La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007
Marco Tagliafico | All Over
14 settembre (inaugurazione) - 21 ottobre 2023
A Pick Gallery - Torino www.apickgallery.com
Personale di Marco Tagliafico, Degree of separation, e collettiva di artisti berlinesi All over (Antje Blumenstein, Fritz Bornstück, Anina Brisolla, Sven Drühl, Jay Gard, Lennart Grau, Philip Grözinger, Gudny Gudmundsdottir, Zora Jankovic, Michelle Jezierski, Franziska Klotz, Karsten Konrad, Jan Muche, Manfred Peckl, Paul Pretzer, Tanja Rochelmeyer, Michael Wutz).
Marco Tagliafico (Alessandria, 1985) elabora paesaggi che oscillano tra astrazione e figurazione, in un equilibrato mix di fotografia, pittura e disegno. La mostra si articola in una narrazione della serie Aria di vetro dove, attraverso la sovrapposizione di stampe analogiche, cianotipie e lastre di vetro dipinte, le immagini si fondono, sfumano e perdono la loro definizione iniziale. Il vetro dipinto e posto davanti alle fotografie impedisce di vedere alcune parti dell'immagine e ne enfatizza altre, così come la nostra percezione tende spesso a essere parziale e distorta.
In sequenza, una serie di opere dello stesso formato, eseguite in varie tonalità di blu, creano diverse linee di orizzonte su un'intera parete. Ogni opera contiene un paesaggio e tutte insieme danno vita a paesaggi inediti. A seconda del colore e della tecnica, le opere possono suggerire all'osservatore alte vette di montagna o profondità marine. Elemento fondamentale della poetica di Tagliafico è la continua ricerca di un orizzonte, uno sguardo verso qualcosa che per sua natura si allontana e sfugge continuamente. Per Degree of separation l'artista ha pensato ad un intervento site-specific in grado di far entrare materialmente l'osservatore nel suo lavoro. L'opera si espande nello spazio mostrando i vari layer che normalmente non si palesano interamente.
La collettiva All over, snodandosi sul territorio di Berlino, propone le opere di 17 artisti che vivono e lavorano nella capitale tedesca. Antje Blumenstein (Dresden - Germania, 1967) elabora opere tridimensionali, lastre di alluminio e oggetti al neon, creati senza un sistema matematico fisso, seguendo un processo creativo quasi casuale, con l'intento di sviluppare un sistema che aggiri le limitazioni imposte dalle abitudini di visione e di pensiero, per ampliare l'immaginazione spaziale. Nelle opere di Fritz Bornstück (Weilburg - Germania, 1982) vediamo oggetti quotidiani abbandonati, piante rampicanti e piccoli uccelli colorati: sono le eredità dimenticate della civiltà umana. Usati e rotti, ricomposti in assemblaggi assurdi e resi con colori malinconici e pacati, essi ottengono una seconda vita, al di là delle loro funzioni originarie.
Le opere di Anina Brisolla (Hamburg - Germania, 1976) combinano immagini e tecniche di stampa digitale con elementi analogici come disegno e pittura. L'esito della sua ricerca si sviluppa in opere grafiche, collage e oggetti, immagini in movimento e video in loop. Nel suo lavoro, Brisolla riflette sulla privatizzazione e sui rapporti di potere che derivano dalle molteplici relazioni tra uomo, natura e spazio. Negli ultimi anni la ricerca di Sven Drühl (Nassau - Germania, 1968) nasce dalle fotografie o da grafiche vettoriali provenienti dai contesti della realtà virtuale e del gioco. Questi vettori vengono tradotti in scenari dall'aspetto realistico realizzati con sovrapposizioni di lacche, dove i paesaggi creati si confondono con il paesaggio reale e portano lo spettatore a non riconoscere ciò che vede.
Le opere di Jay Gard (Halle - Germania, 1984) si riferiscono alla società contemporanea satura di comunicazione. Il loro design diventa un'iconografia dei segni e delle espressioni grafiche da cui siamo bombardati ogni giorno. La sua ricerca è dominata da forme geometriche rigorose, realizzate con materiali industriali come legno, acciaio e compensato, le cui superfici sono dipinte con colori industriali e riportano tracce di calcoli e dimensioni. Lennart Grau (Krefeld - Germania, 1981) si concentra sulla pittura classica, con riferimenti alla leggerezza e alla disinvoltura del rococò. Angeli, nature morte classiche e messinscene epiche, vengono distorti nella loro rappresentazione, poiché le figure appaiono senza volto. La sua attenzione si concentra anche sulla rappresentazione della luce e dell'atmosfera, per le quali si ispira all'Impressionismo, in un giusto bilanciamento tra figura e astrazione.
Philip Grözinger (Braunschweig - Germania, 1972) invita lo spettatore a unirsi a lui in un viaggio surreale attraverso le tradizioni pittoriche della cultura pop degli ultimi decenni. Bizzarre figure con caratteristiche umane si incontrano in un cosmo immaginario, sullo sfondo di mondi astratti, che seguono leggi fisiche a noi sconosciute. Il lavoro di Gudny Gudmundsdottir (Iceland, 1970) si divide tra diversi metodi e temi. Spazia dal figurativo all'astratto e propone l'interazione tra bidimensionale e tridimensionale, esterno e interno, complessità e semplicità, visibile e invisibile.
Zora Jankovic (Ljubljana - Slovenia, 1978) attraverso le sue opere - siano esse in marmo, cemento, acciaio o lavori fotografici - si concentra sugli effetti, anche accidentali, che l'esecuzione precisa delle tecniche artistiche nella scultura e nella fotografia può produrre. Elementi di forma ruvidi, rettilinei, rotondi, cavi, spigolosi, massicci e flessuosi sono quelli che l'artista incorpora nelle sue opere, e nell'interazione con gli elementi di cemento, a volte lasciati grezzi dalla colata, a volte lisciati, le sculture rivelano una natura sfaccettata che si riferisce in particolare al processo della loro creazione.
Con i suoi paesaggi astratti, Michelle Jezierski (Berlin, 1981) esplora la percezione, l'ordine e il caos. Le tele, frammentate e intersecate da forme geometriche, hanno l'aspetto di un collage, forma che utilizza anche per contrastare la qualità fluida della pittura con i bordi rigidi degli oggetti. Jezierski si concentra sull'ambiente che la circonda, quello che l'occhio può vedere e le complessità coinvolte nel processo di visione. Alla base della ricerca di Franziska Klotz (Dresden - Germania, 1979) vi sono i colori, l'interazione con essi, il loro effetto e la loro materialità. L'esame della realtà e le domande esistenziali sull'essere sono per lei fondamentali quanto i mezzi pittorici in sé. Dipinge paesaggi, figure o strutture che osserva nella vita reale, mettendo in luce gli opposti: buio e luce, freddo e caldo, forma e caos.
Molle di metallo, mobili in legno curvato, piatti di porcellana, appendiabiti, maniglie di plastica, doghe di legno: Karsten Konrad (Würzburg - Germania, 1962) assembla oggetti di uso quotidiano per creare esplosioni architettoniche. Intreccia prodotti usa e getta, cianfrusaglie e materiali pregiati per creare opere tridimensionali e scultoree. Le sculture di Konrad hanno sempre come punto di partenza il confronto dell'artista con l'architettura che ci circonda e con i grandi movimenti artistici del XX secolo. (Comunicato stampa)
Elisa Seitzinger
"Sacro Fuoco"
21 settembre - 22 ottobre 2023
Cavallerizza - Torino
Mostra di Elisa Seitzinger, illustratrice contemporanea tra i dieci autori più influenti d'Italia, che negli ultimi anni ha raggiunto importanti riconoscimenti nazionali e internazionali. Il titolo della mostra, 'Sacro Fuoco' è una sorta di manifesto. È il fuoco sacro che spinge l'artista a creare libero da vincoli, se non quelli imposti dal proprio sentire. Ma che altresì spinge chi artista non è a riconoscere l'arte e farne momento emozionale e formativo.
Paolo Lampugnani, curatore della mostra: 'Al sonno presiedono gli archetipi umani che Seitzinger rielabora a partire dall'universo junghiano, concetti cui il sogno ha dato forma fisica. Mute, incombenti presenze a significare altresì la possibilità, anzi, l'intima esigenza di ognuno, di partecipare del fuoco sacro dell'arte in quanto rappresentazione della realtà mediata dall'immaginario visivo dell'artista. Le imponenti figure alle pareti, in qualche modo evoluzione degli arcani maggiori dei tarocchi, dove colore e forma la fanno da padrone, documentano il nuovo sentire dell'artista riguardo al trattamento delle immagini.
L'intenzione di creare vere e proprie installazioni site specific, che divengono il cuore della mostra stessa, pur affiancate dalle tavole realizzate in veste di illustratrice, dimostra con evidenza il nuovo cammino intrapreso dall'artista che, ben lungi dal recusare la propria storia e vocazione, ne amplia il significato conferendo nuovo vigore e coscienza, con l'idea di obbedire a un intento puramente creativo e artistico, non vincolato cioè a esigenze esterne. E se il contenuto visivo non cambia in apparenza, a cambiare in modo significativo è la modalità espositiva, intesa non come mero esercizio ma sottesa da preciso concetto informativo, avvicinandosi ai modi dell'arte contemporanea'.
Una seconda installazione si incontra lungo un'intera parete delle scuderie dove il racconto del quotidiano nell'atto creativo è testimoniato da una serie ininterrotta di schizzi, lavori preparatori, stralci di letture e immagini a rappresentare in modo sincronico quanto, celato nello spazio di lavoro dell'artista, sottende ogni singola opera. L'idea e il pensiero di Elisa Seitzinger: "Ho percepito la Cavallerizza Reale come uno spazio onirico, che ha evocato nella mia mente il tempio descritto da Borges ne "Le rovine circolari".
Un luogo sacro, decaduto, dove il protagonista si reca per sognare. Il suo scopo è plasmare il sogno affinché viva di vita propria rendendosi conto che "l'impegno di modellare la materia incoerente e vertiginosa di cui sono composti i sogni è il più arduo che un uomo possa intraprendere". Finché, dopo molto tempo, "nel sogno dell'uomo che sognava, colui che era sognato si svegliò". Il protagonista sembra aver concretizzato una creatura emersa dalla sua immaginazione salvo poi, alla fine del racconto, comprendere che anche lui non è altro che un sogno. "Sacro fuoco" è allora un'emersione nella materia di cui noi stessi esseri umani siamo fatti, l'immaginazione".
Completa il lavoro site specific il video realizzato in occasione della performance che ha visto un cavallo, esaltato nell'aspetto dalla stupenda gualdrappa realizzata ad hoc, correre per l'ultima volta nella reale cavallerizza. Il sogno si fa realtà prima di tornare evanescente nella sua sostanza ma, per una volta ancora vivente grazie alle immagini. La restante parte dell'esposizione racconta, con opere scelte, gli ultimi dieci anni di attività della Seitzinger: progetti specifici come il più recente mazzo di tarocchi realizzato e qui esposto integralmente in una lunga teoria, collaborazioni con scrittori e musicisti, libri d'arte, immagini per magazine, quotidiani, campagne pubblicitarie che hanno valso all'artista numerosi premi e riconoscimenti.
Elisa Seitzinger lavora come illustratrice e artista visiva. Ha studiato disegno e storia dell'arte a Firenze, Atlanta, Nizza e Londra. Dal 2015 al 2020 è stata docente di morfologia e dinamica della forma e iconografia all'Istituto Europeo di Design di Torino. Il suo percorso, ispirato ai codici stilistici dell'arte classica, dell'arte medievale sacra e cortese, della pittura primitiva, delle icone russe e dei mosaici bizantini, parte sempre dal disegno manuale a china, inseguendo una bidimensionalità e una staticità dalla forte carica simbolica. (Estratto da comunicato stampa)
"What is Europe to you?"
Il racconto fotografico europeo di Lisa Borgiani
06 settembre - 14 ottobre 2023
Spazio Esperienza Europa - David Sassoli - Roma www.whatseurope.eu
Un racconto per immagini che sino a oggi ha portato Lisa Borgiani (Verona, 1979) in diverse città d'Europa: nel 2019 ad Atene e a Berlino; a Milano e a Roma nel 2020; nel 2021 a Parigi e nell'isola di Ventotene in occasione della Giornata dell'Europa; nel 2022 a Budapest, a Gubin in Polonia e a Malta; nel 2023 a Riga, Vilnius, Tallinn, Strasburgo, Madrid, Dresda e Bonn. Un viaggio che, dopo la tappa espositiva a Roma, riprenderà nei prossimi mesi, portando l'autrice di nuovo in giro per l'Europa, a partire da Bruxelles e Vienna.
A oggi Lisa Borgiani ha raccolto più di 1200 ritratti e sentimenti: in ogni città ha scelto di fotografare gli abitanti dei quartieri che dal centro vanno verso la periferia in modo da offrire uno spaccato sociale diversificato e significativo capace di evidenziare molteplici sentimenti e pareri associati all'Europa: «Le persone coinvolte sono scelte sempre a caso, magari mentre camminano per strada, e questo per avere da loro una risposta immediata, spontanea, quasi istintiva» spiega l'autrice. Ogni opera è composta da una fotografia in bianco e nero delle persone interpellate (spesso anche evidenziando il contesto urbano o abitativo in cui si trovavano), dal nome della persona In collaborazione con fotografata, dalla sua professione, dal luogo dove è stato fatto lo scatto, da una parola chiave che riassume la loro idea di Europa.
"What is Europe to you?" è un percorso artistico alla ricerca di sentimenti, che si esplicita attraverso un dialogo tra immagini e parole di ogni individuo incontrato senza alcuna distinzione. I testi, accanto ai ritratti, funzionano quindi come "voci" che esprimono i sentimenti sull'Europa espressi dalle persone fotografate. In un'Europa dove è sempre più urgente raggiungere piena coesione nelle scelte politiche, economiche e sociali, il progetto di Lisa Borgiani si propone come un importante spaccato, chiedendo direttamente ai cittadini europei cosa pensano dell'Europa in cui vivono e quali sono le loro aspettative, i loro desideri, le loro critiche. Quello che emerge è un insieme variegato di opinioni spesso contrastanti, dove accanto alle parole caos e fallimento, si contrappongono concetti quali inclusione, opportunità, libertà, pace, speranza, bellezza. (Estratto da comunicato stampa)
Hope
29 settembre 2023 (inaugurazione ore 19.00) - 25 febbraio 2024
Museion - Museo d'arte moderna e contemporanea di Bolzano www.museion.it
Una mostra collettiva internazionale che esplora possibili spazi di speranza tra scienza e finzione. Curata da Bart van der Heide e Leonie Radine in collaborazione con il musicista, teorico e scrittore DeForrest Brown, Jr., HOPE conclude la trilogia Techno Humanities con un'ode alle scienze umane nel loro stretto legame con i musei come luoghi attivi di costruzione del mondo. La mostra, che occupa l'intera superficie del museo, comprende opere transdisciplinari di artiste e artisti appartenenti a diverse generazioni.
È inoltre parte del progetto espositivo un'antologia di testi critici (Hatje Cantz) e un ampio programma di mediazione e di eventi. Dalla sua inaugurazione, esattamente 15 anni fa, l'edificio di Museion è stato spesso descritto come un'architettura extraterrestre, come un UFO atterrato nel centro di Bolzano. HOPE sottolinea questa immagine simbolica del museo come un'astronave, una capsula del tempo, un portale verso un'altra dimensione. Museion si trasforma così in un luogo di produzione di meraviglia, in cui scienza e finzione si fondono per affermare la speranza come pratica critica attiva.
