La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
Esodo Pratelli. Dal futurismo al "Novecento" e oltre
16 aprile (inaugurazione ore 18) - 13 maggio 2025
CMC Centro Culturale - Milano
www.centroculturaledimilano.it
Una grande restrospettiva dedicata a Esodo Pratelli, curata da Elena Pontiggia, con un corpus di oltre quaranta opere, che tracciano l'intenso percorso di una figura di spicco della pittura italiana della prima metà del '900. La mostra ripercorre con andamento cronologico le fasi artistiche che hanno caratterizzato il lavoro di Esodo Pratelli da un'iniziale espressione legata al realismo e più marcatamente al simbolismo, con la realizzazione di opere pittoriche e di ceramiche, per poi evolvere nel primo decennio del '900 all'adesione al movimento futurista e approdare negli anni Venti al Novecento Italiano.
Una vita molto intensa, intrisa di una fervida cultura legata al contesto familiare, coltivata grazie a viaggi, permanenze a Parigi, a Roma, oltre a incontri e contatti con importanti esponenti dell'epoca fra cui Boccioni, Carrà, Severini, Marinetti, Gris, Delaunay, Sironi. Pratelli partecipa attivamente alle iniziative del suo tempo, si ricordano infatti la collaborazione alla nascita della Corporazione delle Arti Plastiche (1923), la docenza e la direzione a Milano della Scuola d'Arte Applicata del Castello Sforzesco (1924 ca. - 1934), la proposta firmata con Sironi, Sarfatti, Funi, Carrà per l'istituzione di un Consiglio superiore per l'arte moderna (1925), la nomina a segretario del Sindacato Fascista Belle Arti di Milano (1927) e l'anno successivo della Lombardia.
Decenni molto densi in cui l'artista si è dedicato anche alla creazione di bozzetti per scenografie e costumi di opere liriche, durante i quali non sono mancati momenti di allontanamento dalla pittura, tra il 1935 e il 1950, anni che lo vedono protagonista a Roma in ambito cinematografico, nelle vesti di sceneggiatore e regista. Un aspetto che contraddistingue la pittura di Pratelli si ritrova nella costante presenza della natura, seppur con declinazioni diverse a seconda della fase artistica nella quale è immerso.
Anche nelle tele dove il paesaggio non è il soggetto protagonista, l'elemento naturale emerge in maniera preponderante, cattura l'attenzione e appare carico di significati. Talvolta si tratta di agenti atmosferici, che l'uomo non può controllare e che appaiono ancor più catalizzanti all'interno delle opere. L'attenzione al segno e alla linearità, accanto alla raffinatezza e all'eleganza del tratto, i toni morbidi e leggeri sono ulteriori caratteri distintivi del lavoro dell'artista, conservati nel corso di tutta la sua carriera. Importanti i maestri cui si è ispirato e ha fatto riferimento nel tempo, da Klimt a Beardsley durante al giovinezza, da Carrà a Sironi in età più matura.
Nell'approfondito testo in catalogo afferma la curatrice Elena Pontiggia in relazione alla sua pittura: "Merita di essere conosciuta per l'intensità di tanti suoi esiti, ma anche per l'esprit de finesse che la percorre. I suoi colori delicati, le sue raffinate composizioni di figure, i suoi temi confidenziali, i suoi paesaggi urbani e i suoi paesaggi senza aggettivi, tutta la sua traiettoria stilistica, insomma, dal simbolismo al futurismo al "Novecento", cui vanno aggiunti i suoi ultimi decenni tutt'altro che senili, hanno troppo valore per essere relegati nellaScatola delle cose dimenticate, come l'artista intitola un quadro del 1967, che è anche una trasparente metafora della sua vicenda espressiva".
Nel percorso espositivo fra i lavori degli esordi è presente la maiolica policroma Estate nella notte (1911), citata e descritta nel carteggio con il cugino Balilla Pratella; con lui coltiva un profondo rapporto epistolare nel corso di tutta la sua vita. All'interno della lettera, l'artista oltre a dichiararsi ceramista descrive gli intenti di quel momento facendo emergere il suo interesse per il simbolo e gli elementi naturali.
Del periodo futurista, dettato dall'interesse per il movimento, delle linee che tendono alla verticalità e a colori più vivaci, si ammirano le tele Frammento della primavera (1913), caratterizzato dal roteare di segmenti in gran parte circolari e i bozzetti per le scene e i costumi dell'opera lirica del cugino Balilla dal titolo L'aviatore Dro (1913). Si tratta della sua prima progettazione scenografica ufficialmente futurista, eseguita per la prima volta nel 1920, nella quale, sia che si tratti di scene sia nei figurini, si avverte la predilezione per la sintesi, per una linearità ondulata del tratto e di una tensione verso l'infinito.
In linea con il suo avvicinamento al Novecento italiano l'artista volge a delle rappresentazioni in cui emerge la ricerca di una moderna classicità, dove la plasticità, i volumi, la nitidezza delle forme e la supremazia del disegno sul colore assumono un ruolo centrale. Lo si osserva in Maternità (1922) e nel ritratto della figlia Lilia (1925); qui i soggetti dominano la scena con una solida volumetria, una forma precisa e nitida. In questi anni frequenta Mario Sironi, al quale dedica Ritratto di Sironi (1928); con lui condivide l'interesse per la pittura solida, monumentale e viene influenzato nella scelta di soggetti quali cantieri, fabbriche, periferie, ne è esempio Ciminiere (1924).
Sono inoltre in mostra lavori che attestano il successivo allontanamento dal movimento del Novecento italiano verso un maggior interesse per i paesaggi, per una dimensione quotidiana, casalinga, orientata a una visione più serena e cromaticamente più luminosa, in cui predomina la grandezza della natura. Estate (1930) e La favola del bosco (1931), con ambientazioni quasi fiabesche e legate alla vita di tutti i giorni, con scene intime e tenere, ben rappresentano questa inversione di rotta e l'avvicinamento al realismo magico.
Anche nelle opere degli anni Cinquanta, fra le altre Gatto sulla stufa (1957), successive all'isolamento dal mondo pittorico, i temi sono familiari, fino ad arrivare agli anni Sessanta dove la figurazione è legata a particolari, sempre del quotidiano, ma ancor più intimi e quasi nascosti; come nell'emblematica La scatola delle cose dimenticate (1967).
Accompagna la mostra un'importante e dettagliata monografia di Elena Pontiggia, edita da Silvana Editoriale, ad oggi la più completa sull'artista, che traccia un esaustivo ritratto di Esodo Pratelli e del suo lavoro. Accanto alle numerose tavole a colori, oltre un centinaio, sono pubblicati carteggi inediti dell'artista con personalità a lui vicine nel suo percorso di vita e in quello artistico.
Esodo Pratelli (Lugo di Romagna, 1892 - Roma, 1983), formatosi all'Accademia di Via Ripetta a Roma, dopo un'iniziale adesione al simbolismo, si avvicina nel 1913-1914 al futurismo, entrando in contatto con i maggiori esponenti del movimento durante il suo soggiorno a Parigi. Si dedica alla realizzazione di tele, ceramiche e contemporaneamente scenografie e costumi per L'Aviatore Dro, opera del cugino Balilla Pratella, in stile pienamente futurista. Nel 1915 è richiamato alle armi da cui sarà congedato solo nel 1919, quando a guerra conclusa si stabilisce a Milano.
A partire dagli anni Venti è parte attiva della politica culturale del regime fascista, assumendo ruoli di rilievo fra questi la nomina a segretario del Sindacato Fascista Belle Arti di Milano e successivamente della Lombardia. Si sposa con Elsa Martina e dal loro matrimonio nel 1922, nasce la figlia Lilia e successivamente, nel 1928, il figlio Giuliano. Aderisce al Novecento Italiano ed è annoverato da Margherita Sarfatti nel "vivaio di giovani forze" del movimento; partecipa nel 1926 alla I Mostra del Novecento Italiano alla Permanente di Milano e a tutte le esposizioni successive in Italia e all'estero. Anni significativi sono il 1927 e il 1928 grazie alla presenza alla Biennale di Brera, con le opere Giulia e Laura e Paese toscano, e per la prima volta alla XVI Biennale di Venezia, dove tornerà ad esporre nel '30, '32 e '34.
Nel 1931 è tra gli artisti della I Quadriennale e nello stesso anno alla Exhibition of Contemporary Italian Painting, organizzata dalla Quadriennale di Roma al Museo di Baltimora. Il 28 ottobre 1932 nel decennale della marcia su Roma si apre a Palazzo delle Esposizioni la Mostra della Rivoluzione Fascista, per cui Pratelli si occupa della parte artistica di tre sale. Nel 1935 lascia Milano per tornare a Roma, dove si dedica alla scenografia e regia di cinema, abbandonando sia l'insegnamento che l'attività espositiva. Nella seconda metà degli anni Cinquanta riprende l'attività pittorica, che continua fino agli ultimi anni della sua vita. Attualmente importanti opere dell'artista sono custodite in musei nazionali e internazionali, gallerie e collezioni pubbliche e private. (Comunicato ufficio stampa IBC Irma Bianchi Communication)
Immagine:
Esodo Pratelli, Estate, 1930, olio su tela cm. 160x140
Pino Musi
"Phytostopia"
05 aprile (inaugurazione ore 11.00-18.00) - 14 settembre 2025
Rolla.info - Bruzella (Svizzera) www.rolla.info
"Nel 2021, durante il periodo della pandemia Covid-19, ho fotografato in Francia, Belgio e Italia alcuni ‘muri vegetali' che non avevano ricevuto manutenzione, ed una serie di situazioni altrettanto bizzarre nella loro forma, quanto inquietanti, dove la vegetazione ha modificato un apparente equilibrio fra natura, cultura e habitat." Pino Musi Phytostopia è la ventiquattresima mostra della Fondazione Rolla. Le undici opere esposte provengono dall'archivio di Pino Musi e dalla collezione privata di Philip e Rosella Rolla. In catalogo un saggio dello storico e teorico del paesaggio Michael Jakob e un breve testo di Pino Musi.
Pino Musi é fotografo e artista visivo con base a Parigi. Il suo lavoro ha intersecato molteplici aree d'interesse come l'antropologia, l'architettura, l'archeologia o, ancora, l'industria. Le opere fotografiche di Pino Musi sono presenti in collezioni private e pubbliche, tra cui la Collezione Rolla, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, la Fondazione Modena Arti Visive, la Fondazione di Sardegna, il Frac Bretagne, la Fondazione MAST di Bologna, la Art Vontobel di Zurigo, il Canadian Centre for Architecture di Montréal. Sono stati pubblicati finora ventisette libri con sue opere.
Michael Jakob è professore di lettere comparate all'università di Grenoble e di storia e teoria del paesaggio presso l'Accademia di Architettura di Mendrisio e la Graduate School of Design (Harvard University). Saggista, curatore internazionale di mostre e autore di documentari, ha pubblicato da ultimo La Leda scomparsa (Silvana Editoriale). (Comunicato stampa)
Immagine:
Pino Musi, Phytostopia #01, 2021/2025, stampa digitale fine art cm 128.8x92
Sara Rossi
"Rêver"
04 aprile (inaugurazione ore 18.30) - 31 maggio 2025
Glenda Cinquegrana Art Consulting - Milano www.glendacinquegrana.com
Mostra personale di Sara Rossi (Milano, 1970), artista, fotografa e videoartista italiana di rilievo nel panorama italiano ed internazionale. L'esposizione raccoglie installazioni, opere fotografiche e un video, in un percorso immersivo che sovrappone sogno, memoria, archivio e paesaggio. Il titolo della mostra, Rêver (dal francese: sognare, desiderare, immaginare, fantasticare, pensare, ma anche reverso, rovescio, risvolto, rivisitazione in altre lingue), introduce l'opera principale, un'installazione site-specific che trasforma lo spazio della galleria in un grande panorama visivo. L'opera si sviluppa come una composizione circolare di ritagli di libri fotografici, disposti lungo le pareti della sala grande. Il visitatore, situato al centro, è avvolto dall'opera e può esplorarne ogni dettaglio.
Questo approccio richiama l'antica tecnica del panorama, un'opera circolare disposta in modo che lo spettatore, situato nel mezzo, possa contemplarne con facilità ogni elemento che la compone. Il titolo stesso, Rêver, costituisce una scelta non casuale: è palindromo, leggibile in entrambi i sensi, a suggerire la circolarità dello spazio, dello sguardo e del tempo. Secondo la Rossi, che si ispira fortemente a Bachelard, ogni sogno è una visione materiale; quindi, rêver è uno spectaculum nel senso letterale di ciò che si offre al pubblico sguardo, dove all'interno della visione dell'artista è importante indagare il legame costante che unisce la riproduzione delle immagini allo spettacolo.
Nella mostra, a cura di Glenda Cinquegrana, un'ampia sezione è dedicata al progetto fotografico Abc (2013), ancora in corso di completamento, in cui la Rossi, mettendosi lungo una linea di continuità ideale con il Viaggio in Italia di Ghirri, realizza un'indagine condotta a tutto tondo su territori periferici di città italiane. Sara Rossi esplora il legame tra insegne pubblicitarie e paesaggio urbano: ne isola gli elementi di testo e al tempo stesso li mette in dialogo fra di loro, creando delle vere e proprie poesie visive. Il contrasto tra elementi ironici e profondi apre nuove interpretazioni sulla relazione tra parola, immagine, paesaggio urbano e gli elementi che compongono la nostra memoria collettiva.
L'esposizione, infine, include il video Era (2002), realizzato in pellicola Super-8 e successivamente riversato in digitale. Il film alterna immagini di rovine antiche e paesaggi naturali, riprese del fiume Ciane, dove crescono piante spontanee, che è uno specchio, nel quale una figura femminile si riflette. Il titolo del video gioca sui molteplici significati della parola: è un riferimento alla dea, il passato del verbo "essere", ed anche un'era geologica. Girato in super8 come un documentario amatoriale dei primi anni '70, il video racconta un viaggio più immaginario che reale, trattandosi di una personale interpretazione allegorica della figura dell'artista che superando il suo io Narciso si fa paesaggio. Il video inizia con alcuni frammenti di filmini amatoriali girati cinquant'anni fa in Centro America o nell'isola di Ceylon dal nonno, cui seguono le riprese realizzate sul fiume Ciane, nei dintorni di Siracusa. L'opera riflette sul tempo, sulla memoria. Per la Rossi sperimentare con la pellicola significa restituire profondità e qualità all'immagine. (Comunicato stampa)
Immagine:
Sara Rossi, Rêver, 2025, veduta dell'installazione dimensioni variabili
Francesca Ferreri
"Endless Repairs"
13 marzo (inaugurazione ore 18-21) - 26 aprile 2025
Simondi Gallery - Torino www.simondi.gallery
La vita ha una sua temperatura: è nella misura del calore che trova il modo di crescere, continuare a essere, permanere in uno stato funzionale al suo svolgimento biologico. Il corpo ha in sé un flusso caldo che si muove, e che alimenta il mondo sconosciuto che è la forma fisica in cui abitiamo, e in cui ci identifichiamo. Noi siamo anche questo meccanismo in grado di funzionare al meglio a circa 36 gradi centigradi. Abbiamo ancora tutti la memoria recente di quanto peso questo dato abbia avuto negli ultimi anni, di quanto la temperatura fosse diventata il sintomo, il discrimine, il segnale per identificare il grado di pericolo a cui il nostro corpo fosse sottoposto. Certo che quando sentiamo il calore crescere, d'istinto ci allarmiamo: la febbre è un male in sé, ed è un sintomo ipotetico di un altro male più profondo; è il messaggio più chiaro che il nostro sistema organico riesce a formulare per chiederci attenzione.
Francesca Ferreri (Savigliano, 1981) usa la materia per dare forma al sintomo: la galleria è, adesso, un corpo infiammato. Da molto tempo, ma soprattutto dal 2022 (anno in cui la temperatura è salita nel corpo dell'artista facendole fronteggiare il malessere incarnato allora dal covid), il pensiero di Ferreri ha iniziato a orientarsi verso la disamina del significato dell'infiammazione, questo segnale che il corpo usa per parlarci. Nel disegno Ferreri trova la sequenza, la gestualità latente del calore quando cresce sottopelle; i Fever Drawings (2022), finora inediti, sono la prima impressione del trauma, dell'algoritmo impazzito di cui siamo in balia nel picco incontrollato dell'infiammazione.
Noi stessi ci troviamo ora nel ruolo di corpi infestanti, non si sa se ancora benigni o già guastatori: siamo noi i batteri che, camminando, rischiamo di contaminare ciò che tocchiamo, calpestando a terra la spina dorsale dell'anatomia in pericolo dello spazio, gli organi che ci troviamo a percorrere. Il corpo, infiammandosi, ci lancia gridi differenti: li vedremo pian piano. Il dolor (dolore) è l'aculeo incolore che, sporgendo verso di noi, ci racconta della fitta lieve che prelude all'insorgere di qualsiasi danno.
L'artista sa che la manifestazione non possiede mai un significato decisivo, o univoco: ogni sintomo è un segnale che nasce con la volontà di salvarci, non di ferirci. Il corpo vuole questo per noi: toglierci dallo strapiombo e portarci in salvo. Il concetto di restauro, che già appartiene alla ricerca di Ferreri nel pensiero e nei materiali, si fa in questo caso prosecuzione di un discorso, un ampliamento: la riparazione di un danno nasce dalla volontà di conservare o di tornare allo stato indenne precedente di una certa realtà fisica. Quando inascoltati, i segnali propedeutici alla riparazione si trasformano presto in male, un ulteriore squarcio sulla materia rovinata; il corpo deve ricominciare da capo il proprio lavoro di rammendo. Il ciclo eterno della riparazione.
Col dolore, nel processo infiammatorio, arriva il rubor (rossore): il corpo diventa l'altare votivo dedicato al colore del proprio stesso sintomo; le braccia aperte dell'opera lanciano l'appello a guardare l'icona dello spirito, conservata sull'eritema di uno sterno capovolto, orizzontale. Alziamo gli occhi: angeli rossastri e metallici stazionano sul soffitto, ci guardano da lì. Il calor (calore) si muove sull'altezza, ci sovrasta: nel flusso misterioso che fa aumentare i gradi, e quindi scombinare la regolarità chimica da cui dipende il nostro concetto di salute - andiamo a vedere la grande tela di lino dipinta ad acrilico e olio - il calore è un battito d'ali che rende l'aria più pesante, il nostro fiato più corto, la pelle già sudata.
Francesca Ferreri fa in modo che la materia inanimata parli della nostra febbre, del suo significato latente, mentre i batteri sono liberi di muoversi a terra e sulle pareti nella loro forma circolare - quasi primitive ruote - con l'anima cava e mai, ribadiamolo, per forza maligni. Il tumor (gonfiore) è il nostro quarto grido: vediamo la pelle della parete sollevarsi, tumefarsi i suoi tessuti; forse se la sfiorassimo le faremmo male. L'operazione che compie Ferreri non è da intendersi come la mera registrazione del funzionamento della nostra biologia.
L'artista non sta mettendo l'organismo sotto un vetrino come Giuseppe Penone (Svolgere la propria pelle, 1970), né tantomeno l'arte è qui chiamata ad avere come referente il corpo vero e sanguigno della tradizione performativa: questi sono sintomi che parlano a ogni corpo; è l'esplosione termica del terreno vulcanico che diventa talvolta il nostro corpo. Come fossimo tante Terre pronte a nascere dopo l'eruzione di calore di un big bang. Ci infiammiamo, questa è la constatazione: siamo sempre più propensi a una temperatura capace di alterare le nostre funzioni vitali, e senza saperla davvero controllare o comprendere.
Ferreri applica sulle fibre delle proprie opere la visione e la cromia di quanto saremmo solo in grado di percepire sottopelle, e neanche di cogliere pienamente sul piano cognitivo. Cos'è questo calore che pian piano, inascoltato, esonda? Che nome può avere questo fenomeno che, alla fine, mina la salute dell'uomo sfociando in problemi differenti? Ferreri, quando pone a sé stessa e a noi queste domande, pensa agli Iperoggetti teorizzati nell'omonimo libro di Timothy Morton (2013): constatare che il corpo umano sia sempre più spinto verso un'alterazione del proprio equilibrio termico (e ai disturbi che da esso derivano) è qualcosa che risulta inafferrabile, un problema troppo vasto e troppo vago perché se ne possa dare una collocazione intellettualmente sufficiente ed esaustiva.
Tutto sta nel rifluire e nell'ascolto; nel dialogo necessario tra la realtà del corpo e quella dello spirito (concetto preferito da Ferreri a quello di mente, col quale si tende a considerare in modo limitato la sola facoltà razionale), uno spirito che è fatto del sangue che ci irrora, che parla lo stesso linguaggio vitale della cellula, o del nervo. Guardiamo la grande scultura messa ad assorbire i flussi vitali del luogo, come una sanguisuga dipinta del colore dello spirito. Come a dirci che niente è mai davvero disunito; che è proprio nel ricircolo, nell'assorbimento, nello scambio ininterrotto che può compiersi l'intero che formiamo, guarire, avverarsi la sua piena funzione. (Carola Allemandi)
Immagine:
Francesca Ferreri, Fever Drawings, 2022, acquerelli su carta cm 21x29.7
"Permanenza - ogni cosa è impermanente"
13 marzo (inaugurazione ore 18.30) - 05 aprile 2025
Galleria Previtali - Milano www.galleriaprevitali.it
La mostra, a cura di Erika Lacava, affronta temi universali ed esistenziali insieme ad argomenti di forte attualità come l'emergenza climatica, la fragilità psicologica ed emotiva, i segni del trascorre del tempo. Venti gli artisti in mostra che hanno declinato il tema secondo la propria poetica personale muovendosi sul confine labile tra stabilità e provvisorietà, evidenziandone la rapidità del cambiamento. In mostra opere di pittura, scultura, fotografia, video arte, installazione e fiber art.
Espongono: Mauro Pinotti, Stefi Ranghieri, Matteo Suffritti, Daniela Barzaghi, Paola Rizzi, Loredana Galante, Alessandro Lobino, Ester Leli, Federica Gonnelli, Gero Canalella, Nadia Frasson, Antonella De Sarno, Michela Cavagna, Paola Calcatelli, Giulietta Gheller, Simonetta Testa, Grazia Gabbini, Daniele Ismaele Cabri, Luce Resinanti e Oriella Montin. (Comunicato di presentazione)
Luciana Pretta
12 marzo (inaugurazione ore 18) - 29 marzo 2025
Maja Arte Contemporanea - Roma www.majartecontemporanea.com
Personale dell'artista brasiliana Luciana Pretta, alla sua prima collaborazione con la galleria. L'esposizione è la seconda di un ciclo di tre mostre - "Quando filo, colore, parola s'intrecciano" - a cura di Giovanna Dalla Chiesa, che mette a confronto il lavoro di tre artiste: Alice Schivardi, Luciana Pretta e Luisa Lanarca. In mostra una selezione di lavori recenti: tre monumentali dipinti verticali (h. 5 m) si susseguono lungo un'intera parete, dispiegandosi come arazzi sospesi. Disposti l'uno accanto all'altro, evocano l'idea di un trittico fluido, in cui il colore e la materia scorrono in continuità, come un'unica grande tessitura pittorica. A fare da contrappunto, un gruppo di dipinti di piccolo formato e una installazione che include alcune sue opere scultoree.
Nata nel 1980 a Vitória da Conquista (Bahia), Brasile, Luciana dos Santos - soprannominata familiarmente Pretta ("nera"), per il colore dei suoi capelli - vive e lavora in Italia. Si è diplomata in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, completando poi gli studi con la Laurea in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Ha inoltre frequentato corsi presso la Scuola di Belle Arti dell'Università Federale di Bahia, in Brasile. Il suo lavoro esplora temi legati alla memoria, all'identità e alla relazione tra passato e presente, attraverso un uso intenso del colore e materiali di recupero. La sua pratica integra elementi naturali e organici - come pigmenti, oli essenziali e cotone grezzo - sottolineando un impegno per la sostenibilità e la consapevolezza ambientale.
Come osserva Giovanna Dalla Chiesa: "Luciana Pretta è nata pittrice. La pittura è il linguaggio silenzioso in cui la sua sensibilità ha preso naturalmente forma, curvando maternamente intorno agli ostacoli, trovando rifugio nella ricchezza delle emozioni e del sogno. La sua pittura non presenta alcuna distinzione tra linea e colore, tra il disegno (raziocinio) e il colore (sentimento). Il Brasile da cui proviene - benché le sue origini siano italiane - con l'enorme estensione, i suoi colori, l'ignoranza di passioni e conflitti come quelli che nutrono la tragedia greca, l'assenza di ogni regola prospettica, è il regno delle relazioni spontanee, di una cultura che non privilegia la rappresentazione, ma il canto, la musica e la danza; di rituali e di comportamenti che nascono in continuità e in simbiosi con il corpo della natura (e dell'essere umano) e che ne onorano aspetti e sostanza.
L'Europa ha messo più di un secolo per liberarsi dalla scissione che ha afflitto così a lungo la sua cultura e per abbattere un ego cartesiano pronto a erigere barriere a ogni occasione. Negli ultimi anni, il lavoro di Luciana Pretta è passato dai piccoli e medi formati abituali su tela, da un ingegnoso riuso di carta, cartone e oggetti minuti, alle grandi dimensioni che esaltano la qualità di una pittura paesaggio - paesaggio che è sempre protagonista nelle sue opere -, che si fa corpo, fiume, montagna per accogliere il visitatore nelle sinuosità della sua tettonica, pronta a farlo sentire a suo agio, come ci si sente sotto la volta del cielo, la chioma di un albero, la cavità di una roccia.
La memoria dei panorami anfrattuosi del suo paese è sempre più presente, oggi, in una forma di trasformazione attiva, che ama servirsi di materiali organici e naturali, come pigmenti derivati da minerali e piante, oli essenziali e cotone grezzo. Una scelta che non ha a che fare solo con l'estetica, ma con l'etica del rispetto della sostenibilità ecologica, della responsabilità ambientale, dell'attenzione che si deve a tutta la creazione di cui l'uomo è solo un'infima parte." (Comunicato stampa)
Immagine:
Luciana Pretta, O sol manha de flor e sal, 2025, acrilico e pigmenti naturali cm40x30
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Alice Schivardi, Luciana Pretta, Luisa Lanarca
"Tre artiste a confronto - Quando filo, colore, parola s'intrecciano" Presentazione mostre
"INCIDENDO / 2"
08 marzo (inaugurazione) - 20 marzo 2025
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova
info@ariannasartori.eu Locandina della mostra
Alle pareti della Galleria sarà possibile ammirare le incisioni di Mirta Caccaro, Antonia Campanella, Laura Di Fazio, Priscilla Ganassini, Roberta Giovannini, Danilo Montini, Claudio Olivotto, Paolo Perbellini, Alberto Serarcangeli, Marcello Trabucco. Curata da Arianna Sartori, l'esposizione, che presenta quattro opere di ciascun Artista invitato.
___ Biografie degli Artisti
_ Mirta Caccaro (Vicenza), diplomatasi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, inizia la sua carriera espositiva nel 1989, occupandosi di pittura, incisione, illustrazione, xilografia, ceramica e scenografia ed esponendo le sue opere in occasione di mostre personali e collettive sia in Italia che all'estero. Le sue numerose esperienze nazionali ed internazionali le permettono di defilare un curriculum che la porta ad essere riconosciuta ed apprezzata in tutto il territorio italiano e non solo. Gli anni in cui frequenta l'Accademia sono per lei un momento di sperimentazione e di scoperta: l'approccio a differenti tecniche espressive, l'interazione e lo scambio con altri studenti ed insegnanti portano Mirta verso la delineazione della sua personale ricerca espressiva, fatta di fusione fra figura, spazio e colore. Frequenta da anni la Stamperia d'Arte Busato, con la quale ha realizzato la Cartella per la Regione nel 2006.
_ Antonia Campanella (Monopoli - Bari), giovanissima si trasferisce a Milano dove si diploma al liceo Artistico di Brera e consegue la laurea in Industrial Design presso il Politecnico di Milano. Da sempre affianca agli studi scientifici un'intesa ricerca nell'ambito delle arti figurative, grafiche e web-design. Negli anni 2000 si appassiona alla calligrafia e la grafica d'arte partecipando a seminari, workshop e corsi presso diversi centri di formazione (Scuola del Castello Sforzesco di Milano, la Scuola Internazionale di grafica a Venezia, l'Accademia Carrara di Bergamo). Dopo una prima fase espressionista e fantastica si orienta verso esperienze di legatoria, approdando all'oggetto libro. Negli anni successivi lavora nella direzione di una rinnovata ricerca figurativa utilizzando un linguaggio nuovo che consente l'unione fra vari livelli concettuali.
Anche la tecnica subisce una profonda trasformazione, unisce l'incisione e la grafica a materiali tecnici insoliti proponendo stratificazioni visive e scenari suggestivi. Artista della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano e membro nella Commissione Artistica 2016/2017 dello stesso Ente. Nel 2007 fonda e dirige a Cassina de Pecchi (MI) l'associazione Artistica "La Forza del Segno", per promuovere lo studio e la pratica dell'arte contemporanea proponendo iniziative espositive, editoriali e di ricerca in campo artistico. Operatore culturale, docente ed artista. Opera nel campo della grafica, della pittura, dell'incisione. Ha esposto in diverse città italiane e straniere, le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private.
_ La ricerca artistica di Laura Di Fazio - formatasi all'Accademia di Belle Arti di Brera - si sviluppa tra la grafica d'arte, la pittura, la cianotipia e la realizzazione di plaquette e libri d'artista. La commistione tra tecniche diverse, partendo da quelle incisorie, ha reso possibile un progressivo abbandono dello spazio piano verso una tridimensionalità dell'opera attraverso stratificazioni di segni e di colore e la creazione di trame e di textures che interagiscono con elementi naturali e figurazione.
Sue opere sono presenti presso la Civica Raccolta Bertarelli di Milano, nel "Repertorio degli Incisori Italiani" di Bagnacavallo, nell'Annuario degli incisori italiani di "Grafica d'Arte", che nel 2015 le riserva un articolo nel supplemento L'Occhio nel Segno, presso la collezione Sartori di Mantova che le ha dedicato una pagina nel mensile d'Arte "Archivio" n 6/2017 e presso altre raccolte istituzionali, musei e collezioni private. Nel suo atelier, Spazio Mantegna, si dedica altresì alla curatela di mostre, eventi culturali, incontri laboratoriali e rassegne dedicate al libro d'artista. Nel 2016/2017 è stata membro della Commissione Artistica della Permanente di Milano.
_ Priscilla Ganassini, si diploma al Liceo Artistico e poi si laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Nel 1992 espone per la prima volta le incisioni in una Collettiva al Centro dell'Incisione di Milano, dopo aver seguito per due anni i corsi di Gigi Pedroli. La passione per la tecnica la spinge ad intensificare l'attività artistica. Prosegue l'apprendimento al C.E.P. di S. Erlembardo dietro la guida di Giuliana Bellini, per quattro anni. Organizza il suo laboratorio a Marudo, dove stampa in proprio,in una cascina,a contatto del mondo che ama rappresentare.
I temi dominanti sono, e resteranno nel tempo, legati al mondo della natura. Dal 2000 fa parte del III, IV, V, VI Volume del "Repertorio degli Incisori Italiani" del Gabinetto delle Stampe del Comune di Bagnacavallo (RA) ed è presente nel sito. Alcune sue opere fanno parte di questa Collezione Pubblica. Dal 2005 inizia a partecipare alle Edizioni di "Una Mostra, un Restauro" volte al restauro di Opere d'Arte di Norcia del XIV, XV e XVI sec. attraverso la donazione di opere grafiche. Ha partecipato a numerose collettive e personali in Italia e all'estero. Diverse sue opere, pubblicate sul mensile "Archivio", fanno parte della Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori e del Dizionario d'Arte Sartori (Mantova).
_ Roberta Giovannini scultrice, pittrice e calcografa completa la sua formazione all'Accademia "Clementina" di Bologna. Docente di Discipline Grafiche, Pittoriche e Scenografiche al Liceo Artistico "A. Venturi" di Modena. Il suo iter artistico è profondamente segnato dal rapporto con la cultura Medio Orientale che ha alimentato opere pittoriche, calcografiche e scultoree. Il percorso espositivo la vede presente in Italia e all'estero, in manifestazioni e concorsi con numerose personali e più di cento collettive; si segnalano le personali più importanti e significative: 2006 Palazzo delle Nazioni Unite, Ginevra; 2008-2009-2011-2022 Studi aperti ad Amman (Giordania); 2015 Expo, Milano, 2018 Aula Magna, Palazzo del Rettorato, Università, Siena.
Sue creazioni fanno parte di collezioni private e pubbliche in Italia e all'estero, tra le principali: ad Amman (Giordania), Fondazione Ngok-Yan-Yu in Cina, la Raccolta del Disegno e della Grafica Contemporanea alla Galleria Civica di Modena, Sede Nazionale Associazione Vittime di Guerra a Roma, Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori di Mantova... Il corpus grafico è composto da 200 matrici, molte di grande formato.
_ Danilo Montini (Borgoforte - Mantova, 1918-2018), autodidatta, è un artista a tutto tondo, egli pratica infatti oltre all'incisione, prediligendo la tecnica dell'acquaforte, il disegno, la pittura e la scultura. A partire dal 1976 partecipa a molti Concorsi: Città di Guastalla, Viadana, Casalmaggiore (CR), Suzzara, Cattolica (RN), Parma, Salsomaggiore Terme (PR), spesso classificandosi primo. Nel 1986 tiene la sua prima mostra personale alla Biblioteca di Virgilio (MN), seguono a Guastalla (RE), e alcune personali alla Galleria Arianna Sartori di Mantova. Nel 2007 figura al "Premio Acqui. VIII Biennale Internazionale per l'Incisione" di Acqui Terme, dove presenta l'incisione Passiflora. Nel 2024 è presente alla rassegna "La stampa d'arte a Mantova dal 1800 ad oggi" che è stata organizzata alla Casa Museo Sartori a Castel d'Ario (MN) e pubblicato nel catalogo della mostra.
_ Claudio Olivotto (Bressanone, 1943) lavora come pittore e incisore, affrontando temi riguardanti la natura e la meditazione sul mondo fantastico che esse ispirano. "In alcune mie opere compaiono spesso i ricordi che mi riportano a quando ero bambino e, dal balcone di casa, osservavo passare una gigantesca locomotiva nera che sferragliava e sbuffava, sul piccolo ponte di pietra. Quel treno m'appariva come un gigantesco drago, presenza che tuttora mi segue nei sogni, alimentando visioni fantastiche.
Molte delle mie opere nascono da schizzi e idee che raccolgo in piccoli libretti e che poi trasporto direttamente su carta o su lastra di rame. Racconti e raffigurazioni che, mentre disegno, mi permettono di viaggiare in spazi sconosciuti e imprevedibili. Ma sempre vado alla ricerca dell'equilibrio che trovo nel mondo della natura e del grande mistero a cui cerco di avvicinare il mio lavoro". Per anni presidente del Circolo Artistico S. Erardo di Bressanone, oggi fa parte del direttivo e gestisce il laboratorio d'incisione e disegno.
_ Paolo Perbellini (Verona, 1952), artista autodidatta si dedica indifferentemente alla pittura, alla grafica e alla scultura. Specialmente attratto dalle immagini monocrome inevitabilmente la sua attenzione è rivolta verso il disegno, le tecniche xilografiche e la linoleografia che meglio rappresentano la sua creatività. Fin da giovane, senza alcuna conoscenza tecnica ma spinto dall'entusiasmo, inizia a disegnare e ad incidere con attrezzi rudimentali pezzi di scarto di pavimenti in linoleum e tavolette di compensato che poi inchiostra e stampa su fogli di carta pressandoli con l'aiuto di un oggetto convesso. Passati alcuni anni dopo varie sperimentazioni e letture di manuali sull'argomento si munisce di attrezzi più idonei all'incisione e riesce ad acquistare un vecchio torchio tipografico in disuso da anni col quale stampa i suoi lavori. Nel 1984 nasce il suo primo figlio e da quel momento inizia a conservare tutto ciò che produce artisticamente.
Ad oggi le lastre incise sono più di trecento, duecentocinquanta delle quali eseguite con la tecnica linoleografica e xilografica. Nel 1989 incontra lo scultore Gino Bogoni e il poeta e critico d'arte Silvano Martini che casualmente vedono i suoi lavori e lo spronano ad esporre. Partecipa così a mostre collettive e personali in italia e all'estero. Si occupa anche della realizzazione di libri d'artista, sia in pezzi unici sia in tirature limitatissime, di cui realizza le tavole illustrate e i testi composti con caratteri mobili e stampati personalmente. Sue ultime fatiche una ricerca sui detti e proverbi dialettali veronesi sfociata nella pubblicazione di due libri. Il primo "I proverbi del lunario" composto da 280 pagine in cui sono raccolti 433 proverbi illustrati con 224 tavole miniate a colori e il secondo, "El vin l'è el late dei veci" costituito da una raccolta di 436 proverbi dialettali a tema enologico illustrati con 119 disegni in bianco e nero.
_ Alberto Serarcangeli (Latina, 1957), dopo il diploma al Liceo Artistico Statale di Latina prosegue gli studi presso la facoltà di Architettura dell'Università "La Sapienza" di Roma. Dal 1975 allestisce diverse mostre personali e partecipa a numerose mostre collettive e rassegne in Italia e all'estero esponendo in Francia, Finlandia, Svezia, Ungheria, Rep. Ceca. Si occupa di pittura, incisione, scultura e ceramica, fotografia, design e interior design, promozione culturale, valorizzazione del patrimonio artistico. Ha tenuto corsi di tecniche incisorie e pittoriche nei corsi internazionali "G.B. Piranesi" in Italia, "Konstu 91", "Intemational Art Camp" ad Hivijnkaa e Tornio in Finlandia, a Upice in Rep. Ceca, ha realizzato varie campagne di catalogazione e rilievo del patrimonio mobile e immobile del territorio pontino in convenzione o collaborazione con istituzioni pubbliche ed EE.LL.
È autore, con altri, dei volumi "Il Novecento in Provincia di latina", "La Scultura Monumentale in Provincia di Latina", "Ex Libris di Maria Adriana Gai", "Inventario d'Arte, Opere della Galleria di Arte Moderna di Littoria", "Duilio Cambellotti e La Conquista della Terra", ha ideato e curato tre edizioni del premio nazionale di pittura "Sabaudia Ferruccio Ferrazzi" in collaborazione con C.F. Carli e per 5 anni ha organizzato e condotto un laboratorio di ricerca e sperimentazione fotografica presso il "Centro Diurno di Villa Lais" della Asl Roma C, attualmente, oltre alla produzione grafico-pittorica e all'attività espositiva, tiene corsi e workshop di tecniche pittoriche e incisorie a Latina.
_ Marcello Trabucco, gli studi di architettura alla Sapienza, successivi al Liceo Artistico, ha indirizzato i suoi interessi verso le espressioni artistiche della contemporaneità. Come progettista ha partecipato con esiti positivi a numerosi concorsi di architettura. Lo spazio insieme al tempo costituiscono nelle opere pittoriche così come nelle incisioni calcografiche, il tema principale con le quali ha preso parte a mostre in Italia e all'estero. Ricerca e indaga quei segni che la storia ci ha lasciato; architetture, monumenti, manufatti antichi, tracce incise, intonaci sbrecciati e corrosi dal vento, in cui il tempo ha fissato le proprie impronte.
Ha prodotto ricerche e pubblicazioni inerenti le mutazioni del paesaggio del territorio Pontino e della Campagna Romana, tra queste "Consorzio di Bonifica dell'Agro Pontino" e la "Trasformazione della costa del Lazio", (Palombi Editori). Ha esaminato la produzione scritta e grafica dei viaggiatori del Grand Tour, editando una cartella di incisioni "Ninfa: La permanenza della memoria" con A. Serarcangeli e la pubblicazione: "Ninfa nella Campagna Romana" curata dalla Gangemi International. Nel 2023 con F. Bianchini ha realizzato la guida: "Latina 1927-1944, architetture e progetti della città di fondazione", pubblicata dalla Casa dell'Architettura di Latina. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Laura Di Fazio, Fedora o del desiderio
2. Claudio Olivotto, Il nido
3. Priscilla Ganassini, Una barca sul lago
4. Opera di Mirta Caccaro
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Stefano Ciaponi | "Enigmi"
01 marzo (inaugurazione) - 13 marzo 2025
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova Presentazione
Dorde Jandric
"Kodikamo hrpa / Far and Away a Heap"
Trieste Contemporanea presenta, in co-produzione con l'Institute for Contemporary Art di Zagabria, l'esposizione dell'artista croato Ðorde Jandric, a cura di Janka Vukmir, un progetto che esplora il confine tra arte fisica e digitale. La mostra è realizzata nell'ambito dei "Dialoghi con l'Arte dell'Europa centro orientale 2025" con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia (e sotto il marchio collettivo Io Sono Friuli Venezia Giulia) e si avvale della collaborazione dello Studio Tommaseo.
Jandric propone a Trieste due serie di opere a matita su carta, in cui sono disegnati a grafite, con meticolosa precisione, "cumuli" (heaps), numeri e codici QR. Sono disegni che confermano e ribadiscono l'importanza del lavoro manuale. Per quanto riguarda il terzo gruppo di disegni che fanno parte dell'esposizione, "inizialmente non si sa affatto che esista..." scrive Janka Vukmir. La proposta espositiva, di Jandric infatti, presentata all'ICA di Zagabria lo scorso aprile, richiede al pubblico di interagire e scansionare i codici QR che conducono a questa terza serie di opere nascoste nel mondo digitale che così si svelano oltre il piano bidimensionale del disegno.
"Ma cosa sono esattamente questi cumuli di Jandric? - prosegue la curatrice - La sua biografia professionale afferma che ha studiato architettura, abbandonandola in favore dello studio della scultura, ma mai una volta nel suo lavoro ha abbandonato i principi di base del pensiero spaziale. È interessato a numeri, disegno, geometria, spazio, volume, concetto, analisi e contesto, praticamente le basi per elaborare un progetto (planning). Quando ha introdotto nel suo lavoro l'idea del cumulo, trent'anni fa, questo era in realtà il riflesso dell'atteggiamento secondo cui un cumulo di qualsiasi materiale è una scultura potenziale e che una scultura può essere realizzata in qualsiasi materiale e mezzo poiché, oltre alla tridimensionalità, raggiunge anche un suo volume non semplicemente tramite la materialità della forma ma anche con l'accumulo di contenuto immaginato. Per Jandric quasi tutto è un cumulo e ogni cumulo è una scultura. Tutto è una scultura, ha affermato in una conversazione durante i preparativi per la sua mostra all'Institute of Contemporary Art. Questi disegni di cumuli devono essere intesi anche in questo modo, come sculture decostruite, suddivise in sequenze di disegni bidimensionali, piani."
Jandric invita dunque il pubblico a riconsiderare il concetto di "cumulo" che nell'opera dell'artista trascende la sua dimensione puramente materiale e diventa simbolo di un processo continuo di accumulazione e trasformazione, sia materiale che concettuale. Questi cumuli, ci dice Vukmir, assumono nei disegni la forma simbolica di un triangolo e un cerchio inscritti in un quadrato, forme che costituiscono un principio quasi euclideo dell'analisi della struttura, dello spazio e dei cambiamenti. Nell'atto codificato di apertura dello spazio digitale dove dimora il terzo gruppo di lavori si aggiungono nuove relazioni e questo ulteriore accumulo solleva interrogativi sul ruolo della partecipazione dell'osservatore e sull'evoluzione della percezione dell'arte nell'ibrido contesto visivo contemporaneo.
Ðorde Jandric (Zara, 1956) studia architettura all'Università di Zagabria dal 1975 ma interrompe gli studi nel 1978 per iscriversi all'Accademia di belle arti e studia storia dell'arte alla Facoltà di filosofia. Si laurea nel 1985 (J. Biffel, J. Poljan). Inizia a esporre al 13° Salone della gioventù di Zagabria nel 1981. Tra il 1992 e il 1994 è art director della rivista «Kinoteka». Nel 2005 rappresenta la Croazia alla mostra Statue and Object a Bratislava e nel 2008 alla mostra Europart a Ginevra. Dal 2007 al 2022 insegna all'Accademia di arti applicate dell'Università di Fiume. Vive e lavora a Zagabria e fino ad oggi ha tenuto oltre trenta mostre personali e partecipato a circa ottanta mostre collettive nel paese e all'estero. Nella sua permanente ricerca sul concetto di scultura, si esprime in quasi tutti i media visivi (scultura, pittura, disegno, performance, video, film).
Janka Vukmir è una storica dell'arte, curatrice e critica d'arte. È cofondatrice (1998) e presidente dell'Istituto per l'Arte Contemporanea di Zagabria. Precedentemente ha ricoperto il ruolo di vicedirettrice (1993-1996) e direttrice (1996-1998) del Soros Center for Contemporary Art di Zagabria. È curatrice del Premio Radoslav Putar che ha fondato nel 2002 e dal 2025 è presidente di AICA - Croazia. (Comunicato stampa)
Immagine:
Ðorde Jandric, un disegno dalla serie Far and Away a Heap, 2024, fotografia di Darko Bavoljak, courtesy Institute for Contemporary Art, Zagabria
Bianco al femminile
Sei secoli di capolavori tessili dalle collezioni di Palazzo Madama
26 febbraio 2025 - 02 febbraio 2026
Palazzo Madama - Sala tessuti - Torino
www.palazzomadamatorino.it
Un'esposizione che racconta la stretta connessione, materiale e simbolica, che lega il bianco, il colore naturale della seta e del lino, alla donna. Attraverso una selezione di cinquanta manufatti tessili custoditi nelle collezioni di Palazzo Madama, di cui sei restaurati in occasione di questa occasione e quattordici esposti per la prima volta, la curatrice Paola Ruffino accompagna lungo una storia secolare che passa per ricami minuti, intricati merletti e arriva al più iconico degli indumenti femminili di colore bianco: l'abito da sposa.
Il ricamo in lino medievale, la lavorazione dei merletti ad ago o a fuselli, il ricamo in bianco su bianco sono arti con cui le mani femminili hanno creato capolavori. Questo legame sottile e indissolubile attraversa i secoli e vede le donne nel ruolo di autrici, creatrici e custodi della tradizione, raffinate fruitrici e committenti di tessuti e accessori di moda. Momento clou della moda del bianco è, in Francia e in Europa, il finire del XVIII secolo. Il fascino esercitato dalla statuaria greca e romana ispira un abbigliamento che guarda all'antico. Le giovani adottano semplici abiti en-chemise, trattenuti in vita da una fusciacca; il modello del cingulum delle donne romane sposate, portato alto sotto al seno, dà avvio ad una moda che durerà per trent'anni. I tessuti preferiti sono mussole di cotone, garze di seta, rasi leggeri, bianchi o a disegni minuti, come le porcellane dei servizi da tè.
Intorno a questo fulcro, illustrato da abiti, miniature, ventagli e accessori femminili, l'esposizione esplora il passato e il futuro. Al XIV e XV secolo riconducono i ricami dei monasteri femminili, in particolare di area tedesca e della regione del lago di Costanza, lavorati in lino su tela di lino naturale, dove il disegno, fatto di punti semplici ma ampiamente variati, è delineato soltanto da un contorno in seta colorata. Un tipo di lavoro che, per la povertà dei materiali e per la facilità di esecuzione, si diffuse poi in ambito domestico laico, per la decorazione di tovaglie e cuscini. In Italia, sui teli domestici perdurarono a lungo motivi decorativi di origine medievale tipicamente mediterranei, quali uccelli, castelli, alberi della vita, delineati in bianco sui manufatti in tela 'rensa', una tela rada e sottile, di cui due rari esemplari sono in esposizione, forse siciliani o sardi.
Tra XVI e XVII secolo nacque in Europa la lavorazione del merletto, che vide protagonisti i lini bianchissimi e la straordinaria abilità delle merlettaie veneziane e fiamminghe. Una scelta di bordi e accessori in pizzo italiani e belgi illustra gli eccezionali risultati decorativi di quest'arte esclusivamente femminile, che nel Settecento superò gli stretti confini della casa o del convento e si organizzò in manifatture.
Nel XIX secolo, l'inizio della produzione meccanizzata causò la perdita di virtuosismo nell'arte manuale del merletto, virtuosismo che riemerse invece nel ricamo in filo bianco sulle sottili tele batista e sulle mussole dei fazzoletti femminili. Quattro splendidi esemplari illustrano l'alta raffinatezza raggiunta da questi accessori, decorati con un lavoro a ricamo che, a differenza di quello in sete policrome e oro dei grandi parati da arredo e liturgici e dell'abbigliamento, fin dal medioevo praticato anche dagli uomini, restò sempre un'attività soltanto al femminile, anche quando esercitata a livello professionale.
L'esposizione si conclude nel XX secolo con uno dei temi che più vedono uniti la donna e il colore bianco nella nostra tradizione, l'abito da sposa, con un abito del 1970, corto, accompagnato non dal velo ma da una avveniristica cagoule, una scelta non scontata che ribadisce la forza e la persistenza del rapporto tra l'immagine della donna e il candore del bianco. La selezione di tessuti è accostata nell'allestimento a diverse opere di arte applicata, fra cui miniature, incisioni, porcellane, legature provenienti dalle collezioni del museo.
In occasione del nuovo allestimento delle collezioni tessili, Palazzo Madama propone un laboratorio di cucitura in forma meditativa a cura di Rita Hokai Piana nelle giornate di sabato 15 e 22 marzo e 5 e 12 aprile 2025. Tutte le info sul sito. (Comunicato ufficio stampa Fondazione Torino Musei)
Sandro Chia. I due pittori. Opere su carta 1989-2017
22 febbraio (inaugurazione) - 15 giugno 2025
Fondazione Biscozzi | Rimbaud ETS - Lecce
www.fondazionebiscozzirimbaud.it
Protagonista della storia dell'arte contemporanea, Sandro Chia (Firenze, 1946) è stato tra i fondatori della Transavanguardia, il movimento teorizzato dal critico Achille Bonito Oliva sul finire degli anni Settanta. Il titolo della mostra a cura di Lorenzo Madaro - che richiama il titolo di importanti opere storiche dell'artista, una delle quali, Due pittori al lavoro - è un chiaro riferimento alla natura metamorfica dell'impegno di Chia, sempre orientato da un lato verso un avanzamento del lessico espressivo e dall'altro verso un rimaneggiamento costante e ossessivo delle immagini provenienti dalla storia dell'arte.
La mostra, che propone una ricognizione sistematica della sua produzione su carta con ben cento opere esposte, vuole essere un vero e proprio viaggio nel suo archivio intimo di immagini che l'hanno reso un maestro riconosciuto della pittura, esemplificando il suo immaginario denso di riferimenti alla storia dell'arte, ma anche di visioni ironiche e beffarde, oscillazioni tra corpi, simboli e allegorie dell'arte e della vita.
La mostra è parte integrante di un lavoro di ricognizione sugli anni Ottanta in Italia avviato dal curatore Lorenzo Madaro, docente di Storia dell'arte contemporanea all'Accademia di belle arti di Brera di Milano. Per l'occasione sarà pubblicato un catalogo (Dario Cimorelli Editore) che accoglie il saggio del curatore, le fotografie delle opere in mostra, materiali d'archivio e una densa sezione di apparati scientifici biografici, bibliografici ed espositivi dell'artista redatti da Simone Melis, assistente curatore della mostra. La mostra è organizzata con il supporto di Galleria Mazzoli, Modena. (Comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
Immagine:
Sandro Chia, (senza titolo), 2000, tecnica mista su carta cm 30.6x22.4cm, Foto Rolando Paolo Guerzoni, Courtesy Galleria Mazzoli, Modena
Anna Dormio
"Trigger"
08 marzo (inaugurazione) - 31 maggio 2025
Ass. Culturale beBOCS - Catania
Mostra a cura di a cura di Giulia Papa. La ricerca di Anna Dormio è rivolta alla manipolazione delle superfici e delle identità di oggetti e corpi. Attraverso la commistione di varie tecniche artistiche, prevalentemente pittura e fotografia, Dormio compie prelievi/appropriazioni di frammenti, scarti, brevi testi, appunti dimenticati o perduti, antiche fotografie, su cui apporta interventi pittorici o da cui derivano lente e continue accumulazioni, in grado di riconfigurare la loro identità e rigenerarne il senso. Un'azione affettiva e semantica con cui rielabora piccoli eventi originati dalla casualità, dalla perdita o dall'abbandono.
Anna Dormio si è laureata in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Lecce, città in cui ha fondato il collettivo artistico e project space Kunstschau. È attiva e impegnata nel panorama artistico contemporaneo in Puglia e in tutto il territorio nazionale. (Estratto da comunicato stampa)
Cibo & Arte
Varese, 15 marzo (inaugurazione) - 30 marzo 2025
Sala Veratti / Premiato Biscottificio / Istituto Alberghiero De Filippi www.contemporaryarteambiente.com
___ Gli Artisti di "Contemporary Arte&Ambiente APS"
Lorella Bottegal, Fabrizia Buzio Negri, Cristian Cacciatore, Pierangela Cattini, Gladys Colmenares, Marina Comerio, Irene Das Neves, Fabio Di Giacomo, Laura Fasano, Silvana Gadda, Elda Francesca Genghini, Martina Goetze Vinci, GuerraepaolO, Antonella Lelli, Stefania Mascheroni, Sonia Naccache, Carlo Pezzana, Elisabetta Pieroni, Viviana Poli, Idillio Pozzi, Elio Rimoldi, Elena Rizzardi, Virgilio Rovani, Andrea Santini Ersa, Donatella Stolz, Mariuccia Taino, Attilio Guido Vanoli, Gabriele Vegna, Roberto Villa, Francesca Zichi, Laura Zuccarello. Catalogo in mostra.
