al pubblico in maniera continuativa. Tra interni barocchi e spazi monumentali, la mostra rappresenta un'occasione unica per conoscere ed esplorare gli sviluppi più recenti dell'arte negli Stati Uniti - visti attraverso una delle collezioni più importanti degli ultimi decenni - in dialogo con l'arte e l'architettura di Palazzo Barberini, in una ricca esplorazione delle relazioni che dal Seicento a oggi ancora si intersecano tra rappresentazione della realtà, potere e spettacolo. (Estratto da comunicato stampa)




Federico Garolla
"Gente d'Italia. Fotografie 1948-1968"


24 aprile - 27 ottobre 2024
Museo Nazionale di Villa Pisani - Stra (Venezia)

L'obiettivo di Federico Garolla era spaziare, con prontezza e lucidità, dal luccichio delle prime sfilate di moda, al nascente star system, alla gente comune. Un lavoro che ci rende l'immagine di un popolo bisognoso di ritrovare la consapevolezza di appartenere ad una nazione e di partecipare alla ricostruzione attraverso una storia nuova di ottimismo e modernità. Con il suo inconfondibile stile Garolla osserva questa trasformazione cogliendo la modernità, ma al contempo anche le sue profonde contraddizioni.

La mostra, a cura di Uliano Lucas e Tatiana Agliani, riunisce assieme oltre 100 fotografie che offrono uno spaccato completo della sua produzione, dai suoi reportage dedicati al mondo del cinema, il suo innovativo lavoro dedicato al mondo della sartoria romana con ritratti di Valentino, Capucci, le Sorelle Fontana e Schuberth. La sua passione sono però gli artisti come Guttuso e De Chirico ripresi nei loro atelier, i musicisti da Stravinsky a Rubinstein, agli scrittori come Elsa Morante e Ungaretti - cui si prestò di fare da autista pur di godere della sua vicinanza - questi sono solo alcuni dei suoi reportage dedicati all'evolversi della situazione italiana a cavallo fra la spinta a diventare tra i paesi più industrializzati e il profondo legame con la tradizione.

Una sezione che s'integra alla mostra (circa 100 fotografie) e che coglie lo spirito dell'Italia del secondo dopoguerra, gli anni in cui, con affanno, si cercava di sanare le divisioni e le ferite di una guerra persa e dalla trascorsa tragedia si traeva forza e creatività per avviare quello che più tardi sarà riconosciuto come il "Miracolo italiano". L'obiettivo di questo gigante della fotografia italiana dello scorso secolo immortala paesaggi, gente comune, personaggi famosi, mode e tradizioni, sempre con un tocco lieve e mai indiscreto. Sono gli anni Cinquanta con il periodo d'oro delle riviste illustrate e la diffusione della televisione è ancora un fenomeno lontano. Garolla diventerà principale testimone dell'affermazione delle grandi sartorie dell'alta moda romana di cui diventerà uno dei protagonisti, rendendo un servizio di posa un reportage inserito all'interno della quotidianità.

"Garolla appartiene alla generazione del fotogiornalismo solo perché, nell'epoca in cui si espresse il suo talento, i musei, soprattutto in Italia, non prendevano in considerazione la fotografia come un'espressione artistica. Questa mostra vuole contribuire - sottolinea il curatore Uliano Lucas - a collocare nella giusta posizione questo importante nostro fotografo."

Federico Garolla (Napoli, 1925 - 2012) nel 1936 si trasferisce in Eritrea con la famiglia, dove si avvicina al mondo del giornalismo e della fotografia, scrivendo sul Corriere di Asmara. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale rientra in Italia, a Napoli, dove collabora con il Mattino, il Domani d'Italia, la Settimana Incom Carta. Nel 1950 si trasferisce a Milano dove si dedica completamente al fotogiornalismo: realizza numerosi reportage per prestigiose testate come L'Europeo, Tempo Illustrato, L'Illustrazione Italiana, Oggi. Sui scatti sono pubblicati anche su riviste straniere quali Paris Match, National Geographic, Colliers, Stern.

Nel 1951 è inviato speciale di Epoca, e in seguito per Le Ore. Dal 1953 documenta la nascita dell'alta moda italiana, immortalando i giovani stilisti nei loro atelier e le modelle per strada per riviste come Eva, Annabella, Donna, Bellezza, Arianna, Grazia e Amica. Nel 1956 si trasferisce a Roma dove fonda Foto Italia dell'Agenzia Italia di cui è il primo direttore. Nello stesso tempo testimonia la vita culturale italiana immortalano pittori, scrittori, musicisti, attori di cinema e teatro. Ma fotografa anche la gente comune e la vita negli anni del Dopoguerra. Negli anni Sessanta apre l'agenzia di pubblicità Studio GPO e realizza campagne per aziende come Cirio, Locatelli e Spigadoro. Illustra rubriche di gastronomia e libri di cucina pubblicati da Longanesi e De Agostini.

Nel 1968 inizia la sua attività in Rai in qualità di regista e giornalista per alcune rubriche del TG e per una serie di documentari. Al contempo realizza reportage fotografici dedicati a musei, luoghi d'interesse architettonico e paesaggistico, pubblicati poi da Mondadori, Rizzoli, Domus, De Agostini. Nel 1982 con Mario Monti costituisce una casa editrice che dà alle stampe guide di musei attingendo al suo ampio archivio fotografico. Alla fine degli anni '90 si dedica alla catalogazione e al recupero del suo archivio. Negli anni 2000 chiude la casa editrice e si occupa, con la figlia Isabella, alla sola valorizzazione del proprio archivio. (Estratto da comunicato stampa Studio ESSECI)




Dipinto a olio su tela di cm 148x187 senza titolo realizzato da Mimmo Germanà nel 1982 Dipinto a olio su tela di cm 120x95 denominato L'abisso realizzato da Daniela Balsamo nel 2024 Dipinto a olio su tela di cm 125x180 denominato L'anima del mare realizzato da Giovanni Iudice nel 2016 Composizione con stampa gliclèe su carta Fine Art Hahnemuele photo rag di cm 44x44 denominata Rhapsody in blue realizzata da Franco Ferro nel 2024 Blu Sicilia
Il mare nell'arte isolana dal Novecento alla Contemporaneità


21 aprile - 03 novembre 2024
Società Operaia di Mutuo Soccorso - Modica (Ragusa)
www.sikarte.it | Locandina della mostra

Mostra per raccontare, attraverso una selezione di opere di importanti artisti non solo siciliani, il mare isolano e l'intreccio di tematiche che lo coinvolgono. Il progetto è articolato in due sezioni scientifiche e tematiche: la prima a cura di Giuliana Fiori copre l'arco temporale fino alla prima metà del Novecento; la seconda a cura di Chiara Canali si focalizza sulla seconda metà del Novecento fino alla contemporaneità.

«Il mare - afferma la presidente dell'associazione culturale siciliana Sikarte, Graziana Papale - è uno dei più importanti tratti distintivi della Sicilia: il mare come identità di chi nell'isola nasce, ma anche come presenza coinvolgente di chi la Sicilia la vive per lunghi o brevi periodi. Sikarte ha prodotto questa mostra con l'intento di raccontare, attraverso un percorso tematico e scientifico di opere di 53 artisti non solo siciliani, come il mare di Sicilia, possa aver ispirato la ricerca artistica sin dai primi decenni del Novecento e continua a farlo tutt'oggi. Blu Sicilia riconferma la presenza di Sikarte a Modica, quest'anno negli spazi della Società Operaia di Mutuo Soccorso. Si rinnova, quindi, la ricerca di luoghi unici e la necessità di renderli fruibili al pubblico. La sinergia nata con il Comune di Modica e la Società Operaia di Mutuo Soccorso, sta rendendo possibile l'accessibilità culturale di spazi storici architettonicamente caratterizzanti, testimonianza di una città d'arte come Modica patrimonio Unesco.»

«La mostra si propone - dichiara Giuliana Fiori - come documentazione compiuta di quanto spesso il mare dell'isola sia stato protagonista di grandi opere d'arte, concentrando l'attenzione sui sec. XX e XXI. Pittura, scultura, fotografia e istallazioni di artisti di chiara fama, alcuni storicizzati come Fausto Pirandello, Renato Guttuso, Bruno Caruso, Piero Guccione, infatti, contribuiranno a far conoscere più da vicino le emozioni che il mare siciliano sa regalare e a rivelare come esso possa riempire la memoria di ricordi indelebili.»

Un percorso espositivo dunque in grado di offrire un ampio panorama sul tema del mare siciliano, nelle sue varie sfaccettature sia culturali che sociali. Molteplici sono i temi che s'intrecciano nel percorso espositivo, perché diversi sono gli aspetti che gli artisti scelti hanno interpretato e denunciato nelle loro indagini artistiche: la bellezza e la poesia dei luoghi, la storia e il mito, la luce e i colori, la tradizione, i pescatori e i naviganti, le problematiche sociali e ambientali.

«Il mare- ricorda Chiara Canali - ritorna spesso nelle leggende, nei culti e nei miti, soprattutto in quelli legati alla prorompente mediterraneità della Sicilia. Il mare ritorna anche nelle storie più recenti, quelle degli scrittori, dei registi e degli artisti che hanno raccontato questa terra dai numerosi volti e dalla pluralità di paesaggi. Gli artisti in mostra hanno eletto il Blu a emblema della Sicilia, del suo mare e delle sue tradizioni e memorie.»

Una selezione di dipinti, sculture, fotografie e installazioni, mostrerà come il mare di Sicilia, universalmente riconosciuto come elemento di bellezza identitaria dell'isola, possa aver ispirato tanti artisti, sin dai primi decenni del Novecento, e continua a farlo tutt'oggi toccando anche tematiche di forte impatto sociale e ambientale.

«Il Mare - dichiara Maria Monisteri, Sindaco del Comune di Modica - l'infinita distesa blu che si fonde all'orizzonte con il blu del cielo, è un momento distintivo della vita di ognuno e della nostra. Tratti di noi gente del Sud, che vive di questo e in questo lembo di Mondo e che respira del suo mare. Cifra caratterizzante della nostra quotidiana essenza e che questa mostra, racconta attraverso opere che ne esaltano la bellezza con il colore che lo distingue. Il mare e la sua Gente; il mare e il suo Blu. Nel dare il benvenuto alla mostra e il bentornato a Sikarte sono felice di poter riempire i miei occhi e quelli dei tantissimi che visiteranno questa mostra, tuffando sensazioni nella bellezza del nostro mare, cuore e simbolo della nostra Terra».

La mostra è ospitata presso la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso che si trova nei bassi del Palazzo della Cultura di Modica, edificio seicentesco e Monastero delle Suore Benedettine fino al 1860, nei suoi interni oltre una parte del chiostro benedettino sono visibili i confessionali in pietra rinvenuti durante i lavori di restauro.

«Porgere il benvenuto in qualità di Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Modica dal 1881 - dichiara Giorgio Solarino - è veramente entusiasmante. Ospitare Blu Sicilia. Il mare nell'arte isolana dal novecento alla contemporaneità sarà un'affascinante esperienza. L'esposizione che celebra l'importante connessione dell'arte con il maestoso mare che circonda la nostra amata isola. La presenza di autori di grande rilievo conferisce a questa mostra un'aura di prestigio e promette di arricchire notevolmente l'offerta culturale della nostra città. Con orgoglio, apriamo le nostre sale a Sikarte associazione culturale, che con scrupolosa cura e appassionato impegno si occuperà dell'evento. Siamo certi che sarà un'esperienza indimenticabile che metterà in risalto la centralità culturale della nostra storica realtà.»

Il progetto gode del patrocinio del Comune di Modica, dell'ARS (Assemblea Regionale Siciliana), della Società Operaia di Mutuo Soccorso e di MUSEUM Osservatorio dell'arte contemporanea in Sicilia. Si ringraziano, inoltre, gli sponsor che hanno reso possibile la realizzazione del progetto: Coop - Gruppo Radenza, Sotto San Pietro, Lo Magno Arte Contemporanea, Salomone Assicurazioni, Cappero Bistrot, SikaniaWood.

L'Associazione culturale Sikarte, ente senza scopo di lucro, persegue esclusivamente finalità culturali attraverso la promozione e la realizzazione di eventi nell'area delle arti visive, musicali, letterarie e teatrali. Diffonde l'arte nel mondo giovanile e non, con l'espletamento di attività didattiche da realizzare contestualmente a mostre ed eventi culturali quali laboratori, visite guidate e simili; amplia la conoscenza della cultura artistica in genere, attraverso internet e contatti fra persone, enti ed associazioni, incentivando le attività di artisti emergenti e professionisti. (Comunicato stampa)

___ Artisti in mostra

_ Sezione Novecento

Pippo Rizzo (1897-1964); Fausto Pirandello (1899-1975); Giuseppe Migneco (1903-1997); Francesco Ranno (1907-1986); Lia Pasqualino Noto (1909- 1998); Renato Guttuso (1911-1987); Saro Mirabella (1914-1972); Nicola Scafidi (1925 - 2004); Mimmo Pintacuda (1927 - 2013); Bruno Caruso (1927-2018); Franco Sarnari (1933-2022); Mario Schifano (1934-1998); Piero Guccione (1935-2018); Tano Festa (1938-1988); Vincenzo Nucci (1941-2015); Dina Viglianisi (1941); Maurilio Catalano (1942-2022); Ferdinando Scianna (1943); Mimmo Germanà (1944-1992); Michele Cossyro (1944); Giovanni Chiaramonte (1948-2023); Sebastiano Messina (1951); Giuseppe Modica (1953); Giovanni La Cognata (1954).

_ Sezione Contemporanea

Giovanna Brogna Sonnino (1955); Sebastiano Favitta (1957); Luigi Nifosì (1958); Sandro Scalia (1959); Carmelo Bongiorno (1960); Carmelo Nicosia (1960); Angelo Zaven (1961); Giovanna Lentini (1962); Franco Ferro (1964); Francesco Lauretta(1964); Giuseppe Puglisi (1965); Antonio Parrinello (1964); Gianni Mania (1967); Piero Zuccaro (1967); Pucci Scafidi (1969); Daniela Balsamo (1970); Andrea Di Marco (1970 - 2012); Giovanni Iudice (1970); Giuseppe Colombo (1971); Cesare Inzerillo (1971); Elio Cassarà (1974); Ignazio Cusimano Schifano (1975); Alice Valenti (1976); Giacomo Rizzo (1977); Elena Mocchetti (1978); Linda Randazzo (1979); Sebastiano Raimondo (1981); Emanuele Giuffrida (1982); Valentina Brancaforte (1983).

Immagini (da sinistra a destra):
1. Mimmo Germanà, senza titolo, olio su tela cm. 148x187, 1982
2. Daniela Balsamo, L'abisso, olio su tela cm. 120x95, 2024
3. Giovanni Iudice, L'anima del mare, olio su tela cm. 125x180, 2016
4. Franco Ferro, Rhapsody in blue, stampa gliclèe su carta Fine Art Hahnemuele photo rag cm. 44x44, 2024




Fotografia con carta cotone certificata in formati di cm 50x70 e 60x90 denominata Sicilia - Scala dei Turchi realizzata da Claudio Argentiero realizzata nel 2017 Claudio Argentiero
"Paesaggi"


Barbara Frigerio Gallery - Milano
www.barbarafrigeriogallery.com/artisti/claudio-argentiero

Alcune fotografie di Claudio Argentiero, personalità attiva da più di trent'anni nel mondo della fotografia, tra progetti personali e curatela di mostre. Da sempre interessato alla documentazione del territorio e ai mutamenti avvenuti nel tempo, legati al decadimento dell'industria manifatturiera e alla trasformazione del paesaggio. Nelle sue corde l'interesse per il territorio che non fa clamore, ambito da indagare e rivelare attraverso sguardi personali che riportano il quotidiano alla poetica delle piccole cose. (Estratto da comunicato di presentazione)

Immagine:
Claudio Argentiero, Sicilia - Scala dei Turchi, 2017, carta cotone certificata, formati cm 50x70 e 60x90




Copertina del numero di giugno, luglio e agosto 2021 del mensile d'arte Archivio Archivio
Mensile di Arte - Cultura - Antiquario - Collezionismo - Informazione

ANNO XXXVI
N. 4 - Aprile 2024
N. 3 - Marzo 2024
N. 2 - Febbraio 2024
N. 1 - Gennaio 2024






Una veduta di Trieste in una fotografia scattata da Giuseppe Wulz Giuseppe Wulz
Foto storiche di Trieste realizzate a fine 800


Barbara Frigerio Gallery - Milano
Rassegna di fotografie di Giuseppe Wulz

Giuseppe Wulz (Cave del Predil, 1843) si trasferisce a Trieste nel 1851. Nel 1866 inizia a lavorare come apprendista presso lo studio del fotografo Wilhelm Friedrich Engel, chiamato a Trieste dal Lloyd austriaco. Nel 1868 apre uno studio, insieme a un altro allievo di Engel, Luigi Boccalini, in piazza della Borsa 10, dal nome "Allievi di G. Engel G. Wulz e L. Boccalini". Nel gennaio 1875 inaugura lo Stabilimento fotografico G. Wulz - Allievo di G. Engel - Corso 9, dirimpetto all'Aquila Nera-Trieste, come è indicato sul retro di molte sue fotografie.

Qui resta fino al 1890, espone le fotografie in vetrina. Dal 1891 Giuseppe apre uno studio a Palazzo Hirschl in Corso Italia n. 19, nell'attuale Galleria Rossoni, dove proseguiranno l'attività, prima il figlio Carlo, e poi le nipoti Wanda e Marion. Lo studio è pubblicizzato nei giornali dell'epoca in questo modo: Io sottoscritto partecipo a questo rispettabile Pubblico d'aver aperto il mio Nuovo Stabilimento Fotografico situato nel ben noto Palazzo Hirschel in Corso Numero 19 piano secondo. I locali vastissimi si presentano comodi al Pubblico tanto per la posizione centrica che per la gran comodità della magnifica scala. Lusingandomi di venir onorato da numerosa clientela, mi segno devotissimo G. Wulz fotografo.

Sviluppa un'intensa attività, in particolare di ritrattista. È amico di vari personaggi della scena culturale triestina. Il suo atelier diviene un punto di incontro-cenacolo. La sua attività di fotografo è al servizio di un pubblico eterogeneo. Oltre al ritratto, Giuseppe Wulz documenta lo sviluppo della città, letta attraverso il porto, le rive, le vedute dal mare. Non mancano le panoramiche commerciali, come le immagini di Miramare, vendute anche in forma di stereoscopia. Solo il primogenito Carlo proseguirà l'attività paterna (il figlio Guglielmo lavora solo per un breve periodo presso lo studio). Giuseppe cede l'attività al figlio nel 1914 e muore il 15 marzo 1918. (Comunicato di presentazione)




Dipinto a olio su tela di cm 65x81 denominato La Falaise et la Porte d'Aval realizzato da Claude Monet nel 1885 Opere in viaggio
Un dipinto di Claude Monet alla Collezione Cerruti


25 novembre 2023 - 18 agosto 2024
Castello di Rivoli
www.castellodirivoli.org

Esposizione di La Falaise et la Porte d'Aval, di Claude Monet (Parigi, 1840 - Giverny, 1926), a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Fabio Cafagna. La prima collaborazione del programma Opere in viaggio coinvolge il Museum Barberini di Potsdam che, insieme alla Staatsgalerie Stuttgart, ha richiesto il prestito del dipinto di Amedeo Modigliani, Jeune femme à la robe jaune (Renée Modot), 1918, olio su tela, 92x60 cm, in occasione della mostra Modigliani: Modern Gazes, a cura di Ortrud Westheider e Christiane Lange con Nathalie Frensch, che si terrà dal 24 novembre 2023 al 17 marzo 2024 alla Staatsgalerie Stuttgart e dal 26 aprile al 18 agosto 2024 al Museum Barberini di Potsdam.

Il Museum Barberini, inaugurato nel 2017 nel centro storico di Potsdam per volontà dell'imprenditore, collezionista e mecenate Hasso Plattner, fondatore di una delle più grandi società di software, la tedesca SAP, ospita una collezione straordinaria, che comprende sculture antiche, dipinti barocchi e impressionisti, oltre a opere di Rembrandt van Rijn, Vincent van Gogh, Pablo Picasso e Gerhard Richter, mostrando, in linea con la Collezione Cerruti, un'idea di collezionismo che attraversa epoche e stili diversi.

Alla partenza dell'opera di Amedeo Modigliani corrisponde l'arrivo nelle sale di Villa Cerruti del dipinto di Claude Monet, La Falaise et la Porte d'Aval, 1885, olio su tela, 65 x 81 cm, del Museum Barberini. La presenza a Villa Cerruti di un'importante opera di Monet, artista mai acquistato da Cerruti, integra l'interesse dimostrato dal collezionista per il movimento impressionista, che negli anni si è manifestato con l'acquisizione di opere di Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne e dell'italiano Federico Zandomeneghi.

Claude Monet è annoverato tra i più grandi protagonisti della rivoluzione impressionista francese, di cui fu probabilmente lo spirito più risoluto, prolifico e coerente. Per tutta la vita rimase fedele agli innovativi principi del movimento, per esempio dipingendo sempre en plein air - all'aria aperta - e praticando una pittura di paesaggio fatta di piccoli tocchi di colore e di rapide pennellate che, evitando una rappresentazione dettagliata del reale, era in grado, invece, di cogliere a pieno i mobili riflessi della luce del sole sull'acqua e di trasformare la solidità di una scogliera in una massa fluida d'impressioni vibranti.

Infaticabile, Monet viaggiava armato di pennelli per catturare le variazioni atmosferiche, il mutare dei cieli e delle nuvole, lavorando sul motivo in serie divenute celebri, dalla cattedrale di Rouen ai covoni, ai pioppi, fino a questa scogliera. La casa di Giverny in Normandia, nella quale si trasferì nel 1883, si trasformò negli anni della vecchiaia in un paradiso privato, un esclusivo giardino d'acqua con ninfee e un ponte giapponese pensato per i suoi occhi stanchi, ormai minacciati dalla cecità.

Il dipinto La Falaise et la Porte d'Aval di Monet, scelto per la casa-museo di Rivoli, è stato realizzato alla metà degli anni ottanta dell'Ottocento, periodo in cui l'artista viaggiò intensamente visitando più volte le coste settentrionali della Francia e, in particolare, la località di Étretat, in Normandia, famosa per le sue spettacolari scogliere e il caratteristico arco in pietra naturale della Porte d'Aval. Di tutte le regioni visitate in quel periodo, la costa normanna, con le sue località balneari, fu senza dubbio quella che affascinò maggiormente l'artista.

Fu durante un'escursione a Étretat al principio del 1883 che, di fronte alle drammatiche formazioni rocciose della Porte d'Aval, Monet iniziò a interessarsi al motivo della falesia, traendo ispirazione, inoltre, dal precedente di Gustave Courbet (Ornans, 1819 - La Tour-de-Peilz, 1877) La Falaise d'Étretat après l'orage, 1870, opera ben accolta dalla critica al Salon di Parigi del 1870 e oggi conservata al Musée d'Orsay di Parigi. Monet scriveva, infatti, alla futura moglie Alice Hoschedé: «Voglio dipingere un grande quadro delle scogliere di Étretat, anche se è piuttosto audace da parte mia farlo dopo Courbet, che lo ha fatto in modo così mirabile; ma cercherò di farlo in modo diverso».

Monet dedicò alla falesia di Étretat svariati dipinti, tutti realizzati tra il 1883 e il 1885, nei quali scelse di variare metodicamente non solo l'ora del giorno e le condizioni meteorologiche della ripresa, ma anche il punto di osservazione. Étretat fu anche il luogo in cui Monet conobbe lo scrittore Guy de Maupassant (Tourville-sur-Arques, 1850 - Parigi, 1893), che in seguito tracciò un folgorante ritratto dell'artista:

«Ho seguito spesso Monet alla ricerca di "impressioni", ma in verità, egli non era ormai più un pittore, ma un cacciatore. Camminava, seguito da alcuni bambini che portavano le sue tele [...]. Le prendeva o le lasciava, seguendo ogni mutamento del cielo e aspettava, spiava il sole e le ombre, catturava con qualche colpo di pennello il raggio a perpendicolo o la nube vagante e, eliminato ogni indugio, li trasferiva rapidamente sulla tela. L'ho visto cogliere così una cascata scintillante di luce sulla scogliera bianca e fissarla con un profluvio di toni gialli che rendevano in modo strano l'effetto sorprendente e fugace di quel riverbero inafferrabile e accecante. Un'altra volta prese a piene mani un temporale abbattutosi sul mare e lo gettò sulla tela. Ed era davvero la pioggia che aveva dipinto, nient'altro che la pioggia che penetrava le onde, le rocce e il cielo appena individuabili sotto quel diluvio».

In La Falaise et la Porte d'Aval del Museum Barberini, lo sguardo dell'osservatore si muove, lungo una traiettoria a forma di arco, dalle scogliere illuminate dal sole in primo piano a sinistra verso il centro della composizione. Una materica pennellata di rosa intenso segna la breccia nella scogliera e crea un suggestivo accento cromatico, sottilmente echeggiato dai riflessi che si propagano sulla superficie dell'acqua. Come nella maggior parte delle tele dedicate alla costa atlantica, anche in questo caso il pittore ha scelto una scena deserta, priva di esseri umani, in modo da evocare un sentimento assoluto di contemplativa osservazione della natura.

Se nel dipinto di Courbet gli elementi erano chiaramente tracciati e resi figurativamente nel dettaglio, la tela di Monet si caratterizza per la pennellata sciolta e la resa degli effetti luminosi cangianti tipiche della sua produzione impressionista degli anni ottanta del XIX secolo. Questo movimento verso una sempre maggiore libertà espressiva, accompagnato da un progressivo distacco dal figurativo, si compirà in pieno nelle ultime tele del pittore, quelle che ormai anziano, nei primi decenni del Novecento, dedicherà alle ninfee del giardino di Giverny.

Il dipinto è appartenuto al cantante lirico parigino Jean-Baptiste Faure (Moulins, 1830 - Parigi, 1914), tra i più importanti e primi sostenitori degli impressionisti, che lo acquistò nel 1886 direttamente dall'artista, per poi passare, agli inizi del nuovo secolo, alla galleria Durand-Ruel di Parigi. Dopo essere transitato in alcune collezioni parigine, negli anni settanta del Novecento fu acquisito da una raccolta privata statunitense. L'ingresso nella collezione di Hasso Plattner avvenne nel 2010. (Comunicato ufficio Stampa Castello di Rivoli)

Immagine:
Claude Monet, La Falaise et la Porte d'Aval, 1885, olio su tela cm 65x81




Premiazione URBAN Photo Awards 2023 I vincitori della 14. edizione di URBAN Photo Awards 2023
www.urbanphotoawards.com

La fotografa russa Natalya Saprunova con lo scatto Going to save themselves from the abnormal heat è la Vincitrice Assoluta di URBAN Photo Awards 2023, scelta dal presidente della giuria Alec Soth tra i primi classificati delle quattro categorie Streets, People, Spaces and Creative della sezione Foto Singole. La Vincitrice è stato annunciata e premiato dal vivo durante la cerimonia degli URBAN Photo Awards, sabato 28 ottobre presso l'Auditorium del Museo Revoltella di Trieste, nell'ambito della decima edizione del Festival Internazionale di Fotografia Urbana Trieste Photo Days 2023. Secondo Alec Soth, "lo scatto di Natalya è l'esempio perfetto di come la ricerca della perfezione tecnica diventi un ostacolo quando si tratta di giudicare l'arte".