La mostra include opere di Almare, Sophia Al-Maria, Ei Arakawa, Trisha Baga, Neïl Beloufa, Black Quantum Futurism, Tony Cokes, Irene Fenara, Michael Fliri, Petrit Halilaj, Matthew Angelo Harrison, AbuQadim Haqq, Andrei Koschmieder, Maggie Lee, Lawrence Lek, Nicola L., Linda Jasmin Mayer, Beatrice Marchi, Bojan Šarcevic, Marina Sula, Suzanne Treister, Ilaria Vinci, LuYang, e opere dalla Collezione Museion di Allora & Calzadilla, Shusaku Arakawa, Ulrike Bernard & Caroline Profanter, Shu Lea Cheang, Tacita Dean, Sonia Leimer, Ana Lupas e Riccardo Previdi. (Comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Antonia Campanella
"Anima(re) i riflessi"
16 settembre (inaugurazione) - 28 settembre 2023
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova
info@ariannasartori.eu
Antonia Campanella, architetto, docente e operatore culturale, da sempre affianca agli studi scientifici ad una ricerca nell'ambito delle arti figurative, pittura, calligrafia, legatoria e grafica d'arte. Si forma presso, la Scuola del Castello Sforzesco di Milano, la Scuola Internazionale di grafica a Venezia e l'Accademia Carrara di Bergamo. Dopo una prima fase espressionista, negli anni successivi, lavora nella direzione di una rinnovata ricerca figurativa utilizzando un linguaggio nuovo che consente l'unione fra vari livelli concettuali.
Anche la tecnica subisce una profonda trasformazione, unisce l'incisione e la grafica a materiali tecnici insoliti, proponendo stratificazioni visive e scenari suggestivi. Fonda e dirige l'associazione Artistica "La Forza del Segno", proponendo iniziative espositive e di ricerca in campo artistico. Espone in diverse città italiane e straniere, le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private. La mostra "Anima(re) i riflessi" è curata da Arianna Sartori.
- Presentazione di Santa Fizzarotti Selvaggi
Un'atmosfera internazionale si respira dinnanzi alle opere di Antonia Campanella. Di radici pugliesi si è nutrita questa artista eclettica, che interpreta i desideri e le ansie del nostro fragile tempo. Interessanti ed inusuali le citazioni dal sapore surreale, dove si percepiscono il profumi mediterranei. Si intravedono le figure sinuose di personaggi fumettistici o di misteriose divinità, ninfee di terre e di acque, di quel mare di transiti che apre gli orizzonti del non ancora. Si tratta di un fare arte che si fa specchio di "spiriti danzanti" alla ricerca di un'antica verità, di quel sentire la femminilità, in grado di inchiodare la falsa coscienza della contemporaneità, complice del predatore che si nasconde nei più remoti angoli dell'inconscio, pronto ad emergere in una sorta di mattanza della creatività dell'altra metà del cielo.
Le opere di Antonia Campanella racchiudono molteplici sensi, che dalla plasticità della figura traggono la possibilità di percorrere i sentieri di una cosmica spiritualità, senza orpelli, poiché ogni creatura, comprese le invenzioni della mente umana, sono le tessere di un infinito mosaico, in cui ciascun essere si riconosce parte di un altro, se pur lontano nello spazio e nel tempo. L'artista, pertanto, ci rende consapevoli di quell'"anima mundi" che ci restituisce al fluire dell'esistenza. (Comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Antonia Campanella, Mille papaveri rossi, cm. 70x70, 2019
2. Antonia Campanella, Incontri Marini, cm. 70x70, 2018
3. Antonia Campanella, Marine Litter, cm. 70x70, 2022
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La stampa d'arte a Mantova dal 1800 ad oggi
17 settembre (inaugurazione) - 15 ottobre 2023
Casa Museo Sartori - Castel D'Ario (Mantova) Presentazione
Sergio Altieri. "Da Fratta a Colloredo per arrivare a Mantova. Omaggio a Ippolito Nievo"
02 settembre (inaugurazione) - 21 settembre 2023
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova Presentazione
Suzanne Jackson
"Somethings in the World"
15 settembre - 17 dicembre 2023
GAM Galleria d'Arte Moderna - Milano
La mostra, a cura di Bruna Roccasalva, la prima dedicata all'artista da un'istituzione europea, offre uno sguardo sulla ricerca che Suzanne Jackson porta avanti da più di cinquant'anni e ne ricostruisce i nuclei fondamentali. Suzanne Jackson è un'artista americana la cui pratica abbraccia un campo d'indagine ampio che esplora le potenzialità della pittura e si nutre di esperienze nella danza, nel teatro, nella poesia. La produzione iniziale di matrice pittorica e figurativa, popolata di personaggi, animali, simboli ancestrali e riferimenti alla natura, si evolve negli anni approssimandosi progressivamente all'astrazione, fino ad approdare all'elaborazione di un vocabolario molto personale in cui la pittura assume una dimensione scultorea e ambientale.
Somethings in the World nasce dall'idea di ripercorrere e presentare i diversi momenti della produzione di Jackson rintracciandone gli elementi ricorrenti, dagli esordi fino agli esiti più recenti, attraverso una selezione circoscritta e puntuale delle famiglie di opere più rappresentative. L'insieme delle ventisette opere in mostra, tra lavori iconici, inediti e nuove produzioni, crea una narrazione che accompagna il visitatore all'interno dell'universo dell'artista, evocando allo stesso tempo un confronto e un dialogo con il contesto della GAM e le opere della collezione permanente: dal nitido neoclassicismo di Canova, ai dipinti divisionisti di Segantini, Previati e Pellizza da Volpedo, fino alle straordinarie sperimentazioni di luce e materia delle sculture di Medardo Rosso.
Nelle intenzioni di Suzanne Jackson, ribadite nel titolo di questa mostra, il suo lavoro deve innanzitutto restituire la sua esperienza "nel" mondo e "del" mondo. Tutta la produzione dell'artista è infatti scandita da fasi che sono strettamente correlate alle sue vicende biografiche, e che confluiscono le une nelle altre, mescolandosi e confondendosi continuamente negli anni: un intrecciarsi costante della dimensione privata e personale con quella artistica e professionale che la mostra racconta attraverso un percorso espositivo costruito non cronologicamente ma per associazioni e corrispondenze, a sottolineare legami e continui rimandi tra temi, tecniche e linguaggi.
Nella prima sala, opere di periodi diversi come Ma-Yaa (1994-98), 9, Billie, Mingus, Monk's (2003), entrambe mai esposte prima d'ora, e Singin', in Sweetcake's Storm (2017) mettono in luce la stratificazione come aspetto centrale, non solo dal punto di vista tecnico e materiale, ma anche in termini iconografici e di significato. La stratificazione è infatti una chiave di lettura fondamentale della figura di Jackson, il cui evolversi come artista deriva da esperienze e idee maturate nel tempo e la cui opera va letta come il risultato della loro sedimentazione piuttosto che di rotture stilistiche attribuite a cambiamenti estetici.
All'amore per la natura, che attraversa tutto il lavoro dell'artista, è dedicata la seconda sala con un'ampia selezione di opere inedite su carta che hanno come uniche protagoniste delle foglie (dalla serie Idyllwild leaves, 1982-84). Accanto a queste, un lavoro iconico come Triplical Communications (1969), ci parla dell'interconnessione tra lo spirito, l'umano e la natura, mentre somethings in the world (2011), un'opera in larga scala qui esposta per la prima volta, dimostra come l'amore per la natura si traduca per l'artista anche in una costante attenzione al riciclo e al riutilizzo di materiali di recupero, tra cui la "Bogus paper", una carta dismessa e recuperata sui set teatrali. L'uso di varie tipologie di carta, rare e comuni, come supporto alternativo alla tela segna l'inizio di un'indagine sulle possibilità strutturali della pittura che porterà il lavoro di Jackson in direzioni del tutto imprevedibili.
Nella sala successiva il monumentale trittico In A Black Man's Garden (1973) esemplifica la produzione degli anni Settanta in cui Jackson, utilizzando una tecnica di pittura ad acrilico simile all'acquerello, restituisce in modo poetico la bellezza della natura attraverso tutti gli elementi che la compongono, piante, animali, essere umani. Le forme sembrano fluttuare sulla superficie della tela grazie a uno sfondo bianco gesso, distintivo della produzione pittorica di questo periodo in cui le immagini sono ottenute dalla stesura progressiva di velature di colore che danno loro una consistenza evanescente e rivelano il lungo processo di lavorazione e rielaborazione. L'accostamento di questo dipinto a due opere successive come Joan's Wind (1997) e The ‘white-eyes' shift (2022) chiarisce gli estremi tra cui si muove la ricerca pittorica dell'artista e i molteplici esperimenti con la materia di cui si nutre.
Il percorso continua nella quarta sala dedicata all'aspetto più scultoreo del lavoro di Jackson, con opere recenti come Red Top (2021), Quick Jack Slide (2021) e l'inedita future forest (2023), realizzata in occasione della mostra, che dimostrano come la sua continua sperimentazione di tecniche arrivi a scardinare una netta distinzione tra forme espressive e linguaggi diversi, approssimando la pittura alla scultura e viceversa.
A chiudere la mostra sono le produzioni pittoriche più recenti, una serie di lavori che consistono in densi strati di acrilico puro che fa sia da medium che da supporto, come Rag-to-Wobble (2020) e il monumentale deepest ocean, what we do not know, we might see? (2021). Utilizzando vernici ora opache e ora iridescenti e creando variazioni di spessore e di trasparenza, l'artista stende l'acrilico in strati variamente addensati che generano forme dai contorni irregolari e organici, e fanno sì che la materia pittorica reagisca dinamicamente alla luce che la attraversa e ai movimenti dello spettatore.
Note come "anti-canvas" (anti-tele), queste opere sono state recentemente definite anche "environmental abstraction"(astrazione ambientale), un'accezione, quest'ultima, che Jackson ama particolarmente perché sottolinea come il suo approccio, che recupera e riutilizza materiali di scarto e avanzi di pittura per dare integrità strutturale al dipinto, sia innanzitutto il riflesso del senso di responsabilità sociale nei confronti di tutto quello che la circonda, dell'attenzione alle dinamiche relazionali tra uomo e natura, e dell'etica ambientalista che contraddistingue tutto il suo percorso, artistico e non solo. Dai dipinti onirici degli anni Settanta alle sperimentazioni radicali delle più recenti "anti-canvas", la mostra restituisce la complessità e l'evoluzione di una ricerca che ha sfidato e spinto i limiti della pittura verso scenari inaspettati. (Estratto da comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Douglas Andreetti e Giada Negri
"Portrait Experience" | Fotoritratti illustrati
10 ottobre (inaugurazione ore 16.00-20.00) - 26 ottobre 2023
Lab 1930 Fotografia contemporanea - Milano www.lab1930.com
Nuova mostra firmata AION artstudio, il duo formato da Douglas Andreetti e Giada Negri, lui affermato ritrattista e lei nota illustratrice, che lavorano insieme dal 2020. La fotografia che si trasforma in visione magica nel tempo e nello spazio attraverso un'audace e attenta rielaborazione illustrata, per trasmettere sentimenti ed emozioni nuove. Il filo invisibile che unisce fotografia e illustrazione, realtà e finzione narrativa, testimonianza e interpretazione, è il cuore della produzione artistica di AION artstudio, che fissano l'attimo indelebile che inizia nel momento dello scatto e che si trasforma, con estrema perizia tecnica e comunicativa, in una visione illustrata, realtà decorata che rinvia a volte alle fiabe della migliore tradizione europea.
"Portrait Experience" vuole essere una mostra work in progress che ha bisogno della partecipazione del pubblico per sbocciare e prendere poco alla volta forma sulle pareti della galleria, arricchendosi giorno dopo giorno di nuovi ritratti. Si presenta infatti come un happening che inizierà il giorno dell'inaugurazione e si concluderà con il giorno del finissage, quando i partecipanti alle sessioni fotografiche potranno finalmente prendere il proprio ritratto incorniciato e portarselo a casa.
Durante le due settimane di apertura della mostra, oltre al giorno dell'inaugurazione, il pubblico potrà prenotarsi per uno shooting illustrato a pagamento e al quale potranno partecipare tutti. La mostra è inserita nel programma della 18ª edizione di Photofestival, la rassegna di fotografia d'autore che dal 15 settembre al 31 ottobre 2023 propone un ricco programma di mostre e altre iniziative diffuse sul territorio metropolitano di Milano e in alcune province lombarde, per promuovere la cultura dell'immagine (milanophotofestival.it).
- Tre le tipologie di foto ritratto:
.. Fotoritratto: tutto in un solo click, realizzato da Douglas Andreetti, ritrattista affermato che darà la possibilità di portarsi a casa un'opera fotografica che tutti ti invidieranno.
.. Fotoritratto illustrato a pastelli: l'intervento magico di Giada Negri, stimata disegnatrice, renderà ancora più unico il tuo volto con qualche tocco di pastello colorato.
.. Fotoritratto illustrato con pittura digitale e pastelli: se si desidera davvero un sogno da appendere alla parete, Giada Negri prima dipingerà digitalmente sulla foto e poi la ritoccherà a mano con i pastelli, per un meraviglioso ritratto che fonde realtà e immaginazione.
Portrait Experience è declinata in tre formati, tutti con cornice, e costi differenti per venire incontro a tutti. Queste le misure disponibili: 20 x 15 cm (A5); 30 x 20 cm (A4); 40 x 30 cm (A3). Questi i costi: fotoritratto: 120 | 160 | 200 euro; fotoritratto e pastelli: 180 | 270 | 390 euro; fotoritratto, pittura digitale e pastelli: 540 | 850 | 960 euro.
Giada Negri (Como, 1982), illustratrice e docente di illustrazione presso il gruppo IED, collabora con case editrici nazionali e internazionali come Electa, Giunti, Erickson, Eli-La Spiga, Logos, Miles Kelly, Buttercup Publishing, Dogan Egmont, con enti come Unicef, WWF e Save the Children e per giornali e riviste quali "La Naciòn de Costa Rica", "la Repubblica", "Corriere della Sera" e "Brightness Magazine". Le sue immagini sono state utilizzate anche da marchi come Bulgari, Toyota e Roberto Cavalli, sono state pubblicate in diverse nazioni tra cui il Canada, l'Iran, la Germania e la Russia e sono state esposte in varie mostre tra cui al PalaEXpo di Roma nel 2009 in occasione della mostra "Deredia a Roma". È rappresentata come illustratrice da Farina Art Group. Dal 2020 con Douglas Andreetti forma il duo AION artstudio.