Cibo è Arte. Parlare di cibo, in un'epoca in cui tutto è virtuale e disorientante, può diventare l'unico mezzo per ritornare alla propria essenza umana. I grandi temi della nostra società, oggi. Cibo e benessere. Sostenibilità nel cibo. Gli sprechi di cibo. Carenza di cibo e le povertà del mondo. Cibo alla ribalta della cronaca, nella creatività della cucina internazionale. I disturbi del comportamento alimentare. Il cibo diventa quindi una realtà parallela da ritrovare o da riscoprire. E da vivere in una dimensione nuova di sostenibilità ambientale. Ne risulta un viaggio visionario con le opere degli artisti, dalle mille scansioni, con mille dinamiche. Nella mostra di Sala Veratti, 31 opere raccontano la speranza di un ritorno a un rapporto autentico con la Terra e la Natura.
E tra i Piatti d'Arte, in mostra all'antico Biscottificio (da ritrovare con sorprendente attualità storica nel centro di Varese) e all'Istituto De Filippi (per la Cena di gustose fantasie anti-spreco) si può cogliere il talento espressivo di ogni artista nelle realizzazioni presso l'atelier della Ceramica di Elisabetta Pieroni a Barasso, per un'arte oggi ritornata in grande evidenza alla ribalta. E attraverso la decorazione o nella tecnica del "Terzo Fuoco", risalta la dimensione più artistica del Cibo.
Scrive il critico d'arte Fabrizia Buzio Negri in catalogo: "Intorno al cibo, si sa, nasce l'identità di un popolo e si può leggere la cultura di un costume tramandato nella società. Potremmo motivare all'infinito la quotidianità dalle mille forme di espressione nelle vivande che arrivano sulle nostre tavole, per riflessioni indotte, non solo sociologiche, pronte a suscitare particolari ispirazioni artistiche."
Nell'ampio testo storico introduttivo, conclude: " E gli artisti di talento, dotati di capacità espressive, capaci di meravigliarsi e meravigliare il pubblico, ci regalano opere che possiamo contemplare nell'immenso privilegio di farci entrare nel loro mondo emotivo. Attraverso l'arte possiamo scoprire - con opere di pittura, scultura, installazioni, di arte applicata ai piatti decorati o a terzo fuoco - il linguaggio del cibo e la sua valenza. Sacra, sociale, culturale, antropologica, immaginifica. In questo evento diffuso, dalle tante finalità, che coinvolgono corpo e spirito per condurre lo spettatore in un altrove di colori e forme intriganti. Da guardare in diverse prospettive, complesse e poliedriche, nel futuro dell'alimentazione e con i vantaggi delle applicazioni di biotecnologia."
Come per le mostre "E quindi uscimmo a riveder le stelle" del 2021; "Arte di...Scarti", e "Natura lingua viva" del 2022 / "Future Landscapes. Paesaggi del Futuro" e "Un Albero da abbracciare", del 2023 / "Pianeta Terra. La sfida dell'arte" e "Tema Libero" del 2024 anche nel 2025 per l'evento diffuso "Cibo & Arte" stamperemo un catalogo, che conterrà testi critici ed esplicativi, nonché tutte le foto a colori delle opere realizzate dagli artisti.
Ideazione e cura di Fabrizia Buzio Negri con il Patrocinio di Comune di Varese, Provincia di Varese, Camera di Commericio di Varese, Fondazione Comunitaria del Varesotto e con la Collaborazione di Premiato Biscottificio, Istituto Alberghiero De Filippi e Fondazione Minoprio.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Silvana Gadda, La Natura veste rosso, polimaterico e olio su tela
2. Martina Goetze Vinci, L' arte è servita
3. Pierangela Cattini, Edula, acrilico su tela
4. Roberto Villa, Trabucco, la pesca
5. Andrea Ersa Santini, A tavola con lo spreco
Giulio Turcato. Libertà e felicità
01 marzo (inaugurazione) - 29 marzo 2025
Galleria Lombardi - Roma
www.gallerialombardi.com
Grande maestro dell'astrazione, faro della rinascita artistica del secondo dopoguerra, promotore di movimenti d'avanguardia, tra cui il Gruppo Forma e il Fronte Nuovo delle Arti, Giulio Turcato (Mantova, 1912 - Roma, 1995) rimane tuttavia tra gli artisti italiani più inafferrabili della seconda metà del Novecento: personalità eccentrica, amato da tutti, poeta del segno e del colore, sperimentatore di linguaggi, trova, quale primarie qualità espressive, la libertà e la felicità. Libera e felice fu la sua pittura, e lo spirito con cui la intraprese.
Guglielmo Gigliotti, che scrive il saggio in catalogo, lo descrive così: "Un uomo indubbiamente originale. Un uomo libero. Non sopportava le etichette, non disdegnava la demistificazione, non sopportava chi si dava troppa importanza. L'autoironia fu una sua virtù umana, l'ironia ne fu una artistica. La sua pittura vibra segretamente di ironia, che è quel distacco con cui si affrontano le vicissitudini della vita. Libero di giocare si è sentito Turcato per tutta la vita, anche se era il gioco serio dell'arte e della vita".
Venticinque le opere riunite da Lorenzo ed Enrico Lombardi in una mostra che costituisce una piccola e preziosa antologica, in cui sono rappresentati tutti i cicli più importanti del pittore: dai rari «Comizi» del 1948 (sintesi astratto figurativi di impegno civile), ai «Reticoli» (ragnatele di linee su campo monocromo), agli «Itinerari» (guizzanti filamenti di luce-colore), alle «Superfici lunari» (gommapiume con crateri), ai «Paesaggi archeologici» (stratificazioni della pittura e di Roma), agli «Arcipelaghi» (danza di masse) e ai collage (di carta moneta).
E sempre Gigliotti scrive: "La sua presenza fu così brillante, la sua pittura così fresca, il suo ingegno così fertile, e il suo carattere così felice, che di questi trent'anni sembra quasi non potersi sentire la portata. La sua pittura è la sua eredità viva. Basta guardare bene i quadri in mostra: palpitano e sorridono, tra limpidi chiarori e ombre misteriose, tra campiture vibranti e arabeschi casuali di linee saettanti, tra "superfici lunari" profonde come l'inconscio e geometrie quasi infantili".
La mostra è accompagnata da un catalogo, con testo critico di Guglielmo Gigliotti e una testimonianza di Giancarlo Limoni (25 agosto 1947 - 09 febbraio 2025), artista e amico di Giulio Turcato. Il testo è stato scritto da Limoni un mese prima del suo decesso. La Galleria Lombardi lo ritiene il testamento poetico di un grande artista e un grande amico. (Comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar - Roma, febbraio 2025)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Giulio Turcato, Comizio, 1948, olio su tela cm 50x70, Courtesy Galleria Lombardi
2. Giulio Turcato, Segnico, 1958-60, olio su tela cm 50x60, Courtesy Galleria Lombardi
01 marzo (inaugurazione) - 13 marzo 2025
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova
info@ariannasartori.eu
Stefano Ciaponi nasce sulle colline livornesi il 15 aprile 1957. Pittore e incisore. Il suo amore per il disegno e la pittura si manifestò fin dall'infanzia, tanto da farlo studiare prima all'Istituto d'Arte di Lucca poi all'Accademia di Firenze sotto la guida di Farulli e di Viggiano, lì si innamorò dell'incisione, da allora non l'ha più lasciata tanto da diventarne uno dei più alti interpreti in Italia. Sempre in Accademia fu vincitore del primo premio quale miglior studente nelle Accademie in Italia. Ciaponi ha insegnato tecniche dell'incisione all'Accademia di Belle Arti di Sassari, Roma, Milano, Carrara e Firenze. La mostra "Enigmi" è curata da Arianna Sartori.
___ Stefano Ciaponi. Enigmi
di Piotr Maniurka
Ho conosciuto Stefano Ciaponi nel lontano 1996 quando insegnava incisione all'Accademia di belle arti di Bari. Eccelso incisore, mi colpirono le sue incisioni per la loro originalità e per quel segno, veloce ed intenso con i quali dava vita ai suoi chiaroscuri carichi di mistero. Come pittore lo ho conosciuto più tardi, onirico, fedele ancora ad una pittura "dipinta" le cui superfici ricche di un vissuto pittorico di grande qualità si accompagnano alla straripante inventiva dei suoi lavori. I suoi ultimi dipinti dalle tonalità azzurre presentano oggetti fantastici, volanti, in squarci di paesaggio nel quale spesso emerge l'isola di Gorgona, l'isola della sua infanzia, ebbe a scrivere l'artista: "Sono nato sulle colline livornesi, la valle che vedevo ogni giorno affacciata sul mare custodiva all'orizzonte l'isola di Gorgona con la inconfondibile sagoma da vecchia balena addormentata, con un paesaggio di tale bellezza non potevo che diventare pittore...".
_ Bibliografia essenziale:
.. 2002 - Rossana Bossaglia, "Stefano Ciaponi. Fuga nei girdini dell'immaginario", catalogo monografico, Livorno;
.. 2006 - Giorgio Seveso e Leo Strozzieri, "Stefano Ciaponi. Prove di volo", catalogo monografico, Museo Michetti, Francavilla (CH), edizione a cura di Tonino Bosica, Montesilvano (PE);
.. 2010 - Arianna Sartori, "Incisori moderni e contemporanei", Libro secondo, Mantova, Centro Studi Sartori per la Grafica;
.. 2019 - Arianna Sartori, "Acquerellisti Italiani", Archivio Sartori Editore, Mantova
Immagini (da sinistra a destra):
1. Stefano Ciaponi, Il viaggio del salmone
2. Stefano Ciaponi, Guardare negli occhi del mondo
3. Stefano Ciaponi, Ritorno a casa
Sigfrido Oliva
"Sfumature di silenzio"
28 febbraio (inaugurazione) - 22 marzo 2025
Galleria Edarcom Europa - Roma www.edarcom.it
L'esposizione, curata da Francesco Ciaffi e Alice Crisponi, vuole essere un approfondimento sul suggestivo lavoro di un artista legato alla storia della galleria da un antico sodalizio di lavoro e di amicizia. La mostra si compone di una trentina di opere tra dipinti, disegni e incisioni. Francesco Ciaffi, nel testo in catalogo, scrive una delle caratteristiche più affascinanti del lavoro di Oliva "è la capacità di trasmettere all'osservatore quella languida suggestione tonale tipica dei suoi scorci, così perfettamente riconoscibili nonostante la totale perdita di confini netti, sciolti nelle morbide campiture cerulee e ammantati di un'aria umida e silente".
E Alice Crisponi, sempre in catalogo, osserva che "I suoi paesaggi sembrano fare i conti con una distanza temporale e storica, più che con una dimensione spaziale. Le sue vedute romane, pregne di fascinazione per la storia e la stratificazione culturale che in esse si addensano, si rarefanno dinanzi al suo sguardo quasi imperlato dall'avverarsi di un sogno che lo accompagna da quando era ragazzo".
Immagini (da sinistra a destra):
1. Sigfrido Oliva, Il Rio della Plata, 2013, olio su tela cm 50x50
2. Sigfrido Oliva, Obelisco alla Rotonda, 2010, olio su tavola cm 20x30
Elogio al rosso
02 marzo (inaugurazione) - 16 marzo 2025
Ranarossa 3.0 Arte Contemporanea - Modena Locandina della mostra
Gli Artisti: Milva Bacchelli, Hugo Cardenas, Francesco Dabbicco, Martina Dalla Stella, Claudia Forghieri, Massimo Lagrotteria, Fabrizio Molinario, Mauro Molle, Anna Nevrlà, Nicolò Nigri, Andrea Saltini, Ersilia Sarrecchia, Cetti Tumminia, Gabriele Ugolini, Alberto Zecchini.
In questa mostra collettiva, il rosso non è solo un colore, ma una forza viscerale capace di evocare emozioni, risvegliare ricordi e molteplici stati d'animo. Dai toni più caldi e accoglienti a quelli più intensi e drammatici, ogni opera in questa esposizione rappresenta una riflessione sulla complessità e sulla potenza del rosso e si propone di esplorare la rilevanza evocativa e simbolica del colore che ha assunto significati profondi in tutte le culture. Attraverso questo percorso espositivo ci addentreremo dunque in un mondo dove il rosso è la voce che racconta, trascende la sua materialità diventando un'onda emotiva che ci attraversa, ci pervade, invita a sentire, a riflettere. Nella storia dell'arte e della psicologia, è stato frequentemente associato a molti concetti diversi emergendo come un segno di vitalità ma anche di conflitto.
Nel suo blog lo psicologo Marco Masi, scrive: La simbologia dei colori ha giocato un ruolo fondamentale nella vita dell'uomo fin dai tempi antichi. Da sempre infatti il rosso è stato associato al sangue, al cuore, alla carne e, senza a stare a scomodare il concetto junghiano di inconscio collettivo, per tutti è un richiamo ad emozioni forti e vitali, come la rabbia, oltre alla rappresentazione di astrazioni quali l'amore, la lotta, la passione, il pericolo e il desiderio.
Per il professor Lüscher, fra i massimi esponenti della psicologia del colore, il rosso è considerato uno dei quattro colori fondamentali della psiche umana e rappresenta la condizione fisiologica del consumo di energia e ha un effetto attivante sul Sistema Nervoso Centrale, accelerando il battito del polso, la pressione arteriosa e la frequenza respiratoria. /..Che il rosso abbia un effetto attivante sul Sistema Nervoso Centrale è stato dimostrato inoltre da numerosi esperimenti di cromoterapia. /.. esso è l'espressione della forza e simboleggia il desiderio di ottenere successo, vitalità e pienezza di esperienze. Il rosso può essere altresì associato all'eros e alla vitalità sessuale inoltre fin dall'antichità da un punto di vista simbolico è associato al sangue e quindi alla volontà di conquista, alla vittoria e alla mascolinità. In altri termini al rosso si associa tutto ciò che è legato al principio di piacere.
Questa riflessione psicologica si intreccia con la proposta artistica della mostra, dove quindici artisti contemporanei, provenienti da diverse esperienze e orientamenti stilistici, si confrontano con questo colore attraverso il proprio linguaggio espressivo. Il rosso diventa, così, non solo un colore, ma un mezzo attraverso cui l'arte indaga le complessità delle esperienze umane. Le opere in mostra spaziano tra pittura, disegno e fotografia, dando vita a un percorso espositivo eterogeneo che riflette le molteplici interpretazioni del rosso, dalle sue connotazioni più intime e personali a quelle collettive e simboliche.
Un invito dunque a guardare oltre la superficie del colore, dove ogni artista, con la propria sensibilità e il proprio stile, partecipa alla costruzione di un percorso visivo che narra storie, conflitti, emozioni. Oltre le trame pittoriche, i segni grafici, le fotografie, si celano forze capaci di evocare, il rosso diventa filo conduttore di una narrazione universale, si fa portavoce capace di attraversare tempo, culture e individualità. "Elogio al rosso" dunque, non è solo un tributo cromatico, ma un viaggio sensoriale che spinge a riflettere sulle relazioni che questo può avere con la passione, l'amore, il potere e le sue connessioni con la vita. (Ersilia Sarrecchia)
Giovanni Pintori (1912-1999): pubblicità come arte
21 marzo (inaugurazione ore 19) - 15 giugno 2025
Museo MAN - Nuoro
www.studioesseci.net
A cura di Chiara Gatti e Nicoletta Ossanna Cavadini, l'esposizione monografica dedicata a Giovanni Pintori, maestro del graphic design italiano e internazionale, che ha legato il suo nome alla nascita della leggendaria immagine Olivetti, si inserisce nel percorso di ricerca che il museo MAN di Nuoro dedica agli autori nati sul territorio sardo e diventati protagonisti del panorama dell'arte mondiale. Il museo MAN di Nuoro, in collaborazione con il m.a.x. museo di Chiasso, con cui ha siglato un progetto integrato per la valorizzazione dell'autore, ne indaga oggi la ricerca attraverso una sorta di lungo "racconto grafico", evidenziandone la modernità del linguaggio e tutte le sue straordinarie scelte creative.
Trecento lavori, fra disegni e dipinti, bozzetti originali, maquette, pagine pubblicitarie di riviste, fotografie e manifesti, punteggiano cinquant'anni di attività premiata dalle più prestigiose istituzioni culturali del mondo: dalla Palma d'oro della Federazione italiana di pubblicità (1950) alla prestigiosa mostra del MoMA di New York (1952) - nel cui giardino Pintori costruisce una scultura pubblicitaria in ferro -, dall'esposizione al Louvre di Parigi (1955) al certificato di eccellenza dell'American Institute of Graphic Arts (1955), dalla Medaglia d'oro della Fiera internazionale di Milano (1956) all'Eight Annual Typographic Excellence Award del Type Director Club di New York (1962). Durante la prima seduta della neo costituita AGI - Alliance graphique Internazionale - Pintori fu nominato socio e poi divenne presidente per l'Italia dello stesso premio, mentre la celebre rivista giapponese "Idea" lo inserì nell'albo dei trenta designer piu` significativi del XX secolo, testimoniando così il suo talento e il suo successo raccolto a ogni latitudine.
Genio assoluto della grafica pubblicitaria, scelto da un capitano d'industria illuminato come Adriano Olivetti per veicolare in tutto il mondo il nome della sua azienda e dei suoi prodotti leggendari, dalla Studio 44 alla popolarissima Lettera 22, Pintori è riuscito mirabilmente a sintetizzare sempre, in ogni singola immagine, forma e contenuto. Luce, colore, composizione e gioco creativo costituiscono i suoi ambiti di ricerca principali, che conducono la sua grafica "alla ribalta come unicum metaforico della comunicazione", disse Paul Rand, il noto designer statunitense autore del logotipo di IBM.
Il ritmo veloce delle dita sui tasti di una macchina per scrivere, i caratteri in libertà, i meccanismi interni dei calcolatori trasformati in motivi dinamici e allegri, sono alcune delle cifre del suo linguaggio e di una vera e propria poetica della scrittura fatta di eleganza e ironia. «La grafica non è sottopittura» rispondeva Pintori a chi lo interrogasse sul linguaggio del segno, l'unico in grado, come sottolineato dall'amico poeta Vittorio Sereni, di «liberare le risorse latenti contenute nell'oggetto o prodotto che [...] viene proposto». La mostra ripercorre l'iter creativo e professionale dell'artista, mostrando il processo ideativo dal quale sono scaturiti i progetti che hanno caratterizzato la sua notevole carriera, che va dalla creazione di manifesti, alle locandine, corporate identity, logotipi per le imprese.
Giovanni Pintori nasce nel 1912 a Tresnuraghes (Oristano), da genitori originari di Nuoro, città dove la famiglia risiede a partire dal 1918. Dopo aver frequentato l'ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche di Monza) assieme ai conterranei Salvatore Fancello e Costantino Nivola, nel 1936 inizia la collaborazione con l'Ufficio Tecnico Pubblicità Olivetti, del quale diventa responsabile nel 1940, legando il suo nome all'immagine della azienda di Ivrea in una lunga e fortunata serie di manifesti, pagine pubblicitarie, insegne esterne, stand. Nel 1950 ottiene il primo di un lungo elenco di riconoscimenti: la Palma d'Oro della Federazione Italiana Pubblicità e diventa Art Director dell'Olivetti, potendo godere della stima e del rapporto diretto con Adriano Olivetti. Nel 1952 il MoMA di New York organizza la mostra Olivetti: Design in Industry in cui sono esposti anche i lavori grafici di Pintori.
Nel 1953 entra a far parte dell'AGI (Alliance Graphique Internationale) di cui diventerà presidente. Nel 1955, durante l'esposizione al Louvre di Parigi, gli viene dedicata un'intera sala delle grafiche per Olivetti. Sempre nel 1955 gli viene conferito il Certificate of Excellence of Graphic Arts dell'AIGA (l'Associazione dei graphic designer statunitensi) e, l'anno dopo, la Medaglia d'Oro e il Diploma di Primo Premio di Linea Grafica e della Fiera di Milano. Nel 1957 ottiene il Diploma di Gran Premio alla XI Triennale di Milano e partecipa all'annuale mostra dell'AGI a Londra. Le sue immagini accompagnano numerosi articoli sull'azienda Olivetti, il suo design e la sua comunicazione fanno il giro del mondo comparendo in testate come Fortune (USA, 1953, 1957), Graphic Design (Giappone, 1967), Horizon (USA, 1969).
Nel 1962 (due anni dopo la scomparsa di Adriano Olivetti) Pintori ottiene un altro prestigioso riconoscimento internazionale: il Typographic Excellence Award del Type Directors Club di New York, seguito, nel 1964, dal Certificate of Merit dell'Art Directors Club di New York. Nel 1966 gli viene dedicata una grande mostra personale a Tokyo. Dopo il 1967, lasciata l'Olivetti per dedicarsi alla libera professione, collabora, fra gli altri, a progetti per Pirelli, Gabbianelli, Ambrosetti e Parchi Liguria. Nel 1981 inizia una collaborazione con l'azienda di trasporti Merzario, per la quale realizza la grafica dei bilanci annuali e delle pagine pubblicitarie. Dopo questa esperienza lascia la professione di grafico e si dedica completamente alla pittura. Giovanni Pintori muore a Milano il 15 novembre del 1999 e lascia un archivio documentario di fondamentale importanza per lo studio della grafica pubblicitaria legata all'industria nei 5 decenni che vanno dal 1930 al 1980.
La famiglia ha donato una parte dell'Archivio al MAN_Museo d'Arte Provincia di Nuoro e una parte consistente è oggi in comodato d'uso. Da questo lascito trae spunto l'esposizione, che indaga in particolare materiali dell'archivio privato quali schizzi, disegni, dipinti, fotografie, che restituiscono le passioni di Pintori condivise con artisti e cultori dell'arte in una lettura critica innovativa.
Il m.a.x. museo, inaugurato il 12 novembre 2005 su iniziativa della Fondazione Max Huber-Kono di Chiasso, dal 2010 è divenuto un'istituzione pubblica del Comune di Chiasso ed è membro dell'ICOM (International Council of Museums). La missione del m.a.x. museo è quella di divulgare la conoscenza della grafica, del design, della foto- grafia e della comunicazione visiva contemporanea. (Comunicato stampa Ufficio Stampa STUDIO ESSECI - Sergio Campagnolo)
Immagine:
Giovanni Pintori, "Olivetti Summa 15", Archivio Paolo Pintori, ph. Matteo Zarbo
Arcaico. Moderno. Futuro: Giuseppe Spagnulo
11 marzo (inaugurazione ore 18.30) - 20 giugno 2025
KROMYA Art Gallery - Lugano
www.kromyartgallery.com | www.csart.it
Omaggio a Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936 - Milano, 2016), uno dei più importanti scultori italiani della seconda metà del '900, capace di dare vita a opere potenti e dinamiche ispirate alla forza dei miti classici, reinterpretati attraverso un linguaggio contemporaneo. L'esposizione, inaugurata alla presenza del curatore, Luca Massimo Barbero, e dei rappresentanti dell'Associazione Archivio Giuseppe Spagnulo, che ha collaborato alla realizzazione del progetto.
«Espressione di una 'distanza zero' tra pensiero e azione plastica. Dal pensare allo scolpire. L'opera di Giuseppe Spagnulo si plasma attraverso l'incontro tre la materia e il fuoco. Un vitale e complesso corpo a corpo con il metallo e l'argilla che consegna all'arte contemporanea questi materiali in origine inerti tutta la potenza di una esistenza antica quanto lo è il mito classico», scrive Luca Massimo Barbero.
La mostra si apre idealmente con una porzione del tavolo da lavoro dell'artista, generoso custode di un pensiero progettuale che nasce già come materia. Una superficie piana sulla quale si materializzano concretamente, attraverso la terracotta, le meditazioni scultoree di Spagnulo. Il percorso espositivo comprende, inoltre, una ventina di opere - Carte, Ferri e Terre cotte - realizzate dal 1964 al 2013; lavori partecipi del medesimo istinto plastico attraverso cui l'artista ha indagato il mondo. Le Carte, trattate attraverso la stesura di ossidi ferrosi, carbone e sabbie vulcaniche, non sono mai studi o bozzetti preparatori, bensì opere a sé stanti, a cui appartiene una vigorosa fisicità che le rende a tutti gli effetti un corpo plastico.
Nelle sculture in ferro, in particolare dagli anni Settanta, la materia viene esibita senza sovrastrutture e appare carne. Materia erotica, come è stata definita dalla critica, solcata da un gesto potente e drammatico che ricorda i tagli di Lucio Fontana. L'argilla, conosciuta nel laboratorio di famiglia a Grottaglie e studiata a Faenza, interessa infine l'artista per la sua suscettibilità alle trasformazioni del fuoco, per il suo fendersi e lacerarsi, senza alcuna volontà di controllo totale. L'esposizione è accompagnata da una monografia disponibile in Galleria con il saggio critico di Luca Massimo Barbero e la documentazione fotografica dele opere esposte.
«La mostra di Giuseppe Spagnulo - conclude Tecla Riva, direttrice di KROMYA Art Gallery Lugano - si colloca all'interno di un percorso che abbiamo costruito nel tempo, presentando artisti operanti sulla materia e sul gesto. Insieme al curatore Luca Massimo Barbero e ad Andrea Spagnulo, presidente dell'Associazione Archivio Giuseppe Spagnulo, abbiamo studiato un allestimento volto ad esaltare la monumentalità e l'intensità delle opere del Maestro, anche nella piccola dimensione, offrendo altresì la testimonianza di un'importante esperienza scultorea del secondo '900 italiano ed europeo, tra spiccata innovazione e rispetto della tradizione». (Estratto da comunicato stampa CSArt - Comunicazione)
11 marzo (inaugurazione ore 19.00) - 26 aprile 2025
Foto Forum Südtiroler Gesellschaft für Fotografie - Bozen/Bolzano www.foto-forum.it
La mostra personale dell'artista Francesca Cirilli è nata dalla serie di residenze, ideate dal curatore Stefano Riba e organizzate da Foto Forum, tenutesi sul territorio del Comune di Fortezza nel corso del 2024. Il contesto geografico rappresentato dalle immagini di Cirilli e dell'approfondimento testuale di Riba, contenuto in una pubblicazione autoprodotta che sarà presentata in mostra, è racchiuso nei 15 chilometri della SS12 (strada statale dell'Abetone e del Brennero) che corrono tra Fortezza e Mules. Lungo questo breve tragitto è altissima la densità di tracce che raccontano la storia antica, moderna e contemporanea di un territorio che si è sviluppato attorno alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali costruite grazie a manodopera forestiera.
Partendo dal cantiere del tunnel di base del Brennero (che ha il suo campo base a Mules) e dai villaggi temporanei per gli operai (a Fortezza, Sachsenklemme e Mules), il progetto si espande in un racconto che amalgama diversi livelli storici, geologici, sociali. Nelle immagini di Cirilli e nel racconto testuale di Riba troviamo: la stele romana del dio Mitra e i resti della strada romana; la faglia periadriatica (punto di fusione tra la placca europea e quella africana) e l'antico confine tra le regioni "italiche" e quelle "straniere"; la costruzione della galleria ferroviaria più lunga al mondo, il forte e la ferrovia ottocenteschi, il lago artificiale di un secolo fa e l'autostrada degli anni '70.
Il percorso espositivo di Durchgangsland-Terradipassaggio presenta e racconta le presenze umane, architettoniche e infrastrutturali che, in questo territorio, sono emblema di forze e tempi contrastanti. A Fortezza e Mules le grandi opere (la fortificazione, la ferrovia, l'autostrada e ora il BBT) si contrappongono alla velocità del transito di persone e merci e delle comunità temporanee di lavoratori.
Il focus principale della mostra è dedicato ai villaggi temporanei e ai lavoratori e lavoratrici del tunnel di base del Brennero (BBT). Sarà presente anche il cantiere della galleria, tuttavia più che l'enormità dell'infrastruttura a Cirilli interessa il racconto delle persone e di come queste plasmano gli spazi in cui vivono e lavorano. Inoltre, è dedicata molta attenzione anche verso la rappresentazione dell'ambiente naturale, qui il costruito crea (o scava) spazi chiusi che fanno da contraltare al paesaggio alpino e agli spazi aperti. In generale, la mostra e l'approfondimento testuale vogliono stimolare la riflessione in merito alle trasformazioni del territorio in relazione alle contingenze storiche, culturali, ambientali e sociali che hanno plasmato il passato e danno forma al presente e al futuro.
Francesca Cirilli è fotografa, curatrice e docente. Suoi lavori sono stati presentati in musei, spazi espositivi e festival di fotografia in Italia e all'estero. Come fotografa freelance collabora con istituzioni e realtà artistiche e culturali, realtà non-profit e istituzioni pubbliche. È co-fondatrice e curatrice di JEST, spazio indipendente che promuove la fotografia contemporanea a Torino, attraverso mostre, residenze, progetti e attività formative. Dal 2012 insegna presso varie accademie e scuole (IED Torino, Centro Sperimentale di Cinematografia sede Piemonte, Accademia d'Arte Novalia) e in progetti di vario tipo. Laureata in Storia Contemporanea all'Università di Pisa e in Fotografia a IED Torino, sta attualmente completando un master in Visual Arts all'Università di Bologna.
Stefano Riba è curatore indipendente, insegnante, scrittore, project manager e allestitore. In quasi vent'anni di lavoro nel campo delle arti visive ha collaborato, a vario titolo, con: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Fondazione Merz e galleria Giorgio Persano a Torino e Museion a Bolzano. Come giornalista freelance ha scritto per Artribune, Exibart, Teknemedia, Il Manifesto, mentre come saggista ha pubblicato testi per volumi editi da Skinnerboox, Anonima Impressori, ArteSera e PrintAboutMe.
Nel 2012 ha fondato lo spazio espositivo no profit Van Der Gallery, attivo fino al 2019 tra Torino e Bolzano. Tra il 2014 e il 2018, ha ideato e organizzato "Passi Erratici", una serie di residenze d'artista sulle Alpi piemontesi e valdostane. Attualmente collabora con Ar/Ge kunst (produzione mostre e allestimento); Libera Università di Bolzano (docente a contratto presso la Facoltà di Design e Arti); Dipartimento Cultura Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano (membro della consulta culturale italiana dal 2019); SMACH Val Badia (progettista culturale, produzione mostre e allestimento) e Foto Forum (curatela mostre e, dal settembre 2023, membro del direttivo). (Estratto da comunicato stampa)
Bellissima Ester. Purim, una storia senza tempo
12 marzo - 15 giugno 2025
MEIS Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - Ferrara
www.meis.museum
Dopo il successo dell'edizione del 2024 presso il Museo Ebraico di Roma, arriva al MEIS di Ferrara con un allestimento arricchito da nuove opere e spunti inediti, l'esposizione dedicata alla festa ebraica di Purim, una celebrazione di gioia e di riscatto che affonda le sue radici nella figura biblica della Regina Ester. Curata da Amedeo Spagnoletto, Olga Melasecchi e Marina Caffiero, con la collaborazione di Sharon Reichel e l'allestimento firmato dall'Architetto Giulia Gallerani.
Suddiviso in quattro sezioni tematiche, il percorso di mostra si sviluppa attraverso opere d'arte rinascimentali, preziose pergamene e manufatti storici, che raccontano la straordinaria vicenda di Ester: una giovane donna capace di ribaltare il destino del suo popolo, sventando il piano del perfido Aman, consigliere del Re di Persia. Una storia di coraggio e determinazione che da secoli viene tramandata e celebrata con banchetti, travestimenti e rappresentazioni teatrali, e che pone al centro il ruolo della donna, indagando il tema del rovesciamento delle sorti e del riscatto del popolo ebraico.
«L'esposizione segue quattro filoni tematici che si intrecciano tra di loro - spiega il Direttore del MEIS Amedeo Spagnoletto - Prima di tutto, presentiamo un approfondimento sull'enigmatica e affascinante figura di Ester e sulla fortuna che ebbe nella tradizione pittorica rinascimentale; ma proponiamo anche un percorso dedicato alla festa con i suoi precetti e i suoi costumi. Il visitatore troverà poi un focus sul fenomeno dei Purim shenì, ossia le commemorazioni di altri eventi in cui gli ebrei sono miracolosamente scampati dal pericolo ed infine si confronterà con una lettura attuale, contemporanea e interattiva della festa realizzata grazie alle illustrazioni dal tratto moderno. Bellissima Ester sarà l'occasione per far incontrare un pubblico differente: adulti e bambini potranno giocare a reinterpretare la storia, ma anche approfondire arte, storia e storia sociale». (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Gianni Turin
"Attraversamenti"
21 febbraio (inaugurazione) - 24 aprile 2025
Biblioteca statale Stelio Crise - Trieste
Gianni Turin sceglie per il proprio progetto artistico Trieste, essendo città di confine e ricca di culture. Il progetto diffuso nella città colloca le opere dell'artista in 9 luoghi simbolo del mondo laico, storico e religioso, per creare un filo conduttore che induca le varie sedi a dialogare. Per la prima volta, partecipano le tre grandi religioni (ebraica, cristiana, islamica). L'artista, per molti anni professore all'Accademia di Belle Arti di Bologna in Discipline pittoriche (da 2 anni in pensione), dal 2012 parte con un progetto artistico, consistente in un percorso di comunione fra il mondo laico e il mondo religioso, includendo la storia socio-economica del secolo passato, il XX, e l'attuale.
Nel passato il progetto ha trovato ospitalità a Bologna in una prima forma embrionale nel 2012, a Bassano del Grappa nel 2016, a Bologna nel 2017, a Venezia nel 2019 e, dopo un periodo di sosta causato dai prolungamenti della pandemia, nel 2025 a Trieste. Le opere di Gianni Turin si presentano come complessi assemblage costituiti da tele dipinte ad olio fuse a elementi di carattere fisico e scultoreo, come il simbolo dell'artista, la "testa non orante", o oggetti di recupero destinati a nuove identità, come una traversina dei binari della ferrovia riproposta come braccio della croce cristiana, oppure come i fili di un vigneto antico divenuti segno indelebile della memoria della Resistenza del '44. I lavori (opere mobili o site specific) dialogano con le sedi espositive e gli elementi conservati, con il fine di creare un concerto a più voci che evochi ciò che è stato, per far sì che la memoria sia utile all'emancipazione umana fondata sull'amore del dialogo e non sulla violenza. (Comunicato stampa)
___ Sedi espositive
- Biblioteca statale Stelio Crise
- Museo della Guerra per la Pace "Diego de Henriquez" (Comune di Trieste)
- Foiba di Basovizza - Centro di documentazione (Comune di Trieste)
- Museo della Comunità Ebraica di Trieste Carlo e Vera Wagner di Trieste
- Cattedrale di S. Giusto Martire (Diocesi di Trieste)
- Chiesa Sant'Antonio Taumaturgo (Diocesi di Trieste)
- Casa Vicco sede della Curia Vescovile (Diocesi di Trieste)
- Chiesa Luterana di Largo Panfili - (Comunità Luterana Valdese Centro Studi Albert Schweitzer)
- Associazione Culturale Islamica di Trieste e della Venezia Giulia
Sam Lock
"Stanza"
26 febbraio (inaugurazione) - 12 aprile 2025
Cadogan Gallery - Milano
cadogangallery.com
L'artista Sam Lock (Londra, 1973) presenta la sua terza mostra a Milano dopo la personale a Scalo Lambrate nel 2021 e la mostra inaugurale della sede milanese di Cadogan Gallery nel 2023. Attraverso più di settanta opere, con questa mostra Lock ripercorre alcuni temi portanti della sua poetica, come la trasposizione visiva del linguaggio, la dicotomia presenza-assenza e il legame tra il frammento e l'infinito. La materialità del linguaggio e il ritmo di narrazione, entrambi alla base della sua sensibilità artistica, invadono lo spazio e il titolo della personale, Stanza, richiama la definizione poetica di un gruppo di versi che fanno parte del medesimo componimento, riassumendo il legame tra le opere esposte.
Come i versi di una poesia, i lavori di Lock sono accomunati dalla stessa struttura: derivano dallo stesso rotolo di tela, ciascuno con segni, colori, somiglianze e differenze... per questo, le singole opere hanno rilevanza nella loro unicità, ma anche come le note di uno spartito, sprigionando nuovo significato quando vengono "lette" tutte insieme, come un unico corpus.
Il percorso espositivo si alterna tra due nuclei, il primo composto da cinque grandi tele accomunate dall'importante dimensione e dal processo creativo: partendo dal medesimo rotolo di tela grezza e servendosi di penna e inchiostro, Lock ha realizzato le tele tagliandole, tendendole e incorniciandole con alluminio. Questo ciclo di creazione ha portato alla nascita cinque opere dedicate a cinque momenti, o stanze, parte di un unico atto in cui si ritrova il tema del frammento e dell'infinito, del valore della singola opera e di quello corale dell'insieme.
Il secondo nucleo della mostra presenta invece un'installazione composta da 70 lavori, ognuno caratterizzato da segni, pennellate e aspetti differenti. Realizzati su carta composta da pannelli ricoperti di resina e poi levigati, i segni rimangono sospesi alla parete, in un gioco in cui si susseguono presenza e assenza, e danno l'impressione di assumere la forma di note o lettere. Solo leggendo l'intera installazione si coglie un unico racconto inedito, o meglio, come lo definisce lo stesso artista, una mappa dello sguardo (Map of Looking). (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Sam Lock, StanzaII, 2024, tecnica mista su tela cm 170x160, Photo credit: Pietra Studio, Courtesy: Cadogan Gallery
2. Sam Lock, Fraction 63, 2024, tecnica mista su pannello cm l30x21, Photo credit: Pietra Studio, Courtesy: Cadogan Gallery
3. Sam Lock, The Blue Tree, 2024, tecnica mista su pannello cm 150x150, Photo credit: Pietra Studio, Courtesy: Cadogan Gallery
Arduino Cantàfora
"Anamnesi"
20 febbraio (inaugurazione) - 29 marzo 2025
Antonio Colombo Arte Contemporanea - Milano www.colomboarte.com
L'esposizione, curata da Ivan Quaroni, invita a scoprire il lavoro di un artista che ha saputo intrecciare con originalità l'arte del disegno e della pittura alla rappresentazione dell'architettura e della memoria. Il titolo della mostra, Anamnesi, fa riferimento ai concetti di reminiscenza e ricordo, centrali nella pratica pittorica dell'artista. «Per me, la memoria è anche anamnesi, un ricordare che cura», dichiara Cantàfora, sottolineando il ruolo centrale del disegno come strumento di riflessione e comprensione del reale.
L'esposizione include, oltre a due opere storiche di grandi dimensioni - La città banale (1980) e Stanza di Città - Roma (1983), presentate rispettivamente alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1980 e alla Biennale d'Arte di Venezia nel 1984 -, una selezione dei lavori più recenti, creati tra il 2020 e il 2025, che raffigurano luoghi quotidiani come interni domestici, ingressi di edifici, giroscale e angoli di città, trasformati in rappresentazioni che rivelano un'intensa attenzione al dettaglio e al carattere degli spazi. La pittura di Cantàfora si distingue, infatti, per la capacità di combinare precisione analitica e immaginazione in narrazioni visive pervase da un senso di attesa.
Allievo e collaboratore di Aldo Rossi, Cantàfora si è sempre contraddistinto per il rigore e la sensibilità con cui interpreta l'architettura, gli oggetti e gli spazi urbani. La sua ricerca artistica, influenzata da tradizioni pittoriche che spaziano dal Cinque-Seicento lombardo al Divisionismo, dal Purismo alla Metafisica, si caratterizza per una minuziosa attenzione ai particolari e per atmosfere sospese, che ricordano le piazze rinascimentali e le composizioni metafisiche.
Arduino Cantàfora (Milano, 1945) già giovanissimo nutre la curiosità per le forme organiche, l'anatomia e l'entomologia, passioni rimaste vive anche durante i suoi studi di architettura. Scopre molto presto il linguaggio del disegno, che diventa il suo strumento privilegiato di appropriazione delle forme. Il pittore esordisce affrontando la spinosa sfida tecnica della pittura a olio e diventando copista di Caravaggio. Da quel momento in avanti il piacere tecnico e artigianale della pittura non lo abbandonerà più.
Durante gli studi di architettura al Politecnico di Milano, perfeziona la rappresentazione pittorica dell'architettura della città storica. Le sue interpretazioni sono tutte giocate su ombre e luci, in un'ispirazione fedelmente caravaggesca. Le competenze che matura in questi anni gli saranno preziose durante la collaborazione con l'architetto Aldo Rossi (1973-1978), ma influenzeranno anche la sua futura produzione, dominata dalla traduzione dell'architettura in pittura. Nel 1973, Cantàfora espone alla Triennale di Milano La Città analoga, attualmente di proprietà del Museo del Novecento del capoluogo lombardo. Questo dipinto di grandi dimensioni diventa il manifesto de La Tendenza, un movimento architettonico che reintegra elementi del razionalismo europeo del XX secolo ponendo la storia dei luoghi al centro del progetto.
La Tendenza sarà oggetto di una retrospettiva al Centre Pompidou di Parigi nel 2012. Tra il 1985 e il 1986 è a Berlino, su invito del Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD). La città gli ispira una serie di dipinti che saranno esposti al museo Martin-Gropius-Bau proprio a Berlino. Le due grandi tele, Das andere Berlin, 1984 saranno acquisite, nel 2006, dal Museo Nazionale d'Arte Moderna (MNAM) al Centre Georges Pompidou di Parigi. I due dipinti sono parte delle 89 opere di Cantàfora in possesso del museo parigino.
Nel corso degli anni '90, il pittore concepisce diverse scenografie per la Scala di Milano e per altri prestigiosi palcoscenici come quello del Festival di Aix en Provence. Il suo lavoro di scenografo gli vale il secondo posto al Premio Ubu, il più importante riconoscimento teatrale italiano. Tra il 2022 e il 2023, è invitato a due importanti mostre pubbliche: Architectures impossibles al Musée des Beaux-arts di Nancy e Un tiempo propio al Centre Pompidou di Malaga, dove sono esposte due grandi tele berlinesi della collezione del Centro Pompidou di Parigi.
Arduino Cantàfora è stato professore di architettura all'Università di Venezia (IUAV) dal 1982 al 1986, all'Accademia di Architettura di Mendrisio (AAM) dal 1998 al 2011 e "visiting professor" alla Yale University nel 1988. Nel 1989 è stato nominato professore ordinario presso l'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), dove ha diretto la cattedra di espressione visiva. Dal 2011 è professore onorario all'EPFL. È autore di diverse pubblicazioni sull'architettura e sulla didattica, oltre che di un romanzo autobiografico e di racconti pubblicati da Einaudi. Fin da 2016 collabora con la galleria di Antonio Colombo, a Milano, dove ha esposto nella mostra Case Cose Città, con Alessandro Mendini, e nella mostra In the Garden of Eden. A landscape of things with Alessandro Mendini and friends. (Comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Arduino Cantàfora, L'ora perduta, 2020, vinilico su tavola cm 70x 50
2. Arduino Cantàfora, 2, vinilico e olio su tavola cm 70x50
3. Arduino Cantàfora, Riflessi II, 2020, vinilico su tavola cm 70x50
Henri Cartier-Bresson e l'Italia
14 febbraio - 02 giugno 2025
Riccardo Moncalvo. Fotografie 1932-1990
14 febbraio - 06 aprile 2025
CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia - Torino
www.camera.to
Dopo le mostre dedicate a due grandi maestri della fotografia italiana e internazionale come Tina Modotti e Mimmo Jodice, CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia inaugura il programma espositivo 2025. Curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini, la mostra su Henri Cartier-Bresson, l'occhio del secolo, propone un racconto dedicato al legame tra il fotografo francese e l'Italia, uno dei Paesi da lui più frequentati e amati. La mostra è scandita cronologicamente dai viaggi del fotografo attraverso il territorio, da Nord a Sud, dall'effervescenza e profondità che il paesaggio, soprattutto umano, del nostro Paese è stato in grado di trasmettergli, e dalla ricchezza delle testimonianze documentali capaci di raccontare, tra giornali, riviste e libri, le tappe del rapporto del Maestro con l'Italia.
Realizzata in collaborazione con Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, l'esposizione presenta 160 immagini che si focalizzano su alcuni periodi centrali della carriera del fotoreporter a partire dagli anni Trenta: è proprio nel corso di questo primo viaggio che il fotografo, ancora giovanissimo, acquisisce nuove consapevolezze sulla sua carriera e definisce la cifra stilistica che lo renderà riconoscibile in tutto il mondo. Nato nel 1908 da una famiglia benestante, dopo aver studiato pittura con André Lhote, si introduce nel circolo surrealista parigino e nel 1932 visita l'Italia per la prima volta.
Nonostante sia all'inizio della sua carriera, Cartier-Bresson definisce in quel periodo alcune tematiche che caratterizzeranno tutta la sua produzione, come la straordinaria gestione dello spazio dell'immagine, il rapporto tra realtà e invenzione e la capacità di cogliere l'istante. In particolare, all'interno di alcuni paesaggi urbani si nota un processo di geometrizzazione del reale che racconta di un uso mentale della macchina fotografica. Dopo aver fondato con Robert Capa, David “Chim” Seymour, George Rodger e William Vandivert l'agenzia Magnum Photos nel 1947 il fotografo torna in Italia nel 1951, in un Paese profondamente cambiato, reduce dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale e in corso di ricostruzione.
In qualità di fotoreporter realizza servizi per diverse testate internazionali concentrandosi soprattutto su Roma e sul Sud Italia, due luoghi che presentano caratteristiche sociali e visive ben riconoscibili. Questi scatti documentano il disagio e le criticità del contesto sociale meridionale, ma anche la straordinaria ricchezza delle sue tradizioni e le novità introdotte dalla riforma agraria. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta Cartier-Bresson lavora a numerosi servizi sulle città di Roma, Napoli e Venezia, nei quali si può apprezzare da un lato la sua capacità di interpretare la vita quotidiana delle città e dei loro abitanti, dall'altro la sua abilità di ritrattista anche degli intellettuali del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini e Giorgio de Chirico.
L'ultimo periodo italiano risale agli anni Settanta, poco prima di allontanarsi dalla fotografia professionale, quando il fotografo si focalizza sul rapporto tra uomo e macchina e sull'industrializzazione in particolare del Sud del Paese. La mostra si chiude idealmente con il ritorno a Matera, per raccontare, negli stessi luoghi fotografati vent'anni prima, proprio la nuova realtà che avanza verso la modernità, rimanendo comunque aggrappata all'imprescindibile identità locale.
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La Project Room di CAMERA ospita invece l'esposizione su Riccardo Moncalvo a cura di Barbara Bergaglio. L'importante fotografo torinese (Torino, 1915-2008) inizia ad approcciarsi al mezzo fotografico ad appena 13 anni, seguendo le orme del padre. Moncalvo lavora sin da subito a fianco di istituzioni come il Museo Egizio e l'Armeria Reale, ma anche di realtà industriali come Fiat, Pininfarina e Recchi. Si tratta di attività commissionate, che permettono di instaurare un forte legame col territorio rendendolo testimone di cambiamenti urbani e sociali. Il fotografo torinese sviluppa così un linguaggio autonomo con una particolare sensibilità per la modernità, che lo porta negli scatti tra fine anni Trenta e fine anni Quaranta ad accostarsi al linguaggio della Nuova Visione.
A questa attività Moncalvo affianca quella della ritrattistica, che lo vede immortalare momenti privati e pubblici di tante famiglie torinesi dell'aristocrazia e della grande borghesia. Il riconoscimento internazionale arriva negli anni Cinquanta, quando viene selezionato dall'Agfa-Gevaert per apprendere il nuovo metodo di stampa a colori: da lì seguirà l'adozione delle pellicole negativo-positivo della Ferraniacolor arrivando nel 1958 a essere il primo in Italia autorizzato da Kodak all'uso delle sue pellicole.
La mostra raccoglie 50 stampe vintage, in bianco e nero e a colori, provenienti dall'Archivio Riccardo Moncalvo e altri materiali originali provenienti da collezioni private, che ripercorrono quasi 60 anni di carriera. In occasione dei Giochi Mondiali Invernali Special Olympics Torino 2025 una sezione della mostra sarà ospitata a Sestriere: 20 scatti iconici di Riccardo Moncalvo racconteranno le evoluzioni del campione di sci alpino, Leo Gasperl. (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
___ Presentazione di mostre di fotografia nella newsletter Kritik
Italo Zannier | "Io sono io. Fotografo nella storia e storico della fotografia"
22 dicembre 2024 - 04 maggio 2025
Galleria Harry Bertoia - Pordenone Presentazione
Dorothea Lange | 130 immagini di una grande fotografa americana
14 dicembre 2024 - 23 marzo 2025
Palazzo della Penna - Centro per le arti contemporanee - Perugia Presentazione
Gli Italiani di Bruno Barbey
21 dicembre (inaugurazione) - 04 maggio 2025
Galleria Harry Bertoia - Pordenone Presentazione
Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori |...attraverso lo sguardo di Linda Fregni Nagler
05 dicembre 2024 - 04 maggio 2025
MAO Museo d'Arte Orientale - Torino Presentazione
Lin Zhipeng | "Free Love Chronicles"
09 gennaio 2025 (inaugurazione) - 22 marzo 2025
Glenda Cinquegrana Art Consulting - Milano Presentazione
"Schermi d'Arte - Il paravento da oggetto a favola"
15 febbraio (inaugurazione) - 16 marzo 2025
Galleria Virgilio Guidi di Cascina Roma - San Donato Milanese
Il paravento, che LeCorbusier definiva un separatore mobile di spazi interni di una unità abitativa, diviene protagonista assoluto nella mostra itinerante, che trasforma il paravento da oggetto di utilità quotidiana a luogo di pensiero attraverso l'opera di 23 artisti tra scultori, pittori, poeti e designer, appartenenti a generazioni diverse e differenti fra di loro per pensiero e formazione artistico-culturale.
In mostra opere di: Davide Bolzonella, Claudio Borghi, Margherita Cavallo, Francesco Cucci, Stefania Dalla Torre, Clarissa Despota, Fernanda Fedi, Giuliano Ferla, Mavi Ferrando, Rebecca Forster, Tiziana Grassi, Pino Lia, Mintoy (Puledda Piras), Angela Occhipinti, Paola Pennecchi, Lucia Pescador, Antonio Pizzolante, Elisa Remonti, Evelina Schatz, Filippo Soddu, Stefano Soddu, Valdi Spagnulo, 'topylabrys' (Ornella Piluso). Esposizione, ideata e progettata da Gabriella Brembati, direttrice di Spazio Arte Scoglio di Quarto, con la curatela del critico e storico dell'arte Alberto Barranco di Valdivieso.
Tradizionalmente utilizzato per separare ambienti o proteggere dalla vista, Il paravento ha acquisito nel tempo una grande rilevanza come oggetto d'arte, grazie alla sua doppia anima funzionale ed estetica. Spesso realizzato con materiali pregiati come legno, seta e carta, il paravento si distingue per la sua capacità di trasformarsi in una tela su cui vengono dipinti paesaggi, fiori o motivi geometrici, scene di vita quotidiana o allegorie, e la sua forma, che può essere ripiegata o allungata, lo rende anche un'opera d'arte dinamica, capace di dialogare con lo spazio in modi diversi.
Tuttavia, l'obiettivo della mostra non è quello di presentare il paravento come un semplice oggetto utile, né come un banale supporto per l'arte. Si è voluto invece mettere in risalto il paravento come uno "schermo", che attraverso l'interazione con il pensare artistico si trasforma, diventando uno stimolo per riflessioni e percezioni poetiche. "Schermare" non significa soltanto bloccare, separare o proteggere, ma implica anche un filtrare che racchiude in sé l'idea di trasformazione, che tuttavia non nega la funzione primaria del paravento: un diaframma che divide e organizza lo spazio.
Le 23 opere esposte, una per ogni artista, non sempre rispettano la forma canonica del paravento ed esplorano il concetto di schermo in senso poetico e interpretativo, trasformando l'oggetto funzionale in materia psichica, ossia in uno spazio di pensiero e libera espressione, svincolato da qualsiasi utilità pratica. Come osserva Alberto Barranco di Valdivieso nel suo testo in catalogo: "Questi diaframmi si servono dell'arte per intervenire in modo lirico oltre lo spazio che li accoglie, diventando il pretesto per un viaggio poetico attraverso lo schermo verso altri luoghi della coscienza."
Gli artisti chiamati ad esporre sono stati totalmente liberi in fase creativa di rispettare la forma tradizionale del paravento, oppure di reinterpretata radicalmente. Per facilitare la comprensione delle opere, gli artisti sono stati suddivisi in tre gruppi distinti, e naturalmente anche l'allestimento ha seguito questa visione:
- Schermo Plastico. Un gruppo di scultori ha interpretato il tema del paravento attraverso la tridimensionalità e la forza espressiva della materia. Lo schermo, in questo caso, interagisce con la luce e la materia, raccontando una storia attraverso la sua fisicità. Artisti di riuferimento: Claudio Borghi, Margherita Cavallo, Giuliano Ferla, Valdi Spagnulo, Mavi Ferrando, Antonio Pizzolante, Elisa Remonti, Stefano Soddu, Filippo Soddu, 'topylabrys' (Ornella Piluso).