Il vincitore della sezione Projects & Portfolios è The Post-industrial Rust Belt, del fotografo americano Andrew Borowiec. Il progetto di Andrew racconta il degrado e la desolazione della ruggine post-industriale in America, il territorio che fu il cuore industriale americano e che si estende dallo stato di New York alle sponde del lago Michigan, a ovest e negli Appalachi a sud del fiume Ohio, in costante declino dagli anni '80. The Post-industrial Rust Belt è stato scelto da Jérôme Sessini, che ha dichiarato: "Ho scelto il lavoro di Andrew perché mi sembra il lavoro più riuscito, tecnicamente e giornalisticamente. Vedo l'impegno del fotografo, la sua giusta distanza e il suo rifiuto dei soliti espedienti per cercare di sedurre il pubblico".

Kadir van Lohuizen, giurato designato della sezione URBAN Book Award, ha premiato CAFUNÉ del fotografo spagnolo Rafael Fabrés. Il nuovo premio URBAN Press Award è stato vinto dall'autore polacco Krzysztof Bednarski con il suo progetto Parisian Night Stories. Il vincitore del premio URBAN Press Award sarà selezionato e pubblicato dalla migliore stampa specializzata nel campo della fotografia. Il vincitore riceverà un premio internazionale e importanti opportunità di branding e promozione. Il fotografo tedesco Martin Wacker è il vincitore del Premio Speciale Icons of Architecture offerto da Matrix4Design, con la foto Bierpinsel. Premiati anche gli autori selezionati per le mostre-premio al Civico Museo Sartorio (Alain Schroeder, Andrea Bettancini, Giovanni Sacco e Martina D'Agresta) e al Museo di Parenzo in Croazia (Francesco Aglieri Rinella).

Il 2023 è stato anche anno di novità e ampliamento per URBAN Photo Awards che vede la nascita di URBAN Photo Arena, la nuova sezione dedicata ai giovani talenti della fotografia under 35. URBAN Photo Arena è l'evoluzione di Trieste Photo Young e ha come obiettivo scoprire, supportare e premiare i giovani fotografi, offrendo loro un prestigioso spazio espositivo durante il festival internazionale Trieste Photo Days. Il vincitore di questa prima edizione di URBAN Photo Arena è il fotografo francese Romain Miot con la sua foto Becoming an Adult. (Comunicato stampa)




Locandina della rassegna fotografica URBAN Photo Awards Martin Wacker vince il premio speciale "Icons of Architecture"
www.urbanphotoawards.com

Il fotografo tedesco Martin Wacker, con il suo scatto Bierpinsel, è il vincitore del premio speciale "Icons of Architecture" 2023, promosso per il quarto anno di fila da URBAN Photo Awards in partnership con il magazine digitale di architettura e design Matrix4Design. Il premio è un'evoluzione del precedente "New Buildings", ed è dedicato agli iconici edifici capolavori d'architettura che hanno cambiato il volto delle grandi città.

Ecco le parole del fondatore di Matrix4Design Andrea Boni, nel motivare la scelta per la foto vincitrice: "Abbiamo scelto di premiare lo scatto che più degli altri ci ha disorientato, mettendo alla prova la nostra capacità di individuare e capire prospettive, orientamenti e angoli di luce. L'autore ha radicalmente reinterpretato il punto di vista sull'edificio, "spegnendo" i colori che oggi lo identificano e riportandolo alle sue originarie tonalità di chiaro e scuro."

Martin Wacker verrà premiato insieme agli altri vincitori degli URBAN Photo Awards sabato 28 ottobre 2023 durante la Cerimonia di Pemiazione del Trieste Photo Days festitval. Nel frattempo, la mostra collettiva dei 10 finalisti sarà visitabile fino al 24 ottobre 2023 presso lo Showroom CRISTINA Brera a Milano. In mostra le foto di: Claudia Alberti, David Boam, Dorota Yamadag, Ingrid Gielen, Maria Cristina Pasotti, Maria Grazia Castiglione, Martin Wacker, Simone Cioci, Vincent Belin, Wael ElHammamy. Linaugurazione può essere rivisto sul canale youtube di Matrix4Design. (Comunicato stampa)




Il restauro di 342 lettere autografe di Michelangelo Buonarroti
www.casabuonarroti.it

Nessuno tra gli artisti del Rinascimento ci è tanto noto e familiare come Michelangelo. Sappiamo cosa mangiava, come si curava, quanto spendeva per gli abiti. ma possiamo anche seguirlo nei suoi momenti di meditazione, nei suoi slanci di generosità, nei suoi accessi d'ira, nelle sue paure. Tutto questo è stato possibile grazie alla spiccata attitudine di Michelangelo alla conservazione, quasi maniacale, di ogni documento che riguardasse la sua quotidianità: contratti, lettere ricevute, minute delle lettere inviate, bozze di poesie, conti della spesa.

L'enorme mole di carte da lui raccolte nel corso della lunga vita fu devotamente custodita dai suoi discendenti, andando a costituire il nucleo fondamentale dell'archivio familiare, che lungo i secoli si accrebbe con documenti di altri membri, fino ad arrivare alla notevole consistenza di 169 volumi e oltre 25.000 carte. Una delle sezioni più preziose dell'archivio è indubbiamente costituita dalle lettere di sua mano, sia minute di lettere inviate ai personaggi più vari del suo tempo (da papa Clemente VII alla regina di Francia Caterina de' Medici, dalla poetessa Vittoria Colonna allo storico Benedetto Varchi, dal pittore Sebastiano del Piombo a Giorgio Vasari).

Considerando l'importanza e la fragilità di queste carte, l'Associazione degli Amici della Casa Buonarroti - nelle persone di Elisabetta Archi e Antonio Paolucci - hanno pensato di sottoporre un progetto di restauro all'Ente Cambiano scpa, che con grande slancio l'ha accolta e sostenuta con generosa e lungimirante sensibilità. Nell'occasione si potranno vedere le carte restaurate che poi verranno riposizionate e custodite nell'Archivio di Casa Buonarroti. L'Archivio Buonarroti consta di 169 volumi tutti manoscritti, attraverso i quali è possibile ricostruire la storia dei Buonarroti dagli antenati di Michelangelo fino all'ultimo discendente diretto della famiglia che nel 1859 decise di lasciare la Casa e il patrimonio raccolto al suo interno alla città di Firenze. (Estratto da comunicato ufficio stampa Fondazione Casa Buonarroti - CSC Sigma)




Fotografia che ritrae la scultrice Regina Cassolo Bracchi Nasce l'Archivio Regina
www.archivioregina.it

Dopo la prima grande retrospettiva museale italiana presentata alla GAMeC di Bergamo nel 2021, in seguito alla parallela acquisizione da parte del Centre Pompidou di Parigi di un significativo nucleo di opere dell'artista e dopo essere tornata protagonista nel 2022 in occasione della 59. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, l'eredità intellettuale di Regina Cassolo Bracchi (Mede 1894 - Milano 1974) trova rappresentanza nell'associazione a lei intitolata, denominata "Archivio Regina Cassolo Bracchi", a Milano.

Fondato per iniziativa di Gaetano e Zoe Fermani, con il supporto scientifico di Paolo Campiglio, Chiara Gatti e Lorenzo Giusti, l'Archivio Regina è un'associazione culturale nata per studiare, catalogare e promuovere l'arte di Regina Cassolo Bracchi a livello italiano ed estero, curando la tutela del suo nome, della sua produzione artistica e della documentazione a essa riferita, tramite la certificazione e l'archiviazione della sua opera generale, oltre alla realizzazione di un catalogo ragionato.

Regina Cassolo Bracchi è stata la prima scultrice dell'avanguardia storica italiana. Fu futurista negli anni della formazione e astrattista radicale nella piena maturità. È stata la prima donna del Novecento italiano a utilizzare materiali sperimentali, come latta, alluminio, filo di ferro, stagno, carta vetrata. E anche la prima artista in Italia ad appendere nell'aria geometrie fluttuanti fatte di frammenti plastici, Plexiglass, perspex o rhodoid. Innovativa nei modi e nelle intuizioni, sosteneva che il progetto e l'idea fossero superiori, nella loro originalità larvale, all'opera finita. «Scelgo temi di tale semplicità, costruzioni talmente elementari che potrebbero essere riprodotte da chiunque in base ad una mia esatta descrizione».

Eppure la storia l'aveva dimenticata. Come molte donne dell'arte di inizio secolo, Regina era rimasta ai margini dei manuali. Un caso femminile all'ombra dei maestri, seppure il suo nome comparisse in calce ai manifesti del Futurismo (firmò nel 1934 il Manifesto tecnico dell'aeroplastica futurista) e sebbene sia stata notata da André Breton e da Léonce Rosenberg che, dopo un incontro parigino nel 1937, le propose un contratto con la sua galleria, cui lei rinunciò per tornare in Italia. La critica ha spesso distrattamente omesso la sua presenza dalle cronache, nonostante Regina avesse avuto un ruolo di punta quale unica donna del MAC italiano, il Movimento Arte Concreta (fondato nel 1948), sempre attiva nei contatti con la direzione del gruppo francese "Espace" (nato nel 1951). La sua mente teorica animò, infatti, la vivacità culturale del secondo dopoguerra, coinvolta nel dibattito artistico dall'amico Bruno Munari che la conobbe al tempo dell'avventura futurista e la volle poi al suo fianco nel mondo dell'arte concreta.

Impegnato nel regesto del corpus completo delle opere di Regina Cassolo Bracchi, fra sculture, disegni, maquette, taccuini, l'Archivio Regina lancia un appello per censire esemplari a oggi non conosciuti o non catalogati, al fine di costituire un database offerto in consultazione a studiosi e studenti, in vista di una sempre maggiore e approfondita conoscenza e divulgazione della ricerca dell'artista. L'Archivio Regina è costituito dal lascito dell'artista a Gaetano e Zoe Fermani, membri del comitato scientifico accanto a Paolo Campiglio, docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Università degli Studi di Pavia, Lorenzo Giusti, direttore della GAMeC di Bergamo, e Chiara Gatti, direttrice del MAN di Nuoro.

Fra i prossimi appuntamenti internazionali che vedranno la presenza di Regina, si segnalano sin da ora: il nuovo allestimento del Centre Pompidou di Parigi che riserverà una sala del percorso alla vicenda del gruppo MAC e del suo gemellaggio con il gruppo francese "Espace", partendo proprio dalle opere di Regina giunte recentemente in collezione e la pubblicazione, a cura di Alessandro Giammei e Ara Merjian, del volume monografico dedicato alla scultura moderna in Italia, Fragments of Totality, edito da Yale University Press. (Comunicato stampa)




Locandina per la presentazione dello archivio Ray Johnson Nasce in Italia l'archivio online dell'artista pre-pop americano Ray Johnson

Aperto permanentemente alla consultazione dal 13 gennaio 2023
Sandro Bongiani Arte Contemporanea - Salerno
www.sandrobongianivrspace.it

Dopo l'Archivio "Ray Johnson Estate" di New York, nasce in Italia "Ray Johnson Archivio Coco Gordon", archivio online del grande artista pre-pop Ray Johnson, uno dei più influenti artisti americani contemporanei accessibile ora nella startup Sandro Bongiani Arte Contemporanea con una raccolta ragionata di materiali inediti per tutti gli studiosi e per chi intende conoscerlo meglio. In questa piattaforma web é possibile consultare una parte considerevole di opere, foto dell'artista, performances, e testi scritti di Ray Johnson degli anni 1970-1995, che grazie alla collaborazione di Coco Gordon in oltre 25 anni di assidua frequentazione ha raccolto e conservato, ora finalmente pubblicati online.

Oggi, nell'era del Web e del sapere stratificato, la raccolta dell'archivio digitale Ray Johnson di Coco Gordon conserva e diffonde il sapere rispondendo a esigenze specifiche di consultazione dei materiali visivi archiviati assolvendo alla fondamentale funzione di conservazione, selezione e accessibilità dei dati che diventano l'oggetto primario di attenzione e consultazione da parte dello studioso d'arte. Uno strumento necessario e utile che svolge la doppia funzione di rendere accessibile il patrimonio e conservarlo correttamente senza esporlo a imprevedibili rischi. L'Archivio Ray Johnson comprende un ampia raccolta di materiali tra cui, ma non solo, corrispondenza, mail art, collage, fotografie documentarie, oggetti e cimeli. Un ringraziamento speciale va all'artista Coco Gordon e ai diversi collaboratori che hanno contribuito a realizzare la sezione del sito web dedicato a Ray Johnson. (Sandro Bongiani)

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea nata come spazio culturale no-profit, vuole mettere in discussione il proprio ruolo di spazio culturale indipendente sostenendo nuovi modi di interagire con il pubblico e attivando nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento con presenze e progetti interattivi che possano essere condivisi in tempo reale con il maggior numero di utenti in qualsiasi parte del mondo. A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti (1972) dalla prima e unica mostra in Italia di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano con una presentazione di Henry Martin, noi della Sandro Bongiani Arte Contemporanea di Salerno abbiamo dedicato quasi un intero anno di lavoro a Ray Johnson con cinque mostre interattive e un progetto internazionale svolte da aprile fino a novembre 2022, in contemporanea con la 59 Biennale Internazionale di Venezia 2022.

Inoltre, a 27 anni esatti dalla scomparsa di Ray Johnson (13 gennaio 1995), è stata realizzata catalogazione e la digitalizzazione online di tutte le opere di Ray presenti nell'Archivio Coco Gordon di Colorado USA, con oltre 780 documenti tra opere e foto inedite dell'artista americano, testi, inviti, lettere, opere e riflessioni con i relativi commenti di Coco Gordon, memorial e collaborazioni, cronologia degli eventi e testi critici di Sandro Bongiani, archiviati, ognuna per codice numerico per essere più facilmente consultata, in una utile e significativa presentazione interattiva destinata ad essere conosciuta e valorizzata da parte degli studiosi per opportuni studi e approfondimenti sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop americano.

L'Archivio Ray Johnson, a completamento dell'attività in corso, viene presentato ufficialmente e reso visibile permanentemente il 13 gennaio 2023, (giorno e mese della sua scomparsa), nella startup web sandrobongianivrspace.it, che si affianca con orgoglio e per importanza all'Archivio americano "Ray Johnson Estate" di New York. Tutto ciò ci sembra un chiaro esempio di come si può relazionare con l'arte contemporanea in modo creativo e produrre nuova cultura. (Sandro Bongiani)

Ray Johnson (1927-1995) è stato un personaggio chiave nel movimento della Pop Art. Primariamente un collagista, è stato anche un precoce performer e un artista concettuale. Definito nei primi tempi "Il più famoso artista sconosciuto di New York", è considerato uno dei padri fondatori e un pioniere dell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. In scena negli anni ' 60, il suo lavoro e il modo in cui che ha deciso di distribuirlo ha influenzato il futuro dell'arte contemporanea. Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, Johnson ha frequentato il Black Mountain College sperimentale con Robert Rauschenberg e Cy Twombly. Ray Johnson era un artista americano noto per la sua pratica innovativa di Correspondence Art. 

Una pratica basata su collage, il suo lavoro combina fotografia, disegno, performance e testo su distanze geografiche, attraverso la spedizione della posta. I progetti di Johnson includevano prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini psichici. "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente", ha detto l'artista. I suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina.

Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. nel 1948, trascorse un po' di tempo creando arte astratta e poi approdando al Dada con suoi collage che incorporano frammenti di fumetti, pubblicità e figure di celebrità. Johnson spesso rifiutava di partecipare a mostre in galleria e ha preferito creare  una rete di corrispondenti di mailing e un nuovo modo di fare arte. Questo metodo di diffusione dell'arte divenne noto come la corrispondenza School di New York e ampliato per includere eventi improvvisati e cene. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art.

Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme  la pratica artistica con la vita. Nel 1995 Ray Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Le circostanze in cui è morto sono ancora poco chiare. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.  In questi ultimi anni tutto il suo lavoro sperimentale è stato rivalutato dalla critica come anticipatore della Pop Art e persino dell'arte comportamentale americana.

- Presentazione di 781 documenti in 11 sezioni e 34 box
Dynamic vision of the interactive itinerary Slide Show, durata 54 minutes
www.sandrobongianivrspace.it/ray-johnson-coco-gordon




Bandiera della Grecia Particolare della Statua della Dea Atena Bandiera della Sicilia Potrà restare per sempre ad Atene il Fregio del Partenone proveniente dalla Sicilia

Il governo della Regione Siciliana, con delibera di Giunta, ha dato il proprio consenso alla cosiddetta "sdemanializzazione" del bene, cioè l'atto tecnico che si rendeva necessario per la restituzione definitiva del frammento. Dallo scorso 10 gennaio, il frammento si trova già al Museo dell'Acropoli di Atene, dove nel corso di una cerimonia, a cui ha preso parte il Premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stato ricongiunto al fregio originale.

In base all'accordo, a febbraio da Atene è arrivata a Palermo un'importante statua acefala della dea Atena, databile alla fine del V secolo a.C., che ha già riscosso notevole successo di visitatori e che resterà esposta al Museo Salinas per quattro anni; al termine di questo periodo, giungerà un'anfora geometrica della prima metà dell'VIII secolo a.C. che potrà essere ammirata per altri quattro anni nelle sale espositive del museo archeologico regionale. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Esseci)

Presentazione




Locandina tedesca del film Metropolis Archivi tematici del XX secolo
Galleria Allegra Ravizza - Lugano
www.allegraravizza.com

Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizione di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva. La cultura è come il rumore, per citare John Cage (Los Angeles, 1912- New York, 1992): "Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina" (J. Cage, "Silenzio", 1960). Il rumore della cultura è imprescindibile e continuo in ogni aspetto della nostra vita. (...) Ma quando lo ascoltiamo, l'eco del rumore della Cultura, sentiamo che rimbalza su ogni parete intorno a noi e si trasforma per essere Conoscenza e Consapevolezza. (...) Chi ama la musica tecno, metallica e disco non può ignorare Luigi Russolo (Portogruaro, 1885 - Laveno-Mombello, 1947), probabilmente, lo dovrebbe venerare, in quanto la sua intuizione ha trasformato per sempre il Rumore. (...)

In questa epoca dove, per naturali dinamiche evolutive del pensiero, la ragione del figlio prevale su quella dei padri, come nel Futurismo o nel '68, il desiderio di annullamento è comprensibile e necessario ma la conoscenza storica di quello che si vuole rinnovare ne è il fondamento. Per questo motivo proponiamo dodici archivi tematici con oggetto di ricerca proprio la comprensione. La troviamo adatta a questo periodo storico che ci racchiude nelle nostre stanze e ci sta cambiando profondamente. La speranza è che ci sarà un nuovo contemporaneo, forse più calmo ma più attento, una nascente maturità verso un nuovo Sincrono. Cassaforti come scatole del Sin-Crono (sincrono dal greco sýnkhronos "contemporaneo", composta di sýn "con, insieme" e khrónos "tempo") per la comprensione dell'arte dei Rumori e del teatro Futurista, della Poesia e della musica che ci hanno traghettato lungo il secolo scorso. (Estratto da comunicato stampa)

[1] J. Cage, "Silence", 1960
[2] J. Cage, "Silence", 1960
[3] For a greater understanding, see L. Russolo, Futurist manifesto "L'Arte dei Rumori", 1913
[4] Synchrony, sinkrono/ adj. [from the Greek sýnkhronos "contemporary", composed of sýn "with, together" and khrónos "time"]. - 1. [that happens in the same moment: oscillation, noun].




Locandina di presentazione del catalogo interattivo della mostra Materie Prime Artisti italiani contemporanei tra terra e luce Materie Prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce
Catalogo interattivo e multimediale


www.ferrarinarte.it/antologie/senigallia/materie_prime.html

Dopo il successo nel 2019 alla Rocca Roveresca di Senigallia (Ancona) con l'esposizione "Materie prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce", a cura di Giorgio Bonomi, Francesco Tedeschi e Matteo Galbiati, e la presentazione del catalogo Silvana Editoriale al Museo del Novecento di Milano, nell'ambito di un incontro moderato da Gianluigi Colin, la Galleria FerrarinArte di Legnago (Verona) rilascia una nuova edizione del volume, completamente interattiva e multimediale, per rivivere la straordinaria esperienza della mostra attraverso le parole degli artisti e dei curatori.

Il libro, sfogliabile liberamente e gratuitamente online, si arricchisce con contenuti inediti, videointerviste e approfondimenti dedicati alla poetica dei quindici artisti coinvolti - Carlo Bernardini, Renata Boero, Giovanni Campus, Riccardo De Marchi, Emanuela Fiorelli, Franco Mazzucchelli, Nunzio, Paola Pezzi, Pino Pinelli, Paolo Radi, Arcangelo Sassolino, Paolo Scirpa, Giuseppe Spagnulo, Giuseppe Uncini e Grazia Varisco - appartenenti a diverse generazioni, ma accomunati da curricula di altissimo livello e dal lavoro condotto con e sulla materia. (Estratto da comunicato stampa CSArt Comunicazione per l'Arte)




Opera di Umberto Boccioni denominata Forme uniche della continuità nello spazio Forme uniche della continuità nello spazio
Nella Galleria nazionale di Cosenza la versione "gemella" dell'opera bronzea di Umberto Boccioni


La notizia che nei giorni scorsi, presso la casa d'aste Christie's di New York, è stato venduta l'opera bronzea di Umberto Boccioni (1882-1916) Forme uniche della continuità nello spazio per oltre 16 milioni di dollari (diritti compresi), pari a oltre 14 milioni di euro, dà, di riflesso, enorme lustro alla Galleria nazionale di Cosenza. Nelle sale espositive di Palazzo Arnone, infatti, i visitatori possono ammirare gratuitamente una versione "gemella" della preziosa opera del grande scultore reggino donata alla Galleria nazionale di Cosenza dal mecenate Roberto Bilotti. L'opera è uno dei bronzi numerati, realizzati tra il 1971 e 1972 su commissione del direttore della galleria d'arte "La Medusa" di Roma, Claudio Bruni Sakraischik.

Forme uniche della continuità nello spazio è stata modellata su un calco del 1951 di proprietà del conte Paolo Marinotti, il quale, nel frattempo, aveva ottenuto l'originale dalla vedova di Filippo Tommaso Marinetti, ritenuto il fondatore del movimento futurista. La celebre scultura è stata concepita da Boccioni nel 1913 ed è oggi raffigurata anche sul retro dei venti centesimi di euro, proprio quale icona del Futurismo che più di tutte ha influenzato l'arte e la cultura del XX secolo. Il manufatto originale è in gesso e non è stato mai riprodotto nella versione in bronzo nel corso della vita dell'autore. Quella presente nella Galleria nazionale di Cosenza, dunque, rappresenta un'autentica rarità, insieme ai tanti altri tesori artistici e storici esposti negli spazi di Palazzo Arnone. (Comunicato stampa)




La GAM Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo di Palermo insieme a Google Arts & Culture porta online la sua collezione pittorica

Disponibili su artsandculture.google.com oltre 190 opere e 4 percorsi di mostra: "La nascita della Galleria d'Arte Moderna", "La Sicilia e il paesaggio mediterraneo", "Opere dalle Biennali di Venezia" e "Il Novecento italiano". La GAM - Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo - di Palermo entra a far parte di Google Arts & Culture, la piattaforma tecnologica sviluppata da Google per promuovere online e preservare la cultura, con una Collezione digitale di 192 opere.

Google Arts & Culture permette agli utenti di esplorare le opere d'arte, i manufatti e molto altro tra oltre 2000 musei, archivi e organizzazioni da 80 paesi che hanno lavorato con il Google Cultural Institute per condividere online le loro collezioni e le loro storie. Disponibile sul Web da laptop e dispositivi mobili, o tramite l'app per iOS e Android, la piattaforma è pensata come un luogo in cui esplorare e assaporare l'arte e la cultura online. Google Arts & Culture è una creazione del Google Cultural Institute.

- La Collezione digitale

Grazie al lavoro di selezione curato dalla Direzione del Museo in collaborazione con lo staff di Civita Sicilia, ad oggi è stato possibile digitalizzare 192 opere, a cui si aggiungeranno, nel corso dei prossimi mesi, le restanti opere della Collezione. Tra le più significative già online: Francesco Lojacono, Veduta di Palermo (1875), Antonino Leto, La raccolta delle olive (1874), Ettore De Maria Bergler, Taormina (1907), Michele Catti, Porta Nuova (1908), Giovanni Boldini, Femme aux gants (1901), Franz Von Stuck, Il peccato (1909), Mario Sironi, Il tram (1920), Felice Casorati, Gli scolari (1928), Renato Guttuso, Autoritratto (1936).

- La Mostra digitale "La nascita della Galleria d'Arte Moderna"

La sezione ripercorre, dal punto di vista storico, sociale e artistico, i momenti fondamentali che portarono all'inaugurazione, nel 1910, della Galleria d'Arte Moderna "Empedocle Restivo". Un'affascinante ricostruzione di quel momento magico, a cavallo tra i due secoli, ricco di entusiasmi e di fermenti culturali che ebbe il suo ammirato punto di arrivo nell'Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, evento chiave per la fondazione della Galleria e per le sue prime acquisizioni, le cui tematiche costituiscono la storia di un'epoca.

- La Mostra digitale "La Sicilia e il paesaggio Mediterraneo"

Un viaggio straordinario nel secolo della natura, come l'Ottocento è stato definito, attraverso le opere dei suoi più grandi interpreti siciliani che hanno costruito il nostro immaginario collettivo: dal "ladro del sole" Francesco Lojacono ad Antonino Leto, grande amico dei Florio in uno storico sodalizio artistico, per giungere al "pittore gentiluomo" Ettore De Maria Bergler, artista eclettico e protagonista dei più importanti episodi decorativi della Palermo Liberty, e infine Michele Catti, nelle cui tele il paesaggio si fa stato d'animo e una Palermo autunnale fa eco a Parigi.

- La Mostra digitale "Opere dalle Biennali di Venezia"

In anni di fervida attività espositiva, la Biennale di Venezia si contraddistinse subito come eccezionale occasione di confronto internazionale e banco di prova delle recenti tendenze dell'arte europea. Dall'edizione del 1907 presente all'evento con la sua delegazione, la Galleria d'Arte Moderna seppe riportare a Palermo opere che ci restituiscono oggi la complessa temperie della cultura artistica del primo Novecento, dalle atmosfere simboliste del Peccato di Von Stuck, protagonista della Secessione di Monaco, alla raffinata eleganza della Femme aux gants di Boldini.

- La Mostra digitale "Il Novecento italiano"

Un percorso che si snoda lungo il secolo breve e ne analizza le ripercussioni sui movimenti artistici coevi, spesso scissi tra opposte visioni e ricchi di diverse sfumature e declinazioni. Tra il Divisionismo di inizio secolo, figlio delle sperimentazioni Ottocentesche, e l'Astrattismo degli anni Sessanta, si consumano in Italia i conflitti mondiali, il Ventennio fascista, i momenti del dopoguerra. La lettura delle opere d'arte può allora funzionare come veicolo attraverso il quale comprendere le complesse evoluzioni e gli eventi cardine che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento italiano. (Comunicato stampa)




Foto della Fonte Aretusa a Siracusa, copyright Vittoria Gallo Fotografia Fonte Aretusa, copyright Vittoria Gallo Foto della Fonte Aretusa a Siracusa, copyright Vittoria Gallo Fotografia della Fonte Aretusa a Siracusa, copyright Vittoria Gallo ||| Sicilia ||| Apre al pubblico la Fonte Aretusa a Siracusa
www.fontearetusasiracusa.it

Concluso l'intervento di adeguamento strutturale e funzionale del sito, la Fonte Aretusa   ha aperto al pubblico il 6 agosto con un percorso di visita che consente di ammirarne dall'interno la bellezza, accompagnati dalle voci italiane di Isabella Ragonese, Sergio Grasso e Stefano Starna. Il percorso di visita restituisce l'emozione di un "viaggio" accanto allo specchio di acqua dolce popolato dai papiri nilotici e da animali acquatici, donati dai siracusani come devozione a una mitologia lontana dalle moderne religioni, superando le difficoltà di accedervi e permettendo di compiere una specie di percorso devozionale in piena sicurezza. L'audioguida è disponibile anche in lingua inglese, francese, spagnola e cinese.