Douglas Andreetti (Milano, 1970), fotografo ritrattista, collabora da oltre venti anni con le più importanti agenzie pubblicitarie e testate giornalistiche nazionali e internazionali. Con il duo max&douglas realizza numerose copertine per riviste quali "Sportweek", "GQ", "Rolling Stone", "Vanityfair" e "Wired". Risale al 2002 la personale di max&douglas MTV stills in collaborazione con MTV Italia (Milano) seguita nel novembre 2005 da Sport's, una raccolta di innumerevoli ritratti di sportivi italiani e stranieri presso l'hotel Hilton Milan. Nel 2014 la Triennale di Milano dedica al duo la mostra personale b/reflected patrocinata dalle Nazioni Unite: 50 ritratti allo specchio di volti noti della musica, del cinema, dello sport e della televisione. Attualmente collabora a campagne di comunicazione per aziende, redazioni e gallerie d'arte. Dal 2020 collabora con Giada Negri formando il duo AION artstudio. (Comunicato Ufficio stampa De Angelis Press, Milano)
___ Presentazione di altre mostre di fotografia nella newsletter Kritik
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23 settembre 2023 - 07 gennaio 2024
Museo Civico San Domenico - Forlì Presentazione
Mario Cravo Neto. "Destino"
27 ottobre 2023 (inugurazione) - 02 marzo 2024
Paci Contemporary Gallery - Brescia Presentazione
George Tatge. "Italia metafisica"
28 luglio - 08 ottobre 2023
Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC) - Foligno Presentazione
Franco Carlisi e Francesco Cito. "Romanzo italiano"
12 ottobre (inaugurazione) - 05 novembre 2023
Spazio Field - Roma Presentazione
Agnese Garrone e Dominique Laugé. "Stand E 015"
18 maggio (inaugurazione) - 30 settembre 2023 (chiuso dal 27 luglio al 4 settembre)
Galleria 70 - Milano Presentazione
Albert Renger-Patzsch | Ruth Hallensleben. "a dialogue"
29 aprile (inaugurazione) - 08 ottobre 2023
spazio Rolla.info - Bruzella (Svizzera) Presentazione
Robert Capa. L'opera 1932-1954
06 maggio - 24 settembre 2023
Centro Saint-Bénin - Aosta Presentazione
What Mad Pursuit. Aglaia Konrad, Armin Linke, Bas Princen
07 aprile - 22 ottobre 2023
Teatro dell'architettura - Mendrisio (Svizzera) Presentazione
Giuseppe Umberto Cavaliere. "Corrispondenze"
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23 settembre 2023 - 07 gennaio 2024
Museo Civico San Domenico - Forlì
www.mostrefotograficheforli.it
Una leggenda della fotografia del XX secolo: Eve Arnold, la prima donna, insieme a Inge Morath, a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos nel 1951. La mostra, a cura di Monica Poggi, nasce dalla collaborazione tra l'istituzione forlivese con CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, Torino, ed è realizzata d'intesa con Magnum Photos. Negli anni, davanti al suo obiettivo, sono passati dive e divi del cinema, sfilate di moda e reportage d'inchiesta ancora attuali nello sguardo. Per questo la mostra si articola in un ampio percorso tra 170 fotografie: un vero e proprio viaggio all'interno della produzione della fotografa statunitense, sancita anche nel passaggio dal bianco e nero agli scatti a colori.
«Al centro del lavoro di Eve Arnold - sottolinea Monica Poggi, curatrice della mostra - c'è sempre l'essere umano e il motivo che l'ha portato a essere lì dov'è. Che i suoi soggetti siano celebrità acclamate in tutto il mondo, o migranti vestiti di stracci, poco cambia». La comunità afroamericana è stata la prima protagonista dei suoi scatti: inaugura infatti la sua carriera ritraendo le modelle delle sfilate di Harlem dietro le quinte, sovvertendo i canoni della fotografia di moda, abbandonando la posa in favore della spontaneità e dando dignità a un mondo sommerso.
Nello stesso periodo si occupa di un reportage sulla famiglia Davis residente a Long Island. Considerata una famiglia "tipo" americana, discendente dai primi coloni, i Davis possiedono diversi terreni dove sfruttano braccianti neri: un'occasione per la Arnold per mostrare le due facce del boom economico degli anni '50 e mostrare al mondo il prezzo pagato dagli ultimi in nome degli affari. La fragilità, a partire dalla propria, è al centro anche di un lavoro di rara profondità, che le permette di attraversare il dolore per la perdita di un figlio traducendo in immagini quanto è venuto a mancare. Eccola dunque impegnata a immortalare i primi istanti di decine di neonati presso il Mather Hospital di Port Jefferson, riuscendo ancora una volta a cogliere l'essenza più pura di quanto si trova davanti.
Dopo l'ingresso in Magnum comincia a entrare in contatto con il mondo dello spettacolo. Come primo incarico deve ritrarre Marlene Dietrich, la diva per eccellenza del cinema muto, durante l'incisione del suo album. La fotografa non si fa intimorire dal peso specifico di quella notorietà e inizia a fotografarla senza sosta, cogliendo la natura più vera di quell'immagine già tanto iconica. Nonostante le numerose indicazioni della Dietrich in fase di post-produzione, Eve Arnold decide semplicemente di ristampare meglio le foto e spedirle ad Esquire: un gesto coraggioso che ha scardinato l'immagine impalpabile della superstar tedesca, conquistando però anche la sua fiducia e apprezzamento.
Ed è proprio a questa filosofia che si rifà quando dovrà ritrarre Joan Crawford durante gli innumerevoli "riti" estetici prima di entrare sul set, affidandosi all'istinto e al suo sguardo vorace e acuto e arrivando così a mostrare il lato più intimo e autentico di un mito. Al vertice della sua produzione legata al mondo di Hollywood troviamo Marilyn Monroe: «Il legame che ci univa ruotava tutto intorno alla fotografia. Le mie foto le piacevano ed era abbastanza arguta da capire che rappresentavano un modo nuovo di ritrarla», spiegò poi la stessa Eve Arnold.
Erano ritratti lontani dall'immaginario già legato alla diva, scomposti, realizzati dopo lunghe giornate di set, non più irraggiungibile. Sempre grazie a Magnum cominciano anche gli incarichi internazionali, che la fanno tornare a una fotografia più impegnata. Nel 1979 si recherà in Cina per documentare il cambiamento del Paese dopo l'insediamento di Deng Xiaoping, sempre più aperto verso l'occidente, sempre più decisa a far emergere quanto diversamente celato.
La descrizione più lucida e diretta del suo lavoro è probabilmente lei stessa a darla, fornendo anche la più chiara delle indicazioni di poetica «Sono stata povera e ho voluto ritrarre la povertà; ho perso un figlio e sono stata ossessionata dalle nascite; mi interessava la politica e ho voluto scoprire come influiva sulle nostre vite; sono una donna e volevo sapere delle altre donne». L'esposizione è accompagnata dal catalogo "Eve Arnold", edito da Dario Cimorelli editore. (Estratto da comunicato stampa Lara Facco P&C, Milano)
Anri Sala
14 settembre (inaugurazione ore 19.00-21.00) - 04 novembre 2023
alfonsoartiaco - Napoli www.alfonsoartiaco.com
Anri Sala presenta un'inedita serie di affreschi realizzata nella città di Napoli. La scelta di questa tecnica antica porta con sé una complessità legata ai ritmi d'esecuzione. Per questa ragione l'artista ha scandito la sua produzione in "giornate". Ad ogni giornata corrisponde l'inizio e la conclusione di una parte di opera, poiché la base di intonaco può essere dipinta solo finché umida, una volta asciutta non ammette ritocchi. Alla sicurezza del progetto si somma però l'incertezza dell'esito: "(...) perché i colori mentre che il muro è molle, mostrano una cosa in un modo, che poi secco non è più quella", così Giorgio Vasari spiega ne Le Vite l'ulteriore abilità di previsione che bisogna tenere a mente.
Nelle opere di Anri Sala, oltre a questo processo, frammenti di marmo si innestano sulla superficie piana dell'affresco. L'artista ha dedicato intere giornate a contatto con i marmisti intraprendendo un dialogo costante in termini di scelta, modalità di lavorazione e resa. Cipollino, Radica e Tartaruga sono i marmi che emergono a sembrare complementi di parti dell'opera andate perdute. Le velature liquide dell'affresco entrano in contatto con il marmo, roccia metamorfica formatasi in millenni. Il pigmento minerale dei colori si amalgama alla consistenza minerale della pietra. Nella prima serie di lavori quasi astratti, Surface to Air, le nuvole fluttuano e si fondono con le forme marmoree, a tratti sinuose a tratti più spigolose.
Di nuovo un contrasto di natura: le nuvole che mutano frettolose il loro paesaggio sono cinte dai marmi decisi. Come il magma, sospeso nella sua natura transitoria, o come il mare l'attimo prima che le onde s'infrangano, così questi lavori paiono la cattura di un attimo strappato al suo inevitabile mutamento. La loro vera natura richiama un tempo lontano di cui la superficie è solo l'indice delle tante stratificazioni che ne hanno permesso la formazione. Nella seconda serie, Legenda Aurea Inversa, compare la figura. L'artista si rifà al ciclo che Piero della Francesca realizzò per la Cappella Bacci, nella Basilica di San Francesco ad Arezzo.
Il pittore rinascimentale riporta alcuni episodi della Legenda Aurea, raccolta medievale di Jacopo da Varazze che narra le vite dei santi. Sala ne cattura i particolari: la linea del soggetto segue sapientemente le venature del marmo, ma i colori accesi del Rinascimento si trasformano. Un gesto fotografico cala sulla rappresentazione. I toni si invertono, il positivo diventa negativo, le zone scure diventano luminose. I volti rosei acquisiscono le tonalità dei blu e dei verdi, così come le mani che sembrano livide, forse tese in uno sforzo. La modernità si riflette nel Quattrocento tramite un gesto analogico, conseguenza dello sviluppo fotografico. L'opera diventa una finestra metatemporale: il tempo contiene la molteplicità e quindi la sintesi di se stesso. (Comunicato stampa)
La stampa d'arte a Mantova dal 1800 ad oggi
17 settembre (inaugurazione) - 15 ottobre 2023
Casa Museo Sartori - Castel D'Ario (Mantova)
info@ariannasartori.191.it
In mostra le opere di 130 artisti mantovani, sui due piani aperti al pubblico, con un progetto espositivo a cura di Maria Gabriella Savoia e di Augusto Bosi, in modo da poter offrire un percorso temporale e non solo tra le rare e meravigliose opere grafiche esposte. La mostra, che nasce da un'idea e progetto di Adalberto e Arianna Sartori, è a cura di Adalberto Sartori e gode dei patrocini di Regione Lombardia, Provincia di Mantova, Comune di Castel d'Ario, FAI Delegazione di Mantova, Terra Crea - Museo d'arte ceramica di Castel d'Ario e Pro Loco di Castel d'Ario. Saranno presenti molti degli artisti contemporanei ed eredi di artisti scomparsi che sono stati invitati da Adalberto Sartori a presentare da una a tre opere ciascuno. La mostra si inaugurerà con interventi di Arianna Sartori organizzatrice della mostra, Daniela Castro Sindaco di Castel d'Ario, Carlo Bottani Presidente Provincia di Mantova, Maria Gabriella Savoia Direttrice di "Casa Museo Sartori". Mostra e catalogo a cura di Adalberto Sartori.
«"La stampa d'arte a Mantova dal 1800 ad oggi" è una mostra sognata da sempre, una mostra che ha visto realizzati più tentativi per aggiungere sempre qualche novità al già conosciuto, una mostra che non può essere esaustiva e che non finisce qui. "La stampa d'arte a Mantova dal 1800 ad oggi", non è la storia dell'incisione a Mantova, ma una grande mostra che presenta le opere di centotrenta artisti che hanno operato con le loro incisioni nello scenario artistico mantovano.
Nel catalogo sono pubblicati tutti i centotrenta artisti, inseriti in ordine cronologico, con i dati biografici e trecentoventi riproduzioni di opere grafiche esposte; inoltre sono elencati, ma solo con i dati anagrafici, anche numerosi altri artisti mantovani...» (Adalberto Sartori)
«Duecento anni di stampa d'arte a Mantova e in provincia. È la nuova originale e raffinata proposta che Casa Museo Sartori ci offre per questa mostra di fine estate. Ancora una volta l'intento dei curatori è proporre al pubblico pezzi rari e per lo più mai esposti in un contesto di grande pregio. Sarà una cavalcata nel tempo dove si potranno ammirare tecniche e stili diversi, mutati coll'evolversi dei tempi e dei mezzi a disposizione. Filo conduttore sarà la mantovanità degli artisti esposti che è divenuto un tratto distintivo di tante delle mostre che Casa Museo Sartori sta proponendo in questi anni. È evidente il lavoro di studio e ricerca da parte degli organizzatori che con intelligenza hanno saputo raccogliere quanto di meglio in ambito locale è stato prodotto da incisori su metallo, su legno e su pietra litografica con le tecniche dell'incisione tradizionale (acquaforte, acquatinta, puntasecca, bulino...) oltre a opere realizzate in xilografia, litografia e serigrafia». (Carlo Bottani - Presidente Provincia di Mantova)
La mostra è affiancata da un catalogo di 144 pagine, a cura e con presentazione di Adalberto Sartori, riproduce con illustrazioni a colori 320 opere e riporta le notizie biografiche di 130 artisti, il progetto grafico è di Arianna Sartori ed è edito da "Archivio Sartori Editore" (€ 20,00). Durante la mostra è possibile visitare il Museo d'Arte Ceramica "Terra Crea - Sartori". Nel Museo, ancora in divenire, è presentato il primo nucleo della raccolta di Opere ceramiche, collocate in modo permanente negli spazi predisposti nel cortile interno del palazzo. Oltre 140 sono le piastre ceramiche che, modellate ed elaborate secondo le varie tecniche e ispirazioni dagli artisti, sono fissate alle pareti.
09 settembre - 10 dicembre 2023
Fondazione Magnani-Rocca - Mamiano di Traversetolo - Parma
www.magnanirocca.it
La Fondazione Magnani-Rocca dedica a Umberto Boccioni una grande mostra - a cura di Virginia Baradel, Niccolò D'Agati, Francesco Parisi, Stefano Roffi - composta da quasi duecento opere, tra cui spiccano alcuni capolavori assoluti dell'artista. La mostra si sofferma sulla figura del giovane Boccioni e sugli anni della formazione affrontando i diversi momenti della sua attività, dalla primissima esperienza a Roma, a partire dal 1899, sino agli esiti pittorici immediatamente precedenti l'elaborazione del Manifesto dei pittori futuristi nella primavera del 1910. Un decennio cruciale in cui Boccioni sperimenta tecniche e stili alla ricerca di un linguaggio originale e attento agli stimoli delle nascenti avanguardie.
La mostra intende non solo documentare il carattere eterogeneo della produzione boccioniana, ma soprattutto ricostruire i contesti artistici e culturali nei quali l'artista operava. Viene così fatta luce sulle vicende artistiche tra il 1902 e il 1910, offrendo un panorama più ampio su un periodo fondamentale per l'attività di Boccioni che permette di porre in prospettiva lo svolgersi della sua ricerca. La mostra è suddivisa dunque in tre sezioni geografiche legate alle tre città che hanno rappresentato punti di riferimento formativi per l'artista: Roma, Venezia e Milano, curate rispettivamente da Francesco Parisi, Virginia Baradel e Niccolò D'Agati. Una speciale attenzione è dedicata ai lavori a tempera per finalità commerciali e alle illustrazioni, presentati nella quasi totalità, che permettono di rilevare l'importanza di questa produzione nell'ambito di una sperimentazione che va dalle primissime prove romane sino agli esiti più compiuti e artisticamente complessi degli anni milanesi.
Lo studio delle fonti, a iniziare dai diari e dalla corrispondenza di Boccioni entro il 1910, e le recenti e approfondite indagini hanno portato nuovi elementi utili alla conoscenza di questa fase della sua attività. L'obiettivo, diversamente da quanto spesso accade nelle rassegne dedicate alla parabola divisionismo-futurismo, è quello di seguire la formazione boccioniana al di fuori di una logica deterministica legata all'approdo al futurismo, ma di cogliere la definizione di un linguaggio e di una posizione estetica in rapporto alle coeve ricerche che si strutturavano e che caratterizzavano i contesti coi quali l'artista entrò in contatto.
A documentare questo percorso sono esposte alcune delle opere a olio su tela più note della prima produzione dell'artista, come Campagna romana del 1903 (MASI, Lugano), Ritratto della sorella del 1904 (collezione privata, in deposito presso Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro, Venezia), Ritratto della signora Virginia del 1905 (Museo del Novecento, Milano), Ritratto del dottor Achille Tian del 1907 (Fondazione Cariverona), La madre del 1907 (collezione privata), Autoritratto del 1908 (Pinacoteca di Brera, Milano), Il romanzo della cucitrice del 1908 (Collezione Barilla di Arte Moderna), Controluce del 1909 (Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto), Ritratto di gentiluomo del 1909 (collezione privata), Contadino al lavoro del 1909 (Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma), Ritratto di Fiammetta Sarfatti del 1911 (collezione privata) nonché tempere, incisioni, disegni.