- Schermo Lirico. Gli artisti di questo gruppo, esperti nell'uso di diverse tecniche come pittura, scultura, assemblage e installazioni, vedono nell'arte un mezzo per indagare i valori umani e la relazione tra uomo e natura. Attraverso l'uso di parole, segni e geometrie, trasformano l'oggetto in una macchina linguistica, riflettendo sull'esistenza umana in relazione al mondo. Artisti di riferimento: Fernanda Fedi, Rebecca Forster, Tiziana Grassi, Angela Occhipinti, Lucia Pescador, Paola Pennecchi, Evelina Schatz.
- Schermo Planare. In questo gruppo, gli artisti lavorano sulla bidimensionalità, esplorando il segno estetico attraverso tecniche come collage, pattern planari e pittura su tela o carta. Pur mantenendo una fedeltà alla bidimensionalità, in alcuni casi introducono elementi materici come bassorilievi. Artisti di ruferimento: Davide Bolzonella, Francesco Cucci, Stefania Dalla Torre, Clarissa Despota, Pino Lia, Mintoy (Puledda Piras).
Il catalogo della mostra pubblica il testo critico del curatore Alberto Barranco di Valdivieso con un testo della storica dell'arte Marilisa Di Giovanni dal titolo "Le molte vite del paravento", che offre un'analisi del tema del paravento attraverso coordinate storiografiche e antropologiche, arricchendo ulteriormente la riflessione proposta dal progetto espositivo. (Comunicato ufficio stampa De Angelis Press, Milano)
Immagine (da sinistra a destra):
1. Evelina Schatz, (senza titolo), anni 90', collage e pittura
2. Rebecca Forster, Mappavento, 2024, matita, vernice spray, carta e cartone
Valentina De' Mathà
"Album di Famiglia"
26 febbraio (inaugurazione) - 30 maggio 2025 (aperta su appuntamento)
Galleria Allegra Ravizza - Lugano www.allegraravizza.com
Prima esposizione personale dell'artista italo-svizzera Valentina De' Mathà (Avezzano, 1981) ospitata nella sede luganese della galleria, a cura di Giuliana Montrasio e Beatrice Zanello. In mostra saranno esposte una ventina di opere dell'artista, alcune realizzate appositamente per questa personale, legate tra loro dal medesimo fil rouge: la memoria e il ricordo emozionale e l'inconscio collettivo.
L'arte di Valentina De' Mathà, abruzzese di nascita e ticinese di adozione, mira a esplorare la condizione umana e il concetto di memoria sia individuale sia collettiva in modo intimo e delicato. In mostra sono presentate due serie di lavori: gli "Entanglement", arazzi di carta fotosensibile raffinatamente intrecciata e cucita a mano, e la serie "Album di famiglia", poliesteri emulsionati e poi dipinti in camera oscura attraverso sovrapposizioni sperimentali ed imprevedibili di sostanze chimiche. In entrambe emerge chiaramente il lavoro intimista e introspettivo dell'artista che omaggia la fotografia e la tessitura come pratiche quotidiane e costanti del ricordare e del tramandare.
Le opere in mostra sono astratte narrazioni di uno stato emozionale, racconti evocativi di memorie e reminiscenze familiari. L'artista immagina album di famiglia, pagine di diario fitte di storie personali e intime confessioni e, ancora, libri come contenitori di memorie: "Ho voluto parlare dello stato emozionale che si prova riguardando le immagini del passato raccolte negli album di famiglia. È il ricordo che emerge dall'inconscio. Queste opere parlano di una memoria più emozionale che visiva: ho immaginato che fossero come dei rullini, dei negativi fotografici evanescenti e sbiaditi come spesso sono i contorni di certi ricordi mentre restano ben delineati alcuni dettagli che riemergono dall'inconscio ".
La fluidità dei ricordi, l'imprevedibilità della memoria inconscia e le sue sfaccettature sono figurate dall'artista in un gioco di trasparenza e lucentezza che muta con l'ambiente circostante, in una continua ricerca di luce. Attraverso i chiaroscuri, gli intrecci e le pieghe della carta, la luce scorre fluida sull'opera permeandola di duttile brillantezza e variandone i riflessi e le forme. In costante metamorfosi, le opere vivono e cambiano come eco della mutevolezza del mondo, dei sentimenti e della psiche.
Da sempre fortemente affascinata dalla pittura, il protagonismo e l'utilizzo della luce di Valentina De' Mathà si ispirano alle serie di quadri impressionisti in cui il medesimo soggetto veniva più volte rappresentato al variare dell'intensità della luce solare: "Se Monet cercava di fermare un attimo dipingendo l'incidenza della luce in diverse ore del giorno sullo stesso soggetto, le mie opere hanno la stessa funzione, ossia la ricerca di luce, ma nel mio caso nulla viene bloccato, è l'opera stessa a cambiare e reagire in base alla luce che la illumina, all'ambiente circostante, al fruitore che si riflette e si somma ad essa creando sempre una forma altra".
Con l'Impressionismo condivide anche la poetica dell'attimo fuggente, secondo cui ciò che ci circonda è in perenne movimento e in continuo divenire: la luce varia ad ogni istante modificando gli oggetti che si spostano nello spazio alterandosi in uno stato mai definitivo. È l'idea della mutevolezza, dello scorrere del tempo nello spazio fisico e mnemonico, della luce che evolve, della fluidità delle forme che via via perdono definizione per dar risalto all'impressione e all'emozione.
Fortemente ispirata dal filosofo e antropologo svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico, Valentina De' Mathà abbandona le forme reali per immergersi nell'inconscio e nella memoria sia individuali che collettivi. Come teorizzato da Jung, esistono infatti nell'essere umano una serie di memorie emozionali che emergono da un inconscio collettivo attraverso immagini simboliche ed evocative. Si tratta di una serie di ricordi e reminiscenze arcaiche e primitive, di impronte tramandate da un inconscio comune che chiedono di essere interpretate affinché la memoria individuale possa dipanarsi e ricostruirsi.
Queste tracce, sebbene profondamente recondite, possono emergere in varie forme quali il sogno, l'arte o la mitologia permettendo al ricordo di divenire una possibile via d'accesso alla saggezza ancestrale e dunque al conseguente processo di individualizzazione. Individuo e collettività dunque coesistono nelle opere di Valentina De' Mathà che delinea un viaggio in esplorazione della memoria intrecciando e accostando elementi individuali, collettivi e inconsci mediante stati emozionali ed onirici. I medium e le tecniche utilizzate -la fotografia, la carta e la tessitura- rispecchiano una precisa scelta dell'artista che mira a mantenere una forte coerenza tra la poetica artistico-concettuale e la modalità espressiva.
Le opere sono realizzate in camera oscura attraverso una serie di procedimenti chimici sperimentali volutamente non del tutto controllati (come incontrollabile è l'inconscio) in modo da ampliare le possibilità di creazione ed evitare una limitata calibrazione del segno. In questo modo l'artista non circoscrive la propria narrazione ad una lettura univoca ma utilizza l'imprevedibilità per rivolgersi all'universale. Questo processo richiama la psicoanalisi dell'onirico: "Quando si sogna si smargina la causalità, si smargina il principio di non contraddizione, di spazio-tempo e si annulla il nostro Io" (U. Galimberti).
Rivelandosi fin dalla giovane età una fotografa compulsiva, la carta fotosensibile è scelta e utilizzata da Valentina De' Mathà in modo paradossale: se da una parte infatti è un mezzo che comunemente viene usato per imprimere e definire i propri ricordi, dall'altra permette di sperimentare l'indefinibile grazie alla sua capacità di reagire alle sostanze chimiche e alla luce in maniera imprevista e inattesa. Attraverso questa tecnica lavorativa, Valentina De' Mathà utilizza la casualità per smarginare la causalità, distruggendo quella ossessiva barriera di controllo insita nel cervello umano. "Album di Famiglia" è un racconto intimo ed emozionale che si snoda tra arazzi, sculture e carte emulsionate in cui i vasti colori e la luce che li pervade si intrecciano e alternano in un ponderato equilibrio di contrasti. (Comunicato stampa)
Immagine:
Valentina De' Mathà, Entanglement 013, 2015/16, RA-4 su carta emulsionata intrecciata e cucita con cotone, cm. 108x103x1
Visitate l'Italia!
Promozione e pubblicità turistica 1900-1950
13 febbraio - 25 agosto 2025
Palazzo Madama - Museo Civico d'Arte Antica di Torino
www.palazzomadamatorino.it
Un racconto inedito sull'avvincente storia della promozione turistica italiana, dalla fine dell'Ottocento ai primi anni della ricostruzione dopo il Secondo conflitto mondiale, attraverso duecento manifesti, centinaia di guide e pieghevoli illustrati, accompagnati da tanti oggetti iconici. A cura di Dario Cimorelli e Giovanni C.F. Villa, Direttore di Palazzo Madama, e con un allestimento di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta.
L'esposizione ripercorre l'evoluzione del manifesto turistico attraverso i grandi protagonisti dell'illustrazione italiana dell'inizio del Novecento. Dalle prime testimonianze pubblicitarie firmate da importanti nomi, quali ad esempio Leopoldo Metlicovitz e il giovane Marcello Dudovich, a cui si affiancano artisti come Ettore Tito, Ettore Ximenes, Galileo Chini, fino alla nascita nel 1919 dell'ENIT, l'Ente Nazionale per l'incremento delle industrie turistiche, con il quale le commissioni iniziano a seguire regole diverse. Da questo momento si inizia infatti a privilegiare l'affidamento di campagne promozionali plurisoggetto a uno stesso illustratore - tra questi ad esempio ritroviamo Mario Borgoni, Giovanni Guerrini, Marcello Nizzoli e Virgilio Retrosi - oppure a esecutori rimasti anonimi spesso legati alle tipografie.
Il percorso espositivo si sviluppa in cinque grandi sezioni che consentono un viaggio nella creazione dell'immaginario italiano. Partendo dalle Alpi e seguendo la dorsale appenninica, si giungerà alla meraviglia delle nostre isole per poi risalire l'Italia delle acque termali, del mare e delle spiagge, del divertimento e dello sport, della salute e della Belle Époque, alla scoperta di quello che diventerà il mito dell'Italia del secondo dopoguerra.
Si parte dalla fine del XIX secolo, quando la crescita del commercio e dell'industria, insieme al progressivo benessere del giovane Paese unitario, trovano un valido sostegno nella nascita e nel consapevole utilizzo di nuovi strumenti pubblicitari e di promozione. Nasce così il manifesto, che ben presto diventa uno dei mezzi di maggiore efficacia anche in questo settore, capace di saldare in immagini e parole i capisaldi della creatività italiana, dando un impulso fondamentale alla promozione turistica. Al passaggio tra Ottocento e Novecento località balneari delle Riviere romagnola e ligure, rinomate cittadine montane e lacustri diventano protagoniste di campagne pubblicitarie che, dai muri delle città, echeggiano e anticipano stagioni estive e invernali.
Con il suo sviluppo, il manifesto turistico diviene simbolo dell'immaginario del nostro Paese, dando vita a opere iconiche capaci nel tempo di connettere indelebilmente i ricordi dei viaggiatori di tutto il mondo. Una parabola che parte dalla tradizione del Grand Tour e ha in Johann Wolfgang von Goethe un protagonista in grado di rendere il Bel Paese un fenomeno di moda europeo fin dall'uscita, nel 1816, dei due volumi del Viaggio in Italia, divenendo di fatto il primo travel blogger dell'era moderna e aprendo la via a due secoli di successo del turismo in Italia.
Se sull'onda del viaggio culturale i luoghi inizialmente più ricercati sono i monumenti e le rovine dell'antichità - con Roma, Pompei e la Sicilia a divenire protagoniste assolute -, lo sviluppo dei mezzi di trasporto, primo tra tutti la ferrovia, porta all'Italia una posizione di preminenza a livello europeo, affacciandosi verso un turismo di massa che si rivolge anche oltreoceano, con l'alta borghesia americana che invade lo Stivale e mete quali Capri e Ischia trasformati in veri santuari della vacanza di lusso.
Agli inizi del Novecento il turismo comincia ad avere un peso importante nell'economia italiana e, dopo il drammatico arresto causato dalla Prima Guerra mondiale - che riduce ai minimi termini l'affluenza verso i luoghi turistici e le sue diverse forme di promozione - l'istituzione dell'ENIT consente all'Italia di progettare il riavvio dell'economia del paese e, conseguentemente, anche quella del turismo. L'Ente Nazionale per l'incremento delle industrie turistiche - strettamente legato alle Ferrovie dello Stato - è fortemente voluto dal Touring Club Italiano ed è preposto alla promozione, alla gestione e al coordinamento dell'attività turistica e alberghiera dipendente dal Ministero dell'Industria, Commercio e Lavoro. Un ente capace di portare nuovo sviluppo alla promozione del turismo in Italia e all'estero, ampliando significativamente la riflessione sulle cosiddette attrazioni turistiche italiane.
Nel corso degli anni l'ENIT sostiene un'intensa attività pubblicistica con opuscoli, dépliant, cartine geografiche e manifesti, promuovendo le località e gli eventi artistici e sportivi. La rinascita del turismo italiano è così affidata all'arte pubblicitaria in quella che diverrà l'epoca d'oro del manifesto. Un'illustrazione più duttile, economica e facilmente riproducibile della fotografia, cui spetta il compito di evocare con la grafica le destinazioni più affascinanti. Sono gli anni in cui vedono la luce alcuni tra i manifesti più iconici della pubblicità italiana: le vedute di Capri, Ischia, Pompei e Napoli a opera di Mario Puppo; i panorami di Portofino di Leonetto Cappiello; le Rimini e Padova di Marcello Dudovich. Autori di raffinatissime interpretazioni di un'Italia che diviene un coloratissimo caleidoscopio di luoghi desiderabili e di immagini capaci non solo di proporre una destinazione, ma anche un modo di vivere, un'esperienza totalizzante. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore con i saggi dei curatori e di Anna Villari.
Trent'anni separano la prima e l'ultima immagine del video in mostra Visitare l'Italia!. Primi anni Venti del Novecento, operai al lavoro: ponti, strade, impianti diventano i simboli del rapido completamento dell'unificazione d'Italia e del suo ammodernamento. Primi anni Cinquanta: turisti si mettono in posa per una foto di gruppo. In mezzo, l'Italia turistica e delle nuove forme di svago collettivo: mare, lago, montagna, città d'arte. Gli sport acquatici, quelli invernali, le arrampicate estive, le gare motoristiche. La moda che si adegua, il costume - e i costumi - che cambiano. E a fare da filo conduttore, l'impatto dell'infrastrutturazione viaria e ferroviaria, che porta nuovi flussi di villeggianti ed escursionisti dalle città alle grandi spiagge, alle vette, ai lungolago.
Fino al dopoguerra, e alle prime forme di vero e proprio turismo di massa, anche internazionale: con l'Italia che torna ad essere meta privilegiata, preparandosi a incarnare, qualche anno più tardi, il grande sogno della Dolce Vita. Il video, curato da Jacopo Bulgarini d'Elci, esplora tutti questi aspetti, ricorrendo a fonti video-documentarie d'epoca provenienti dall'Archivio Storico Luce. Musiche del periodo accompagnano la selezione di decine di documenti visivi (dal 1922 al 1954). (Comunicato stampa)
Immagine:
Marcello Nizzoli (1887-1969), "Agrigento", 1928, Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso
Daniele Cima
"Teografie - un linguaggio diverso per l'arte sacra"
15 febbraio - 30 marzo 2025
Eremo di Santa Caterina del Sasso - Leggiuno (Varese) Locandina della mostra
Da ormai più di un anno l'Eremo di Santa Caterina del Sasso ha avviato un attivo dialogo tra arte antica e contemporanea: dopo la più recente mostra che ha visto protagonista il presepe in ceramica di Leggiuno di Antonia Campi e la precedente esposizione di fotografie di Elisabeth Euvrard nella mostra "À pied", ecco un'esibizione di portata spaziale più ampia, che non coinvolge solamente la sala espositiva, ma si espande negli edifici sacri e nella sala capitolare.
Daniele Cima presenta un progetto che reinterpreta l'arte sacra attraverso il linguaggio della grafica e della tipografia. In questa occasione l'artista - che ha firmato anche l'invito e la locandina della mostra - presenterà la nuova icona dedicata a S. Caterina e realizzata appositamente per questa mostra. La mostra si pone in dialogo con l'arte sacra presente nell'antico luogo di culto e monastico da un punto di vista di sintesi tra modernismo e arti grafiche pop. Ispirato all'approccio innovativo di Otto Bartning nell'architettura ecclesiastica e influenzato dal rigore progettuale del Bauhaus, Cima trasforma le pale d'altare in opere geometriche e tipografiche, dove le lettere assumono valore visivo e simbolico.
Il suo lavoro si colloca in un dialogo tra tradizione e contemporaneità, attingendo tanto alla spiritualità quanto ai codici espressivi della pop art. Superando la funzione puramente testuale, le lettere nelle Teografie diventano elementi compositivi, evocando esperienze artistiche che spaziano dai calligrammi di Apollinaire alla typoetry, fino alle sperimentazioni di artisti come Boetti e Indiana.
Discendente di una famiglia di spicco della scena culturale milanese, Daniele Cima (Milano, 1950) si è affermato nel Novecento come influente art director e graphic designer italiano. Dopo una carriera nella grafica e pubblicità, ha scelto di dedicarsi interamente all'arte, sviluppando una ricerca che fonde tipografia e immagine, con un forte richiamo alla pop art. Le sue opere sono state esposte in prestigiose sedi, tra cui la Triennale di Milano, la Galleria La Nuvola di Roma e la Tipoteca di Cornuda. La mostra è organizzata dall'Eremo di Santa Caterina del Sasso con Archeologistics impresa sociale, l'artista Daniele Cima, e la collaborazione della Fraternità Francescana di Betania. Lamostra gode del patrocinio del comune di Leggiuno e, come ogni proposta culturale svolta all'Eremo è condivisa con la Provincia di Varese. (Estratto da comunicato ufficio stampa Eo Ipso)
Bram Demunter
"Swift as a Whirlwind, Through the Marble Sky"
termina lo 03 maggio 2025
Tim Van Laere Gallery - Roma (Palazzo Donarelli Ricci)
www.timvanlaeregallery.com
Terza mostra personale di Bram Demunter (Kortrijk - Belgio, 1993) da quando si è unito alla Tim Van Laere Gallery nel 2019, nonché la sua prima mostra nel nostro spazio romano. L'artista presenta in questa esposizione una nuova serie di dipinti e disegni. Il lavoro di Bram Demunter si distingue per la sua capacità di intrecciare miti, storia e narrazione personale. Una delle sue caratteristiche più sorprendenti è l'uso di motivi visivi che collegano mondi apparentemente distanti.
Figure del mito classico, come dei, eroi e mostri, emergono da o interagiscono con i simboli della vita contemporanea, creando una tensione dinamica che mette in discussione la linearità della storia, offrendo un dialogo tra epoche diverse che invita a una comprensione più fluida e interconnessa dell'esperienza umana. Le pennellate di Demunter, ricche di texture e colori vivaci, sembrano riflettere questa complessità. Creano un senso di movimento ed energia, che evoca tanto il tumulto delle antiche battaglie quanto i momenti di quiete della riflessione personale. Il risultato è un'opera che si percepisce simultaneamente senza tempo e immediata, intrisa di storia ma anche indiscutibilmente moderna nelle tematiche.
Ciò che rende affascinante l'approccio di Demunter alla narrazione è la sua abilità nel bilanciare il monumentale con l'intimo. I suoi dipinti non raccontano solo storie di eroismo o tragedia, ma creano anche spazi in cui le emozioni e le esperienze individuali trovano voce. Attraverso la fusione di temi mitici e simbolismi personali, invita gli spettatori a riflettere sul proprio posto all'interno di queste grandi narrazioni e, forse, li ispira a trovare significato nei miti non raccontati delle loro stesse vite.
In questa nuova serie di dipinti, Bram Demunter esplora numerose tracce di figure mistiche come Mad Meg e storie epiche come Beowulf, Paradise Lost e Don Chisciotte. Come questi racconti, anche le sue opere rivelano il caos e l'assurdità dell'esistenza umana, mettendo in evidenza il nostro impatto sul mondo naturale. L'essenza del lavoro di Bram Demunter risiede nella sua profonda esplorazione della condizione umana, focalizzandosi su temi come la trasformazione, il conflitto interiore e la complessa relazione tra l'umanità e il mondo naturale. I suoi dipinti evocano spesso la tensione tra l'aspirazione umana e le forze travolgenti della natura, rappresentando sia la fragilità che la potenza dello spirito umano in un mondo segnato da lotte ambientali ed esistenziali.
L'arte di Demunter esplora la condizione umana attraverso una visione sfumata della psiche, dove gli individui si trovano a navigare nel caos dell'esistenza, affrontando forze interne ed esterne che plasmano le loro identità. In questo contesto, l'uso di figure mitiche e letterarie, come Beowulf, Don Chisciotte e Mad Meg, non le riduce a simboli di eroismo o follia, ma le presenta come riflessi della vulnerabilità umana e della costante ricerca di significato in un mondo che spesso appare incomprensibile. In queste figure, Bram Demunter esplora aspetti universali della condizione umana, come il desiderio di scopo, la lotta contro i propri limiti e le conseguenze dell'ambizione, sia personale che collettiva.
Le sue rappresentazioni distorte, spesso surreali, suggeriscono che la ricerca dell'eroismo o dell'identità è intrinsecamente carica di pericoli. Le figure epiche che dipinge non sono semplicemente guerrieri trionfanti o incarnazioni di una volontà inespugnabile, ma individui segnati dal dubbio, dal dolore e dalla frammentazione interiore. Queste figure vengono spesso collocate in paesaggi che sembrano inospitali e opprimenti: cieli turbolenti, terreni frastagliati o corpi colti in un movimento violento. Questi scenari sottolineano la precarietà del loro posto in un mondo imprevedibile, riflettendo la nostra vulnerabilità di fronte a forze che vanno oltre il nostro controllo. Che si tratti di forze naturali, sociali o esistenziali, il dialogo tra l'umanità e un ambiente ostile diventa una riflessione sulla condizione umana, intrisa di incertezze e sfide costanti. (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Alice Schivardi, Luciana Pretta, Luisa Lanarca
"Tre artiste a confronto - Quando filo, colore, parola s'intrecciano"
Alice Schivardi: 19 febbraio (inaugurazione) - 08 marzo 2025
Luciana Pretta: 12 marzo (inaugurazione ore 18) - 29 marzo 2025
Luisa Lanarca: 02 aprile (inaugurazione ore 18) - 19 aprile 2025
Maja Arte Contemporanea - Roma www.majartecontemporanea.com
Un ciclo di tre mostre a cura di Giovanna Dalla Chiesa, che mette a confronto il lavoro di tre artiste alla loro prima collaborazione con la Galleria: Alice Schivardi, Luciana Pretta e Luisa Lanarca.
Come osserva Giovanna Dalla Chiesa: "L'arte della pittura, nella sua ricchezza, ci ha abituato a una tale sovrapposizione di elementi da nascondere la funzione di ciascuno di essi a profitto della rete di significati che ne sostiene globalmente l'insieme. In questa mostra, che sembra fatta apposta per sottolineare i contorni di una costellazione femminile, a ciascuna delle tre artiste è affidato il ruolo di sostenere integralmente la funzione di uno di essi sullo sfondo di un sottile rinvio alla pittura: ad Alice Schivardi il potere del filo, che nei suoi 'disegni a ricamo' prende il posto della matita o della penna per tracciare figure che si librano nell'aria grazie ai supporti trasparenti marcando la dimensione aerea e infinita dello spazio, quanto la sua concentrazione in piccoli dettagli; a Luciana Pretta lo scorrere delle emozioni nelle distese di colore che scivolano come una coltre liquida da cima a fondo, da cielo a terra, simulando la tettonica di un ambiente morbido e accogliente capace di avvolgere il nostro spazio come fanno gli arazzi; a Luisa Lanarca il compito d'intrecciare filo, colore, luce, chiamando in causa la parola poetica attraverso l'arte della tessitura, sino a trasformarla in un'invocazione, trascritta secondo i canoni delle insegne e delle affiches di fine Ottocento.
Il 'quando' del titolo, vuole indicare non una modalità generale del filo, del colore e della parola, ma il frangente specifico e l'evento particolare in cui le cose avverranno non solo per le artiste, ma per i visitatori che vedranno e saranno chiamati a interpretare le tre differenti personali di due settimane ciascuna, intrecciandone i fili, per farne emergere le variabili in un sostrato comune."
Alice Schivardi (Erba - Como, 1976) ha frequentato il corso dell'artista Alberto Garutti all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano diplomandosi con una tesi su Louise Bourgeois. La frequentazione con diversi artisti le ha permesso di approfondire il disegno come metodo d'indagine e di sperimentare continuamente materiali e tecniche, accumulando una molteplicità di esperienze sia in ambito lavorativo che umano e sociale. Ha partecipato a numerosi premi. Tra le sue mostre personali più recenti: "Corvi o colombe?" (performance), Nuvola di Fuksas, Roma (2023); "Alice in Chains", Todi (2023). Ha inoltre partecipato a mostre collettive presso il Museo Pecci di Prato, la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la Richard Saltoun Gallery di Londra, l'Auditorium Parco della Musica di Roma e l'American Academy in Rome. Ha preso parte a manifestazioni internazionali d'arte, tra cui "Manifesta 12" (Palermo, 2018), "I Martedì critici" a Roma e "TEDx women Navigli" a Milano (2021).
Luciana Pretta (Vitória da Conquista - Bahia, Brasile 1980), Luciana dos Santos - soprannominata familiarmente Pretta ("nera"), per il colore dei suoi capelli - è un'artista che vive e lavora in Italia. Si è diplomata in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, completando poi gli studi con la Laurea in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Roma. Ha inoltre frequentato corsi presso la Scuola di Belle Arti dell'Università Federale di Bahia, in Brasile. Il suo lavoro esplora temi legati alla memoria, all'identità e alla relazione tra passato e presente, attraverso un uso intenso del colore e materiali di recupero. La sua pratica integra elementi naturali e organici - come pigmenti, oli essenziali e cotone grezzo - sottolineando un impegno per la sostenibilità e la consapevolezza ambientale. Ha partecipato a numerose mostre.
Luisa Lanarca (Roma, 1957) si è formata tra Roma - dove ha frequentato il III Liceo Artistico e, successivamente, il prestigioso Laboratorio Tessile di Laura Marcucci Cambellotti (1975) - e Milano, dove ha studiato Percezione Visiva e Teoria del Colore con Luigi Veronesi presso la Nuova Accademia di Belle Arti. Sino al 1986 ha affiancato l'attività artistica a un intenso impegno didattico, collaborando con il Comune di Reggio Emilia per l'introduzione delle tecniche tessili nella didattica. Ha inoltre tenuto corsi di tessitura. Da anni ha scelto una vita appartata, lontana dalle convenzioni sociali, guidata dalla ricerca di libertà e da un profondo legame con le leggi naturali e cosmiche. La lettura - con Thoreau ed Emily Dickinson tra i suoi principali riferimenti - e la tessitura costituiscono il fulcro della sua esistenza, insieme ai suoi telai e al suo fedele cane Mosé. Numerose le mostre personali e collettive. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Alice Schivardi, Manipolatrice, 2022, disegno a ricamo su carta da lucido, matita, filo cotone, cornice in resina cm. 22x17
2. Luisa Lanarca, Conscio Preconscio Inconscio, 1980 circa, trittico con tessitura di cm. 67x50 ognuno
3. Luciana Pretta, Reconvexo, 2025, acrilico e pigmenti naturali cm25x20
Andrea Martinucci
"5 Secondi"
Fondazione Baruchello - Roma
15 febbraio (inaugurazione) - 18 aprile 2025
www.fondazionebaruchello.com
Mostra a cura di Serena Schioppa. Per l'occasione, l'artista propone una serie di lavori inediti, realizzati appositamente per gli spazi della Fondazione. In una società dominata dall'ipervelocità, 5 secondi invita a riflettere su un lasso di tempo brevissimo. Un'occasione in cui considerare la possibilità di fermarsi e rallentare, fino a perdere il controllo. È quello che accade nell'installazione che dà il titolo alla mostra, in cui viene documentata un 'azione compiuta dall'artista nello spazio pubblico. Al centro del racconto, scomposto in centoventi fotogrammi, si colloca un gesto apparentemente insignificante - una caduta - destinato a cambiare radicalmente lo stato delle cose.
Andrea Martinucci (Roma, 1991) ci invita a guardare la quotidianità ponendo attenzione a ogni piccolo dettaglio, per lasciare spazio a un'interpretazione del presente dove l 'impossibile e l'onirico possono irrompere in modo imprevedibile. La riflessione si estende nelle altre opere presenti nello spazio[CS1]: tre dipinti di grandi dimensioni - presentati per l'occasione sotto forma di trittico - dove un'apparizione fulminea prende il posto del reale e l'ordinario lascia spazio all'assurdo.
Le tematiche della mostra saranno approfondite attraverso un programma pubblico dedicato. Il primo appuntamento, in programma per l'inizio di marzo 2025, include la presentazione del progetto editoriale omonimo, curato da Lisa Andreani e Arbor Editions. Il secondo evento, organizzato in collaborazione con lo spazio no-profit IUNO e curato insieme a Ilaria Gianni, Cecilia Canziani e Giulia Gaibisso, è previsto per la fine di marzo 2025. Maggiori dettagli saranno pubblicati sui canali di comunicazione della Fondazione e degli enti coinvolti. (Estratto da comunicato stampa)
Alfonso Cortesi
"Storia di un corniciaio"
02 febbraio (inaugurazione) - 16 marzo 2025
Spazio Heart - Vimercate
www.associazioneheart.it | www.deangelispress.com
Non solo un'esposizione di opere d'arte, ma il racconto della vita di un uomo che, nel secondo dopoguerra, decide di scommettere sul fervore della scena artistica italiana e su un mestiere oggi quasi scomparso, quello del corniciaio. Curata a quattro mani da Simona Bartolena e Armando Fettolini, offre la possibilità di immergersi nell'universo di un personaggio che, elevando il mestiere del corniciaio a vera e propria arte, ha segnato la scena artistica milanese e italiana del XX secolo in Italia.
Un uomo a modo suo visionario, che rivoluziona il concetto stesso di cornice, che da mero elemento decorativo si trasforma in punto di equilibrio formale, capace di influenzare la percezione dell'opera d'arte e di espanderne la stessa narrazione visiva.
In mostra opere di: Agostino Bonalumi, Anselmo Bucci, Giancarlo Bulli, Antonio Calderara, Enrico Castellani, Gianluigi Castelli, Emilio Chiusa, Amleto Emery, Agostino Ferrari, Lucio Fontana, Costantino Guenzi, Ugo La Pietra, Piero Manzoni, Lino Marzulli, Italo Mazza, Antonio Scaccabarozzi, Turi Simeti, Mario Sironi, Ettore Sordini, Giulio Turcato, Angelo Verga, Arturo Vermi, Giuseppe Zulberti.
Oltre alle 40 opere di 23 artisti differenti, ognuna delle quali è un omaggio all'eccellenza dell'eccellenza artigiana di Alfonso Cortesi, l'esposizione celebra e mette in evidenza, attraverso documenti inediti, fotografie, cartoline, lettere, disegni, inviti e oggetti cortesemente concessi dalla famiglia Cortesi, le intuizioni e gli stretti legami di Alfonso Cortesi con la maggior parte degli artisti che si rivolgevano a lui, e la sua straordinaria capacità di creare un legame profondo con ogni opera. Presenti in mostra anche alcuni lavori realizzati da artisti che hanno avuto un legame speciale con Cortesi, di profonda stima e fiducia reciproca, come Enrico Castellani, Arturo Vermi, Antonio Scaccabarozzi, Agostino Bonalumi, Agostino Ferrari, Ugo La Pietra, Lucio Fontana, Emilio Chiusa, Antonio Calderara, e che oggi ci raccontano la sua visione dell'arte e la sua sensibilità, che non conosce confini, pregiudizi, codici o tendenze.
Sottolinea Simona Bartolena: "Le opere esposte sono splendide, senza dubbio: tra esse spiccano capolavori di artisti assai noti della scena milanese degli anni Sessanta e Settanta. Ma non sono loro le protagoniste. Protagonista è Alfonso Cortesi. La sua storia, le sue amicizie, il suo ruolo di collezionista, mentore, mecenate, oltre che di corniciaio. Per questo nella selezione delle opere da esporre non ha prevalso la notorietà dell'autore, ma la loro importanza nella vita di Cortesi. Opere firmate da nomi fondamentali per la scena artistica del tempo, si mescolano a lavori realizzati da artisti poco conosciuti o addirittura occasionali. Una scelta eterogenea che riflette a pieno la poliedricità degli oggetti e dei dipinti della collezione di questo visionario corniciaio con il vizio della bellezza e dall'intuito invidiabile."
Ma chi era Alfonso Cortesi? Nato nel 1918 a Castello d'Argile, un piccolo borgo nei pressi di Bologna, alla fine degli anni Venti si trasferisce con la famiglia a Milano. Alfonso, ancora giovanissimo, trova impiego come garzone da Egisto Marconi, fra i principali innovatori dell'arte corniciaia europea, che lavorò con tutti i grandi artisti del tempo, da Sironi a Morandi, e padre di Giorgio Marconi, uno dei maggiori galleristi italiani. A interrompere la sua crescita professionale sopraggiunge la guerra. Cortesi parte per la Campagna di Russia, un'esperienza terribile, che lo segnerà profondamente.
Finita la guerra e tornato a Milano, nel 1946 sposa Mariuccia Colnaghi, conosciuta a Caidate dopo aver deciso di non aderire alla Repubblica Sociale Italiana e che resterà per sempre al suo fianco, diventando una preziosissima alleata, consigliera e aiutante, oltre che compagna e madre di Venusta, la loro unica figlia. Nel 1947 aprono un primo laboratorio di cornici a San Siro, e solo tre anni dopo, nel 1950, si spostano in un atelier più grande a Monza con due aiutanti. L'Italia del secondo dopoguerra è un paese ancora con molte macerie che cerca di riprendersi poco alla volta, e l'idea di aprire un'attività che punta su un bene effimero come le cornici è a dir poco coraggiosa.
Ma Mariuccia e Alfonso non si lasciano spaventare, e il tempo darà loro ragione. Un tratto distintivo del lavoro di Cortesi è la sua incessante ricerca di innovazione, pur restando fedele alla tradizione artigianale che caratterizza il suo mestiere. La sua capacità di adattarsi alle esigenze degli artisti, collezionisti e galleristi gli ha permesso di diventare un corniciaio di fama, capace di realizzare cornici per ogni tipo di opera, dai dipinti classici alle più moderne installazioni artistiche. Tuttavia, Alfonso Cortesi non era solo un eccellente artigiano attento ai dettagli, capace di lavorare fianco a fianco con gli artisti e, attraverso le sue cornici, valorizzarne ogni singola opera.
Cortesi era anche una persona con un intuito straordinario e un'acutezza rara, aperto a tutte le forme d'arte, capace di scoprire nuovi talenti e contribuire attivamente alla loro crescita, talvolta acquistandone le opere o sostenendo economicamente i loro progetti. La casa e il laboratorio dei Cortesi diventano ben presto punti di riferimento per moltissimi artisti, con diversi dei quali Alfonso stringe sincere amicizie, destinate a durare per tutta la vita. Insieme alla moglie frequentano mostre, inaugurazioni, eventi, respirando a pieno quel clima di rinascita dell'arte proprio del periodo del "miracolo economico" italiano. Milano, tra gli anni 50 e 60, è una delle capitali dell'arte europea, città energica, proiettata verso il progresso, cuore pulsante di quella rinascita culturale, economica e sociale che sembrava non dovesse aver fine, nonché vivacissimo centro di libera sperimentazione artistica a livello internazionale. Quello stesso clima di grande vitalità e rinnovamento coinvolgeva anche l'area monzese e la Brianza, ricche di piccole gallerie, spazi espositivi e moltissime iniziative culturali.
Personaggio trasversale, Cortesi entra nei meccanismi del mondo dell'arte, ma sempre a modo suo. L'essere collezionista non ha nessun fine speculativo, ma si basa solo su un gusto estetico personale, che lo spinge ad acquistare opere di artisti famosi così come di credere in giovanissimi talenti. Questo movimento irregolare, che lo portò ad avere nella sua collezione opere di artisti poco conosciuti accanto a uno famoso, è stato seguito anche in fase di allestimento da parte di Simona Bartolena e Armando Fettolini. Nella selezione delle opere, infatti, i due curatori non hanno privilegiato solo i nomi celebri (pur presenti nella collezione e in mostra), ma hanno dato spazio anche ad artisti meno noti che Cortesi frequentava e apprezzava e alle sue varie e disparate passioni, come quella per gli Ex voto dell'800 o quella per la scoperta di talenti irregolari e occasionali.
Alfonso Cortesi. Storia di un corniciaio non è solo una mostra di cornici, ma un omaggio a un uomo che ha saputo coniugare l'arte artigianale della corniceria, interpretata in maniacale nei dettagli e nella scelta dei migliori materiali, con una grande sensibilità estetica e una passione smisurata per l'arte in un modo che ancora oggi appare straordinariamente moderno e attuale. La sua figura, non solo di artigiano ma anche di collezionista, mentore e mecenate, è inoltre il fulcro di un percorso che, partendo dal suo laboratorio-atelier di Monza, ci porta a scoprire l'evoluzione e la fioritura della scena artistica italiana del secondo dopoguerra, gli anni delle post-avanguardie, delle sperimentazioni, delle libertà espressive, dove ancora arte e società si specchiavano l'una nell'altra. (Comunicato Ufficio Stampa De Angelis Press, Milano)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Alfonso Cortesi
2. Alfonso Cortesi e Luigi il suo aiutante
Pietro Coletta
"Mostrare l'invisibile"
13 febbraio (inaugurazione) - 27 marzo 2025
Paula Seegy Gallery - Milano
www.paulaseegygallery.com | www.irmabianchi.it
Il percorso espositivo, a cura di Luigi Sansone, accoglie prevalentemente lavori scultorei, realizzati a tecnica mista dagli anni Novanta ad oggi, caratterizzati dall'essenzialità e da una composizione minimalista, che mettono in luce la costante ricerca di Pietro Coletta (Bari, 1948) orientata all'indagine di spazi e atmosfere trascendentali, della natura, delle origini e del destino dell'uomo. Nel suo fare arte emerge in maniera evidente l'interesse rivolto al mondo spirituale, legato ai numerosi viaggi condotti in Africa e in India, cui si affianca l'influenza e la radicata conoscenza della modernità artistica occidentale. Riferimenti indiscussi all'interno della sua opera sono infatti, fra gli altri, Umberto Boccioni e Kazimir Malevich.
Afferma il curatore Luigi Sansone: "Nel suo studio, estraniandosi dalla realtà, nel silenzio interiore, crea opere cariche di significati reconditi, legando indissolubilmente la sua passione artistica con la ricerca spirituale. Coletta è in perfetta sintonia con il pensiero espresso da Kandinsky, il quale affermava che l'arte dovrebbe esprimere la spiritualità interiore dell'artista attraverso forme e colori astratti".
L'artista sceglie per la creazione delle sue sculture, a tutto tondo o a parete, materiali poveri quali il rame, l'ottone, il ferro, il legno e la pietra mentre per quanto concerne il colore viene inserito attraverso patine, pennellate di rame e argento liquido, bruciature, biacca, pigmenti, fili metallici di vario genere. Con queste parole egli stesso descrive la sua esigenza espressiva: "La scultura è il mezzo che io utilizzo per esprimere la parte più profonda e misteriosa del mio essere, dove le intuizioni giungono a squarciare il velo che mi separa dalla Totalità. Nella mia scultura cerco l'Anima della materia. Ogni forma di vita possiede un'Anima; in ogni forma di vita sono presenti molteplici energie. Solo se considero la materia davanti a me come viva posso entrare in contatto con l'Anima che vi si nasconde, fondermi in essa e rendere il lavoro vivo".
Un tratto distintivo legato alle opere parietali sono le forme geometriche irregolari che si impossessano dello spazio circostante e si combinano con la "luce", un altro elemento imprescindibile della sua poetica. Questo binomio emerge forte in opere recenti di Pietro Coletta come Vibrazioni occulte, Vibrazioni dell'inconscio e Compenetrazione (2024), sculture che si caratterizzano per l'uso di tavole assemblate in forme poligonali che creano composizioni dinamiche e innovative. L'uso della fiamma ossidrica conferisce profondità visiva, mentre fili metallici intrecciati generano giochi di luce e movimento, evocando un senso di trasformazione continua.
La luce, elemento centrale, assume un valore simbolico, rappresentando la rivelazione e il contrasto tra fisico e spirituale, influenzata da teorie medievali sulla sua essenza creativa. Altre opere, come Apparizione ancestrale (2020), esplorano temi di memoria e spiritualità attraverso materiali e simboli che richiamano culture e riti lontani, trasportando l'osservatore in dimensioni sacre. In questi lavori, il dialogo tra luce e ombra sottolinea il mistero e l'invito a superare le apparenze per raggiungere una dimensione trascendente. In tutta la ricca produzione artistica di Coletta, di cui la mostra alla Paula Seegy Gallery rappresenta un approfondito excursus, la luce prevale sulla materia, conferendo alle opere un'aura mistica e profonda, un'essenza che trascende la fisicità. (Estratto da comunicato ufficio stampa IBC Irma Bianchi Communication)
Immagine:
Pietro Coletta, Empatia, 2011, tecnica mista cm. 42.2x36.5
Carlo Ciussi
"Una danza di tracce e colori"
25 febbraio (inaugurazione) - 29 aprile 2025
Galleria A arte Invernizzi - Milano www.aarteinvernizzi.it
Mostra personale, a cura di Lorenzo Madaro, in cui vengono presentate opere realizzate tra il 1983 e il 1990. La mostra conferma l'attenzione nei confronti di un artista fondamentale per le ricerche della storia dell'arte italiana del secondo Novecento a cui A arte Invernizzi ha dedicato numerosi progetti, tra mostre personali nei propri spazi e nelle istituzioni museali - come alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia - e mostre corali, oltre ad alcuni progetti editoriali.
Il focus si concentra su una specifica fase del lavoro di Ciussi (Udine, 1930-2012) con circa venti opere di medio e grande formato e opere su carta della medesima fase dell'indagine pittorica. In questi lavori l'artista mette da parte la sistematicità di una astrazione geometrica e la modularità che dagli anni Sessanta ha verificato con impegno inesausto per poi sfociare a esiti più aperti e disinvolti che sono proprio quelli raccolti nel percorso espositivo, in cui dalle tele rettangolari e ovali dalla grossa grana spuntano forme e segni sinuosi, aperti, che con il passare degli anni, nelle tele intorno al 1990, si intrecciano tra loro in una danza di tracce e colori in grado di mutare di volta in volta.
Le mostre - in particolare l'antologica di Casa Cavazzini dei Civici Musei di Udine nel 2011, dedicata alla complessità del suo percorso nelle viscere interne della pittura (anche se l'indagine di Ciussi ha riguardato, tra l'altro con esiti molto felici, anche la scultura e gli interventi in dialogo l'architettura) - hanno rivelato quanto gli anni più tardi del suo lavoro coincidano con una nuova fase in cui convivono sensualità e controllo, come già appuntava Gillo Dorfles in un suo saggio dedicato proprio a questo ciclo in cui, come spesso accadeva per le opere del maestro, i titoli altro non erano che le numerazioni romane in ordinata successione. Una scelta, questa, che chiaramente ha un significato intrinseco, perché evidenzia da un lato l'assenza assoluta di ogni specifico riferimento della sua pittura nella ragione tangibile delle cose e dall'altro la costante e imperterrita ricerca indicata proprio dalla successione di un ordine numerico solo apparentemente asettico.
Le strisce ben demarcate di volta in volta perdono la loro consistenza geometrica e fluida per diventare puro segno, in grado di spargersi nello spazio per coincidere con la voluttuosità della pennellata: mettendo pertanto da parte le geometrie degli esordi e tutto il discorso portato avanti negli anni Settanta intorno a una pittura legata alla percezione delle forme, questi lavori di Ciussi confermano quanto tutta la sua indagine sia una ossessiva, vigilata e colta esperienza di metamorfosi costante di un segno felice e nomade. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue con un testo critico di Lorenzo Madaro, docente di Storia dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, la riproduzione delle opere esposte e un aggiornato apparato bio-bibliografico. (Comunicato stampa)
Renato Volpini
"Intelligenze Meccaniche dall'Universo - 60 anni di ricerca su macchine spaziali e astronavi senzienti"
05 febbraio (inaugurazione) - 31 marzo 2025 (aperta su appuntamento)
Galleria Allegra Ravizza - Milano www.allegraravizza.com
Mostra di Renato Volpini (Napoli, 1934 - Milano, 2017), pittore e scultore fantascientifico, abile incisore e dinamico sperimentatore. Una miriade di visionarie navicelle e macchine spaziali di Volpini che proietteranno lo spettatore nell'infinta volta celesta che ci cinge. Unico nel suo genere, non etichettabile o incasellabile in alcun movimento artistico, Renato Volpini, napoletano di nascita ma urbinate di formazione, attinge alla tradizione e al fermento artistico a lui contemporaneo -l'Informale prima e la Pop Art poi- rinnovandoli e rielaborandoli continuamente tanto da mantenere sempre una sua autonomia distintiva. Come scrisse nel 2007 il celebre critico Gillo Dorfles, uno dei massimi sostenitori del suo lavoro, "l'interpretazione estremamente libera e autonoma della figurazione e della spazialità ha permesso da sempre a Renato Volpini di evitare l'incasellamento entro gli schemi dell'astrattismo o del naturalismo".
Durante un soggiorno a Panarea nel 1961 Volpini racconta di aver avvistato una macchina spaziale sopra l'orizzonte del mare, da quel momento tutto il suo lavoro, all'insegna del movimento e della ricerca, si rivolge all' Altrove indagando ed immaginando quelle stesse rotte celesti che la scienza stava progettando di percorrere. Affascinato dal mito delle navicelle e dall'ingegneria spaziale, Volpini riadatta l'elemento meccanico generando sagome dai colori vivaci che assembla e unisce insieme per dare vita a nuove figurazioni surreali ed oniriche.
Durante questo processo e montaggio di forme, l'artista giunge ad animare i congegni spaziali e a personificarli facendo confluire la soggettività dell'immaginario collettivo all'interno dell'oggettività della macchina. Le macchine volpiniane infatti prendono ragione e interiorizzano l'essenza umana. Il fruitore è dunque libero di viaggiare e attraversare l'Universo infinito non più come essere all'interno di un veicolo ma come macchina spaziale aliena, immedesimandosi nell'oggetto dinamico stesso grazie all'intelligenza e al carattere che quest'ultimo possiede. La dinamicità della macchina è resa da Volpini attraverso la brillantezza e la vivacità dei colori che generano un mondo surreale e onirico in continuo movimento. (Comunicato stampa)
Immagine:
Renato Volpini, Macchina Spaziale, 1991, tecnica mista su tavola, cm 65x48
Maddalena e la Croce. Amore Sublime
05 aprile - 13 luglio 2025
Museo Civico di Santa Caterina - Treviso
A cura dei Civici Musei, è una mostra che affronta temi universali quali passione, sofferenza, devozione, redenzione, amore. E lo fa attingendo alle interpretazioni che nei secoli grandi artisti hanno saputo elaborare intorno alle figure di Cristo e Maria Maddalena, esplorandone lo straordinario potenziale emotivo. La mostra non si limita a raccontare il sacro ma comprende e trascende la storia evangelica per farne una esperienza universale, capace di toccare corde profonde dell'animo umano. Le figure di Cristo e della Maddalena diventano così specchi della condizione umana, crogiolo in cui si fondono dolore e speranza, emozione e riflessione. Ognuna delle oltre cento opere riunite in questa straordinaria mostra - tra esse molti capolavori della storia dell'arte - stimola a penetrare i misteri più profondi del nostro sentire ed essere.
Tra i capolavori, citiamo ad esempio le miniature bolognesi della straordinaria "Bibbia di San Paolo", fino alla alla grande pittura rinascimentale, con Bellini, Jan Polack, Tiziano, Paolo Veronese, Jacopo Bassano, Giampietrino, Palma il Giovane, Guercino per giungere a Bernardo Strozzi, Ludovico Carracci, Carlo Saraceni, Domenico Tintoretto, Sebastiano Ricci, Mattia Bortoloni, Rutilio Manetti, Antonio Canova, Gaetano Previati, Mosè Bianchi, per approdare ad Alberto Martini, cui è riservato un omaggio, nel suo Centenario.
Nelle dodici sale per altrettante sezioni si è condotti a intraprendere un doppio viaggio: innanzitutto nella creazione artistica e nel tempo, per seguire l'evoluzione che l'arte ha compiuto nel raccontare quell'Amore Sublime. Accanto a un secondo, parallelo ma più personale ed intimo: Maddalena diventa archetipo di una spiritualità universale che supera il credo. Tutti siamo chiamati a immedesimarci nel percorso fatto dalla santa che diventa un modello: dalla difficoltà e la caduta, alla conversione, fino alla redenzione. Un esempio di spiritualità certo, ma soprattutto di speranza, fiducia e amore.
La ricca mostra vedrà l'esposizione di opere che attraversano i secoli, dal Duecento al Novecento, a conferma del fascino che la tematica ha sempre rivestito nelle arti figurative e a riprova dell'universalità del tema, capace di rinnovarsi continuamente nella mente e nello spirito degli artisti di tutta Europa. A trasmettere l'intensità del dramma salvifico della Crocefissone concorre un nucleo di sculture lignee, paramenti e raffinate oreficerie del primo Rinascimento, patrimonio, per quanto riguarda la scultura lignea, proveniente dei Civici Musei Trevigiani. Capolavori che, restaurati, vengono finalmente svelati al pubblico, a confermare come le Collezioni Civiche di Treviso siano tra le più significative del nord Italia relativamente alla scultura lignea. Accanto ad essi, decine di altri prestiti eccezionalmente concessi da musei italiani e stranieri.
La narrazione attorno a Maria Maddalena offre una straordinaria panoramica sull'evoluzione della sua iconografia. Questa figura iconica, simbolo di peccato e redenzione, oscillante tra spiritualità più profonda e sensualità terrena, viene interpretata da generazioni di artisti, che ne hanno catturato sfumature emotive e spirituali in modi sempre nuovi ed affascinanti, raccontandone la complessità, e rivelando come, nei secoli, Maria Maddalena sia diventata il ponte tra il sacro e l'umano, tra divino e terreno". Ogni opera in mostra invita a un viaggio intimo e contemplativo, che supera le barriere del credo e si fa portavoce di una spiritualità universale, in cui la dimensione umana si intreccia con quella divina, svelando i misteri più profondi della nostra esistenza. (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI, Sergio Campagnolo)
Francesco Barocco
"La casa gialla"
28 gennaio (inaugurazione) - 05 aprile 2025 (su appuntamento)
Quartz Studio - Torino www.quartzstudio.net
Un progetto speciale di Francesco Barocco, appositamente concepito per lo spazio. La casa gialla di Francesco Barocco è idealmente la casa gialla di Vincent van Gogh ad Arles. L'artista torinese, in occasione della personale da Quartz Studio, ha realizzato un nuovo corpus di opere in cui sculture e testo si rispecchiano in una dialettica formale osmotica, indicativa dell'inizio di una nuova ricerca. Barocco, che sente una profonda connessione spirituale e poetica con l'artista olandese dalla complessa personalità, ha idealmente cancellato l'immaginario visivo che il nome Vincent van Gogh immediatamente evoca, per appropriarsi dei soli titoli delle sue opere (spesso mere descrizioni delle immagini dipinte), con cui ha concepito quartine semanticamente dense e, al contempo, estremamente sofisticate.
Francesco Barocco (Susa, Torino, 1972) è un artista visivo la cui ricerca segnico-scultorea si sviluppa a partire dalla disciplina dell'incisione da lui intesa come prodromica della scultura. Le sue opere, concepite spesso in forma di 'frammento', riflettono un'attenta osservazione della realtà, sottoposta ad una rigorosa sintesi formale. Il suo lavoro si distingue per l'essenzialità e la sospensione poetica dei soggetti rappresentati che, rielaborati a partire da un selezionato repertorio figurativo, rendono l'artista un interprete del pensiero classico contemporaneo. Francesco Barocco ha partecipato a numerose mostre collettive in diverse istituzioni internazionali. (Comunicato stampa)
Apre la Fondazione Maria Cristina Carlini
Un nuovo centro dell'arte contemporanea a Milano
La Fondazione Maria Cristina Carlini apre ufficialmente le porte al pubblico sotto la direzione scientifica di Flaminio Gualdoni, critico e storico dell'arte, profondo conoscitore della scultura contemporanea. Lo spazio si propone come luogo d'incontro, studio e conservazione, con l'obiettivo di valorizzare il vasto patrimonio artistico e documentale dell'eclettica carriera di Maria Cristina Carlini, che abbraccia oltre cinquant'anni di attività artistica. La Fondazione no-profit, nata in un quartiere molto caro all'artista, si pone in dialogo con realtà istituzionali e internazionali e vuole essere un punto di riferimento dedicato a studiosi, appassionati, giovani artisti e a coloro che intendono ampliare la propria conoscenza, nell'ambito della scultura.
La sede è concepita come uno spazio multifunzionale che permette di ammirare le opere di Maria Cristina Carlini, distribuite tra l'area interna e il giardino esterno.