È il primo risultato del progetto di valorizzazione elaborato da Civita Sicilia come concessionario del Comune di Siracusa con la collaborazione della Fondazione per l'Arte e la Cultura Lauro Chiazzese. Il progetto, elaborato e diretto per la parte architettonica da Francesco Santalucia, Viviana Russello e Domenico Forcellini, ha visto la collaborazione della Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa e si è avvalso della consulenza scientifica di Corrado Basile, Presidente dell'Istituto Internazionale del papiro - Museo del Papiro.

Da oltre duemila anni, la Fonte Aretusa è uno dei simboli della città di Siracusa. Le acque che scorrono nel sottosuolo di Ortigia, ragione prima della sua fondazione, ritornano in superficie al suo interno, dove il mito vuole che si uniscano a quelle del fiume Alfeo in un abbraccio senza tempo. È un mito straordinario, cantato nei secoli da poeti, musicisti e drammaturghi. La storia di Aretusa e Alfeo è una storia d'amore, inizialmente non corrisposto, tra una ninfa e un fiume che inizia in Grecia e trova qui il suo epilogo, simbolo del legame che esiste tra Siracusa e la madrepatria dei suoi fondatori. Ma la Fonte Aretusa è anche il luogo nelle cui acque, nel corso dei secoli, filosofi, re, condottieri e imperatori si sono specchiati e genti venute da lontano, molto diverse tra loro, sono rimaste affascinate, anche attraverso le numerose trasformazioni del suo aspetto esteriore.

La Fonte ospita da millenni branchi di pesci un tempo sacri alla dea Artemide e, da tempi più recenti, una fiorente colonia di piante di papiro e alcune simpatiche anatre che le valgono il nomignolo affettuoso con cui i Siracusani di oggi talvolta la chiamano, funtàna de' pàpere. Dalla Fonte si gode un tramonto che Cicerone descrisse "tra i più belli al mondo" e la vista del Porto Grande dove duemila anni fa si svolsero epiche battaglie navali che videro protagonista la flotta siracusana e dove le acque di Alfeo e Aretusa si disperdono nel mare in un abbraccio eterno. (Comunicato Ufficio stampa Civita)

Prima del nuovo numero di Kritik... / Iniziative culturali


Locandina del film documentario Maria Cristina Carlini Il coraggio della grandezza "Maria Cristina Carlini. Il coraggio della grandezza"
di Pino Farinotti e Tiziano Sossi


Il docufilm è stato proiettato il 18 ottobre 2024 al MEET Digital Culture Center a Milano

Un docufilm di Pino Farinotti e Tiziano Sossi che vede come protagonista l'artista Maria Cristina Carlini, scultrice di fama internazionale. La sua vita, il suo fare arte, i suoi più intimi pensieri. Il MEET Digital Culture Center, luogo di diffusione della cultura, particolarmente dedicato a quella digitale, ospita la proiezione del docufilm con la convinzione che l'arte non segua schemi tecnologici e che l'incontro con artisti che hanno il coraggio di innovare sia una fertilizzazione necessaria per innovarsi. Per l'occasione, a partire dalle 18.30 e a seguito della visione è possibile ammirare le sculture monumentali più significative dell'artista proiettate sulle pareti in modalità immersiva.

La sinossi del film racconta il percorso artistico di Maria Cristina Carlini dagli studi umanistici, alla svolta verso il mondo della scultura, mai più abbandonato. Vengono illustrate le tappe e le evoluzioni della sua arte, i materiali utilizzati, le sculture più rappresentative, quelle che hanno girato il mondo e quelle che si sono fermate in permanenza in sedi istituzionali o in luoghi di forte rilevanza artistico-culturale. Nel suo cammino emerge una maturazione sia come donna sia nell'approccio alla scultura guidata da una passione travolgente e unica, che tutt'ora l'accompagna e che si concretizza nel luogo a lei caro per eccellenza, il suo studio in via Savona a Milano.

L'avvincente e corale narrazione si articola con l'introduzione di Pino Farinotti e i preziosi interventi e racconti di personalità fra cui lo storico dell'arte Flaminio Gualdoni, la curatrice e docente Rossella Farinotti, Paola Albini della Fondazione Albini, Bruto Pomodoro dell'Archivio Giò Pomodoro, Giovanni De Santis della DNA produzioni, l'architetto Ivan Rizzi e di persone a lei vicine come il figlio Pietro Guidobono Cavalchini e la compagna di studi Carla Anghileri. Parole, immagini e musica trovano il loro perfetto equilibrio nel film della durata di 60 minuti, dove emerge con forza la necessità dell'artista di emozionare, di suscitare nelle persone una sensazione, un moto dell'animo.

Racconta Pino Farinotti "L'idea del titolo Il coraggio della grandezza nasce dalla visione dell'opera Croce, in acciaio corten, cui si avvinghia un legno d'ulivo contorto che può alludere a una persona, a un serpente, a un simbolo. Il significato di una croce l'ho ritenuto importante e così ho chiesto alla Carlini se fosse credente. Mi ha risposto con un monosillabo: no. Ho voluto sapere di più… ma non hai neppure una parte di dubbio? Al momento no. Eppure le ho detto in quell'opera è presente, forte, il trascendente. Certo mi ha risposto, ma non è detto che al trascendente occorra una divinità".

Un concetto che esprime una forte spiritualità e libertà di fondo della sua arte, della sua cultura e del suo pensiero. Il confronto con la grandezza, con la materia, con l'idea di un'opera è una ricerca costante per Maria Cristina Carlini che quotidianamente e consapevolmente affronta questa sfida con coraggio.

La scultrice Maria Cristina Carlini inizia il suo percorso artistico con la lavorazione della ceramica nei primi anni Settanta a Palo Alto in California, per poi esprimersi con l'utilizzo di diversi materiali quali il grès, il ferro, l'acciaio corten e legno di recupero. Realizza sculture monumentali, dalle quali si sente maggiormente rappresentata, e opere di medie e piccole dimensioni. Espone in numerose mostre personali e collettive in diverse sedi pubbliche e private nazionali e internazionali, ottenendo premi e onorificenze. Alcune sculture monumentali sono collocate in permanenza in Europa, America e Asia. Numerose pubblicazioni hanno punteggiato l'attività artistica della scultrice. (Estratto da comunicato ufficio stampa IBC Irma Bianchi Communication)




Carried away by a moonlight shadow
37° Les Instants Vidéo - Marseille


17 ottobre - 01 novembre 2024
Visualcontainer[.Box] - Milano
www.dotbox.it

Visualcontainer[.Box] ospita nel nuovo spazio la selezione curatoriale "Carried away by a moonlight shadow" dal 37° Les Instant Video Festival in concomitanza con lo svolgimento del festival a Marsiglia. La global opening come di consueto presenta un'altra selezione curatoriale dal festival in modalità worldwide su VisualcontainerTV.

Artisti: Risto-Pekka Blom - Finlandia / Maria Norden - Russia / Audrey Barthes, Michel Amaral - Francia / Baptist Gheeraert, Iulia Puscasu - Francia / Judith Lesur - Francia / Romy Berger - Belgio / Hanna-Katri Eskelinen, Calvin Guillot, Margo Nowicka - Finlandia.

___ Opere in mostra

- Viimeinen Kuulutus, di Risto-Pekka Blom, 9'57, 2024, Finlandia
Il tosaerba, l'aspirapolvere e il tram consumano l'elettricità residua che l'uomo ha lasciato sulla terra. L'uomo che si è comportato male alla fine è stato espulso dalla Terra, il che è positivo per le altre specie.

- The Ring, di Maria Norden, 5'27, 2023, Russia
Nel marzo 2022 mia madre è morta. Dopo che se n'è andata, il filo che mi collegava alla mia vita passata, alla sensazione di essere a casa, sembrava essersi spezzato. Nonostante avessi una figlia piccola e un marito, mi sentivo ancora molto sola. Per superare il desiderio di mia madre, ho deciso di intraprendere un viaggio attraverso i suoi ricordi. Le cose che aveva lasciato sono diventate guide per il mio percorso. Le vecchie foto non sono più legate al tempo. Anche se mia madre non c'è, ha lasciato tracce grazie alle quali posso ritrovarla in me, nell'ambiente. È un film sull'accettazione della perdita, sull'accettazione dell'eredità.

- La vague, di Audrey Barthes, Michel Amaral, 4'10, 2022, Francia
Sembra che un personaggio stia lottando contro le avversità e cercando di rialzarsi. Dopo ogni squilibrio ritorna al suo posto. Dopo ogni caduta, si rialza instancabilmente per riconquistare la sua posizione. La lotta contro queste onde sulla sponda del Mediterraneo appare come metafora della lotta per la sopravvivenza di un'umanità messa alle strette. Perché gli esseri umani vivono di battaglie e lotte quotidiane. Sono le avversità che li nutrono e danno il coraggio e la rabbia per rialzarsi costantemente e la forza di attraversare mari mortali per cercare un domani migliore.

- Waiting Room, di Baptist Gheeraert, Iulia Puscasu, 9'28, 2023, Francia
Un recinto di sei finestre, un luogo impossibile, uno spazio latente: sviluppato attraverso diversi strumenti, il film parte dalla premessa della sala d'attesa. Questa breve indagine sull'ambientazione, semplice e simbolica, si svolge come una metafora che dà voce ad alcune delle nostre preoccupazioni esistenziali più elementari ma inanimate. Stiamo tutti aspettando che il gatto muoia, oppure no.

- La vie rêvée des choses, di Judith Lesur, 6'04, 2023, Francia
Fantasia visiva ispirata ad oggetti in attesa di una nuova vita in una Ressourcerie, ovvero come risvegliare il potenziale onirico delle cose quotidiane, spostandole in un altro ambiente o giocando con un utilizzo insolito. Come lasciare respirare una sedia di legno, che diventa poltrona cinematografica di fronte allo schermo della natura. Come entrare in un quadro di Rembrandt e Vermeer con una semplice brocca d'acqua per trasformarsi da casalinga in sirena. Come riconnettersi con l'ambiente e gli esseri viventi utilizzando un vecchio telefono...

- Corporis Antrum, di Romy Berger, 5'58, 2023, Belgio
Un viaggio introspettivo che unisce territorio mentale e archivi medici. Partendo dal mio corpo come oggetto di studio, ne esploro i confini come strati archeologici in cui si fondono scale macro e microscopiche. Vivere nel proprio corpo significa vivere un rituale di immersione che propongo attraverso un dittico.

- Takeoff, di Hanna-Katri Eskelinen, Calvin Guillot, Margo Nowicka, 4'05, 2023, Finlandia
Una meditazione sui sogni come mezzo di fuga. Questa è un'interpretazione visiva della poesia, in cui il protagonista descrive la prima volta che è scappato, fuggito nel mondo illimitato della fantasia, rifiutando l'assurdità della sofferenza. (Comunicato di presentazione)




Locandina della rassegna cinematografica La deutsche vita tra ottobre e dicembre 2024 La deutsche vita
Cineclub 2024


15 ottobre - 17 dicembre 2024 (tutti i martedì alle ore 18.00, con ingresso gratuito)
Goethe-Institut Palermo (Cantieri Culturali alla Zisa) - Palermo
goethe.de/palermo

Il Goethe-Institut Palermo presenta la nuova rassegna cinematografica del cineclub "la deutsche vita". La rassegna, realizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Città di Palermo, l'Efebo d'Oro Film Festival, il Sicilia Queer filmfest e l'Associazione CORRENTE, propone dieci appuntamenti col cinema tedesco. Si inizia martedì 15 ottobre, alle ore 18, nella Sala Wenders del centro culturale tedesco, con il film Roter Himmel (Il cielo brucia) di Christian Petzold, vincitore dell'Orso d'argento - Gran Premio della Giuria alla Berlinale 2023.

Il ritorno del cineclub del Goethe-Institut Palermo "la deutsche vita" propone un percorso attraverso il cinema tedesco contemporaneo, offrendo uno sguardo profondo sui temi e le questioni che definiscono la società moderna, non solo in Germania. I film selezionati esplorano temi attuali con riflessioni sulle tensioni sociali e personali che emergono in un mondo sempre più vulnerabile alle crisi ambientali, sociali e politiche. Ma indagano anche sulle memorie personali e collettive, mettendo in luce come le esperienze dell'infanzia e la nostalgia del passato influenzino la nostra visione del presente e del futuro.

Non mancano poi temi legati all'identità e alla ricerca di appartenenza, soprattutto in un contesto europeo che sta vivendo profonde trasformazioni demografiche e culturali. Un'attenzione particolare è dedicata alla storia recente, in occasione del 35º anniversario della Caduta del Muro di Berlino. Attraverso il cinema, verrà esplorato il complesso intreccio di speranze, paure e cambiamenti che hanno segnato quel periodo, offrendo spunti di riflessione su come le divisioni passate continuino a influenzare il presente. Altro tema centrale è la libertà, intesa non solo come conquista politica, ma anche come aspirazione personale in un mondo sempre più regolato e controllato.

La rassegna rende omaggio anche alle grandi figure della scienza e della cultura tedesca, come Alexander von Humboldt, in occasione del 255º anniversario della nascita e del 165º anniversario della morte, esplorando il rapporto tra uomo e natura, e l'inesauribile sete di conoscenza che spinge l'umanità a misurare e comprendere il mondo. "Il cinema ha la straordinaria capacità di farci dialogare con culture e realtà diverse" afferma Heidi Sciacchitano, direttrice del Goethe-Institut Palermo.

"Con questa rassegna, vogliamo aprire una finestra sul cinema tedesco contemporaneo, offrendo al pubblico l'opportunità di confrontarsi con temi globali attraverso un linguaggio artistico di grande potenza espressiva. Abbiamo selezionato film che, da prospettive diverse, esplorano le sfide sempre attuali legate alla memoria storica, all'identità e al rapporto tra l'uomo e il mondo circostante. È un invito alla riflessione e al confronto interculturale, elementi che riteniamo fondamentali per un cineclub come intendiamo il nostro. Le dinamiche familiari, le sfide dell'identità di genere, il conformismo e la ribellione sono altri temi che emergono, riflettendo le complesse realtà sociali del nostro tempo. Infine, affronteremo il rapporto tra tecnologia e umanità, un tema cruciale in un'epoca in cui l'intelligenza artificiale e le nuove tecnologie stanno ridefinendo le relazioni e i confini dell'essere umano."

Un evento speciale fuori programma, in collaborazione con l'Associazione CORRENTE, si terrà il 7 novembre alle ore 20:30 presso l'Ex Cinema Edison: la proiezione della versione restaurata del capolavoro di Ernst Lubitsch To Be or Not To Be (Vogliamo vivere!), una pellicola che resta un manifesto di ironia e intelligenza del cinema di tutti i tempi. (ingresso libero; info: associazionecorrente@gmail.com / Instagram: correntecinema)

Per le scuole interessate sono previste proiezioni speciali in giorni e orari da concordare. Per informazioni e prenotazioni: info-palermo@goethe.de

___ Calendario delle proiezioni

15.10. Roter Himmel (Il cielo brucia)
22.10. Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war (When Will It Be Again Like It Never Was Before)
29.10. Elaha
05.11. Nahschuss (The Last Execution)
12.11. Lieber Thomas (Dear Thomas)
19.11. Systemsprenger (System Crasher)
26.11. Die Vermessung der Welt (La misura del mondo)
03.12. ANIMA - Die Kleider meines Vaters (ANIMA - My Father's Dresses)
10.12. The Ordinaries (The Ordinaries. Scopri il tuo vero potere)
17.12. Ich bin dein Mensch (I'm Your Man)


_Evento Fuori Programma
07.11. To Be or Not to Be (Vogliamo vivere!)
In collaborazione con Associazione CORRENTE
ore 20:30, Ex cinema Edison, p.zza Napoleone Colajanni 3, Palermo

__________

15.10. Roter Himmel (Il cielo brucia)
di Christian Petzold, Germania 2023, 103'
con Thomas Schubert, Paula Beer, Langston Uibel, Enno Trebs, Matthias Brandt

Vincitore dell'Orso d'argento - Gran premio della giuria alla Berlinale 2023, diretto magistralmente da Christian Petzold, dramma che esplora la complessità delle relazioni umane e i conflitti interiori. Ambientato in una località sul Mar Baltico durante un'estate torrida, il film segue le vicende di quattro giovani che si riuniscono per una vacanza. Tra di loro si sviluppano dinamiche intricate di amore, gelosia e segreti, che culminano in un crescendo emotivo. Narrazione sottile e stratificata, ricca di simbolismi e di sottotesti che fanno riflettere sulla fragilità delle relazioni umane e sull'impatto del passato sul presente.

22.10. Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war (When Will It Be Again Like It Never Was Before)
di Sonja Heiss, Germania 2023, 116'
con Devid Striesow, Laura Tonke, Arsseni Bultmann, Camille Loup Moltzen, Merlin Rose

Affresco sensibile e ironico sul diventare grandi e sulla ricerca di identità, basato sul racconto autobiografico di Joachim Meyerhoff. Joachim cresce in un istituto psichiatrico, dove suo padre lavora come direttore. Ambientato negli anni '70 in Germania, il film esplora la quotidianità del giovane protagonista, diviso tra l'ambiente spesso eccentrico dell'istituto e il desiderio di una vita normale. La sua famiglia, composta da personaggi unici e stravaganti, aggiunge ulteriori livelli di complessità e umorismo alla narrazione, mentre Joachim cerca di trovare il proprio posto nel mondo.

29.10. Elaha, di Milena Aboyan
Germania 2023, 110'
con Bayan Layla, Armin Wahedi, Derya Dilber, Derya Durmaz, Cansu Leyan

Elaha, giovane donna di origini curde che vive in Germania, è alle prese con le pressioni culturali e familiari e lotta per trovare la propria autonomia ed emancipazione in una società che le impone ruoli e aspettative rigide. A un passo dalle nozze, cerca di conciliare le tradizioni della sua famiglia con i propri desideri. Quando la famiglia del futuro sposo le chederà di dimostrare la sua verginità, Elaha dovrà prendere decisioni difficili che metteranno alla prova la sua forza e determinazione. Il film riesce a restituire in maniera sincera le sfide quotidiane di chi vive tra diverse culture.

05.11. Nahschuss (The Last Execution)
di Franziska Stünkel, Germania 2021, 106'
con Lars Eidinger, Luise Heyer, Devid Striesow, Paula Kalenberg, Peter Benedict
In occasione del 35. Anniversario della Caduta del Muro (9.11.1989-2024)

Ispirato alla vera storia di Werner Teske, ultimo prigioniero giustiziato nella Germania dell'Est nel 1981. Il film segue la vicenda di Franz Walter, un brillante giovane scienziato che viene reclutato dalla Stasi, il servizio di sicurezza della ex Germania Est. Inizialmente attratto dalle promesse di una carriera prestigiosa, Franz si ritrova presto intrappolato in un sistema oppressivo e disumanizzante. Mentre scopre la verità sulle operazioni segrete e il controllo assoluto del regime, Franz deve confrontarsi con dilemmi morali devastanti. Mantenendo alta la tensione e il ritmo narrativo, il film offre una riflessione critica sulla natura del potere e del controllo e sul suo impatto distruttivo sull'individuo.

12.11. Lieber Thomas (Dear Thomas)
di Andreas Kleinert, Germania 2021, 150'
con Albrecht Schuch, Jella Haase, Jörg Schüttauf, Anja Schneider, Joel Basman
In occasione del 35. Anniversario della Caduta del Muro (9.11.1989-2024); in collaborazione con Efebo d'Oro Film Festival (9-17.11.24)

Biopic sullo scrittore Thomas Brasch, uno degli intellettuali e artisti più controversi della Germania del XX secolo. Il film lo segue dalla sua giovinezza nella Germania dell'Est, attraverso le sue lotte contro l'oppressione del regime socialista, fino al suo esilio volontario in Occidente. Attraverso il suo percorso, si scoprono le tensioni tra il desiderio di libertà artistica e le rigide aspettative politiche e familiari, esplorando il prezzo della dissidenza e della creatività in un contesto autoritario. Sorretto da una sceneggiatura ricca di dialoghi penetranti e momenti di forte impatto emotivo, il film induce a riflettere sulla lotta per la libertà personale e artistica in un mondo di restrizioni e censura.

19.11. Systemsprenger (System Crasher)
di Nora Fingscheidt, Germania 2019, 119'
con Helena Zengel, Albrecht Schuch, Gabriela Maria Schmeide, Lisa Hagmeister, Melanie Straub

Benni ha nove anni e un temperamento esplosivo e ribelle, incapace di adattarsi a qualsiasi sistema di assistenza sociale. Rifiutata da famiglie affidatarie, scuole e centri di accoglienza, è intrappolata in un circolo vizioso che la allontana sempre più da una vita stabile. Mentre gli assistenti sociali cercano disperatamente una soluzione, l'unico legame positivo che la bambina sviluppa è con il suo educatore Micha, che la aiuta a gestire la rabbia e il dolore che la tormentano. Il film affronta con straordinaria intensità il tema dei bambini emarginati dal sistema sociale; non offre risposte facili, ma mette in luce le profonde falle di un sistema incapace di gestire casi estremi. Un'opera che scuote, dalla regia cruda e autentica, che invita alla riflessione.

26.11. Die Vermessung der Welt (La misura del mondo)
di Detlev Buck, Germania 2012, 119'
con Albrecht Schuch, Florian David Fitz, Vicky Krieps, Karl Markovics, David Kross
Omaggio ad Alexander von Humboldt a 255 anni dalla nascita e 165 anni dalla morte

Il film racconta le vite parallele di due geni tedeschi del XIX secolo: il naturalista ed esploratore Alexander von Humboldt e il matematico Carl Friedrich Gauss. Mentre Humboldt esplora il mondo, misurando terre inesplorate e catalogando specie sconosciute, Gauss rimane in Germania, esplorando i confini della matematica e dell'astronomia. Il film segue le loro vite contrastanti, rivelando i sacrifici personali e le ossessioni che accompagnano il loro genio. Adattamento cinematografico del romanzo omonimo del 2005, un bestseller internazionale, tradotto anche in Italia, dello scrittore Daniel Kehlmann, che è anche coautore della sceneggiatura del film.

03.12. ANIMA - Die Kleider meines Vaters (ANIMA - My Father's Dresses)
di Uli Decker, Germania 2022, 94'
con Helmut Decker, Monika Decker, Cordula Decker, Uli Decker
In collaborazione con Sicilia Queer filmfest

Documentario autobiografico che esplora la complessa relazione tra la regista e suo padre, un uomo che ha nascosto per tutta la vita la sua identità di genere. Dopo la morte del padre, Uli scopre un lato inaspettato della sua vita: uno scatolo pieno di abiti femminili che rivelano una realtà nascosta e un'identità segreta. Con un approccio visivo e narrativo che fonde ricordi d'infanzia, immagini d'archivio e animazioni, il film segue il viaggio emotivo di Uli mentre affronta il passato della sua famiglia e riflette sulle implicazioni profonde di questa scoperta, rivelando un ritratto intimo e toccante della ricerca di sé e dell'accettazione.

10.12. The Ordinaries (The Ordinaries. Scopri il tuo vero potere)
di Sophie Linnenbaum, Germania 2022, 124'
con Fine Sendel, Jule Böwe, Henning Peker, Noah Tinwa, Sira-Anna Faal

Un mondo cinematografico metaforico, dove i ruoli sociali si traducono in categorie narrative: i "Protagonisti," i "Personaggi secondari" e gli "Outtakes" ovvero i personaggi tagliati. Paola, appartenente alla classe dei Personaggi secondari, sogna di diventare una Protagonista, come la sua migliore amica. Mentre cerca di scoprire la verità sul suo passato e di ottenere il ruolo da protagonista nella sua vita, inizia a sfidare le rigide strutture della società, rivelando verità scomode che mettono in discussione l'ordine prestabilito. Opera originale di fantascienza distopica che combina elementi di satira sociale con una narrativa fantasiosa, offrendo una riflessione acuta sulle gerarchie e le ingiustizie sociali.

17.12. Ich bin dein Mensch (I'm Your Man)
di Maria Schrader, Germania 2021, 102'
con Maren Eggert, Dan Stevens, Sandra Hüller, Hans Löw, Wolfgang Hübsch

Commedia romantica con sfumature fantascientifiche che esplora il tema dell'amore e delle relazioni nell'era dell'intelligenza artificiale. La storia segue Alma, una scienziata solitaria e scettica, che accetta di partecipare ad un esperimento insolito: vivere per tre settimane con Tom, un robot umanoide programmato per essere il compagno perfetto. Mentre Alma si confronta con la perfezione artificiale di Tom, la sua visione dell'amore, dell'umanità e delle emozioni viene messa alla prova, portandola a riflettere su cosa significhi davvero essere felici. Un invito a ripensare le dinamiche delle relazioni in un mondo sempre più tecnologico.

_ Evento Fuori Programma
.. ore 20:30, Ex cinema Edison, p.zza Napoleone Colajanni 3, Palermo
07.11. To Be or Not to Be (Vogliamo vivere!)
di Ernst Lubitsch, USA 1942, 99'
con Carole Lombard, Jack Benny, Robert Stack, Felix Bressart
In collaborazione con Associazione CORRENTE

Polonia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale: una compagnia teatrale di Varsavia, guidata dalla coppia di attori Josef e Maria Tura, si trova coinvolta in un pericoloso gioco di spionaggio contro i nazisti. Capolavoro di satira e umorismo che riesce a bilanciare con maestria la leggerezza della commedia nera con la gravità del contesto storico. Ernst Lubitsch, noto per il suo "tocco" unico, crea una narrazione che affronta temi oscuri e politicamente sensibili, offrendo una critica pungente al totalitarismo con un'ironia sottile e una brillantezza che pochi registi hanno saputo eguagliare. (Comunicato stampa)




"La Bocca dell'Anima", regia di Giuseppe Carleo
Il film uscirà nelle sale italiane e negli USA


Il film "La Bocca dell'Anima", esordio al lungometraggio di finzione del regista palermitano Giuseppe Carleo, prodotto da Favorita Film in associazione con El Deseo, con il contributo del MiC - DG Cinema e Audiovisivo e della Regione Siciliana - Sicilia Film Commission è stato presentato in anteprima mondiale al 70° Taormina Film Festival il 18 Luglio presso il Palazzo dei Congressi di Taormina.

L'anteprima mondiale verrà seguita dall'uscita in sala prevista per il 26 Settembre prossimo dal distributore Artex Film, che è anche il distributore internazionale dell'opera, già presentata all'American Film Market di Santa Monica (California, USA) lo scorso Novembre dove si è garantita una prima vendita internazionale grazie ad un accordo firmato da Artex con la nordamericana Capital Motion Pictures che distribuirà il film negli Stati Uniti, in Canada e negli UK con il titolo internazionale The Healer.

Ispirato ad una storia vera e ambientato nella Sicilia rurale del Secondo Dopoguerra, "La Bocca dell'Anima" racconta l'oscuro trauma che cova nell'anima di Giovanni Velasques. Tornato nel suo paese natale, un piccolo villaggio arroccato fra le aspre montagne di una inusuale Sicilia innevata, Giovanni incontra una vecchia maara che, per liberarlo da quel dolore, lo inizia all'arte della magia. Il film, dal piglio antropologico, scava nella memoria siciliana, esaltando il linguaggio della magia popolare e raccontando per la prima volta il percorso attraverso cui un uomo diventa mago...