L'accostamento di volta in volta alle opere di artisti come Giovanni Segantini, Giacomo Balla, Gino Severini, Roberto Basilici, Gaetano Previati, Mario Sironi, Carlo Carrà, Giovanni Sottocornola, spiega e illustra le ascendenze e i rapporti visuali e culturali che costruirono e definirono la personalità artistica di Boccioni.
- Roma
Partendo dalla prima tappa che ha segnato indelebilmente l'evoluzione artistica di Boccioni, si dedica attenzione agli anni del soggiorno romano, quando Giacomo Balla aveva introdotto il giovane Boccioni alla nuova tecnica divisionista "senza tuttavia insegnarcene le regole fondamentali e scientifiche" come ricordava nelle memorie il compagno Gino Severini. La vivacità e complessità del contesto romano è restituita grazie alla presenza in mostra di opere che ricostruiscono visivamente la cultura sperimentale di quegli anni che costituì la base essenziale della formazione boccioniana in una articolata stratificazione di stimoli artistici e intellettuali attorno alle personalità di Sartorio, Balla, Prini e dei più giovani coetanei di Boccioni, da Ferenzona a Sironi.
In mostra, si documenta anche la produzione "commerciale" di Boccioni affiancandola ai modelli ai quali si rivolgeva l'artista per la realizzazione dei propri lavori. Questo, dal momento in cui il periodo romano non segnò solo il progressivo avvicinamento dell'artista alla pittura, ma anche a quello dell'illustrazione commerciale - la réclame - che rappresentava come prodotto artistico, una perfetta e "straordinaria espressione moderna".
- Venezia
Il secondo approdo della formazione boccioniana è rappresentato dai soggiorni padovani e dal soggiorno veneziano che coincide con la Biennale del 1907. Questa sezione intende mettere a fuoco tanto il progredire della pittura di Boccioni, quanto la posizione estetica dell'artista rispetto a ciò che ha modo di osservare e conoscere a Venezia. Trovano posto in questa sezione alcune delle più importanti opere eseguite a Padova prima e dopo il soggiorno parigino del 1906. Una selezione di dipinti di pittori veneziani fa da controcanto ai commenti espressi nella visita alla Biennale che criticano i pittori del "vero", orientando l'attenzione piuttosto verso il simbolismo notturno della cerchia di Marius Pictor.
Ciò funge da importante testimonianza che permette al visitatore di comprendere appieno le inclinazioni e le predilezioni estetiche di Boccioni che deplora verismo e sentimentalismo mentre aspira a un'arte che rechi "un'impronta nobilissima di aspirazione a una bellezza ideale" come scrisse commentando la Sala dell'arte del Sogno. Riguarda il periodo veneziano il focus presente nella mostra relativo all'avvicinamento dell'artista al mondo dell'incisione, sotto la guida di Alessandro Zezzos. In tale sezione vengono infatti esposte opere grafiche di Boccioni che permettono di ricostruire lo sviluppo della sua attività incisoria nel periodo veneziano e successivamente milanese; per la prima volta vengono presentate le lastre metalliche incise da Boccioni, recentemente ritrovate.
- Milano
Il terzo momento fondamentale della formazione boccioniana è rappresentato dall'arrivo a Milano. L'importanza del confronto con il capoluogo lombardo è suggerita nella mostra dall'accostamento delle opere di Boccioni a quelle degli artisti maggiormente influenti nella Milano di inizio secolo, in particolare dei maestri storici del divisionismo locale, da Longoni a Sottocornola e Morbelli, da Segantini a Previati, cercando di mettere in evidenza il posizionamento dell'artista nei confronti dell'eredità di questa cultura all'interno di una più articolata e complessa frangia sperimentale che rielaborava e rivitalizzava le conquiste tecniche e culturali degli anni Novanta tra divisione cromatica e tensioni simbolico-ideali.
Nel ricostruire il percorso, centrato attorno al superamento della posizione naturalista di partenza, si presenta in mostra una selezione di opere che, spaziando dall'illustrazione al disegno sino alla pittura, ripercorre attraverso dei nuclei tematici - dal paesaggio alle composizioni simboliche passando per le variazioni compositive sui ritratti e le figure femminili - la definizione di una impronta personale che rispecchia la tensione verso l'Idea manifestata da Boccioni nei suoi scritti giovanili. Il catalogo Pubblicato da Dario Cimorelli Editore, comprende i saggi dei curatori e contributi scientifici che arricchiscono il volume in modo da renderlo non solo una testimonianza delle opere in mostra, tutte illustrate a colori, ma anche un valido strumento e un aggiornamento sugli studi boccioniani.
Immagine:
Umberto Boccioni, Autoritratto, 1908, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
Salvatore Arancio
Bruno's House
23 settembre 2023, ore 18.00-20.00
MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli (Campobasso) www.fondazionemacte.com
L'artista Salvatore Arancio sarà protagonista al MACTE della presentazione del gruppo di opere Bruno's House, realizzate per il museo grazie al bando PAC2021 Piano per l'Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Il nucleo di opere per il MACTE nasce dalle suggestioni scaturite dalla visita di Salvatore Arancio al Bruno Weber Park in Svizzera, parco costruito dall'architetto e artista svizzero tra la metà degli anni Sessanta e l'inizio dei Duemila, ispirato dalla mitologia orientale e dai racconti popolari europei. Luogo fuori dall'ordinario, il parco ospita sculture che si possono toccare, attraversare e utilizzare, e che stimolano un'esperienza estetica immersiva: un contro-mondo, che secondo Weber propone la dimensione surreale in contrasto alla realtà sempre più desolata dagli sviluppi tecnologici ed economici della seconda metà del XX secolo.
Salvatore Arancio ha trasposto l'immaginario fantasmagorico di Weber in una nuova serie di sculture che prosegue la sua produzione in ceramica con smaltature fiammeggianti realizzate durante una residenza in Ungheria, e in una nuova produzione di formelle in bronzo. Queste ultime andranno a comporre una seduta installata permanentemente nel giardino del MACTE, che sarà inaugurata sabato 23 settembre insieme agli altri lavori che compongono il progetto Bruno's House che entreranno a far parte della collezione permanente del museo. Bruno's House è anche il titolo di un video che racconta il viaggio psichedelico dell'artista tra le architetture e le sculture che animano il parco, con riprese di Arancio e musiche originali del musicista Robin Rimbaud-Scanner: il trailer è già visibile su MACTE Digital, insieme ad alcune immagini della lavorazione in fonderia.
Salvatore Arancio (Catania, 1974) attraverso la ceramica, l'incisione, il collage, l'animazione e il video, indaga il potenziale delle immagini. Ogni aspetto della sua pratica infatti interseca le loro origini e rappresentazione: siano esse naturali e artificiali, minerali e vegetali, scientifiche e mitologiche, mirando a creare una sorta di atlante della confusione. I suoi lavori sono stati esposti in istituzioni e rassegne internazionali, tra cui: La Biennale di Venezia (2017); MO.CO, Montpellier, (2022); MAXXI, L'Aquila (2021); Museo del Novecento, Firenze (2019); Bardo National Museum, Tunisi (2019); Foundacion Arte, Buenos Aires (2016); BI- CITY Biennale of Urbanism/Architecture, Shenzen (2020); Hayward Gallery, Londra (2022); Manif D'Art 5, The Quebec City Biennal, Canada (2010); Prague Biennale 4 (2009); Whitechapel Gallery, Londra (2018); Kunsthalle Winterthur, Svizzera (2016); Museo Tamayo, Messico (2013). L'artista sarà inoltre protagonista di una mostra personale al MACTE a giugno 2024. (Comunicato stampa)
Immagine:
Salvatore Arancio Bruno's House, 2023 per il MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli. Lavorazione formelle di bronzo presso la Fonderia Fusioni d'Arte 3V. Foto di Gianluca Di Ioia
Nelio Sonego
"Orizzontaleverticale"
19 settembre (inaugurazione) - 16 novembre 2023
Galleria A arte Invernizzi - Milano www.aarteinvernizzi.it
Le prime opere intitolate "Orizzontaleverticale", realizzate da Sonego nel 2003, hanno dato inizio ad un ciclo creativo tuttora in corso, i cui ultimi risultati sono presentati in mostra. La genesi di questa serie, tuttavia, risale agli inizi della sua ricerca, negli anni Ottanta, quando compaiono lavori creati a pastello in cui il modulo rettangolare è moltiplicato in un gesto cumulativo. Appare qui per la prima volta il rettangolo aperto con linee sovrapposte a cui Sonego sarebbe tornato nel 2003, dopo due decenni di studio volto a ridurre il segno alle sue componenti minime.
Il percorso espositivo prende avvio da Rettangolareverticale (2003), dove il segno che si ispessisce nella ripetizione delle linee e l'insistenza sulla forma rettangolare sembrano voler replicare e portare a fondo i confini della tela. È proprio lo spazio pittorico a venire messo in discussione a partire dalle opere del 2005, esposte nella prima sala del piano superiore, in cui la reiterazione conduce alla disarticolazione del rettangolo e la tonalità si fa più luminosa, portando ad un'esplosione cromatica destinata a rimanere caratteristica del ciclo fino ai suoi esiti più recenti.
Il nucleo di opere esposto nella seconda sala risale al 2010-2012: qui il segno non assume una forma riflessiva nello spazio della tela, ma una forma più materiale, e allo stesso tempo più mentale, sopra e oltre quello spazio. La pittura sembra strabordare oltre il limite del supporto, coinvolgendo lo spazio e l'osservatore. Al piano inferiore opere del 2023 mostrano un ulteriore sviluppo attorno allo spazio della pittura, inteso ora sia in senso fisico (la tela, ma anche lo spazio espositivo), sia in senso mentale (lo spazio dell'osservazione).
In questi lavori recenti Sonego varia lo spessore della tela e lo spazio di "margine" assume adesso una maggiore rilevanza ottica, spostando ancora una volta i confini nel rapporto fra segno e spazio. La mostra offre così due livelli di lettura. Da un lato permette di osservare una traiettoria di sviluppo nella pittura di Sonego; dall'altro permette di riflettere sull'articolazione di diverse soluzioni a un problema con cui l'artista si è sempre confrontato: il rapporto fra il segno e lo spazio, fisico e mentale. In occasione della mostra verrà pubblicato un catologo bilingue con un saggio di Davide Mogetta, la riproduzione delle opere in mostra e un aggiornato apparato bio-bibliografico. (Comunicato stampa)
Sul sito antologico il pittore Alan Gattamorta presenterà una rassegna di 20 acrilici su carta.
Mario Schifano
"TUTTO nelle carte..."
21 settembre (inaugurazione ore 18-21) - 04 novembre 2023
Gió Marconi - Milano
www.giomarconi.com
Retrospettiva a cura di Alberto Salvadori che intende gettar luce sull'ampia e variegata produzione di opere su carta degli anni Sessanta di Mario Schifano. Il progetto, realizzato con il supporto dell'Archivio Mario Schifano, affianca la mostra Mario Schifano: The Rise of the '60s curata da Alberto Salvadori e organizzata da Magazzino Italian Art in occasione dell'apertura del nuovo padiglione espositivo Robert Olnick Pavilion in Cold Spring, New York. In mostra sarà presente una selezione di opere su carta che intende ripercorrere i cicli più noti che l'artista affronta contemporaneamente anche su tela, a partire dai Monocromi fino ad arrivare a Compagni compagni.
L'opera e il viaggio di Mario Schifano sono stati intensi e mai lasciati soli. La produzione di opere su carta è importante e copiosa. Per l'intero decennio dei Sessanta dalle carte in mostra si può evincere come per Mario Schifano l'arte fosse TUTTO: è l'arte che si svolge e rivolge all'oggetto, alla realtà, ad una nuova coscienza attenta, in relazione alla città, allo spazio umano, alla vita, alle passioni. Nelle opere su carta, come nei dipinti, vivida è la testimonianza di come tutto agisse su di lui, sul suo modo di vedere, pensare: i film, la segnaletica, la pubblicità, la politica, gli amori, le amicizie.
Nulla sfugge alla necessità di fissare su un supporto il momento, l'idea fulminea, il concetto. Lui meglio di altri capisce, subito e autonomamente, differenziandosi, in assonanza prima dai fenomeni americani come la Pop e il New Dada, e poi da chiunque altro per l'intera carriera, come l'arte sia vita e viceversa. Le carte sono la mappa geografica del suo lavoro, del suo pensiero. Le opere su carta occupano uno spazio importante nella sua opera: sono essenziali per una lettura in analogia sia in termini di rapporto di somiglianza con i dipinti sia in termini linguistici con l'intero suo lavoro.
Dai primi anni del monocromo, che contiene e rielabora la grafica di strada, il linguaggio della cultura pop, non intesa come pop art, bensì come quella popolare dei pittori d'insegne, fino alle tele emulsionate, le carte sono sempre presenti come costante dell'idea che attraversa il momento. Nel suo mondo le immagini non funzionano più nel modo in cui siamo abituati a leggerle, siamo costretti a riconsiderale, svaniscono i rapporti tradizionali della composizione lasciando spazio alle mille possibilità che l'artista sceglie e determina come passaggio ineludibile. Quello che viene dato per scontato in termini pittorici e fotografici con Schifano evapora, ci pone di fronte ad un nuovo modo di affrontare realtà e invenzione che in lui diviene manipolazione attraverso la pittura, indifferentemente dal supporto.
Il lavoro, nel decennio dei Sessanta, ci porta ad analizzare le funzioni, gli usi, i ruoli sociali, i contesti culturali e politici. Con Schifano emerge la necessità della domanda: quali sono i nuovi ambiti di creazione? È un esercizio di filosofia legato all'esperienza di vita, un richiamo all'analisi dei comportamenti reali e diffusi, in antitesi a quelli elitari o specialistici. Schifano, con la sua opera - che poi è la sua biografia - appare come un sodale dalle connotazioni accentratrici, autoritarie, per aprirci poi improvvisamente, al contrario, a un sistema aperto, volontario e partecipativo alla sua arte.
All'ontologia si contrappone l'uso, all'autorialità l'accesso e la partecipazione, all'appropriazione l'adozione, alla creatività l'attribuzione di significato. Tutto è a disposizione, va condiviso, scelto. Dall'archivio in divenire, - costituito dalla mole di carte disegnate, dipinte - come disponibilità dei materiali e pretesa di totalità, si deve passare alla collazione pittorica come esercizio del distinguere, rovistare, selezionare, riciclare Schifano è empirico e sperimentale, è affamato del mondo che gli si palesa davanti, trasforma tutto in pittura pura. Non è necessario che sia sulla tela, vive anche sulla carta. (Comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Immagine:
Giorgio Marconi e Mario Schifano, Studio Marconi, Milano 1966
Carmen di Georges Bizet
Ricostruzione delle scene e dei costumi del 1875
22 settembre - 03 ottobre 2023
Theatre des Arts - Rouen (Francia)
Il Palazzetto Bru Zane e i suoi partner propongono il recupero visivo di una delle opere liriche più conosciute e proposte in tutto il mondo: la Carmen di Bizet, con i costumi, la scenografia e la messinscena della sua prima rappresentazione nel 1875. Dopo la riscoperta del primo Faust di Gounod (2018) e della versione originale della Vie parisienne di Offenbach (2021), l'équipe di ricerca si è confrontata con un titolo assai più popolare, cosa non esattamente consueta per il Palazzetto Bru Zane. Assistere a Carmen come all'epoca in cui fu rappresentata per la prima volta è l'idea ispiratrice di questo progetto.
Per far questo, è stato necessario tornare all'artigianato di un tempo, in particolare alla pittura, pur avvalendosi dei vantaggi della tecnologia moderna. L'équipe del Palazzetto Bru Zane ha collaborato con il Château de Versailles Spectacles e l'Opéra de Rouen Normandie per arrivare a una resa storica impeccabile dei costumi, delle luci, delle scene e della messa in scena affidate rispettivamente a Christian Lacroix, Hervé Gary, Antoine Fontaine e Romain Gilbert.