Nel calendario sono previsti eventi, conferenze e mostre temporanee, tutti volti a promuovere un dialogo vivace e interattivo sull'arte contemporanea, in linea con la espressione artistica di Maria Cristina Carlini. È presente un archivio in costante aggiornamento, nel quale è consultabile l'intera produzione della scultrice, a cui si accede tramite cataloghi e documenti che illustrano il suo percorso artistico. È inoltre possibile vedere documentari e testimonianze video realizzate nel tempo, che ne raccontano il mondo, e approfondiscono la conoscenza della sua personalità e della sua arte, tra loro quasi inscindibili.
Carlini, infatti, è da sempre trasportata da un profondo amore per l'arte e, finiti gli studi umanistici, comincia il proprio percorso artistico a Palo Alto, in California, negli anni Settanta, dove segue un corso di ceramica. Durante la sua attività ha esplorato nuove tecniche e ampliato il suo linguaggio visivo con l'utilizzo di diversi materiali tra cui il grès, la porcellana, la lamiera, il ferro, l'acciaio corten e il legno di recupero. Nelle sue opere sono presenti riferimenti impliciti ed espliciti che riconducono a temi cardine della sua poetica.
Fra questi il legame a elementi naturali come la terra, nella quale viene ritrovata l'origine, il nesso col passato e con ricordi ancestrali. Ad essa, che viene plasmata con cura, dedizione e forza, è strettamente connessa la memoria, individuale o collettiva, che unisce passato, presente e futuro. I simboli impressi nella terra sono traccia di accadimenti lontani che evocano emozioni, sentimenti e guidano lo spettatore a ripercorrere i propri vissuti o a percepire un senso di appartenenza, di identità e di memoria condivisa.
Le sculture, soprattutto quelle di grandi dimensioni mostrano, attraverso accostamenti di materiali e composizioni, il sottile equilibrio fra leggerezza e potenza, un invito a riflettere sulla fragilità della natura e sulla necessaria salvaguardia dell'ambiente. Nel tempo, l'artista ha esposto in mostre personali e collettive di rilievo e le sue sculture monumentali installate in permanenza lasciano un'impronta distintiva nel panorama artistico internazionale, dall'Europa agli Stati Uniti fino alla Cina.(Comunicato ufficio stampa IBC Irma Bianchi Communication)
Italo Zannier
Io sono io. Fotografo nella storia e storico della fotografia
22 dicembre 2024 - 04 maggio 2025
Galleria Harry Bertoia - Pordenone
Italo Zannier (Spilimbergo 1932), intellettuale, docente, curatore di celebri mostre, collezionista e fotografo, primo titolare di una cattedra di Storia della fotografia in Italia nonché figura di riferimento per il riconoscimento della disciplina nel nostro paese; la Mostra, a cura di Marco Minuz e Giulio Zannier, indaga proprio questa "moltitudine" della passione e dell'impegno di Zannier verso la disciplina fotografica. Per la prima volta vengono raccolte le molteplici attività, legate alla fotografia, che Zannier ha portato avanti con una forza e una passione che non ha eguali nel panorama nazionale. Il percorso si sviluppa in tutte le principali sue esperienze prendendo avvio dalla sua partecipazione nel movimento neorealista; appassionato di cinema, si cimenta prima con corti in Super 8 per poi dedicarsi totalmente alla fotografia.
Nel 1955, in una lucida analisi, stila il manifesto del Gruppo friulano per una nuova fotografia, cui aderiscono, tra gli altri, fotografi come Carlo Bevilacqua, Toni Del Tin, Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin, Nino Migliori e gli amici spilimberghesi Gianni e Giuliano Borghesan e Aldo Beltrame. Si riconosce proprio a questo sodalizio il merito di promuovere, tra i primi in Italia, il concetto di una nuova fotografia non più solo concentrata sull'estetizzazione dello scatto indirizzato al bello, ma ricercando una fase sperimentale e analitica in senso innovativo.
Dagli scatti di Zannier, quindi, si rileva subito il suo "racconto critico", leggibile dai suoi personaggi, dagli ambienti, dagli oggetti e dalla tipologia sociale ed ai luoghi cui si riferiscono. Una lettura che si sviluppa anche in riferimento all'ambito dell'architettura dove Zannier indaga il territorio del Friuli che vive di tradizione e cambiamento. Fotografie ricche ed essenziali diventano testimonianza di una comunità intera e, fissando storie, paesaggi e tradizioni trattenute in immagini che si fanno reliquie, nel tempo, ne registra l'evoluzione e il cambiamento.
Una società friulana che Zannier vede diventare italiana ed europea, da contadina diventa industriale. Nella serie delle diacronie - conclusa nel 1976 - Zannier emblematicamente torna a scattare in luoghi dove il suo obbiettivo aveva scattato quasi vent'anni prima, con i medesimi parametri e con gli stessi soggetti realizza un nuovo scatto che lascia emergere chiaro il trascorrere del tempo. Qui il passato diventa futuro e Zannier dichiara il ruolo imprescindibile della fotografia per registrare questo fluire storico che, nel caso degli ambienti da lui immortalati, diventa ancor più emblematico per il rovinoso terremoto che cancellerà molti dei luoghi da lui ripresi.
Ma il rapporto con l'architettura abbraccia anche le collaborazioni con le più importanti testate giornalistiche del tempo, come Il Mondo, Comunità, Casabella e Domus. Docente universitario dal 1971, primo in Italia ad essere titolare di una cattedra di Storia della fotografia, insegna allo IUAV e a Ca' Foscari di Venezia, al Dams di Bologna, alla Cattolica di Milano ed in altre Università Italiane. Si dedica alla pubblicazione di libri, saggi ed articoli, collaborando con riviste di settore come L'Architettura "cronache e storia", Camera, Photo Magazine, Popular Photography, Fotografia Italiana "il Diaframma". Cura collane quali Fotologia "Studi di storia della fotografia" e Fotostorica, "gli archivi della fotografia". Dopo oltre trent'anni, Zannier riprende a fotografare: con un nuovo entusiasmo osserva gli spazi della globalizzazione che rendono standard la contemporaneità della nostra esistenza, come nel progetto "Veneland".
Il percorso espositivo interesserà la sua produzione saggistica (oltre seicento), la curatela di celebri Mostre come la sezione fotografica della mostra The Italian Metamorphosis tenutasi al Guggenheim di New York nel 1994, "L'io e il suo doppio" alla Biennale di Venezia ed i progetti editoriali come il titanico lavoro, sostenuto dall'ENI, su Coste e Monti d'Italia, nove volumi che lo vedranno impegnato dal 1967 al 1976. La mostra sarà presentata dal filosofo Massimo Donà (Università Cattolica di Milano). Il percorso sarà completato da un'intervista inedita al professore Zannier. La Mostra è promossa dal Comune di Pordenone, gode del patrocinio del Ministero della Cultura e sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI di Sergio Campagnolo)
Il Ritratto dell'Artista
Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie
22 febbraio - 29 giugno 2025
Museo Civico San Domenico - Forlì
www.mostremuseisandomenico.it
Mostra a cura di Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice, un nuovo lungo viaggio tra capolavori, che ricostruisce la progressiva definizione della consapevolezza di sé dell'artista nella storia dell'arte. Il ritratto dell'artista è un autografo esistenziale. Segno, traccia, memoria, riflesso da tradurre in un'immagine definitiva, giocata nel tempo, contro il tempo, oltre il tempo. Nell'autoritratto il pittore si sdoppia nel duplice ruolo di modello e di artista. L'occhio si posa sull'immagine riflessa per ritrarsi e l'immagine ritratta è un alter da sé ed è un sé. Spesso ne viene fuori una maschera. Personaggio più che persona. Per molti artisti è così, dal Quattrocento al Novecento.
L'artista figura tra gli uomini illustri, si fa metafora, protagonista e immagine del proprio tempo. L'artista recita, si mette in mezzo, sbuca da una sua opera che parla d'altro: in mezzo a un racconto mitologico, a una storia sacra, a un evento storico. Come fanno Giovanni Bellini, Tintoretto, Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola, Lotto, Pontormo, Parmigianino, Rembrandt, Tiziano, Hayez, Böcklin, De Chirico, Balla, Sironi, Bacon fino a Bill Viola e Chuck Close.
Ciò che rende così affascinante e quasi irrinunciabile l'autoritratto agli occhi degli artisti - e non solo - è la sua capacità di sostituirsi interamente alla persona di cui è copia. L'immagine funziona da doppio del soggetto, come nel mito di Narciso ripreso da tutta la storia della pittura e della letteratura fino ad approdare, nel Novecento, alla psicoanalisi freudiana.
«Il primo è stato Narciso, che guardandosi nello specchio dell'acqua ha conosciuto il proprio volto. Il primo autoritratto. Poi è arrivato il selfie. Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la propria immagine è stato - per ogni artista - una sfida, un tributo, un messaggio, una proiezione, un esercizio di analisi profonda che mostra le aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che rivela anche la maestria e il talento. Poi serve uno specchio. Timore, prudenza o desiderio, persino bramosia di guardarsi. Allegoria di vizi e virtù». Così Gianfranco Brunelli, Direttore delle Grandi Mostre del Museo Civico San Domenico, descrive la prospettiva da cui è nato questo progetto. (Comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Federico Barocci, Autoritratto
2. Maschera teatrale da Megara Hyblaea
Alphonse Mucha / Giovanni Boldini
22 marzo - 20 luglio 2025
Palazzo dei Diamanti - Ferrara
Esposti i capolavori di due protagonisti dell'arte europea tra Otto e Novecento: Alphonse Mucha e Giovanni Boldini, straordinari cantori della bellezza e del fascino femminile. Artista di origini ceche, Alphonse Mucha (Ivancice, 1860 - Praga, 1939) raggiunse fama internazionale nella Parigi fin de siècle. Sebbene sia noto in tutto il mondo per i manifesti degli spettacoli della celebre attrice Sarah Bernhardt, Mucha fu poliedrico e versatile: oltre che pittore, disegnatore e illustratore, fu anche fotografo, scenografo, progettista d'interni creatore di gioielli e packaging designer.
Le sue opere divennero presto emblematiche della nascente Art Nouveau, alla cui affermazione contribuì elaborando uno stile inconfondibile e seducente (detto appunto "Le style Mucha"), come dimostrano Gismonda (1894), la serie de Le stagioni (1896), Job (1896), Fantasticheria (1897), Médée (1898). Quando nel 1904 visitò per la prima volta gli Stati Uniti la stampa lo celebrò come «il più grande artista decorativo del mondo».
La grande mostra monografica, organizzata da Arthemisia e Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con la Mucha Foundation e curata da Sarah e John Mucha, racconta la biografia, il percorso artistico e i molteplici aspetti della produzione di Mucha, il quale era fermamente convinto che la bellezza e la forza ispiratrice dell'arte potessero favorire il progresso dell'umanità e garantire la pace e l'unione dei popoli.
Donne aggraziate ed eleganti furono indiscusse protagoniste non solo delle opere di Alphonse Mucha, ma anche di quelle di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 - Parigi, 1931) che, come l'artista ceco, risiedette stabilmente a Parigi, dove si affermò come ritrattista mondano, ricercatissimo da una facoltosa clientela internazionale. Le sale dell'ala Tisi di Palazzo dei Diamanti ospiteranno una significativa selezione di dipinti, disegni e incisioni dedicati al tema del ritratto e della figura femminile provenienti dal Museo Giovanni Boldini, la più importante raccolta pubblica di opere del grande maestro ferrarese, che riaprirà nel rinnovato complesso ferrarese di Palazzo Massari nel 2026.
Accanto a capolavori come La signora in rosa (1916) e Fuoco d'artificio (c. 1890) saranno presentati studi di donne a figura intera e di singoli volti femminili che documentano il rapporto iperattivo dell'artista con la realtà circostante, nonché la sua abilità e prontezza nel registrare pose e attitudini che gli sarebbero poi serviti per conferire vitalità e dinamismo alle protagoniste dei suoi dipinti, contraddistinti da quella peculiare scrittura rapidissima e insieme controllata che rende inconfondibile, e unico, il suo stile. (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Dorothea Lange
130 immagini di una grande fotografa americana
14 dicembre 2024 - 23 marzo 2025
Palazzo della Penna - Centro per le arti contemporanee - Perugia
Un focus su Dorothea Lange, autrice di Migrant Mother (1936) - una delle fotografie più celebri del secolo scorso - e protagonista indiscussa della fotografia documentaria del Novecento. Curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, la mostra si compone di oltre 130 scatti che raccontano dieci anni di lavoro fondamentali nel percorso di questa straordinaria autrice. Il percorso espositivo si concentra sugli anni Trenta e Quaranta, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l'assetto economico e sociale degli Stati Uniti.
All'inizio degli anni Trenta, la visione di una folla che aspetta per ottenere un po' di cibo e del lavoro, convince Dorothea Lange a uscire dal suo studio per dedicarsi interamente alla documentazione dell'attualità: così la fotografa abbandona il mestiere di ritrattista per diventare la narratrice delle conseguenze della crisi economica successiva al crollo di Wall Street. Nel 1935 parte per un lungo viaggio con l'economista Paul S. Taylor, che sposerà alcuni anni dopo, per raccontare le drammatiche condizioni di vita in cui versano i lavoratori del settore agricolo delle aree centrali del Paese, colpito dal 1931 al 1939 circa da una dura siccità. Il fenomeno delle Dust Bowl, ripetute tempeste di sabbia, rende impossibile la vita di migliaia di famiglie costringendole a migrare, come racconta anche John Steinbeck nel romanzo Furore del 1939, seguito nel 1940 dal film di John Ford ispirato anche dalle fotografie di Lange.
Il lavoro documentario della fotografa fa parte del programma di documentazione Farm Security Administration, per promuovere le politiche del New Deal, e permette a Lange di sperimentare e di raccontare al suo Paese e al mondo i luoghi e i volti di una tragedia della povertà. Dalle piantagioni di piselli della California a quelle di cotone degli Stati del Sud, Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti riportati nelle dettagliate didascalie che le accompagnano. È in questo contesto che realizza Migrant Mother, il ritratto iconico di una giovane madre disperata che vive con i sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.
Questo lavoro termina con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che per gli Stati Uniti comincia nel 1941, con il bombardamento giapponese di Pearl Harbor; proprio alla popolazione americana di origine giapponese è dedicato il secondo grande ciclo di immagini esposto in mostra: dopo la dichiarazione di guerra, si decide di internare in campi di prigionia la comunità nativa giapponese negli Stati Uniti, assumendo vari fotografi per documentare l'accaduto. Crisi climatica, migrazioni, discriminazioni: a quasi un secolo dalla realizzazione di queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento. (Estratto da comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Immagine:
Dorothea Lange, Toward Los Angeles, California, 1937
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Atlante americano
di Giuseppe Antonio Borgese, a cura di Ambra Meda, ed. Vallecchi, pag.269, ottobre 2007 Recensione
L'ultima stagione
di Phil Jackson e Michael Arkush, ed. Libreria dello Sport, pag.246, 2005 Recensione
Gli Italiani di Bruno Barbey
21 dicembre (inaugurazione) - 04 maggio 2025
Galleria Harry Bertoia - Pordenone
Per la prima volta in Italia viene esposto il progetto fotografico che il celebre fotografo francese Bruno Barbey (Marocco 1941 - Parigi 2020) realizzò in Italia fra il 1962 e il 1966 mentre studiava in Svizzera. All'inizio degli anni '60 Bruno Barbey, cercando di ritrarre gli italiani, fotografò tutti i livelli della società, sia per strada che in interni. Il giovane fotografo presentò questo insieme di immagini a Robert Delpire, celebre editore parigino, che suggerì subito di pubblicarle nella serie "Essential Encyclopedia", una raccolta di libri che comprendeva già The Americans di Robert Frank (1958) e il volume Germans di René Burri (1962).
Le circostanze dell'epoca impedirono la realizzazione del libro, ma il portfolio di fotografie italiane convinse i membri dell'agenzia Magnum Photos delle potenzialità del giovane Barbey, che fu subito accettato nella cooperativa. Dopo decenni di lavoro e numerosi volumi su altri paesi, Barbey pubblicò una prima versione di quest'opera nel 2002, con un'introduzione di Tahar Ben Jelloun. L'idea, alla base di questo progetto, era di "catturare lo spirito di una nazione attraverso le immagini" e creare un ritratto dei suoi abitanti.
All'alba degli anni '60, i traumi della guerra cominciano a svanire mentre albeggia il sogno di una nuova Italia che comincia a credere nel "miracolo economico". Bruno Barbey è uno dei primi a registrare questo momento storico di transizione. «Disegnare il ritratto degli italiani attraverso le immagini era quindi l'ambizione di questo progetto», aveva affermato lo stesso fotografo. Da Nord a Sud, da Est a Ovest, fotografa tutte le classi sociali: ragazzi, aristocratici, suore, mendicanti, prostitute. Il suo lo sguardo lucido e sempre benevolo coglie una realtà in movimento e rivela gli italiani.
"Les Italiens" è una suggestiva raccolta della moderna comédie humaine; figure archetipiche il cui fascino esotico ha contribuito a rendere così popolari i film di Pasolini, Visconti e Fellini in un immaginario internazionale. L'Italia che "alza la testa" dopo gli orrori e le miserie generati dalla guerra. La classe media, dopo tante sofferenze, ha conosciuto il boom economico, un entusiasmo forse illusorio, una nuova società forse troppo all'americana per certi versi. La musica, la moda, la gioventù con i suoi riti e con le sue mode; la gente cominciava ad esprimere il proprio status in maniera marcata con qualche soldo in più nelle tasche.
Eppure, in questo contesto, c'erano ancora sacche di estrema povertà, soprattutto nel centro-sud del paese. L'Italia era una terra di aspri contrasti e questo ci viene raccontato in modo affascinante con un filo nostalgico da Barbey, che offre ai nostri occhi questo straordinario affresco dell'Italia di quel tempo. Sono stati tanti i fotografi di altri paesi che hanno documentato l'Italia e gli italiani: da Henri Cartier-Bresson a William Klein, ma il reportage di Bruno Barbey è un fulgido esempio di come un fotografo capace di immergersi in un lavoro documentario, possa riuscire ad individuare certe sfumature in modo straordinario. La mostra, curata da Caroline Thiénot-Barbey e Marco Minuz presenta una settantina di stampe. Il progetto espositivo è promosso dal Comune di Pordenone, gode del patrocinio del Ministero della Cultura e al sostegno della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. (Comunicato stampa ufficio stampa Studio ESSECI di Sergio Campagnolo)
Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori
...attraverso lo sguardo di Linda Fregni Nagler
05 dicembre 2024 - 04 maggio 2025
MAO Museo d'Arte Orientale - Torino
www.maotorino.it
ll nuovo progetto espositivo è dedicato alla pratica dell'artista Linda Fregni Nagler, presente al MAO lo scorso novembre con la performance "Things that Death Cannot Destroy". La mostra esplora il suo meticoloso approccio di selezione e raccolta, rielaborazione e riattivazione di fotografie giapponesi della scuola di Yokohama (Yokohama Shashin). Le fotografie originali, raccolte nell'arco di vent'anni dall'artista e proposte in mostra al MAO per la prima volta, sono affiancate alle opere di Linda Fregni Nagler, che ha rifotografato le albumine originali, stampandole in camera oscura e colorandole a mano con una tecnica simile a quella dell'epoca (1860-1910).
Questo intervento fa assumere nuovi significati alle immagini, illustrandoci la storia di un preciso modo di guardare all'esotismo e all'alterità. Il soggetto indagato al MAO è quello dei venditori di fiori (hanauri), una categoria molto apprezzata di ambulanti (botefuri) nel Giappone dei periodi Edo e Meiji. Considerata l'influenza esercitata dalle stampe ukiyo-e sulla Yokohama Shashin, il progetto espositivo si propone altresì di contestualizzare e approfondire il legame tra le fotografie di Fregni Nagler e le stampe xilografiche, di epoca precedente alla nascita della fotografia, del medesimo soggetto.
In mostra saranno esposte 26 albumine di metà Ottocento, appartenenti alla collezione Fregni Nagler, unitamente a sei grandi stampe ai sali d'argento colorate a mano dall'artista e a 4 positivi su vetro visibili attraverso due visori. Accanto a queste opere sono collocate tre xilografie che declinano l'iconografia dei venditori di fiori: la rappresentazione dei mesi primaverili - l'illustrazione del mese di aprile di Utagawa Kunisada, proveniente dal Museo Orientale di Venezia; All'ingresso del tempio di Kanda di Koikawa Harumachi dal Museo Orientale E. Chiossone di Genova e Toyokuni III di Utagawa Kunisada, dalla serie "Sei venditori nelle sere d'estate", da una collezione privata.
Il tema floreale e vegetale trova un'ulteriore declinazione anche nei preziosi tessuti kesa della collezione del MAO, risalenti al periodo Edo, e nei kimono che arricchiscono l'esposizione, uno proveniente da Palazzo Madama e due esemplari dal Museo d'Arte Orientale di Venezia, oltre a tre lacche pregiate e tre kakemono firmati Yanagisawa Kien, Kawamura Bunpo e Tomioka Tessai (dei periodi Edo e Meiji) in prestito da una collezione privata.
Il riallestimento della galleria giapponese è inserito nel programma espositivo del MAO che, attraverso prestiti provenienti da collezioni di arte asiatica - pubbliche e private, nazionali e internazionali - intende stimolare nuove riflessioni e narrazioni intorno al patrimonio del Museo; Hanauri è anche parte del progetto #MAOtempopresente, che utilizza l'arte contemporanea come mezzo di interpretazione e valorizzazione delle collezioni attraverso l'inserimento di opere contemporanee e produzioni site-specific realizzate all'interno del programma di residenze attivo dal 2022. In parallelo al progetto espositivo nelle gallerie, le tre armature giapponesi della collezione, datate tra la fine del XVII e la prima metà del XIX secolo, sono state riallestite nella cornice di Salone Mazzonis, dove saranno oggetto di un restauro conservativo aperto al pubblico a partire da gennaio 2025.
Linda Fregni Nagler è un'artista che lavora principalmente con il medium fotografico. È nata a Stoccolma e vive a Milano, dove si è diplomata nel 2000 all'Accademia di Belle Arti di Brera. Il suo lavoro è una ricerca alle origini dello sguardo moderno e si concentra sul medium fotografico e la sua storia, attraverso una pratica che intreccia le caratteristiche del lavoro dell'artista, quelle dello studioso e del collezionista. Il suo studio è, prima ancora che luogo di produzione, un luogo di ricezione dove, dopo un percorso di scelta e raccolta meticolose, le fotografie confluiscono per essere rielaborate e riattivate, per assumere così nuovi significati.
Il suo ambito di interesse spazia dalla teoria alla materialità dell'immagine fotografica, dalla storia della fotografia allo studio delle convenzioni iconografiche e dei cliché visivi, dall'immagine anonima e vernacolare all'appropriazione come pratica artistica contemporanea. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive. Linda Fregni Nagler è docente di ruolo di Fotografia all'Accademia Carrara di Bergamo, e insegna "Fotografia: teorie e tecniche" presso l'università IULM di Milano.
(Comunicato uffici stampa MAO Museo d'Arte Orientale: Chiara Vittone)
Hammershøi e i pittori del silenzio tra il nord Europa e l'Italia
22 febbraio - 29 giugno 2025
Palazzo Roverella - Rovigo
www.palazzoroverella.com
Curata da Paolo Bolpagni, la prima mostra italiana dedicata a Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916), che fu il più grande pittore danese della propria epoca, uno dei geni dell'arte europea tra fine Ottocento e inizio Novecento. Da pochi anni è in atto la sua riscoperta, e da personaggio quasi dimenticato Hammershøi è diventato uno dei più richiesti al mondo: nel mercato le quotazioni hanno raggiunto livelli strabilianti, con aumenti esponenziali osservabili addirittura di mese in mese; e i musei di tutto il globo si stanno contendendo le sue opere per organizzare retrospettive.
Nel 2025 quella di Palazzo Roverella sarà non soltanto la prima mostra italiana dedicata al pittore danese, ma l'unica a livello internazionale. Ciò rende davvero eccezionale l'impresa rodigina, che si pone anche l'obiettivo di porre a confronto i capolavori di Hammershøi con opere di importanti artisti a lui contemporanei, con un occhio di riguardo - in tali accostamenti - all'Italia, ai Paesi scandinavi, alla Francia e al Belgio. In effetti ci sono elementi che accomunano gli appartenenti a questa poetica del silenzio, della solitudine, delle vedute cittadine deserte, dei "paesaggi dell'anima".
Però i visitatori scopriranno che in Hammershøi c'è qualcosa di più, di sottilmente inquietante, di angoscioso e forse addirittura di torbido: le sue donne sono ritratte quasi sempre di spalle; gli ambienti domestici, in apparenza ordinati e tranquilli, lasciano in realtà presagire o sospettare drammi segreti, o l'attesa di tragedie incombenti, con un senso claustrofobico.
La biografia stessa dell'artista, che viaggiò di frequente (in special modo in Italia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi), ma in verità fu un uomo solitario, induce a riflettere su alcuni aspetti enigmatici: pur sposatosi, Hammershøi mantenne un rapporto strettissimo, quasi simbiotico, con la madre, tornando spesso a dormire da lei; la moglie e modella prediletta, Ida Ilsted, fu colpita da una grave malattia mentale; la sua pittura, che ispirerà il grande regista cinematografico Carl Theodor Dreyer, fu definita "nevrastenica". (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI)
Lin Zhipeng
"Free Love Chronicles"
09 gennaio (inaugurazione) - 22 marzo 2025
Glenda Cinquegrana Art Consulting - Milano www.glendacinquegrana.com
Prima mostra personale in Italia dedicata al fotografo cinese Lin Zhipeng a cura di Rebecca Delmenico. L'esposizione presenta venticinque fra scatti celebri e immagini recenti del fotografo di Guangdong classe 1979 conosciuto anche come no.223, in onore dell'omonimo personaggio del film di Wong Kar-Wai Chungking Express. Destinato ad una carriera nel campo della finanza, Zhipeng si laurea all'Università di Studi Esteri con una specializzazione in inglese finanziario. Ma è l'apertura nel 2003 di un blog intitolato North Latitude 23, in cui tutti i giorni questi pubblica le sue immagini accompagnate da testi, che lo rende in breve una celebrità prima del web e poi della fotografia internazionale.
Secondo la curatrice Rebecca Delmenico la ragione del successo di questo progetto fotografico è dovuta al fatto che il lavoro Lin Zhipeng riflette lo spirito di una generazione di giovani cinesi nata dopo gli anni Ottanta e Novanta: Zhinpeng racconta una storia collettiva che comprende anche la propria vita e la propria crescita personale. Il titolo della mostra Free Love Chronicles è il racconto di un progetto fotografico che avendo compiuto più di vent'anni di età, da semplice diario si è trasformato in un corpus fotografico ampio: i protagonisti della galleria di ritratti sono amici del fotografo o conoscenti conosciuti in rete, con cui l'artista stringe una connessione umana ed intima molto stretta attraverso il veicolo dell'immagine.
Il racconto è lieve e crudo, in bilico fra una tenerezza e malinconia, di cui protagonista è una sessualità liberata frutto del desiderio di esprimersi al di là di qualunque pregiudizio. Zhipeng e i suoi giovani protagonisti condividono una visione della pratica fotografica come strumento liberatorio della propria energia vitale più genuina ed autentica, di cui l'amore, il cibo e la sessualità sono parte integrante.
Come scrive Delmenico le opere di Lin Zhipeng sono sature di un tenero senso di leggerezza e di un'innocenza giocosa per esprimere uno stile di vita naturale e libero fatto di comprensione dell'amore e della libertà. La grammatica fotografica di Lin Zhipeng si nutre di libere associazioni fra elementi apparentemente distanti, capaci di creare un linguaggio più allusivo che diretto: le libere associazioni figurative sono tali da ricreare un'atmosfera ed un sentire in cui si specchia una generazione intera. (Comunicato stampa)
Ugo Valeri. Dandy e ribelle
23 novembre 2024 - 23 marzo 2025
Palazzo Pinato Valeri - Piove di Sacco (Padova)
Mostra a cura di Federica Luser con Trart. "Dandy e ribelle", afferma il sottotitolo di questa originale retrospettiva che riunisce circa ottanta opere di un artista che è stato spesso avvicinato a Toulouse-Lautrec per la capacità di dare corpo e anima, con pochi tratti, all'umanità che incrociava nel suo irrequieto peregrinare, nelle serate di stordimento, nel suo mordere un'esistenza sempre sopra le righe. Una vita percorsa tra genio e sregolatezza che, nel 1911, si concluse tragicamente a seguito di una caduta da una finestra di Ca' Pesaro a Venezia in circostanze mai chiarite. Aveva 37 anni, un'età che lo accomuna a Raffaello, Parmigianino, Watteau, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Tancredi o a Rimbaud, Byron, Mozart...
Ugo Valeri, lasciata Piove di Sacco, dove era nato nel 1873, frequenta le Accademie di Venezia e poi di Bologna, diventando presto un artista di successo. Già nel 1898 vince il Premio Francia e nel nuovo secolo è protagonista, nel 1906, dell'Esposizione Internazionale del Sempione. Nel 1907 è alla Biennale di Venezia, nel 1909 e nuovamente nel 1910 Ca' Pesaro gli riserva due personali. Con Arturo Martini, Gino Rossi, Felice Casorati, sotto l'ala di Nino Barbantini, rappresenta il nuovo che sta imponendosi in Laguna. Dipinge con passione, in scioltezza, in presa diretta, esattamente così come vive la bohème del tempo, a Venezia, a Bologna e a Milano.
Dipinge, o meglio disegna, ciò che via via lo colpisce, appunta la frenesia di un demi-monde popolato di ballerine, belle ragazze, dandy, incontri, gente, movimento. Con la crudezza caricaturale di chi quelle situazioni non solo le vede ma le vive ogni giorno. "D'altronde - annota - io stesso che sono una caricatura nell'aspetto e nello spirito, non potrei definire la caricatura come la più sincera espressione del vero?"
Elegante e raffinato è anche un illustratore molto ricercato, importante il sodalizio con Filippo Tommaso Marinetti e con Umberto Notari, come la collaborazione con le migliori riviste dell'epoca: "Italia ride", "L'Illustrazione italiana", "Poesia", "Secolo XX", "La Lettura". Valeri è interprete di un mondo artistico che cambia, si sente libero di esprimersi senza timore del confronto con il passato, di seguire il proprio istinto di uomo curioso, di artista che guarda il mondo in modo nuovo.
Nel 1909 quando espone a Ca' Pesaro a Venezia le sue opere distribuite su tre sale, mescola generi e soggetti, così facendo propone una nuova prospettiva verso l'arte contemporanea in contrapposizione con le scelte ritenute "paludate" della Biennale di Venezia, e dà avvio alla stagione della cosiddetta "Secessione Capesarina", tanto che Arturo Martini alla sua morte scrive: "Ugo fu per noi la tromba del nuovo mattino". Il suo sguardo libero fu la sua eredità lasciata agli artisti dell'epoca. Un artista che, anche grazie ai numerosi prestiti da collezioni private, verrà restituito all'attenzione del pubblico in tutta la sua straordinaria complessità. (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci - Sergio Campagnolo)
MonFest 2024
On Stage | Cinema Teatro Musica
Casale Monferrato, 30 novembre 2024 - 04 maggio 2025
Con la direzione artistica di Mariateresa Cerretelli, il MonFest continua il proprio percorso nel segno di un'identità tracciata fin da subito all'insegna del confronto della fotografia con le altre arti, e della contaminazione tra passato e presente. Il tema di questa seconda edizione sarà On Stage e le parole chiave saranno Cinema Teatro Musica, attorno a cui sarà costruito un ricco caleidoscopio di inedite visioni fotografiche articolate in 14 mostre, che andranno ad occupare alcuni dei luoghi più belli e simbolici di Casale Monferrato. A partire dal suggestivo Castello del Monferrato, sede principale del festival dove trovano accoglienza ben 12 esposizioni. A partire dal foyer, dove sarà esposta una selezione di foto di Maria Vittoria Backhaus realizzate negli anni Settanta durante la tournee dei Beatles in Italia. Ad arricchire poi il festival, un programma ricco di incontri, talks, letture portfolio e laboratori declinati su cinema, teatro, musica e fotografia.
La Settima Arte di Mimmo Cattarinich a cura di Armando Cattarinich e Maurizio Presutti, che vuole offrire un'immersione nella magia totalizzante del cinema fino agli anni Duemila. Dai divi come Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Pedro Almodovar, la grande Maria Callas, ai dietro le quinte di grandi protagonisti come Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini o John Cassavetes e i ritratti più incisivi di attori come Roberto Benigni, Gigi Proietti fino, Monica Bellucci e Penelope Cruz.
Cinema On the Road di Fiorella Baldisserri a cura di Elena Givone e Mariateresa Cerretelli è invece una mostra/reportage. Nel 2009, Francesca Truzzi e Davide Bortot hanno fatto una straordinaria scelta di vita: hanno comprato un vecchio camion e lo hanno trasformato in una casa mobile, con l'intenzione non solo di viverci ma di viaggiare per il mondo e proiettare film, equipaggiandola con pannelli solari e dotandola di tutte le attrezzature necessarie per creare un cinema sotto le stelle ovunque andassero. Questa mostra, accolta negli spazi del Castello, racconta i loro spostamenti e la loro vita quotidiana dal 2022 sia in Italia che all'estero.
Claudio Abbado di Cesare Colombo a cura di Sabina e Silvia Colombo, che presentano una selezione di fotografie del Maestro Claudio Abbado. La prima parte lo ritrae durante le prove di un concerto al teatro alla Scala nel 1965. Nella sezione seguente è raccolta una serie di immagini relative alla tournée europea di Abbado con i Berliner Philharmoniker nel 1996. Sono presenti anche fotografie del 2008 relative alla rappresentazione di Pierino e il lupo, con Abbado alla direzione dell'Orchestra Mozart e con la voce recitante di Roberto Benigni.
La passione per la scena - Il Living Theatre di Carla Cerati (1967-1984) a cura di Elena Ceratti, è un tuffo negli anni Sessanta in cui la Cerati inizia a interessarsi al lavoro della compagnia newyorkese, fondata da Julian Beck e Judith Malina nel 1947. Tra il 1967 e il 1968 il Living propone in Europa tre degli spettacoli più iconici del suo repertorio e sono Antigone, Frankenstein e Paradise Now che Carla Cerati fotografa a Milano Modena e Avignone.
Prima che accade di Luca Canonici, Teatralità di Patrizia Mussa, Al punto fermo del mondo che ruota di Lia Pasqualino a cura di Andrea Elia Zanini sono tre tappe di una riflessione visiva sul tema del teatro. Luca Canonici propone un'indagine in bianco e nero sui momenti che precedono l'inizio della rappresentazione. Patrizia Mussa racconta, con la sua straordinaria tecnica che mescola fotografia e acquarello, i teatri italiani che sta indagando da oltre un decennio. Lia Pasqualino costruisce una serie di formidabili quadri che fermano alcuni momenti delle rappresentazioni teatrali.
Visioni di Gabriele Croppi a cura di Susanna Scafuri, è un lavoro che parte dai fotogrammi di quattro caposaldi della Storia del cinema, Metropolis di Fritz Lang (1927), Quarto Potere di Orson Welles (1941), Stalker di Andrej Tarkovskij (1979), Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders (1987), per arrivare ad una elaborazione digitale personale e emozionale. Nel solco della sua poetica che si incentra sull'indagine del rapporto tra la fotografia e le altre arti, realizza un corpus di opere trasfigurate in una sintesi estetica pittorialista.
Sounding Pictures di Roberto Polillo a cura di Marco Pennisi. Da Miles Davies a Cecil Taylor, da Duke Ellington a Count Basie, Roberto Polillo a partire dal 1962 fotografa i giganti del jazz nei concerti di Milano e dintorni, al seguito di suo padre Arrigo Polillo. Continua fino al 1975 e le sue immagini di grande impatto riflettono la documentazione delle performance ma rappresentano una magica rappresentazione visiva della musica stessa.
SPD di Ando. In questa performance, SPB è l'acronimo di Sensitive Portrait Box: una cabina nera, una sorta di scatola in cui una volta entrati ci si isola dal mondo esterno. La persona che partecipa alla performance deve solo entrare, sedersi e sentirsi libera. Di fronte al viso un foro e l'obiettivo della macchina fotografica. Due scatti, due pose: una in silenzio, l'altra con la musica. Due pose che verranno messe insieme in un'unica foto stampata immediatamente in formato 10x15 in bianco e nero.
Jazz Spirit di Pino Ninfa è un altro bel viaggio all'interno del mondo del jazz. Storie su e giù dal palco, fra luoghi sacri e architetture profane, in mezzo alla natura o in riva al mare, inseguendo un gesto o un riflesso, aspettando il momento decisivo, sempre e comunque all'insegna di un racconto.
Ten Years of Rock and Roll di Mathias Marchioni a cura di Luciano Bobba. Marchioni festeggia al MonFest i 10 anni di carriera con l'esposizione di ritratti di big indimenticabili ed eventi seguiti da folle oceaniche. Dal palco di Bruce Springsteen nel tour italiano The River tour a Lenny Kravitz, da Liam Gallagher agli Iron Maiden, Red Hot Chili Peppers e molti altri ancora.
Pictures of You di Henry Ruggeri a cura di Mattia Priori, una raccolta di immagini memorabili e di ricordi, estrapolati dalla storia di concerti ed eventi partecipati da Ruggeri. Attraverso una app gratuita, l'iconica voce del giornalista e dj radiofonico Massimo Cotto sarà messa al servizio di questa mostra spettacolare, a raccontare quegli attimi di gloria grazie al contributo di una memoria orale indimenticabile. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio ESSECI)
"Ciak! Cuba"
Il cinema nei manifesti cubani dalla Collezione Bardellotto
20 ottobre 2024 - 31 marzo 2025
Museo nazionale Collezione Salce - Treviso
Questa esposizione, realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio di Treviso-Belluno, celebra i manifesti cinematografici cubani, recentemente insigniti del prestigioso riconoscimento "Memory of the World" dall'UNESCO, provenienti dalla Collezione Bardellotto. Dal 1959, poco dopo la rivoluzione, l'ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos) ha preso vita, trasformando il cinema in uno strumento fondamentale per esprimere e promuovere la nuova identità culturale cubana. I cubani, noti per la loro passione per il cinema, hanno visto nascere una vivace produzione locale, affiancata dai migliori film provenienti dal resto del mondo, che hanno rimpiazzato gradualmente le pellicole nordamericane.
Accanto a quest'istituzione, il cartel de cine ha preso forma, affidato a grafici locali, molti dei quali autodidatti. Nonostante le sfide economiche, questi artisti hanno dimostrato una creatività straordinaria, guadagnandosi riconoscimenti internazionali. Nomi come Eduardo Muñoz Bachs, Rafael Morante, Antonio Reboiro, René Azcuy, Antonio Pérez González (Ñiko) e Alfredo Rostgaard hanno dato vita a opere uniche, tutte realizzate a mano e stampate in serigrafia, per sostenere il panorama cinematografico dell'isola.
Si pensò in particolare a creare un nuovo cinema che si smarcasse da tutti i punti di vista dallo schema commerciale hollywoodiano. Si decise così che anche le locandine dei film dovessero essere ripensate, evitando i canoni affermati (grandi volti delle star, scene madri, slogan suggestivi) dei manifesti cinematografici tradizionali. I nuovi carteles (prodotti in tecnica serigrafica 51x76 cm) furono così liberati della loro funzione pubblicitaria e lasciarono ai disegnatori grafici piena libertà interpretativa del film, contribuendo a una vera propria rivoluzione visuale e concettuale del pubblico delle sale cinematografiche El cartel de cine diventerà a tutti gli effetti un'opera d'arte esposta nelle strade. I Carteles sono un fenomeno grafico unico (che perdura ancora oggi a Cuba), di eccezionale qualità e creatività artistica, punto di incrocio di stili e forme espressive diverse, isola felice di libertà in un paese dove ogni forma di comunicazione visiva è posta sotto rigidi controlli.
La mostra si sviluppa in due sedi: la prima a Santa Margherita, dedicata ai grandi maestri, e la seconda a San Gaetano, dove sono ripercorsi i legami tra la grafica cubana e quella italiana. Qui si dà la possibilità di confrontare manifesti cubani e italiani per gli stessi film, un'occasione per scoprire affinità e differenze culturali. A San Gaetano si documenta l'evoluzione della grafica con l'introduzione del computer. Cinque giovani grafici cubani, affiancati dal grande cartellonista italiano Renato Casaro, presentano nuove interpretazioni per il film "Signore e Signori" di Pietro Germi, vincitore della Palma d'Oro a Cannes nel 1966.
Con oltre trecento manifesti e bozzetti originali, molti dei quali unici, questa mostra ripercorre una delle stagioni più affascinanti della grafica del Novecento. Durante questi anni, la comunicazione visiva ha giocato un ruolo cruciale, trasmettendo messaggi di positività anche in tempi difficili. La mancanza di risorse ha stimolato una creatività capace di assimilare e reinterpretare spunti dall'America e dall'Europa. Le opere esposte dimostrano la varietà, i colori e la forza che caratterizzano il Laboratorio Cubano della Grafica.
Questa mostra è un'opportunità unica per immergersi in un'epoca di comunicazione visiva efficace, rivelando la libertà espressiva dei grafici cubani. I visitatori potranno apprezzare come il Cartel Cubano vada oltre la mera promozione, raccontando l'Idea e l'Ideale di una nazione attraverso un linguaggio creativo ricco e variegato. (Comunicato ufficio stampa Studio ESSECI di Sergio Campagnolo)
28 settembre (inaugurazione) - 03 maggio 2025
Fondazione Antonio Dalle Nogare - Bolzano
www.fondazioneantoniodallenogare.com
Mostra dedicata a Emilio Prini (1942-2016), una delle figure più radicali ed enigmatiche del panorama artistico italiano e internazionale. Tra il 1970 e il 1975, Emilio Prini realizza una serie di circa duecento disegni su carta con l'ausilio di una macchina da scrivere Olivetti 22.Utilizzandola come fosse una matita, l'artista disegna, elabora formule matematiche e architetture bidimensionali, compone filastrocche, registra intuizioni, verifica idee.
La mostra propone una selezione di opere su carta connesse alle tre mostre seminali Gennaio '70 - comportamenti, progetti, mediazioni (Museo Civico Archeologico, Bologna, 1970), Arte Povera - 13 Italian Artists (Kunstverein München, 1971) e Merce Tipo Standard (Galleria L'Attico, Roma, 1971), in cui Prini riflette sulla logica del produrre attraverso l'uso di dispositivi tecnologici, indaga lo standard informativo pubblico e privato, riflette sul valore della merce (arte) prodotta, attenendosi alla teoria dei tipi di B. Russell. I disegni sono corredati da alcuni scritti teorici e una selezione di fotografie documentative, perlopiù inedite, delle tre mostre. Il progetto costituisce l'avvio di una ricerca e di una catalogazione in corso, a cura dell'Archivio Emilio Prini. (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Immagine:
Emilio Prini, Senza titolo, senza data, dattiloscritto nero e rosso su carta con interventi a biro, Courtesy Archivio Emilio
Alcune fotografie di Claudio Argentiero, personalità attiva da più di trent'anni nel mondo della fotografia, tra progetti personali e curatela di mostre. Da sempre interessato alla documentazione del territorio e ai mutamenti avvenuti nel tempo, legati al decadimento dell'industria manifatturiera e alla trasformazione del paesaggio. Nelle sue corde l'interesse per il territorio che non fa clamore, ambito da indagare e rivelare attraverso sguardi personali che riportano il quotidiano alla poetica delle piccole cose. (Estratto da comunicato di presentazione)
Immagine:
Claudio Argentiero, Sicilia - Scala dei Turchi, 2017, carta cotone certificata, formati cm 50x70 e 60x90
Il restauro di 342 lettere autografe di Michelangelo Buonarroti www.casabuonarroti.it
Nessuno tra gli artisti del Rinascimento ci è tanto noto e familiare come Michelangelo. Sappiamo cosa mangiava, come si curava, quanto spendeva per gli abiti. ma possiamo anche seguirlo nei suoi momenti di meditazione, nei suoi slanci di generosità, nei suoi accessi d'ira, nelle sue paure. Tutto questo è stato possibile grazie alla spiccata attitudine di Michelangelo alla conservazione, quasi maniacale, di ogni documento che riguardasse la sua quotidianità: contratti, lettere ricevute, minute delle lettere inviate, bozze di poesie, conti della spesa.
L'enorme mole di carte da lui raccolte nel corso della lunga vita fu devotamente custodita dai suoi discendenti, andando a costituire il nucleo fondamentale dell'archivio familiare, che lungo i secoli si accrebbe con documenti di altri membri, fino ad arrivare alla notevole consistenza di 169 volumi e oltre 25.000 carte. Una delle sezioni più preziose dell'archivio è indubbiamente costituita dalle lettere di sua mano, sia minute di lettere inviate ai personaggi più vari del suo tempo (da papa Clemente VII alla regina di Francia Caterina de' Medici, dalla poetessa Vittoria Colonna allo storico Benedetto Varchi, dal pittore Sebastiano del Piombo a Giorgio Vasari).
Considerando l'importanza e la fragilità di queste carte, l'Associazione degli Amici della Casa Buonarroti - nelle persone di Elisabetta Archi e Antonio Paolucci - hanno pensato di sottoporre un progetto di restauro all'Ente Cambiano scpa, che con grande slancio l'ha accolta e sostenuta con generosa e lungimirante sensibilità. Nell'occasione si potranno vedere le carte restaurate che poi verranno riposizionate e custodite nell'Archivio di Casa Buonarroti. L'Archivio Buonarroti consta di 169 volumi tutti manoscritti, attraverso i quali è possibile ricostruire la storia dei Buonarroti dagli antenati di Michelangelo fino all'ultimo discendente diretto della famiglia che nel 1859 decise di lasciare la Casa e il patrimonio raccolto al suo interno alla città di Firenze. (Estratto da comunicato ufficio stampa Fondazione Casa Buonarroti - CSC Sigma)
Nasce l'Archivio Regina
www.archivioregina.it
Dopo la prima grande retrospettiva museale italiana presentata alla GAMeC di Bergamo nel 2021, in seguito alla parallela acquisizione da parte del Centre Pompidou di Parigi di un significativo nucleo di opere dell'artista e dopo essere tornata protagonista nel 2022 in occasione della 59. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, l'eredità intellettuale di Regina Cassolo Bracchi (Mede 1894 - Milano 1974) trova rappresentanza nell'associazione a lei intitolata, denominata "Archivio Regina Cassolo Bracchi", a Milano.
Fondato per iniziativa di Gaetano e Zoe Fermani, con il supporto scientifico di Paolo Campiglio, Chiara Gatti e Lorenzo Giusti, l'Archivio Regina è un'associazione culturale nata per studiare, catalogare e promuovere l'arte di Regina Cassolo Bracchi a livello italiano ed estero, curando la tutela del suo nome, della sua produzione artistica e della documentazione a essa riferita, tramite la certificazione e l'archiviazione della sua opera generale, oltre alla realizzazione di un catalogo ragionato.
Regina Cassolo Bracchi è stata la prima scultrice dell'avanguardia storica italiana. Fu futurista negli anni della formazione e astrattista radicale nella piena maturità. È stata la prima donna del Novecento italiano a utilizzare materiali sperimentali, come latta, alluminio, filo di ferro, stagno, carta vetrata. E anche la prima artista in Italia ad appendere nell'aria geometrie fluttuanti fatte di frammenti plastici, Plexiglass, perspex o rhodoid. Innovativa nei modi e nelle intuizioni, sosteneva che il progetto e l'idea fossero superiori, nella loro originalità larvale, all'opera finita. «Scelgo temi di tale semplicità, costruzioni talmente elementari che potrebbero essere riprodotte da chiunque in base ad una mia esatta descrizione».
Eppure la storia l'aveva dimenticata. Come molte donne dell'arte di inizio secolo, Regina era rimasta ai margini dei manuali. Un caso femminile all'ombra dei maestri, seppure il suo nome comparisse in calce ai manifesti del Futurismo (firmò nel 1934 il Manifesto tecnico dell'aeroplastica futurista) e sebbene sia stata notata da André Breton e da Léonce Rosenberg che, dopo un incontro parigino nel 1937, le propose un contratto con la sua galleria, cui lei rinunciò per tornare in Italia. La critica ha spesso distrattamente omesso la sua presenza dalle cronache, nonostante Regina avesse avuto un ruolo di punta quale unica donna del MAC italiano, il Movimento Arte Concreta (fondato nel 1948), sempre attiva nei contatti con la direzione del gruppo francese "Espace" (nato nel 1951). La sua mente teorica animò, infatti, la vivacità culturale del secondo dopoguerra, coinvolta nel dibattito artistico dall'amico Bruno Munari che la conobbe al tempo dell'avventura futurista e la volle poi al suo fianco nel mondo dell'arte concreta.
Impegnato nel regesto del corpus completo delle opere di Regina Cassolo Bracchi, fra sculture, disegni, maquette, taccuini, l'Archivio Regina lancia un appello per censire esemplari a oggi non conosciuti o non catalogati, al fine di costituire un database offerto in consultazione a studiosi e studenti, in vista di una sempre maggiore e approfondita conoscenza e divulgazione della ricerca dell'artista. L'Archivio Regina è costituito dal lascito dell'artista a Gaetano e Zoe Fermani, membri del comitato scientifico accanto a Paolo Campiglio, docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Università degli Studi di Pavia, Lorenzo Giusti, direttore della GAMeC di Bergamo, e Chiara Gatti, direttrice del MAN di Nuoro.
Fra i prossimi appuntamenti internazionali che vedranno la presenza di Regina, si segnalano sin da ora: il nuovo allestimento del Centre Pompidou di Parigi che riserverà una sala del percorso alla vicenda del gruppo MAC e del suo gemellaggio con il gruppo francese "Espace", partendo proprio dalle opere di Regina giunte recentemente in collezione e la pubblicazione, a cura di Alessandro Giammei e Ara Merjian, del volume monografico dedicato alla scultura moderna in Italia, Fragments of Totality, edito da Yale University Press. (Comunicato stampa)
Nasce in Italia l'archivio online dell'artista pre-pop americano Ray Johnson
Aperto permanentemente alla consultazione dal 13 gennaio 2023
Sandro Bongiani Arte Contemporanea - Salerno www.sandrobongianivrspace.it
Dopo l'Archivio "Ray Johnson Estate" di New York, nasce in Italia "Ray Johnson Archivio Coco Gordon", archivio online del grande artista pre-pop Ray Johnson, uno dei più influenti artisti americani contemporanei accessibile ora nella startup Sandro Bongiani Arte Contemporanea con una raccolta ragionata di materiali inediti per tutti gli studiosi e per chi intende conoscerlo meglio. In questa piattaforma web é possibile consultare una parte considerevole di opere, foto dell'artista, performances, e testi scritti di Ray Johnson degli anni 1970-1995, che grazie alla collaborazione di Coco Gordon in oltre 25 anni di assidua frequentazione ha raccolto e conservato, ora finalmente pubblicati online.
Oggi, nell'era del Web e del sapere stratificato, la raccolta dell'archivio digitale Ray Johnson di Coco Gordon conserva e diffonde il sapere rispondendo a esigenze specifiche di consultazione dei materiali visivi archiviati assolvendo alla fondamentale funzione di conservazione, selezione e accessibilità dei dati che diventano l'oggetto primario di attenzione e consultazione da parte dello studioso d'arte. Uno strumento necessario e utile che svolge la doppia funzione di rendere accessibile il patrimonio e conservarlo correttamente senza esporlo a imprevedibili rischi. L'Archivio Ray Johnson comprende un ampia raccolta di materiali tra cui, ma non solo, corrispondenza, mail art, collage, fotografie documentarie, oggetti e cimeli. Un ringraziamento speciale va all'artista Coco Gordon e ai diversi collaboratori che hanno contribuito a realizzare la sezione del sito web dedicato a Ray Johnson. (Sandro Bongiani)
La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea nata come spazio culturale no-profit, vuole mettere in discussione il proprio ruolo di spazio culturale indipendente sostenendo nuovi modi di interagire con il pubblico e attivando nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento con presenze e progetti interattivi che possano essere condivisi in tempo reale con il maggior numero di utenti in qualsiasi parte del mondo. A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti (1972) dalla prima e unica mostra in Italia di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano con una presentazione di Henry Martin, noi della Sandro Bongiani Arte Contemporanea di Salerno abbiamo dedicato quasi un intero anno di lavoro a Ray Johnson con cinque mostre interattive e un progetto internazionale svolte da aprile fino a novembre 2022, in contemporanea con la 59 Biennale Internazionale di Venezia 2022.
Inoltre, a 27 anni esatti dalla scomparsa di Ray Johnson (13 gennaio 1995), è stata realizzata catalogazione e la digitalizzazione online di tutte le opere di Ray presenti nell'Archivio Coco Gordon di Colorado USA, con oltre 780 documenti tra opere e foto inedite dell'artista americano, testi, inviti, lettere, opere e riflessioni con i relativi commenti di Coco Gordon, memorial e collaborazioni, cronologia degli eventi e testi critici di Sandro Bongiani, archiviati, ognuna per codice numerico per essere più facilmente consultata, in una utile e significativa presentazione interattiva destinata ad essere conosciuta e valorizzata da parte degli studiosi per opportuni studi e approfondimenti sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop americano.