Il film è stato voluto fortemente dal Direttore Artistico del TFF Marco Müller, in accordo con il comitato selezionatore, che ha dichiarato in occasione della conferenza stampa di presentazione del Festival "chi di voi si ricorda il lavoro straordinario dell'antropologa siciliana Elsa Guggino, non potrà non amare "La Bocca dell'Anima" il film di Giuseppe Carleo che prova a scavare in quella parte della memoria siciliana". Sono proprio i testi dell'antropologa Elsa Guggino, La magia in Sicilia e Il corpo è fatto di sillabe, che fanno da spunto alle indagini del regista e sceneggiatore Giuseppe Carleo e del co-sceneggiatore Carlo Cannella che con l'antropologa hanno dialogato nel percorso di costruzione del film.

Con un cast siciliano di eccellenza, il film vede come protagonista accanto all'attore italo-iraniano Maziar Firouzi (Giovanni Velasques), Marilù Pipitone nel ruolo della moglie, Serena Barone ("Le Sorelle Macaluso", "Baarìa") che interpreta la maga, Maurizio Bologna ("Màkari", "Il commissario Montalbano") nel ruolo del prete antagonista del mago, e altri volti noti al teatro siciliano e volti nuovi al grande schermo, abilmente esaltati dal regista. Il film ha visto inoltre coinvolte maestranze locali ed ex allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia dove Giuseppe Carleo ha studiato recitazione prima e regia del documentario dopo, tra cui il direttore della fotografia Leone Orfeo, la scenografa Laura Inglese, il montatore Riccardo Cannella, il fonico di presa diretta Andrea Sileo, la sound designer Silvia Orengo, il fonico di mix Carlo Purpura e il produttore delegato Elio Cecchin.

Il film è stato prodotto da Tancredi Vinci, Rita Vinci e Giuseppe Carleo per Favorita Film in associazione con El Deseo, con il contributo del Ministero della Cultura - Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e della Regione Siciliana - Sicilia Film Commission, realizzato nell'ambito del Patto per lo Sviluppo della Regione Siciliana (Patto per il Sud) FSC 2014-2020. (Estratto da comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)




Fotogallery con immagini in alta definizione realizzate da Marco Daturi «MyShot underwater photo contest 2024»
Termine di iscrizione: 31 ottobre 2024


Concorso dedicato agli appassionati di fotografia subacquea organizzato sin dal 2005 da Zero Pixel e nelle cui precedenti edizioni hanno preso parte più di 5mila concorrenti da tutta Italia e dall'estero. La partecipazione è gratuita e completamente digitale, accessibile tramite il sito www.zeropixel.it/myshot, dove è pubblicato il regolamento completo.

Cinque sono le categorie del concorso (Subacquea, Emozioni, Incontri ravvicinati, Relitti e Contrasti) e i partecipanti possono inviare all'indirizzo email myshot@zeropixel.it fino ad un massimo di 3 foto per ogni categoria, in formato Jpg, con il lato lungo non inferiore a 1800 pixel e un peso non superiore a 1 Mb. Non saranno accettate immagini prodotte con l'intelligenza artificiale o in cui siano stati cancellati, inseriti o clonati oggetti, oppure aggiunti elementi grafici.

Le classifiche finali saranno rese note a novembre 2024 e le foto premiate saranno pubblicate su ScubaPortal e su ScubaZone magazine. Sono previste interviste agli autori vincenti, che avranno anche la possibilità di pubblicare un loro portfolio sui media dell'organizzatore. L'edizione 2024 del concorso su concluderà con “L'arena”: «le 100 foto finaliste, cioè 20 per ogni categoria, verranno pubblicate in un unico ambiente, l'arena appunto, per una votazione on-line da parte del pubblico -conclude Daturi-. Le prime tre classificate verranno premiate con uno speciale attestato».

«La subacquea trasforma il mare in una tela di emozioni intense e storie non raccontate, che solo gli occhi di un fotografo possono realmente catturare e condividere. Con MyShot apriamo questo mondo affascinante a tutti, specialmente a coloro che non hanno ancora scoperto la bellezza dei fondali marini», dice Marco Daturi, ideatore del concorso, autore di tre libri sulla subacquea e fondatore di ScubaPortal, il riferimento online per la subacquea italiana dal 2003. «Dal suo esordio nel 2005, MyShot ha contribuito significativamente alla divulgazione della subacquea, rendendosi un punto di riferimento nel panorama della fotografia subacquea e venendo premiato con il prestigioso Top Award -continua Daturi-. Ma, in buona sostanza, resta un gioco, il cui scopo è valorizzare le emozioni derivanti dalla subacquea come hobby, nonché promuovere la bellezza dell'ambiente marino ». (Comunicato stampa Ufficio Stampa MyShot: Eo Ipso)

Immagine:
Fotogallery con immagini in alta definizione realizzate da Marco Daturi




Panorama di Salina da una terrazza sul mare SalinaDocFest 2024
18a edizione, 12-15 settembre 2024
Isola di Salina (Sicilia)
www.salinadocfest.it

Un festival in continuo movimento, che si appresta a diventare maggiorenne, dal 12 al 15 settembre 2024, con una anteprima l'11 settembre. La Libertà e Come essere liberi? I temi portanti della diciottesima edizione, anche nello spettacolo di Giovanni Calcagno, Il Polifemo innamorato. La proiezione in anteprima regionale e premiazione di Kripton, di Francesco Munzi. La trasformazione dell'Associazione in Fondazione. La partecipazione agli Stati generali del Cinema a Siracusa, il 14 aprile.

Anche il SalinaDocFest parteciperà agli Stati generali del Cinema, in corso, con appuntamenti istituzionali e formativi, al Castello di Maniace di Siracusa. La fondatrice e direttrice artistica del Salina Doc Fest, Giovanna Taviani, interverrà - domani, domenica 14 aprile alle ore 11:30 al panel "Sic(ilia) et simpliciter", per discutere dell'isola che c'è, e si vede: i festival cinematografici in Sicilia, tra immaginario territoriale e sostenibilità ambientale, ma anche di un sistema festivaliero siciliano eco-sostenibile. I principali direttori di festival siciliani rifletteranno su identità isolana e apertura al mondo. Il SalinaDocFest ha iniziato nel 2024 le operazioni necessarie alla trasformazione dell'Associazione in Fondazione, per dare una struttura giuridica permanente e duratura nel tempo a un Festival ormai diventato un punto di riferimento internazionale per chi crede nel cinema del reale e in un turismo culturale destagionalizzato. Una Fondazione di cinema per il cinema.

La fondatrice e direttrice artistica del Festival, Giovanna Taviani, dopo 17 anni di Presidenza dell'Associazione, in sintonia con gli altri componenti del Direttivo espressione del territorio eoliano, ha individuato nella figura di Giulia Giuffre, Group Marketing Director e Sustainability Ambassador del Gruppo Irritec - main eco partner del festival, azienda siciliana leader negli impianti di irrigazione a goccia - la nuova Presidente del Salinadocfest che in questo modo si fa sempre più green e mirata alla salvaguardia del mondo ambientale. E' stata quindi proposta la presidenza a Giulia Giuffrè, che ha accettato, con vice presidente Gaetano Calà (esperto in politiche migratorie).

Libertà è il tema che porta il SalinaDocFest alla sua maggiore età: 18 anni di cinema sull'isola di Salina. "Ci sembra questo il modo migliore di festeggiare - sottolinea Giovanna Taviani - un festival attento ai film di registe e registi e alle opere di autrici e autori che indagano la nostra realtà con spirito critico e voglia di condivisione. Donne e Libertà, Libertà della scuola, Ambiente e Libertà: sono queste le tre assi attorno a cui ruoterà il Concorso internazionale di documentari e la selezione dei film in programma nel cartellone del Festival, accompagnati dagli autori che rifletteranno insieme a noi sul tema della libertà nelle sue diverse declinazioni: libertà di scelta, di pensiero, di credo, di abolizione di confini fisici e mentali. Come essere liberi? È la domanda che ci facciamo insieme ai protagonisti dei film che presenteremo come eventi speciali en plein air al pubblico di Salina".

Il SalinaDocFest si focalizza anche sul mondo giovanile e della scuola, con il Focus The Best Of "Giovani", rassegna di documentari dedicati al disagio psichico di chi vive oggi la difficile età dell'adolescenza. In post pandemia si è rilevato un aumento del 30% dei casi psichiatrici fra gli adolescenti: la malattia mentale è il loro modo estremo di reagire liberamente a una società escludente e ostile. Lo sa bene Dimitri, uno dei protagonisti del film Kripton, di Francesco Munzi, il "ragazzo dai pensieri veloci" in cura in una struttura psichiatrica per adolescenti, nella periferia romana. Il film sarà proiettato al SalinaDocFest nella sera di anteprima del festival, "Aspettando SDF", l'11 settembre, in anteprima siciliana in piazza a Rinella (Piazzetta Anna Magnani, set del film Vulcano) e al regista verrà assegnato il Premio Speciale SDF. Una Giuria d'eccezione per il SalinaDocFest 2024 che vede, tra gli altri, la regista iraniana Firouzeh Khosrovani, da anni vicino al festival e lo scorso anno vincitrice del Premio Irritec.

Durante la stessa serata, a Punta Megna, lo spettacolo Il ciclope Innamorato, cunto musicato di e con Giovanni Calcagno, già interprete de Il Polifemo innamorato e del doc Cuntami di Giovanna Taviani, Nastro d'Argento al Miglior Docufilm. Il concetto dell'essere liberi di amare, in contatto con il tema del festival, nella storia del ciclope dell'Etna innamorato di Galatea. Uno spettacolo ispirato dalle liriche di due poeti classici di cultura greca e latina che si sono occupati per diverse ragioni dell'impossibile amore di Polifemo e Galatea. Una riflessione sulle conseguenze dell'amore, così diverse e antitetiche.

Il SalinaDocFest è realizzato nell'ambito del Patto per lo Sviluppo della Regione Siciliana (Patto per il Sud) FSC 2014-2020 Regione Sicilia, Sicilia Film Commission, MIC, Agenzia per la coesione territoriale, Sensi Contemporanei. Con il sostegno di MIC e SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori. Con il patrocinio di Comune di Santa Marina Salina, Comune di Malfa e Comune di Leni. Con il sostegno del Comune di Messina e della Provincia di Messina. Main Partner: Irritec s.r.l. (main Eco partner), Omi-Fer s.r.l. Special Technical Partner: Media Fenix Group e Salina Isola Verde. Comitato Scientifico: Francesco D'Ayala, Agostino Ferrente, Fabio Ferzetti, Enrico Magrelli, Emiliano Morreale, Anna Maria Pasetti, Silvia Scola, Lidia Tilotta.

Comitato d'Onore: Cristina Comencini, Romano Luperini, Giorgio e Mario Palumbo, Bruno Torri. Tra i sostenitori del festival, la direzione artistica ricorda con affetto Andrea Purgatori: Presidente del Consiglio di Sorveglianza SIAE e membro del comitato scientifico del SalinaDocFest, era stato più volte a Salina, protagonista di tanti dibattiti, entrato nell'anima dell'isola e dei salinari. (Comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)




Franco Battiato Franco Battiato
Dalla Sicilia all'Iperspazio


Pagina dedicata







Ad Atene gli autori europei a confronto sui temi della Déclaration des Cinéastes

Si è tenuto ad Atene nei giorni scorsi il quarto incontro Déclaration des cinéastes. Organizzato dagli autori greci e ciprioti con l'obiettivo di diffondere il manifesto a tutela dei diritti morali ed economici dei registi, degli sceneggiatori e degli autori delle musiche per i film, già presentato ai Festival di Cannes, Venezia e San Sebastian. La gremita sala del Serafio che ha visto la partecipazione attenta di centinaia di cretivi greci dell'audiovisivo ha accolto calorosamente l'intervento in video conferenza da Parigi di Costa Gavras che ha ribadito con forza la necessità di salvaguardare i diritti morali dell'opera e la giusta remunerazione.

Sono seguiti gli interventi in presenza di Radu Mihaileanu (ARP), Marine Francen (SRF), Francesco Ranieri Martinotti (ANAC), Athena Xenidou (DGCY) e Gavriil Tzafkas (Autors Guild Danimarca). Tra i temi trattati centrale è stata la recente approvazione a Bruxelles dell' AI Act ritenuto un buon punto di partenza per la regolamentazione dell'intelligenza artificiale nel settore audiovisivo. A margine dell'iniziativa si è svolto anche un incontro con il Ministro greco della Cultura Christos Dimas, che ha condiviso i principi contenuti nella Déclaration des Cinéastes e ha dichiarato che sulle questioni dell' AI il governo greco s'impegnerà a Bruxelles a difendere i diritti degli autori e la loro creatività.

Per l'Italia hanno aderito all'incontro di Atene: ANAC, 100 AUTORI e WGI.

Per la Grecia e Cipro: AFO (Athens Film Office), National Centre of Audiovisual Media and Communication, GFC (Greek Film Centre), Directors Guild of Cyprus, WIFT GR (Women in Film & Television Greece), CIPA (Film in Cyprus). Per la Francia: SRF (The Society of Film Directors) ARP (Civil Society of Authors, Directors and Producers, France). Per la Spagna: ACCION (Film Directors Association), oltre a FERA (Federation of European Screen Directors). (Comunicato reggi&spizzichino)

- Déclaration des cinéastes
www.la-srf.fr/article/lire-et-signer-la-d%C3%A9claration-des-cin%C3%A9astes




FEDIC
72 anni di cinema in 70 film di registi


www.youtube.com/watch?v=rcUaIdZelGE&list=PLtVRElSqB9q4Pwu_-LZKjttvjb3-9_PUI

Sul canale Mi Ricordo - L'Archivio di tutti, la playlist FEDIC-72 anni di cinema, composta da 70 cortometraggi di autori FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub), tra cui ricordiamo Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli e Bruno Bozzetto, conservati e digitalizzati dal CSC-Archivio Nazionale Cinema Impresa. La rassegna online è composta da opere che fanno parte della storia della FEDIC, un'Associazione Culturale nata nel 1949 a Montecatini Terme, e realizzate da registi il cui contributo rilevante è servito a promuovere il superamento dell'etichetta di cinema amatoriale, per arrivare ad affermare quella di Cinema Indipendente.

La playlist propone titoli di fiction e documentari di impegno civile, di critica sociale, di osservazione della realtà, come quelle di Giampaolo Bernagozzi, Nino Giansiracusa, Renato Dall'Ara, Adriano Asti, Luigi Mochi, Francesco Tarabella e del duo Gabriele Candiolo - Alfredo Moreschi; non mancano opere narrative, spesso poetiche, come quelle di Paolo Capoferri, Piero Livi, Mino Crocè e Nino Rizzotti, ma anche di Massimo Sani, Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli, che si sono poi affermati come autori cinematografici e televisivi.

Un impegno che si riscontra anche nella sperimentazione di nuove forme espressive, si pensi a Tito Spini e, per quanto riguarda il cinema d'animazione, a Bruno Bozzetto e Nedo Zanotti. Non mancano opere recenti capaci di offrire uno sguardo acuto sul nuovo millennio, tra queste ricordiamo i film di Enrico Mengotti, Turi Occhipinti - Gaetano Scollo, Rocco Olivieri - Vincenzo Cirillo, e Franco Bigini, Giorgio Ricci, Giorgio Sabbatini e Beppe Rizzo che rende omaggio a Totò. Sono testimonianze, tracce interessanti, da leggere nel loro insieme, per aggiungere un punto di vista nuovo sul Paese. Uno sguardo che completa quello offerto dal cinema d'impresa, di famiglia e religioso conservato, digitalizzato e reso disponibile dall'Archivio Nazionale Cinema Impresa sui propri canali: Youtube CinemaimpresaTv, Documentalia e Mi ricordo-l'archivio di tutti. Il fondo FEDIC, composto da 5442 audiovisivi, è stato depositato nell'Archivio di Ivrea nel 2017. (Estratto da comunicato stampa)




Fermoimmagine dal film La scuola allievi Fiat Tutti in classe!
www.youtube.com/playlist?list=PL15B-32H5GlJRTfrCCc-ZlSRBJ0DRvP1K

Rassegna online di materiali d'archivio organizzata dall'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa di Ivrea che è parte della Cineteca Nazionale. La playlist Tutti in classe, disponibile sul canale Youtube CinemaimpresaTV, racconta la scuola grazie ai tanti punti di vista offerti dai film conservati a Ivrea: dalle rigide scuole per allievi Fiat degli anni Sessanta, ai comunicati pubblicitari che invitano a l'acquisto di prodotti scolastici a prezzi popolari o di raffinate macchine da scrivere Olivetti.

"Tutti in classe" termina con La scoperta della logica, diretto da Franco Taviani per Olivetti, il film descrive un esperimento didattico volto a insegnare agli alunni delle classi elementari la matematica con il sussidio del gioco e dell'osservazione del mondo reale, per arrivare a comprendere quali sono le tappe che portano i bambini alla scoperta della logica. Insomma, uno sguardo sulla scuola dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta per ricordare il periodo della vita di ognuno in cui l'ansia per un compito in classe era il problema più grande che potevi avere. (Estratto da comunicato ufficio stampa Centro Sperimentale di Cinematografia)

___ Programma

- Seconda D (Basilio Franchina, 1951, 12')
- Giorno di scuola (Giorgio Ferroni, 1954, 10')
- La scuola allievi Fiat Giovanni Agnelli (Stefano Canzio, 1962, 14')
- Olivetti, Lettera 32 (Aristide Bosio, 1965, 1')
- Mi ricordo... I primi giorni di scuola (ca. 1965/1972, 1')
- Vieni alla Standa e guarda il prezzo (ca. 1970-1979, 1')
- La scuola comincia alla Standa (1977, 2')
- La scoperta della logica (Franco Taviani, 1970, 13')




Locandina di presentazione di Il diario di Angela - Noi due cineasti Il diario di Angela. Noi due cineasti

Ogni giorno, da sempre, Angela tiene un diario, scritto e disegnato: fatti pubblici, privati, incontri, letture, tutto vi viene registrato. Anche il rapporto di due viaggi in Russia, 1989-1990. Cadeva l'URSS. Diario su librini cinesi, sin da prima di Dal Polo all'Equatore (1986), del nostro ininterrotto lavoro sulla violenza del 900. Dai nostri tour negli Stati Uniti con i "Film Profumati" di fine anni '70, all'Anthology Film Archive di New York, al Berkeley Pacific Film Archive... Rileggo ora questi diari e rivedo il film-diario di tutti questi anni, sono rimasto da solo, dopo molti anni di vita e di lavoro d'arte insieme. L'ho portata sulle Alpi Orientali che amava e dove insieme camminavamo.

Angela rivive per me nelle sue parole scritte a mano, con calligrafia leggera, che accompagnano i suoi disegni, gli acquarelli, i rotoli lunghi decine di metri. Guardo i nostri film privati, dimenticati. Registrazioni che stanno dietro al nostro lavoro di rilettura e risignificazione dell'archivio cinematografico documentario. La vita di ogni giorno, fatta di cose semplici, le persone vicine che ci accompagnano, la ricerca nel mondo dei materiali d'archivio, un viaggio in Armenia sovietica con l'attore Walter Chiari. Testimonianze che nel corso del tempo abbiamo raccolto. E' il mio ricordo di Angela, della nostra vita. Rileggo questi quaderni e ne scopro altri a me sconosciuti. (...)

Rivedere l'insieme dei quaderni del Diario infinito di Angela e lo sguardo all'indietro dei nostri film privati, che accompagnano la nostra ricerca. Il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco, di farla rivivere, la continuazione del nostro lavoro come missione attraverso i suoi quaderni e disegni, una sorta di mappa per l'agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione. Angela ed io abbiamo predisposto nuovi importanti progetti da compiere. La promessa, il giuramento, di continuare l'opera. (Yervant Gianikian)

Angela Ricci Lucchi è nata a Ravenna nel 1942. Ha studiato pittura a Salisburgo con Oskar Kokoschka. E' scomparsa lo scorso 28 febbraio a Milano. Yervant Gianikian ha studiato architettura a Venezia, già dalla metà degli anni '70 si dedica al cinema, l'incontro con Angela Ricci Lucchi segnerà il suo percorso artistico e privato. I film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi sono stati presentati nei più importanti festival internazionali, da Cannes a Venezia, da Toronto alla Berlinale, da Rotterdam a Torino alle Giornate del Cinema Muto. Retrospettive della loro opera sono state ospitate nelle maggiori cineteche del mondo (dalla Cinémathèque Française alla Filmoteca Española, dalla Cinemateca Portuguesa al Pacific Film Archive di Berkeley) e in musei come il MoMA di New York, la Tate Modern di Londra e il Centre Pompidou di Parigi.

Tra i luoghi che hanno ospitato le loro installazioni, citiamo almeno la Biennale di Venezia, la Fondation Cartier Pour l'Art Contemporain di Parigi, la Fundacio "La Caixa" di Barcellona, il Centro Andaluz de Arte Contemporaneo di Siviglia, il Mart di Rovereto, il Witte de With Museum di Rotterdam, il Fabric Workshop and Museum di Philadelphia, il Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, il Museo d'Arte Contemporanea di Chicago, l'Hangar Bicocca di Milano, Documenta 14 a Kassel. (Comunicato stampa Lara Facco)




Presentazione racconto di Sasha Marianna Salzmann «In bocca al lupo»
Racconto di Sasha Marianna Salzmann ispirato alla città di Palermo


"Hausbesuch - Ospiti a casa", progetto del Goethe-Institut, ha portato la scrittrice, curatrice e drammaturga tedesca Sasha Marianna Salzmann a Palermo, ospite in casa dei palermitani. Da questa esperienza è nato il racconto ispirato al capoluogo siciliano In bocca al lupo.

Sasha Marianna Salzmann (Volgograd - ex Unione Sovietica, 1985) attualmente è autrice in residenza del teatro Maxim Gorki di Berlino, ben noto per le sue messe in scena dedicate alla post-migrazione. La sua pièce teatrale Muttermale Fenster blau ha vinto nel 2012 il Kleist Förderpreis. Nel 2013 il premio del pubblico delle Giornate Teatrali di Mülheim (Mülheimer Theatertage) è stato assegnato all'opera teatrale Muttersprache Mameloschn che affronta tre generazioni di tedeschi ebrei. Sasha Marianna Salzmann è famosa per i suoi ritratti umoristici dedicati a tematiche politiche. Il suo racconto In bocca al lupo è stato scritto durante il suo soggiorno nel capoluogo siciliano nel luglio 2016 per il progetto "Hausbesuch - Ospiti a casa" del Goethe-Institut. Tradotto in cinque lingue, farà parte di un e-book che uscirà in primavera e che il Goethe-Institut presenterà alla Fiera del Libro di Lipsia. (Comunicato Goethe-Institut Palermo)

Racconto scaricabile alla pagina seguente

Pagina dedicata al soggiorno palermitano di Sasha Marianna Salzmann, con videointervista




"Giallo Kubrick": Le Ultime Cento Ore

Alla Biblioteca "Luigi Chiarini" del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma è conservata una sceneggiatura dattiloscritta del 1964 intitolata Le Ultime Cento Ore, attribuita a Stanley Kubrick, della quale non esiste traccia in nessuna monografia, filmografia, studio. Si tratta di una copia di deposito legale catalogata nei primi anni '90. Il primo a sollevare dei dubbi sull'autenticità del copione fu Tullio Kezich nel 1999 sollevando un gran polverone sulla stampa nazionale, quello che venne definito il "giallo Kubrick" rimase irrisolto fino ad oggi. Grazie alla passione di uno studioso kubrickiano, Filippo Ulivieri, che non si è accontentato di come la questione fosse stata accantonata. Sono state ricostruite le vicende e individuati gli autori, finalmente Filippo Ulivieri ha reso noto il resoconto e come sono stati risolti i relativi misteri del "giallo Kubrick". (Comunicato Susanna Zirizzotti - Ufficio Comunicazione/stampa e archivio storico Centro Sperimentale di Cinematografia-Scuola Nazionale di Cinema)




"Basta muoversi di più in bicicletta per ridurre la CO2"
Nuovo studio dell'European Cyclists' Federation sulle potenzialità della mobilità ciclistica nelle politiche UE di riduzione delle emissioni di gas climalteranti entro il 2050

Le elevate riduzioni delle emissioni dei gas serra previste dalla UE sono sotto esame: quest'anno i progressi e i risultati effettivi sembrano non raggiungere gli obiettivi fissati dalla stessa Unione Europea. Recenti rapporti sulle tendenze nel settore dei trasporti europei mostrano che la UE non riuscirà a ottenere la riduzione delle emissioni dei mezzi di trasporto del 60% tra il 1990 e il 2050 affidandosi alla sola tecnologia. Un interessante approccio all'argomento è messo in luce da un recente studio effettuato dall'European Cyclists' Federation (ECF), che ha quantificato il risparmio di emissioni delle due ruote rispetto ad altri mezzi di trasporto.

Anche tenendo conto della produzione, della manutenzione e del carburante del ciclista, le emissioni prodotte dalle biciclette sono oltre 10 volte inferiori a quelle derivanti dalle autovetture. Confrontando automobili, autobus, biciclette elettriche e biciclette normali, l'ECF ha studiato che l'uso più diffuso della bicicletta può aiutare la UE a raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra nel settore trasporti, previsti entro il 2050. Secondo lo studio, se i cittadini della UE dovessero utilizzare la bicicletta tanto quanto i Danesi nel corso del 2000, (una media di 2,6km al giorno), la UE conseguirebbe più di un quarto delle riduzioni delle emissioni previste per il comparto mobilità.

"Basta percorrere in bici 5 km al giorno, invece che con mezzi a motore, per raggiungere il 50% degli obiettivi proposti in materia di riduzione delle emissioni", osserva l'autore Benoit Blondel, dell'Ufficio ECF per l'ambiente e le politiche della salute. Che aggiunge: "Il potenziale di raggiungimento di tali obiettivi per le biciclette è enorme con uno sforzo economico assolutamente esiguo: mettere sui pedali un maggior numero di persone è molto meno costoso che mettere su strada flotte di auto elettriche". Lo studio ha altresì ribadito la recente valutazione da parte dell'Agenzia europea dell'ambiente, secondo la quale i soli miglioramenti tecnologici e l'efficienza dei carburanti non consentiranno alla UE di raggiungere il proprio obiettivo di ridurre del 60% le emissioni provenienti dai trasporti. (Estratto da comunicato stampa FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta)

Prima del nuovo numero di Kritik... / Libri


Prefazioni e recensioni di Ninni Radicini



Presentazione libri da Comunicato case editrici / autori




"Trieste è un'isola"
Francesco De Filippo, ed. Castelvecchi, €17.50


Il libro è stato presentato il 13 giugno 2024
Ufficio di collegamento della Regione FVG - Bruxelles

Trieste, una città lacerata dai conflitti e dalle travagliate vicende del confine orientale nel Novecento, secondo il giornalista e scrittore Francesco De Filippo, è un'isola della mente, ovviamente non della geografia: un posto unico, che si riconosce in codici specifici, a partire dal dialetto, linguaggio usato universalmente da ogni strato sociale, e tradizioni che assumono quasi il ruolo di rituali civili, che servono per comunicare un'identità fortissima, uno scudo che si è formato dopo un lungo periodo segnato da un senso di continua minaccia di invasione.

Quest'isola inoltre "galleggia" sul non detto ma non rimosso, su vicende del passato che rimangono rilevanti ma non emergono quasi mai nel discorso pubblico. Sono alcune delle riflessioni che sono emerse nel corso della presentazione del volume all'Ufficio di collegamento della Regione Friuli Venezia Giulia a Bruxelles, in cui l'autore ha dialogato con Marianna Accerboni, curatrice della mostra "L'arte triestina al femminile nel '900", visitabile all'Istituto italiano di Cultura di Bruxelles e nell'ambito della quale si è svolta la presentazione della spy story di De Filippo.