Diventata gradualmente un punto di riferimento internazionale, quest'opera ha dato origine a una grande varietà di interpretazioni e qualche mitologia: il fiasco della prima e la conseguente morte di Bizet, genio incompreso, appartengono infatti più al folclore che alla realtà storica. La partitura, pur non offrendo molte edizioni alternative, nondimeno oscilla tra le sue due versioni - quella con i recitativi di Ernest Guiraud e quella con i dialoghi parlati - ed è spesso minacciata da tagli, mentre gli allestimenti più radicali hanno stravolto il contenuto iniziale fino al controsenso.
"Con la Carmen è stato fatto di tutto, tranne, forse, il passo più concettuale e inaspettato: ricostruirne oggi, nel 150° anniversario della sua creazione, l'allestimento, i costumi e le scene originali. Questo approccio non equivale a una museificazione, anzi: si tratta proprio di riscoprire la prima giovinezza di Carmen." (Étienne Jardin, Direttore della ricerca e delle pubblicazioni del Palazzetto Bru Zane)
Il revival proposto si basa non solo sulla ricostruzione delle scene realizzate all'Opéra Comique nel 1875, ma più in generale su tutto il materiale d'archivio che permette di immaginare come la Carmen è stata allestita nel mondo negli anni tra la prima parigina e la Prima guerra mondiale. Rappresentata in diverse lingue, la Carmen originale era generalmente cantata con i recitativi di Guiraud, ed è per questo motivo che lo spettacolo proposto a Rouen ha scelto di adottare la versione senza dialoghi. Pertanto, non si assisterà soltanto alla rappresentazione parigina del 3 marzo 1875, ma alla Carmen così come la scoprirono gli spettatori di New York, Vienna, Bruxelles, Stoccolma, Milano e Londra.
"Per far rivivere il primo allestimento del 1875, è stato necessario studiare a fondo una documentazione d'archivio assai ricca e dettagliata" - spiega lo scenografo Antoine Fontaine - "Il mio lavoro di ricostruzione di antiche scenografie mi ha dato l'opportunità di ricreare il linguaggio pittorico delle storiche tele dipinte. Ho potuto così trasporre le incisioni colorate recuperate dalla stampa su telai monumentali dipinti a tempera, disposti a ventaglio nello spazio del palcoscenico, ripristinando nche l'inclinazione del 4% della scena stessa, tradizionale per l'epoca".
Per quanto riguarda l'illuminazione, nel 1875 il palcoscenico era illuminato a gas, quindi a luce calda e ovviamente non esistevano proiettori a illuminare la scena. I cantanti erano truccati pesantemente e comunque dovevano collocarsi il più vicino possibile alla ribalta per essere visibili. "In collaborazione con Hervé Gary, lighting designer di questa produzione - continua Fontaine - abbiamo lavorato con le luci della ribalta ispirandoci agli schizzi scenici di Daumier e Degas e abbiamo collocato pali luminosi a bassa intensità dietro ogni telaio per creare la giusta atmosfera luminosa". (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Sergio Altieri
"Da Fratta a Colloredo per arrivare a Mantova. Omaggio a Ippolito Nievo"
02 settembre (inaugurazione) - 21 settembre 2023
Galleria "Arianna Sartori" - Mantova
info@ariannasartori.eu
Personale del maestro Sergio Altieri, a cura di Arianna Sartori, inaugurata alla presenza dell'Artista. Sergio Altieri (Capriva del Friuli, 1930) ha esposto al Padiglione Italia della 54a Biennale Internazionale di Venezia e alla ottava e alla nona Quadriennale di Roma. Ha partecipato alle principali mostre nazionali e ha esposto all'estero in mostre collettive e di gruppo.
- Presentazione di Stanislao Nievo
(dal catalogo della mostra personale al Castello di Colloredo di Monte Albano nel 2003)
"Io vissi i miei primi giorni nel castello di Colloredo, il quale adesso è nulla più d'un mucchio di rovine"... o quasi. Storia mia, oltre che del Carlino Altoviti e dell'autore delle "Confessioni". Personalmente giunsi al castello che avevo 10 giorni e pur girando per tanti anni tutti i continenti qui sono sempre tornato ed è la mia casa, come lo è stata per il prozio Ippolito e la famiglia Nievo da circa 200 anni, fino al giorno del terremoto. Poi le rovine e l'atteso restauro, tra studi, progetti e campagne di restauro che in me hanno sviluppato un amore sempre più vivo per questo fantastico insieme.
Da allora, e anche prima, è stato un castello poderoso ed amato, scenico e dal misterioso Genius Loci. Artisti, scrittori, poeti e musicisti qui hanno vissuto e l'hanno cantato in modo fertile. Oggi ce l'offre (...) Sergio Altieri. Altieri è un pittore che ha vissuto parte della sua esperienza d'arte a Colloredo, alla maniera delle opere e dei personaggi di cui sopra, Altieri, a differenza degli altri, ha sprofondato Colloredo nei tempi dipinti "in cui l'era un gran caseggiato con torri e torri celle...". Ora torno direttamente, nei ricordi e attraverso i quadri di Altieri, alle parole di Carlino Altoviti nella mia personale esperienza di viaggiatore per 50 anni in vari continenti.
Ma il racconto c'è ancora, quello di Ippolito, come sempre: "In tutti i miei viaggi non mi è mai accaduto di veder fabbrica che disegnasse sul terreno una più bizzarra figura, rientrature e sporgenze da far meglio contenti tutti i punti cardinali ed intermedi della rosa dei venti". Il castello è così, pur nello sconquasso geologico d'un quarto di secolo fa. Si può, attraverso le immagini di Altieri - contrastate, piene di echi di colori forti - continuare a illustrare questo luogo affascinante e poliedrico come un teatro che ha scelto per fondale il tempo e per storia le vicende delle grandi costruzioni umane, dalla cucina all'alcova, dalle cantine ai saloni affrescati da famosi pittori.
È artista anche Altieri, che in 25 affascinanti passi dipinti ci porta attraverso la storia di un libro, Le Confessioni di un italiano, che qui nacque e scese fino al mare, a Venezia, in tanti paesi veneti ed oltre, illuminando la nostra letteratura sui passi di un gruppo di straordinari personaggi, dietro la Pisana. Ogni quadro accompagna un brano del libro. È il cammino per tornare al castello e fissarlo nella memoria come qualcosa che appartiene ai sogni di tanti, di migliaia di lettori e ammiratori, attraverso una fila di generazioni... "o mia Pisana, tu pensi ancora, tu palpiti, tu respiri in me...", nei pennelli di un artista che conosce Colloredo e la sua storia in una passeggiata dai colori d'arcobaleno.
Onirica, 2023
Opera audiovisiva di fuse*
16 settembre - 15 ottobre 2023
ex Chiesa di Sant'Agnese - Padova
www.fondazionealbertoperuzzo.it
Nella navata dell'ex chiesa di Sant'Agnese di Padova la Fondazione Alberto Peruzzo presenta un'installazione audiovisiva di fuse* che rielabora in suono e immagini le testimonianze oniriche delle Banche dei Sogni delle Università di Bologna e Santa Cruz California. Fulcro della mostra, l'opera audiovisiva Onirica, 2023 che esplora la dimensione dei sogni, interpretando la capacità creativa della mente umana durante il sonno. L'installazione abiterà l'intera navata dell'ex chiesa attraverso un sistema di proiezioni e audio diffusi: un'esperienza immersiva e polifonica che, grazie all'utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico per tradurre in immagini contenuti testuali, riunisce le visioni notturne in un flusso continuo di immagini in movimento, mettendo in luce riflessioni inedite sul rapporto tra essere umano e macchina, tra strumento e creatore.
Grazie alla collaborazione con le Banche dei Sogni dell'Università di Bologna e dell'Università della California Santa Cruz, è nata la possibilità di trasformare i dati in elementi narrativi, i racconti in visioni, elaborando un progetto che mette in relazione metodo scientifico e fluidità creativa dell'attività onirica. Il sistema alla base di Onirica traduce il racconto dei sogni in una serie di allucinazioni che confluiscono una nell'altra e che danno vita ai personaggi, agli oggetti e ai passaggi descritti.
Questo continuo flusso sintetico di coscienza trova la propria estetica finale grazie alla stretta collaborazione tra essere umano e intelligenza artificiale generativa: mentre la macchina propone infinite traduzioni dei racconti in immagini e voci, tutte le scelte estetiche e di significato rimangono in mano all'artista. La tecnologia assume quindi il ruolo di assistente creativo che interpreta indicazioni registiche proponendo possibili idee e soluzioni, in una relazione paragonabile a quella che si sviluppa all'interno di una troupe cinematografica composta, in questo caso, da esseri umani e macchine intelligenti. Il progetto fornisce, quindi, elementi molto attuali di riflessione sulle modalità di collaborazione tra uomo creativo e intelligenza artificiale, in un'ottica sinergica e non sostitutiva, in un ambito molto "umano" e difficilmente incasellabile come quello della narrazione dei sogni.
Fondato nel 2007, fuse* è uno studio artistico multidisciplinare con sede a Campogalliano (Modena) che indaga le possibilità espressive delle tecnologie digitali, con l'obiettivo di interpretare la complessità dei fenomeni umani, sociali e naturali. Fin dalle sue origini, la ricerca si concentra sulla creazione di installazioni e performance multimediali, realizzate con l'intento di esplorare i confini tra le diverse discipline alla ricerca di nuove connessioni tra luce, spazio, suono e movimento. Diretto dai fondatori Luca Camellini e Mattia Carretti, lo studio si è evoluto negli anni e oggi affronta la creazione di nuovi progetti con un approccio sempre più olistico, affidandosi a un modus operandi che valorizza la pura sperimentazione e la creatività collettiva. L'intento è quello di creare opere che possano ispirare, sospendere l'ordinario e stimolare il pensiero, la sensibilità e l'immaginazione.
fuse* ha sempre legato il proprio sviluppo a quello della comunità in cui opera, sostenendo, promuovendo e ideando progetti che mirano a diffondere cultura e conoscenza. Con questo intento, dal 2016 co-produce il festival di musica elettronica e arti digitali NODE. Nel corso degli anni, fuse* ha presentato le sue opere e produzioni a livello internazionale in istituzioni e festival d'arte tra cui Mutek, TodaysArt, Sónar, Artechouse, National Museum of China, STRP Biennial, RomaEuropa, Kikk, Scopitone, Inota, Hong Kong Design Institute, National Centre for the Performing Arts of China, Marignana Arte, CUBO, Videocittà e Palazzo Cipolla. (Comunicato ufficio stampa Lara Facco)
Renato Leotta
"CONCERTINO per il mare"
23 settembre - dicembre 2023
Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea - Rivoli (Torino)
La mostra presenta per la prima volta in Italia il progetto vincitore dell'Italian Council Edizione X, Bando internazionale promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura a supporto della creatività contemporanea italiana. Il progetto CONCERTINO per il mare affonda le sue radici nell'osservazione dell'ecosistema dei fondali del Mediterraneo. Proponendo una possibile forma di comunicazione interspecie, esso consiste nel tentativo di tradurre la struttura interna delle foglie di Posidonia oceanica in una partitura musicale da eseguire come concerto udibile dall'orecchio umano.
Portando all'attenzione l'importanza vitale di un ecosistema in pericolo, CONCERTINO per il mare invita ad ascoltare storie di migrazione, adattamento, incontri e lotte per la sopravvivenza della Posidonia attraverso il tempo, da un passato lontano fino a un futuro incerto. L'opera è stata presentata per la prima volta nel settembre 2022 alla 17esima Biennale di Istanbul, dove era installata presso l'Hammam Çinili, edificio ottomano risalente al XVI secolo.
Progetto artistico di ampio respiro, comprensivo di una lunga fase di ricerca attraverso più siti costieri del Mediterraneo, CONCERTINO per il mare ha generato un'installazione sonora, opere fotografiche e Ondina, opera-concerto. In mostra al Castello, a cura di Marcella Beccaria, verrà presentata l'installazione sonora, per la prima volta in dialogo con una serie di stampe fotografiche realizzate dall'artista con tecniche sperimentali.
Nell'ambito del progetto, Ondina. Concerto per il mare in tre movimenti, a cura di Marianna Vecellio, sarà eseguito dall'Orchestra Filarmonica di Torino, diretta da Giampaolo Pretto. Il concerto dal vivo si terrà presso il Salone dei Concerti del Conservatorio Statale di Musica Giuseppe Verdi, Torino (sabato 4 novembre, ore 21), dopo l'esordio nel settembre 2022 avvenuto con i musicisti della Borusan Istanbul Philharmonic Orchestra nei giorni di inaugurazione della Biennale di Istanbul.
Renato Leotta (Torino, 1982) vive e lavora tra Acireale e Torino. Nel 2019 è stato Italian Fellow in Visual Arts presso l'American Academy di Roma. Vincitore dell'Italian Council Edizione X, bando internazionale promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura a supporto della creatività contemporanea italiana, nel settembre 2022 partecipa con il progetto vincitore alla Biennale di Istanbul con il sostegno di Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea. Nel 2010 ha vinto il Premio Italia per la Fotografia Contemporanea. (Estratto da comunicato stampa)
Cesare Baracca
"Les Fleurs du mal"
10 settembre - 17 dicembre 2023
MACT/CACT Museo e Centro d'Arte Contemporanea Ticino - Bellinzona (Svizzera) www.cacticino.net
Come si evince dal titolo, essa è un omaggio ma anche un confronto visivo con i poemi letterari di Charles Baudelaire (1821-1867), e bene si iscrive all'interno de La mela incantata, esposizione dedicata al periodo a cavallo tra 1800 e 1900. Anzi, da un certo punto di vista, Baudelaire anticipava i disagi di una società al volgere del secolo, mentre Baracca delinea, attraverso la sua interpretazione dei Fiori, gli umori di una post-contemporaneità in cerca di nuove identità socio-politiche, nevrotica e a tratti aggressiva.
L'artista ravennate ripercorre in pittura tutti i poemi del grande Baudelaire, restituendo al pubblico e al lettore d'immagini, non tanto solo le tematiche, bensì anche le impressioni e gli umori del poeta francese, con cui Baracca cerca un dialogo forte entro un processo di identificazione situazionista. In occasione della realizzazione di Les Fleurs du mal (2021), è stato edito per Cesare Baracca un volume, dove figura - tra gli altri - un testo di Mario Casanova, che viene riportato di seguito. (Mario Casanova, Bellinzona, 2023)
Mario Cravo Neto
"Destino"
27 ottobre 2023 (inugurazione) - 02 marzo 2024
Paci Contemporary Gallery - Brescia
www.pacicontemporary.com
Una retrospettiva che ripercorre tutte le tappe della carriera di Mario Cravo Neto partendo dai lavori creati a New York negli anni '70, attraverso il suo famoso ciclo di scatti Eternal Now rigorosamente in bianco e nero che rappresentano il trampolino di lancio verso quel lavoro mistico capace di far coesistere valori terreni e divini rendendo quindi visibile il condomble tipico della cultura brasiliana e più precisamente di Salvador di Bahia, la sua amata città. Il tutto si conclude con la serie a colori Laroye che rappresentano un inno e un canto al gioco, al divertimento, all'originalità delle usanze e delle consuetudini della sua terra brasiliana tanto amata. La mostra sarà accompagnata da un volume edito da Dario Cimorelli Editore, a cura di Denis Curti. (Comunicato stampa)
Strade e storie. Paesaggi da Hokusai a Hiroshige
23 settembre 2023 - 14 gennaio 2024
Museo Civico delle Cappuccine - Bagnacavallo (Ravenna)
www.museocivicobagnacavallo.it
L'esposizione, a cura di Davide Caroli, si innesta nella programmazione triennale dedicata al Paesaggio, tema sul quale verterà la proposta culturale della città di Bagnacavallo fino al 2024. Dopo Francisco Goya, Max Klinger e Albrecht Dürer, il filone espositivo promosso dal Museo Civico sui più importanti artisti internazionali che hanno saputo esprimere massimamente la loro grandezza attraverso l'incisione aggiunge una nuova tappa, questa volta spostandosi dall'Europa al lontano Oriente, per raccontare la storia della tecnica della xilografia ukiyo-e e di alcuni dei più importanti maestri che vi si sono dedicati - Hokusai e Hiroshige - divenuti ben noti anche in Europa quando alcune loro opere furono di ispirazione per gli impressionisti e più in generale per gli artisti che da metà dell'Ottocento si dimostrarono più aperti al rinnovamento della pittura.