L'Archivio Ray Johnson, a completamento dell'attività in corso, viene presentato ufficialmente e reso visibile permanentemente il 13 gennaio 2023, (giorno e mese della sua scomparsa), nella startup web sandrobongianivrspace.it, che si affianca con orgoglio e per importanza all'Archivio americano "Ray Johnson Estate" di New York. Tutto ciò ci sembra un chiaro esempio di come si può relazionare con l'arte contemporanea in modo creativo e produrre nuova cultura. (Sandro Bongiani)
Ray Johnson (1927-1995) è stato un personaggio chiave nel movimento della Pop Art. Primariamente un collagista, è stato anche un precoce performer e un artista concettuale. Definito nei primi tempi "Il più famoso artista sconosciuto di New York", è considerato uno dei padri fondatori e un pioniere dell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. In scena negli anni ' 60, il suo lavoro e il modo in cui che ha deciso di distribuirlo ha influenzato il futuro dell'arte contemporanea. Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, Johnson ha frequentato il Black Mountain College sperimentale con Robert Rauschenberg e Cy Twombly. Ray Johnson era un artista americano noto per la sua pratica innovativa di Correspondence Art.
Una pratica basata su collage, il suo lavoro combina fotografia, disegno, performance e testo su distanze geografiche, attraverso la spedizione della posta. I progetti di Johnson includevano prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini psichici. "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente", ha detto l'artista. I suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina.
Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. nel 1948, trascorse un po' di tempo creando arte astratta e poi approdando al Dada con suoi collage che incorporano frammenti di fumetti, pubblicità e figure di celebrità. Johnson spesso rifiutava di partecipare a mostre in galleria e ha preferito creare una rete di corrispondenti di mailing e un nuovo modo di fare arte. Questo metodo di diffusione dell'arte divenne noto come la corrispondenza School di New York e ampliato per includere eventi improvvisati e cene. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art.
Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme la pratica artistica con la vita. Nel 1995 Ray Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Le circostanze in cui è morto sono ancora poco chiare. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista chiamato How to Draw a Bunny, ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art. In questi ultimi anni tutto il suo lavoro sperimentale è stato rivalutato dalla critica come anticipatore della Pop Art e persino dell'arte comportamentale americana.
Potrà restare per sempre ad Atene il Fregio del Partenone proveniente dalla Sicilia
Il governo della Regione Siciliana, con delibera di Giunta, ha dato il proprio consenso alla cosiddetta "sdemanializzazione" del bene, cioè l'atto tecnico che si rendeva necessario per la restituzione definitiva del frammento. Dallo scorso 10 gennaio, il frammento si trova già al Museo dell'Acropoli di Atene, dove nel corso di una cerimonia, a cui ha preso parte il Premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stato ricongiunto al fregio originale.
In base all'accordo, a febbraio da Atene è arrivata a Palermo un'importante statua acefala della dea Atena, databile alla fine del V secolo a.C., che ha già riscosso notevole successo di visitatori e che resterà esposta al Museo Salinas per quattro anni; al termine di questo periodo, giungerà un'anfora geometrica della prima metà dell'VIII secolo a.C. che potrà essere ammirata per altri quattro anni nelle sale espositive del museo archeologico regionale. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Archivi tematici del XX secolo
Galleria Allegra Ravizza - Lugano
www.allegraravizza.com
Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizione di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva. La cultura è come il rumore, per citare John Cage (Los Angeles, 1912- New York, 1992): "Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina" (J. Cage, "Silenzio", 1960). Il rumore della cultura è imprescindibile e continuo in ogni aspetto della nostra vita. (...) Ma quando lo ascoltiamo, l'eco del rumore della Cultura, sentiamo che rimbalza su ogni parete intorno a noi e si trasforma per essere Conoscenza e Consapevolezza. (...) Chi ama la musica tecno, metallica e disco non può ignorare Luigi Russolo (Portogruaro, 1885 - Laveno-Mombello, 1947), probabilmente, lo dovrebbe venerare, in quanto la sua intuizione ha trasformato per sempre il Rumore. (...)
In questa epoca dove, per naturali dinamiche evolutive del pensiero, la ragione del figlio prevale su quella dei padri, come nel Futurismo o nel '68, il desiderio di annullamento è comprensibile e necessario ma la conoscenza storica di quello che si vuole rinnovare ne è il fondamento. Per questo motivo proponiamo dodici archivi tematici con oggetto di ricerca proprio la comprensione. La troviamo adatta a questo periodo storico che ci racchiude nelle nostre stanze e ci sta cambiando profondamente. La speranza è che ci sarà un nuovo contemporaneo, forse più calmo ma più attento, una nascente maturità verso un nuovo Sincrono. Cassaforti come scatole del Sin-Crono (sincrono dal greco sýnkhronos "contemporaneo", composta di sýn "con, insieme" e khrónos "tempo") per la comprensione dell'arte dei Rumori e del teatro Futurista, della Poesia e della musica che ci hanno traghettato lungo il secolo scorso. (Estratto da comunicato stampa)
[1] J. Cage, "Silence", 1960
[2] J. Cage, "Silence", 1960
[3] For a greater understanding, see L. Russolo, Futurist manifesto "L'Arte dei Rumori", 1913
[4] Synchrony, sinkrono/ adj. [from the Greek sýnkhronos "contemporary", composed of sýn "with, together" and khrónos "time"]. - 1. [that happens in the same moment: oscillation, noun].
Materie Prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce
Catalogo interattivo e multimediale
Dopo il successo nel 2019 alla Rocca Roveresca di Senigallia (Ancona) con l'esposizione "Materie prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce", a cura di Giorgio Bonomi, Francesco Tedeschi e Matteo Galbiati, e la presentazione del catalogo Silvana Editoriale al Museo del Novecento di Milano, nell'ambito di un incontro moderato da Gianluigi Colin, la Galleria FerrarinArte di Legnago (Verona) rilascia una nuova edizione del volume, completamente interattiva e multimediale, per rivivere la straordinaria esperienza della mostra attraverso le parole degli artisti e dei curatori.
Il libro, sfogliabile liberamente e gratuitamente online, si arricchisce con contenuti inediti, videointerviste e approfondimenti dedicati alla poetica dei quindici artisti coinvolti - Carlo Bernardini, Renata Boero, Giovanni Campus, Riccardo De Marchi, Emanuela Fiorelli, Franco Mazzucchelli, Nunzio, Paola Pezzi, Pino Pinelli, Paolo Radi, Arcangelo Sassolino, Paolo Scirpa, Giuseppe Spagnulo, Giuseppe Uncini e Grazia Varisco - appartenenti a diverse generazioni, ma accomunati da curricula di altissimo livello e dal lavoro condotto con e sulla materia. (Estratto da comunicato stampa CSArt Comunicazione per l'Arte)
Forme uniche della continuità nello spazio
Nella Galleria nazionale di Cosenza la versione "gemella" dell'opera bronzea di Umberto Boccioni
La notizia che nei giorni scorsi, presso la casa d'aste Christie's di New York, è stato venduta l'opera bronzea di Umberto Boccioni (1882-1916) Forme uniche della continuità nello spazio per oltre 16 milioni di dollari (diritti compresi), pari a oltre 14 milioni di euro, dà, di riflesso, enorme lustro alla Galleria nazionale di Cosenza. Nelle sale espositive di Palazzo Arnone, infatti, i visitatori possono ammirare gratuitamente una versione "gemella" della preziosa opera del grande scultore reggino donata alla Galleria nazionale di Cosenza dal mecenate Roberto Bilotti. L'opera è uno dei bronzi numerati, realizzati tra il 1971 e 1972 su commissione del direttore della galleria d'arte "La Medusa" di Roma, Claudio Bruni Sakraischik.
Forme uniche della continuità nello spazio è stata modellata su un calco del 1951 di proprietà del conte Paolo Marinotti, il quale, nel frattempo, aveva ottenuto l'originale dalla vedova di Filippo Tommaso Marinetti, ritenuto il fondatore del movimento futurista. La celebre scultura è stata concepita da Boccioni nel 1913 ed è oggi raffigurata anche sul retro dei venti centesimi di euro, proprio quale icona del Futurismo che più di tutte ha influenzato l'arte e la cultura del XX secolo. Il manufatto originale è in gesso e non è stato mai riprodotto nella versione in bronzo nel corso della vita dell'autore. Quella presente nella Galleria nazionale di Cosenza, dunque, rappresenta un'autentica rarità, insieme ai tanti altri tesori artistici e storici esposti negli spazi di Palazzo Arnone. (Comunicato stampa)
La GAM Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo di Palermo insieme a Google Arts & Culture porta online la sua collezione pittorica
Disponibili su artsandculture.google.com oltre 190 opere e 4 percorsi di mostra: "La nascita della Galleria d'Arte Moderna", "La Sicilia e il paesaggio mediterraneo", "Opere dalle Biennali di Venezia" e "Il Novecento italiano". La GAM - Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo - di Palermo entra a far parte di Google Arts & Culture, la piattaforma tecnologica sviluppata da Google per promuovere online e preservare la cultura, con una Collezione digitale di 192 opere.
Google Arts & Culture permette agli utenti di esplorare le opere d'arte, i manufatti e molto altro tra oltre 2000 musei, archivi e organizzazioni da 80 paesi che hanno lavorato con il Google Cultural Institute per condividere online le loro collezioni e le loro storie. Disponibile sul Web da laptop e dispositivi mobili, o tramite l'app per iOS e Android, la piattaforma è pensata come un luogo in cui esplorare e assaporare l'arte e la cultura online. Google Arts & Culture è una creazione del Google Cultural Institute.
- La Collezione digitale
Grazie al lavoro di selezione curato dalla Direzione del Museo in collaborazione con lo staff di Civita Sicilia, ad oggi è stato possibile digitalizzare 192 opere, a cui si aggiungeranno, nel corso dei prossimi mesi, le restanti opere della Collezione. Tra le più significative già online: Francesco Lojacono, Veduta di Palermo (1875), Antonino Leto, La raccolta delle olive (1874), Ettore De Maria Bergler, Taormina (1907), Michele Catti, Porta Nuova (1908), Giovanni Boldini, Femme aux gants (1901), Franz Von Stuck, Il peccato (1909), Mario Sironi, Il tram (1920), Felice Casorati, Gli scolari (1928), Renato Guttuso, Autoritratto (1936).
- La Mostra digitale "La nascita della Galleria d'Arte Moderna"
La sezione ripercorre, dal punto di vista storico, sociale e artistico, i momenti fondamentali che portarono all'inaugurazione, nel 1910, della Galleria d'Arte Moderna "Empedocle Restivo". Un'affascinante ricostruzione di quel momento magico, a cavallo tra i due secoli, ricco di entusiasmi e di fermenti culturali che ebbe il suo ammirato punto di arrivo nell'Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, evento chiave per la fondazione della Galleria e per le sue prime acquisizioni, le cui tematiche costituiscono la storia di un'epoca.
- La Mostra digitale "La Sicilia e il paesaggio Mediterraneo"
Un viaggio straordinario nel secolo della natura, come l'Ottocento è stato definito, attraverso le opere dei suoi più grandi interpreti siciliani che hanno costruito il nostro immaginario collettivo: dal "ladro del sole" Francesco Lojacono ad Antonino Leto, grande amico dei Florio in uno storico sodalizio artistico, per giungere al "pittore gentiluomo" Ettore De Maria Bergler, artista eclettico e protagonista dei più importanti episodi decorativi della Palermo Liberty, e infine Michele Catti, nelle cui tele il paesaggio si fa stato d'animo e una Palermo autunnale fa eco a Parigi.
- La Mostra digitale "Opere dalle Biennali di Venezia"
In anni di fervida attività espositiva, la Biennale di Venezia si contraddistinse subito come eccezionale occasione di confronto internazionale e banco di prova delle recenti tendenze dell'arte europea. Dall'edizione del 1907 presente all'evento con la sua delegazione, la Galleria d'Arte Moderna seppe riportare a Palermo opere che ci restituiscono oggi la complessa temperie della cultura artistica del primo Novecento, dalle atmosfere simboliste del Peccato di Von Stuck, protagonista della Secessione di Monaco, alla raffinata eleganza della Femme aux gants di Boldini.
- La Mostra digitale "Il Novecento italiano"
Un percorso che si snoda lungo il secolo breve e ne analizza le ripercussioni sui movimenti artistici coevi, spesso scissi tra opposte visioni e ricchi di diverse sfumature e declinazioni. Tra il Divisionismo di inizio secolo, figlio delle sperimentazioni Ottocentesche, e l'Astrattismo degli anni Sessanta, si consumano in Italia i conflitti mondiali, il Ventennio fascista, i momenti del dopoguerra. La lettura delle opere d'arte può allora funzionare come veicolo attraverso il quale comprendere le complesse evoluzioni e gli eventi cardine che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento italiano. (Comunicato stampa)
Concluso l'intervento di adeguamento strutturale e funzionale del sito, la Fonte Aretusa ha aperto al pubblico il 6 agosto con un percorso di visita che consente di ammirarne dall'interno la bellezza, accompagnati dalle voci italiane di Isabella Ragonese, Sergio Grasso e Stefano Starna. Il percorso di visita restituisce l'emozione di un "viaggio" accanto allo specchio di acqua dolce popolato dai papiri nilotici e da animali acquatici, donati dai siracusani come devozione a una mitologia lontana dalle moderne religioni, superando le difficoltà di accedervi e permettendo di compiere una specie di percorso devozionale in piena sicurezza.
L'audioguida è disponibile anche in lingua inglese, francese, spagnola e cinese.
È il primo risultato del progetto di valorizzazione elaborato da Civita Sicilia come concessionario del Comune di Siracusa con la collaborazione della Fondazione per l'Arte e la Cultura Lauro Chiazzese. Il progetto, elaborato e diretto per la parte architettonica da Francesco Santalucia, Viviana Russello e Domenico Forcellini, ha visto la collaborazione della Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa e si è avvalso della consulenza scientifica di Corrado Basile, Presidente dell'Istituto Internazionale del papiro - Museo del Papiro.
Da oltre duemila anni, la Fonte Aretusa è uno dei simboli della città di Siracusa. Le acque che scorrono nel sottosuolo di Ortigia, ragione prima della sua fondazione, ritornano in superficie al suo interno, dove il mito vuole che si uniscano a quelle del fiume Alfeo in un abbraccio senza tempo. È un mito straordinario, cantato nei secoli da poeti, musicisti e drammaturghi. La storia di Aretusa e Alfeo è una storia d'amore, inizialmente non corrisposto, tra una ninfa e un fiume che inizia in Grecia e trova qui il suo epilogo, simbolo del legame che esiste tra Siracusa e la madrepatria dei suoi fondatori. Ma la Fonte Aretusa è anche il luogo nelle cui acque, nel corso dei secoli, filosofi, re, condottieri e imperatori si sono specchiati e genti venute da lontano, molto diverse tra loro, sono rimaste affascinate, anche attraverso le numerose trasformazioni del suo aspetto esteriore.
La Fonte ospita da millenni branchi di pesci un tempo sacri alla dea Artemide e, da tempi più recenti, una fiorente colonia di piante di papiro e alcune simpatiche anatre che le valgono il nomignolo affettuoso con cui i Siracusani di oggi talvolta la chiamano, funtàna de' pàpere. Dalla Fonte si gode un tramonto che Cicerone descrisse "tra i più belli al mondo" e la vista del Porto Grande dove duemila anni fa si svolsero epiche battaglie navali che videro protagonista la flotta siracusana e dove le acque di Alfeo e Aretusa si disperdono nel mare in un abbraccio eterno. (Comunicato Ufficio stampa Civita)
Prima del nuovo numero di Kritik... / Iniziative culturali
Siamo in un luogo straordinario e semisconosciuto della provincia di Caltanissetta. L'abitato, già insignito del titolo di civitas (città) almeno dal XVI secolo, contava duemilacinquecento anime nel Seicento e quattromilacinquecento alla metà del secolo scorso. Un'immagine eccezionale di Sutera e del monte San Paolino nel volume Sicilia della collana Attraverso l'Italia del TCI fece scoprire il luogo ai viaggiatori nei primi anni Trenta del Novecento, mentre più di recente Sutera è entrata nel novero dei Borghi più belli d'Italia. (Estratto da articolo)
Attorno a noi il Mare
Um uns das Meer / Autour de nous la mer
Installazione video-sonora di Katharina Ziemke e di Mélodie Richard
07 marzo 2025, ore 18.30-20.30 (Rinfresco offerto da Mandrarossa)
Bottega 1 - Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo goethe.de/palermo
Il pubblico palermitano avrà l'occasione di immergersi nell'installazione video-sonora realizzata da Katharina Ziemke e Mélodie Richard, con la quale Kultur Ensemble Palermo dà il via alla programmazione di quest'anno. La residenza di Katharina Ziemke e Mélodie Richard è sviluppata in collaborazione con la Fondazione Sant'Elia di Palermo. L'installazione sarà aperta alle scuole nelle giornate di giovedì 6 marzo e venerdì 7 marzo.
In un progetto che esplora lo stato degli habitat marini, lo sfruttamento delle risorse, il passato e il possibile futuro del Mar Mediterraneo, Katharina Ziemke e Mélodie Richard congiungono due diverse modalità di relazionarsi al mondo, quella artistica e quella scientifica. Le sfide ecologiche vengono affrontate da una prospettiva insolita e poetica. Avvicinando i campi della scienza e dell'arte visiva, il duo di artiste cerca di cogliere la portata emotiva dei fenomeni legati al mare, sostenendo la divulgazione delle scoperte scientifiche con l'intento di aumentare la sensibilizzazione pubblica su questi temi.
Conosciutesi in occasione di una collaborazione presso la compagnia teatrale berlinese Schaubühne oltre dieci anni fa, durante i due mesi della loro residenza le artiste hanno preso contatto la stazione zoologica Anton Dohrn di Palermo, la cui sede centrale è stata fondata a Napoli dall'omonimo scienziato tedesco nel 1872. Le ricercatrici e i ricercatori coinvolti nel progetto, in particolare la prima ricercatrice Sylvaine Giakoumi, hanno sostenuto la ricerca rilasciando interviste che saranno parte integrante dell'istallazione. L'immagine video, fluida e mutevole, è creata a partire da disegni realizzati dall'artista visiva Katharina Ziemke con inchiostro pigmentato su carta di riso: filmati attraverso una lastra di vetro, i disegni si espandono e sembrano vivi, richiamando i movimenti del mare.
Proiettati in un'installazione immersiva, i disegni animati sono accompagnati da una componente sonora realizzata dall'attrice e musicista Mélodie Richard. Unisce canti, musica, suoni, testimonianze scientifiche e personali, includendo la partecipazione di alcune alunne e alunni, studenti e studentesse, coinvolti durante i laboratori tenuti dalle artiste durante la residenza. Così stratificato, l'audio dà voce a una vera e propria colonna sonora che guida il pubblico nelle profondità marine. La ricerca dei testi inseriti nell'istallazione è stata realizzata dalla drammaturga Alessandra Tribotti.
Katharina Ziemke (Kiel, 1979) ha studiato all'École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Inizialmente formatasi in pittura, oggi pratica varie forme d'arte tra cui la performance, la videoarte e il teatro. È membro del gruppo interdisciplinare di artiste AGOSTO con sede a Berlino, della Station urbaner Kulturen Hellersdorf della nGbK Berlin e del gruppo von Wolff/Ziemke art & science.
Artista visiva specializzata nell'arte e nella scienza, dal 2019 Ziemke lavora sul cambiamento climatico e sulla sostenibilità, e dal 2020 sulle donne nella scienza. Nel 2023 ha collaborato con istituzioni scientifiche come la Humboldt Universität di Berlino e il Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi.
Katharina Ziemke collabora regolarmente con il direttore artistico del teatro della Schaubühne di Berlino, Thomas Ostermeier, per il quale crea performance di pittura diretta, come per Professeur Bernhardi nel 2017 e La Mouette nel 2013, 2016 e 2024. La sua esperienza teatrale le ha permesso di sviluppare una metodologia per "mettere in scena" dipinti ad acquerello, che vengono esposti davanti al pubblico e sottoposti a una trasformazione che viene filmata.
A livello internazionale, Katharina Ziemke ha tenuto mostre personali alla Humboldt Universität (Berlino, 2023), al Centre d'art Madeleine Lambert (Vénissieux, 2017), alla Schaubühne (Berlino, 2016), alla Zürcher Gallery (New York, 2009) e al Musée de l'Abbaye Sainte-Croix (Les Sables d'Olonne, 2008).
Tra le sue mostre collettive figurano Quartier général (La Chaux-de-Fonds, 2022), Centre d'Art Contemporain (Meymac, 2019), Kunstquartier Bethanien (Berlino, 2015) e Printemps de Septembre (Tolosa, 2008). Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui il Fonds national d'art contemporain (Francia), la Collection de la Ville de Vénissieux (Francia) e la Danske Bank (Danimarca). Nel 2023 le è stata assegnata una residenza presso la Cité internationale des arts di Parigi. Katharina Ziemke è rappresentata dalla Galerie Isabelle Gounod, Parigi.
Mélodie Richard è attrice e musicista. Dopo essersi diplomata al Conservatorio Nazionale Superiore d'Arte Drammatica di Parigi nel 2010 incontra Krystian Lupa, con cui ha lavorato come attrice nelle sue tre produzioni in lingua francese, fino all'ultima, Les Émigrants.
A questo incontro ne sono seguiti altri importanti, come quello con Christophe Honoré, Thomas Ostermeier, Georges Lavaudant, Denis Podalydès e Célie Pauthe, che le hanno proposto di interpretare alcune delle donne più affascinanti del repertorio, tra cui Louise Miller, La Mouette, Bérénice, Cléopâtre, Electre, Katia Kabanova e Célimène. Ha approfondito la sua pratica recitando accanto ad attrici come Nada Strancar, Anne Alvaro, Nathalie Richard, Dominique Reymond e Valérie Dréville.
Al momento, è in tournée con un libero adattamento femminista di Martin Eden di Jack London, scritto dalla regista Alice Zeniter.
Come musicista - pianista e cantante - dirige e realizza l'adattamento sonoro di L'Amour et les Forêts, l'ultimo romanzo di Éric Reinhardt. Ha cantato il suo primo recital al Théâtre de l'Odéon, e ha messo in musica un adattamento della vita di Charlotte Salomon e un altro di Nuits de la Pleine Lune di Rohmer, basato sulla stella cadente Pascale Augier.
L'attrice realizza regolarmente creazioni sonore, come la "fantascienza telefonica" che immagina e suona durante la pandemia, o l'universo sonoro per la videoinstallazione su Marie Phisalix, la prima scienziata che ha lavorato presso il Museo di Storia Naturale di Parigi, un'opera dell'artista berlinese Katharina Ziemke.
Le piace condividere il suo amore per le scrittrici tenendo regolarmente delle letture pubbliche, in particolare dei testi di scrittrici pioniere come le sorelle Brontë, Jane Austen, George Eliot e George Sand. È anche apparsa regolarmente in televisione e al cinema, in particolare con Nina Companeez, Arnaud Desplechin, Abdellatif Kechiche, Christophe Honoré e Olivier Assayas. (Comunicato stampa Goethe-Institut Palermo)
Olivetti classe 1924: Giudici, Ottieri e Volponi tra industria e letteratura
13-14 marzo 2025
Polo Formativo Officina H - Ivrea
www.archiviostoricolivetti.it
Un convegno, organizzato dal GRILITS (Gruppo di ricerca su Lavoro, industria, tecnologia e scienze umanistiche) e dall'Associazione Archivio Storico Olivetti, che si propone di approfondire l'incontro tra il mondo della letteratura e quello dell'industria attraverso le figure di tre importanti scrittori italiani del secondo Novecento: Giovanni Giudici (1924-2011), Ottiero Ottieri (1924-2002) e Paolo Volponi (1924-1994).
Oltre ad analizzare la loro produzione letteraria, il convegno sarà l'occasione per riflettere sulle esperienze lavorative di questi autori all'interno dell'Olivetti, che li ha coinvolti in vari ruoli, dall'organizzazione alla comunicazione, contribuendo alla loro formazione intellettuale. Il legame tra industria, tecnologia e cultura che emergere da queste riflessioni dimostra l'importanza della Olivetti come laboratorio di pensiero e come punto di connessione tra il mondo del lavoro e quello delle idee. L'evento rappresenta dunque un'occasione per ripercorrere la storia di questi scrittori e per riflettere sulla relazione tra la cultura industriale e la letteratura italiana del Novecento. (Estratto da comunincato stampa Associazione Archivio Storico Olivetti)
"Dalser. La Mussolina"
07-12 marzo 2025
PACTA Salone - Milano www.pacta.org
drammaturgia Angela Dematté;
regia Michela Embrìaco;
con Michela Embrìaco;
scenografie e costume Giusi Campisi;
progetto sartoriale Lea Lausch GelZun;
partitura luci Mariano de Tassis;
musiche originali Adele Pardi e Stefano Artini;
sound design Stefano Artini;
visual art e fotografia Pierluigi Cattani Faggion;
tecnica Luca Brun;
coproduzione MultiversoTeatro e PACTA . dei Teatri;
in collaborazione con il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento;
in partnership culturale con la Fondazione Museo Storico del Trentino;
Durata: 60'
Uno spettacolo che apre la rassegna DonneTeatroDiritti. Il progetto è nato dalla proposta, fatta dalla regista e attrice Michela Embrìaco ad Angela Dematté, di scrivere una drammaturgia originale sul tema del rapporto tra fascismo e stereotipi genere. Da qui la scelta di raccontare la storia di Ida Dalser, la prima moglie di Benito Mussolini, che durante il regime fascista fu fatta internare nel manicomio di Pergine Valsugana, dove morì nel 1937.
E' la notte tra il 15 e il 16 luglio 1935. Ida Dalser, appena fuggita dal manicomio, da sola, di notte, percorre la strada che da Pergine Valsugana arriva alla casa di sua sorella, a Sopramonte, piccola frazione sopra la città di Trento. Come in una fiaba nera, sta attraversando un bosco ed è convinta che a casa della sorella troverà il suo amore, Benito Mussolini, che la salverà. In un flusso di coscienza che procede senza pause ripercorre la sua vita e immagina una realtà parallela, molto lontana da quella che la porterà alla morte da lì a un paio d'anni. Ida Dalser, considerata la prima moglie di Benito Mussolini, fu fatta internare da lui - e dal regime - in manicomio, dove morirà nel 1937.
"Come mai una donna affermata come lei, - si chiede la drammaturga Angela Dematté - che da Sopramonte arriva ad aprire un importante centro estetico a Milano, vende tutto per amore di Mussolini? Cosa vede in quest'uomo per sacrificare tutto a lui e perché molte donne hanno il desiderio di trovare un uomo in cui annientarsi? Da dove arriva questo desiderio?"
Quella con la Dalser è una storia emblematica del rapporto di Mussolini con le donne. "Mussolini aveva sviluppato un'ostilità antifemminile che declinò in leggi e divieti. Gli stereotipi di genere imposti come stile di vita nel Ventennio si affermano come modelli difficili a morire, destinati a segnare la storia del Novecento e a influenzare persino gli anni 2000", queste le parole della saggista e giornalista Mirella Serri (Mussolini ha fatto tanto per le donne! Le radici fasciste del maschilismo italiano, Longanesi, Milano, 2022) per la quale è nel fascismo che si trova la radice di quel maschilismo di Stato che ancora oggi continua a condizionarci.
Angela Dematté, drammaturga e attrice, ha scritto e portato in scena molti lavori a livello nazionale e internazionale ed è vincitrice di importanti premi tra cui il premio Riccione, il premio Ubu, il premio Sonia Bonacina, il Premio Hystrio, il Premio Scenario e Le Maschere del Teatro italiano 2024. I suoi testi sono pubblicati in Italia, Francia, Svizzera, Germania ed Egitto. (Estratto da comunicato ufficio stampa per PACTA . dei Teatri - Giulia Colombo)
Immagine:
Foto di Pierluigi Cattani Faggion da "Dalser. La Mussolina"
Il FINC Festival dalla Sicilia alla Francia: nasce il FINC on Tour a Belfort
02-13 aprile 2025
Théâtre GRRRANIT - Scène nationale de Belfort fincfestival.com | www.grrranit.eu
Il FINC - Festival Internazionale Nouveau Clown debutta in Francia con la sua prima edizione itinerante ospitata dal Théâtre GRRRANIT di Belfort, proponendo grandi nomi della clownerie contemporanea. Il pubblico siciliano e italiano del FINC è invitato a seguire il festival in Francia, dove gli abitanti di Belfort sono pronti ad ospitarlo nelle proprie case per un'esperienza unica di condivisione culturale. In senso contrario, Il GRRRANIT sta informando il suo pubblico che la 4a edizione del FINC Festival si terrà in Sicilia, a Giardini Naxos e in altri comuni siciliani, dal 26 giugno al 13 luglio 2025, in modo che chi lo desidera possa organizzarsi per il viaggio e la partecipazione. Una collaborazione internazionale di prestigio tra Sicilia e Francia, che valorizza i due territori e ne rafforza il legame celebrando il potere della risata senza confini.
- Un evento che celebra il clown senza confini
Dopo il successo delle edizioni siciliane, il FINC - Festival Internazionale Nouveau Clown inaugura la sua prima edizione itinerante, il FINC ON TOUR, con una tappa d'eccezione a Belfort, in Francia, dal 2 al 13 aprile 2025. L'evento, ospitato dal prestigioso Théâtre GRRRANIT Scène Nationale de Belfort, porterà in scena alcuni tra i migliori artisti internazionali della clownerie contemporanea senza parole, offrendo al pubblico francese di qualsiasi età un'immersione nel mondo del clown contemporaneo.
L'idea di portare il festival oltre i confini italiani è nata nel 2023, quando gli ideatori e direttori, i clown Daniele Segalin (in arte Dandy Danno) e Graziana Parisi (in arte Diva G), hanno incontrato Eleonora Rossi, direttrice del Théâtre GRRRANIT, durante la seconda edizione del festival in Sicilia. Colpita dalla qualità e dall'originalità della proposta, la direttrice ha deciso di ospitare il FINC a Belfort, inaugurando la prima nuova esperienza internazionale del festival.
Il FINC ON TOUR rappresenta una grande e prestigiosa opportunità per il festival siciliano e per il pubblico di Belfort, che potrà scoprire una forma d'arte innovativa e inclusiva, capace di affascinare grandi e piccoli. Senza parole, ma ricchi di emozioni, i clown contemporanei selezionati dal FINC mettono in scena il potere della risata e dell'espressione autentica, senza confini culturali, in un dialogo universale che unisce e arriva direttamente al cuore degli spettatori.
- Un ponte culturale e sociale tra Sicilia e Francia
Nel segno del clown e dell'ospitalità diffusa, il FINC invita il suo pubblico a seguirlo a Belfort. Il legame tra la Sicilia e la Francia si esprime non solo attraverso gli spettacoli, ma anche grazie a una reciproca e speciale accoglienza, per il pubblico italiano in Francia e quello francese in Sicilia. Il FINC sta invitando e supportando il suo pubblico ad organizzarsi per seguirlo a Belfort attraverso il suo sito e i suoi social network, ricevendo sino ad ora sono già 15 adesioni a questo straordinario Fan Tour. La città di Belfort è pronta ad accoglierli. Come sottolineato da Eleonora Rossi nel suo video di invito, gli abitanti si stanno organizzando per accogliere nelle proprie abitazioni il pubblico italiano del FINC, offrendo loro l'opportunità di immergersi nelle tradizioni e nello spirito della città, vivendo l'evento non solo come spettatori, ma anche come ospiti privilegiati di una comunità che ha scelto di aprire le proprie porte per condividere un'esperienza artistica e umana.
In senso contrario, il Théâtre GRRRANIT sta informando il suo pubblico sulla prossima edizione del FINC Festival, in modo che chi lo desidera possa organizzarsi per il viaggio e la partecipazione. La residenza artistica sostenuta dal Ministero della Cultura francese è un riconoscimento importante per la qualità artistica della coppia che ha ideato e dirige il FINC Festival. Oltre agli spettacoli, il festival proporrà anche due masterclass dedicate agli studenti di teatro del conservatorio di Belfort e all'associazione Clown Chiffon, guidate dagli stessi Dandy Danno e Diva G, per approfondire le tecniche della comicità fisica muta.
- Una collaborazione internazionale di prestigio
L'approdo del FINC Festival a Belfort è il frutto di una collaborazione di grande valore artistico e culturale. Il Théâtre GRRRANIT fa parte della prestigiosa rete delle Scènes Nationales, un riconoscimento assegnato dal Ministero della Cultura francese a circa 70 teatri e centri culturali d'eccellenza, distribuiti su tutto il territorio francese. Le Scènes Nationales sono istituzioni chiave nella promozione delle arti performative contemporanee, con particolare attenzione a teatro, danza, circo e musica. Oltre a ospitare spettacoli di alta qualità, hanno il compito di sostenere la creazione artistica, favorire l'accesso alla cultura e valorizzare le nuove forme di espressione. Questa collaborazione è quindi un riconoscimento dell'alto livello artistico del FINC Festival, che con questa edizione itinerante entra a far parte di un circuito culturale di grande prestigio.
- Il FINC Festival - Chi, cosa, dove, quando...
Il FINC è un festival che nasce dalla visione di Daniele Segalin (in arte Dandy Danno) e Graziana Parisi (in arte Diva G), artisti e direttori del festival, con l'obiettivo di ridefinire la visione tradizionale del clown, offrendo una nuova prospettiva sull'umorismo e una visione diversa sulla comicità visuale. Il suo tema principale è l'autoironia, una qualità che il Clown domina con maestria. Il FINC amplia il concetto stesso di clown e lo porta in una dimensione più contemporanea e universale. La sua comicità si esprime senza parole, affidandosi a gesti, espressioni facciali e movimenti del corpo, in un linguaggio immediato e accessibile a tutti, che supera le barriere linguistiche e culturali.
Il FINC è riconosciuto dal Ministero della Cultura italiano, che lo sostiene sin dalla sua prima edizione, e fa parte di EFFEA - The European Festivals Fund for Emerging Artists, rete di festival di alta qualità artistica promossa dalla European Festivals Association e co-finanziata dall'Unione Europea. La IV edizione si svolgerà tra il 26 giugno e il 13 luglio 2025 a Giardini Naxos e in atri comuni siciliani in via di definizione, con il sostegno del Ministero della Cultura, dell'Ente Parco Archeologico di Naxos, del Comune di Giardini Naxos dove Theatre Degart ha sede e degli altri Comuni, in partenariato con importanti operatori del turismo e associazioni culturali del territorio. (Comunicato ufficio stampa LP Press - Luigi Piga, Giardini Naxos, 17 febbraio 2025)
BFF Baarìa Film Festival
"La Sicilia e le altre isole"
Il Baarìa Film Festival (BFF), primo festival italiano di lungometraggi interamente dedicato al "cinema insulare" ospitato nella città natale di Giuseppe Tornatore (regista), Renato Guttuso (pittore), Ferdinando Scianna (fotografo) e Ignazio Buttitta (poeta). Film che parlano di isole, girati o ambientati su un'isola, a cominciare da quella che ospita la manifestazione. Come suggerisce il sottotitolo "La Sicilia e le altre isole", il BFF prevede una sezione competitiva con lungometraggi provenienti da isole di tutto il mondo, a cui si alterneranno film riguardanti la Sicilia, inclusi muti d'inizio Novecento e corti realizzati da under 30. I premi saranno assegnati da una giuria composta da personalità del mondo del cinema e da una giuria popolare formata da studenti delle scuole superiori.
Prodotto dall'associazione Kinema con il patrocinio del Comune di Bagheria, il festival ha come direttore artistico il critico cinematografico Alberto Anile e come direttore generale il giornalista Andrea Di Quarto, ideatore del progetto. La rassegna avrà proiezioni pomeridiane in sala e serate all'aperto in una delle spettacolari ville nobiliari di Bagheria. Attorno al nucleo centrale di film, la programmazione del festival porterà in vari luoghi della cittadina altri appuntamenti ed eventi: convegni, presentazioni di libri, omaggi, incontri con il pubblico. «Sarà un'occasione per "isolarsi" in un paradiso di buon cinema», anticipa Alberto Anile, «per riscoprire la regione e salpare verso le altre "sicilie" sparse per il globo».
Sono aperte fino al 30 aprile 2025 le iscrizioni per partecipare alla prima edizione del Baarìa Film Festival. IL BFF si propone di promuovere il racconto cinematografico della condizione insulare a livello nazionale e internazionale, con particolare riferimento alla Sicilia, offrendo un affascinante approdo a registi emergenti e già affermati. Il festival si propone inoltre di valorizzare il patrimonio artistico e paesaggistico della Sicilia, di favorire il dialogo interculturale e offrire spunti di riflessione su temi ecologici. Iscrizioni dei film sulla pagina dedicata di filmfreeway.com o direttamente sul sito internet del Baarìa Film Festival. (Comunicato ufficio stampa REGGI&SPIZZICHINO Communication)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Il mostro di Palagonia
2. Panorama di Bagheria in una foto di Giuseppe Sorce
3. Logo del Baaria Film Festival
4. Villa Palagonia a Bagheria in una foto di Giuseppe Sorce
"La Lettura non Isola"
Avvicinare le isole minori, lettura e scrittura come strumento di incontro
Si è chiuso in questi giorni "La Lettura non isola", il primo illuminato progetto di Fondazione Sanlorenzo, organizzazione no profit nata con l'obiettivo di sostenere le isole minori del Mediterraneo. Dedicato alle scuole isolane per colmare il divario con quelle sulla terraferma, "La lettura non isola" ha visto il coinvolgimento dell'Istituto Omnicomprensivo Luigi Pirandello di Linosa (Agrigento) e dell'Istituto Comprensivo A. Schiaffini di Santo Stefano di Magra (Spezia). Il 13 gennaio è partita la seconda edizione, con il gemellaggio tra l'Istituto Santa Lucia di Lipari (Messina) e l'Istituto Jona di Asti.
"Siamo partiti dalla scuole, perché la nostra missione di valorizzazione dei patrimoni culturali, sociali, naturali ed economici delle piccole isole non può che partire dalle generazioni più giovani" racconta Cecilia Perotti, che ha avuto l'idea della Fondazione insieme al fratello Cesare e al padre Massimo. "Vogliamo contribuire attivamente a trasformare le isole minori in luoghi dove crescere e scegliere di rimanere e questo ci sembra uno dei modi migliori per farlo".
È nato così "La lettura non isola", un corso di scrittura creativa che mette a dialogo i giovanissimi studenti isolani con i loro coetanei della terraferma: un modo per allargare i confini di ognuno, creando legami attraverso gli strumenti della lettura e della scrittura. Il progetto parte da una riflessione sul concetto di isolamento che può riguardare sia la vita sulle piccole isole, per le scarse opportunità educative e culturali che limitano l'affaccio degli studenti sul mondo esterno, ma, paradossalmente, anche la vita in città, dove il medesimo isolamento sociale può essere creato dall'iperconnessione e dalla velocità delle informazioni. Come uscirne? Facendo sistema, leggendo e scrivendo insieme, confrontandosi, diventando consapevoli del proprio stile di vita e di quello degli altri, imparando attraverso l'ascolto e lo scambio reciproci.
E in effetti è proprio quanto ha funzionato nella prima edizione, strutturata in un ciclo di lezioni e di laboratori di scrittura in contemporanea nella scuola di Linosa e in quella spezzina, con momenti di condivisione a distanza e creazione di racconti ispirati agli argomenti trattati in aula, poi pubblicati sul sito del progetto, con un concorso letterario finale che premierà due giovani autori, uno per ogni classe.
Entusiasti docenti e studenti che hanno sposato con entusiasmo il progetto. "La Lettura non isola è un titolo che già dice tutto: ha permesso a me e ai miei alunni di collaborare con una realtà nuova e sorprendente come la scuola multiclasse di Linosa, dando avvio ad un gemellaggio che mi auguro continui. Il merito va anche alla conduttrice, Beatrice Sciarrillo, che ha coinvolto gli alunni delle due scuole in un percorso condiviso di parole, fantasia e creatività narrativa di cui i nostri ragazzi, tutti, hanno tanto bisogno" racconta Donatella Scaletti della scuola di Santo Stefano di Magra. "È stata un'opportunità fantastica per i nostri ragazzi che hanno avuto la possibilità di imparare cose nuove ed entrare in contatto con una realtà diversa. C'è stata molta curiosità reciproca e tanto affiatamento" aggiunge Giusy Cavallaro, professoressa della scuola di Linosa.
La Fondazione Sanlorenzo nasce nel 2021 dalla volontà dei suoi fondatori, Massimo Perotti insieme ai figli Cecilia e Cesare, di sostenere quelle comunità che più` di tutte affondano nel mare le proprie radici, ovvero le isole minori italiane. L'obiettivo è colmare il divario con la terraferma mettendo a disposizione strumenti e opportunità per preservare e valorizzare il patrimonio socio-culturale, economico e ambientale di queste terre. Tre sono le aree di intervento. La ricerca, con borse di studio per progetti di ricerca antropologica, sociale, culturale o ambientale rivolte ai giovani. L'educazione, con la creazione e promozione di progetti per le scuole e gli studenti, come "La Lettura non isola: laboratorio di scrittura creativa tra isole e terraferma" che crea gemellaggi con classi di terraferma. E infine l'ascolto, con un bando destinato ad enti locali e soggetti privati dei territori insulari per finanziare progetti che portino beneficio alle comunità, attirando risorse ed energie per rilanciare il territorio. (Comunicato ufficio stampa White Lady)
Lavori avviati per il Premio cinematografico Atena Nike, che si terrà nella suggestiva città di Taormina a fine giugno 2025. Il riconoscimento, che giunge alla quarta edizione, sarà un'intensa due giorni interamente dedicata alla celebrazione della Settima Arte e dei suoi protagonisti.
Dietro le quinte, una rinnovata direzione artistica che vede tra gli altri il fondatore del Premio Fabio Saccuzzo, che ha posto le basi per un rinnovamento della direzione artistica, con la presenza di due condirettori, il produttore Giampietro Preziosa e la corrispondente internazionale Alina Trabattoni e un management artistico con l'attore e direttore di doppiaggio Fabrizio Apolloni, l'agente cinematografica Emanuela Corsello, il casting director Armando Pizzuti, l'attore e producer musicale Salvo Saverio D'Angelo. L'Academy è guidata da Claudia Gerini, affiancata dall'attrice Lucia Sardo, il duo Colapesce Dimartino e la produttrice Federica Vincenti.
Nato per valorizzare le tematiche sociali trattate nel cinema, con particolare riguardo a quello emergente, con autori e artisti di nicchia, il Premio si pone di restituire la giusta attenzione e rilevanza a chi ha dimostrato ingegno e creatività, facendo di questo mestiere non solo una professione, ma una missione. Per questo l'Atena Nike gode da sempre di prestigiosi patrocini - tra cui anche la Regione Siciliana - e coinvolge ogni anno numerosi e celebri personaggi del mondo della cultura e del cinema, dando così vita a un evento unico.
Suddiviso in due sezioni - Lungometraggi e Cortometraggi - con due distinte giurie e con diversi premi ciascuna, l'Atena Nike vanta anche una Sezione Speciale che annovera tra gli altri il Premio Atena Nike Impresa Donna, il Premio Speciale al Talento Siciliano e il Premio Atena Nike Legalità. I film finalisti verranno annunciati nei prossimi mesi e saranno selezionati dalla giuria dell'Academy, che si compone anche di una speciale sezione stampa, composta da giornalisti di prestigiose testate della stampa nazionale e internazionali, presieduta dalla giornalista della stampa estera Vera Naydenova. Le candidature si chiudono alla fine di gennaio, con le valutazioni e votazioni della giuria e si completano alla fine di febbraio. Tutte le informazioni sono disponibili al sito Premioatenanike.it.
«Anche quest'anno - spiega il patron e fondatore Fabio Saccuzzo - celebreremo la vittoria dell'Arte. Questa manifestazione è nata per sostenere e restituire il giusto valore al cinema italiano in qualità di modello e punto di riferimento in tutto il mondo. Ed è questo che desideriamo essere: un punto di riferimento dove attori, professionisti del settore, addetti ai lavori e cinematografi si incontrano e confrontano non solo con l'obiettivo di celebrare le opere, ma l'intera industria».
Si riconfermano in questo ambito anche i workshop di Cinema&Imprese, appuntamenti di alta formazione professionale organizzati dallo stesso Fabio Saccuzzo - commercialista esperto di diritto cinematografico e fiscalità d'impresa - per mettere in connessione il mondo cinematografico e quello dell'imprenditoria per far conoscere le opportunità di investimento e i benefici finanziari del settore. Un'occasione di crescita che si svolgerà in collaborazione con tutta l'Academy e il management artistico.
E così, in linea con l'espressione simbolica dell'Atena Nike - dea alata della vittoria - il Premio diventa esso stesso icona perfetta in cui identificare questo particolare momento storico di rinascita e riscoperta, in cui l'arte, la cultura e la bellezza si incontrano e si mescolano, per celebrare e premiare coloro che contribuiscono a fare del nostro Cinema un modello e un esempio in tutto il mondo. (Comunicato ufficio stampa NowPress)
.. Pisa, 8-9 febbraio: presentazione libro Teoria del rembetiko e laboratorio Suonare la Grecia
.. Milazzo (Messina), 22 febbraio: presentazione del libro I canti greci di Niccolò Tommaseo
.. Trieste, 15-16 marzo: presentazione Teoria del rembetiko e laboratorio Suonare la Grecia
.. Torino, 28-29 marzo: presentazione Teoria del rembetiko e laboratorio Suonare la Grecia
.. Bologna, aprile (date da definire): presentazione Teoria del rembetiko e laboratorio Suonare la Grecia
.. Salonicco, 11-12-13 luglio: progetto Sentire Salonicco (visita la pagina per scoprire di cosa si tratta!)
Per partecipare ai laboratori Suonare la Grecia è necessaria una preiscrizione, gratuita e senza impegno. Questo vi permetterà di ricevere in anticipo i materiali che saranno oggetto dell'incontro. Potete trovare il link al form di registrazione nella pagina dedicata all"evento: Pisa | Trieste | Torino. (Estratto da comunicato stampa)
Immagine:
Copertina del libro Teoria del rembetiko, di Carmelo Siciliano
La deutsche vita
Cineclub 2025
14 gennaio - 25 marzo 2025, ogni martedì alle ore 18 (ingresso libero)
Goethe-Institut Palermo (Cantieri Culturali alla Zisa) - Palermo goethe.de/palermo
Il Goethe-Institut Palermo inaugura la nuova edizione del cineclub "la deutsche vita" presso la Sala Wenders ai Cantieri Culturali alla Zisa. La rassegna propone undici film in versione originale con sottotitoli italiani, con un focus speciale su Rainer Werner Fassbinder, in occasione dell'80º anniversario della sua nascita. "La deutsche vita" edizione 2025 è il consueto appuntamento con il cineclub del Goethe-Institut Palermo. La rassegna è realizzata anche in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Città di Palermo, Centro Evangelico di Cultura "Giacomo Bonelli", Sicilia Queer filmfest.
Questa edizione rende omaggio a Rainer Werner Fassbinder, figura emblematica del Nuovo Cinema Tedesco, con quattro titoli, tra cui Mutter Küsters' Fahrt zum Himmel (Il viaggio in cielo di mamma Kusters) e Enfant Terrible. "Fassbinder ha avuto il coraggio di mettere in discussione le ipocrisie della società borghese e di raccontare le contraddizioni più profonde della condizione umana. Celebrare l'80º anniversario della sua nascita significa ricordare quanto il cinema possa essere un potente strumento per sfidare il conformismo e riflettere sulle tensioni tra individuo e sistema", afferma Heidi Sciacchitano, direttrice del Goethe-Institut Palermo. L'omaggio al regista è realizzato in collaborazione con il Sicilia Queer filmfest.
In occasione del Giorno della Memoria, in collaborazione con il Centro Evangelico di Cultura "Giacomo Bonelli", sarà proiettato Die Rote Kapelle (L'Orchestra Rossa), un tributo a chi ha resistito al regime nazista e ai milioni di vittime dell'Olocausto. Ricordare è un dovere collettivo e il cinema ci aiuta a mantenere viva la memoria delle tragedie del passato, offrendoci strumenti per comprendere meglio il presente.
Ancora in collaborazione con il Centro Evangelico di Cultura "Giacomo Bonelli" è la proiezione del film di Wim Wenders Der scharlachrote Buchstabe (La lettera scarlatta), una reinterpretazione del classico letterario di Nathaniel Hawthorne, ambientata nell'America puritana, ma intrisa delle inquietudini e delle domande morali che risuonano anche nel presente. In un momento storico in cui le pressioni sociali e i giudizi morali sono amplificati dai social media e da un conformismo sempre più pervasivo, La lettera scarlatta ci ricorda quanto sia urgente difendere l'autonomia personale e il diritto di vivere fuori dagli schemi imposti dal sistema e da società intolleranti.
Il programma affronta anche questioni contemporanee, come il cambiamento climatico e i diritti umani. Altro tema centrale della rassegna è la figura materna. In un presente segnato da guerre, crisi sociali e ambientali, la madre diventa metafora della speranza e della resistenza umana. La rassegna si inaugura proprio con il potente Deutschland, bleiche Mutter (Germania pallida madre) di Helma Sanders-Brahms, nella versione integrale restaurata digitalmente dalla Stiftung Deutsche Kinemathek. Un capolavoro che intreccia memoria storica e intimità personale per raccontare le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi di una donna e madre. Un film che parla a un presente segnato da nuove guerre, migrazioni forzate e crisi umanitarie, sollevando domande sulle conseguenze della violenza sulla società e sul ruolo delle donne nella ricostruzione di un mondo lacerato.
In un'epoca in cui le crisi globali ci costringono a confrontarci con le nostre fragilità umane, questo film diventa un monito e un invito alla riflessione collettiva su cosa significhi davvero ricostruire, non solo le città, ma anche le relazioni umane e i valori che ci definiscono. Per le scuole interessate sono previste proiezioni speciali in giorni e orari da concordare.
Per informazioni e prenotazioni: info-palermo@goethe.de
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Programmazione: Heidi Sciacchitano
Tecnica, proiezioni: Francesco Rizzuto
Accoglienza: Anna Rizzuto, Salomé Galès
Proiezioni per le scuole: Julia Ernst, Roman Maruhn
Progetto grafico: Luca Bendandi/Vetro Ed.
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_ Calendario delle Proiezioni
14.01. Deutschland, bleiche Mutter (Germania pallida madre)
21.01. Contra Contra - La parte avversa
28.01. Die Rote Kapelle (L'Orchestra Rossa)*
04.02. Baal**
11.02. Casting**
18.02. Mutter Küsters' Fahrt zum Himmel (Il viaggio in cielo di mamma Kusters)**
25.02. Enfant Terrible**
04.03. The Fourth State (Il quarto Stato)
11.03. Der scharlachrote Buchstabe (La lettera scarlatta)
18.03. Ökozid (Ecocidio)
25.03. Rabiye Kurnaz gegen George W. Bush (Una mamma contro G.W. Bush)
*In occasione del Giorno della Memoria
**In occasione dell'80° anniversario della nascita di Rainer Werner Fassbinder (1945-2025)
Tutti i film sono in versione originale tedesca con sottotitoli italiani, tranne The Fourth State che è in versione originale inglese con sottotitoli italiani.
_ Schede dei film
.. 14.01. Deutschland, bleiche Mutter (Germania, pallida madre)
di Helma Sanders-Brahms, Repubblica Federale Tedesca 1980, 152'
con Eva Mattes, Ernst Jacobi, Elisabeth Stepanek, Angelika Thomas
Restauro digitale a cura della Stiftung Deutsche Kinemathek
Attraverso gli occhi di Lene, una giovane donna costretta a navigare le difficoltà della Seconda Guerra Mondiale e della ricostruzione, il film offre una prospettiva personale sugli orrori della guerra, le relazioni familiari e il peso delle aspettative sociali. Narrata dalla figlia Anna, la storia si intreccia con la riflessione sulle cicatrici lasciate da quegli anni nella società tedesca. Il film unisce realismo e lirismo, offrendo una prospettiva femminile sostenuta da immagini suggestive e simboliche. Il restauro digitale valorizza la fotografia di un'opera potente che riflette su guerra e resilienza.
.. 21.01.
Contra Contra - La parte avversa
di Sönke Wortmann, Germania 2020, 104'
con Christoph Maria Herbst, Nilam Farooq, Hassan Akkouch, Ernst Stötzner
Il professor Richard Pohl è un accademico cinico e provocatorio, che si trova in difficoltà dopo un commento offensivo fatto a Naima, una studentessa di origini arabe. Per evitare ripercussioni, il docente viene incaricato di preparare la giovane per un'importante competizione di dibattito universitario. Nel processo, entrambi affrontano pregiudizi reciproci, crescendo e imparando l'uno dall'altra. Facendo leva su dialoghi arguti e un tocco ironico, il film intrattiene affrontando allo stesso tempo temi importanti come inclusione, stereotipi e dialogo intergenerazionale.
.. 28.01.
Die Rote Kapelle (L'Orchestra Rossa)
di Stefan Roloff
, Germania 2003, 81'
con Hans Coppi Jr., Greta Kuckhoff, Helmut Roloff, Adam Kuckhoff
In collaborazione con Centro Evangelico di Cultura "Giacomo Bonelli"
Il film documentario racconta la storia di uno dei più importanti gruppi di resistenza antinazista durante il Terzo Reich. Attraverso immagini d'archivio, interviste ai discendenti dei membri e animazioni stilizzate, il film ripercorre le attività clandestine del gruppo, fatto di intellettuali, artisti e operai, che sfidarono il regime nazista con operazioni di spionaggio e sabotaggio, pagando spesso con la vita. Un'opera intensa, capace di catturare l'essenza della lotta contro il totalitarismo e di porre l'accento sull'importanza della memoria storica.