Insomma, per tutte queste caratteristiche, una città, o meglio, un'isola da scoprire, svelare lentamente con l'oculatezza dedicata a un oggetto antico e prezioso. Un'isola bifronte: da un lato isceralmente attaccata al passato, dall'altro proiettata nel futuro con una imprenditoria illuminata e un numero altissimo di enti di ricerca scientifica, all'avanguardia.

"Ho scelto lo stile poliziesco perché mi ha permesso di accompagnare il lettore nella scoperta non solo della trama del libro ma anche della città stessa", ha specificato De Filippo. Trama che porta il lettore tra Trieste, Napoli - la città d'origine dello scrittore e del suo personaggio principale, Vincenzo Tagliente, di cui si leggono "le prime e involontarie indagini" - e gli Stati Uniti d'America. Ma tutto parte dal campo profughi di Padriciano, a pochi chilometri dal centro del capoluogo giuliano, dove migliaia di esuli istriano-dalmati sono transitati. Il libro racconta come la catena di violenze e ingiustizie operate dai regimi totalitari si sono ripercosse sulla gente comune.

Ma lo fa "mescolando al dramma il sorriso come nella migliore tradizione partenopea", come ha sottilmente ricordato Accerboni che, introducendo l'autore, ha sottolineato l'intreccio del pathos del racconto poliziesco alla tragicità di eventi storici epocali come l'esodo di 350.000 istriani e le foibe - che segnarono la città nel difficile periodo del dopoguerra. Più altri "momenti di divertissement d'ispirazione quasi teatrale com'è nella cultura partenopea, cui l'autore appartiene". All'incontro erano presenti intellettuali e artisti italiani, belgi e francesi e anche Enrico Tibuzzi, responsabile della sede del Belgio dell'Agenzia Ansa, e Italo Rubino, vicepresidente del Circolo di Bruxelles dell'Associazione Giuliani nel Mondo.

Francesco de Filippo (Napoli, 1960), è stato inviato all'estero per Il Sole 24 Ore ed è responsabile dell'Agenzia Ansa per il Friuli Venezia. È autore di oltre venti libri, tra romanzi, saggi e varia, diversi dei quali tradotti in Francia, Germania e Repubblica Ceca. Il romanzo d'esordio, Una storia anche d'amore (Rizzoli, 2001), ha vinto il premio Cypraea, è entrato in cinquina per il Premio Berto ed è stato finalista al Premio Arezzo. Il successivo, L'affondatore di gommoni (Mondadori, 2004), è stato pubblicato nella Repubblica Ceca e in Francia, dove è stato selezionato per il Supercampiello Europa e per il prestigioso premio Polar. Nel 2001 ha vinto il Premio Paris Noir con il romanzo L'Offense (Métailié). Numerosi suoi racconti sonostati pubblicati su quotidiani e periodici (la Repubblica, Carta, Il manifesto) e compaiono in varie antologie. Fra le sue ultime opere Filosofia per i prossimi umani (con Maria Frega - Giunti, 2020), e per Castelvecchi La nuova via della seta (2019), No vax: il grande sogno negato (2022) e i romanzi Le visioni di Johanna (2019), Prima sterminammo gli uccelli... (2020).

Il progetto espositivo è promosso e sostenuto da Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Associazione Foemina APS di Trieste e realizzato in coproduzione con Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, con il patrocinio del Comune di Trieste,  media partner  Il Piccolo, quotidiano di Trieste, e con l'organizzazione di Associazione Giuliani nel Mondo e Circolo AGM di Bruxelles, Ente Friuli nel Mondo e Fogolâr Furlan di Bruxelles e il contributo di Fondazione CRTrieste, Ciaccio Arte - Big Broker Insurance Group (Milano), Francesco Katalan casa di spedizioni S.r.l. (Muggia, Trieste), Azienda Agricola Zidarich (Trieste), Rotary Club Trieste Alto Adriatico, Biesse Forniture elettriche Studio Luce, Videoest Trieste, Grafica Goriziana. (Ufficio stampa per l'Italia Studio Pierrepi - Alessandra Canella)




Copertina del libro Valeria D'Obici Dizionario di una attrice Valeria D'Obici
Dizionario di un'attrice "sui generis"

di Francesco Foschini con Stefano Careddu, Falsopiano 2023

Il volume è stato presentato il 9 maggio 2024 a Nonostante Marras (Milano)
www.antoniomarras.com

A presentare il libro dialogano con Francesco Foschini, autore del volume, Rocco Moccagatta, docente IULM e critico, e la protagonista Valeria D'Obici.

Scheda libro: "Se quel giorno del 1966 fossi andata all'appuntamento con Lucio Battisti, che voleva formare un gruppo musicale tutto al femminile, alle ore 17.30 all'ex Trianon di Milano, forse avrei fatto la cantante e non l'attrice... ma questo non lo saprò mai, perché gli diedi buca". "A un certo punto della mia vita ho deciso di diventare attrice, non che prima di quel momento non ci avessi mai pensato: da bambina mi piaceva prendere parte alle recite scolastiche, poi scrivevo e interpretavo delle scenette umoristiche, inventavo spettacolini con le mie compagne di classe... Ma la cosa fondamentale era poter esprimere le emozioni che avevo dentro. Quindi, se avessi suonato bene uno strumento musicale, tipo il pianoforte, non so se avrei fatto l'attrice, perché mi sarei sfogata suonando".

Con una prefazione di Rocco Moccagatta. Francesco Foschini è critico cinematografico e programmatore. Ha preso parte a progetti redazionali promossi da Milano Film Network e da La Biennale di Venezia. Collabora, e ha collaborato, con "Alias/il manifesto", "duels.it", "Film Tv", "Taxidrivers", "Sentieri selvaggi", Festival MIX Milano. Stefano Careddu è videomaker, montatore e organizzatore di eventi. Collabora con alcune riviste online di informazione cinematografica e, dal 2017, dirige l'Alessandria Film Festival e altre rassegne cinematografiche nel Monferrato. (Comunicato stampa ufficio stampa Maria Bonmassar)




Dipinto in acrilico su tela di cm 80x100 denominato Venezia New York realizzato da Aldo Damioli nel 2022 Copertina della pubblicazione Venezia New York Dipinto in acrilico su tela di cm 60x60 denominato Venezia New York realizzato da Aldo Damioli nel 2022, un surfista nel mare davanti alla metropoli statunitense Aldo Damioli
"Venezia New York"

testo di Roberto Vidali, progetto grafico di Piero Scheriani, Juliet Editrice, gen 2024, 72 pp, 150 x 210 mm

www.juliet-artmagazine.com

Juliet Editrice ha concluso la realizzazione di una pubblicazione dedicata al lavoro di Aldo Damioli, l'autore conosciuto a livello internazionale per il ciclo pittorico "Venezia New York" e che a Trieste, ancora più di vent'anni fa, era stato proposto dallo Studio Arte 3, in primo luogo da Mariagrazia Avidano Bonzano e in seguito dal figlio Paolo Bonzano. Il testo che accompagna la pubblicazione è firmato da Roberto Vidali, direttore editoriale della rivista Juliet. Il progetto grafico è di Piero Scheriani.

Il testo di Roberto Vidali, intitolato "Paesaggi elettivi", è incentrato sul ruolo che questo autore ha avuto nella pittura del nuovo millennio e sui rapporti che il suo processo ha con la storia dell'arte. In particolare il testo si sofferma sulle possibili (e insolite) connessioni con la pittura di Botticelli, Canaletto e Guardi. Un lavoro di meticolosa esecuzione, giocato sul dettaglio e sulla forma, sulla prospettiva e sul capriccio, da intendersi come spunti capaci di fornire il pretesto all'invenzione e all'evasione. Il ciò vale a dire che queste opere non parlano di puro realismo, ma di fantasia, di invenzione, di pretesti per dimostrare come la pittura possa essere falsificazione, narrazione fantasiosa, montaggio di parti incongrue e che per essere moderna deve essere anche concettuale.

E la pittura di Damioli è concettuale proprio perché nel titolo evoca (o indica) qualcosa che non c'è o che non viene rappresentato: per esempio nelle sue tele la città di Venezia (pur indicata nel titolo) è solo evocata per confronto con la città di New York o con altra città (sia questa Parigi o Pechino) giusto per dare l'impressione che se di tanto si può parlare, tutto non può (o non deve) essere mostrato. Questa poetica pittorica va contro la durezza ideologica e materica propugnata da Joseph Beuys o in avversione a quei postulati delle neoavanguardie che hanno condotto alla disseminazione del linguaggio oltre che alla sottrazione della centralità dell'esperienza estetica. E questo perché se Damioli, riguardo alla sua pittura cerca un confronto o deve pensare a un autore dei nostri giorni non pensa a Cattelan, ma a Sean Landers, non pensa a Damien Hirst, ma a John Currin.

Damioli, che ha esordito ancora negli anni Novanta con la Galleria di Guido Carbone a Torino, ha poi intessuto per anni rapporti di collaborazione con la mitica Galleria del Milione di Milano e con Santo Ficara di Firenze, il tutto giocando di sponda e in rapporto di collaborazione con critici come Edoardo Di Mauro, Elena Pontiggia e Luca Beatrice. Ricordiamo, infine, che il lavoro di Aldo Damioli, incentrato sul ciclo "Venezia New York", fu presentato anche in una mostra che si tenne nel foyer del Teatro Verdi di Trieste, ancora nel 2012. (Comunicato di presentazione)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Aldo Damioli, Venezia New York, 2022, acrilico su tela cm. 80x100
2. Copertina della pubblicazione dedicata al lavoro di Aldo Damioli, Juliet Editrice, gen 2024
3. Aldo Damioli, Venezia New York, 2022, acrilico su tela cm. 60x60

___ Altre pubblicazioni Juliet editrice presentate nella newsletter Kritik

Gentilissima signora Aurelia
a cura di Lucia Budini e Giuliana Carbi Jesurun
Presentazione

Poligoni platonici
di Carlo Fontana, gennaio 2023
Presentazione

"Tre bacche di rovo"
di Roberto Vidali, dicembre 2022
Presentazione




Locandina della presentazione del libro Cannoli Siciliani scritto da Roberta Corradin Cannoli Siciliani
Mare, amore e altre cose buone
di Roberta Corradin, Giunti editore, p. 320, euro 18,00


Il libro è stato presentato il 10 novembre 2023 presso Lo Spazio Pistoia - Libreria Bacaro

Mare, sole, amore: la Sicilia d'estate ha molte promesse, ma non per Arianna, che lavora senza sosta alla redazione di due libri in due lingue diverse. Si consola con le tante delizie che l'isola offre anche agli stacanovisti come lei: granite, gelati, cannoli e menu di pesce. Nel frattempo, seduta a cena col laptop aperto, guarda distrattamente Nisso, diminutivo di Dionisso, chef belloccio e un po' arrogante che le ricorda un giovane Antonio Banderas e manda avanti due ristoranti. Lui ha vissuto sempre in Sicilia, lei è cittadina del mondo. Lui ha poco più di trent'anni, lei poco più di cinquanta. Nessuno dei due ha tempo e voglia di innamorarsi. Ognuno dei due ha un sogno. Diverso. Ma non così tanto.

Il destino se ne frega della iniziale riluttanza dei due e tesse trame al posto loro, finendo per intrecciarli stretti in una storia che, anno dopo anno, li porta a confrontarsi e a costruire insieme case, menu, ristoranti, progetti reali e immaginari. Respireranno modi di pensare, stili di vita, cibi e spezie prima sconosciuti. E realizzeranno tante cose buone, da mangiare e non solo, per chi siede ai tavoli del loro ristorante sulla piazzetta di una borgata di mare e per tutta la comunità locale, a partire dalle molte donne a cui Arianna mostrerà che nella vita si può sempre scegliere, e cambiare vita è sempre un'opzione valida. Sullo sfondo, la bellezza mozzafiato della Sicilia barocca, il mare splendente e le colline degli Iblei. Una storia d'amore scritta con uno stile ironico e sagace e con un finale a sorpresa che vi farà ridere, pensare, piangere e sognare. E chissà, anche cambiare.

Classe 1964, Roberta Corradin ha scritto Ho fatto un pan pepato... Ricette di cucina emotiva (Zelig 1995), Un attimo, sono nuda (Piemme 1999), Le cuoche che volevo diventare (Einaudi 2008), La repubblica del maiale (Chiarelettere 2013), Piovono mandorle (Piemme 2019). Traduce dal francese e dall'inglese le fortunate serie di Katherine Pancol e Richard Osman. Ha avuto il privilegio di vivere in luoghi affascinanti, tra cui Parigi, New York, Cambridge, la Sicilia sudorientale, dove ambienta i suoi libri. Su Instagram @rocorradin per conoscere i suoi nuovi progetti in Sicilia e per visitare e soggiornare con lei nelle location del libro. (Comunicato stampa)




Gaetano Rapisardi. Architetto 1893-1988
a cura di Clementina Barucci e Marco Falsetti, Campisano Editore, Roma 2022

* Il libro è stato presentato il 16 ottobre 2023 all'Accademia Nazionale di San Luca - Roma
www.accademiasanluca.it

Il volume si propone di far luce sull'opera del progettista siciliano ricostruendone un profilo quanto più possibile esaustivo, al fine di colmare una pagina rimasta troppo a lungo incompleta. Noto soprattutto per gli edifici della Sapienza - le Facoltà di Lettere e di Giurisprudenza - e per il grande complesso della piazza e della basilica del Don Bosco al Tuscolano degli anni Cinquanta, Gaetano Rapisardi è ricordato nella storiografia perlopiù come fidato collaboratore di Marcello Piacentini.

Tale inquadramento, a nostro avviso riduttivo, dimentica (e talvolta omette) la complessità dell'opera rapisardiana nonché l'interessante sfida tipologica che ha visto l'architetto confrontarsi con una eccezionale varietà di temi, specialmente nel periodo del dopoguerra quando Rapisardi, insieme al fratello Ernesto (spesso coautore delle opere), interrompe la collaborazione con il Maestro (mantenendo comunque rapporti molto cordiali). Si è cercato di restituire, attraverso questo studio, tutto il complesso del suo lavoro, che annovera oltre 150 opere conosciute ad oggi, alcune delle quali solo mediante riferimenti contenuti in carteggi o documenti d'archivio.

I progetti e le realizzazioni di Rapisardi interessano un arco temporale molto ampio, che va dall'inizio degli anni Venti fino ai primi anni Settanta, e che copre dunque oltre un cinquantennio di attività professionale. A fronte di una instancabile opera di disegno, di progettazione e di cantiere non si registra, sfortunatamente, un'altrettanta intensa produzione teorica (se si eccettua qualche relazione di progetto) alla qual cosa si deve l'equivoca interpretazione della sua opera.

Rapisardi fu infatti, per quanto ci è dato di sapere dalle rare testimonianze dirette raccolte, dedito soprattutto all'attività progettuale e di disegno, assorbito al punto dal non trovare il tempo di sistematizzare questa sua opera all'interno di un corpus teorico, il che non implica naturalmente che tali realizzazioni mancassero di "spessore critico", come è stato talvolta ingiustamente sotteso. Il volume è pubblicato con il supporto del Dipartimento di Storia disegno e restauro dell'architettura dell'Università di Roma "Sapienza". (Comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)




Piero Gobetti L'autobiografia della nazione
di Piero Gobetti, a cura di Cesare Panizza, Aras Edizioni 2023


Il libro è stato presentato il 29 maggio 2023 alla Biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia a Firenze
Introduce e presiede Cosimo Ceccuti; intervengono, con il curatore, Marino Biondi e Paolo Bagnoli
www.fondazionerossisalvemini.eu

Fra i più risoluti oppositori di Mussolini, Gobetti compendiò la sua lettura del fascismo nella famosa formula dell'"autobiografia della nazione". Nei suoi scritti, sullo sfondo di una riflessione storica e politica che sottolineava l'arretratezza culturale del paese e l'inadeguatezza delle sue classi dirigenti, il successo del fascismo era letto a riprova dell'immaturità politica degli italiani. Si trattava di una tendenza alla "servitù volontaria" sedimentatasi nelle fibre della nazione in assenza di quei processi di modernizzazione della società e della politica avviatisi in Occidente con la riforma protestante e la nascita del capitalismo. Paradossalmente, però, proprio per il suo carattere di "rivelazione", la lotta contro il fascismo poteva offrire l'occasione per una rigenerazione della nazione. La dittatura aperta che rappresentava l'aspirazione di Mussolini e del fascismo avrebbe infatti permesso la selezione di nuove élites politiche destinate a rigenerare il costume politico degli italiani in senso liberale e democratico. (Comunicato di presentazione Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini)




Copertina del libro Storia dell'arte in Europa scritto da Decio Gioseffi Decio Gioseffi
Storia dell'arte in Europa


* Libro presentato il 13 febbraio 2023 presso il Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia (Trieste)
www.triestecontemporanea.it

A distanza di trent'anni dalla sua stesura viene pubblicata una inedita Storia dell'arte in Europa raccontata da Decio Gioseffi con sensibilità non usuale al tempo in cui fu scritta. Prima presentazione dell'importante opera del grande storico dell'arte triestino, ora proposta nella collana «I libri di XY», diretta da Roberto de Rubertis, da Il Poligrafo di Padova e dall'Università di Trento ed edita con la partecipazione di Società di Minerva e Trieste Contemporanea: relatore sarà Valerio Terraroli, professore di Storia della critica d'arte all'Università di Verona, introdotto da Nicoletta Zanni, già professore di Storia della critica d'arte all'Università di Trieste e curatrice, assieme a Giuliana Carbi Jesurun, della edizione.

Fra i progetti di celebrazione del centenario della nascita di Decio Gioseffi (1919-2007), i promotori hanno ritenuto di estremo interesse lavorare su questo inedito e dare così alle stampe uno degli ultimi scritti dello studioso triestino che fu tra le personalità più rappresentative della cultura storico-artistica italiana della seconda metà del Novecento.

Il libro raccoglie esempi illustri della storia dell'arte europea attraverso i secoli - dalle grotte di Altamira al Rinascimento maturo (ed era prevista anche una continuazione fino alla seconda metà del ventesimo secolo) - e si occupa dell'intera filiera dell'arte occidentale, a partire dal rapporto con l'eredità dell'Antico e gli scambi con l'arte del Vicino Oriente, arrivando alle eccellenze che hanno generato e contraddistinto il Rinascimento italiano ed europeo. A corredo, sono state scelte alcune immagini tra quelle più emblematiche nelle sue lezioni universitarie introduttive e di metodo storico-artistico.

La modernità dell'applicazione alla narrazione storica dei fatti dell'arte da parte di Decio Gioseffi di un metodo operatorio proveniente dal mondo scientifico, discusso anche nel suo lungo sodalizio con Carlo Ludovico Ragghianti, ancor oggi affascina infatti in questo libro e si nutre della vasta conoscenza non solo specialistica dell'autore. Sicché i passaggi dedicati a collocare la produzione artistica nella società e nella storia sono cruciali e questa Storia dell'arte in Europa si dispiega in un ampio tessuto connettivo fatto di bellissime pagine che parlano anche di moda, letteratura, ingegneria e tecnologia, strategia militare, storia delle lingue.

Decio Gioseffi (Trieste 1919-2007), accademico dei Lincei, già membro e poi presidente (dal 1980 al 1989) del Comitato di Settore per i Beni Artistici e Storici presso il Ministero dei Beni Culturali (ex Consiglio Superiore di Belle Arti), dopo la laurea a Padova in Archeologia e storia dell'arte antica, dal 1943 all'Università di Trieste è stato prima assistente di Luigi Coletti e poi di Roberto Salvini, docente ed infine direttore dal 1964 al 1993 dell'Istituto di Storia dell'arte medioevale e moderna. Perspectiva artificialis: per la storia della prospettiva. Spigolature e appunti (Premio Olivetti 1957) inizia i suoi studi pionieristici sulla prospettiva e sulla rappresentazione dello spazio nell'arte, proseguiti nel 1960 con La cupola vaticana: un'ipotesi michelangiolesca (Premio IN/ARCH 1962) e con la monografia Giotto architetto (1963).

La presentazione triestina avviene con il patrocinio di ICOMOS Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti-Comitato Nazionale Italiano e con la collaborazione dell'associazione L'Officina e dell'Associazione Amici Dei Musei Marcello Mascherini ODV. Il volume è pubblicato, con il supporto della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, sotto gli auspici di Ministero della Cultura - Segretariato regionale per il Friuli Venezia Giulia; Università degli Studi di Trieste; Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vicenza; Fondazione Centro Studi sull'Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca; SISCA Società italiana di storia della critica d'arte, Roma; Archivio degli Scrittori e della Cultura Regionale, Università di Trieste. (Comunicato stampa Trieste Contemporanea)




Locandina per la presentazione del libro Gentilissima signora Aurelia Gentilissima signora Aurelia
a cura di Lucia Budini e Giuliana Carbi Jesurun, ed. Juliet editrice


Il libro è stato presentato il 28 gennaio 2023 allo Studio Tommaseo di Trieste
www.triestecontemporanea.it

Trieste Contemporanea presenta la seconda pubblicazione della collana libraryline dedicata a Miela Reina (Trieste 1935 -Udine 1972). Il libro pubblica per la prima volta una selezione delle lettere che Miela Reina scrisse alla madre Aurelia Cesari Reina, in fittissima sequenza, negli anni di formazione all'Accademia di Venezia, quindi, dall'autunno del 1955 all'autunno del 1959, data della laurea.

L'interessantissimo epistolario vede la luce, grazie alla trascrizione e all'ordinamento dei manoscritti conservati nell'archivio privato delle famiglie Budini Reina. Sono carte molto speciali poiché contengono molti disegni e bozzetti che si è deciso di riprodurre nel testo delle lettere, aggiungendo una parte di immagini e fotografie provenienti dall'archivio familiare e di riferimenti (grazie alle immagini gentilmente concesse dall'Archivio fotografico ERPAC - Servizio catalogazione, promozione, valorizzazione e sviluppo del territorio, dalla Fondazione CRTrieste e dall'Archivio fotografico del Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna di Trieste) ai dipinti citati nel testo, dei quali nel racconto epistolare alla mamma si seguono giorno per giorno le fasi di realizzazione.

Il libro è occasione per conoscere una inedita Miela Reina, giovanissima, versatile e gioiosa nell'apprendere a tutto campo, non solo la pittura al corso di Bruno Saetti (lo spaccato della vita degli studenti fuori sede del tempo è vivacissimo), ma anche dalle molte letture e frequentazioni della vita culturale veneziana (dal cinema al teatro ai concerti) e dai viaggi (in Francia a conoscere Chagall e in Spagna per lavorare alla tesi di laurea sulla pittura castigliana). Questa studentessa diventerà da lì a poco una dei più originali e attenti artisti italiani in dialogo avvincente e autorevole con le tendenze internazionali dell'arte degli anni Sessanta e Settanta - e proprio leggendo queste lettere e le modalità della sua partenza verso l'arte dei grandi c'è ancora il rimpianto che la sua breve vita non le abbia permesso di donarci più a lungo la sua immaginifica creatività: poiché fu "autrice di una vivacissima stupefatta visione del mondo, di una attonita e apocalittica kermesse non eroica" come ebbe a scrivere l'amico e grande estimatore Gillo Dorfles.

Gentilissima Signora Aurelia vuole contribuire a far meglio conoscere una delle figure artistiche più alte della nostra regione e a renderle omaggio. Alla presentazione di sabato, che verrà proposta anche in streaming, in dialogo con le curatrici saranno Paola Bonifacio, storica dell'arte autrice di Miela Reina, la prima monografia sull'artista edita da Mazzotta nel 1999, e (in videoconferenza) Marina Beer, scrittrice e saggista che hanno contribuito all'interpretazione della creatività e degli affetti di Miela Reina a Venezia con due testi pubblicati nel libro in forma di postfazione.

Gentilissima Signora Aurelia è il secondo volume di libraryline, una nuova collana editoriale della Biblioteca di Trieste Contemporanea che raccoglie testi inediti e prime traduzioni di artisti o di autori che hanno contribuito all'arte visiva contemporanea europea o alla sua comprensione. Con la collana, coordinata dalla direttrice della Biblioteca di Trieste Contemporanea Elettra Maria Spolverini (che introdurrà l'incontro di presentazione) e firmata dalla grafica triestina Giulia Lantier, si concretizza una idea di divulgazione della storia dell'arte contemporanea molto cara al comitato triestino, e anche si intercetta e continua un'altra delle missioni prioritarie di Trieste Contemporanea, prevalentemente conosciuta per lo sguardo che da più di un quarto di secolo rivolge alla produzione di arte visiva contemporanea dei paesi dell'Europa dell'Est.

Un mandato, per così dire di reciprocità rispetto all'importazione della conoscenza della cultura artistica ad Est di Trieste: offrire l'opportunità di approfondire all'esterno le espressioni internazionali della produzione di pensiero e di cultura del nostro territorio. Tra le attività svolte in questo segmento merita ricordare le pubblicazioni su e di Sergio Miniussi, la monografia di Marco Pozzetto sugli architetti Berlam, i film documentari su Leo Castelli e su Leonor Fini e si può già anticipare l'ultima iniziativa che verrà resa pubblica in febbraio: la partecipazione alla pubblicazione dell'inedita e importantissima Storia dell'arte in Europa del grande storico dell'arte triestino Decio Gioseffi. (Comunicato stampa)




Atelier di Carlo Fontana con opere in lavoro  Dipinto a olio su tela di cm 50 x 50 denominato Solidi a base rettangolare realizzato da Carlo Fontana nel 2020 Poligoni platonici
di Carlo Fontana, Juliet Editrice, gennaio 2023, testo critico di Gabriele Perretta, progetto grafico di Piero Scheriani, pagg 40 + cover con alette
www.juliet-artmagazine.com

* Presentazione e diffusione in anteprima in occasione della 46° edizione di Arte Fiera, a Bologna, nello stand Juliet, nelle giornate del 2, 3, 4, 5 febbraio 2023.

Poligoni platonici è la quinta pubblicazione che Juliet Editrice dedica al lavoro di Carlo Fontana, con immagini commentate e testo critico di Gabriele Perretta. Carlo Fontana (Napoli, 1951), vive a Casier (Treviso). Si è diplomato all'Accademia di BB.AA. di Napoli, nel corso di pittura con il maestro Domenico Spinosa. Dopo aver esordito con happening dalla fissità teatralizzata e con attività estetica nel territorio, in concomitanza alle teorie formulate negli anni Settanta da Enrico Crispolti, nel decennio successivo inizia un percorso pittorico che vede il colore e la ricerca della luce al centro della sua opera. Sue opere sono presenti, a Trieste, presso la sede della Soprintendenza, nel palazzo storico dell'ITIS e al Museo Diocesano (ex Seminario), a Bologna presso la Collezione Zavettini e nel circuito nazionale sloveno presso la Galerija Murska Sobota.

Tra i critici che si sono occupati del suo lavoro si ricordano: Francesca Agostinelli, Giulia Bortoluzzi, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Enrico Crispolti, Edoardo Di Mauro, Pasquale Fameli, Robert Inhof, Emilia Marasco, Gabriele Perretta, Alice Rubbini, Maria Luisa Trevisan, Roberto Vidali.

La prima testimonianza, prodotta da Juliet Editrice, ancora nel lontano 1999, fu un libro d'artista di formato quadrato, con copertina rossa e con testo introduttivo firmato da Roberto Vidali. Lì si parlava della natura figurativa dell'opera di Carlo Fontana, dell'uso quasi matissiano del colore, della scomposizione dell'immagine che era in debito con la poetica cubista della prima ora, ma ci soffermava anche a dare una giustificazione storica di un lavoro che di primo acchito poteva sembrare povero d'intenti e di idee, mentre dietro c'era tutto un percorso storico, una linea continua che procedeva dalle prime esperienze operate nel sociale e sul territorio, assieme al gruppo degli Ambulanti, nel corso degli anni Settanta.