Ukiyo-e, termine che significa letteralmente "immagini del mondo fluttuante", descrive il genere artistico, fiorito tra il XVII e XIX secolo, che aveva inizialmente una connotazione edonistica associata ai momenti piacevoli che gli abitanti delle città trascorrevano dedicandosi a piaceri transitori della vita, e in quest'ottica la raffigurazione del paesaggio era rilegata alla funzione di sfondo ai personaggi ritratti. A partire però dagli anni '30 dell'Ottocento, con la pubblicazione delle Trentasei vedute del Fuji di Hokusai e delle Cinquantatre stazioni della Tokaido di Hiroshige, improvvisamente la raffigurazione del paesaggio assunse una nuova importanza, divenendo soggetto principale degli ukiyo-e.
Un aspetto di novità indagato e documentato dalla mostra allestita nelle sale del Museo Civico, che si apre con una sala dedicata a Katsushika Hokusai. Maestro indiscusso dell'arte giapponese, Hokusai ebbe enorme successo già in vita, soprattutto grazie ad alcune delle serie più famose, tra cui le già citate Trentasei vedute del Fuji, che sono qui documentate da una selezione delle immagini più note, tra le quali anche una versione di Una grande onda al largo di Kanagawa, forse l'opera ukiyo-e più conosciuta al mondo, talmente amata e riprodotta in un numero tale di copie da aver consumato i legni e aver costretto gli editori a realizzare nuove matrici lignee sul disegno originale di Hokusai, per poter tirare dei nuovi originali, come documentato in questo caso specifico.
Nelle sale successive il racconto si incentra principalmente sul lavoro di Ando Hiroshige, il più grande paesaggista giapponese, che eguagliò in abilità e fama lo stesso Hokusai, e con l'opera del quale è possibile ammirare un confronto quasi diretto grazie alla serie anche da lui dedicata al famoso vulcano simbolo del Giappone. Proseguendo nel percorso, oltre ad altre note serie di Hiroshige, la parte principale della mostra è dedicata alla raffigurazione del Tokaido: la strada del Tokaido, che collegava la capitale dello shogun, Edo, a quella dell'Imperatore, Kyoto, era la principale via dei viaggi e del commercio nel Giappone antico.
Per molti artisti fu lo spunto per raffigurare scorci e paesaggi celebrando le bellezze naturali del loro paese, per Hiroshige stesso fu uno dei soggetti prediletti sui quali si cimentò più volte anche per rappresentare ad anni di distanza le stesse stazioni, ed in mostra sarà possibile ammirare diverse serie dedicate a questo soggetto: dalla prima versione in formato oban orizzontale, a quella verticale, da quella a due pennelli a quella in paralleli. La mostra si conclude con una sala dedicata ad Hiroshige II, erede del maestro e suo successore nella scuola Utagawa.
Le quasi 120 opere esposte, tra le quali due importanti trittici ed alcuni volumi originali che contengono le serie complete, sono affiancate da alcuni oggetti: tsuba, inro ed un prezioso kimono decorati con immagini ispirate agli ukiyo-e, per sottolineare quanto l'immaginario paesaggistico influenzasse la cultura giapponese grazie al lavoro di Hiroshige. La mostra, realizzata grazie alla preziosa collaborazione del Museo d'Arte Orientale di Venezia e al prestito di generosi collezionisti, è accompagnata da un catalogo che include le fotografie di tutte le opere esposte e i testi di Davide Caroli, direttore del Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo, di Marta Boscolo Marchi, direttrice del Museo d'Arte Orientale di Venezia e di Marco Fagioli, uno dei massimi studiosi degli autori di stampe giapponesi. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Utagawa Hiroshige, Veduta di Suruga dal passo di Satta, dalla serie 36 vedute del monte Fuji, xilografia policroma, 1858, Venezia, Museo d'Arte Orientale
2. Locandina della mostra Strade e storie Paesaggi da Hokusai a Hiroshige
3. Utagawa Hiroshige, Hara (stazione 14), veduta del monte shitaka e del Fuji, dalla serie Raccolta di immagini celebri delle 53 stazioni del Tokaido, nota anche come Tokaido verticale, xilografia policroma, 1855, Venezia, Museo d'Arte Orientale
George Tatge
"Italia metafisica"
28 luglio - 08 ottobre 2023
Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC) - Foligno
www.ciacfoligno.it
Nuova tappa per la mostra fotografica "Italia metafisica", che porta in luce le tracce che l'uomo genera e produce, talvolta abbandona. In mostra 66 immagini in bianco e nero: una mostra di segni, simboli e geometrie sacre, ispirate dall'Italia "costruita", marcata e modificata dall'intervento umano. Non solo architettura, ma anche edifici minori e manufatti di ogni tipo che l'uomo lascia dietro di sé. Metafore e misteri dell'abitare temporaneo nei luoghi, e dell'inevitabile passaggio oltre. Una sezione è dedicata a Foligno, con scatti fotografici originali realizzati da Tatge per l'occasione, che raccontano il mistero, l'enigma del nostro vivere e la convivenza del passato con il presente.
Dopo la mostra "Presenze-paesaggi italiani" del 2008 e dedicata alle trasformazioni del paesaggio italiano, George Tatge propone una nuova serie di fotografie, anche questa volta scattate in giro per l'Italia. Il rapporto tra natura e uomo lascia il posto a un solo protagonista, l'uomo, e ai suoi interventi sul territorio, con tutti i significati sociali, industriali e religiosi che comportano. Che si tratti di rigorose costruzioni di epoca romana o di anonimi condomini nelle periferie urbane, di imponenti chiese rinascimentali o di desolanti fabbriche dismesse, Tatge vede fondamentalmente una traccia, un'impronta profonda, talvolta nascosta.
Ecco allora frammenti di realtà, giustapposizioni bizzarre e surreali, aperte, grazie all'ambiguità del contenuto, all'interpretazione di chi guarda. Alcuni spazi ritratti possono ricordare le visioni dei pittori che hanno lavorato nel primo Novecento, ma in questo lavoro il termine Metafisico sottolinea l'utilizzo di un luogo fisico per esprimere un concetto astratto o un particolare stato d'animo. L'attenzione dei Surrealisti per i simboli, per l'inconscio e per la complessità della psiche si incontra anche in altre immagini di Tatge. La sua poetica dello sguardo pone poesia e fotografia sullo stesso piano, in quanto entrambe arti del frammento.
George Tatge sulla sezione dedicata alla città di Foligno: "Ciò che mi ha colpito è quanto la città si sia rinnovata in questi ultimi quarant'anni. Ma qui non troverete immagini che ritraggono queste migliorie. Ho preferito concentrarmi sugli angoli della città che esprimono qualcos'altro. Come nel caso stesso del CIAC, che affianca felicemente palazzi dei secoli passati. Quindi statue, nicchie (forse fontane?), ex-cinema, fabbriche dismesse, luoghi che ci parlano ancora nel loro silenzio. I lunghi rami di un'edera che durante i decenni si è lentamente impossessata di un recinto metallico, abbracciandolo tutt'ora nonostante sia ormai morta. O l'interno di un platano trovato nel Parco dei Canapé, un mondo oscuro formatosi chissà nel corso di quante stagioni, abitato da chissà quante creature? Quali visi ci appaiono dalle pareti, quali forme si celano sotto la melma liquida? Un universo nascosto in mezzo ad un parco cittadino, che ci invita a perderci nel suo interno. La fotografia come metafora. È questa la mia passione".
Di madre italiana, Tatge ha scelto oltre 45 anni fa di vivere in Italia e di dedicarsi alla scoperta di questa terra affascinante e complessa. Immagini scattate dalla Valle d'Aosta alla Sicilia con la leggendaria Deardorff, una macchina a soffietto da cui si ottengono negativi in bianco e nero di grande formato (13x18 cm), e stampate personalmente dall'autore in camera oscura. Una modalità fotografica lenta e meditativa per capire un mondo in rapida trasformazione e per produrre immagini che ispirino ai visitatori uno sguardo lungo e approfondito.
Il direttore artistico Italo Tomassoni: "George Tatge si colloca in un'area poetica che, se anche non è né vuole essere quella della fotografia creativa, perpetua un'idea di fotografia apportatrice di un linguaggio autonomo e autosufficiente nel quale l'apporto di interpretazione del reale, congiunto all'azione dell'immaginario, conciliano, nel corpo dell'opera, la dualità tra effimero ed eterno. Più esattamente, l'effimero del tempo fotografico è tale da riprodurre e fissare una sospensione temporale che inevitabilmente si intreccia ogni volta con l'eternità del tempo dell'arte.
È su questa sospensione che si inscrive come saldatura il corpus degli scatti cui Tatge ha attribuito il titolo di "Italia Metafisica" e che, unitamente a un penetrante omaggio alla città di Foligno, interpretata con accenti incantati di pura e sorprendente poesia, costituisce il tema monografico sul quale si imbastisce la trama di questa mostra. Figure palesemente intellegibili, documentali, ordinate, legate al tempo dello scatto ma anche al tempo della storia, della memoria e dell'immaginario e che, soprattutto, lasciano intuire un mistero che è il mistero che si cela dietro o sotto il visibile e che è il segreto che vive sempre all'interno dell'opera d'arte. Un'ultima annotazione.
L'idea di una lettura in chiave metafisica del reale poteva essere suggerita alla fantasia di Tatge solo da luoghi italiani. Non solo perché è qui che, nel 1913, è nata la pittura metafisica (alla quale, peraltro, Tatge linguisticamente non si ispira) ma perché solo l'Italia può ancora fornire, malgrado tutto, e sia nei luoghi che nei non luoghi, spunti di fascino per un "altrove" capace di rimuovere l'anoressia di quella indifferenza fatale che la modernità sta incrementando ogni giorno".
George Tatge (Istanbul, 1951), da madre italiana e padre americano, ha trascorso l'adolescenza tra l'Europa ed il Medio Oriente prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Laureato in letteratura inglese, incominciò a studiare la fotografia con l'ungherese Michael Simon. Si trasferì in Italia nel 1973, lavorando prima a Roma come giornalista e quindi a Todi, dove ha scelto di vivere per dodici anni, scrivendo per Art Forum e altri, e portando avanti le sue ricerche fotografiche. La sua prima mostra in Italia è stata alla Galleria Il Diaframma di Milano nel 1973. Il primo libro, "Perugia terra vecchia terra nuova", uscì nel 1981.
Da allora ha presentato mostre in America ed in Europa e le sue opere fanno parte di collezioni tra cui quella del Metropolitan Museum di New York, del George Eastman House di Rochester, del Houston Museum of Fine Arts, del Centre Canadien d'ArchItecture a Montreal, del Helmut Gernsheim Collection a Mannheim e della Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Dal 1986 a 2003 è stato dirigente tecnico-fotografico della Fratelli Alinari di Firenze. Tra le mostre più importanti: The American Academy a Roma nel 1981 (solo), il MASP di Sao Paulo, Brasile nel 1988 (solo), la Biennale di Venezia nel 1995, il Museo Peggy Guggenheim di Venezia nel 2005, il Reiss-Engelhorn Museum a Mannheim nel 2003, The George Eastman House a Rochester nel 2004, e il MAXXI di Roma nel 2007.
La sua mostra personale "Presenze-Paesaggi italiani" aprì a Villa Bardini di Firenze nel 2008 e ha viaggiato in altre cinque città. Nel 2010 è stato assegnato il Premio Friuli Venezia Giulia per la Fotografia. Era tra i 35 fotografi stranieri scelti per la mostra sull'Italia a Palazzo della Ragione di Milano nel 2015, intitolata "Henri Cartier-Bresson e gli altri".
La sua mostra "Italia metafisica" ha aperto a Firenze nel 2015 prima di girare l'Italia. Il catalogo, edito da Contrasto, ha vinto un premio IPA della Lucie Foundation di N.Y. nel 2015 e il Premio Ernest Hemingway 2016 di Lignano Sabbiadoro. Nel 2019 ha avuto due grandi mostre personali, "Luci di Livorno" al Museo della Città di Livorno e "Il Colore del Caso", a Palazzo Fabroni di Pistoia, le sue prime mostre di immagini a colori. Nel 2021 la Città di Todi ha organizzato due mostre sue, "Enigmi" e "Gli occhi della città", una serie di ritratti dei tuderti di ieri e oggi. La maggioranza delle sue immagini sono fatte con un banco ottico 13x18 cm Deardorff. (Estratto da comunicato ufficio stampa Sara Stangoni Comunicazione)
___ Presentazione di altre mostre di fotografia nella newsletter Kritik
Franco Carlisi e Francesco Cito. "Romanzo italiano"
12 ottobre (inaugurazione) - 05 novembre 2023
Spazio Field - Roma Presentazione
Agnese Garrone e Dominique Laugé. "Stand E 015"
18 maggio (inaugurazione) - 30 settembre 2023 (chiuso dal 27 luglio al 4 settembre)
Galleria 70 - Milano Presentazione
Albert Renger-Patzsch | Ruth Hallensleben. "a dialogue"
29 aprile (inaugurazione) - 08 ottobre 2023
spazio Rolla.info - Bruzella (Svizzera) Presentazione
Robert Capa. L'opera 1932-1954
06 maggio - 24 settembre 2023
Centro Saint-Bénin - Aosta Presentazione
What Mad Pursuit. Aglaia Konrad, Armin Linke, Bas Princen
07 aprile - 22 ottobre 2023
Teatro dell'architettura - Mendrisio (Svizzera) Presentazione
Giuseppe Umberto Cavaliere. "Corrispondenze"
Barbara Frigerio Gallery - Milano Presentazione
Francesca Galliani - Empty New York
Barbara Frigerio Contemporary Art Presentazione
Aeropittura Futurista
L'avanguardia italiana tra Biennali e Quadriennali
13 ottobre - 02 dicembre 2023
Galleria Bottegantica - Milano
www.bottegantica.com
Dopo le importanti mostre monografiche dedicate a singole personalità del Futurismo italiano, tra cui Giacomo Balla. Ricostruzione futurista dell'universo (2018) e Il giovane Boccioni (2021), la galleria Bottegantica torna a proporre un'indagine sul Futurismo, in particolare sull'Aeropittura, un'avanguardia italiana che si sviluppa tra le due guerre, dagli anni Venti ai primi anni Quaranta del Novecento.
Curata da Fabio Benzi, tra i massimi esperti del Futurismo, la rassegna si concentra sulla partecipazione dei futuristi alle esposizioni ufficiali del periodo: le Biennali Internazionali d'Arte della città di Venezia (1926-1942) e le Quadriennali d'Arte Nazionale di Roma (1931-1943). Si tratta di due appuntamenti di rilievo nel panorama espositivo nazionale, due occasioni di grande visibilità per gli artisti stessi. Tramite queste mostre, Filippo Tommaso Marinetti, alla guida del movimento, cercò di assicurare un riconoscimento ufficiale al Futurismo italiano e una sua definitiva consacrazione. Attraverso un'accurata selezione di una trentina di opere, pittoriche e scultoree - nella quasi totalità esposte nelle rassegne veneziane e romane - la mostra intende restituire la storicità del fenomeno futurista e la ricca varietà ed originalità delle ricerche artistiche al suo interno.