.. 04.02.
Baal
di Volker Schlöndorff, Repubblica Federale Tedesca 1969, 84'
con Rainer Werner Fassbinder, Hanna Schygulla, Margarethe von Trotta, Günther Neutze
In collaborazione con Sicilia Queer filmfest
Adattamento del dramma di Bertolt Brecht, racconta la vita di Baal, poeta anarchico e autodistruttivo, che rifiuta le convenzioni sociali vivendo tra alcol, passioni fugaci e violenza. Il film esplora il conflitto tra genialità e autodistruzione. Rainer Werner Fassbinder offre una performance magnetica, rendendo Baal un antieroe affascinante e disturbante. La regia di Schlöndorff, realista e incisiva, enfatizza il lato oscuro dell'opera originale. Un adattamento crudo e provocatorio, che riflette sull'alienazione e sulla fragilità del genio creativo.
.. 11.02.
Casting
di Nicolas Wackerbarth, Germania 2017, 91'
con Andreas Lust, Judith Engel, Milena Dreißig, Corinna Kirchhoff
In collaborazione con Sicilia Queer filmfest
Dietro le quinte della preparazione di un remake televisivo di Le lacrime amare di Petra von Kant di R.W. Fassbinder. Vera, la regista, è alla ricerca dell'attrice perfetta per il ruolo principale, ma la produzione si trasforma in un incubo a causa delle sue insicurezze e delle tensioni tra cast e troupe. Al centro della storia c'è Gerwin, un attore che partecipa come spalla durante i provini, sognando un'occasione per emergere. Acuta satira sull'industria cinematografica che esplora dinamiche di potere, frustrazioni, ambizioni e illusioni del successo e che mette in luce le fragilità umane dietro la facciata dello spettacolo.
.. 18.02.
Mutter Küsters' Fahrt zum Himmel (Il viaggio in cielo di mamma Kusters)
di Rainer Werner Fassbinder, Repubblica Federale Tedesca 1975, 113'
con Brigitte Mira, Ingrid Caven, Margit Carstensen, Karlheinz Böhm
In collaborazione con Sicilia Queer filmfest
Emma Kusters è una donna della classe operaia, il cui mondo crolla quando il marito, operaio in una fabbrica, uccide un dirigente e si toglie la vita. Alla ricerca di risposte e giustizia, Emma viene coinvolta da movimenti politici di sinistra e giornalisti sensazionalisti, ma il suo dolore viene strumentalizzato, lasciandola sola e disillusa. Fassbinder offre un ritratto spietato della società tedesca, mettendo a nudo la manipolazione mediatica e le divisioni ideologiche. Il film è una critica sociale profonda, che intreccia tragedia personale e commento politico con il tipico stile provocatorio di Fassbinder.
.. 25.02.
Enfant Terrible
di Oskar Roehler, Germania 2020, 134'
con Oliver Masucci, Hary Prinz, Katja Riemann, Eva Mattes
In collaborazione con Sicilia Queer filmfest
Biopic stilizzato sulla vita intensa e turbolenta di Rainer Werner Fassbinder, una delle figure più influenti e anticonformiste del Nuovo Cinema Tedesco. Il film segue la parabola del regista, dai primi lavori teatrali fino alla sua prematura scomparsa, mostrando il suo genio creativo, gli eccessi autodistruttivi e le relazioni tormentate con collaboratori e amanti. Attraverso una narrazione episodica, il film evidenzia i contrasti di un uomo che viveva al limite. Tra eccessi e provocazioni, uno stile volutamente teatrale, con scenografie artificiali e luci espressioniste, il film è un omaggio provocatorio che celebra e interroga il lascito di questo controverso e geniale artista.
.. 04.03.
The Fourth State (Il quarto Stato)
di Dennis Gansel, Germania 2012, 115'
con Moritz Bleibtreu, Kasia Smutniak, Max Riemelt, Rade Serbedzija
Paul Jensen è un giornalista tedesco che accetta un incarico a Mosca. La sua vita prende una piega drammatica quando si innamora della giovane attivista Katja e viene involontariamente coinvolto in un attentato terroristico. Accusato ingiustamente e imprigionato, Paul si trova a scoprire una rete di intrighi politici e corruzione, mettendo a rischio la sua vita per svelare la verità. Narrazione tesa, ritmo coinvolgente, temi come la manipolazione mediatica e il potere autoritario, sono gli ingredienti di questo thriller dall'atmosfera cupa e opprimente, resa credibile dall'ambientazione moscovita e da una fotografia fredda e grigia.
.. 11.03. Der scharlachrote Buchstabe (La lettera scarlatta)
di Wim Wenders, Repubblica Federale Tedesca 1973, 86'
con Senta Berger, Hans Christian Blech, Lou Castel, Yelena Samarina
In collaborazione con Centro Evangelico di Cultura "Giacomo Bonelli"
Ambientato nel New England puritano, il film diretto da Wim Wenders - rilettura personale del celebre romanzo del 1850 di Nathaniel Hawthorne - racconta la vicenda di Hester Prynne, una donna condannata all'emarginazione sociale per aver avuto una figlia fuori dal matrimonio. Costretta a indossare la lettera scarlatta "A" come simbolo di adulterio, Hester affronta ipocrisie e pregiudizi di una comunità rigidamente moralista. Wenders adatta un classico letterario filtrandolo attraverso il suo stile contemplativo, prediligendo una narrazione che si concentra sulle atmosfere e sui temi universali di colpa, vergogna e resistenza.
.. 18.03.
Ökozid (Ecocidio)
di Andres Veiel, Germania 2020, 90'
con Friederike Becht, Nina Kunzendorf, Brenda Turner, Ulrich Tukur
Nel 2034, i rappresentanti di diversi Paesi colpiti da disastri ambientali, accusano la Germania di aver mancato agli impegni per la riduzione delle emissioni, contribuendo a danni irreversibili. Il film intreccia fatti storici con ipotetici scenari legali, esaminando le responsabilità politiche e industriali verso il pianeta. Veiel realizza un'opera provocatoria e attuale, che mescola finzione e realtà per affrontare la più urgente delle sfide globali. Ökozid è un monito avvincente, che invita a riflettere sull'urgenza dell'azione climatica e sulle responsabilità collettive. (Comunicato stampa Goethe-Institut Palermo)
L'Associazione Siciliana Amici della Musica compie 100 anni
Presentate la Stagioni concertistiche 2024/2025
Le Stagioni concertistiche aprono le celebrazioni del primo secolo di attività. La stagione serale 2024/2025 sarà composta da 12 concerti ospitati al Politeama Garibaldi: primo appuntamento domenica 17 novembre 2024 con il pianista russo Arcadi Volodos. La stagione pomeridiana cambia giorno e si sposta alla domenica alle 17.15 al Politeama Garibaldi: sei concerti da novembre ad aprile dedicati principalmente al grande repertorio per pianoforte.
Fra gli artisti coinvolti Sergio Cammariere e il suo quartetto jazz, i pianisti Francesco Libetta e Arsenij Mun, Federico Maria Sardelli e il suo ensemble Modo Antiquo, il pianista cubano Omar Sosa, il jazz italiano di Nicky Nicolai e Stefano Di Battista e il coro gospel Florida Fellowship Super Choir. In corso la campagna abbonamenti: fino al 30 settembre sono attivi i rinnovi, dal 1° al 30 ottobre si potranno sottoscrivere i nuovi. Dal 4 novembre aperta la vendita dei singoli biglietti
L'Associazione Siciliana Amici della Musica, fondata nel 1925 da Vito Trasselli-Varvaro, guarda al raggiungimento dei suoi primi 100 anni di attività con grande ottimismo: l'ultima stagione, quella del 2023/2024, ha infatti registrato un aumento generale delle presenze del 42% rispetto la precedente, con particolare successo per i concerti serali che hanno visto raddoppiare i biglietti venduti (da 2.604 a 5.223) e crescere di oltre il 60% gli abbonati, di cui un terzo sono under 40.
È da questo successo che è stata ideata dalla Direttrice artistica Donatella Sollima, in concerto con la Presidente Milena Mangalaviti, la Stagione serale 2024/2025, la numero 92, che amplia la propria offerta portando a dodici il numero dei concerti che si terranno di lunedì alle 20.45 al Politeama Garibaldi e rinnova la proposta pomeridiana con una rassegna di sei concerti che si terranno la domenica alle 17.15 sempre al Politeama Garibaldi.
«L'Associazione Siciliana Amici della Musica - dichiara la Presidente Milena Mangalaviti - è oggi più solida che mai: ha rafforzato le proprie finanze, ha ingaggiato professionalità di alto livello, così da poter consolidare, ampliando e rinnovando, il proprio pubblico che torna a riempire il Politeama Garibaldi. I risultati dell'ultima stagione ci danno grande fiducia e ci hanno permesso di costruire un'offerta ampia che si rivolge ad un pubblico sempre più eterogeneo. Le due stagioni che si susseguiranno nel il 2025, anno delle celebrazioni del nostro centenario, segneranno una svolta nella storia dell'Associazione che si avvicina a chiudere il primo secolo di vita per iniziarne uno nuovo che vogliamo inaugurare anche con delle novità.
Se questa prospettiva entusiasmante è oggi possibile, oltre al merito della dedizione di tutto lo staff e all'affetto del pubblico, è anche grazie al supporto delle Istituzioni, dal Comune di Palermo, in primis, alla Regione Siciliana e al Ministero della Cultura, nonché alle collaborazioni con tante istituzioni del territorio. Sempre di più vogliamo essere un punto di rifermento non solo per Palermo, ma per tutta la Sicilia, onorando così la volontà del fondatore, Vito Trasselli-Varvaro, che cento anni fa ebbe la luminosa idea di creare un'Associazione dalla prospettiva regionale».
L'Anteprima della Stagione concertistica serale 2024/2025 sarà il 14 ottobre 2024 e avrà come protagonista il cantautore Sergio Cammariere e il suo quartetto jazz. Il concerto è quasi tutto esaurito e restano in vendita gli ultimi posti. L'inaugurazione sarà affidata al russo Arcadi Volodos (eccezionalmente di domenica, 17 novembre 2024), vera leggenda degli 88 tasti che sarà per la prima volta a Palermo. Si proseguirà con il duo formato dal violinista e violista Michael Baremboim e dalla pianista Nathalia Pegarkova (25 novembre) e con il recital dell'esperto di musica del Novecento per tastiera "Made in USA" Emanuele Arciuli (9 dicembre). Appuntamento natalizio lunedì 23 dicembre con la tradizione del gospel afroamericano interpretata dal Florida Fellowship Super Choir.
Il 13 gennaio, primo concerto del 2025, sarà protagonista il pianista salentino Francesco Libetta che proporrà un programma dedicato anche alle musiche di Ezio Bosso. Per il Giorno della memoria, il 27 gennaio, il duo formato dal clarinettista Francesco Paolo Scola e dal pianista Fausto Quintabà sconfinerà nel repertorio klezmer della mitteleuropa. Appuntamento con il repertorio barocco il 10 febbraio con un reading concerto tratto dal libro "L'affare Vivaldi" edito da Sellerio, grazie al quale il pubblico sarà accompagnato alla scoperta delle musiche del compositore veneziano con Federico Maria Sardelli - il più grande conoscitore al mondo di Vivaldi - e la sua orchestra Modo Antiquo.
Imperdibile appuntamento con il jazz internazionale lunedì 24 febbraio con i pianisti cubani Omar Sosa e Marialy Pacheco. Marzo sarà invece il mese dei giovani talenti della tastiera: con il vincitore del Premio Busoni 2023 Arseni Mun (10 marzo) e la quattordicenne austriaca Sunny Ritter (24 marzo). Il 7 aprile si terrà il concerto del quartetto spagnolo Cuarteto Iberia, formato da giovani musicisti under 30 e promosso dalla piattaforma europea MERITA, con il quale si esibirà la danzatrice Yuriko Nishihara, segnando così il ritorno della danza agli Amici della Musica. Ultimo appuntamento (14 aprile) con il jazz italiano di Nicky Nicolai e il quartetto del sassofonista Stefano Di Battista che con il concerto "Mille Note Blue" eseguiranno la rielaborazione dei brani più celebri del repertorio italiano degli anni Sessanta e Settanta.
La Stagione pomeridiana 2024/2025 cambia il suo giorno abituale: dal lunedì i concerti si terranno la domenica. Una rassegna composta da sei appuntamenti, ospitati tutti alle 17.15 al Politeama Garibaldi, e dedicata principalmente alle grandi pagine del repertorio pianistico: dalle sonate "Al chiaro di luna" e "Appassionata" di Beethoven, alle Variazioni Goldberg di Bach, dalle pagine di Chopin e Liszt a quelle di Scarlatti e Schubert. E ancora le sonate per violoncello e pianoforte di Shostakovich e Rachmaninov, il concerto di Natale (15 dicembre) con il Coro di Voci bianche del Conservatorio "A. Scarlatti" di Palermo che sarà presente anche con il suo Ensemble per il concerto di Carnevale con Il carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns (16 febbraio). Fra gli artisti coinvolti la pianista Violetta Egorova (10 novembre), il violoncellista Christian Barraco con la pianista Irene Inzerillo (19 gennaio), il pianista russo Mikhail Kambarov (16 marzo) e la pianista statunitense Nina Tichman (13 aprile).
Per sottoscrivere i nuovi abbonamenti sarà possibile farlo dal 1° al 31 ottobre 2024: da quest'anno si potrà acquistare sul sito www.amicidellamusicapalermo.it e online sarà possibile utilizzare la Carta Docente. Dal 4 novembre 2024 inizierà la vendita dei biglietti per i singoli concerti. Riconfermata l'iniziativa per gli under 40 che prevede l'abbonamento alla Stagione serale con il costo speciale di 40€ (più prevendita). Il Box Office convenzionato è alla libreria Moltimondi in via Mariano Stabile n. 233. Tutti i biglietti e gli abbonamenti sono venduti sul circuito TicketOne. (Comunicato stampa)
"La Bocca dell'Anima", regia di Giuseppe Carleo
Il film uscirà nelle sale italiane e negli USA
Il film "La Bocca dell'Anima", esordio al lungometraggio di finzione del regista palermitano Giuseppe Carleo, prodotto da Favorita Film in associazione con El Deseo, con il contributo del MiC - DG Cinema e Audiovisivo e della Regione Siciliana - Sicilia Film Commission è stato presentato in anteprima mondiale al 70° Taormina Film Festival il 18 Luglio presso il Palazzo dei Congressi di Taormina.
L'anteprima mondiale verrà seguita dall'uscita in sala prevista per il 26 Settembre prossimo dal distributore Artex Film, che è anche il distributore internazionale dell'opera, già presentata all'American Film Market di Santa Monica (California, USA) lo scorso Novembre dove si è garantita una prima vendita internazionale grazie ad un accordo firmato da Artex con la nordamericana Capital Motion Pictures che distribuirà il film negli Stati Uniti, in Canada e negli UK con il titolo internazionale The Healer.
Ispirato ad una storia vera e ambientato nella Sicilia rurale del Secondo Dopoguerra, "La Bocca dell'Anima" racconta l'oscuro trauma che cova nell'anima di Giovanni Velasques. Tornato nel suo paese natale, un piccolo villaggio arroccato fra le aspre montagne di una inusuale Sicilia innevata, Giovanni incontra una vecchia maara che, per liberarlo da quel dolore, lo inizia all'arte della magia. Il film, dal piglio antropologico, scava nella memoria siciliana, esaltando il linguaggio della magia popolare e raccontando per la prima volta il percorso attraverso cui un uomo diventa mago...
Il film è stato voluto fortemente dal Direttore Artistico del TFF Marco Müller, in accordo con il comitato selezionatore, che ha dichiarato in occasione della conferenza stampa di presentazione del Festival "chi di voi si ricorda il lavoro straordinario dell'antropologa siciliana Elsa Guggino, non potrà non amare "La Bocca dell'Anima" il film di Giuseppe Carleo che prova a scavare in quella parte della memoria siciliana". Sono proprio i testi dell'antropologa Elsa Guggino, La magia in Sicilia e Il corpo è fatto di sillabe, che fanno da spunto alle indagini del regista e sceneggiatore Giuseppe Carleo e del co-sceneggiatore Carlo Cannella che con l'antropologa hanno dialogato nel percorso di costruzione del film.
Con un cast siciliano di eccellenza, il film vede come protagonista accanto all'attore italo-iraniano Maziar Firouzi (Giovanni Velasques), Marilù Pipitone nel ruolo della moglie, Serena Barone ("Le Sorelle Macaluso", "Baarìa") che interpreta la maga, Maurizio Bologna ("Màkari", "Il commissario Montalbano") nel ruolo del prete antagonista del mago, e altri volti noti al teatro siciliano e volti nuovi al grande schermo, abilmente esaltati dal regista. Il film ha visto inoltre coinvolte maestranze locali ed ex allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia dove Giuseppe Carleo ha studiato recitazione prima e regia del documentario dopo, tra cui il direttore della fotografia Leone Orfeo, la scenografa Laura Inglese, il montatore Riccardo Cannella, il fonico di presa diretta Andrea Sileo, la sound designer Silvia Orengo, il fonico di mix Carlo Purpura e il produttore delegato Elio Cecchin.
Il film è stato prodotto da Tancredi Vinci, Rita Vinci e Giuseppe Carleo per Favorita Film in associazione con El Deseo, con il contributo del Ministero della Cultura - Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e della Regione Siciliana - Sicilia Film Commission, realizzato nell'ambito del Patto per lo Sviluppo della Regione Siciliana (Patto per il Sud) FSC 2014-2020. (Estratto da comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)
Sul canale Mi Ricordo - L'Archivio di tutti, la playlist FEDIC-72 anni di cinema, composta da 70 cortometraggi di autori FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub), tra cui ricordiamo Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli e Bruno Bozzetto, conservati e digitalizzati dal CSC-Archivio Nazionale Cinema Impresa. La rassegna online è composta da opere che fanno parte della storia della FEDIC, un'Associazione Culturale nata nel 1949 a Montecatini Terme, e realizzate da registi il cui contributo rilevante è servito a promuovere il superamento dell'etichetta di cinema amatoriale, per arrivare ad affermare quella di Cinema Indipendente.
La playlist propone titoli di fiction e documentari di impegno civile, di critica sociale, di osservazione della realtà, come quelle di Giampaolo Bernagozzi, Nino Giansiracusa, Renato Dall'Ara, Adriano Asti, Luigi Mochi, Francesco Tarabella e del duo Gabriele Candiolo - Alfredo Moreschi; non mancano opere narrative, spesso poetiche, come quelle di Paolo Capoferri, Piero Livi, Mino Crocè e Nino Rizzotti, ma anche di Massimo Sani, Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli, che si sono poi affermati come autori cinematografici e televisivi.
Un impegno che si riscontra anche nella sperimentazione di nuove forme espressive, si pensi a Tito Spini e, per quanto riguarda il cinema d'animazione, a Bruno Bozzetto e Nedo Zanotti. Non mancano opere recenti capaci di offrire uno sguardo acuto sul nuovo millennio, tra queste ricordiamo i film di Enrico Mengotti, Turi Occhipinti - Gaetano Scollo, Rocco Olivieri - Vincenzo Cirillo, e Franco Bigini, Giorgio Ricci, Giorgio Sabbatini e Beppe Rizzo che rende omaggio a Totò. Sono testimonianze, tracce interessanti, da leggere nel loro insieme, per aggiungere un punto di vista nuovo sul Paese. Uno sguardo che completa quello offerto dal cinema d'impresa, di famiglia e religioso conservato, digitalizzato e reso disponibile dall'Archivio Nazionale Cinema Impresa sui propri canali: Youtube CinemaimpresaTv, Documentalia e Mi ricordo-l'archivio di tutti. Il fondo FEDIC, composto da 5442 audiovisivi, è stato depositato nell'Archivio di Ivrea nel 2017. (Estratto da comunicato stampa)
Tutti in classe!
www.youtube.com/playlist?list=PL15B-32H5GlJRTfrCCc-ZlSRBJ0DRvP1K
Rassegna online di materiali d'archivio organizzata dall'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa di Ivrea che è parte della Cineteca Nazionale. La playlist Tutti in classe, disponibile sul canale Youtube CinemaimpresaTV, racconta la scuola grazie ai tanti punti di vista offerti dai film conservati a Ivrea: dalle rigide scuole per allievi Fiat degli anni Sessanta, ai comunicati pubblicitari che invitano a l'acquisto di prodotti scolastici a prezzi popolari o di raffinate macchine da scrivere Olivetti.
"Tutti in classe" termina con La scoperta della logica, diretto da Franco Taviani per Olivetti, il film descrive un esperimento didattico volto a insegnare agli alunni delle classi elementari la matematica con il sussidio del gioco e dell'osservazione del mondo reale, per arrivare a comprendere quali sono le tappe che portano i bambini alla scoperta della logica. Insomma, uno sguardo sulla scuola dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta per ricordare il periodo della vita di ognuno in cui l'ansia per un compito in classe era il problema più grande che potevi avere. (Estratto da comunicato ufficio stampa Centro Sperimentale di Cinematografia)
___ Programma
- Seconda D (Basilio Franchina, 1951, 12')
- Giorno di scuola (Giorgio Ferroni, 1954, 10')
- La scuola allievi Fiat Giovanni Agnelli (Stefano Canzio, 1962, 14')
- Olivetti, Lettera 32 (Aristide Bosio, 1965, 1')
- Mi ricordo... I primi giorni di scuola (ca. 1965/1972, 1')
- Vieni alla Standa e guarda il prezzo (ca. 1970-1979, 1')
- La scuola comincia alla Standa (1977, 2')
- La scoperta della logica (Franco Taviani, 1970, 13')
Il diario di Angela. Noi due cineasti
Ogni giorno, da sempre, Angela tiene un diario, scritto e disegnato: fatti pubblici, privati, incontri, letture, tutto vi viene registrato. Anche il rapporto di due viaggi in Russia, 1989-1990. Cadeva l'URSS. Diario su librini cinesi, sin da prima di Dal Polo all'Equatore (1986), del nostro ininterrotto lavoro sulla violenza del 900. Dai nostri tour negli Stati Uniti con i "Film Profumati" di fine anni '70, all'Anthology Film Archive di New York, al Berkeley Pacific Film Archive... Rileggo ora questi diari e rivedo il film-diario di tutti questi anni, sono rimasto da solo, dopo molti anni di vita e di lavoro d'arte insieme. L'ho portata sulle Alpi Orientali che amava e dove insieme camminavamo.
Angela rivive per me nelle sue parole scritte a mano, con calligrafia leggera, che accompagnano i suoi disegni, gli acquarelli, i rotoli lunghi decine di metri. Guardo i nostri film privati, dimenticati. Registrazioni che stanno dietro al nostro lavoro di rilettura e risignificazione dell'archivio cinematografico documentario. La vita di ogni giorno, fatta di cose semplici, le persone vicine che ci accompagnano, la ricerca nel mondo dei materiali d'archivio, un viaggio in Armenia sovietica con l'attore Walter Chiari. Testimonianze che nel corso del tempo abbiamo raccolto. E' il mio ricordo di Angela, della nostra vita. Rileggo questi quaderni e ne scopro altri a me sconosciuti. (...)
Rivedere l'insieme dei quaderni del Diario infinito di Angela e lo sguardo all'indietro dei nostri film privati, che accompagnano la nostra ricerca. Il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco, di farla rivivere, la continuazione del nostro lavoro come missione attraverso i suoi quaderni e disegni, una sorta di mappa per l'agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione. Angela ed io abbiamo predisposto nuovi importanti progetti da compiere. La promessa, il giuramento, di continuare l'opera. (Yervant Gianikian)
Angela Ricci Lucchi è nata a Ravenna nel 1942. Ha studiato pittura a Salisburgo con Oskar Kokoschka. E' scomparsa lo scorso 28 febbraio a Milano. Yervant Gianikian ha studiato architettura a Venezia, già dalla metà degli anni '70 si dedica al cinema, l'incontro con Angela Ricci Lucchi segnerà il suo percorso artistico e privato. I film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi sono stati presentati nei più importanti festival internazionali, da Cannes a Venezia, da Toronto alla Berlinale, da Rotterdam a Torino alle Giornate del Cinema Muto. Retrospettive della loro opera sono state ospitate nelle maggiori cineteche del mondo (dalla Cinémathèque Française alla Filmoteca Española, dalla Cinemateca Portuguesa al Pacific Film Archive di Berkeley) e in musei come il MoMA di New York, la Tate Modern di Londra e il Centre Pompidou di Parigi.
Tra i luoghi che hanno ospitato le loro installazioni, citiamo almeno la Biennale di Venezia, la Fondation Cartier Pour l'Art Contemporain di Parigi, la Fundacio "La Caixa" di Barcellona, il Centro Andaluz de Arte Contemporaneo di Siviglia, il Mart di Rovereto, il Witte de With Museum di Rotterdam, il Fabric Workshop and Museum di Philadelphia, il Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, il Museo d'Arte Contemporanea di Chicago, l'Hangar Bicocca di Milano, Documenta 14 a Kassel. (Comunicato stampa Lara Facco)
«In bocca al lupo»
Racconto di Sasha Marianna Salzmann ispirato alla città di Palermo
"Hausbesuch - Ospiti a casa", progetto del Goethe-Institut, ha portato la scrittrice, curatrice e drammaturga tedesca Sasha Marianna Salzmann a Palermo, ospite in casa dei palermitani. Da questa esperienza è nato il racconto ispirato al capoluogo siciliano In bocca al lupo.
Sasha Marianna Salzmann (Volgograd - ex Unione Sovietica, 1985) attualmente è autrice in residenza del teatro Maxim Gorki di Berlino, ben noto per le sue messe in scena dedicate alla post-migrazione. La sua pièce teatrale Muttermale Fenster blau ha vinto nel 2012 il Kleist Förderpreis. Nel 2013 il premio del pubblico delle Giornate Teatrali di Mülheim (Mülheimer Theatertage) è stato assegnato all'opera teatrale Muttersprache Mameloschn che affronta tre generazioni di tedeschi ebrei. Sasha Marianna Salzmann è famosa per i suoi ritratti umoristici dedicati a tematiche politiche. Il suo racconto In bocca al lupo è stato scritto durante il suo soggiorno nel capoluogo siciliano nel luglio 2016 per il progetto "Hausbesuch - Ospiti a casa" del Goethe-Institut. Tradotto in cinque lingue, farà parte di un e-book che uscirà in primavera e che il Goethe-Institut presenterà alla Fiera del Libro di Lipsia. (Comunicato Goethe-Institut Palermo)
Alla Biblioteca "Luigi Chiarini" del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma è conservata una sceneggiatura dattiloscritta del 1964 intitolata Le Ultime Cento Ore, attribuita a Stanley Kubrick, della quale non esiste traccia in nessuna monografia, filmografia, studio. Si tratta di una copia di deposito legale catalogata nei primi anni '90. Il primo a sollevare dei dubbi sull'autenticità del copione fu Tullio Kezich nel 1999 sollevando un gran polverone sulla stampa nazionale, quello che venne definito il "giallo Kubrick" rimase irrisolto fino ad oggi. Grazie alla passione di uno studioso kubrickiano, Filippo Ulivieri, che non si è accontentato di come la questione fosse stata accantonata. Sono state ricostruite le vicende e individuati gli autori, finalmente Filippo Ulivieri ha reso noto il resoconto e come sono stati risolti i relativi misteri del "giallo Kubrick". (Comunicato Susanna Zirizzotti - Ufficio Comunicazione/stampa e archivio storico Centro Sperimentale di Cinematografia-Scuola Nazionale di Cinema)
"Basta muoversi di più in bicicletta per ridurre la CO2"
Nuovo studio dell'European Cyclists' Federation sulle potenzialità della mobilità ciclistica nelle politiche UE di riduzione delle emissioni di gas climalteranti entro il 2050
Le elevate riduzioni delle emissioni dei gas serra previste dalla UE sono sotto esame: quest'anno i progressi e i risultati effettivi sembrano non raggiungere gli obiettivi fissati dalla stessa Unione Europea. Recenti rapporti sulle tendenze nel settore dei trasporti europei mostrano che la UE non riuscirà a ottenere la riduzione delle emissioni dei mezzi di trasporto del 60% tra il 1990 e il 2050 affidandosi alla sola tecnologia. Un interessante approccio all'argomento è messo in luce da un recente studio effettuato dall'European Cyclists' Federation (ECF), che ha quantificato il risparmio di emissioni delle due ruote rispetto ad altri mezzi di trasporto.
Anche tenendo conto della produzione, della manutenzione e del carburante del ciclista, le emissioni prodotte dalle biciclette sono oltre 10 volte inferiori a quelle derivanti dalle autovetture. Confrontando automobili, autobus, biciclette elettriche e biciclette normali, l'ECF ha studiato che l'uso più diffuso della bicicletta può aiutare la UE a raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra nel settore trasporti, previsti entro il 2050. Secondo lo studio, se i cittadini della UE dovessero utilizzare la bicicletta tanto quanto i Danesi nel corso del 2000, (una media di 2,6km al giorno), la UE conseguirebbe più di un quarto delle riduzioni delle emissioni previste per il comparto mobilità.
"Basta percorrere in bici 5 km al giorno, invece che con mezzi a motore, per raggiungere il 50% degli obiettivi proposti in materia di riduzione delle emissioni", osserva l'autore Benoit Blondel, dell'Ufficio ECF per l'ambiente e le politiche della salute. Che aggiunge: "Il potenziale di raggiungimento di tali obiettivi per le biciclette è enorme con uno sforzo economico assolutamente esiguo: mettere sui pedali un maggior numero di persone è molto meno costoso che mettere su strada flotte di auto elettriche". Lo studio ha altresì ribadito la recente valutazione da parte dell'Agenzia europea dell'ambiente, secondo la quale i soli miglioramenti tecnologici e l'efficienza dei carburanti non consentiranno alla UE di raggiungere il proprio obiettivo di ridurre del 60% le emissioni provenienti dai trasporti. (Estratto da comunicato stampa FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta)
Presentazione libri da Comunicato case editrici / autori
"Cose"
di Giulio Paci, ed. Clinamen, 2025, p. 62, euro 13,50
Il libro è stato presentato l'01 marzo 2025 a Lo Spazio (Pistoia)
Giulio Paci presenta la sua nuova raccolta poetica. Dialoga con l'autore Andrea Ulivi. Se considerassimo l'uomo solo dal punto di vista delle cose che possiede e che lo circondano smarriremmo del tutto il senso del tempo e gli eventi apparirebbero solo come una inafferrabile evanescenza. Più nessun sapere, allora. Ma l'uomo non è solo le sue cose: ogni volto rimanda a simboli e segni vitali, disvelando la vita nella sua continua interruzione e rinascita. Ogni volto è anche lo scorrere delle parole che l'uomo confida a se stesso, un sapere che pur sembra arenarsi nello sconforto di non poterle superare, nella stasi della loro ripetizione quotidiana.
Nella nostra radicale distanza da noi stessi e da quel mondo che le parole dicono, sempre si chiede di poter andare oltre il confine delle cose mostrate. Ricordare certi frammenti del tempo talvolta reca un po' di pace, crea la possibilità di rigenerare quella sfida originaria che è la vita stessa, ripercorrendone i passi, così da acquietare la radicale insoddisfazione di trovarsi nudi di fronte a un paesaggio umano fatto di cose e da cose limitato.
Giulio Paci si è laureato in Filosofia presso l'Università di Firenze e, sempre presso quella Università, ha conseguito la laurea in Scienze Filosofiche. Tra le sue raccolte poetiche, ricordiamo: Niente (2018) e La Soglia (2019) con Giuliano Ladolfi Editore. Con Edizioni della Meridiana ha pubblicato i seguenti lavori: Io sono già morto (2021), Profugo (2022), Anche il nulla riposa (2023), Nessuna Moltitudine (2024).
When in Rome
Al di là della periferia della pelle
Verdiana Bove, Guglielmo Maggini, Pietro Moretti, Caterina Sammartino, Adelisa Selimbašic
a cura di Cristina Cobianchi, Quodlibet 2025
Dal 19 febbraio 2025, è disponibile nei book shop dei musei e nelle principali librerie il catalogo When in Rome a cura di Cristina Cobianchi, direttrice di AlbumArte, capofila dell'omonimo progetto che ha compreso una mostra a Roma e a Bologna, a cura di Adriana Polveroni e dibattiti a Venezia, Milano, Firenze, Torino e Napoli. Al centro del progetto, i risultati dell'indagine condotta da Cristina Cobianchi e Adriana Polveroni sui giovani talenti under 35 che operano nella capitale, soprattutto in spazi di lavoro fondati e gestiti anche con curatori altrettanto giovani in zone periferiche, in fabbriche dismesse, ex officine o vecchie autorimesse, laboratori artigianali in disuso, e che stanno modificando il tessuto e il fermento artistico della città con la loro ricerca aperta sul presente e sul dialogo a più voci.
La mostra di Verdiana Bove, Guglielmo Maggini, Pietro Moretti, Caterina Sammartino e Adelisa Selimbašic si è declinata secondo la loro comune riflessione Al di là della periferia della pelle e presenta opere inedite e site-specific che indagano il tema della marginalità, intesa come "confine che separa", esattamente come la pelle che delimita il corpo dall'esterno e che, al contempo, costituisce il primo contatto con l'ambiente circostante, la prima possibilità di conoscenza. Anche oggi, nel momento in cui il corpo ha subito una radicale trasformazione, posto al centro di varie tensioni sociali e culturali, la pelle è ciò che delimita, e quindi definisce, primariamente il corpo.
"Al di là della periferia della pelle" indica la necessità di porsi nel proprio tempo, nella contingenza del proprio essere nel mondo, avviando un confronto a più voci. Applicando questo concetto a Roma, spesso additata come una Grande Madre alternativamente santa e dannata, la città è vista come un grande organismo, non privo di confini, il luogo prediletto per osservare, indagare, con inedite possibilità di lavoro e inediti percorsi interpretativi. (Comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
Martire a domicilio
di Beatrice Beneforti, ed. Castelvecchi, 2025, p. 128, euro 19,50.
Il libro è stato presentato il 20 febbraio 2025 alla Libreria Lo Spazio di Pistoia
"Sogno i morti di tutto il mondo" scriveva Carlo sui fogli che gli davano in ospedale. Ora è un anziano schizofrenico incapace di qualunque interazione. Lei, la protagonista senza nome, lo ha conosciuto nel duemilaventi. In mezzo alla strada che costeggia il vecchio manicomio di Pistoia, aveva trovato la sua cartella clinica, tutta piena di disegnini fatti con la biro. Alberto ha invertito il giorno con la notte, preferisce la luna. Ha un materasso singolo nella struttura di un letto matrimoniale. Pare non soffrire mai. Segue una terapia piuttosto forte. Come sarebbe senza? Violento? Lui che è così innocuo. Lui che, buono buono, segue le indicazioni del medico, al contrario di lei che cerca sempre di fare di testa sua, di negare ogni potere alla malattia.
La malattia mentale come inciampo ma anche come lente d'ingrandimento per cercare una forma di verità non melliflua come quelle persone educate che non sai mai se fanno qualcosa perché devono o perché vogliono. Una storia che si muove in una provincia di gesti semplici e rassicurazioni facili ma che sa essere crudele, che non perdona lo scarto e si accanisce con chi non sa ubbidire. Con chi si porta appresso ombre pesanti, con gli indecisi. Coi pazzi, soprattutto.
Beatrice Beneforti, fotografa e autrice. Ha lavorato come artista di Trash Art per l'azienda Hera Ambiente, in Officina Scart. Insieme ad altri coetanei ha creato il collettivo "BUG! Bollettino Urgenze" che si occupa di salute mentale. Da anni lavora sul tema della malattia mentale, intervistando ex pazienti manicomiali e raccogliendone le testimonianze: da qui nasce questo primo romanzo. (Comunicato stampa)
"0 1 2"
di Daniel Wisser
Il libro è stato presentato lo 05 febbraio 2025 al Forum Austriaco di Cultura a Roma
www.austriacult.roma.it
Daniel Wisser, «una delle voci più interessanti della letteratura austriaca contemporanea» (Süddeutsche Zeitung), già insignito del Österreichischer Buchpreis nel 2018 per "Königin der Berge", presenta a Roma "0 1 2", il suo ultimo romanzo, uscito in lingua tedesca. L'incontro e le letture sono in lingua tedesca. In cooperazione con l'Österreich Institut Roma e l'Associazione Austriaci in Roma.
__ Sinossi
Morto da trent'anni, al programmatore Erik Montelius viene concessa una seconda vita: è il primo paziente al mondo a uscire dalla conservazione criogenica. Ora vede la propria esistenza non più divisa in vita e morte, ma in prima vita, seconda vita e morte. Ma anche nella seconda vita il mondo non è migliore: sua moglie ha sposato il socio in affari di Erik, che ha anche rubato le sue idee. Le persone indossano mascherine a coprire naso e bocca, scorrono i propri computer portatili e hanno rinunciato alla possibilità di una società giusta e rispettosa dell'ambiente. Erik non ha nulla, né soldi, né casa, né documenti. Ma ha un sospetto sulla persona da ringraziare per la sua prima morte. E ha un contratto per un libro e quindi l'opportunità di portare alla luce la verità... (Comunicato stampa)
Il volume è stato presentato il 30 gennaio 2025 alla Galleria Lia Rumma (Milano)
Pubblicato da NERO Editions in italiano e inglese, prodotto da Looking Forward Art Projects - Londra e realizzato con il supporto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell'ambito della XII edizione (2023) del programma Italian Council, è la prima monografia dedicata all'artista. Curato da Anna Cestelli Guidi e Matteo Lucchetti, il volume raccoglie oltre trent'anni di produzione dell'artista e include testi e mostre a cura di Diana Campbell, Anna Cestelli Guidi, Francesca Comisso e Nicoletta Leonardi, Maja e Reuben Fowkes, Matteo Lucchetti, Adrian Piper e Andrea Viliani, e i contributi di Eva Brioschi, Emanuele Coccia, Marzia Migliora, Elena Pugliese, Davide Quadrio e Vandana Shiva.
Pensato come un concept book in cui il corpus delle opere viene riletto attraverso sette tematiche ricorrenti nella pratica dell'artista, il libro è composto da sette mostre su carta, curate da altrettanti curatori che hanno immaginato di allestirle in luoghi d'elezione nella biografia di Migliora, configurando una personale geografia emozionale che attraversa l'Italia, dalla nativa Alessandria alle miniere di salgemma in Sicilia.
I temi che informano le mostre sono quelli della ruralità, del museo come luogo di classificazione, dei dispositivi di visione e percezione della realtà, del fare comunità, dell'estrattivismo, dell'oppressione patriarcale e delle metamorfosi interspecie nel passaggio tra vita e morte. Per quanto riguarda le modalità di scelta delle opere, i curatori Cestelli Guidi e Lucchetti affermano: "Per sottolineare le evoluzioni e l'eclettismo formale delle opere - dalla fotografia alla performance, passando per video, installazioni, disegni e collage - abbiamo deciso di mantenere all'interno di ciascuna mostra immaginifica un'impostazione cronologica tra le tre decadi interessate. Ogni mostra si apre quindi con delle immagini tratte dai lavori fotografici dei primi anni Novanta, spesso inedite, selezionate dall'immenso archivio dell'artista, e si chiude con i progetti installativi recenti".
Sulla scelta del titolo specificano inoltre: "Abbiamo chiamato le mostre immaginifiche e non semplicemente immaginarie poiché nel giustapporre opere provenienti da contesti e momenti diversi della pratica dell'artista, esse sono in grado di creare, a loro volta, nuove immagini e visioni su questi «primi trent'anni» di Marzia Migliora." (Comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
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.. 05 febbraio, ore 18.30 | Libreria L'Ibrida Bottega - Torino
Marzia Migliora con Luca Morino
.. 12 marzo, ore 18.00 | Museo MAXXI - Roma
Marzia Migliora con Anna Cestelli Guidi, Matteo Lucchetti, Anne Paolopoli, Andrea Viliani, introdotti da Francesco Stocchi
.. 19 marzo, ore 18.00 | Museo del 900 - Milano
Marzia Migliora con Anna Cestelli Guidi, Matteo Lucchetti, Iolanda Ratti, introdotti da Gianfranco Maraniello
.. In primavera:
Museo Madre, Napoli; Fondazione Merz, Torino; Palazzo Abatellis, Palermo
Trentasei Minuti
di Sandro Cappelli, Nuove Esperienze, 2025
Il libro è stato presentato il 17 gennaio 2025 presso Lo Spazio (Pistoia)
È solo attraverso l'immaginazione più intima, quella che rievoca sensazioni e ricordi che si può pensare di unire il confine che delimita il sogno dalla realtà. Di questo fanno parte anche i dialoghi impossibili instaurati con chi non è più presente, o più semplicemente, si è allontanato da noi. Questo libro descrive, con malinconica ironia, la necessità di ogni uomo di calarsi in una dimensione diversa per ricreare il contatto diretto con qualcuno con cui si è venuto a creare un legame indissolubile. Un viaggio nei ricordi che testimonia come nel profondo dell'anima, presente e futuro, così come sacro e profano, possano fondersi fino a diventare irriconoscibili.
Oltre alla scrittura Sandro Cappelli (Pistoia, 1960) è impegnato in attività di volontariato in ENPA e come attore e adattatore di testi nella compagnia teatrale Teste fra le Nuvole, che opera per scopi benefici. Nel 2023 ha pubblicato il suo primo romanzo "È quasi ora di andare". (Comunicato stampa)
"Il carteggio con Heinz Riedt"
di Primo Levi, ed. Einaudi, 2024, p. 420, euro 23,00
Il libro è stato presentazione l'11 gennaio 2025 alla Libreria Lo Spazio (Pistoia)
Martina Mengoni presenterà "Il carteggio con Heinz Riedt" di Primo Levi, da lei curato per Einaudi. Dialogheranno con lei Massimo Bucciantini, Giovanni Capecchi e Donatella Giovannini, mentre Massimiliano Barbini inteverrà con letture dal carteggio.
Heinz Riedt era un tedesco molto diverso da quelli che Primo Levi conobbe ad Auschwitz: fu soldato nella Wehrmacht e poi partigiano nella Resistenza veneta; lavorò con Brecht e tradusse Goldoni, Calvino e Pinocchio; visse a Berlino Est e poi fuggí in Germania Ovest con la famiglia. E fu lui a tradurre in tedesco Se questo è un uomo e Storie naturali. Ai quesiti lessicali che Riedt gli pone, Levi risponde rievocando il gergo e le espressioni del Lager. La ricerca della parola piú adatta costringe Levi a rituffarsi nella sua drammatica esperienza per riportarla nella lingua in cui l'ha vissuta: il tedesco. Ma le loro lettere non riguardano solo il lavoro tecnico della traduzione: a poco a poco diventano un dialogo fra amici che si scambiano opinioni sulla letteratura, sulla politica, sul mondo editoriale, e sulle rispettive vite. Questo con Heinz Riedt è il primo carteggio di Levi pubblicato in volume.
«Non ho mai nutrito odio nei riguardi del popolo tedesco, e se lo avessi nutrito ne sarei guarito ora, dopo aver conosciuto Lei. Non comprendo, non sopporto che si giudichi un uomo non per quello che è, ma per il gruppo a cui gli accade di appartenere. So anzi, da quando ho imparato a conoscere Thomas Mann, da quando ho imparato un po' di tedesco (e l'ho imparato in Lager!), che in Germania c'è qualcosa che vale, che la Germania, oggi dormiente, è gravida, è un vivaio, è insieme un pericolo e una speranza per l'Europa». (Primo Levi a Heinz Riedt 13 maggio 1960)
«E al Suo libro, cosí necessario e giusto, posso solo augurare che venga letto con intelligenza in Germania, che "parli" non a pochi, ma a molti, moltissimi, che abbia la sua "reazione". E cosí sarà anche per me in un certo senso una risposta, una delle risposte che attendo dai tedeschi con chiarezza». (Heinz Riedt a Primo Levi 8 giugno 1960) (Comunicato stampa)
Croce e il fascismo
di Mino Franzinelli, Laterza 2024
Il libro è stato presentato il 29 novembre 2024 alla Biblioteca della Fondazione Spadolini (Firenze) www.fondazionerossisalvemini.eu
Per vent'anni Benedetto Croce fu l'unica voce libera del nostro Paese. L'unico intellettuale a cui il regime fascista, per il suo prestigio e il suo carisma, concedeva una certa libertà di espressione. Da solo, attraverso i suoi libri, la sua rivista e le sue relazioni, riuscì a tenere accesa la fiamma della speranza in tanti giovani. Un racconto che ripropone l'eterna battaglia tra libertà e asservimento della cultura. Benedetto Croce non è stato soltanto uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento ma ha svolto una funzione fondamentale durante il Ventennio fascista, impedendo al regime di ottenere una egemonia assoluta sulla cultura del nostro Paese.
Con un taglio originale, questo libro, oltre a seguire l'atteggiamento di Croce dinanzi al fascismo - accolto con simpatia, poi combattuto con tenacia e inventiva -, ricostruisce non soltanto la biografia del filosofo nel ventennio più tormentato del Novecento, ma ricollega lo studioso liberale ai protagonisti della cultura italiana ed europea, da Thomas Mann a Stefan Zweig.
Con una ricca documentazione inedita, Franzinelli illustra l'offensiva degli squadristi e la 'macchina del fango' scatenata contro il filosofo dissidente. Emerge il ruolo di Croce nella formazione di giovani che - da Giorgio Amendola a Vittorio Foa, da Leone Ginzburg a Piero Gobetti - lo presero quale riferimento in momenti decisivi della loro esistenza. Una particolare attenzione è dedicata alla battaglia di Croce contro il razzismo: era nota la sua contrarietà alla persecuzione degli ebrei, ma ora emergono la continuità e la profondità del suo impegno, che non trova pari in nessun altro intellettuale italiano. (Comunicato stampa Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini)
Le parole risuonavano con incoraggiante semplicità
di Roberto Vidali, postfazione: Gabriele Perretta, pagg 206, Juliet Editrice, settembre 2024, extra issue Juliet n 219 / ottobre, pubblicazione con apparati iconografici, progetto grafico di Piero Scheriani
www.juliet-artmagazine.com
Questo fascicolo firmato da Roberto Vidali è l'ennesima testimonianza della scrittura proteiforme che l'autore ha iniziato a praticare fin dal 1975, alla ricerca di una terra dove ancorarsi, il che non va letto come motivo di immaturità o di evoluzione, ma di ricerca e di attenzione alla diversità e all'esondazione immaginifica. Questo fascicolo si basa su collage di testi pubblicati nell'arco di tempo che va dal 1985 al 2023, tutti rielaborati e rivisitati, in modo da poter dare una veste organica e una cornice di riferimento ad argomenti e spunti che altrimenti sarebbero stati visti come dei frammenti privi di alcun fondamento di attualità. L'aspetto più curioso di questa pubblicazione è che raccoglie un insieme di cento testi dedicati ad altrettanti artisti e che all'epoca sono stati (in parte) pubblicati con i più diversi pseudonimi.
A ben vedere il risultato non è per nulla filologico, dal momento che asseconda quella modalità di approccio che vede la forza della parola in gara con la potenzialità espressiva di qualsiasi immagine e la sua perenne possibilità di essere rielaborata. La stessa scelta di ricomporre i singoli testi senza la separazione in capoversi e privandoli delle originarie note a piè di pagina rende la scrittura compressa e soffocata. Questa scelta non è stata dettata da un vuoto manierismo, quanto dalla semplice volontà di rappresentare la concatenazione delle frasi come una valanga irrefrenabile.
L'insieme di questa narrazione trae origine, in massima parte, da una selezione di articoli stampati, a partire dal 1985, sulle pagine della rivista "Juliet". Altri scritti, inseriti in questa silloge, sono stati divulgati sul sito juliet-artmagazine.com. Solo uno di questi è stato recuperato da un catalogo, un altro è stato pubblicato sul sito olimpiainscena.it e l'ultimo della sequenza, peraltro, è inedito. Infine, per continuare questo gioco di ombre, in questo cumulo di parole addensate ne sono state inserite alcune che non furono camuffate da uno pseudonimo, giusto per aprirsi all'idea che, forse, finanche la firma di Roberto Vidali, messa ad architrave di tutto questo progetto la si possa far apparire come un puro gioco della fantasia. A ben vedere la questione trova una porta aperta. Il resto, quello che rimane in disparte, è il silenzio.
Roberto Vidali (Capodistria, 1953), sotto il segno del Sagittario; dal 1955 risiede, più o meno, a Trieste. Dopo aver compiuto gli studi presso l'Accademia di BB.AA. di Napoli si è dedicato alla promozione dell'arte contemporanea. Dal 1975 al 1987 è stato direttore esecutivo per la sezione arti figurative del Centro La Cappella di Trieste, dove ha curato quarantaquattro mostre, tra le quali ricordiamo quelle di Riccardo Dalisi, Giuseppe Desiato, Stefano Di Stasio, Živko Marušic. Dal 1979 al 1985 ha collaborato alla pagina culturale del quotidiano "Il Piccolo" e dal 1980 è direttore editoriale della rivista Juliet.
Ha inoltre firmato svariate pubblicazioni; tra le altre: "L'uva di Giuseppe" (1986), "Uhei, uistitì" (1988), "Sul Filomarino slittando" (1990), "Bestio!" (1993), "Merlino, pinturas" (1993), "Massini, énkaustos" (1994), "Sofianopulo, quadros" (1994), "Oreste Zevola, rosso tango" (1994), "Mondino, tauromania" (1995), "Barzagli, impressos" (1995), "Libellule" (1995), "Perini, photos" (1996), "Notturno, setas" (1996), "Ascoltatemi!" (1997), "Kastelic, cadutas" (1997), "Damioli, Venezia New York" (1998), "Onde di formiche a far filari" (1998), "Carlo Fontana" (1999), "Topin meschin" (1999), "Giungla" (1999), "No, non è lei" (2003), "Mamma, vogghiu fa' l'artista" (2007), "Otto fratto tre" (2010).
A seguire "I pensieri di Giacomino Pixi", pubblicato nel 2012, "Tutto intorno a noi" del 2021 e "Tre bacche di rovo", datato 2022. Nel 2024 ha dedicato la cura di un catalogo al lavoro di Aldo Damioli. Dal 1991 è coordinatore per l'attività espositiva dell'Associazione Juliet nella cui sede ha presentato innumerevoli artisti; tra gli altri si segnalano: Piero Gilardi, Marco Mazzucconi, Maurizio Cattelan, Ernesto Jannini, Paola Pezzi, Luigi Ontani, Enrico T. De Paris, Alberto Garutti, Mark Kostabi, Massimo Giacon, Cuoghi Corsello, Aldo Mondino, Aldo Damioli, Botto & Bruno, Bonomo Faita. Nel 1994 ha partecipato alla realizzazione della pagina culturale del quotidiano "La Cronaca" e nel 1997 ha pubblicato alcune interviste sulla pagina culturale de "Il Meridiano". Dal 1998 al 2010 è stato direttore incaricato della PARCO Foundation di Casier. Dal novembre del 2000 e fino alla sua chiusura ha collaborato al mensile "Network Caffé", dal 2005 e fino al 2009 ha collaborato con il mensile "Zeno". (Comunicato di presentazione)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Copertina dell'extra issue firmato da Roberto Vidali, progetto grafico di Piero Scheriani, Juliet Editrice, ott 2024
2. Lubiana, Cukrarna, maggio 2023, Roberto Vidali in una foto di Elisabetta Bacci
___ Altre pubblicazioni Juliet editrice presentate nella newsletter Kritik
Aldo Damioli | "Venezia New York"
testo di Roberto Vidali, gennaio 2024 Presentazione
Gentilissima signora Aurelia
a cura di Lucia Budini e Giuliana Carbi Jesurun Presentazione
Poligoni platonici
di Carlo Fontana, gennaio 2023 Presentazione
"Tre bacche di rovo"
di Roberto Vidali, dicembre 2022 Presentazione
"Trieste è un'isola"
Francesco De Filippo, ed. Castelvecchi, €17.50
Il libro è stato presentato il 13 giugno 2024
Ufficio di collegamento della Regione FVG - Bruxelles
Trieste, una città lacerata dai conflitti e dalle travagliate vicende del confine orientale nel Novecento, secondo il giornalista e scrittore Francesco De Filippo, è un'isola della mente, ovviamente non della geografia: un posto unico, che si riconosce in codici specifici, a partire dal dialetto, linguaggio usato universalmente da ogni strato sociale, e tradizioni che assumono quasi il ruolo di rituali civili, che servono per comunicare un'identità fortissima, uno scudo che si è formato dopo un lungo periodo segnato da un senso di continua minaccia di invasione.
Quest'isola inoltre "galleggia" sul non detto ma non rimosso, su vicende del passato che rimangono rilevanti ma non emergono quasi mai nel discorso pubblico. Sono alcune delle riflessioni che sono emerse nel corso della presentazione del volume all'Ufficio di collegamento della Regione Friuli Venezia Giulia a Bruxelles, in cui l'autore ha dialogato con Marianna Accerboni, curatrice della mostra "L'arte triestina al femminile nel '900", visitabile all'Istituto italiano di Cultura di Bruxelles e nell'ambito della quale si è svolta la presentazione della spy story di De Filippo.