In questo caso, invece, il catalogo, a parte un excursus storico di immagini (tutte spiegate ed analizzate con testi lapidari) propone solo un insieme di opere che dobbiamo prosaicamente definire astratto-geometriche e che fanno parte della più recente produzione dell'autore. Gabriele Perretta, nel ricostruire il percorso di questo autore, parte dalla prima performance/azione conosciuta di Carlo Fontana: siamo nel 1974, "Fate l'amore non la guerra", dove solo la sottrazione di una virgola distingue questo titolo dallo slogan in voga negli anni Settanta e che si rifaceva alle guerre di liberazione del Terzo Mondo in secundis e alla guerra del Vietnam in primis, una guerra rovinosa che si concluderà appena l'anno successivo.

L'aggancio, sottolineato da Perretta, va poi, al 1975, con le prime azioni sul territorio di Napoli, progettate assieme al gruppo degli Ambulanti, dove le tessere di mosaico che l'autore distribuiva alle persone che lo avvicinavano, sono già anticipazione di quelle macchie di colore che oggi ritroviamo nei suoi quadri. Ora che la figura che Carlo Fontana interpreta (nelle sfilate del Quartiere Bagnoli di Napoli o di Piazza San Marco a Venezia) fosse quella dell'acquaiolo (di napoletana memoria) o fosse quella afro-napulitana di un povero portatore d'acqua, quello che conta è che il colore era testimonianza già presente e fondante fin da quei lontani anni Settanta, quando nell'arte internazionale il dominio maggiore era quello del bianco e nero (si pensi alle foto di Gilbert & George, di Bernd & Hilla Becher, di Urs Lüthi, di Joseph Beuys e così via).

In questo modo Gabriele Perretta ci fa toccare con mano le ragioni storiche del lavoro di Carlo Fontana, mentre allo stesso tempo sottolinea come il nome di Enrico Crispolti, a cornice di quella situazione culturale (si pensi alla X Quadriennale del 1975, alla Biennale di Venezia del 1976, alla Biennale di Gubbio, nel 1979) non sia stato dei più appropriati perché in realtà non ha saputo valorizzare il lavoro dei singoli autori, preferendo fotografare un fenomeno dalla portata collettiva, spesso però confondendone il valore dei singoli apporti individuali. (Estratto da comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Atelier di Carlo Fontana con opere in lavoro, ph courtesy Juliet
2. Carlo Fontana, Solidi a base rettangolare, 2020, olio su tela, cm 50x50, ph courtesy Juliet




Dipinto a olio su tela di cm 40x60 denominato Guardando a Est e Ovest relizzato da Antonio Sofianopulo 2002 Roberto Vidali davanti a una tela di Zivko Marusic in una foto di Eugenio Vanfiori Copertina di Tre bacche di rovo "Tre bacche di rovo"
di Roberto Vidali, Juliet Editrice, dicembre 2022, pagg 92, extra issue Juliet n 210 / dicembre, pubblicazione con apparati iconografici, copertina di Antonio Sofianopulo, progetto grafico di Piero Scheriani

Questo fascicolo firmato da Roberto Vidali è l'ennesima testimonianza della "proteo-scrittura" che l'autore pratica fin dal 1980, alla ricerca di una terra dove ancorarsi, il che non va letto come motivo di immaturità o di evoluzione, ma di ricerca e di attenzione alla diversità. Questo testo mette insieme più modalità: una presunta tipologia da manuale di storia dell'arte (scorrevole e con analisi precise e puntuali dei fatti) con istanze da mente critica che conduce a paragoni tra situazioni simili e ad affioramenti nella contemporaneità, dove si trovano idee personalissime e riscontri soggettivi.

Gli intrecci e i rimandi sono molteplici ed è sì questa una pratica diffusa all'interno della critica contemporanea, ma forse non praticata con una modalità così variegata, nel senso che il magma che affiora da questa narrazione indica dei pensieri ossessivi, sebbene non sempre gli esempi offerti o i punti di meditazione siano messi sulla carta per dare la certezza della risposta. Uno dei temi ricorrenti dell'intero sviluppo narrativo, è quello della "classicità" ovvero di una possibile istanza classica presente nel mondo contemporaneo, un mondo che è stato costruito sui palazzi abbattuti dalle avanguardie storiche e di cui noi viviamo l'eredità. E quali sono le radici di queste avanguardie? Quali le radici della poetica di Duchamp e del successivo lavoro concettuale di Kosuth?

Ecco, l'autore ci dà quattro nomi: Seurat, van Gogh, Gauguin, Cézanne. E approfondisce la loro importanza con la lettura di una singola opera. L'aspetto insolito di questo testo sono le note, una specie di racconto parallelo e di lunghezza pari a un quinto dei tredici capitoli in cui è suddiviso il libro. Le note non sono stilate in maniera accademica (con gli op.cit. e gli ibidem e il rinvio alle pagine specifiche), perché bisogna domandarsi: quanti sono quelli che nel leggere un saggio sentono veramente il bisogno di andare a cercare il confronto col testo a cui rinvia la nota? Meglio, allora, una nota che aiuta ad approfondire o rinvia a un ulteriore collegamento invece di trovarsi alla sterile informazione di un titolo, di una pagina, di un anno di pubblicazione. Perciò, molte sono le domande che vengono poste e poche sono le risposte che vengono date, proprio per lasciare la possibilità a ogni lettore di cercare di proseguire con i propri piedi un percorso di approfondimento.

Tutto ciò può essere utile, senza pretendere che il metodo sia democratico o partecipativo, perché ogni testo è, innanzitutto, una testimonianza del proprio pensiero, e questo testo firmato da Roberto Vidali non è da meno. Questa pubblicazione, con solo sette immagini che ne illustrano il percorso narrativo, dedica la copertina al lavoro di Antonio Sofianopulo, come modello ed esempio di una pittura che si fa punto interrogativo della contemporaneità. "Tre bacche di rovo" verrà diffuso e distribuito al BAF (Bergamo, 13, 14, 15 gennaio 2023) e ad Arte Fiera (Bologna, 3, 4, 5 febbraio 2023)

Roberto Vidali (Capodistria, 1953) dal 1955 risiede, più o meno, a Trieste. Dopo aver compiuto gli studi presso l'Accademia di BB.AA. di Napoli si è dedicato alla promozione dell'arte contemporanea. Dal 1975 al 1987 è stato direttore esecutivo per la sezione arti figurative del Centro La Cappella di Trieste, dove ha curato quarantaquattro mostre, tra le quali ricordiamo quelle di Riccardo Dalisi, Giuseppe Desiato, Stefano Di Stasio, Živko Marušic. Dal 1979 al 1985 ha collaborato alla pagina culturale del quotidiano "Il Piccolo" e dal 1980 è direttore editoriale della rivista Juliet.

Ha inoltre firmato svariate pubblicazioni; tra le altre: "L'uva di Giuseppe" (1986), "Uhei, uistitì" (1988), "Sul Filomarino slittando" (1990), "Bestio!" (1993), "Merlino, pinturas" (1993), "Massini, énkaustos" (1994), "Sofianopulo, quadros" (1994), "Oreste Zevola, rosso tango" (1994), "Mondino, tauromania" (1995), "Barzagli, impressos" (1995), "Libellule" (1995), "Perini, photos" (1996), "Notturno, setas" (1996), "Ascoltatemi!" (1997), "Kastelic, cadutas" (1997), "Damioli, Venezia New York" (1998), "Onde di formiche a far filari" (1998), "Carlo Fontana" (1999), "Topin meschin" (1999), "Giungla" (1999), "No, non è lei" (2003), "Mamma, vogghiu fa' l'artista" (2007), "Otto fratto tre" (2010).

A seguire "I pensieri di Giacomino Pixi", pubblicato nel 2012. Dal 1991 è coordinatore per l'attività espositiva dell'Associazione Juliet nella cui sede ha presentato innumerevoli artisti; tra gli altri si segnalano: Piero Gilardi, Marco Mazzucconi, Maurizio Cattelan, Ernesto Jannini, Paola Pezzi, Luigi Ontani, Enrico T. De Paris, Alberto Garutti, Mark Kostabi, Massimo Giacon, Cuoghi Corsello, Aldo Mondino, Aldo Damioli, Botto & Bruno, Bonomo Faita. Nel 1994 ha partecipato alla realizzazione della pagina culturale del quotidiano "La Cronaca" e nel 1997 ha pubblicato alcune interviste sulla pagina culturale de "Il Meridiano". Dal 1998 al 2010 è stato direttore incaricato della PARCO Foundation di Casier. Dal novembre del 2000 e fino alla sua chiusura ha collaborato al mensile "Network Caffé", dal 2005 e fino al 2009 ha collaborato con il mensile "Zeno". (Comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Antonio Sofianopulo, Guardando a Est e Ovest, 2002, olio su tela cm 40x60, Ph courtesy Victor Saavedra, Barcelona 2. Copertina di "Tre bacche di rovo"
3. Roberto Vidali, davanti a una tela di Živko Marušic, in una foto di Eugenio Vanfiori




Dopo Terra Matta
Incontro con Giovanni Rabito


Il romanzo della vita passata
di Vincenzo Rabito, testo rivisto e adattato da Giovanni Rabito, ed. Einaudi

Presentazione libro il 29 settembre 2022 alla Sala Giuseppe Di Martino a Catania

A cura dei Centri Culturali Gruppo Iarba, Fabbricateatro e Le stelle in tasca, si svolgerà un incontro con Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, autore di Terra Matta. Nell'occasione, sarà presentato Il romanzo della vita passata, secondo dattiloscritto autobiografico di Vincenzo Rabito, una nuova riscrittura della sua vita a tutt'oggi interamente inedita e successiva alla prima stesura pubblicata sempre da Einaudi nel 2007. Discuteranno, insieme al curatore di Il romanzo della vita passata, delle peculiarità che attribuiscono un'importanza particolare alla seconda stesura autobiografica, Nino Romeo, Daniele Scalia e Orazio Maria Valastro. Graziana Maniscalco leggerà una selezione di brani dell'opera.

Scrive Giovanni Rabito nella prefazione: «Come ben sanno i lettori di Terra matta, mio padre non è mai andato a scuola. Ha imparato a leggere e a scrivere da solo, come da solo ha imparato il mestiere di vivere e l'arte di lavorare duro per vivere meglio. Allo stesso modo, da solo, ha imparato a usare la macchina da scrivere, uno strumento tecnologicamente avanzato almeno per i suoi tempi, e infine a diventare scrittore: scrittore della sua vita, del suo paese natale, della sua gente e forse addirittura del suo secolo».

Vincenzo Rabito (Chiaramonte Gulfi, 1899-1981), «Ragazzo del '99», è stato bracciante da bambino, è partito diciottenne per il Piave, ha fatto la guerra d'Africa e la Seconda guerra mondiale. È stato minatore in Germania, poi è tornato in Sicilia, dove si è sposato e ha allevato tre figli. Il suo Terra Matta ha vinto il «Premio Pieve» nel 2000, ed è conservato presso la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.

Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, nasce nel 1949 a Chiaramonte Gulfi in Sicilia, e risiede attualmente a Sydney in Australia. Nel 1967 inizia i suoi studi universitari di Giurisprudenza a Messina, trasferendosi in seguito a Bologna nel 1968. In quegli anni prende parte al movimento letterario italiano della Neoavanguardia, il Gruppo 63 costituitosi a Palermo nel 1963. Scrive poesie pubblicate in riviste letterarie come Tèchne, fondata nel 1969 da Eugenio Miccini come laboratorio dello sperimentalismo verbo-visivo legato all'esperienza del Gruppo 70, e Marcatré, rivista di arte contemporanea, letteratura, architettura e musica, fondata e diretta da Eugenio Battisti nel 1963. Condivide con il padre la passione per la scrittura. Grazie a Giovanni Rabito, il dattiloscritto del padre intitolato Fontanazza, la storia di vita di un uomo che ha attraversato il novecento italiano, è presentato nel 1999 all'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Fontanazza è stato premiato nel 2000, e pubblicato con il titolo Terra Matta nel 2007. (Comunicato stampa)




Uno Stato senza nazione
L'elaborazione del passato nella Germania comunista (1945-1953)
di Edoardo Lombardi, ed. Unicopli, 2022, p. 138, euro 18.00


Il libro è stato presentato il 29 settembre 2022 presso Lo Spazio (Pistoia)
www.lospaziopistoia.it

Lo Spazio Pistoia, in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Pistoia presenta il saggio. Ne discuterà con l'autore Stefano Bottoni (Università di Studi di Firenze). Provata dall'esperienza del secondo conflitto mondiale e con un passato difficile da elaborare, la Germania entrava nel 1945 in uno dei periodi più complessi della sua storia, divisa e occupata dalle potenze alleate vincitrici. In questo nuovo contesto, i comunisti tedesco-orientali riconobbero immediatamente nella storia uno strumento per legittimare il proprio ruolo di guida delle masse. Una consapevolezza che, con la nascita della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949, portò la SED (ovvero il Partito socialista unificato di Germania, che per quarant'anni fu la compagine politica dominante nella Germania Est) a trasformare la storia in uno strumento istituzionale.

Essa divenne infatti la base fondante per legittimare l'esistenza del «primo Stato socialista sul suolo tedesco», riplasmando e in certi casi reinventando il passato. Erano i primi passi di uno Stato senza Nazione, il cui tentativo di appropriazione della storia andò realizzandosi in modo molto graduale e non senza difficoltà, come questo libro racconta, seguendone dettagliatamente gli sviluppi.

Edoardo Lombardi è dottore magistrale in Scienze storiche presso l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2018 collabora con l'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Pistoia (Isrpt), per il quale svolge attività di ricerca e di didattica sul territorio. Nel 2020 entra a far parte della redazione del periodico dell'istituto, «Farestoria. Società e storia pubblica». I suoi interessi di studio riguardano soprattutto la storia culturale della Germania e dell'Italia in Età contemporanea, con particolare attenzione alle politiche culturali della Repubblica democratica tedesca. (Comunicato stampa)




Copertina del libro Matthias Schaller Matthias Schaller - Horst Bredekamp
Ad omnia: Sull'opera del veronauta Matthias Schaller

ed. Petrus Books, 862 fotografie, 156 pagine, hardcover, 32.5x21.5 cm, 2022, edizione tedesca-italiana (dal 3 maggio)

Anche se non appaiono quasi mai gli esseri umani sono onnipresenti nelle fotografie di Matthias Schaller (Dillingen an der Donau, 1965). Con grande precisione e sensibilità, l'artista ha creato in oltre vent'anni di attività, un universo fotografico senza precedenti: ritratti "ambientali", ensemble di oggetti e spazi che raccontano le persone. Che si tratti di studi d'artista, di interni domestici, di teatri, di tavolozze e strumenti o di abiti, le sue serie fotografiche trasmettono l'idea che i segni che lasciamo sulla realtà dicano tanto su una persona quanto la sua presenza fisica.

Accanto alle attuali mostre Porträt al Kunstpalast di Düsseldorf e Antonio Canova a cura di Xavier F. Salomon ai Musei Civici di Bassano del Grappa, Matthias Schaller ha presentato il libro edito da Petrus Books, casa editrice di Schaller, con un saggio di Horst Bredekamp (Kiel, 1947), Professore di Storia dell'arte alla Humboldt-Universität di Berlino. Un libro che attraverso 862 fotografie racconta gli ultimi vent'anni della sua attività di fotografo ed editore, e che idealmente si ricollega alla pubblicazione del 2015 (Steidl Publisher) con un testo/intervista di Germano Celant dal titolo Matthias Schaller, in cui venivano raccontati i suoi primi dieci anni di attività dal 2000 al 2010. Tra gli autori che hanno collaborato collaborato per le pubblicazioni di Matthias Schaller sono Julian Barnes (London), Andreas Beyer (Basel), Gottfried Boehm (Basel), Germano Celant (Milano), Mario Codognato (Venezia), Xavier F. Salomon (New York City), Thomas Weski (Berlin).

Matthias Schaller ha studiato antropologia visiva presso le Università di Hamburg, Göttingen e Siena. Si laurea con una tesi sul lavoro di Giorgio Sommer (Frankfurt, 1834 - 1914 Napoli), uno dei fotografi di maggior successo dell'Ottocento. Il lavoro di Schaller è stato esposto, tra gli altri, al Museo d'Arte Moderna di Rio de Janeiro, al Wallraf-Richartz Museum di Köln, al Museum Serralves di Porto e al SITE di Santa Fe. Nel 2022 oltre alle mostre inaugurate Porträt e Antonio Canova, sono di prossima apertura Das Meisterstück presso Le Gallerie d'Italia a Milano (30 giugno), Matthias Schaller alla Kunstverein Schwäbisch Hall (28 ottobre). (Comunicato stampa Lara Facco P&C)




Communism(s): A Cold War Album
di Arthur Grace, introduzione di Richard Hornik, 192 pagine, 121 immagini b&n, cartonato in tela, aprile 2022
www.damianieditore.com

Grazie ad un raro e prezioso visto da giornalista, il fotografo americano Arthur Grace ha potuto valicare ripetutamente la Cortina di Ferro durante gli anni '70 e '80 e documentare un mondo che a lungo è stato celato all'occidente. Communism(s): A Cold War Album è una raccolta di oltre 120 fotografie in bianco e nero realizzate da Grace in quel periodo e per la maggior parte fino ad oggi inedite. Questi scatti, realizzati in Unione Sovietica, Polonia, Romania, Jugoslavia e Repubblica Democratica Tedesca, restituiscono il costante e a tratti crudele rapporto tra la claustrofobica irregimentazione di stato e la (soffocata) voglia di contatti con il mondo esterno della popolazione.

Nelle fotografie di Grace emerge forte il contrasto tra la propaganda di regime fatta di simboli e architetture che rimandano ad un'idea di grandezza ed efficienza e le difficoltà della vita quotidiana fatta di lunghe file per l'approvvigionamento del cibo. Il libro è arricchito da un'introduzione scritta da Richard Hornik, ex capo dell'ufficio di Varsavia della rivista Time.

Arthur Grace ha realizzato servizi fotografici in tutto il mondo per i magazine Time e Newsweek. Suoi lavori sono apparsi anche in molte altre riviste, tra cui Life, The New York Times Magazine, Paris Match e Stern. Prima di Communism(s): A Cold War Album, Grace ha pubblicato altri cinque libri fotografici; ha esposto in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e all'estero; sue opere fotografiche sono incluse nelle collezioni permanenti di importanti istituti tra cui il J. Paul Getty Museum, la National Portrait Gallery e lo Smithsonian. (Comunicato ufficio stampa Damiani Editore)




Copertina del libro Guttuso e il realismo in Italia Guttuso e il realismo in Italia, 1944-1954
di Chiara Perin, Silvana Editoriale, Collana Studi della Bibliotheca Hertziana, 2020

Il libro è stato presentato il 13 aprile 2022 alla Accademia Nazionale di San Luca (Roma)

Alla caduta del fascismo anche gli artisti dovettero affrontare nuovi e dilemmi. Quale linguaggio per manifestare il proprio impegno civile? Come interpretare la lezione dei maestri italiani, di Picasso e delle avanguardie? Avventurarsi nel terreno dell'astrazione o ripiegare sulle forme rassicuranti del realismo? Il volume indaga questi e analoghi interrogativi alla luce delle esperienze figurative maturate in Italia tra 1944 e 1954.

L'ambiente romano trova particolare risalto: lì, infatti, si concentravano i dibattiti più vitali grazie alla presenza del capofila realista, Renato Guttuso. Limitando la ridondanza delle coeve pagine critiche a vantaggio dell'analisi di opere e contesto, acquistano evidenza gli aspetti meno noti del movimento: i modelli visivi, i generi ricorrenti, le controversie tra i tanti esponenti. In appendice, una fitta cronologia consente al lettore di seguire da vicino eventi e polemiche del decennio. (Estratto da comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)




Locandina per la presentazione del libro Eolie enoiche Eolie enoiche
Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra

ed. DeriveApprodi, 2022, p. 192, euro 16,00

Il libro è stato presentato il 26 febbraio 2022 alla libreria Lo Spazio (Pistoia)

Isole Eolie, un arcipelago da sogno. Nino Caravaglio, 57 anni, vignaiolo di Salina, sincero, appassionato, testardo, sensibile. Protagonista della viticultura eoliana, da oltre trent'anni lavora al recupero di vigne e vitigni, contribuendo a ridare forma a un paesaggio agricolo fatto di vecchie tecniche e nuove pratiche, relazioni umane solidali e sensibilità ambientale. Nino è un vignaiolo tout-court, di quelli che non si siedono mai e il loro vino deve sempre mirare all'eccellenza senza mai essere modaiolo perché rispecchia l'unicità di queste terre.

Dodici ettari di vigna divisi in quasi 40 appezzamenti: 40 campi da seguire, 40 potature, 40 vendemmie seguendo le stagioni (si parte in agosto dal mare e si sale poi sugli altipiani). Corinto nero e Malvasia i vitigni principali, da soli o mescolati con cataratto, nerello mescalese, calabrese, perricone. Alcuni dei nomi che Nino ha dato alle varie vinificazioni sono da soli poesia: Occhio di terra, Nero du munti, Infatata, Scampato, Inzemi, Abissale, Chiano cruci...

Le vigne di mare delle Eolie - quelle di Caravaglio e di altri coraggiosi precursori, le cui storie si intrecciano nel libro di Simonetta Lorigliola - hanno le radici nei crateri dei vulcani o negli appezzamenti a strapiombo sul mare, ma i loro occhi sono puntati sulla terra. Perché nelle storie di chi torna ad abitare con vitalità aree impervie dell'Italia e del pianeta stanno le premesse non solo di nuove agricolture, ma anche di nuove ecologie e forme di vita.

Libro presentato da Simonetta Lorigliola e Nino Caravaglio. Modera l'incontro Cesare Sartori. A seguire degustazione dei vini Infatata e Occhio di Terra (Malvasia), Nero du Munti (Corinto Nero).

Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di cultura materiale. È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l'Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista "EV Vini, cibi, intelligenze" e nel progetto di contadinità planetaria t/Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana.

Ha diretto "Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia". Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Caporedattrice e Responsabile delle Attività culturali. Con DeriveApprodi ha pubblicato "È un vino paesaggio.Teorie e pratiche di un vignaiolo planetario in Friuli" (2018) ed "Eolie enoiche. Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra" (2020). Scrive di vino come intercessore culturale di storie, utopie e progetti sensibili. (Estratto da comunicato stampa)

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The Rough Guide - Sicilia
Guida turistica di Robert Andrews, Jules Brown, Kate Hughes
Recensione




1989 Muro di Berlino, Europa
www.iger.org

Quaderno della Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, a cura di Roberto Ventresca e Teresa Malice, pubblicato per Luca Sossella Editore. Un racconto corale che raccoglie i contributi, gli spunti, le riflessioni delle voci di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto internazionale Breaching the Walls. We do need education! Un progetto internazionale dedicato alla rielaborazione critica, attraverso un coinvolgimento plurale di istituzioni e cittadini, della storia e della memoria della caduta del Muro di Berlino e degli eventi da questa scatenati.

Risultato tra i progetti vincitori, nel programma Europa per i cittadini 2014-2020, del bando Memoria europea 2019, è stato promosso dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, in qualità di capofila, unitamente a 5 partner europei: l'Università di Bielefeld, l'Institute of Contemporary History di Praga, il Comune di Tirana, l'Associazione Past/Not Past di Parigi e l'History Meeting House di Varsavia. (Comunicato stampa)




Copertina del libro Dario Argento Due o tre cose che sappiamo di lui Dario Argento
Due o tre cose che sappiamo di lui


a cura di Steve Della Casa, ed. Electa e Cinecittà, pagg. 160, cm 24x30, ita/ing, 80 illustrazioni a colori, 28 euro
In libreria dal 12 ottobre 2021

Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico capace di dedicarsi a generi come il giallo, il thriller e l'horror creando un proprio universo visivo ed espressivo, Dario Argento si configura tra i registi italiani più noti al mondo. Il volume monografico a lui dedicato è pubblicato da Electa e Cinecittà, in occasione della rassegna cinematografica organizzata da Cinecittà in collaborazione con il Lincoln Center che verrà inaugurata il prossimo anno a New York e durante la quale saranno proposti 17 film originali integralmente restaurati.

Curato da Steve Della Casa, noto critico cinematografico, il volume vuole rendere omaggio ai tratti distintivi del cinema di Dario Argento attraverso una raccolta di interventi di autori di rilievo internazionale -da Franco e Verdiano Bixio a John Carpenter, da Steve Della Casa a Jean-François Rauger, a George A. Romero e Banana Yoshimoto-. Il risultato è una polifonia di voci dal carattere eterogeneo, tra cui due interviste inedite e conversazioni con il regista, che offrono al lettore la possibilità di confrontarsi con le testimonianze di chi ha vissuto il "fenomeno Dario Argento" in prima persona e di coglierne gli elementi più originali che hanno rivoluzionato il panorama cinematografico mondiale.

Argento si colloca infatti fra le figure più interessanti del cinema contemporaneo, su scala internazionale. Ne sono testimonianza la capacità di sviluppare una sintesi personalissima dell'estetica e delle novità emergenti durante gli anni Sessanta, che vedono un progressivo ridursi della centralità del grande schermo a vantaggio di nuove soluzioni tecnologiche. Nelle sue pellicole emerge un uso sorprendente della cinepresa a mano mescolato con virtuosismi da cinema tradizionale, così come un'attenzione quasi maniacale per la colonna sonora, vera protagonista dei suoi film che spesso raggiunge livelli di notorietà altissimi.

Rintracciamo nel suo modo di girare un linguaggio che si evolve in continuazione, fino a contaminarsi esplicitamente con quello delle clip musicali e scelte di produzione di avanguardia, come lavorare sempre con un casting di artisti internazionali, peculiarità che ricorre raramente nel panorama del cinema italiano. Tema centrale è poi il trionfo della visionarietà a scapito della sceneggiatura, tratto che contraddistingue la libertà creativa del cinema di Dario Argento, capace di generare nel pubblico un'attenzione quasi ipnotica ed un forte impatto visivo. Il volume si conclude con una filmografia completa e l'elenco delle sceneggiature scritte per altri film, insieme ad un ricco apparato fotografico del dietro le quinte delle produzioni più memorabili, tra cui Suspiria (1977), Il gatto a nove code (1971), Profondo rosso (1975), Phenomena (1985). (Comunicato ufficio stampa Electa)

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David Hemmings nel film Profondo Rosso diretto da Dario Argento




Copertina del libro Un calcio alla guerra Un calcio alla guerra, Milan-Juve del '44 e altre storie
di Davide Grassi e Mauro Raimondi

Il libro è stato presentato il 9 ottobre 2021 presso l'Associazione Culturale Renzo Cortina a Milano

A settantasei anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, Davide Grassi e Mauro Raimondi, da sempre interessati agli intrecci tra storia e sport, hanno unito le loro passioni per creare un libro di impegno civile. "Un calcio alla guerra" narra di storie individuali e collettive che esaltano il coraggio e l'abnegazione dei molti sportivi coinvolti nell'assurdità della guerra. Vicende di persone che sono passate dal campo di calcio alla lotta per la Liberazione, in qualche caso pagando con la vita.