Nel 1926, Marinetti riesce ad ottenere l'ingresso dei futuristi alla Biennale di Venezia di quell'anno. Predomina in questa edizione l'arte meccanica futurista che s'ispira al linguaggio della meccanica per creare un'arte basata sulla solidità costruttiva dei volumi e delle linee. Questa tendenza è ben rappresentata in mostra dal bassorilievo Derivazione plastica da Bottiglie, Bicchiere, Ambiente (1926) di Ivo Pannaggi, firmatario con Enrico Prampolini e Vinicio Paladini de L'arte meccanica. Manifesto Futurista (1922).
Dalle successive Biennali si coglie, invece, il progressivo emergere di una linea di ricerca attorno all'Aeropittura, i cui principi vengono espressi nella prima bozza del Manifesto dell'Aeropittura Futurista pubblicato nel 1929. Già alla Biennale del 1926 alcune opere anticipavano il crescente interesse per il volo, tra cui il dipinto Prospettive di volo di Fedele Azari, pittore e aviatore, di cui Fortunato Depero nel 1922 realizza un iconico ritratto, presente in mostra. Il succedersi delle partecipazioni futuriste alle Biennali e alle Quadriennali permette di cogliere l'evoluzione delle ricerche aeropittoriche.
Attorno alla figura chiave di Prampolini, si sviluppa una corrente pittorica più lirica, che crea originali proiezioni cosmiche alla ricerca di una "nuova spiritualità extra-terrestre", rappresentata in mostra da opere dello stesso Prampolini, di Fillia, Benedetta e Augusto Favalli con Passaggio sulla base del 1935. Accanto alla componente cosmica, vi è l'altra declinazione dell'aeropittura, più attenta alla resa verosimile della realtà e alla celebrazione delle conquiste tecniche nel campo aviatorio.
Ne è un esempio la scultura di Thayaht, S.55 Architettonico (1935-1936), che celebra le forme geometriche e puntuali dell'idrovolante sul quale Italo Balbo compì la sua trasvolata atlantica tra il dicembre 1930 e il gennaio 1931. In maniera simile, le dinamiche vedute dall'alto di Alfredo Gauro Ambrosi, come Virata sull'Arena di Verona (1932), o di Tato, come Paesaggio aereo (1932), o ancora le acrobazie aeree di Tullio Crali in Aerocaccia I (Duello di caccia) (1936) permettono di apprezzare inedite prospettive basate sulla pioneristica esperienza del volo degli stessi artisti.
Chiudono cronologicamente il percorso alcuni dipinti a soggetto bellico relativi alle conquiste coloniali in Africa, ad opera di Cesare Andreoni e Renato di Bosso, esposti alle cosiddette "Biennali di guerra" (1940-1942) durante gli anni in cui i legami sempre più stringenti con il Regime fascista producono opere di carattere più propagandistico e di esaltazione bellicistica. Ragioni e necessità politiche giocano, infine, un ruolo importante anche nella partecipazione alle ultime edizioni delle Quadriennali di quegli anni di alcuni artisti astratti di area lombarda in qualità di "astrattisti futuristi", tra i quali spicca Mario Radice. A sugellare il meticoloso lavoro di ricerca accompagna la mostra un catalogo, edito da Bottegantica e Grafiche Antiga edizioni, a cura di Fabio Benzi con contributi scientifici del curatore, di Alberto Cibin e Mariateresa Chirico. (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Chagall. Il colore dei sogni
30 settembre 2023 - 13 febbraio 2024
Centro Culturale Candiani - Mestre (Venezia)
Partendo dal Rabbino n. 2 o Rabbino di Vitebsk, 1914-1922, capolavoro conservato nelle raccolte di Ca' Pesaro Galleria Internazionale d'Arte Moderna e acquisito dal Comune di Venezia alla Biennale del 1928, la mostra, a cura di Elisabetta Barisoni, intende indagare il portato rivoluzionario dell'arte di Chagall come pittura del sogno e come trionfo della fantasia creatrice.
L'esposizione è concepita con i capolavori conservati a Ca' Pesaro, cui sono affiancati in ciascuna sezione importanti e puntuali opere di Chagall provenienti da prestigiose collezioni internazionali. Grazie ai prestiti dell'Albertina di Vienna, del Musée National Marc Chagall di Nizza, del Museum of Fine Arts di Budapest e dell'Israel Museum di Gerusalemme, Chagall diventa un filo rosso che unisce opere ed artisti che hanno sentito la propria produzione in termini simili ai suoi, o che da lui hanno preso spunto per sviluppare la propria arte nelle più diverse direzioni.
Il viaggio fantastico di Chagall si svolge attraverso l'arte del '900 e si articola in 6 sezioni che prendono avvio da Il sogno simbolista, con la poesia onirica di Odilon Redon, Cesare Laurenti e Adolfo Wildt. La seconda sezione della mostra si intitola È soltanto mio / il paese che è nell'anima mia ed è tutta dedicata a Marc Chagall, con Il Rabbino di Ca' Pesaro per la prima volta affiancato a Vitebsk. Scena di villaggio della collezione Batliner presso l'Albertina di Vienna. Artisti in esilio affronta invece il tema dell'emigrazione verso gli Stati Uniti da parte di numerosi autori obbligati a lasciare l'Europa durante gli anni Trenta.
La contiguità del "Rabbino" di Ca' Pesaro con le emergenze cubiste e costruttiviste è messa a confronto con le sculture di Ossip Zadkine, fino ad arrivare al Surrealismo di Max Ernst che guardò a Chagall come punto di partenza imprescindibile della propria arte. La quarta sezione si concentra sui temi cari a Chagall, l'amore e il colore. Il colore dei sogni affianca le ricerche del Maestro russo a quelle dell'espressionismo europeo, ben rappresentate dalle accese cromie di Emil Nolde.
Un'ampia sezione della mostra è poi dedicata alle opere religiose ed in particolare alle illustrazioni di Marc Chagall per la Bibbia commissionategli da Ambroise Vollard. Saranno esposte le incisioni donate dall'artista al Musée National Chagall di Nizza nel 1972, affiancate dalle preziose lastre originali con cui le grafiche sono state realizzate. Il tema biblico e della Crocifissione parte da Chagall e si sviluppa verso esiti simbolisti o primitivisti che emergono nelle straordinarie opere delle collezioni di Ca' Pesaro esposte in mostra.
Il tema del sacro, così importante nella produzione di Chagall, accomuna autori internazionali provenienti da tradizioni pittoriche molto distanti. Vicini per la riflessione su Cristo, la Croce e il portato spirituale dell'esistenza sono i capolavori, restaurati per l'occasione e finalmente messi a disposizione del pubblico, del francese Georges Rouault del belga Frank Brangwyn, dello svedese Veikko Aaltona e dell'ungherese István Csók, a ulteriore testimonianza della peculiarità delle raccolte che il Comune di Venezia ha creato per la Galleria d'Arte Moderna comprando, fin dalle prime Biennali, opere di autori internazionali esposti ai Giardini.
La mostra chiude con una sesta sezione tutta all'insegna della fantasia, illogica, istintiva e gioiosa, del messaggio che ci ha lasciato Chagall. Il colore delle favole prende avvio dal progetto grafico sulle Favole di La Fontaine realizzato da Chagall negli anni Venti del secolo scorso, e si colora delle visioni fantastiche di George Grosz e delle riflessioni, tra favole e mito, di Félicien Rops, Frank Barwig e Mario De Maria. L'utopia e la anti-modernità della lezione di Chagall, espresse in pittura e nelle opere grafiche, caratterizzano anche la seconda metà del secolo in prove di inedita atmosfera onirica, come nella scultura di Claudio Parmiggiani, nella pittura di Corrado Balest e di Carlo Hoellesch. (Comunicato stampa Studio Esseci)
Luigi Rossi (1853-1923)
Artista europeo tra realtà e sogno
15 ottobre 2023 - 25 febbraio 2024
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst - Rancate (Mendrisio, Svizzera) ù
www.ti.ch/zuest
Nel centenario di Luigi Rossi (1853-1923), una retrospettiva dove, accanto ai capolavori noti del poliedrico artista ticinese, provenienti da prestigiosi musei svizzeri (MASI di Lugano, Musée d'Art et d'Histoire di Ginevra, Collezioni della Confederazione) e italiani (GAM - Galleria d'Arte Moderna di Milano, Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino) si espongono opere conservate in raccolte private, alcune delle quali recentemente riemerse.
Si tratta di un'occasione preziosa per approfondire l'indagine storiografica e critica che la Züst sta conducendo su un artista che a pieno titolo è da definirsi "europeo". Europeo non solo perché visse tra Italia, Svizzera e Francia, Parigi soprattutto, ma perché elaborò, in modo del tutto originale, il nuovo che percorreva l'Europa dell'arte. Applicando questi suoi raggiungimenti alla pittura e all'illustrazione, servendosi anche della fotografia.
A renderlo popolare nell'intero continente furono soprattutto le sue illustrazioni di alcuni dei maggiori best sellers di fine Ottocento, dalle diverse edizioni di "Tartarino" di Alphonse Daudet - del quale si espone per la prima volta un grande ritratto - a "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo, a "Madame Chrysanthème" di Pierre Loti sino alle "Pastorali" di Longo Sofista, illustrate con l'amico Luigi Conconi. "Les Demi-Vierges" di Prévost, uscite nel 1900, rappresentano il suo ultimo impegno per la grande editoria parigina e internazionale.
Illustratore di successo ma anche - e soprattutto - grande pittore, la cui opera è posta al centro della mostra ticinese. Le opere riunite alla Züst - dipinti e acquerelli - consentono di seguire l'evoluzione della sua pittura dal realismo al simbolismo per approdare al Liberty, momenti da lui interpretati in modo sincero e originale. In un percorso che lo conduce dalla pittura di genere, al ritratto e al paesaggio.
La mostra, a cura di Matteo Bianchi, autore del catalogo ragionato dell'opera di Luigi Rossi, responsabile della Casa Museo in Capriasca e pronipote dell'artista, conclude un ciclo di mostre che la direttrice della Pinacoteca Züst, Mariangela Agliati Ruggia, in collaborazione con Alessandra Brambilla, ha riservato all'opera di Rossi.
Il catalogo, edito da Pagine d'Arte, accanto a un lessico originale di Matteo Bianchi, propone interventi critici di Cristina Brazzola, sulla presenza di Luigi Rossi nelle collezioni della Città di Lugano, di Elisabetta Chiodini (Il giovane Luigi Rossi: sulla via del vero tra genere e paesaggio), Franz Müller (L'opera di Luigi Rossi nel contesto dell'arte svizzera) e Sergio Rebora ("Guardare con gli occhi della mente". Luigi Rossi e il simbolismo) e la riproduzione di un'ottantina di opere per concludersi con una ricca sezione documentaria. Gli apparati, aggiornati per l'occasione, sono a cura di Miriam Notari della Casa Museo Luigi Rossi di Tesserete.
Accanto al corpo centrale dei dipinti, l'attenzione è rivolta all'attività legata all'illustrazione del libro svolta con successo da Luigi Rossi a Parigi. Questo aspetto permette di leggere l'opera dell'artista attraverso l'uso delle diverse tecniche del disegno, dell'acquerello e della fotografia. In sommario, anche lo studio dell'impegno sociale e didattico svolto dall'educatore democratico che è stato Luigi Rossi ai primi del Novecento: presso l'Umanitaria a Milano e le Scuole di disegno nel Cantone Ticino. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Lucus di Yuval Avital
15 luglio (inaugurazione) - 07 gennaio 2024
Fondazione Biscozzi | Rimbaud - Lecce www.fondazionebiscozzirimbaud.it
Mostra a cura di Massimo Guastella, quinto appuntamento espositivo dell'istituzione fondata nel 2018 dai coniugi Luigi Biscozzi e Dominique Rimbaud per promuovere l'arte moderna e contemporanea attraverso un programma di mostre che ha visto sin qui come protagonisti Angelo Savelli (L'artista del bianco, 2021), Salvatore Sava (L'altra scultura, 2022), Grazia Varisco (Sensibilità percettive, 2022-2023), Mirco Marchelli (Voci in capitolo, 2022-2023).
Yuval Avital (Gerusalemme, 1977) è un artista multimediale e compositore. Da sempre sviluppa le sue opere in una varietà di spazi, tra luoghi pubblici, siti archeologici industriali, teatri e musei, sfidando le tradizionali categorie cristallizzate che separano le arti. Nelle sue mostre, performance, installazioni immersive, opere totali, "riti" sonori su larga scala e concerti, si possono trovare danzatori, ensemble di musica contemporanea, maestri di culture e tradizioni antiche, multi-proiezioni video, ambienti tattili meditativi, strumenti tecnologici avanzati, materiali d'archivio, sculture sonore, oggetti, pittura e opere stampate, collaborazioni con persone, comunità, istituti scientifici.
Per la Fondazione Biscozzi | Rimbaud Yuval Avital ha ideato e realizzato un progetto site-specific ispirato al bosco sacro, il lucus appunto, caro agli antichi romani ma altrettanto considerato dalle arti. L'artista, alla costante ricerca di tracce umane e recuperi rituali, affascinato dalle differenti identità dei luoghi, ha ideato un percorso espositivo che intende creare interrelazioni con la comunità e le sue radici culturali e naturali, rievocando le remote aree boschive ricoperte dalla macchia della penisola jonico-salentina. Novanta le opere in mostra, alcune recenti e altre realizzate appositamente, tutte caratterizzate dalla versatilità nell'utilizzo dei linguaggi e dei mezzi espressivi, d'una creatività mai doma, a tratti inquieta, che unisce il fare artistico tradizionale alla multimedialità.
Quattro i momenti in cui si snoda il percorso espositivo. Nella prima sala, al pianoterra, accedendo attraverso un sipario, cinque menhir suggeriscono il luogo sacro, a simboleggiare un paesaggio silvestre ove si ergono verticalmente, come alberi, gli approssimativi parallelepipedi. I monumenti monolitici sono riprodotti in scala, nel "dialogo" (così lo definisce l'artista) con gli artigiani locali della cartapesta, com'è nelle sue corde. A quelle strutture verticali si accompagna la serie pittorica dei Bagnanti, rappresentazioni d'impianto espressionista entro un'atmosfera onirica.
L'installazione, concepita specificatamente per la Fondazione, consente al visitatore di penetrare in un ambiente immersivo che, come sottolinea il curatore, Massimo Guastella: "si tramuta in una metafora del paesaggio mediterraneo, perduto ma persistente nella memoria, in una sorta di total room immersiva, molto prossima all'opera totale che è al contempo la cifra personale dell'artista".
Si continua nella sala dove sono ordinate dodici maschere sonore, dalle effigi ieratiche, irregolari e irreali, che emettono ineffabili suoni, forse ancestrali. Si prosegue poi nella sala successiva con il light box della serie fotografica Light Recordings n.8 Taidung/32, del 2018, ripresa notturna vissuta direttamente in un bosco sacro tra le tradizioni autoctone della gente di Taiwan. Lo schermo di grande dimensione è abbinato alla "comunità" dei quattordici Bagnanti in gesso, surreali statuine dai corpi umani compenetrate da vegetazione.
L'esposizione si conclude nelle sale al primo piano, dove Avital disloca, tra le opere della collezione permanente della Fondazione, tre Singing Tubes, sculture sonore totemiche che riproducono voci: l'alta giraffa respirante (Singing Tubes n. 2), il ragno blu tremolante (Singing Tubes n. 3) e la vivace tinteggiatura del verme dal tono grave (Singing Tubes n. 6). Yuval Avital, nel collage di mezzi espressivi del fare artistico, fa coesistere elementi apparentemente distanti tra loro, compendiandoli e mettendo in stretta relazione il presente con territorio, origini e riti. È in preparazione il catalogo della mostra, a cura di Massimo Guastella, Dario Cimorelli Editore. (Estratto da comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro
19 luglio - 08 ottobre 2023
CAMERA Centro Italiano per la Fotografia - Torino
www.camera.to
La mostra, che si compone di oltre 200 immagini ed è curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi, presenta la carriera di Dorothea Lange (Hoboken, New Jersey, 1895 - San Francisco, 1965), autrice che è stata, come scrisse John Szarkowski, "per scelta un'osservatrice sociale e per istinto un'artista". Il percorso di mostra si concentra in particolare sugli anni Trenta e Quaranta, picco assoluto della sua attività, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l'assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Fra il 1931 e il 1939, il Sud degli Stati Uniti viene infatti colpito da una grave siccità e da continue tempeste di sabbia, che mettono in ginocchio l'agricoltura dell'area, costringendo migliaia di persone a migrare.