Insomma, per tutte queste caratteristiche, una città, o meglio, un'isola da scoprire, svelare lentamente con l'oculatezza dedicata a un oggetto antico e prezioso. Un'isola bifronte: da un lato isceralmente attaccata al passato, dall'altro proiettata nel futuro con una imprenditoria illuminata e un numero altissimo di enti di ricerca scientifica, all'avanguardia.
"Ho scelto lo stile poliziesco perché mi ha permesso di accompagnare il lettore nella scoperta non solo della trama del libro ma anche della città stessa", ha specificato De Filippo. Trama che porta il lettore tra Trieste, Napoli - la città d'origine dello scrittore e del suo personaggio principale, Vincenzo Tagliente, di cui si leggono "le prime e involontarie indagini" - e gli Stati Uniti d'America. Ma tutto parte dal campo profughi di Padriciano, a pochi chilometri dal centro del capoluogo giuliano, dove migliaia di esuli istriano-dalmati sono transitati. Il libro racconta come la catena di violenze e ingiustizie operate dai regimi totalitari si sono ripercosse sulla gente comune.
Ma lo fa "mescolando al dramma il sorriso come nella migliore tradizione partenopea", come ha sottilmente ricordato Accerboni che, introducendo l'autore, ha sottolineato l'intreccio del pathos del racconto poliziesco alla tragicità di eventi storici epocali come l'esodo di 350.000 istriani e le foibe - che segnarono la città nel difficile periodo del dopoguerra. Più altri "momenti di divertissement d'ispirazione quasi teatrale com'è nella cultura partenopea, cui l'autore appartiene". All'incontro erano presenti intellettuali e artisti italiani, belgi e francesi e anche Enrico Tibuzzi, responsabile della sede del Belgio dell'Agenzia Ansa, e Italo Rubino, vicepresidente del Circolo di Bruxelles dell'Associazione Giuliani nel Mondo.
Francesco de Filippo (Napoli, 1960), è stato inviato all'estero per Il Sole 24 Ore ed è responsabile dell'Agenzia Ansa per il Friuli Venezia. È autore di oltre venti libri, tra romanzi, saggi e varia, diversi dei quali tradotti in Francia, Germania e Repubblica Ceca. Il romanzo d'esordio, Una storia anche d'amore (Rizzoli, 2001), ha vinto il premio Cypraea, è entrato in cinquina per il Premio Berto ed è stato finalista al Premio Arezzo. Il successivo, L'affondatore di gommoni (Mondadori, 2004), è stato pubblicato nella Repubblica Ceca e in Francia, dove è stato selezionato per il Supercampiello Europa e per il prestigioso premio Polar. Nel 2001 ha vinto il Premio Paris Noir con il romanzo L'Offense (Métailié). Numerosi suoi racconti sonostati pubblicati su quotidiani e periodici (la Repubblica, Carta, Il manifesto) e compaiono in varie antologie. Fra le sue ultime opere Filosofia per i prossimi umani (con Maria Frega - Giunti, 2020), e per Castelvecchi La nuova via della seta (2019), No vax: il grande sogno negato (2022) e i romanzi Le visioni di Johanna (2019), Prima sterminammo gli uccelli... (2020).
Il progetto espositivo è promosso e sostenuto da Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Associazione Foemina APS di Trieste e realizzato in coproduzione con Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, con il patrocinio del Comune di Trieste, media partner Il Piccolo, quotidiano di Trieste, e con l'organizzazione di Associazione Giuliani nel Mondo e Circolo AGM di Bruxelles, Ente Friuli nel Mondo e Fogolâr Furlan di Bruxelles e il contributo di Fondazione CRTrieste, Ciaccio Arte - Big Broker Insurance Group (Milano), Francesco Katalan casa di spedizioni S.r.l. (Muggia, Trieste), Azienda Agricola Zidarich (Trieste), Rotary Club Trieste Alto Adriatico, Biesse Forniture elettriche Studio Luce, Videoest Trieste, Grafica Goriziana. (Ufficio stampa per l'Italia Studio Pierrepi - Alessandra Canella)
Valeria D'Obici
Dizionario di un'attrice "sui generis"
di Francesco Foschini con Stefano Careddu, Falsopiano 2023
Il volume è stato presentato il 9 maggio 2024 a Nonostante Marras (Milano)
www.antoniomarras.com
A presentare il libro dialogano con Francesco Foschini, autore del volume, Rocco Moccagatta, docente IULM e critico, e la protagonista Valeria D'Obici.
Scheda libro: "Se quel giorno del 1966 fossi andata all'appuntamento con Lucio Battisti, che voleva formare un gruppo musicale tutto al femminile, alle ore 17.30 all'ex Trianon di Milano, forse avrei fatto la cantante e non l'attrice... ma questo non lo saprò mai, perché gli diedi buca". "A un certo punto della mia vita ho deciso di diventare attrice, non che prima di quel momento non ci avessi mai pensato: da bambina mi piaceva prendere parte alle recite scolastiche, poi scrivevo e interpretavo delle scenette umoristiche, inventavo spettacolini con le mie compagne di classe... Ma la cosa fondamentale era poter esprimere le emozioni che avevo dentro. Quindi, se avessi suonato bene uno strumento musicale, tipo il pianoforte, non so se avrei fatto l'attrice, perché mi sarei sfogata suonando".
Con una prefazione di Rocco Moccagatta. Francesco Foschini è critico cinematografico e programmatore. Ha preso parte a progetti redazionali promossi da Milano Film Network e da La Biennale di Venezia. Collabora, e ha collaborato, con "Alias/il manifesto", "duels.it", "Film Tv", "Taxidrivers", "Sentieri selvaggi", Festival MIX Milano. Stefano Careddu è videomaker, montatore e organizzatore di eventi. Collabora con alcune riviste online di informazione cinematografica e, dal 2017, dirige l'Alessandria Film Festival e altre rassegne cinematografiche nel Monferrato. (Comunicato stampa ufficio stampa Maria Bonmassar)
Aldo Damioli
"Venezia New York"
testo di Roberto Vidali, progetto grafico di Piero Scheriani, Juliet Editrice, gen 2024, 72 pp, 150 x 210 mm
www.juliet-artmagazine.com
Juliet Editrice ha concluso la realizzazione di una pubblicazione dedicata al lavoro di Aldo Damioli, l'autore conosciuto a livello internazionale per il ciclo pittorico "Venezia New York" e che a Trieste, ancora più di vent'anni fa, era stato proposto dallo Studio Arte 3, in primo luogo da Mariagrazia Avidano Bonzano e in seguito dal figlio Paolo Bonzano. Il testo che accompagna la pubblicazione è firmato da Roberto Vidali, direttore editoriale della rivista Juliet. Il progetto grafico è di Piero Scheriani.
Il testo di Roberto Vidali, intitolato "Paesaggi elettivi", è incentrato sul ruolo che questo autore ha avuto nella pittura del nuovo millennio e sui rapporti che il suo processo ha con la storia dell'arte. In particolare il testo si sofferma sulle possibili (e insolite) connessioni con la pittura di Botticelli, Canaletto e Guardi. Un lavoro di meticolosa esecuzione, giocato sul dettaglio e sulla forma, sulla prospettiva e sul capriccio, da intendersi come spunti capaci di fornire il pretesto all'invenzione e all'evasione. Il ciò vale a dire che queste opere non parlano di puro realismo, ma di fantasia, di invenzione, di pretesti per dimostrare come la pittura possa essere falsificazione, narrazione fantasiosa, montaggio di parti incongrue e che per essere moderna deve essere anche concettuale.
E la pittura di Damioli è concettuale proprio perché nel titolo evoca (o indica) qualcosa che non c'è o che non viene rappresentato: per esempio nelle sue tele la città di Venezia (pur indicata nel titolo) è solo evocata per confronto con la città di New York o con altra città (sia questa Parigi o Pechino) giusto per dare l'impressione che se di tanto si può parlare, tutto non può (o non deve) essere mostrato. Questa poetica pittorica va contro la durezza ideologica e materica propugnata da Joseph Beuys o in avversione a quei postulati delle neoavanguardie che hanno condotto alla disseminazione del linguaggio oltre che alla sottrazione della centralità dell'esperienza estetica. E questo perché se Damioli, riguardo alla sua pittura cerca un confronto o deve pensare a un autore dei nostri giorni non pensa a Cattelan, ma a Sean Landers, non pensa a Damien Hirst, ma a John Currin.
Damioli, che ha esordito ancora negli anni Novanta con la Galleria di Guido Carbone a Torino, ha poi intessuto per anni rapporti di collaborazione con la mitica Galleria del Milione di Milano e con Santo Ficara di Firenze, il tutto giocando di sponda e in rapporto di collaborazione con critici come Edoardo Di Mauro, Elena Pontiggia e Luca Beatrice. Ricordiamo, infine, che il lavoro di Aldo Damioli, incentrato sul ciclo "Venezia New York", fu presentato anche in una mostra che si tenne nel foyer del Teatro Verdi di Trieste, ancora nel 2012. (Comunicato di presentazione)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Aldo Damioli, Venezia New York, 2022, acrilico su tela cm. 80x100
2. Copertina della pubblicazione dedicata al lavoro di Aldo Damioli, Juliet Editrice, gen 2024
3. Aldo Damioli, Venezia New York, 2022, acrilico su tela cm. 60x60
Cannoli Siciliani
Mare, amore e altre cose buone
di Roberta Corradin, Giunti editore, p. 320, euro 18,00
Il libro è stato presentato il 10 novembre 2023 presso Lo Spazio Pistoia - Libreria Bacaro
Mare, sole, amore: la Sicilia d'estate ha molte promesse, ma non per Arianna, che lavora senza sosta alla redazione di due libri in due lingue diverse. Si consola con le tante delizie che l'isola offre anche agli stacanovisti come lei: granite, gelati, cannoli e menu di pesce. Nel frattempo, seduta a cena col laptop aperto, guarda distrattamente Nisso, diminutivo di Dionisso, chef belloccio e un po' arrogante che le ricorda un giovane Antonio Banderas e manda avanti due ristoranti. Lui ha vissuto sempre in Sicilia, lei è cittadina del mondo. Lui ha poco più di trent'anni, lei poco più di cinquanta. Nessuno dei due ha tempo e voglia di innamorarsi. Ognuno dei due ha un sogno. Diverso. Ma non così tanto.
Il destino se ne frega della iniziale riluttanza dei due e tesse trame al posto loro, finendo per intrecciarli stretti in una storia che, anno dopo anno, li porta a confrontarsi e a costruire insieme case, menu, ristoranti, progetti reali e immaginari. Respireranno modi di pensare, stili di vita, cibi e spezie prima sconosciuti. E realizzeranno tante cose buone, da mangiare e non solo, per chi siede ai tavoli del loro ristorante sulla piazzetta di una borgata di mare e per tutta la comunità locale, a partire dalle molte donne a cui Arianna mostrerà che nella vita si può sempre scegliere, e cambiare vita è sempre un'opzione valida. Sullo sfondo, la bellezza mozzafiato della Sicilia barocca, il mare splendente e le colline degli Iblei. Una storia d'amore scritta con uno stile ironico e sagace e con un finale a sorpresa che vi farà ridere, pensare, piangere e sognare. E chissà, anche cambiare.
Classe 1964, Roberta Corradin ha scritto Ho fatto un pan pepato... Ricette di cucina emotiva (Zelig 1995), Un attimo, sono nuda (Piemme 1999), Le cuoche che volevo diventare (Einaudi 2008), La repubblica del maiale (Chiarelettere 2013), Piovono mandorle (Piemme 2019). Traduce dal francese e dall'inglese le fortunate serie di Katherine Pancol e Richard Osman. Ha avuto il privilegio di vivere in luoghi affascinanti, tra cui Parigi, New York, Cambridge, la Sicilia sudorientale, dove ambienta i suoi libri. Su Instagram @rocorradin per conoscere i suoi nuovi progetti in Sicilia e per visitare e soggiornare con lei nelle location del libro. (Comunicato stampa)
Gaetano Rapisardi. Architetto 1893-1988
a cura di Clementina Barucci e Marco Falsetti, Campisano Editore, Roma 2022
* Il libro è stato presentato il 16 ottobre 2023 all'Accademia Nazionale di San Luca - Roma
www.accademiasanluca.it
Il volume si propone di far luce sull'opera del progettista siciliano ricostruendone un profilo quanto più possibile esaustivo, al fine di colmare una pagina rimasta troppo a lungo incompleta. Noto soprattutto per gli edifici della Sapienza - le Facoltà di Lettere e di Giurisprudenza - e per il grande complesso della piazza e della basilica del Don Bosco al Tuscolano degli anni Cinquanta, Gaetano Rapisardi è ricordato nella storiografia perlopiù come fidato collaboratore di Marcello Piacentini.
Tale inquadramento, a nostro avviso riduttivo, dimentica (e talvolta omette) la complessità dell'opera rapisardiana nonché l'interessante sfida tipologica che ha visto l'architetto confrontarsi con una eccezionale varietà di temi, specialmente nel periodo del dopoguerra quando Rapisardi, insieme al fratello Ernesto (spesso coautore delle opere), interrompe la collaborazione con il Maestro (mantenendo comunque rapporti molto cordiali). Si è cercato di restituire, attraverso questo studio, tutto il complesso del suo lavoro, che annovera oltre 150 opere conosciute ad oggi, alcune delle quali solo mediante riferimenti contenuti in carteggi o documenti d'archivio.
I progetti e le realizzazioni di Rapisardi interessano un arco temporale molto ampio, che va dall'inizio degli anni Venti fino ai primi anni Settanta, e che copre dunque oltre un cinquantennio di attività professionale. A fronte di una instancabile opera di disegno, di progettazione e di cantiere non si registra, sfortunatamente, un'altrettanta intensa produzione teorica (se si eccettua qualche relazione di progetto) alla qual cosa si deve l'equivoca interpretazione della sua opera.
Rapisardi fu infatti, per quanto ci è dato di sapere dalle rare testimonianze dirette raccolte, dedito soprattutto all'attività progettuale e di disegno, assorbito al punto dal non trovare il tempo di sistematizzare questa sua opera all'interno di un corpus teorico, il che non implica naturalmente che tali realizzazioni mancassero di "spessore critico", come è stato talvolta ingiustamente sotteso. Il volume è pubblicato con il supporto del Dipartimento di Storia disegno e restauro dell'architettura dell'Università di Roma "Sapienza". (Comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
L'autobiografia della nazione
di Piero Gobetti, a cura di Cesare Panizza, Aras Edizioni 2023
Il libro è stato presentato il 29 maggio 2023 alla Biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia a Firenze
Introduce e presiede Cosimo Ceccuti; intervengono, con il curatore, Marino Biondi e Paolo Bagnoli www.fondazionerossisalvemini.eu
Fra i più risoluti oppositori di Mussolini, Gobetti compendiò la sua lettura del fascismo nella famosa formula dell'"autobiografia della nazione". Nei suoi scritti, sullo sfondo di una riflessione storica e politica che sottolineava l'arretratezza culturale del paese e l'inadeguatezza delle sue classi dirigenti, il successo del fascismo era letto a riprova dell'immaturità politica degli italiani. Si trattava di una tendenza alla "servitù volontaria" sedimentatasi nelle fibre della nazione in assenza di quei processi di modernizzazione della società e della politica avviatisi in Occidente con la riforma protestante e la nascita del capitalismo. Paradossalmente, però, proprio per il suo carattere di "rivelazione", la lotta contro il fascismo poteva offrire l'occasione per una rigenerazione della nazione. La dittatura aperta che rappresentava l'aspirazione di Mussolini e del fascismo avrebbe infatti permesso la selezione di nuove élites politiche destinate a rigenerare il costume politico degli italiani in senso liberale e democratico. (Comunicato di presentazione Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini)
Decio Gioseffi
Storia dell'arte in Europa
* Libro presentato il 13 febbraio 2023 presso il Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia (Trieste) www.triestecontemporanea.it
A distanza di trent'anni dalla sua stesura viene pubblicata una inedita Storia dell'arte in Europa raccontata da Decio Gioseffi con sensibilità non usuale al tempo in cui fu scritta. Prima presentazione dell'importante opera del grande storico dell'arte triestino, ora proposta nella collana «I libri di XY», diretta da Roberto de Rubertis, da Il Poligrafo di Padova e dall'Università di Trento ed edita con la partecipazione di Società di Minerva e Trieste Contemporanea: relatore sarà Valerio Terraroli, professore di Storia della critica d'arte all'Università di Verona, introdotto da Nicoletta Zanni, già professore di Storia della critica d'arte all'Università di Trieste e curatrice, assieme a Giuliana Carbi Jesurun, della edizione.
Fra i progetti di celebrazione del centenario della nascita di Decio Gioseffi (1919-2007), i promotori hanno ritenuto di estremo interesse lavorare su questo inedito e dare così alle stampe uno degli ultimi scritti dello studioso triestino che fu tra le personalità più rappresentative della cultura storico-artistica italiana della seconda metà del Novecento.
Il libro raccoglie esempi illustri della storia dell'arte europea attraverso i secoli - dalle grotte di Altamira al Rinascimento maturo (ed era prevista anche una continuazione fino alla seconda metà del ventesimo secolo) - e si occupa dell'intera filiera dell'arte occidentale, a partire dal rapporto con l'eredità dell'Antico e gli scambi con l'arte del Vicino Oriente, arrivando alle eccellenze che hanno generato e contraddistinto il Rinascimento italiano ed europeo. A corredo, sono state scelte alcune immagini tra quelle più emblematiche nelle sue lezioni universitarie introduttive e di metodo storico-artistico.
La modernità dell'applicazione alla narrazione storica dei fatti dell'arte da parte di Decio Gioseffi di un metodo operatorio proveniente dal mondo scientifico, discusso anche nel suo lungo sodalizio con Carlo Ludovico Ragghianti, ancor oggi affascina infatti in questo libro e si nutre della vasta conoscenza non solo specialistica dell'autore. Sicché i passaggi dedicati a collocare la produzione artistica nella società e nella storia sono cruciali e questa Storia dell'arte in Europa si dispiega in un ampio tessuto connettivo fatto di bellissime pagine che parlano anche di moda, letteratura, ingegneria e tecnologia, strategia militare, storia delle lingue.
Decio Gioseffi (Trieste 1919-2007), accademico dei Lincei, già membro e poi presidente (dal 1980 al 1989) del Comitato di Settore per i Beni Artistici e Storici presso il Ministero dei Beni Culturali (ex Consiglio Superiore di Belle Arti), dopo la laurea a Padova in Archeologia e storia dell'arte antica, dal 1943 all'Università di Trieste è stato prima assistente di Luigi Coletti e poi di Roberto Salvini, docente ed infine direttore dal 1964 al 1993 dell'Istituto di Storia dell'arte medioevale e moderna. Perspectiva artificialis: per la storia della prospettiva. Spigolature e appunti (Premio Olivetti 1957) inizia i suoi studi pionieristici sulla prospettiva e sulla rappresentazione dello spazio nell'arte, proseguiti nel 1960 con La cupola vaticana: un'ipotesi michelangiolesca (Premio IN/ARCH 1962) e con la monografia Giotto architetto (1963).
La presentazione triestina avviene con il patrocinio di ICOMOS Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti-Comitato Nazionale Italiano e con la collaborazione dell'associazione L'Officina e dell'Associazione Amici Dei Musei Marcello Mascherini ODV. Il volume è pubblicato, con il supporto della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, sotto gli auspici di Ministero della Cultura - Segretariato regionale per il Friuli Venezia Giulia; Università degli Studi di Trieste; Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vicenza; Fondazione Centro Studi sull'Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca; SISCA Società italiana di storia della critica d'arte, Roma; Archivio degli Scrittori e della Cultura Regionale, Università di Trieste. (Comunicato stampa Trieste Contemporanea)
Gentilissima signora Aurelia
a cura di Lucia Budini e Giuliana Carbi Jesurun, ed. Juliet editrice
Il libro è stato presentato il 28 gennaio 2023 allo Studio Tommaseo di Trieste
www.triestecontemporanea.it
Trieste Contemporanea presenta la seconda pubblicazione della collana libraryline dedicata a Miela Reina (Trieste 1935 -Udine 1972). Il libro pubblica per la prima volta una selezione delle lettere che Miela Reina scrisse alla madre Aurelia Cesari Reina, in fittissima sequenza, negli anni di formazione all'Accademia di Venezia, quindi, dall'autunno del 1955 all'autunno del 1959, data della laurea.
L'interessantissimo epistolario vede la luce, grazie alla trascrizione e all'ordinamento dei manoscritti conservati nell'archivio privato delle famiglie Budini Reina. Sono carte molto speciali poiché contengono molti disegni e bozzetti che si è deciso di riprodurre nel testo delle lettere, aggiungendo una parte di immagini e fotografie provenienti dall'archivio familiare e di riferimenti (grazie alle immagini gentilmente concesse dall'Archivio fotografico ERPAC - Servizio catalogazione, promozione, valorizzazione e sviluppo del territorio, dalla Fondazione CRTrieste e dall'Archivio fotografico del Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna di Trieste) ai dipinti citati nel testo, dei quali nel racconto epistolare alla mamma si seguono giorno per giorno le fasi di realizzazione.
Il libro è occasione per conoscere una inedita Miela Reina, giovanissima, versatile e gioiosa nell'apprendere a tutto campo, non solo la pittura al corso di Bruno Saetti (lo spaccato della vita degli studenti fuori sede del tempo è vivacissimo), ma anche dalle molte letture e frequentazioni della vita culturale veneziana (dal cinema al teatro ai concerti) e dai viaggi (in Francia a conoscere Chagall e in Spagna per lavorare alla tesi di laurea sulla pittura castigliana). Questa studentessa diventerà da lì a poco una dei più originali e attenti artisti italiani in dialogo avvincente e autorevole con le tendenze internazionali dell'arte degli anni Sessanta e Settanta - e proprio leggendo queste lettere e le modalità della sua partenza verso l'arte dei grandi c'è ancora il rimpianto che la sua breve vita non le abbia permesso di donarci più a lungo la sua immaginifica creatività: poiché fu "autrice di una vivacissima stupefatta visione del mondo, di una attonita e apocalittica kermesse non eroica" come ebbe a scrivere l'amico e grande estimatore Gillo Dorfles.
Gentilissima Signora Aurelia vuole contribuire a far meglio conoscere una delle figure artistiche più alte della nostra regione e a renderle omaggio. Alla presentazione di sabato, che verrà proposta anche in streaming, in dialogo con le curatrici saranno Paola Bonifacio, storica dell'arte autrice di Miela Reina, la prima monografia sull'artista edita da Mazzotta nel 1999, e (in videoconferenza) Marina Beer, scrittrice e saggista che hanno contribuito all'interpretazione della creatività e degli affetti di Miela Reina a Venezia con due testi pubblicati nel libro in forma di postfazione.
Gentilissima Signora Aurelia è il secondo volume di libraryline, una nuova collana editoriale della Biblioteca di Trieste Contemporanea che raccoglie testi inediti e prime traduzioni di artisti o di autori che hanno contribuito all'arte visiva contemporanea europea o alla sua comprensione. Con la collana, coordinata dalla direttrice della Biblioteca di Trieste Contemporanea Elettra Maria Spolverini (che introdurrà l'incontro di presentazione) e firmata dalla grafica triestina Giulia Lantier, si concretizza una idea di divulgazione della storia dell'arte contemporanea molto cara al comitato triestino, e anche si intercetta e continua un'altra delle missioni prioritarie di Trieste Contemporanea, prevalentemente conosciuta per lo sguardo che da più di un quarto di secolo rivolge alla produzione di arte visiva contemporanea dei paesi dell'Europa dell'Est.
Un mandato, per così dire di reciprocità rispetto all'importazione della conoscenza della cultura artistica ad Est di Trieste: offrire l'opportunità di approfondire all'esterno le espressioni internazionali della produzione di pensiero e di cultura del nostro territorio. Tra le attività svolte in questo segmento merita ricordare le pubblicazioni su e di Sergio Miniussi, la monografia di Marco Pozzetto sugli architetti Berlam, i film documentari su Leo Castelli e su Leonor Fini e si può già anticipare l'ultima iniziativa che verrà resa pubblica in febbraio: la partecipazione alla pubblicazione dell'inedita e importantissima Storia dell'arte in Europa del grande storico dell'arte triestino Decio Gioseffi. (Comunicato stampa)
Poligoni platonici
di Carlo Fontana, Juliet Editrice, gennaio 2023, testo critico di Gabriele Perretta, progetto grafico di Piero Scheriani, pagg 40 + cover con alette
www.juliet-artmagazine.com
* Presentazione e diffusione in anteprima in occasione della 46° edizione di Arte Fiera, a Bologna, nello stand Juliet, nelle giornate del 2, 3, 4, 5 febbraio 2023.
Poligoni platonici è la quinta pubblicazione che Juliet Editrice dedica al lavoro di Carlo Fontana, con immagini commentate e testo critico di Gabriele Perretta. Carlo Fontana (Napoli, 1951), vive a Casier (Treviso). Si è diplomato all'Accademia di BB.AA. di Napoli, nel corso di pittura con il maestro Domenico Spinosa. Dopo aver esordito con happening dalla fissità teatralizzata e con attività estetica nel territorio, in concomitanza alle teorie formulate negli anni Settanta da Enrico Crispolti, nel decennio successivo inizia un percorso pittorico che vede il colore e la ricerca della luce al centro della sua opera. Sue opere sono presenti, a Trieste, presso la sede della Soprintendenza, nel palazzo storico dell'ITIS e al Museo Diocesano (ex Seminario), a Bologna presso la Collezione Zavettini e nel circuito nazionale sloveno presso la Galerija Murska Sobota.
Tra i critici che si sono occupati del suo lavoro si ricordano: Francesca Agostinelli, Giulia Bortoluzzi, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Enrico Crispolti, Edoardo Di Mauro, Pasquale Fameli, Robert Inhof, Emilia Marasco, Gabriele Perretta, Alice Rubbini, Maria Luisa Trevisan, Roberto Vidali.
La prima testimonianza, prodotta da Juliet Editrice, ancora nel lontano 1999, fu un libro d'artista di formato quadrato, con copertina rossa e con testo introduttivo firmato da Roberto Vidali. Lì si parlava della natura figurativa dell'opera di Carlo Fontana, dell'uso quasi matissiano del colore, della scomposizione dell'immagine che era in debito con la poetica cubista della prima ora, ma ci soffermava anche a dare una giustificazione storica di un lavoro che di primo acchito poteva sembrare povero d'intenti e di idee, mentre dietro c'era tutto un percorso storico, una linea continua che procedeva dalle prime esperienze operate nel sociale e sul territorio, assieme al gruppo degli Ambulanti, nel corso degli anni Settanta.
In questo caso, invece, il catalogo, a parte un excursus storico di immagini (tutte spiegate ed analizzate con testi lapidari) propone solo un insieme di opere che dobbiamo prosaicamente definire astratto-geometriche e che fanno parte della più recente produzione dell'autore. Gabriele Perretta, nel ricostruire il percorso di questo autore, parte dalla prima performance/azione conosciuta di Carlo Fontana: siamo nel 1974, "Fate l'amore non la guerra", dove solo la sottrazione di una virgola distingue questo titolo dallo slogan in voga negli anni Settanta e che si rifaceva alle guerre di liberazione del Terzo Mondo in secundis e alla guerra del Vietnam in primis, una guerra rovinosa che si concluderà appena l'anno successivo.
L'aggancio, sottolineato da Perretta, va poi, al 1975, con le prime azioni sul territorio di Napoli, progettate assieme al gruppo degli Ambulanti, dove le tessere di mosaico che l'autore distribuiva alle persone che lo avvicinavano, sono già anticipazione di quelle macchie di colore che oggi ritroviamo nei suoi quadri. Ora che la figura che Carlo Fontana interpreta (nelle sfilate del Quartiere Bagnoli di Napoli o di Piazza San Marco a Venezia) fosse quella dell'acquaiolo (di napoletana memoria) o fosse quella afro-napulitana di un povero portatore d'acqua, quello che conta è che il colore era testimonianza già presente e fondante fin da quei lontani anni Settanta, quando nell'arte internazionale il dominio maggiore era quello del bianco e nero (si pensi alle foto di Gilbert & George, di Bernd & Hilla Becher, di Urs Lüthi, di Joseph Beuys e così via).
In questo modo Gabriele Perretta ci fa toccare con mano le ragioni storiche del lavoro di Carlo Fontana, mentre allo stesso tempo sottolinea come il nome di Enrico Crispolti, a cornice di quella situazione culturale (si pensi alla X Quadriennale del 1975, alla Biennale di Venezia del 1976, alla Biennale di Gubbio, nel 1979) non sia stato dei più appropriati perché in realtà non ha saputo valorizzare il lavoro dei singoli autori, preferendo fotografare un fenomeno dalla portata collettiva, spesso però confondendone il valore dei singoli apporti individuali. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Atelier di Carlo Fontana con opere in lavoro, ph courtesy Juliet
2. Carlo Fontana, Solidi a base rettangolare, 2020, olio su tela, cm 50x50, ph courtesy Juliet
"Tre bacche di rovo"
di Roberto Vidali, Juliet Editrice, dicembre 2022, pagg 92, extra issue Juliet n 210 / dicembre, pubblicazione con apparati iconografici, copertina di Antonio Sofianopulo, progetto grafico di Piero Scheriani
Questo fascicolo firmato da Roberto Vidali è l'ennesima testimonianza della "proteo-scrittura" che l'autore pratica fin dal 1980, alla ricerca di una terra dove ancorarsi, il che non va letto come motivo di immaturità o di evoluzione, ma di ricerca e di attenzione alla diversità. Questo testo mette insieme più modalità: una presunta tipologia da manuale di storia dell'arte (scorrevole e con analisi precise e puntuali dei fatti) con istanze da mente critica che conduce a paragoni tra situazioni simili e ad affioramenti nella contemporaneità, dove si trovano idee personalissime e riscontri soggettivi.
Gli intrecci e i rimandi sono molteplici ed è sì questa una pratica diffusa all'interno della critica contemporanea, ma forse non praticata con una modalità così variegata, nel senso che il magma che affiora da questa narrazione indica dei pensieri ossessivi, sebbene non sempre gli esempi offerti o i punti di meditazione siano messi sulla carta per dare la certezza della risposta. Uno dei temi ricorrenti dell'intero sviluppo narrativo, è quello della "classicità" ovvero di una possibile istanza classica presente nel mondo contemporaneo, un mondo che è stato costruito sui palazzi abbattuti dalle avanguardie storiche e di cui noi viviamo l'eredità. E quali sono le radici di queste avanguardie? Quali le radici della poetica di Duchamp e del successivo lavoro concettuale di Kosuth?
Ecco, l'autore ci dà quattro nomi: Seurat, van Gogh, Gauguin, Cézanne. E approfondisce la loro importanza con la lettura di una singola opera. L'aspetto insolito di questo testo sono le note, una specie di racconto parallelo e di lunghezza pari a un quinto dei tredici capitoli in cui è suddiviso il libro. Le note non sono stilate in maniera accademica (con gli op.cit. e gli ibidem e il rinvio alle pagine specifiche), perché bisogna domandarsi: quanti sono quelli che nel leggere un saggio sentono veramente il bisogno di andare a cercare il confronto col testo a cui rinvia la nota? Meglio, allora, una nota che aiuta ad approfondire o rinvia a un ulteriore collegamento invece di trovarsi alla sterile informazione di un titolo, di una pagina, di un anno di pubblicazione. Perciò, molte sono le domande che vengono poste e poche sono le risposte che vengono date, proprio per lasciare la possibilità a ogni lettore di cercare di proseguire con i propri piedi un percorso di approfondimento.
Tutto ciò può essere utile, senza pretendere che il metodo sia democratico o partecipativo, perché ogni testo è, innanzitutto, una testimonianza del proprio pensiero, e questo testo firmato da Roberto Vidali non è da meno. Questa pubblicazione, con solo sette immagini che ne illustrano il percorso narrativo, dedica la copertina al lavoro di Antonio Sofianopulo, come modello ed esempio di una pittura che si fa punto interrogativo della contemporaneità. "Tre bacche di rovo" verrà diffuso e distribuito al BAF (Bergamo, 13, 14, 15 gennaio 2023) e ad Arte Fiera (Bologna, 3, 4, 5 febbraio 2023)
Roberto Vidali (Capodistria, 1953) dal 1955 risiede, più o meno, a Trieste. Dopo aver compiuto gli studi presso l'Accademia di BB.AA. di Napoli si è dedicato alla promozione dell'arte contemporanea. Dal 1975 al 1987 è stato direttore esecutivo per la sezione arti figurative del Centro La Cappella di Trieste, dove ha curato quarantaquattro mostre, tra le quali ricordiamo quelle di Riccardo Dalisi, Giuseppe Desiato, Stefano Di Stasio, Živko Marušic. Dal 1979 al 1985 ha collaborato alla pagina culturale del quotidiano "Il Piccolo" e dal 1980 è direttore editoriale della rivista Juliet.
Ha inoltre firmato svariate pubblicazioni; tra le altre: "L'uva di Giuseppe" (1986), "Uhei, uistitì" (1988), "Sul Filomarino slittando" (1990), "Bestio!" (1993), "Merlino, pinturas" (1993), "Massini, énkaustos" (1994), "Sofianopulo, quadros" (1994), "Oreste Zevola, rosso tango" (1994), "Mondino, tauromania" (1995), "Barzagli, impressos" (1995), "Libellule" (1995), "Perini, photos" (1996), "Notturno, setas" (1996), "Ascoltatemi!" (1997), "Kastelic, cadutas" (1997), "Damioli, Venezia New York" (1998), "Onde di formiche a far filari" (1998), "Carlo Fontana" (1999), "Topin meschin" (1999), "Giungla" (1999), "No, non è lei" (2003), "Mamma, vogghiu fa' l'artista" (2007), "Otto fratto tre" (2010).
A seguire "I pensieri di Giacomino Pixi", pubblicato nel 2012. Dal 1991 è coordinatore per l'attività espositiva dell'Associazione Juliet nella cui sede ha presentato innumerevoli artisti; tra gli altri si segnalano: Piero Gilardi, Marco Mazzucconi, Maurizio Cattelan, Ernesto Jannini, Paola Pezzi, Luigi Ontani, Enrico T. De Paris, Alberto Garutti, Mark Kostabi, Massimo Giacon, Cuoghi Corsello, Aldo Mondino, Aldo Damioli, Botto & Bruno, Bonomo Faita. Nel 1994 ha partecipato alla realizzazione della pagina culturale del quotidiano "La Cronaca" e nel 1997 ha pubblicato alcune interviste sulla pagina culturale de "Il Meridiano". Dal 1998 al 2010 è stato direttore incaricato della PARCO Foundation di Casier. Dal novembre del 2000 e fino alla sua chiusura ha collaborato al mensile "Network Caffé", dal 2005 e fino al 2009 ha collaborato con il mensile "Zeno". (Comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Antonio Sofianopulo, Guardando a Est e Ovest, 2002, olio su tela cm 40x60, Ph courtesy Victor Saavedra, Barcelona
2. Copertina di "Tre bacche di rovo"
3. Roberto Vidali, davanti a una tela di Živko Marušic, in una foto di Eugenio Vanfiori
Dopo Terra Matta
Incontro con Giovanni Rabito
Il romanzo della vita passata
di Vincenzo Rabito, testo rivisto e adattato da Giovanni Rabito, ed. Einaudi
Presentazione libro il 29 settembre 2022 alla Sala Giuseppe Di Martino a Catania
A cura dei Centri Culturali Gruppo Iarba, Fabbricateatro e Le stelle in tasca, si svolgerà un incontro con Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, autore di Terra Matta. Nell'occasione, sarà presentato Il romanzo della vita passata, secondo dattiloscritto autobiografico di Vincenzo Rabito, una nuova riscrittura della sua vita a tutt'oggi interamente inedita e successiva alla prima stesura pubblicata sempre da Einaudi nel 2007. Discuteranno, insieme al curatore di Il romanzo della vita passata, delle peculiarità che attribuiscono un'importanza particolare alla seconda stesura autobiografica, Nino Romeo, Daniele Scalia e Orazio Maria Valastro. Graziana Maniscalco leggerà una selezione di brani dell'opera.
Scrive Giovanni Rabito nella prefazione: «Come ben sanno i lettori di Terra matta, mio padre non è mai andato a scuola. Ha imparato a leggere e a scrivere da solo, come da solo ha imparato il mestiere di vivere e l'arte di lavorare duro per vivere meglio. Allo stesso modo, da solo, ha imparato a usare la macchina da scrivere, uno strumento tecnologicamente avanzato almeno per i suoi tempi, e infine a diventare scrittore: scrittore della sua vita, del suo paese natale, della sua gente e forse addirittura del suo secolo».
Vincenzo Rabito (Chiaramonte Gulfi, 1899-1981), «Ragazzo del '99», è stato bracciante da bambino, è partito diciottenne per il Piave, ha fatto la guerra d'Africa e la Seconda guerra mondiale. È stato minatore in Germania, poi è tornato in Sicilia, dove si è sposato e ha allevato tre figli. Il suo Terra Matta ha vinto il «Premio Pieve» nel 2000, ed è conservato presso la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, nasce nel 1949 a Chiaramonte Gulfi in Sicilia, e risiede attualmente a Sydney in Australia. Nel 1967 inizia i suoi studi universitari di Giurisprudenza a Messina, trasferendosi in seguito a Bologna nel 1968. In quegli anni prende parte al movimento letterario italiano della Neoavanguardia, il Gruppo 63 costituitosi a Palermo nel 1963. Scrive poesie pubblicate in riviste letterarie come Tèchne, fondata nel 1969 da Eugenio Miccini come laboratorio dello sperimentalismo verbo-visivo legato all'esperienza del Gruppo 70, e Marcatré, rivista di arte contemporanea, letteratura, architettura e musica, fondata e diretta da Eugenio Battisti nel 1963. Condivide con il padre la passione per la scrittura. Grazie a Giovanni Rabito, il dattiloscritto del padre intitolato Fontanazza, la storia di vita di un uomo che ha attraversato il novecento italiano, è presentato nel 1999 all'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Fontanazza è stato premiato nel 2000, e pubblicato con il titolo Terra Matta nel 2007. (Comunicato stampa)
Uno Stato senza nazione
L'elaborazione del passato nella Germania comunista (1945-1953)
di Edoardo Lombardi, ed. Unicopli, 2022, p. 138, euro 18.00
Il libro è stato presentato il 29 settembre 2022 presso Lo Spazio (Pistoia)
www.lospaziopistoia.it
Lo Spazio Pistoia, in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Pistoia presenta il saggio. Ne discuterà con l'autore Stefano Bottoni (Università di Studi di Firenze). Provata dall'esperienza del secondo conflitto mondiale e con un passato difficile da elaborare, la Germania entrava nel 1945 in uno dei periodi più complessi della sua storia, divisa e occupata dalle potenze alleate vincitrici. In questo nuovo contesto, i comunisti tedesco-orientali riconobbero immediatamente nella storia uno strumento per legittimare il proprio ruolo di guida delle masse. Una consapevolezza che, con la nascita della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949, portò la SED (ovvero il Partito socialista unificato di Germania, che per quarant'anni fu la compagine politica dominante nella Germania Est) a trasformare la storia in uno strumento istituzionale.
Essa divenne infatti la base fondante per legittimare l'esistenza del «primo Stato socialista sul suolo tedesco», riplasmando e in certi casi reinventando il passato. Erano i primi passi di uno Stato senza Nazione, il cui tentativo di appropriazione della storia andò realizzandosi in modo molto graduale e non senza difficoltà, come questo libro racconta, seguendone dettagliatamente gli sviluppi.
Edoardo Lombardi è dottore magistrale in Scienze storiche presso l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2018 collabora con l'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Pistoia (Isrpt), per il quale svolge attività di ricerca e di didattica sul territorio. Nel 2020 entra a far parte della redazione del periodico dell'istituto, «Farestoria. Società e storia pubblica». I suoi interessi di studio riguardano soprattutto la storia culturale della Germania e dell'Italia in Età contemporanea, con particolare attenzione alle politiche culturali della Repubblica democratica tedesca. (Comunicato stampa)
Matthias Schaller - Horst Bredekamp
Ad omnia: Sull'opera del veronauta Matthias Schaller
ed. Petrus Books, 862 fotografie, 156 pagine, hardcover, 32.5x21.5 cm, 2022, edizione tedesca-italiana (dal 3 maggio)
Anche se non appaiono quasi mai gli esseri umani sono onnipresenti nelle fotografie di Matthias Schaller (Dillingen an der Donau, 1965). Con grande precisione e sensibilità, l'artista ha creato in oltre vent'anni di attività, un universo fotografico senza precedenti: ritratti "ambientali", ensemble di oggetti e spazi che raccontano le persone. Che si tratti di studi d'artista, di interni domestici, di teatri, di tavolozze e strumenti o di abiti, le sue serie fotografiche trasmettono l'idea che i segni che lasciamo sulla realtà dicano tanto su una persona quanto la sua presenza fisica.
Accanto alle attuali mostre Porträt al Kunstpalast di Düsseldorf e Antonio Canova a cura di Xavier F. Salomon ai Musei Civici di Bassano del Grappa, Matthias Schaller ha presentato il libro edito da Petrus Books, casa editrice di Schaller, con un saggio di Horst Bredekamp (Kiel, 1947), Professore di Storia dell'arte alla Humboldt-Universität di Berlino. Un libro che attraverso 862 fotografie racconta gli ultimi vent'anni della sua attività di fotografo ed editore, e che idealmente si ricollega alla pubblicazione del 2015 (Steidl Publisher) con un testo/intervista di Germano Celant dal titolo Matthias Schaller, in cui venivano raccontati i suoi primi dieci anni di attività dal 2000 al 2010. Tra gli autori che hanno collaborato collaborato per le pubblicazioni di Matthias Schaller sono Julian Barnes (London), Andreas Beyer (Basel), Gottfried Boehm (Basel), Germano Celant (Milano), Mario Codognato (Venezia), Xavier F. Salomon (New York City), Thomas Weski (Berlin).
Matthias Schaller ha studiato antropologia visiva presso le Università di Hamburg, Göttingen e Siena. Si laurea con una tesi sul lavoro di Giorgio Sommer (Frankfurt, 1834 - 1914 Napoli), uno dei fotografi di maggior successo dell'Ottocento. Il lavoro di Schaller è stato esposto, tra gli altri, al Museo d'Arte Moderna di Rio de Janeiro, al Wallraf-Richartz Museum di Köln, al Museum Serralves di Porto e al SITE di Santa Fe. Nel 2022 oltre alle mostre inaugurate Porträt e Antonio Canova, sono di prossima apertura Das Meisterstück presso Le Gallerie d'Italia a Milano (30 giugno), Matthias Schaller alla Kunstverein Schwäbisch Hall (28 ottobre). (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Communism(s): A Cold War Album
di Arthur Grace, introduzione di Richard Hornik, 192 pagine, 121 immagini b&n, cartonato in tela, aprile 2022
www.damianieditore.com
Grazie ad un raro e prezioso visto da giornalista, il fotografo americano Arthur Grace ha potuto valicare ripetutamente la Cortina di Ferro durante gli anni '70 e '80 e documentare un mondo che a lungo è stato celato all'occidente. Communism(s): A Cold War Album è una raccolta di oltre 120 fotografie in bianco e nero realizzate da Grace in quel periodo e per la maggior parte fino ad oggi inedite. Questi scatti, realizzati in Unione Sovietica, Polonia, Romania, Jugoslavia e Repubblica Democratica Tedesca, restituiscono il costante e a tratti crudele rapporto tra la claustrofobica irregimentazione di stato e la (soffocata) voglia di contatti con il mondo esterno della popolazione.
Nelle fotografie di Grace emerge forte il contrasto tra la propaganda di regime fatta di simboli e architetture che rimandano ad un'idea di grandezza ed efficienza e le difficoltà della vita quotidiana fatta di lunghe file per l'approvvigionamento del cibo. Il libro è arricchito da un'introduzione scritta da Richard Hornik, ex capo dell'ufficio di Varsavia della rivista Time.
Arthur Grace ha realizzato servizi fotografici in tutto il mondo per i magazine Time e Newsweek. Suoi lavori sono apparsi anche in molte altre riviste, tra cui Life, The New York Times Magazine, Paris Match e Stern. Prima di Communism(s): A Cold War Album, Grace ha pubblicato altri cinque libri fotografici; ha esposto in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e all'estero; sue opere fotografiche sono incluse nelle collezioni permanenti di importanti istituti tra cui il J. Paul Getty Museum, la National Portrait Gallery e lo Smithsonian. (Comunicato ufficio stampa Damiani Editore)
Guttuso e il realismo in Italia, 1944-1954
di Chiara Perin, Silvana Editoriale, Collana Studi della Bibliotheca Hertziana, 2020
Il libro è stato presentato il 13 aprile 2022 alla Accademia Nazionale di San Luca (Roma)
Alla caduta del fascismo anche gli artisti dovettero affrontare nuovi e dilemmi. Quale linguaggio per manifestare il proprio impegno civile? Come interpretare la lezione dei maestri italiani, di Picasso e delle avanguardie? Avventurarsi nel terreno dell'astrazione o ripiegare sulle forme rassicuranti del realismo? Il volume indaga questi e analoghi interrogativi alla luce delle esperienze figurative maturate in Italia tra 1944 e 1954.
L'ambiente romano trova particolare risalto: lì, infatti, si concentravano i dibattiti più vitali grazie alla presenza del capofila realista, Renato Guttuso. Limitando la ridondanza delle coeve pagine critiche a vantaggio dell'analisi di opere e contesto, acquistano evidenza gli aspetti meno noti del movimento: i modelli visivi, i generi ricorrenti, le controversie tra i tanti esponenti. In appendice, una fitta cronologia consente al lettore di seguire da vicino eventi e polemiche del decennio. (Estratto da comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
Eolie enoiche
Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra
ed. DeriveApprodi, 2022, p. 192, euro 16,00
Il libro è stato presentato il 26 febbraio 2022 alla libreria Lo Spazio (Pistoia)
Isole Eolie, un arcipelago da sogno. Nino Caravaglio, 57 anni, vignaiolo di Salina, sincero, appassionato, testardo, sensibile. Protagonista della viticultura eoliana, da oltre trent'anni lavora al recupero di vigne e vitigni, contribuendo a ridare forma a un paesaggio agricolo fatto di vecchie tecniche e nuove pratiche, relazioni umane solidali e sensibilità ambientale. Nino è un vignaiolo tout-court, di quelli che non si siedono mai e il loro vino deve sempre mirare all'eccellenza senza mai essere modaiolo perché rispecchia l'unicità di queste terre.
Dodici ettari di vigna divisi in quasi 40 appezzamenti: 40 campi da seguire, 40 potature, 40 vendemmie seguendo le stagioni (si parte in agosto dal mare e si sale poi sugli altipiani). Corinto nero e Malvasia i vitigni principali, da soli o mescolati con cataratto, nerello mescalese, calabrese, perricone. Alcuni dei nomi che Nino ha dato alle varie vinificazioni sono da soli poesia: Occhio di terra, Nero du munti, Infatata, Scampato, Inzemi, Abissale, Chiano cruci...
Le vigne di mare delle Eolie - quelle di Caravaglio e di altri coraggiosi precursori, le cui storie si intrecciano nel libro di Simonetta Lorigliola - hanno le radici nei crateri dei vulcani o negli appezzamenti a strapiombo sul mare, ma i loro occhi sono puntati sulla terra. Perché nelle storie di chi torna ad abitare con vitalità aree impervie dell'Italia e del pianeta stanno le premesse non solo di nuove agricolture, ma anche di nuove ecologie e forme di vita.
Libro presentato da Simonetta Lorigliola e Nino Caravaglio. Modera l'incontro Cesare Sartori. A seguire degustazione dei vini Infatata e Occhio di Terra (Malvasia), Nero du Munti (Corinto Nero).
Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di cultura materiale. È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l'Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista "EV Vini, cibi, intelligenze" e nel progetto di contadinità planetaria t/Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana.
Ha diretto "Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia". Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Caporedattrice e Responsabile delle Attività culturali. Con DeriveApprodi ha pubblicato "È un vino paesaggio.Teorie e pratiche di un vignaiolo planetario in Friuli" (2018) ed "Eolie enoiche. Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra" (2020). Scrive di vino come intercessore culturale di storie, utopie e progetti sensibili. (Estratto da comunicato stampa)
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The Rough Guide - Sicilia
Guida turistica di Robert Andrews, Jules Brown, Kate Hughes Recensione
1989 Muro di Berlino, Europa
www.iger.org
Quaderno della Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, a cura di Roberto Ventresca e Teresa Malice, pubblicato per Luca Sossella Editore. Un racconto corale che raccoglie i contributi, gli spunti, le riflessioni delle voci di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto internazionale Breaching the Walls. We do need education! Un progetto internazionale dedicato alla rielaborazione critica, attraverso un coinvolgimento plurale di istituzioni e cittadini, della storia e della memoria della caduta del Muro di Berlino e degli eventi da questa scatenati.
Risultato tra i progetti vincitori, nel programma Europa per i cittadini 2014-2020, del bando Memoria europea 2019, è stato promosso dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, in qualità di capofila, unitamente a 5 partner europei: l'Università di Bielefeld, l'Institute of Contemporary History di Praga, il Comune di Tirana, l'Associazione Past/Not Past di Parigi e l'History Meeting House di Varsavia. (Comunicato stampa)
Dario Argento
Due o tre cose che sappiamo di lui
a cura di Steve Della Casa, ed. Electa e Cinecittà, pagg. 160, cm 24x30, ita/ing, 80 illustrazioni a colori, 28 euro
In libreria dal 12 ottobre 2021
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico capace di dedicarsi a generi come il giallo, il thriller e l'horror creando un proprio universo visivo ed espressivo, Dario Argento si configura tra i registi italiani più noti al mondo. Il volume monografico a lui dedicato è pubblicato da Electa e Cinecittà, in occasione della rassegna cinematografica organizzata da Cinecittà in collaborazione con il Lincoln Center che verrà inaugurata il prossimo anno a New York e durante la quale saranno proposti 17 film originali integralmente restaurati.
Curato da Steve Della Casa, noto critico cinematografico, il volume vuole rendere omaggio ai tratti distintivi del cinema di Dario Argento attraverso una raccolta di interventi di autori di rilievo internazionale -da Franco e Verdiano Bixio a John Carpenter, da Steve Della Casa a Jean-François Rauger, a George A. Romero e Banana Yoshimoto-. Il risultato è una polifonia di voci dal carattere eterogeneo, tra cui due interviste inedite e conversazioni con il regista, che offrono al lettore la possibilità di confrontarsi con le testimonianze di chi ha vissuto il "fenomeno Dario Argento" in prima persona e di coglierne gli elementi più originali che hanno rivoluzionato il panorama cinematografico mondiale.
Argento si colloca infatti fra le figure più interessanti del cinema contemporaneo, su scala internazionale. Ne sono testimonianza la capacità di sviluppare una sintesi personalissima dell'estetica e delle novità emergenti durante gli anni Sessanta, che vedono un progressivo ridursi della centralità del grande schermo a vantaggio di nuove soluzioni tecnologiche. Nelle sue pellicole emerge un uso sorprendente della cinepresa a mano mescolato con virtuosismi da cinema tradizionale, così come un'attenzione quasi maniacale per la colonna sonora, vera protagonista dei suoi film che spesso raggiunge livelli di notorietà altissimi.
Rintracciamo nel suo modo di girare un linguaggio che si evolve in continuazione, fino a contaminarsi esplicitamente con quello delle clip musicali e scelte di produzione di avanguardia, come lavorare sempre con un casting di artisti internazionali, peculiarità che ricorre raramente nel panorama del cinema italiano. Tema centrale è poi il trionfo della visionarietà a scapito della sceneggiatura, tratto che contraddistingue la libertà creativa del cinema di Dario Argento, capace di generare nel pubblico un'attenzione quasi ipnotica ed un forte impatto visivo. Il volume si conclude con una filmografia completa e l'elenco delle sceneggiature scritte per altri film, insieme ad un ricco apparato fotografico del dietro le quinte delle produzioni più memorabili, tra cui Suspiria (1977), Il gatto a nove code (1971), Profondo rosso (1975), Phenomena (1985). (Comunicato ufficio stampa Electa)
Un calcio alla guerra, Milan-Juve del '44 e altre storie
di Davide Grassi e Mauro Raimondi
Il libro è stato presentato il 9 ottobre 2021 presso l'Associazione Culturale Renzo Cortina a Milano
A settantasei anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, Davide Grassi e Mauro Raimondi, da sempre interessati agli intrecci tra storia e sport, hanno unito le loro passioni per creare un libro di impegno civile. "Un calcio alla guerra" narra di storie individuali e collettive che esaltano il coraggio e l'abnegazione dei molti sportivi coinvolti nell'assurdità della guerra. Vicende di persone che sono passate dal campo di calcio alla lotta per la Liberazione, in qualche caso pagando con la vita.