Storie vissute in bilico tra pallone e Resistenza al nazifascismo come quelle di Bruno Neri, Giacomo Losi, Raf Vallone, Carlo Castellani, Michele Moretti, Antonio Bacchetti, Dino Ballacci, Cestmir Vycpalek, "Cartavelina" Sindelar, Erno Erbstein, Arpad Weisz, Géza Kertész, Gino Callegari, Vittorio Staccione, Edoardo Mandich, Guido Tieghi, e Alceo Lipizer, solo per citare i più celebri. Le incredibili partite giocate tra partigiani e nazisti, come quella che si disputò a Sarnano nel maceratese nel 1944, o quelle fra reclusi nei lager e i loro aguzzini, vere e proprie partite della morte, a cui si ispirò il film di John Houston, "Fuga per la vittoria", passando per un episodio che pochi conoscono: il rastrellamento avvenuto dopo la partita fra Milan e Juventus del 2 luglio 1944, correlata da una accurata ricerca d'archivio.

Senza trascurare i protagonisti di altri sport. Tra i tanti Alfredo Martini, partigiano che diventò commissario tecnico della Nazionale italiana di ciclismo, il pallanuotista e rugbista, Ivo Bitetti, fra coloro che catturarono Benito Mussolini in fuga, il ciclista tedesco Albert Richter, che aiutò gli ebrei a scappare e venne impiccato, i tanti pugili costretti a combattere per la vita sul ring di Auschwitz per il divertimento dei loro kapò o che si ribellarono lottando alla guerra nazifascista, come Leone Jacovacci, Lazzaro Anticoli, Pacifico di Consiglio e Settimio Terracina.

Interverranno gli autori e Marco Steiner, figlio di Mino Steiner, il nipote di Giacomo Matteotti protagonista di uno dei racconti del libro, che per la sua attività nella Resistenza venne deportato e assassinato in campo di concentramento. Questo libro è dedicato a tutte le persone che hanno sognato un pallone, dei guantoni, una sciabola, un paio di sci, un'auto da corsa, una piscina o una pista d'atletica insieme alla libertà. Con l'obiettivo di ricordare, per dare un calcio alla guerra.

Davide Grassi, giornalista pubblicista, ha collaborato con diversi quotidiani nazionali, tra cui il Corriere della Sera, e con magazine di calcio e radio. Ha scritto e curato diversi libri soprattutto di letteratura sportiva, ma anche di storia della Seconda guerra mondiale e musica. Con il suo primo libro nel 2002 ha vinto il premio "Giornalista pubblicista dell'anno" e nel 2003 è stato premiato come "L'addetto stampa dell'anno". Il suo sito è www.davideg.it

Mauro Raimondi, per molti anni insegnante di Storia di Milano, sulla sua città ha pubblicato Il cinema racconta Milano (Edizioni Unicopli, 2018), Milano Films (Frilli, 2009), Dal tetto del Duomo (Touring Club, 2007), CentoMilano (Frilli, 2006). Nel 2010 ha inoltre curato la biografia del poeta Franco Loi in Da bambino il cielo (Garzanti). Nella letteratura sportiva ha esordito nel 2003 con Invasione di campo. Una vita in rossonero (Limina).

Davide Grassi e Mauro Raimondi insieme hanno pubblicato Milano è rossonera. Passeggiata tra i luoghi che hanno fatto la storia del Milan (Bradipolibri, 2012) e Milan 1899. Una storia da ricordare (El nost Milan, 2017). Insieme ad Alberto Figliolia, hanno pubblicato Centonovantesimi. Le 100 partite indimenticabili del calcio italiano (Sep, 2005), Eravamo in centomila (Frilli, 2008), Portieri d'Italia (A.car Edizioni, 2013, con 13 tavole di Giovanni Cerri) e Il derby della Madonnina (Book Time, 2014). Nel 2019 hanno partecipato alla raccolta di racconti Milanesi per sempre (Edizioni della Sera). (Comunicato stampa)




Copertina del libro Sparta e Atene _ Autoritarismo e Democrazia di Eva Cantarella Sparta e Atene. Autoritarismo e Democrazia
di Eva Cantarella

Un bel libro, di facile lettura e di carattere divulgativo, destinato non sono a specialisti e addetti i lavori, bensì a tutti coloro che siano anche dei semplici appassionati della grande Storia della Grecia Classica. Pur se dedicato a un argomento ampiamente trattato da autorevoli studiosi, il testo offre l'occasione di approfondire tematiche non troppo note inerenti Sparta e Atene, le due città simbolo di uno dei periodi storici che più accendono la fantasia di una moltitudine di lettori. (Estratto da recensione di Rudy Caparrini)

Recensione nel Blog di Rudy Caparrini




"Un regalo dal XX Secolo"
Piccole raccolte di cultura - Binomio di musica e poesia - Dal Futurismo al Decadentismo di Gabriele D'Annunzio

www.allegraravizza.com

La Galleria Allegra Ravizza propone una selezione di Edizioni Sincrone nell'ampio progetto Archivi Telematici del XX Secolo. Con i loro preziosi contenuti, ogni Edizione tratta e approfondisce un preciso argomento del secolo scorso. Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizioso scopo di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva.

Le Edizioni Sincrone qui presentate, si incentrano su due temi principali: la Musica Futurista e i capolavori letterari del poeta Gabriele D'Annunzio. Dalla raccolta dannunziana "Canto Novo" alla tragedia teatrale "Sogno di un tramonto d'autunno", dal Manifesto futurista di Francesco Balilla Pratella a "L'Arte dei Rumori" di Luigi Russolo, ogni Edizione contiene una vera e propria collezione di musiche, accompagnate da un libro prezioso, una raccolta di poesie o una fotografia: un Racconto dell'Arte per la comprensione dell'argomento.

Canto Novo
di Gabriele D'Annunzio
A diciannove anni, nel 1882, Gabriele D'Annunzio pubblica la raccolta di poesie "Canto Novo", dedicata all'amante Elda Zucconi. I sentimenti, la passione, l'abbattimento e il sensualismo che trapelano dalle parole del poeta divengono note e melodie grazie al talento musicale di grandi compositori del Novecento tra cui Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti e Ottorino Respighi. L'Edizione Sincrona contiene il volume "Canto Novo" insieme alle musiche dei grandi compositori che a questo si ispirarono. (Euro 150,00 + Iva)

Poema Paradisiaco
di Gabriele D'Annunzio

"La sera", tratta da "Poema Paradisiaco" (1893) di Gabriele D'Annunzio, fu sicuramente una delle poesie maggiormente musicate dai compositori del Novecento. Nella Edizione Sincrona sono contenute le liriche di compositori come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ottorino Respighi e Pier Adolfo Tirindelli, che si ispirarono ai versi del Vate creando varie interpretazioni melodiche e attuando diverse scelte musicali, insieme al volume "Poema Paradisiaco" di D'Annunzio. (Euro 150,00 + Iva)

Sogno di un tramonto d'autunno
di Gabriele D'Annunzio

Concepito nel 1897, "Sogno di un Tramonto d'Autunno" è composto dal Vate per il suo grande amore: Eleonora Duse, che interpretò infatti il ruolo della protagonista durante la prima rappresentazione del 1899. All'interno dell'Edizione Sincrona è presente il volume "Sogno di un tramonto d'autunno" del 1899 accompagnato dalla musica del noto compositore Gian Francesco Malipiero composta nel 1913, le cui note sono racchiuse in un audio oggi quasi introvabile. Oltre a questo prezioso materiale, l'Edizione racchiude ad una fotografia della bellissima Eleonora Duse e due versioni del film omonimo "Sogno di un Tramonto d'Autunno" diretto da Luigi Maggi nel 1911. (Euro 200,00 + Iva)

Raccolta di 100 liriche su testi
di Gabriele D'Annunzio

La sensibilità, lo spirito e la forte emotività presente nei versi di Gabriele D'Annunzio non poterono che richiamare l'attenzione di grandi artisti e compositori del Novecento come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ildebrando Pizzetti e Domenico Alaleona che, affascinati dalle parole del Vate, tradussero in musica le sue poesie. L'Edizione Sincrona contiene 100 liriche musicate dai grandi compositori insieme ai rispettivi testi e volumi di Gabriele D'Annunzio da cui sono tratte: "Canto Novo", "Poema Paradisiaco", "Elettra" e "Alcione" (rispettivamente Libro II e III delle "Laudi"), "La Chimera e l'Isotteo" e infine la copia anastatica di "In memoriam". (Euro 500,00 + Iva)

La Musica Futurista

La Musica futurista, grazie a compositori come Francesco Balilla Pratella, Luigi Russolo, Franco Casavola e Silvio Mix, stravolse completamente il concetto di rumore e suono, rinnegando con forza la tradizione musicale Ottocentesca. Le musiche futuriste presenti all'interno di questa Edizione Sincrona svelano nuove note, nuovi timbri, nuovi rumori mai sentiti prima, dimostrando come le ricerche e le invenzioni futuriste riuscirono a cambiare per sempre il futuro della musica. Insieme a questa corposa raccolta musicale, l'Edizione contiene un video introduttivo e due testi fondamentali per poter contestualizzare e comprendere appieno il panorama storico in cui la Musica Futurista sorse: "La musica futurista" di Stefano Bianchi e gli esilaranti racconti di Francesco Cangiullo contenuti in "Le serate Futuriste". (Euro 200,00 + Iva)

Il Manifesto di Francesco Balilla Pratella | Musica Futurista

Fondato nel 1909, il Futurismo si manifestò in ogni campo artistico. Nel 1910, su richiesta di Filippo Tommaso Marinetti, il giovane compositore Francesco Balilla Pratella scrisse il "Manifesto dei Musicisti Futuristi", un'energica ribellione alla cultura borghese dell'Ottocento in nome del coraggio, dell'audacia e della rivolta. L'Edizione Sincrona presenta, insieme al manifesto originale del 1910, la musica futurista di uno dei maggiori compositori del Primo Futurismo: Francesco Balilla Pratella. Ad accompagnare il prezioso manifesto e le musiche, sono presenti inoltre due manuali fondamentali per la comprensione del lavoro e della figura di Francesco Balilla Pratella dal titolo "Testamento" e "Caro Pratella". (Euro 500,00 + Iva)

Il Manifesto di Luigi Russolo | Musica Futurista

"La vita antica fu tutta silenzio. Nel XIX secolo, con l'invenzione delle macchine, nacque il Rumore": con questa dichiarazione esposta nel manifesto "L'Arte dei Rumori" del 1913 il futurista Luigi Russolo rinnova e amplifica il concetto di suono/rumore stravolgendo per sempre la storia della musica. In questa Edizione Sincrona sono contenuti le musiche e i suoni degli Intonarumori di Russolo, insieme al manifesto del 1913 "L'Arte dei Rumori" che teorizzò questa strabiliante invenzione! Per poter comprendere e approfondire la figura del grande inventore futurista, l'Edizione contiene anche un libro "Luigi Russolo. La musica, la pittura, il pensiero". (Euro 500,00 + Iva)

Video su Musica Futurista
youtu.be/T04jDobaB-Q




Copertina libro Ultima frontiera, di Giovanni Cerri Ultima frontiera
Diario, incontri, testimonianze

di Giovanni Cerri, Casa editrice Le Lettere, Collana "Atelier" a cura di Stefano Crespi, Firenze 2020
www.lelettere.it

Nell'orizzonte contemporaneo appare significativa la testimonianza di questi scritti di Giovanni Cerri. In un connotato diaristico, divenuto sempre più raro, vive la "voce" dei ricordi, dei volti, dei momenti esistenziali, delle figure dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, conoscenze di personaggi testimoniali, incontri con artisti. In una scrittura aperta, esplorativa, emergono due tematiche in una singolare originalità: la periferia come corrispettivo della solitudine dell'anima; lo sguardo senza tempo nell'inconscio, in ciò che abbiamo amato, in ciò che non è accaduto.

Giovanni Cerri (Milano, 1969), figlio del pittore Giancarlo Cerri, ha iniziato la sua attività nel 1987 e da allora ha esposto in Italia e all'estero in importanti città come Berlino, Francoforte, Colonia, Copenaghen, Parigi, Varsavia, Toronto, Shanghai. Nel continuo richiamo al territorio urbano di periferia, la sua ricerca si è sviluppata nell'indagine tematica dell'archeologia industriale con il ciclo dedicato alle Città fantasma. Nel 2011, invitato dal curatore Vittorio Sgarbi, espone al Padiglione Italia Regione Lombardia della Biennale di Venezia. Nel 2014 presenta la mostra Milano ieri e oggi nelle prestigiose sale dell'Unione del Commercio a Palazzo Bovara a Milano. Nel 2019 alla Frankfurter Westend Galerie di Francoforte è ospitata la mostra Memoria e Futuro. A Milano, nell'anno di Leonardo, in occasione del quinto centenario leonardesco.

- Dalla postfazione di Stefano Crespi

«Nel percorso di questa collana «Atelier», sono usciti in una specularità scritti di artisti e scritti di letterati: gli scritti degli artisti nelle cadenze dell'orizzonte interiore (ricordiamo: Confessioni di Filippo de Pisis, Cieli immensi di Nicolas de Staël); gli scritti dei letterati nel tradurre, nel prolungare in nuova vita il fascino, l'enigma dei quadri (ricordiamo Giovanni Testori, Yves Bonnefoy). Nelle istanze oggi di comunicazione mediatica, di caduta dell'evento, il libro di Giovanni Cerri, Ultima frontiera, si apre a uno spazio senza fine di sensi, luce, eros, avventura dell'immagine, della parola. Accanto allo svolgimento della pittura, vivono, rivivono, nelle sue pagine, anche dagli angoli remoti della memoria, i tratti del vissuto, i momenti dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, figure di artisti, personaggi testimoniali, i luoghi, il luogo ultimativo della periferia, occasioni di accostamento a quadri del passato, museali. [...]

Soffermandoci ora in alcuni richiami, ritroviamo il senso di un percorso, i contenuti emozionali, quella condizione originaria che è l'identità della propria espressione. In una sorta di esordio, viene ricordato lo studio del padre, artista riconosciuto, Giancarlo Cerri. Uno studio in una soffitta di un antico edificio. Ma anche «luogo magico», dove si avvia la frase destinale, il viaggio di Giovanni Cerri che percepisce la differenza (o forse anche una imprevedibile relazione) tra figurazione come rappresentazione e astrazione come evocazione. David Maria Turoldo è stato una figura testimoniale in una tensione partecipe alle ragioni dell'esistere e al senso di una vita corale. Lo scritto di Giovanni Cerri ha la singolarità di un ricordo indelebile nella conoscenza, con la madre, all'abbazia di S. Egidio a Fontanella e poi nella frequentazione, dove Turoldo appare come presenza, come voce, come forza di umanità. Scrive Cerri: «un uomo fatto di pietra antica, come la sua chiesa».

Michail Gorbaciov, negli anni dopo la presidenza dell'Unione Sovietica, in un viaggio in Italia, con la moglie Raissa ha una sosta a Sesto San Giovanni, dove visita anche l'occasione di una mostra di tre giovani artisti. Giovanni Cerri, uno dei tre artisti, conserva quel momento imprevedibile di sorpresa con gli auguri di Gorbaciov. Un'emozione suscita la visita al cimitero Monumentale: una camminata, un viaggio inconfondibile nelle testimonianze che via via si succedono. In particolare, toccante la tomba di una figura femminile mancata a ventiquattro anni. Rivive, in Cerri, davanti alla scultura dedicata a questa figura femminile, una bellezza seducente, il mistero di un eros oltre il tempo. Nelle pagine di diario appaiono, come tratti improvvisi, occasioni, emozioni.

Così il ricordo di Floriano Bodini nella figura, nel personaggio, nelle parole, nel fascino delle sue sculture in una visita allo studio. Giovanni Cerri partecipa all'inaugurazione della mostra di Ennio Morlotti sul ciclo delle bagnanti. In quella sera dell'inaugurazione erano presenti Morlotti e Giovanni Testori sui quali scrive Cerri: «cercatori inesausti delle verità nascoste, tra le pieghe infinite dello scrivere e del dipingere». Un intenso richiamo alla scoperta della Bovisa: «un paesaggio spettrale» nella corrosione, nella vita segreta del tempo. Accanto al percorso diaristico, Giovanni Cerri riporta in una sezione alcuni testi di sue presentazioni in cataloghi o nello stimolo di un'esposizione. In un ordine cronologico della stesura dei testi figurano Alessandro Savelli, Giancarlo Cazzaniga, Franco Francese, Alberto Venditti, Marina Falco, Fabio Sironi.

Si tratta di artisti con una singolarità, un connotato originario. Si riconferma la scrittura di Cerri, fuori da aspetti categoriali, didascalici. Una scrittura esplorativa nelle intuizioni, nei riferimenti creativi, in un movimento dialettico: esistenza e natura, interno ed esterno, presenza e indicibile, immagini e simboli, «una luce interiore» e «l'ombra, il mistero, l'enigma della vita». In conclusione al libro si presentano due interviste con Giovanni Cerri curate da Luca Pietro Nicoletti nel 2008, da Francesca Bellola nel 2016. Appaiono, limpidamente motivati, momenti tematici, espressivi, con intensa suggestione di rimandi. Inevitabile, infine, una considerazione sul rapporto del pensiero, della scrittura con la pittura.

Più che a richiami in relazioni specifiche, dirette, il percorso di Cerri nella sua eventicità destinale può essere ricondotto a due tematiche: la visione interiore della periferia e lo sguardo senza tempo nel volto. Tematiche che hanno una connessione anche psicologica nell'alfabeto oscuro dell'esistenza, del silenzio. La periferia è l'addio ancestrale nelle sue voci disadorne, stridenti, perdute, nella solitudine in esilio dalle cifre celesti. Nell'intervista di Francesca Bellola c'è un'espressione emblematica di Giovanni Cerri sulla periferia: «non sono più solo le zone periferiche delle città industriali con le strade, i viali e le tangenziali ad essere desolate, ma è anche la nostra anima, il nostro terreno interiore, a evidenziare i segni di abbandono». Il titolo che segna in modo così sintomatico l'opera di Cerri è Lo sguardo senza tempo. In un'osservazione generale, il «vedere» è la scena dei linguaggi, lo sguardo è inconscio, memoria, ciò che abbiamo amato, ciò che non è accaduto [...]» (Comunicato ufficio stampa De Angelis Press)




Copertina del libro Il Calzolaio dei Sogni, di Salvatore Ferragamo, pubblicato da Electa Il calzolaio dei sogni
di Salvatore Ferragamo, ed. Electa, pag. 240, oltre 60 illustrazioni in b/n, in edizione in italiano, inglese e francese, 24 euro, settembre 2020

Esce per Electa una nuova edizione, con una veste grafica ricercata, dell'autobiografia di Salvatore Ferragamo (1898-1960), pubblicata per la prima volta in inglese nel 1957 da George G. Harrap & Co., Londra. Salvatore Ferragamo si racconta in prima persona - la narrazione è quasi fiabesca - ripercorrendo l'avventura della sua vita, ricca di genio e di intuito: da apprendista ciabattino a Bonito, un vero "cul-de-sac" in provincia di Avellino, a calzolaio delle stelle di Hollywood (le sue calzature vestirono, tra le altre celebrità, Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Sofia Loren e Greta Garbo), dalla lavorazione artigianale fino all'inarrestabile ascesa imprenditoriale.

Il volume - corredato da un ricco apparato fotografico e disponibile anche in versione e-book e, a seguire, audiolibro - ha ispirato il film di Luca Guadagnino "Salvatore - Shoemaker of Dreams", Fuori Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia: la narrazione autobiografica diventa un lungometraggio documentario che delinea non solo l'itinerario artistico di Ferragamo, ma anche il suo percorso umano, attraverso l'Italia e l'America, due mondi che s'intrecciano fortemente. (Comunicato stampa)




Federico Patellani, Stromboli, 1949 - Federico Patellani © Archivio Federico Patellani - Regione Lombardia _Museo di Fotografia Contemporanea Federico Patellani, Stromboli 1949
ed. Humboldt Books

Il libro è stato presentato il 30 giugno 2020
www.mufoco.org

Il Museo del Cinema di Stromboli e il Museo di Fotografia Contemporanea presentano il libro in una diretta (canali YouTube e Facebook del Mufoco) che vedrà intervenire Alberto Bougleux, Giovanna Calvenzi, Emiliano Morreale, Aldo Patellani e Alberto Saibene. La pubblicazione è introdotta dalle parole della lettera con cui Ingrid Bergman si presenta a Roberto Rossellini: "Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo.

Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei". Rossellini, dopo aver ricevuto questa lettera da Ingrid Bergman, allora una delle massime stelle hollywoodiane, la coinvolge nel progetto che diventerà il film Stromboli, terra di Dio (1950), ma ancor prima del film è la storia d'amore tra il regista romano e l'attrice svedese a riempire le cronache di giornali e rotocalchi.

Federico Patellani, uno dei migliori fotografi dell'epoca, si reca sull'isola eoliana: le sue fotografie fanno il giro del mondo, perché non documentano solo la realizzazione del film, ma anche le condizioni di vita degli abitanti e la forza degli elementi. Dall'archivio Patellani, presso il Museo di Fotografia Contemporanea, sono emerse le fotografie che aiutano a ricostruire nella sua integrità quella celebre storia. (Comunicato stampa)




Copertina del libro La Dama col ventaglio romanzo di Giovanna Pierini La Dama col ventaglio
di Giovanna Pierini, Mondadori Electa, 2018
Il libro è stato presentato il 20 novembre 2019 a Roma al Palazzo Barberini

Il romanzo mette in scena Sofonisba Anguissola ultranovantenne a Palermo - è il 1625 - nel suo tentativo di riacciuffare i fili della memoria e ricordare l'origine di un dipinto. La pittrice in piedi davanti alla tela cerca di ricordare: aveva dipinto lei quel ritratto? È passato tanto tempo. Nonostante l'abbacinante luce di mezzogiorno la sua vista è annebbiata, gli occhi stanchi non riconoscono più i dettagli di quella Dama con il ventaglio raffigurata nel quadro. È questo il pretesto narrativo che introduce la vicenda biografica di una delle prime e più significative artiste italiane. Sofonisba si presenta al lettore come una donna forte, emancipata e non convenzionale, che ha vissuto tra

Cremona, Genova, Palermo e Madrid alla corte spagnola. Tra i molti personaggi realmente esistiti - Orazio Lomellini, il giovane marito; il pittore Van Dyck; Isabella di Valois, regina di Spagna - e altri di pura finzione, spicca il giovane valletto Diego, di cui Sofonisba protegge le scorribande e l'amore clandestino, ma che non potrà salvare. La ricostruzione minuziosa di un'Italia al centro delle corti d'Europa, tra palazzi nobiliari, botteghe artigiane e viaggi per mare, e di una città, Palermo, fa rivivere le atmosfere di un'epoca in cui una pittrice donna non poteva accedere alla formazione accademica e doveva superare numerosi pregiudizi sociali. Tra le prime professioniste che seppero farsi largo nella ristretta società degli artisti ci fu proprio Sofonisba, e questo racconto, a cavallo tra realtà e finzione, ne delinea le ragioni: l'educazione lungimirante del padre, un grande talento e una forte personalità.

Giovanna Pierini, giornalista pubblicista, per anni ha scritto di marketing e management. Nel 2006 ha pubblicato Informazioni riservate con Alessandro Tosi. Da sempre è appassionata d'arte, grazie alla madre pittrice, Luciana Bora, di cui cura l'archivio dal 2008. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato stampa Maria Bonmassar)




Manoel Francisco dos Santos (Garrincha) Elogio della finta
di Olivier Guez, di Neri Pozza Editore, 2019

«Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha (lo scricciolo), era alto un metro e sessantanove, la stessa altezza di Messi. Grazie a lui il Brasile divenne campione del mondo nel 1958 e nel 1962, e il Botafogo, il suo club, regnò a lungo sul campionato carioca. Con la sua faccia da galeotto, le spalle da lottatore e le gambe sbilenche come due virgole storte, è passato alla storia come il dribblatore pazzo, il più geniale e il più improbabile che abbia calcato i campi di calcio. «Come un compositore toccato da una melodia piovuta dal cielo» (Paulo Mendes Campos), Garrincha elevò l'arte della finta a essenza stessa del gioco del calcio.

Il futebol divenne con lui un gioco ispirato e magico, fatto di astuzia e simulazione, un gioco di prestigio senza fatica e sofferenza, creato soltanto per l'Alegria do Povo, la gioia del popolo. Dio primitivo, divise la scena del grande Brasile con Pelé, il suo alter-ego, il re disciplinato, ascetico e professionale. Garrincha resta, tuttavia, il vero padre putativo dei grandi artisti del calcio brasiliano: Julinho, Botelho, Rivelino, Jairzinho, Zico, Ronaldo, Ronaldinho, Denílson, Robinho, Neymar, i portatori di un'estetica irripetibile: il dribbling carioca. Cultore da sempre del football brasiliano, Olivier Guez celebra in queste pagine i suoi interpreti, quegli «uomini elastici che vezzeggiano la palla come se danzassero con la donna più bella del mondo» e non rinunciano mai a un «calcio di poesia» (Pier Paolo Pasolini).  

Olivier Guez (Strasburgo, 1974), collabora con i quotidiani Le Monde e New York Times e con il settimanale Le Point. Dopo gli studi all'Istituto di studi politici di Strasburgo, alla London School of Economics and Political Science e al Collegio d'Europa di Bruges, è stato corrispondente indipendente presso molti media internazionali. Autore di saggi storico-politici, ha esordito nella narrativa nel 2014. (Comunicato stampa Flash Art)




Copertina del libro a fumetti Nosferatu, di Paolo D'Onofrio pubblicato da Edizioni NPE Pagina dal libro Nosferatu Nosferatu
di Paolo D'Onofrio, ed. Edizioni NPE, formato21x30cm, 80 pag., cartonato b/n con pagine color seppia, 2019
edizioninpe.it/product/nosferatu

Il primo adattamento a fumetti del film muto di Murnau del 1922 che ha fatto la storia del cinema horror. Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens), diretto da Friedrich Wilhelm Murnau e proiettato per la prima volta il 5 marzo 1922, è considerato il capolavoro del regista tedesco e uno dei capisaldi del cinema horror ed espressionista. Ispirato liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, Murnau ne modificò il titolo, i nomi dei personaggi (il Conte Dracula diventò il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck) e i luoghi (da Londra a Wisborg) per problemi legati ai diritti legali dell'opera.

Il regista perse la causa per violazione del diritto d'autore, avviata dagli eredi di Stoker, e venne condannato a distruggere tutte le copie della pellicola. Una copia fu però salvata dallo stesso Murnau, e il film è potuto sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri. L'uso delle ombre in questo film classico ha avuto una eco infinita nel cinema successivo, di genere e non. Edizioni NPE presenta il primo adattamento a fumetti di questa pellicola: un albo estremamente particolare, che riprende il film fotogramma per fotogramma, imprimendolo in color seppia su una carta ingiallita ed invecchiata, utilizzando per il lettering lo stesso stile delle pellicole mute e pubblicato in un grande cartonato da collezione. (Comunicato stampa)




Copertina del libro Errantia Gonzalo Alvarez Garcia Errantia
Poesia in forma di ritratto

di Gonzalo Alvarez Garcia

Il libro è stato presentato il 7 agosto 2018 alla Galleria d'arte Studio 71, a Palermo
www.studio71.it

Scrive l'autore in una sua nota nel libro "... Se avessi potuto comprendere il segreto del geranio nel giardino di casa o della libellula rossa che saltellava nell'aria sopra i papiri in riva al fiume Ciane, a Siracusa, avrei capito anche me steso. Ma non capivo. Ad ogni filo d'erba che solleticava la mia pelle entravo nella delizia delle germinazioni infinite e sprofondavo nel mistero. Sentivo confusamente di appartenere all'Universo, come il canto del grillo. Ma tutto il mio sapere si fermava li. Ascoltavo le parole, studiavo i gesti delle persone intorno a me come il cacciatore segue le tracce della preda, convinto che le parole e i gesti degli uomini sono una sorta di etimologia.