Storie vissute in bilico tra pallone e Resistenza al nazifascismo come quelle di Bruno Neri, Giacomo Losi, Raf Vallone, Carlo Castellani, Michele Moretti, Antonio Bacchetti, Dino Ballacci, Cestmir Vycpalek, "Cartavelina" Sindelar, Erno Erbstein, Arpad Weisz, Géza Kertész, Gino Callegari, Vittorio Staccione, Edoardo Mandich, Guido Tieghi, e Alceo Lipizer, solo per citare i più celebri. Le incredibili partite giocate tra partigiani e nazisti, come quella che si disputò a Sarnano nel maceratese nel 1944, o quelle fra reclusi nei lager e i loro aguzzini, vere e proprie partite della morte, a cui si ispirò il film di John Houston, "Fuga per la vittoria", passando per un episodio che pochi conoscono: il rastrellamento avvenuto dopo la partita fra Milan e Juventus del 2 luglio 1944, correlata da una accurata ricerca d'archivio.
Senza trascurare i protagonisti di altri sport. Tra i tanti Alfredo Martini, partigiano che diventò commissario tecnico della Nazionale italiana di ciclismo, il pallanuotista e rugbista, Ivo Bitetti, fra coloro che catturarono Benito Mussolini in fuga, il ciclista tedesco Albert Richter, che aiutò gli ebrei a scappare e venne impiccato, i tanti pugili costretti a combattere per la vita sul ring di Auschwitz per il divertimento dei loro kapò o che si ribellarono lottando alla guerra nazifascista, come Leone Jacovacci, Lazzaro Anticoli, Pacifico di Consiglio e Settimio Terracina.
Interverranno gli autori e Marco Steiner, figlio di Mino Steiner, il nipote di Giacomo Matteotti protagonista di uno dei racconti del libro, che per la sua attività nella Resistenza venne deportato e assassinato in campo di concentramento. Questo libro è dedicato a tutte le persone che hanno sognato un pallone, dei guantoni, una sciabola, un paio di sci, un'auto da corsa, una piscina o una pista d'atletica insieme alla libertà. Con l'obiettivo di ricordare, per dare un calcio alla guerra.
Davide Grassi, giornalista pubblicista, ha collaborato con diversi quotidiani nazionali, tra cui il Corriere della Sera, e con magazine di calcio e radio. Ha scritto e curato diversi libri soprattutto di letteratura sportiva, ma anche di storia della Seconda guerra mondiale e musica. Con il suo primo libro nel 2002 ha vinto il premio "Giornalista pubblicista dell'anno" e nel 2003 è stato premiato come "L'addetto stampa dell'anno". Il suo sito è www.davideg.it
Mauro Raimondi, per molti anni insegnante di Storia di Milano, sulla sua città ha pubblicato Il cinema racconta Milano (Edizioni Unicopli, 2018), Milano Films (Frilli, 2009), Dal tetto del Duomo (Touring Club, 2007), CentoMilano (Frilli, 2006). Nel 2010 ha inoltre curato la biografia del poeta Franco Loi in Da bambino il cielo (Garzanti). Nella letteratura sportiva ha esordito nel 2003 con Invasione di campo. Una vita in rossonero (Limina).
Davide Grassi e Mauro Raimondi insieme hanno pubblicato Milano è rossonera. Passeggiata tra i luoghi che hanno fatto la storia del Milan (Bradipolibri, 2012) e Milan 1899. Una storia da ricordare (El nost Milan, 2017). Insieme ad Alberto Figliolia, hanno pubblicato Centonovantesimi. Le 100 partite indimenticabili del calcio italiano (Sep, 2005), Eravamo in centomila (Frilli, 2008), Portieri d'Italia (A.car Edizioni, 2013, con 13 tavole di Giovanni Cerri) e Il derby della Madonnina (Book Time, 2014). Nel 2019 hanno partecipato alla raccolta di racconti Milanesi per sempre (Edizioni della Sera). (Comunicato stampa)
Sparta e Atene. Autoritarismo e Democrazia
di Eva Cantarella
Un bel libro, di facile lettura e di carattere divulgativo, destinato non sono a specialisti e addetti i lavori, bensì a tutti coloro che siano anche dei semplici appassionati della grande Storia della Grecia Classica. Pur se dedicato a un argomento ampiamente trattato da autorevoli studiosi, il testo offre l'occasione di approfondire tematiche non troppo note inerenti Sparta e Atene, le due città simbolo di uno dei periodi storici che più accendono la fantasia di una moltitudine di lettori. (Estratto da recensione di Rudy Caparrini)
"Un regalo dal XX Secolo"
Piccole raccolte di cultura - Binomio di musica e poesia - Dal Futurismo al Decadentismo di Gabriele D'Annunzio www.allegraravizza.com
La Galleria Allegra Ravizza propone una selezione di Edizioni Sincrone nell'ampio progetto Archivi Telematici del XX Secolo. Con i loro preziosi contenuti, ogni Edizione tratta e approfondisce un preciso argomento del secolo scorso. Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizioso scopo di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva.
Le Edizioni Sincrone qui presentate, si incentrano su due temi principali: la Musica Futurista e i capolavori letterari del poeta Gabriele D'Annunzio. Dalla raccolta dannunziana "Canto Novo" alla tragedia teatrale "Sogno di un tramonto d'autunno", dal Manifesto futurista di Francesco Balilla Pratella a "L'Arte dei Rumori" di Luigi Russolo, ogni Edizione contiene una vera e propria collezione di musiche, accompagnate da un libro prezioso, una raccolta di poesie o una fotografia: un Racconto dell'Arte per la comprensione dell'argomento.
Canto Novo
di Gabriele D'Annunzio
A diciannove anni, nel 1882, Gabriele D'Annunzio pubblica la raccolta di poesie "Canto Novo", dedicata all'amante Elda Zucconi. I sentimenti, la passione, l'abbattimento e il sensualismo che trapelano dalle parole del poeta divengono note e melodie grazie al talento musicale di grandi compositori del Novecento tra cui Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti e Ottorino Respighi. L'Edizione Sincrona contiene il volume "Canto Novo" insieme alle musiche dei grandi compositori che a questo si ispirarono. (Euro 150,00 + Iva)
Poema Paradisiaco
di Gabriele D'Annunzio
"La sera", tratta da "Poema Paradisiaco" (1893) di Gabriele D'Annunzio, fu sicuramente una delle poesie maggiormente musicate dai compositori del Novecento. Nella Edizione Sincrona sono contenute le liriche di compositori come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ottorino Respighi e Pier Adolfo Tirindelli, che si ispirarono ai versi del Vate creando varie interpretazioni melodiche e attuando diverse scelte musicali, insieme al volume "Poema Paradisiaco" di D'Annunzio. (Euro 150,00 + Iva)
Sogno di un tramonto d'autunno
di Gabriele D'Annunzio
Concepito nel 1897, "Sogno di un Tramonto d'Autunno" è composto dal Vate per il suo grande amore: Eleonora Duse, che interpretò infatti il ruolo della protagonista durante la prima rappresentazione del 1899. All'interno dell'Edizione Sincrona è presente il volume "Sogno di un tramonto d'autunno" del 1899 accompagnato dalla musica del noto compositore Gian Francesco Malipiero composta nel 1913, le cui note sono racchiuse in un audio oggi quasi introvabile. Oltre a questo prezioso materiale, l'Edizione racchiude ad una fotografia della bellissima Eleonora Duse e due versioni del film omonimo "Sogno di un Tramonto d'Autunno" diretto da Luigi Maggi nel 1911. (Euro 200,00 + Iva)
Raccolta di 100 liriche su testi
di Gabriele D'Annunzio
La sensibilità, lo spirito e la forte emotività presente nei versi di Gabriele D'Annunzio non poterono che richiamare l'attenzione di grandi artisti e compositori del Novecento come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ildebrando Pizzetti e Domenico Alaleona che, affascinati dalle parole del Vate, tradussero in musica le sue poesie. L'Edizione Sincrona contiene 100 liriche musicate dai grandi compositori insieme ai rispettivi testi e volumi di Gabriele D'Annunzio da cui sono tratte: "Canto Novo", "Poema Paradisiaco", "Elettra" e "Alcione" (rispettivamente Libro II e III delle "Laudi"), "La Chimera e l'Isotteo" e infine la copia anastatica di "In memoriam". (Euro 500,00 + Iva)
La Musica Futurista
La Musica futurista, grazie a compositori come Francesco Balilla Pratella, Luigi Russolo, Franco Casavola e Silvio Mix, stravolse completamente il concetto di rumore e suono, rinnegando con forza la tradizione musicale Ottocentesca. Le musiche futuriste presenti all'interno di questa Edizione Sincrona svelano nuove note, nuovi timbri, nuovi rumori mai sentiti prima, dimostrando come le ricerche e le invenzioni futuriste riuscirono a cambiare per sempre il futuro della musica. Insieme a questa corposa raccolta musicale, l'Edizione contiene un video introduttivo e due testi fondamentali per poter contestualizzare e comprendere appieno il panorama storico in cui la Musica Futurista sorse: "La musica futurista" di Stefano Bianchi e gli esilaranti racconti di Francesco Cangiullo contenuti in "Le serate Futuriste". (Euro 200,00 + Iva)
Il Manifesto di Francesco Balilla Pratella | Musica Futurista
Fondato nel 1909, il Futurismo si manifestò in ogni campo artistico. Nel 1910, su richiesta di Filippo Tommaso Marinetti, il giovane compositore Francesco Balilla Pratella scrisse il "Manifesto dei Musicisti Futuristi", un'energica ribellione alla cultura borghese dell'Ottocento in nome del coraggio, dell'audacia e della rivolta. L'Edizione Sincrona presenta, insieme al manifesto originale del 1910, la musica futurista di uno dei maggiori compositori del Primo Futurismo: Francesco Balilla Pratella. Ad accompagnare il prezioso manifesto e le musiche, sono presenti inoltre due manuali fondamentali per la comprensione del lavoro e della figura di Francesco Balilla Pratella dal titolo "Testamento" e "Caro Pratella". (Euro 500,00 + Iva)
Il Manifesto di Luigi Russolo | Musica Futurista
"La vita antica fu tutta silenzio. Nel XIX secolo, con l'invenzione delle macchine, nacque il Rumore": con questa dichiarazione esposta nel manifesto "L'Arte dei Rumori" del 1913 il futurista Luigi Russolo rinnova e amplifica il concetto di suono/rumore stravolgendo per sempre la storia della musica. In questa Edizione Sincrona sono contenuti le musiche e i suoni degli Intonarumori di Russolo, insieme al manifesto del 1913 "L'Arte dei Rumori" che teorizzò questa strabiliante invenzione! Per poter comprendere e approfondire la figura del grande inventore futurista, l'Edizione contiene anche un libro "Luigi Russolo. La musica, la pittura, il pensiero". (Euro 500,00 + Iva)
Video su Musica Futurista
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Ultima frontiera
Diario, incontri, testimonianze
di Giovanni Cerri, Casa editrice Le Lettere, Collana "Atelier" a cura di Stefano Crespi, Firenze 2020
www.lelettere.it
Nell'orizzonte contemporaneo appare significativa la testimonianza di questi scritti di Giovanni Cerri. In un connotato diaristico, divenuto sempre più raro, vive la "voce" dei ricordi, dei volti, dei momenti esistenziali, delle figure dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, conoscenze di personaggi testimoniali, incontri con artisti. In una scrittura aperta, esplorativa, emergono due tematiche in una singolare originalità: la periferia come corrispettivo della solitudine dell'anima; lo sguardo senza tempo nell'inconscio, in ciò che abbiamo amato, in ciò che non è accaduto.
Giovanni Cerri (Milano, 1969), figlio del pittore Giancarlo Cerri, ha iniziato la sua attività nel 1987 e da allora ha esposto in Italia e all'estero in importanti città come Berlino, Francoforte, Colonia, Copenaghen, Parigi, Varsavia, Toronto, Shanghai. Nel continuo richiamo al territorio urbano di periferia, la sua ricerca si è sviluppata nell'indagine tematica dell'archeologia industriale con il ciclo dedicato alle Città fantasma. Nel 2011, invitato dal curatore Vittorio Sgarbi, espone al Padiglione Italia Regione Lombardia della Biennale di Venezia. Nel 2014 presenta la mostra Milano ieri e oggi nelle prestigiose sale dell'Unione del Commercio a Palazzo Bovara a Milano. Nel 2019 alla Frankfurter Westend Galerie di Francoforte è ospitata la mostra Memoria e Futuro. A Milano, nell'anno di Leonardo, in occasione del quinto centenario leonardesco.
- Dalla postfazione di Stefano Crespi
«Nel percorso di questa collana «Atelier», sono usciti in una specularità scritti di artisti e scritti di letterati: gli scritti degli artisti nelle cadenze dell'orizzonte interiore (ricordiamo: Confessioni di Filippo de Pisis, Cieli immensi di Nicolas de Staël); gli scritti dei letterati nel tradurre, nel prolungare in nuova vita il fascino, l'enigma dei quadri (ricordiamo Giovanni Testori, Yves Bonnefoy). Nelle istanze oggi di comunicazione mediatica, di caduta dell'evento, il libro di Giovanni Cerri, Ultima frontiera, si apre a uno spazio senza fine di sensi, luce, eros, avventura dell'immagine, della parola. Accanto allo svolgimento della pittura, vivono, rivivono, nelle sue pagine, anche dagli angoli remoti della memoria, i tratti del vissuto, i momenti dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, figure di artisti, personaggi testimoniali, i luoghi, il luogo ultimativo della periferia, occasioni di accostamento a quadri del passato, museali. [...]
Soffermandoci ora in alcuni richiami, ritroviamo il senso di un percorso, i contenuti emozionali, quella condizione originaria che è l'identità della propria espressione. In una sorta di esordio, viene ricordato lo studio del padre, artista riconosciuto, Giancarlo Cerri. Uno studio in una soffitta di un antico edificio. Ma anche «luogo magico», dove si avvia la frase destinale, il viaggio di Giovanni Cerri che percepisce la differenza (o forse anche una imprevedibile relazione) tra figurazione come rappresentazione e astrazione come evocazione. David Maria Turoldo è stato una figura testimoniale in una tensione partecipe alle ragioni dell'esistere e al senso di una vita corale. Lo scritto di Giovanni Cerri ha la singolarità di un ricordo indelebile nella conoscenza, con la madre, all'abbazia di S. Egidio a Fontanella e poi nella frequentazione, dove Turoldo appare come presenza, come voce, come forza di umanità. Scrive Cerri: «un uomo fatto di pietra antica, come la sua chiesa».
Michail Gorbaciov, negli anni dopo la presidenza dell'Unione Sovietica, in un viaggio in Italia, con la moglie Raissa ha una sosta a Sesto San Giovanni, dove visita anche l'occasione di una mostra di tre giovani artisti. Giovanni Cerri, uno dei tre artisti, conserva quel momento imprevedibile di sorpresa con gli auguri di Gorbaciov. Un'emozione suscita la visita al cimitero Monumentale: una camminata, un viaggio inconfondibile nelle testimonianze che via via si succedono. In particolare, toccante la tomba di una figura femminile mancata a ventiquattro anni. Rivive, in Cerri, davanti alla scultura dedicata a questa figura femminile, una bellezza seducente, il mistero di un eros oltre il tempo. Nelle pagine di diario appaiono, come tratti improvvisi, occasioni, emozioni.
Così il ricordo di Floriano Bodini nella figura, nel personaggio, nelle parole, nel fascino delle sue sculture in una visita allo studio. Giovanni Cerri partecipa all'inaugurazione della mostra di Ennio Morlotti sul ciclo delle bagnanti. In quella sera dell'inaugurazione erano presenti Morlotti e Giovanni Testori sui quali scrive Cerri: «cercatori inesausti delle verità nascoste, tra le pieghe infinite dello scrivere e del dipingere». Un intenso richiamo alla scoperta della Bovisa: «un paesaggio spettrale» nella corrosione, nella vita segreta del tempo. Accanto al percorso diaristico, Giovanni Cerri riporta in una sezione alcuni testi di sue presentazioni in cataloghi o nello stimolo di un'esposizione. In un ordine cronologico della stesura dei testi figurano Alessandro Savelli, Giancarlo Cazzaniga, Franco Francese, Alberto Venditti, Marina Falco, Fabio Sironi.
Si tratta di artisti con una singolarità, un connotato originario. Si riconferma la scrittura di Cerri, fuori da aspetti categoriali, didascalici. Una scrittura esplorativa nelle intuizioni, nei riferimenti creativi, in un movimento dialettico: esistenza e natura, interno ed esterno, presenza e indicibile, immagini e simboli, «una luce interiore» e «l'ombra, il mistero, l'enigma della vita». In conclusione al libro si presentano due interviste con Giovanni Cerri curate da Luca Pietro Nicoletti nel 2008, da Francesca Bellola nel 2016. Appaiono, limpidamente motivati, momenti tematici, espressivi, con intensa suggestione di rimandi. Inevitabile, infine, una considerazione sul rapporto del pensiero, della scrittura con la pittura.
Più che a richiami in relazioni specifiche, dirette, il percorso di Cerri nella sua eventicità destinale può essere ricondotto a due tematiche: la visione interiore della periferia e lo sguardo senza tempo nel volto. Tematiche che hanno una connessione anche psicologica nell'alfabeto oscuro dell'esistenza, del silenzio. La periferia è l'addio ancestrale nelle sue voci disadorne, stridenti, perdute, nella solitudine in esilio dalle cifre celesti. Nell'intervista di Francesca Bellola c'è un'espressione emblematica di Giovanni Cerri sulla periferia: «non sono più solo le zone periferiche delle città industriali con le strade, i viali e le tangenziali ad essere desolate, ma è anche la nostra anima, il nostro terreno interiore, a evidenziare i segni di abbandono». Il titolo che segna in modo così sintomatico l'opera di Cerri è Lo sguardo senza tempo. In un'osservazione generale, il «vedere» è la scena dei linguaggi, lo sguardo è inconscio, memoria, ciò che abbiamo amato, ciò che non è accaduto [...]» (Comunicato ufficio stampa De Angelis Press)
Il calzolaio dei sogni
di Salvatore Ferragamo, ed. Electa, pag. 240, oltre 60 illustrazioni in b/n, in edizione in italiano, inglese e francese, 24 euro, settembre 2020
Esce per Electa una nuova edizione, con una veste grafica ricercata, dell'autobiografia di Salvatore Ferragamo (1898-1960), pubblicata per la prima volta in inglese nel 1957 da George G. Harrap & Co., Londra. Salvatore Ferragamo si racconta in prima persona - la narrazione è quasi fiabesca - ripercorrendo l'avventura della sua vita, ricca di genio e di intuito: da apprendista ciabattino a Bonito, un vero "cul-de-sac" in provincia di Avellino, a calzolaio delle stelle di Hollywood (le sue calzature vestirono, tra le altre celebrità, Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Sofia Loren e Greta Garbo), dalla lavorazione artigianale fino all'inarrestabile ascesa imprenditoriale.
Il volume - corredato da un ricco apparato fotografico e disponibile anche in versione e-book e, a seguire, audiolibro - ha ispirato il film di Luca Guadagnino "Salvatore - Shoemaker of Dreams", Fuori Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia: la narrazione autobiografica diventa un lungometraggio documentario che delinea non solo l'itinerario artistico di Ferragamo, ma anche il suo percorso umano, attraverso l'Italia e l'America, due mondi che s'intrecciano fortemente. (Comunicato stampa)
Il libro è stato presentato il 30 giugno 2020
www.mufoco.org
Il Museo del Cinema di Stromboli e il Museo di Fotografia Contemporanea presentano il libro in una diretta (canali YouTube e Facebook del Mufoco) che vedrà intervenire Alberto Bougleux, Giovanna Calvenzi, Emiliano Morreale, Aldo Patellani e Alberto Saibene. La pubblicazione è introdotta dalle parole della lettera con cui Ingrid Bergman si presenta a Roberto Rossellini: "Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo.
Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei". Rossellini, dopo aver ricevuto questa lettera da Ingrid Bergman, allora una delle massime stelle hollywoodiane, la coinvolge nel progetto che diventerà il film Stromboli, terra di Dio (1950), ma ancor prima del film è la storia d'amore tra il regista romano e l'attrice svedese a riempire le cronache di giornali e rotocalchi.
Federico Patellani, uno dei migliori fotografi dell'epoca, si reca sull'isola eoliana: le sue fotografie fanno il giro del mondo, perché non documentano solo la realizzazione del film, ma anche le condizioni di vita degli abitanti e la forza degli elementi. Dall'archivio Patellani, presso il Museo di Fotografia Contemporanea, sono emerse le fotografie che aiutano a ricostruire nella sua integrità quella celebre storia. (Comunicato stampa)
La Dama col ventaglio
di Giovanna Pierini, Mondadori Electa, 2018
Il libro è stato presentato il 20 novembre 2019 a Roma al Palazzo Barberini
Il romanzo mette in scena Sofonisba Anguissola ultranovantenne a Palermo - è il 1625 - nel suo tentativo di riacciuffare i fili della memoria e ricordare l'origine di un dipinto. La pittrice in piedi davanti alla tela cerca di ricordare: aveva dipinto lei quel ritratto? È passato tanto tempo. Nonostante l'abbacinante luce di mezzogiorno la sua vista è annebbiata, gli occhi stanchi non riconoscono più i dettagli di quella Dama con il ventaglio raffigurata nel quadro. È questo il pretesto narrativo che introduce la vicenda biografica di una delle prime e più significative artiste italiane. Sofonisba si presenta al lettore come una donna forte, emancipata e non convenzionale, che ha vissuto tra
Cremona, Genova, Palermo e Madrid alla corte spagnola. Tra i molti personaggi realmente esistiti - Orazio Lomellini, il giovane marito; il pittore Van Dyck; Isabella di Valois, regina di Spagna - e altri di pura finzione, spicca il giovane valletto Diego, di cui Sofonisba protegge le scorribande e l'amore clandestino, ma che non potrà salvare. La ricostruzione minuziosa di un'Italia al centro delle corti d'Europa, tra palazzi nobiliari, botteghe artigiane e viaggi per mare, e di una città, Palermo, fa rivivere le
atmosfere di un'epoca in cui una pittrice donna non poteva accedere alla formazione accademica e doveva superare numerosi pregiudizi sociali. Tra le prime professioniste che seppero farsi largo nella ristretta società degli artisti ci fu proprio Sofonisba, e questo racconto, a cavallo tra realtà e finzione, ne delinea le ragioni: l'educazione lungimirante del padre, un grande talento e una forte personalità.
Giovanna Pierini, giornalista pubblicista, per anni ha scritto di marketing e management. Nel 2006 ha pubblicato Informazioni riservate con Alessandro Tosi. Da sempre è appassionata d'arte, grazie alla madre pittrice, Luciana Bora, di cui cura l'archivio dal 2008. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato stampa Maria Bonmassar)
Elogio della finta
di Olivier Guez, di Neri Pozza Editore, 2019
«Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha (lo scricciolo), era alto un metro e sessantanove, la stessa altezza di Messi. Grazie a lui il Brasile divenne campione del mondo nel 1958 e nel 1962, e il Botafogo, il suo club, regnò a lungo sul campionato carioca. Con la sua faccia da galeotto, le spalle da lottatore e le gambe sbilenche come due virgole storte, è passato alla storia come il dribblatore pazzo, il più geniale e il più improbabile che abbia calcato i campi di calcio. «Come un compositore toccato da una melodia piovuta dal cielo» (Paulo Mendes Campos), Garrincha elevò l'arte della finta a essenza stessa del gioco del calcio.
Il futebol divenne con lui un gioco ispirato e magico, fatto di astuzia e simulazione, un gioco di prestigio senza fatica e sofferenza, creato soltanto per l'Alegria do Povo, la gioia del popolo. Dio primitivo, divise la scena del grande Brasile con Pelé, il suo alter-ego, il re disciplinato, ascetico e professionale. Garrincha resta, tuttavia, il vero padre putativo dei grandi artisti del calcio brasiliano: Julinho, Botelho, Rivelino, Jairzinho, Zico, Ronaldo, Ronaldinho, Denílson, Robinho, Neymar, i portatori di un'estetica irripetibile: il dribbling carioca. Cultore da sempre del football brasiliano, Olivier Guez celebra in queste pagine i suoi interpreti, quegli «uomini elastici che vezzeggiano la palla come se danzassero con la donna più bella del mondo» e non rinunciano mai a un «calcio di poesia» (Pier Paolo Pasolini).
Olivier Guez (Strasburgo, 1974), collabora con i quotidiani Le Monde e New York Times e con il settimanale Le Point. Dopo gli studi all'Istituto di studi politici di Strasburgo, alla London School of Economics and Political Science e al Collegio d'Europa di Bruges, è stato corrispondente indipendente presso molti media internazionali. Autore di saggi storico-politici, ha esordito nella narrativa nel 2014. (Comunicato stampa Flash Art)
Nosferatu
di Paolo D'Onofrio, ed. Edizioni NPE, formato21x30cm, 80 pag., cartonato b/n con pagine color seppia, 2019
edizioninpe.it/product/nosferatu
Il primo adattamento a fumetti del film muto di Murnau del 1922 che ha fatto la storia del cinema horror. Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens), diretto da Friedrich Wilhelm Murnau e proiettato per la prima volta il 5 marzo 1922, è considerato il capolavoro del regista tedesco e uno dei capisaldi del cinema horror ed espressionista. Ispirato liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, Murnau ne modificò il titolo, i nomi dei personaggi (il Conte Dracula diventò il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck) e i luoghi (da Londra a Wisborg) per problemi legati ai diritti legali dell'opera.
Il regista perse la causa per violazione del diritto d'autore, avviata dagli eredi di Stoker, e venne condannato a distruggere tutte le copie della pellicola. Una copia fu però salvata dallo stesso Murnau, e il film è potuto sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri. L'uso delle ombre in questo film classico ha avuto una eco infinita nel cinema successivo, di genere e non. Edizioni NPE presenta il primo adattamento a fumetti di questa pellicola: un albo estremamente particolare, che riprende il film fotogramma per fotogramma, imprimendolo in color seppia su una carta ingiallita ed invecchiata, utilizzando per il lettering lo stesso stile delle pellicole mute e pubblicato in un grande cartonato da collezione. (Comunicato stampa)
Errantia
Poesia in forma di ritratto
di Gonzalo Alvarez Garcia
Il libro è stato presentato il 7 agosto 2018 alla Galleria d'arte Studio 71, a Palermo
www.studio71.it
Scrive l'autore in una sua nota nel libro "... Se avessi potuto comprendere il segreto del geranio nel giardino di casa o della libellula rossa che saltellava nell'aria sopra i papiri in riva al fiume Ciane, a Siracusa, avrei capito anche me steso. Ma non capivo. Ad ogni filo d'erba che solleticava la mia pelle entravo nella delizia delle germinazioni infinite e sprofondavo nel mistero. Sentivo confusamente di appartenere all'Universo, come il canto del grillo. Ma tutto il mio sapere si fermava li. Ascoltavo le parole, studiavo i gesti delle persone intorno a me come il cacciatore segue le tracce della preda, convinto che le parole e i gesti degli uomini sono una sorta di etimologia.
Un giorno o l'altro, mi avrebbero portato a catturare la verità.... Mi rivolsi agli Dei e gli Dei rimasero muti. Mi rivolsi ai saggi e i saggi aggiunsero alle mie altre domande ancora più ardue. Seguitai a camminare. Incontrai la donna, che non pose domande. Mi accolse con la sua grazia ospitale. Da Lei ho imparato ad amare l'aurora e il tramonto...". Un libro che ripercorre a tappe e per versi, la sua esistenza di ragazzo e di uomo, di studioso e di poeta, di marito e padre. Errantia, Poesia in forma di ritratto, con una premessa di Aldo Gerbino è edito da Plumelia edizioni. (Comunicato stampa)
L'ultima diva dice addio
di Vito di Battista, ed. SEM Società Editrice Milanese, pp. 224, cartonato con sovracoperta, cm.14x21,5 €15,00 www.otago.it
E' la notte di capodanno del 1977 quando Molly Buck, stella del cinema di origine americana, muore in una clinica privata alle porte di Firenze. Davanti al cancello d'ingresso è seduto un giovane che l'attrice ha scelto come suo biografo ufficiale. E' lui ad avere il compito di rendere immortale la storia che gli è stata data in dono. E forse molto di più. Inizia così il racconto degli eventi che hanno portato Molly Buck prima al successo e poi al ritiro dalle scene, lontana da tutto e da tutti nella casa al terzo piano di una palazzina liberty d'Oltrarno, dove lei e il giovane hanno condiviso le loro notti insonni.
Attraverso la maestosa biografia di un'attrice decaduta per sua stessa volontà, L'ultima diva dice addio mette in scena una riflessione sulla memoria e sulla menzogna, sul potere della parola e sulla riduzione ai minimi termini a cui ogni esistenza è sottoposta quando deve essere rievocata. Un romanzo dove i capitoli ricominciano ciclicamente con le stesse parole e canzoni dell'epoca scandiscono lo scorrere del tempo, mentre la biografia di chi ricorda si infiltra sempre più nella biografia di chi viene ricordato. Vito di Battista (San Vito Chietino, 1986) ha vissuto e studiato a Firenze e Bologna. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato Otago Literary Agency)
Zenobia l'ultima regina d'Oriente
L'assedio di Palmira e lo scontro con Roma
di Lorenzo Braccesi, Salerno editrice, 2017, p.200, euro 13,00
Il sogno dell'ultima regina d'Oriente era di veder rinascere un grande regno ellenistico dal Nilo al Bosforo, piú esteso di quello di Cleopatra, ma la sua aspirazione si infranse per un errore di valutazione politica: aver considerato l'impero di Roma prossimo alla disgregazione. L'ultimo atto delle campagne orientali di Aureliano si svolse proprio sotto le mura di Palmira, l'esito fu la sconfitta della regina Zenobia e la sua deportazione a Roma, dove l'imperatore la costrinse a sfilare come simbolo del suo trionfo. Le rovine monumentali di Palmira - oggi oggetto di disumana offesa - ci parlano della grandezza del regno di Zenobia e della sua resistenza eroica. Ancora attuale è la tragedia di questa città: rimasta intatta nei secoli, protetta dalle sabbie del deserto, è crollata sotto la furia della barbarie islamista.
Lorenzo Braccesi ha insegnato nelle università di Torino, Venezia e Padova. Si è interessato a tre aspetti della ricerca storica: colonizzazione greca, società augustea, eredità della cultura classica nelle letterature moderne. I suoi saggi piú recenti sono dedicati a storie di donne: Giulia, la figlia di Augusto (Roma-Bari 2014), Agrippina, la sposa di un mito (Roma-Bari 2015), Livia (Roma 2016). (Comunicato stampa)
Napoleone Colajanni tra partito municipale e nazionalizzazione della politica
Lotte politiche e amministrative in provincia di Caltanissetta (1901-1921)
di Marco Sagrestani, Polistampa, 2017, collana Quaderni della Nuova Antologia, pag. 408
www.leonardolibri.com
Napoleone Colajanni (1847-1921) fu una figura di rilievo nel panorama politico italiano del secondo Ottocento. Docente e saggista, personalità di notevole levatura intellettuale, si rese protagonista di importanti battaglie politiche, dall'inchiesta parlamentare sulla campagna in Eritrea alla denuncia dello scandalo della Banca Romana. Il saggio ricostruisce il ruolo da lui svolto nella provincia di Caltanissetta, in particolare nella sua città natale Castrogiovanni e nell'omonimo collegio elettorale. In un'area dove la lotta politica era caratterizzata da una pluralità di soggetti collettivi - democratici, repubblicani, costituzionali, socialisti e cattolici - si pose come centro naturale di aggregazione delle sparse forze democratiche, con un progetto di larghe convergenze finalizzato alla rinascita politica, economica e morale della sua terra. (Comunicato stampa)
La pubblicazione realizzata con le opere di 68 artisti provenienti dalle diverse parti d'Italia è costituita da immagini di istallazioni e/o dipinti realizzati servendosi dei tappi dell'azienda. All'artista, infatti, è stata data ampia libertà di esecuzione e, ove lo avesse ritenuto utile, ha utilizzato, assieme ai tappi, altro materiale quale legno, vetro, stoffe o pietre ma anche materiali di riciclo. Nel sito di Al-Cantara, si può sfogliare il catalogo con i diversi autori e le relative opere. Nel corso della giornata sarà possibile visitare i vigneti, la cantina dell'azienda Al-Cantàra ed il " piccolo museo" che accoglie le opere realizzate.
Scrive nel suo testo in catalogo Vinny Scorsone: "...L'approccio è stato ora gioioso ora riflessivo e malinconico; sensuale o enigmatico; elaborato o semplice. Su esso gli artisti hanno riversato sensazioni e pensieri. A volte esso è rimasto tale anche nel suo ruolo mentre altre la crisalide è divenuta farfalla varcando la soglia della meraviglia. Non c'è un filo comune che leghi i lavori, se non il fatto che contengano dei tappi ed è proprio questa eterogeneità a rendere le opere realizzate interessanti. Da mano a semplice cornice, da corona a bottiglia, da schiuma a poemetto esso è stato la fonte, molto spesso, di intuizioni artistiche singolari ed intriganti. Il rosso del vino è stato sostituito col colore dell'acrilico, dell'olio. Il tappo inerte, destinato a perdersi, in questo modo, è stato elevato ad oggetto perenne, soggetto d'arte in grado di valicare i confini della sua natura deperibile...". (Comunicato stampa)
Stelle in silenzio
di Annapaola Prestia, Europa Edizioni, 2016, euro 15,90
Millecinquecento chilometri da percorrere in automobile in tre giorni, dove ritornano alcuni luoghi cari all'autrice, già presenti in altri suoi lavori. La Sicilia e l'Istria fanno così da sfondo ad alcune tematiche forti che il romanzo solleva. Quante è importante l'influenza di familiari che non si hanno mai visto? Che valore può avere un amore di breve durata, se è capace di cambiare un destino? Che peso hanno gli affetti che nel quotidiano diventano tenui, o magari odiosi? In generale l'amore è ciò che lega i personaggi anche quando sembra non esserci, in un percorso che è una ricerca di verità tenute a lungo nascoste.
Prestia torna quindi alla narrativa dopo il suo Caro agli dei" (edito da "Il Filo", giugno 2008), che ha meritato il terzo premio al "Concorso nazionale di narrativa e poesia F. Bargagna" e una medaglia al premio letterario nazionale "L'iride" di Cava de'Tirreni, sempre nel 2009. Il romanzo è stato presentato dal giornalista Nino Casamento a Catania, dallo scrittore Paolo Maurensig a Udine, dallo psicologo Marco Rossi di Loveline a Milano. Anche il suo Ewas romanzo edito in ebook dalla casa editrice Abel Books nel febbraio 2016, è arrivato semifinalista al concorso nazionale premio Rai eri "La Giara" edizione 2016 (finalista per la regione Friuli Venezia Giulia) mentre Stelle in silenzio, come inedito, è arrivato semifinalista all'edizione del 2015 del medesimo concorso.
Annapaola Prestia (Gorizia, 1979), Siculo-Istriana di origine e Monfalconese di adozione, lavora dividendosi tra la sede della cooperativa per cui collabora a Pordenone e Trieste, città in cui gestisce il proprio studio psicologico. Ama scrivere. Dal primo racconto ai romanzi a puntate e alle novelle pubblicati su riviste a tiratura nazionale, passando per oltre venti pubblicazioni in lingua inglese su altrettante riviste scientifiche specializzate in neurologia e psicologia fino al suo primo romanzo edito Caro agli dei... la strada è ancora tutta in salita ma piena di promesse.
Oltre a diverse fan-fiction pubblicate su vari siti internet, ha partecipato alla prima edizione del premio letterario "Star Trek" organizzato dallo STIC - Star Trek Italian Club, ottenendo il massimo riconoscimento. Con suo fratello Andrea ha fondato la U.S.S. Julia, un fan club dedicato a Star Trek e alla fantascienza. Con suo marito Michele e il suo migliore amico Stefano, ha aperto una gelateria a Gradisca d'Isonzo, interamente dedicata alla fantascienza e al fantasy, nella quale tenere vive le tradizioni gastronomiche della Sicilia sposandole amabilmente con quelle del Nord Est d'Italia. (Comunicato Ufficio stampa Emanuela Masseria)
I quaranta giorni del Mussa Dagh
di Franz Werfel, ed. Corbaccio, pagg.918, €22,00
www.corbaccio.it
«Quest'opera fu abbozzata nel marzo dell'anno 1929 durante un soggiorno a Damasco, in Siria. La visione pietosa di fanciulli profughi, mutilati e affamati, che lavoravano in una fabbrica di tappeti, diede la spinta decisiva a strappare dalla tomba del passato l'inconcepibile destino del popolo armeno.» Grande e travolgente romanzo, narra epicamente il tragico destino del popolo armeno, minoranza etnica odiata e perseguitata per la sua antichissima civiltà cristiana, in eterno contrasto con i turchi, con il grande Impero ottomano detentore del potere. Verso la fine del luglio 1915 circa cinquemila armeni perseguitati dai turchi si rifugiarono sul massiccio del Mussa Dagh, a Nord della baia di Antiochia.
Fino ai primi di settembre riuscirono a tenere testa agli aggressori ma poi, cominciando a scarseggiare gli approvvigionamenti e le munizioni, sarebbero sicuramente stati sconfitti se non fossero riusciti a segnalare le loro terribili condizioni a un incrociatore francese. Su quel massiccio dove per quaranta giorni vive la popolazione di sette villaggi, in un'improvvisata comunità, si ripete in miniatura la storia dell'umanità, con i suoi eroismi e le sue miserie, con le sue vittorie e le sue sconfitte, ma soprattutto con quell'affiato religioso che permea la vita dell'universo e dà a ogni fenomeno terreno un significato divino che giustifica il male con una lungimirante, suprema ragione di bene.
Dentro il poema corale si ritrovano tutti i drammi individuali: ogni personaggio ha la sua storia, ogni racconto genera un racconto. Fra scene di deportazioni, battaglie, incendi e morti, ora di una grandiosità impressionante, ora di una tragica sobrietà scultorea, ma sempre di straordinaria potenza rappresentativa, si compone quest'opera fondamentale dell'epica moderna. Pubblicata nel 1933 I quaranta giorni del Mussa Dagh è stata giustamente considerata la più matura creazione di Werfel nel campo della narrativa. Franz Werfel (Praga, 1890 - Los Angeles, 1945) dopo la Prima guerra mondiale si stabilì a Vienna, dove si impose come uno dei protagonisti della vita letteraria mitteleuropea. All'avvento del nazismo emigrò in Francia e poi negli Stati Uniti. Oltre a I quaranta giorni del Mussa Dagh, Verdi. Il romanzo dell'opera, che rievoca in modo appassionato e realistico la vita del grande musicista italiano. (Comunicato Ufficio Stampa Corbaccio)
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- 56esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia
Padiglione nazionale della Repubblica di Armenia Presentazione rassegna
Cuori nel pozzo
Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone.
di Roberta Sorgato
www.danteisola.org
Il libro rievoca le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento, e la durissima realtà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio, è un omaggio rivolto ai tanti che consumarono le loro vite fino al sacrificio estremo, per amore di quanti erano rimasti a casa, ad aspettarli. Pagine spesso commosse, dedicate a chi lasciò il paese cercando la propria strada per le vie del mondo. L'Italia li ha tenuti a lungo in conto di figliastri, dimenticandoli. La difficoltà di comunicare, le enormi lontananze, hanno talvolta smorzato gli affetti, spento la memoria dei volti e delle voci. Mentre in giro per l'Europa e oltre gli oceani questi coraggiosi costruivano la loro nuova vita. Ciascuno con la nostalgia, dove si cela anche un po' di rancore verso la patria che li ha costretti a partire.
Qualcuno fa i soldi, si afferma, diventa una personalità. Questi ce l'hanno fatta, tanti altri consumano dignitosamente la loro vita nell'anonimato. Altri ancora muoiono in fondo a un pozzo, cadendo da un'impalcatura, vittime dei mille mestieri pesanti e pericolosi che solo gli emigranti accettano di fare. Ora che cinquant'anni ci separano dalla nostra esperienza migratoria, vissuta dai predecessori per un buon secolo, la memorialistica si fa più abbondante. Esce dalla pudica oralità dei protagonisti, e grazie ai successori, più istruiti ed emancipati si offre alla storia comune attraverso le testimonianze raccolte in famiglia. Con la semplicità e l'emozione che rendono più immediata e commossa la conoscenza. (Estratto da comunicato stampa di Ulderico Bernardi)
La poetessa veneta Roberta Sorgato, insegnante, nata a Boussu, in Belgio, da genitori italiani, come autrice ha esordito nel 2002 con il romanzo per ragazzi "Una storia tutta... Pepe" seguito nel 2004 da "All'ombra del castello", entrambi editi da Tredieci (Oderzo - TV). Il suo ultimo lavoro, "La casa del padre" inizialmente pubblicato da Canova (Treviso) ed ora riproposto nella nuova edizione della ca-sa editrice Tracce (Pescara).
«L'Italia non brilla per memoria. Tante pagine amare della nostra storia sono cancellate o tenute nell'oblio. Roberta Sorgato ha avuto il merito di pescare, dal pozzo dei ricordi "dimenticati", le vicende dei nostri minatori in Belgio e di scrivere "Cuori nel pozzo" edizioni Marsilio, sottotitolo: "Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone". Leggendo questo romanzo - verità, scritto in maniera incisiva e con grande e tragico realismo, si ha l'impressione di essere calati dentro i pozzi minerari, tanto da poter avere una vi-sione intima e "rovesciata" del titolo ("Pozzi nel cuore" potrebbe essere il titolo "ad honorem" per un lettore ideale, così tanto sensibile a questi temi).
Un lettore che ha quest'ardire intimista di seguire la scrittrice dentro queste storie commoventi, intense, drammatiche - e che non tengono conto dell'intrattenimento letterario come lo intendiamo comunemente - è un lettore che attinge dal proprio cuore ed è sospinto a rivelarsi più umano e vulnerabile di quanto avesse mai osato pensare. In questo libro vige lo spettacolo eterno dei sentimenti umani; e vige in rela-zione alla storia dell'epoca, integrandosi con essa e dandoci un ritratto di grande effetto. Qui troviamo l'Italia degli anni cinquanta che esce dalla guerra, semplice e disperata, umile e afflitta dai ricordi bellici. Troviamo storie di toccanti povertà; così, insieme a quell'altruismo che è proprio dell'indigenza, e al cameratismo che si fa forte e si forgia percorrendo le vie drammatiche della guerra, si giunge ai percorsi umani che strappavano tanti italiani in cerca di fortuna alle loro famiglie.
L'emigrazione verso i pozzi minerari belgi rappresentava quella speranza di "uscire dalla miseria". Pochi ce l'hanno fatta, molti hanno pagato con una morte atroce. Tutti hanno subito privazioni e vessazioni, oggi inimmaginabili. Leggere di Tano, Nannj, Caio, Tonio, Angelina e tanti altri, vuol dire anche erigere nella nostra memoria un piccolo trono per ciascuno di loro, formando una cornice regale per rivisitare quegli anni che, nella loro drammaticità, ci consentono di riflettere sull'"eroismo" di quelle vite tormentate, umili e dignitose.» (Estratto da articolo di Danilo Stefani, 4 gennaio 2011)
«"Uomini in cambio di carbone" deriva dal trattato economico italo-belga del giugno 1946: l'accordo prevedeva che per l'acquisto di carbone a un prezzo di favore l'Italia avrebbe mandato 50 mila uomini per il lavoro in miniera. Furono 140 mila gli italiani che arrivarono in Belgio tra il 1946 e il 1957. Fatti i conti, ogni uomo valeva 2-3 quintali di carbone al mese.» (In fondo al pozzo - di Danilo Stefani)
La passione secondo Eva
di Abel Posse, ed. Vallecchi - collana Romanzo, pagg.316, 18,00 euro
www.vallecchi.it
Eva Duarte Perón (1919-1952), paladina dei diritti civili ed emblema della Sinistra peronista argentina, fu la moglie del presidente Juan Domingo Perón negli anni di maggior fermento politico della storia argentina; ottenne, dopo una lunga battaglia politica, il suffragio universale ed è considerata la fondatrice dell'Argentina moderna. Questo romanzo, costruito con abilità da Abel Posse attraverso testimonianze autentiche di ammiratori e detrattori di Evita, lascia il segno per la sua capacità di riportare a una dimensione reale il mito di colei che è non soltanto il simbolo dell'Argentina, ma uno dei personaggi più noti e amati della storia mondiale.
Abel Posse (Córdoba - Argentina, 1934), diplomatico di carriera, giornalista e scrittore di fama internazionale. Studioso di politica e storia fra i più rappresentativi del suo paese. Fra i suoi romanzi più famosi ricordiamo Los perros del paraíso (1983), che ha ottenuto il Premio Ròmulo Gallegos maggior riconoscimento letterario per l'America Latina. La traduttrice Ilaria Magnani è ricercatrice di Letteratura ispano-americana presso l'Università degli Studi di Cassino. Si occupa di letteratura argentina contemporanea, emigrazione e apporto della presenza italiana. Ha tradotto testi di narrativa e di saggistica dallo spagnolo, dal francese e dal catalano.
Odissea Viola. Aspettando Ulisse lo Scudetto
di Rudy Caparrini, ed. NTE, collana "Violacea", 2010
www.rudycaparrini.it
Dopo Azzurri... no grazie!, Rudy Caparrini ci regala un nuovo libro dedicato alla Fiorentina. Come spiega l'autore, l'idea è nata leggendo il capitolo INTERpretazioni del Manuale del Perfetto Interista di Beppe Severgnini, nel quale il grande scrittore e giornalista abbina certe opere letterarie ad alcune squadre di Serie A. Accorgendosi che manca il riferimento alla Fiorentina, il tifoso e scrittore Caparrini colma la lacuna identificando ne L'Odissea l'opera idonea per descrivere la storia recente dei viola.
Perché Odissea significa agonia, sofferenza, desiderio di tornare a casa, ma anche voglia di complicarsi la vita sempre e comunque. Ampliando il ragionamento, Caparrini sostiene che nell'Odissea la squadra viola può essere tre diversi personaggi: Penelope che aspetta il ritorno di Ulisse lo scudetto; Ulisse, sempre pronto a compiere un "folle volo" e a complicarsi la vita; infine riferendosi ai tifosi nati dopo il 1969, la Fiorentina può essere Telemaco, figlio del padre Ulisse (ancora nei panni dello scudetto) di cui ha solo sentito raccontare le gesta ma che mai ha conosciuto.
Caparrini sceglie una serie di episodi "omerici", associabili alla storia recente dei viola, da cui scaturiscono similitudini affascinanti: i Della Valle sono i Feaci (il popolo del Re Alcinoo e della figlia Nausicaa), poiché soccorrono la Fiorentina vittima di un naufragio; il fallimento di Cecchi Gori è il classico esempio di chi si fa attrarre dal Canto delle Sirene; Edmundo che fugge per andare al Carnevale di Rio è Paride, che per soddisfare il suo piacere mette in difficoltà l'intera squadra; Tendi che segna il gol alla Juve nel 1980 è un "Nessuno" che sconfigge Polifemo; Di Livio che resta coi viola in C2 è il fedele Eumeo, colui che nell'Odissea per primo riconosce Ulisse tornato ad Itaca e lo aiuta a riconquistare la reggia.
Un'Odissea al momento incompiuta, poiché la Fiorentina ancora non ha vinto (ufficialmente) il terzo scudetto, che corrisponde all'atto di Ulisse di riprendersi la sovranità della sua reggia a Itaca. Ma anche in caso di arrivasse lo scudetto, conclude Caparrini, la Fiorentina riuscirebbe a complicarsi la vita anche quando tutto potrebbe andare bene. Come Ulisse sarebbe pronta sempre a "riprendere il mare" in cerca di nuove avventure. Il libro è stato presentato il 22 dicembre 2010 a Firenze, nella Sala Incontri di Palazzo Vecchio.
Leni Riefenstahl. Un mito del XX secolo
di Michele Sakkara, ed. Edizioni Solfanelli, pagg.112, €8,00
www.edizionisolfanelli.it
«Il Cinema mondiale in occasione della scomparsa di Leni Riefenstahl, si inchina riverente davanti alla Salma di colei che deve doverosamente essere ricordata per i suoi geniali film, divenuti fondamentali nella storia del cinema.» Questo l'epitaffio per colei che con immagini di soggiogante bellezza ha raggiunto magistralmente effetti spettacolari. Per esempio in: Der Sieg des Glaubens (Vittoria della fede, 1933), e nei famosissimi e insuperati Fest der Völker (Olympia, 1938) e Fest der Schönheit (Apoteosi di Olympia, 1938).
Michele Sakkara, nato a Ferrara da padre russo e madre veneziana, ha dedicato tutta la sua esistenza allo studio, alla ricerca, alla regia, alla stesura e alla realizzazione di soggetti, sceneggiature, libri (e perfino un'enciclopedia), ed è stato anche attore. Assistente e aiuto regista di Blasetti, Germi, De Sica, Franciolini; sceneggiatore e produttore (Spagna, Ecumenismo, La storia del fumetto, Martin Lutero), autore di una quarantina di documentari per la Rai.
Fra le sue opere letterarie spicca l'Enciclopedia storica del cinema italiano. 1930-1945 (3 voll., Giardini, Pisa 1984), un'opera che ha richiesto anni di ricerche storiche; straordinari consensi ebbe in Germania per Die Grosse Zeit Des Deutschen Films 1933-1945 (Druffel Verlag, Leoni am Starnberg See 1980, 5 edizioni); mentre la sua ultima opera Il cinema al servizio della politica, della propaganda e della guerra (F.lli Spada, Ciampino 2005) ha avuto una versione in tedesco, Das Kino in den Dienst der Politik, Propaganda und Krieg (DSZ-Verlag, München 2008) ed è stato ora tradotta in inglese.
L'Immacolata nei rapporti tra l'Italia e la Spagna
a cura di Alessandra Anselmi
Il volume ripercorre la storia dell'iconografia immacolistica a partire dalla seconda metà del Quattrocento quando, a seguito dell'impulso impresso al culto della Vergine con il pontificato di Sisto IV (1471-1484), i sovrani spagnoli si impegnano in un'intensa campagna volta alla promulgazione del dogma. Di grande rilevanza le ripercussioni nelle arti visive: soprattutto in Spagna, ma anche nei territori italiani più sensibili, per vari motivi, all'influenza politica, culturale e devozionale spagnola. Il percorso iconografico è lungo e complesso, con notevoli varianti sia stilistiche che di significato teologico: il punto d'arrivo è esemplato sulla Donna dell'Apocalisse, i cui caratteri essenziali sono tratti da un versetto del testo giovanneo.
Il libro esplora ambiti culturali e geografici finora ignorati o comunque non sistemati: la Calabria, Napoli, Roma, la Repubblica di Genova, lo Stato di Milano e il Principato Vescovile di Trento in un arco cronologico compreso tra la seconda metà del Quattrocento e il Settecento e, limitatamente a Roma e alla Calabria, sino all'Ottocento, recuperando all'attenzione degli studi una produzione artistica di grande pregio, una sorta di 'quadreria "ariana" ricca di capolavori già noti, ma incrementata dall'acquisizione di testimonianze figurative in massima parte ancora inedite.
Accanto allo studio più prettamente iconografico - che si pregia di interessanti novità, quali l'analisi della Vergine di Guadalupe, in veste di Immacolata India - il volume è sul tema dell'Immacolata secondo un'ottica che può definirsi plurale affrontando i molteplici contesti - devozionali, cultuali, antropologici, politici, economici, sociali - che interagiscono in un affascinante gioco di intrecci. (Estratto da comunicato stampa Ufficio stampa Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria)
Mario Del Monaco: Dietro le quinte - Le luci e le ombre di Otello
(Behind the scenes - Othello in and out of the spotlight)
di Paola Caterina Del Monaco, prefazione di Enrico Stinchelli, Aerial Editrice, 2007 Presentazione
Le stelle danzanti. Il romanzo dell'impresa fiumana
di Gabriele Marconi, ed. Vallecchi, pagg.324, Euro 15,00
www.vallecchi.it
L'Impresa fiumana fu un sogno condiviso e realizzato. Uno slancio d'amore che non ha eguali nella storia. D'Annunzio, fu l'interprete ispiratore di quello slancio, il Comandante, il Vate che guidò quella straordinaria avventura, ma protagonisti assoluti furono i tantissimi giovani che si riversarono nella città irredenta e là rimasero per oltre un anno. L'età media dei soldati che, da soli o a battaglioni interi, parteciparono all'impresa era di ventitré anni. Il simbolo di quell'esperienza straordinaria furono le stelle dell'Orsa Maggiore, che nel nostro cielo indicano la Stella Polare. Il romanzo narra le vicende di Giulio Jentile e Marco Paganoni, due giovani arditi che hanno stretto una salda amicizia al fronte. Dopo la vittoria, nel novembre del 1918 si recano a Trieste per far visita a Daria, crocerossina ferita in battaglia di cui sono ambedue innamorati.
Dopo alcuni giorni i due amici faranno ritorno alle rispettive famiglie ma l'inquietudine dei reduci impedisce un ritorno alla normalità. Nel febbraio del 1920 li ritroviamo a Fiume, ricongiungersi con Daria, uniti da un unico desiderio. Fiume è un calderone in ebollizione: patrioti, artisti, rivoluzionari e avventurieri di ogni parte d'Europa affollano la città in un clima rivoluzionario-libertino. Marco è tra coloro che sono a stretto contatto con il Comandante mentre Giulio preferisce allontanarsi dalla città e si unisce agli uscocchi, i legionari che avevano il compito di approvvigionare con i beni di prima necessità anche con azioni di pirateria. (...) Gabriele Marconi (1961) è direttore responsabile del mensile "Area", è tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana e il suo esordio narrativo è con un racconto del 1988 finalista al Premio Tolkien.
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