Un giorno o l'altro, mi avrebbero portato a catturare la verità.... Mi rivolsi agli Dei e gli Dei rimasero muti. Mi rivolsi ai saggi e i saggi aggiunsero alle mie altre domande ancora più ardue. Seguitai a camminare. Incontrai la donna, che non pose domande. Mi accolse con la sua grazia ospitale. Da Lei ho imparato ad amare l'aurora e il tramonto...". Un libro che ripercorre a tappe e per versi, la sua esistenza di ragazzo e di uomo, di studioso e di poeta, di marito e padre. Errantia, Poesia in forma di ritratto, con una premessa di Aldo Gerbino è edito da Plumelia edizioni. (Comunicato stampa)




Copertina libro L'ultima diva dice addio L'ultima diva dice addio
di Vito di Battista, ed. SEM Società Editrice Milanese, pp. 224, cartonato con sovracoperta, cm.14x21,5 €15,00
www.otago.it

E' la notte di capodanno del 1977 quando Molly Buck, stella del cinema di origine americana, muore in una clinica privata alle porte di Firenze. Davanti al cancello d'ingresso è seduto un giovane che l'attrice ha scelto come suo biografo ufficiale. E' lui ad avere il compito di rendere immortale la storia che gli è stata data in dono. E forse molto di più. Inizia così il racconto degli eventi che hanno portato Molly Buck prima al successo e poi al ritiro dalle scene, lontana da tutto e da tutti nella casa al terzo piano di una palazzina liberty d'Oltrarno, dove lei e il giovane hanno condiviso le loro notti insonni.

Attraverso la maestosa biografia di un'attrice decaduta per sua stessa volontà, L'ultima diva dice addio mette in scena una riflessione sulla memoria e sulla menzogna, sul potere della parola e sulla riduzione ai minimi termini a cui ogni esistenza è sottoposta quando deve essere rievocata. Un romanzo dove i capitoli ricominciano ciclicamente con le stesse parole e canzoni dell'epoca scandiscono lo scorrere del tempo, mentre la biografia di chi ricorda si infiltra sempre più nella biografia di chi viene ricordato. Vito di Battista (San Vito Chietino, 1986) ha vissuto e studiato a Firenze e Bologna. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato Otago Literary Agency)




Locandina per la presentazione del libro Zenobia l'ultima regina d'Oriente Zenobia l'ultima regina d'Oriente
L'assedio di Palmira e lo scontro con Roma

di Lorenzo Braccesi, Salerno editrice, 2017, p.200, euro 13,00

Il sogno dell'ultima regina d'Oriente era di veder rinascere un grande regno ellenistico dal Nilo al Bosforo, piú esteso di quello di Cleopatra, ma la sua aspirazione si infranse per un errore di valutazione politica: aver considerato l'impero di Roma prossimo alla disgregazione. L'ultimo atto delle campagne orientali di Aureliano si svolse proprio sotto le mura di Palmira, l'esito fu la sconfitta della regina Zenobia e la sua deportazione a Roma, dove l'imperatore la costrinse a sfilare come simbolo del suo trionfo. Le rovine monumentali di Palmira - oggi oggetto di disumana offesa - ci parlano della grandezza del regno di Zenobia e della sua resistenza eroica. Ancora attuale è la tragedia di questa città: rimasta intatta nei secoli, protetta dalle sabbie del deserto, è crollata sotto la furia della barbarie islamista.

Lorenzo Braccesi ha insegnato nelle università di Torino, Venezia e Padova. Si è interessato a tre aspetti della ricerca storica: colonizzazione greca, società augustea, eredità della cultura classica nelle letterature moderne. I suoi saggi piú recenti sono dedicati a storie di donne: Giulia, la figlia di Augusto (Roma-Bari 2014), Agrippina, la sposa di un mito (Roma-Bari 2015), Livia (Roma 2016). (Comunicato stampa)




Copertina del libro Napoleone Colajanni tra partito municipale e nazionalizzazione della politica Napoleone Colajanni tra partito municipale e nazionalizzazione della politica
Lotte politiche e amministrative in provincia di Caltanissetta (1901-1921)


di Marco Sagrestani, Polistampa, 2017, collana Quaderni della Nuova Antologia, pag. 408
www.leonardolibri.com

Napoleone Colajanni (1847-1921) fu una figura di rilievo nel panorama politico italiano del secondo Ottocento. Docente e saggista, personalità di notevole levatura intellettuale, si rese protagonista di importanti battaglie politiche, dall'inchiesta parlamentare sulla campagna in Eritrea alla denuncia dello scandalo della Banca Romana. Il saggio ricostruisce il ruolo da lui svolto nella provincia di Caltanissetta, in particolare nella sua città natale Castrogiovanni e nell'omonimo collegio elettorale. In un'area dove la lotta politica era caratterizzata da una pluralità di soggetti collettivi - democratici, repubblicani, costituzionali, socialisti e cattolici - si pose come centro naturale di aggregazione delle sparse forze democratiche, con un progetto di larghe convergenze finalizzato alla rinascita politica, economica e morale della sua terra. (Comunicato stampa)




Opera di Gianni Maria Tessari Copertina della rassegna d'arte Stappiamolarte Stappiamolarte
www.al-cantara.it/news/stappiamo-larte

La pubblicazione realizzata con le opere di 68 artisti provenienti dalle diverse parti d'Italia è costituita da immagini di istallazioni e/o dipinti realizzati servendosi dei tappi dell'azienda. All'artista, infatti, è stata data ampia libertà di esecuzione e, ove lo avesse ritenuto utile, ha utilizzato, assieme ai tappi, altro materiale quale legno, vetro, stoffe o pietre ma anche materiali di riciclo. Nel sito di Al-Cantara, si può sfogliare il catalogo con i diversi autori e le relative opere. Nel corso della giornata sarà possibile visitare i vigneti, la cantina dell'azienda Al-Cantàra ed il " piccolo museo" che accoglie le opere realizzate.

Scrive nel suo testo in catalogo Vinny Scorsone: "...L'approccio è stato ora gioioso ora riflessivo e malinconico; sensuale o enigmatico; elaborato o semplice. Su esso gli artisti hanno riversato sensazioni e pensieri. A volte esso è rimasto tale anche nel suo ruolo mentre altre la crisalide è divenuta farfalla varcando la soglia della meraviglia. Non c'è un filo comune che leghi i lavori, se non il fatto che contengano dei tappi ed è proprio questa eterogeneità a rendere le opere realizzate interessanti. Da mano a semplice cornice, da corona a bottiglia, da schiuma a poemetto esso è stato la fonte, molto spesso, di intuizioni artistiche singolari ed intriganti. Il rosso del vino è stato sostituito col colore dell'acrilico, dell'olio. Il tappo inerte, destinato a perdersi, in questo modo, è stato elevato ad oggetto perenne, soggetto d'arte in grado di valicare i confini della sua natura deperibile...". (Comunicato stampa)




Stelle in silenzio
di Annapaola Prestia, Europa Edizioni, 2016, euro 15,90

Millecinquecento chilometri da percorrere in automobile in tre giorni, dove ritornano alcuni luoghi cari all'autrice, già presenti in altri suoi lavori. La Sicilia e l'Istria fanno così da sfondo ad alcune tematiche forti che il romanzo solleva. Quante è importante l'influenza di familiari che non si hanno mai visto? Che valore può avere un amore di breve durata, se è capace di cambiare un destino? Che peso hanno gli affetti che nel quotidiano diventano tenui, o magari odiosi? In generale l'amore è ciò che lega i personaggi anche quando sembra non esserci, in un percorso che è una ricerca di verità tenute a lungo nascoste.

Prestia torna quindi alla narrativa dopo il suo Caro agli dei" (edito da "Il Filo", giugno 2008), che ha meritato il terzo premio al "Concorso nazionale di narrativa e poesia F. Bargagna" e una medaglia al premio letterario nazionale "L'iride" di Cava de'Tirreni, sempre nel 2009. Il romanzo è stato presentato dal giornalista Nino Casamento a Catania, dallo scrittore Paolo Maurensig a Udine, dallo psicologo Marco Rossi di Loveline a Milano. Anche il suo Ewas romanzo edito in ebook dalla casa editrice Abel Books nel febbraio 2016, è arrivato semifinalista al concorso nazionale premio Rai eri "La Giara" edizione 2016 (finalista per la regione Friuli Venezia Giulia) mentre Stelle in silenzio, come inedito, è arrivato semifinalista all'edizione del 2015 del medesimo concorso.

Annapaola Prestia (Gorizia, 1979), Siculo-Istriana di origine e Monfalconese di adozione, lavora dividendosi tra la sede della cooperativa per cui collabora a Pordenone e Trieste, città in cui gestisce il proprio studio psicologico. Ama scrivere. Dal primo racconto ai romanzi a puntate e alle novelle pubblicati su riviste a tiratura nazionale, passando per oltre venti pubblicazioni in lingua inglese su altrettante riviste scientifiche specializzate in neurologia e psicologia fino al suo primo romanzo edito Caro agli dei... la strada è ancora tutta in salita ma piena di promesse.

Oltre a diverse fan-fiction pubblicate su vari siti internet, ha partecipato alla prima edizione del premio letterario "Star Trek" organizzato dallo STIC - Star Trek Italian Club, ottenendo il massimo riconoscimento. Con suo fratello Andrea ha fondato la U.S.S. Julia, un fan club dedicato a Star Trek e alla fantascienza. Con suo marito Michele e il suo migliore amico Stefano, ha aperto una gelateria a Gradisca d'Isonzo, interamente dedicata alla fantascienza e al fantasy, nella quale tenere vive le tradizioni gastronomiche della Sicilia sposandole amabilmente con quelle del Nord Est d'Italia. (Comunicato Ufficio stampa Emanuela Masseria)




Copertina libro I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel I quaranta giorni del Mussa Dagh
di Franz Werfel, ed. Corbaccio, pagg.918, €22,00
www.corbaccio.it

«Quest'opera fu abbozzata nel marzo dell'anno 1929 durante un soggiorno a Damasco, in Siria. La visione pietosa di fanciulli profughi, mutilati e affamati, che lavoravano in una fabbrica di tappeti, diede la spinta decisiva a strappare dalla tomba del passato l'inconcepibile destino del popolo armeno.» Grande e travolgente romanzo, narra epicamente il tragico destino del popolo armeno, minoranza etnica odiata e perseguitata per la sua antichissima civiltà cristiana, in eterno contrasto con i turchi, con il grande Impero ottomano detentore del potere. Verso la fine del luglio 1915 circa cinquemila armeni perseguitati dai turchi si rifugiarono sul massiccio del Mussa Dagh, a Nord della baia di Antiochia.

Fino ai primi di settembre riuscirono a tenere testa agli aggressori ma poi, cominciando a scarseggiare gli approvvigionamenti e le munizioni, sarebbero sicuramente stati sconfitti se non fossero riusciti a segnalare le loro terribili condizioni a un incrociatore francese. Su quel massiccio dove per quaranta giorni vive la popolazione di sette villaggi, in un'improvvisata comunità, si ripete in miniatura la storia dell'umanità, con i suoi eroismi e le sue miserie, con le sue vittorie e le sue sconfitte, ma soprattutto con quell'affiato religioso che permea la vita dell'universo e dà a ogni fenomeno terreno un significato divino che giustifica il male con una lungimirante, suprema ragione di bene.

Dentro il poema corale si ritrovano tutti i drammi individuali: ogni personaggio ha la sua storia, ogni racconto genera un racconto. Fra scene di deportazioni, battaglie, incendi e morti, ora di una grandiosità impressionante, ora di una tragica sobrietà scultorea, ma sempre di straordinaria potenza rappresentativa, si compone quest'opera fondamentale dell'epica moderna. Pubblicata nel 1933 I quaranta giorni del Mussa Dagh è stata giustamente considerata la più matura creazione di Werfel nel campo della narrativa. Franz Werfel (Praga, 1890 - Los Angeles, 1945) dopo la Prima guerra mondiale si stabilì a Vienna, dove si impose come uno dei protagonisti della vita letteraria mitteleuropea. All'avvento del nazismo emigrò in Francia e poi negli Stati Uniti. Oltre a I quaranta giorni del Mussa Dagh, Verdi. Il romanzo dell'opera, che rievoca in modo appassionato e realistico la vita del grande musicista italiano. (Comunicato Ufficio Stampa Corbaccio)

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- 56esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia
Padiglione nazionale della Repubblica di Armenia

Presentazione rassegna




Copertina libro Cuori nel pozzo di Roberta Sorgato Cuori nel pozzo
Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone.

di Roberta Sorgato
www.danteisola.org

Il libro rievoca le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento, e la durissima realtà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio, è un omaggio rivolto ai tanti che consumarono le loro vite fino al sacrificio estremo, per amore di quanti erano rimasti a casa, ad aspettarli. Pagine spesso commosse, dedicate a chi lasciò il paese cercando la propria strada per le vie del mondo. L'Italia li ha tenuti a lungo in conto di figliastri, dimenticandoli. La difficoltà di comunicare, le enormi lontananze, hanno talvolta smorzato gli affetti, spento la memoria dei volti e delle voci. Mentre in giro per l'Europa e oltre gli oceani questi coraggiosi costruivano la loro nuova vita. Ciascuno con la nostalgia, dove si cela anche un po' di rancore verso la patria che li ha costretti a partire.

Qualcuno fa i soldi, si afferma, diventa una personalità. Questi ce l'hanno fatta, tanti altri consumano dignitosamente la loro vita nell'anonimato. Altri ancora muoiono in fondo a un pozzo, cadendo da un'impalcatura, vittime dei mille mestieri pesanti e pericolosi che solo gli emigranti accettano di fare. Ora che cinquant'anni ci separano dalla nostra esperienza migratoria, vissuta dai predecessori per un buon secolo, la memorialistica si fa più abbondante. Esce dalla pudica oralità dei protagonisti, e grazie ai successori, più istruiti ed emancipati si offre alla storia comune attraverso le testimonianze raccolte in famiglia. Con la semplicità e l'emozione che rendono più immediata e commossa la conoscenza. (Estratto da comunicato stampa di Ulderico Bernardi)

La poetessa veneta Roberta Sorgato, insegnante, nata a Boussu, in Belgio, da genitori italiani, come autrice ha esordito nel 2002 con il romanzo per ragazzi "Una storia tutta... Pepe" seguito nel 2004 da "All'ombra del castello", entrambi editi da Tredieci (Oderzo - TV). Il suo ultimo lavoro, "La casa del padre" inizialmente pubblicato da Canova (Treviso) ed ora riproposto nella nuova edizione della ca-sa editrice Tracce (Pescara).

«L'Italia non brilla per memoria. Tante pagine amare della nostra storia sono cancellate o tenute nell'oblio. Roberta Sorgato ha avuto il merito di pescare, dal pozzo dei ricordi "dimenticati", le vicende dei nostri minatori in Belgio e di scrivere "Cuori nel pozzo" edizioni Marsilio, sottotitolo: "Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone". Leggendo questo romanzo - verità, scritto in maniera incisiva e con grande e tragico realismo, si ha l'impressione di essere calati dentro i pozzi minerari, tanto da poter avere una vi-sione intima e "rovesciata" del titolo ("Pozzi nel cuore" potrebbe essere il titolo "ad honorem" per un lettore ideale, così tanto sensibile a questi temi).

Un lettore che ha quest'ardire intimista di seguire la scrittrice dentro queste storie commoventi, intense, drammatiche - e che non tengono conto dell'intrattenimento letterario come lo intendiamo comunemente - è un lettore che attinge dal proprio cuore ed è sospinto a rivelarsi più umano e vulnerabile di quanto avesse mai osato pensare. In questo libro vige lo spettacolo eterno dei sentimenti umani; e vige in rela-zione alla storia dell'epoca, integrandosi con essa e dandoci un ritratto di grande effetto. Qui troviamo l'Italia degli anni cinquanta che esce dalla guerra, semplice e disperata, umile e afflitta dai ricordi bellici. Troviamo storie di toccanti povertà; così, insieme a quell'altruismo che è proprio dell'indigenza, e al cameratismo che si fa forte e si forgia percorrendo le vie drammatiche della guerra, si giunge ai percorsi umani che strappavano tanti italiani in cerca di fortuna alle loro famiglie.

L'emigrazione verso i pozzi minerari belgi rappresentava quella speranza di "uscire dalla miseria". Pochi ce l'hanno fatta, molti hanno pagato con una morte atroce. Tutti hanno subito privazioni e vessazioni, oggi inimmaginabili. Leggere di Tano, Nannj, Caio, Tonio, Angelina e tanti altri, vuol dire anche erigere nella nostra memoria un piccolo trono per ciascuno di loro, formando una cornice regale per rivisitare quegli anni che, nella loro drammaticità, ci consentono di riflettere sull'"eroismo" di quelle vite tormentate, umili e dignitose.» (Estratto da articolo di Danilo Stefani, 4 gennaio 2011)

«"Uomini in cambio di carbone" deriva dal trattato economico italo-belga del giugno 1946: l'accordo prevedeva che per l'acquisto di carbone a un prezzo di favore l'Italia avrebbe mandato 50 mila uomini per il lavoro in miniera. Furono 140 mila gli italiani che arrivarono in Belgio tra il 1946 e il 1957. Fatti i conti, ogni uomo valeva 2-3 quintali di carbone al mese.» (In fondo al pozzo - di Danilo Stefani)




Copertina libro La passione secondo Eva La passione secondo Eva
di Abel Posse, ed. Vallecchi - collana Romanzo, pagg.316, 18,00 euro
www.vallecchi.it

Eva Duarte Perón (1919-1952), paladina dei diritti civili ed emblema della Sinistra peronista argentina, fu la moglie del presidente Juan Domingo Perón negli anni di maggior fermento politico della storia argentina; ottenne, dopo una lunga battaglia politica, il suffragio universale ed è considerata la fondatrice dell'Argentina moderna. Questo romanzo, costruito con abilità da Abel Posse attraverso testimonianze autentiche di ammiratori e detrattori di Evita, lascia il segno per la sua capacità di riportare a una dimensione reale il mito di colei che è non soltanto il simbolo dell'Argentina, ma uno dei personaggi più noti e amati della storia mondiale.

Abel Posse (Córdoba - Argentina, 1934), diplomatico di carriera, giornalista e scrittore di fama internazionale. Studioso di politica e storia fra i più rappresentativi del suo paese. Fra i suoi romanzi più famosi ricordiamo Los perros del paraíso (1983), che ha ottenuto il Premio Ròmulo Gallegos maggior riconoscimento letterario per l'America Latina. La traduttrice Ilaria Magnani è ricercatrice di Letteratura ispano-americana presso l'Università degli Studi di Cassino. Si occupa di letteratura argentina contemporanea, emigrazione e apporto della presenza italiana. Ha tradotto testi di narrativa e di saggistica dallo spagnolo, dal francese e dal catalano.




Copertina del libro Odissea Viola Aspettando Ulisse lo Scudetto Odissea Viola. Aspettando Ulisse lo Scudetto
di Rudy Caparrini, ed. NTE, collana "Violacea", 2010
www.rudycaparrini.it

Dopo Azzurri... no grazie!, Rudy Caparrini ci regala un nuovo libro dedicato alla Fiorentina. Come spiega l'autore, l'idea è nata leggendo il capitolo INTERpretazioni del Manuale del Perfetto Interista di Beppe Severgnini, nel quale il grande scrittore e giornalista abbina certe opere letterarie ad alcune squadre di Serie A. Accorgendosi che manca il riferimento alla Fiorentina, il tifoso e scrittore Caparrini colma la lacuna identificando ne L'Odissea l'opera idonea per descrivere la storia recente dei viola.

Perché Odissea significa agonia, sofferenza, desiderio di tornare a casa, ma anche voglia di complicarsi la vita sempre e comunque. Ampliando il ragionamento, Caparrini sostiene che nell'Odissea la squadra viola può essere tre diversi personaggi: Penelope che aspetta il ritorno di Ulisse lo scudetto; Ulisse, sempre pronto a compiere un "folle volo" e a complicarsi la vita; infine riferendosi ai tifosi nati dopo il 1969, la Fiorentina può essere Telemaco, figlio del padre Ulisse (ancora nei panni dello scudetto) di cui ha solo sentito raccontare le gesta ma che mai ha conosciuto.

Caparrini sceglie una serie di episodi "omerici", associabili alla storia recente dei viola, da cui scaturiscono similitudini affascinanti: i Della Valle sono i Feaci (il popolo del Re Alcinoo e della figlia Nausicaa), poiché soccorrono la Fiorentina vittima di un naufragio; il fallimento di Cecchi Gori è il classico esempio di chi si fa attrarre dal Canto delle Sirene; Edmundo che fugge per andare al Carnevale di Rio è Paride, che per soddisfare il suo piacere mette in difficoltà l'intera squadra; Tendi che segna il gol alla Juve nel 1980 è un "Nessuno" che sconfigge Polifemo; Di Livio che resta coi viola in C2 è il fedele Eumeo, colui che nell'Odissea per primo riconosce Ulisse tornato ad Itaca e lo aiuta a riconquistare la reggia.

Un'Odissea al momento incompiuta, poiché la Fiorentina ancora non ha vinto (ufficialmente) il terzo scudetto, che corrisponde all'atto di Ulisse di riprendersi la sovranità della sua reggia a Itaca. Ma anche in caso di arrivasse lo scudetto, conclude Caparrini, la Fiorentina riuscirebbe a complicarsi la vita anche quando tutto potrebbe andare bene. Come Ulisse sarebbe pronta sempre a "riprendere il mare" in cerca di nuove avventure. Il libro è stato presentato il 22 dicembre 2010 a Firenze, nella Sala Incontri di Palazzo Vecchio.




Copertina libro Leni Riefenstahl Un mito del XX secolo Leni Riefenstahl. Un mito del XX secolo
di Michele Sakkara, ed. Edizioni Solfanelli, pagg.112, €8,00
www.edizionisolfanelli.it

«Il Cinema mondiale in occasione della scomparsa di Leni Riefenstahl, si inchina riverente davanti alla Salma di colei che deve doverosamente essere ricordata per i suoi geniali film, divenuti fondamentali nella storia del cinema.» Questo l'epitaffio per colei che con immagini di soggiogante bellezza ha raggiunto magistralmente effetti spettacolari. Per esempio in: Der Sieg des Glaubens (Vittoria della fede, 1933), e nei famosissimi e insuperati Fest der Völker (Olympia, 1938) e Fest der Schönheit (Apoteosi di Olympia, 1938).

Michele Sakkara, nato a Ferrara da padre russo e madre veneziana, ha dedicato tutta la sua esistenza allo studio, alla ricerca, alla regia, alla stesura e alla realizzazione di soggetti, sceneggiature, libri (e perfino un'enciclopedia), ed è stato anche attore. Assistente e aiuto regista di Blasetti, Germi, De Sica, Franciolini; sceneggiatore e produttore (Spagna, Ecumenismo, La storia del fumetto, Martin Lutero), autore di una quarantina di documentari per la Rai.

Fra le sue opere letterarie spicca l'Enciclopedia storica del cinema italiano. 1930-1945 (3 voll., Giardini, Pisa 1984), un'opera che ha richiesto anni di ricerche storiche; straordinari consensi ebbe in Germania per Die Grosse Zeit Des Deutschen Films 1933-1945 (Druffel Verlag, Leoni am Starnberg See 1980, 5 edizioni); mentre la sua ultima opera Il cinema al servizio della politica, della propaganda e della guerra (F.lli Spada, Ciampino 2005) ha avuto una versione in tedesco, Das Kino in den Dienst der Politik, Propaganda und Krieg (DSZ-Verlag, München 2008) ed è stato ora tradotta in inglese.




L'Immacolata nei rapporti tra l'Italia e la Spagna
a cura di Alessandra Anselmi

Il volume ripercorre la storia dell'iconografia immacolistica a partire dalla seconda metà del Quattrocento quando, a seguito dell'impulso impresso al culto della Vergine con il pontificato di Sisto IV (1471-1484), i sovrani spagnoli si impegnano in un'intensa campagna volta alla promulgazione del dogma. Di grande rilevanza le ripercussioni nelle arti visive: soprattutto in Spagna, ma anche nei territori italiani più sensibili, per vari motivi, all'influenza politica, culturale e devozionale spagnola. Il percorso iconografico è lungo e complesso, con notevoli varianti sia stilistiche che di significato teologico: il punto d'arrivo è esemplato sulla Donna dell'Apocalisse, i cui caratteri essenziali sono tratti da un versetto del testo giovanneo.

Il libro esplora ambiti culturali e geografici finora ignorati o comunque non sistemati: la Calabria, Napoli, Roma, la Repubblica di Genova, lo Stato di Milano e il Principato Vescovile di Trento in un arco cronologico compreso tra la seconda metà del Quattrocento e il Settecento e, limitatamente a Roma e alla Calabria, sino all'Ottocento, recuperando all'attenzione degli studi una produzione artistica di grande pregio, una sorta di 'quadreria "ariana" ricca di capolavori già noti, ma incrementata dall'acquisizione di testimonianze figurative in massima parte ancora inedite.

Accanto allo studio più prettamente iconografico - che si pregia di interessanti novità, quali l'analisi della Vergine di Guadalupe, in veste di Immacolata India - il volume è sul tema dell'Immacolata secondo un'ottica che può definirsi plurale affrontando i molteplici contesti - devozionali, cultuali, antropologici, politici, economici, sociali - che interagiscono in un affascinante gioco di intrecci. (Estratto da comunicato stampa Ufficio stampa Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria)




Mario Del Monaco: Dietro le quinte - Le luci e le ombre di Otello
(Behind the scenes - Othello in and out of the spotlight)
di Paola Caterina Del Monaco, prefazione di Enrico Stinchelli, Aerial Editrice, 2007
Presentazione




Copertina del libro Le stelle danzanti di Gabriele Marconi Le stelle danzanti. Il romanzo dell'impresa fiumana
di Gabriele Marconi, ed. Vallecchi, pagg.324, Euro 15,00
www.vallecchi.it

L'Impresa fiumana fu un sogno condiviso e realizzato. Uno slancio d'amore che non ha eguali nella storia. D'Annunzio, fu l'interprete ispiratore di quello slancio, il Comandante, il Vate che guidò quella straordinaria avventura, ma protagonisti assoluti furono i tantissimi giovani che si riversarono nella città irredenta e là rimasero per oltre un anno. L'età media dei soldati che, da soli o a battaglioni interi, parteciparono all'impresa era di ventitré anni. Il simbolo di quell'esperienza straordinaria furono le stelle dell'Orsa Maggiore, che nel nostro cielo indicano la Stella Polare. Il romanzo narra le vicende di Giulio Jentile e Marco Paganoni, due giovani arditi che hanno stretto una salda amicizia al fronte. Dopo la vittoria, nel novembre del 1918 si recano a Trieste per far visita a Daria, crocerossina ferita in battaglia di cui sono ambedue innamorati.

Dopo alcuni giorni i due amici faranno ritorno alle rispettive famiglie ma l'inquietudine dei reduci impedisce un ritorno alla normalità. Nel febbraio del 1920 li ritroviamo a Fiume, ricongiungersi con Daria, uniti da un unico desiderio. Fiume è un calderone in ebollizione: patrioti, artisti, rivoluzionari e avventurieri di ogni parte d'Europa affollano la città in un clima rivoluzionario-libertino. Marco è tra coloro che sono a stretto contatto con il Comandante mentre Giulio preferisce allontanarsi dalla città e si unisce agli uscocchi, i legionari che avevano il compito di approvvigionare con i beni di prima necessità anche con azioni di pirateria. (...) Gabriele Marconi (1961) è direttore responsabile del mensile "Area", è tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana e il suo esordio narrativo è con un racconto del 1988 finalista al Premio Tolkien.





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