Dorothea Lange fa parte del gruppo di fotografi chiamati dalla Farm Security Administration (agenzia governativa incaricata di promuovere le politiche del New Deal) a documentare l'esodo dei lavoratori agricoli in cerca di un'occupazione nelle grandi piantagioni della Central Valley: Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti, riportati poi nelle dettagliate didascalie che completano le immagini. È in questo contesto che realizza il ritratto, passato alla storia, di una giovane madre disperata e stremata dalla povertà (Migrant Mother), che vive insieme ai sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.
La crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni: nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento. (Estratto da comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
Il metodo e la follia
Dodici artisti italiani tra astrazione geometrica e informale
.. 01-31 luglio 2023, Palazzo Re Meris, Ranzanico (BG)
.. 26 agosto - 27 settembre 2023, Museo del Parco Archeologico di Luine, Darfo Boario Terme (BS) e Museo della Riserva delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, Nadro di Ceto (BS)
.. 14 ottobre - 05 novembre 2023, Spazio Ex Filanda e Museo, Soncino (CR)
zamenhofgallery.jimdo.com
Progetto di mostre d'arte contemporanea itinerante a cura di Virgilio Patarini. Organizzazione Zamenhof Art. Opere di Salvatore Alessi, Alberto Besson, Andrea Boldrini, Leopoldo Bon, Alessandra Cantamessa, Valentina Carrera, Rinaldo Degradi, Carlo D'Orta, Paola Gamba, Ezio Mazzella, Alessandro Pedrini, Maria Luisa Ritorno. Con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Ranzanico, di Soncino, dell'Ente Riserva di Ceto, Cimbergo e Paspardo.
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"C'è del metodo in questa follia", dice Polonio a proposito di Amleto. Ed è a partire da tale reminiscenza shakespeariana che nasce l'idea di questa mostra. Dalla declinazione, dalla messa alla prova di quest a apparente aporia. C'è un rapporto tra questi due opposti? E se c'è, qual è? Qual è il rapporto, lo scambio, la connessione tra la razionalità e l'irrazionale? Tra il controllo assoluto e la più sfrenata libertà? Ammesso che l'uno o l'altra siano davvero praticabili fino all'estremo. Quale il rapporto tra astrazione geometrica e action painting?
Perché astrazione geometrica e pittura gestuale, dei due opposti su cui stiamo riflettendo, sono i più emblematici correlativi oggettivi. Per rispondere a tale domanda è stata pensata questa mostra itinerante: senza troppe elucubrazioni, ma attraverso delle opere (quadri, fotografie, sculture) frutto di azioni artistiche ben precise, tutte in bilico, in tensione, tra i due opposti di cui si diceva: tra il controllo assoluto del gesto della mano o dello sguardo che va a tracciare algide, rigide traiettorie geometriche sulla superficie o nello spazio, come in Degradi, D'Orta o Pedrini, fino alla fluida, sensuale sinuosità delle sculture della Ritorno o delle fotografie di Bon, o al gesto apparentemente libero, rarefatto e sospeso di Boldrini, passando attraverso infiniti passaggi intermedi come le composizioni materiche e ancestrali della Carrera e della Cantamessa, la frammentazione dei piani di Besson, l'alternarsi di corsivi guizzanti e ricerca d'ordine in Alessi, il gioco dialettico tra ritmo delle campiture e segno spiazzante in Gamba e Mazzella.
Perché alla fine è l'opera che resta. L'azione che produce l' opera e rende manifesto il pensiero, lo incarna, lo invera. Il coacervo di metodo e follia. E l'opera nella sua concreta, materiale esistenza riesce talvolta, miracolosamente, a conciliare gli opposti, a risolvere le aporie, e a dare un senso al tutto. Perché poi anche Amleto, l'amletico Amleto, lo sproloquiante, il tergiversificatore ebbro, l'acrobata della parola, il sofisticato sofista, Amleto alla fine, dopo quattro atti di peripatetiche peripezie verbali e verbose, alla fine, dico, si risolve all'azione e il rasoio di Occam si muta all'istante in una lama affilata con la quale il rampollo di Elsinore fa una autentica carneficina. Tu vatti a fidare della filosofia di Wittemberg. Sì, c'è del metodo nella follia creativa di questi artisti. E c'è della follia nel loro metodo. E forse l'arte serve esattamente a questo: a conciliare gli opposti. A trovare un momentaneo ma concreto punto di equilibrio tra il metodo e la follia. (Virgilio Patarini)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Opera di Alberto Besson
2. Opera di Paola Gamba
3. Opera di Rinaldo Degradi
Michele Tocca. Repoussoir
21 giugno (inaugurazione) - 05 novembre 2023
Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino
La mostra, curata da Elena Volpato, nasce dalla volontà della GAM di Torino di acquisire un gruppo di opere di Michele Tocca (Subiaco, 1983), un pittore capace di porsi all'osservazione del mondo con l'immediatezza di una interiore first-timeness: con il candore di uno sguardo che sa vedere tutto come fosse la prima volta, eppure coltiva una profonda conoscenza dei meccanismi della visione, delle strutture di pensiero e delle eredità che l'arte ci tramanda. Questa sua capacità di essere interamente nell'istante presente, di sentire il motivo all'impronta e, al contempo, di vedersi vedere, di sorvegliare ogni sua decisione, di "dimenticare a memoria" nei propri atti le matrici pittoriche che appartengono ai secoli passati, ha portato a immaginare un'esposizione che potesse tenere insieme queste due tensioni fatte di schiettezza attuale e conoscenza della storia.
Pochi, meditati, studi pittorici di piccole dimensioni, realizzati direttamente sulla natura da artisti come Antonio Fontanesi, Massimo d'Azeglio e Giovanni Battista De Gubernatis, sono stati tratti dalla collezione di Ottocento della GAM e disposti in alto sulle pareti, come fossero degli appunti ideali, mentre le serie pittoriche di Michele Tocca scorrono sulla linea di visione. Anche una distinzione cromatica separa sulla parete la pittura del presente da quella ottocentesca, così come nella mente dell'artista, talvolta, una sfumatura più o meno intensa di colore, la prospettiva un poco più ravvicinata sull'oggetto o la sintesi più o meno spinta di una pennellata, separa il suo proprio fare dalla memoria viva di quanto i plenairists andavano scoprendo tra Sette e Ottocento, dando campo a vere rivoluzioni dello sguardo e all'emergere della consapevolezza storica del paesaggio.
Repoussoir è il titolo di un'opera in mostra di Michele Tocca, anch'essa parte dell'acquisizione che la GAM ha realizzato grazie al bando PAC2021. Il termine repoussoir appartiene alla storia della pittura di paesaggio. Indica un elemento posto in primo piano per costituire un ostacolo, una cornice, una quinta all'aperta visione. È un ostacolo che rilancia in profondità lo sguardo, ne determina la traiettoria verso il fulcro visivo del dipinto. L'intera pittura di Tocca può essere letta attraverso il meccanismo visivo del repoussoir: tutto ciò che è apparentemente marginale, tutto quanto si distingue da ciò che ci aspettiamo di trovare al centro dell'attenzione, acquista nelle sue opere pieno rilievo e nuovo significato.
La serie delle sue Giacche da pioggia del pittore, ad esempio, poste ad asciugare dopo una giornata di pittura all'aperto, rappresentano niente più che semplici accessori, eppure sono autoritratti, dipinti dagli elementi atmosferici, dalle gocce di pioggia, non meno che dalle inevitabili macchioline di colore ad olio cadute durante il lavoro. Hanno la forza degli autoritratti e lo sono, in egual misura, del pittore che li indossa e del paesaggio che li imbeve. Michele Tocca ritraendo di spalle la propria giacca da lavoro fa di se stesso un repoussoir, un dispositivo della visione pittorica, e della sua opera una riflessione sull' "attualità" fisica e metaforica tra la pittura e i fenomeni. Questa esposizione intende, ancora una volta, affermare la piena continuità tra la storia dell'arte e i suoi percorsi odierni, in un tramando di significati, pensieri e tecniche che solo musei come la GAM di Torino hanno la possibilità di raccontare, continuando a innestare sul solido tronco delle proprie collezioni il racconto del presente. (Comunicato ufficio stampa Daniela Matteu)
La soglia della pittura
20 giugno (inaugurazione) - 21 settembre 2023
Glenda Cinquegrana Art Consulting - Milano www.glendacinquegrana.com
Una selezione di opere di artisti che hanno fatto parte del movimento della Pittura Analitica italiana come Enzo Cacciola, Vincenzo Cecchini, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Riccardo Guarneri, Paolo Masi, Claudio Olivieri, Pino Pinelli, Claudio Verna. Il titolo della mostra, a cura di Glenda Cinquegrana, allude ad uno dei temi fondamentali che accomuna gli artisti della Pittura Analitica, ovvero quello dell'indagine sugli elementi materiali del fare pittura, che li pone a cavallo fra pittura e concettuale, fra bidimensionalità e spazio, fra pittura e fotografia: la soglia, appunto, il confine fra i generi portati al limite dell'analisi come termine distintivo del movimento.
La Pittura Analitica è una corrente che si sviluppa negli anni Settanta, risposta chiara al clima culturale che aveva consacrato il Concettuale come linguaggio artistico del periodo, e decretato la morte della pittura. Sviluppatasi fra il 1970 e 1978 sotto le definizioni di Pittura Pittura e Nuova Pittura, quando mette al centro la riflessione sulla sintassi propria del mezzo pittorico e i relativi concetti di spazio, segno, colore, supporto e le sue infinite variabili è basata sulla ferma coscienza che la pittura possa rinnovarsi a partire da questi elementi.
Oltre all'appartenenza ad una temperie Europea che vede corrispettivi esiti nel Support-Surfaces francese e nel Geplante Malerei tedesco, la Pittura Analitica è ispirata ad un'idea di corrente formata da artisti che oltre ad avere in comune la partecipazione ad importanti mostre - come Documenta nel 1977 e la Biennale di Venezia del 1978 - hanno condiviso una medesima visione poetica. Anche qui la parola "movimento" deve essere utilizzata come termine soglia per indicare quel campo della Pittura Analitica che è fluido.
Enzo Cacciola (Arenzano 1954) dopo l'esordio alla Galleria la Bertesca di Genova, sviluppa attorno al 1974-75 una ricerca che, nella sua fase degli asbesti, usa come materiale pittorico il cemento, del quale l'artista si focalizza sulla processualità nella lavorazione. Interessato inizialmente al rapporto fra pittura e fotografia, Vincenzo Cecchini (Cattolica 1934) sviluppa una poetica che restando sulla soglia fra pittura e fotografia, è una riflessione sullo spazio del quadro inteso come piano di proiezione ideale e sede dell'imperfezione. Marco Gastini (Torino 1938 - 2018) alla metà degli anni Settanta, infatti, caratterizza la sua ricerca dall'uso del plexiglas quale supporto per il segno pittorico, dove il percorso di linee è costruito più per assenza più che presenza.
Uno dei più rigorosi e coerenti nella ricerca sui principi della pittura è sicuramente Giorgio Griffa, che arriva a smantellare il quadro come supporto e ridurre la pittura a mero segno sulla tela nuda. La pittura di Guarneri (Firenze 1933, dove vive e lavora), invece, scaturisce da un'attenta progettazione sullo spazio pittorico del quadro affiancata ad un'accurata diluzione del colore, fra geometrie inesatte e riduzione poetica. Pino Pinelli (Catania, 1938), si è concentrato a partire dagli Anni Settanta sulla disseminazione del colore e il monocromo, ovvero sull'interazione fra la pittura, intesa in chiave oggettuale, e la parete.
Il colore nell'opera di Pinelli assume delle caratteristiche emananti molto vicine a Klein; infine, la ricerca dell'effetto tattile, dove "la lettura del colore richiede una lunga pausa in cui il tono cromatico cresce emettendo dati percettivi di vibrazione", secondo le parole dell'artista. Paolo Masi (Firenze, 1934, dove vive e lavora) prende ad uso come supporto pittorico il cartone, materiale riciclato, su cui stende un colore sviluppato nelle sue possibilità infinite. Il plexiglas, che custodisce il cartone, è scatola che ha funzione amplificatrice della luce.
Fra i fondatori del movimento è Claudio Olivieri (Roma 1934 - Milano 2019) che lavora su una pittura-colore che, fra luce ed ombra, è fatta di disvelamento e occultamento, come poli coesistenti. La sua pittura rincorre l'idea del limite, della luce nera. La sovrapposizione di strati riesce a creare forme di percezione raffinatissime, nelle quali il quadro diventa soglia accessibile solo se attraversato come profondità di spazio. La ricerca di Claudio Verna, infine, prendendo a fondamento lo studio delle avanguardie storiche, sviluppa le possibili interazioni fra colore e superficie del quadro. (Comunicato stampa)
Immagine:
Riccardo Guarneri, Altezze, 2014, acrilico su tela, cm. 80x160
"ARTinCLUB 11"
28 maggio (inaugurazione) - 23 settembre 2023
Residenza d'Epoca Hotel Club I Pini - Lido di Camaiore (Lucca) www.clubipini.com/artinclub11
Rassegna di pittura - curata da Gianni Costa - organizzata in collaborazione con la galleria Mercurio Arte Contemporanea di Viareggio.
L'iniziativa ARTinCLUB, giunta quest'anno all'undicesima edizione, offre al pubblico una stimolante proposta culturale che coniuga l'arte contemporanea con la raffinata atmosfera della villa in stile Liberty, fatta costruire dal pittore e ceramista Galileo Chini agli inizi del '900 per crearvi la propria dimora nei periodi di vacanza.
Completamente ristrutturata lasciando inalterato il fascino originario, la Residenza d'Epoca Hotel Club I Pini, gestita dai fratelli Cesare e Nicola Salvini, accoglie ancora oggi numerose opere di Chini - dipinti, affreschi e oggetti d'arredamento - perfettamente conservate.
Nella mostra sono presentati recenti dipinti di Riccardo Corti (Firenze, 1952), Beppe Francesconi (Marina di Massa, 1961), Guido Morelli (La Spezia, 1967), Armando Orfeo (Marina di Grosseto, 1964), Riccardo Ruberti (Livorno, 1981) e Valente Taddei (Viareggio, 1964): i sei artisti, seppur differenti tra loro per formazione estetica, stili e tecniche pittoriche, sono accomunati da un profondo spirito di ricerca nell'ambito della figurazione contemporanea, oltre che da un rigore compositivo e da un'accuratezza formale che rendono armonioso l'accostamento dei rispettivi lavori in un progetto espositivo comune. La rassegna è patrocinata dal Comune di Camaiore. (Comunicato stampa)
Agnese Garrone e Dominique Laugé
"Stand E 015"
18 maggio (inaugurazione) - 30 settembre 2023 (chiuso dal 27 luglio al 4 settembre)
Galleria 70 - Milano
Mostra con le opere fotografiche di Agnese Garrone e di Dominique Laugé, recentemente presentate a MIA Photofair 2023 riscuotendo un notevole successo da parte del pubblico. Le 28 fotografie in bianco e nero, quattordici per ogni autore, mostrano il senso di profonda corrispondenza e assonanza che unisce i due artisti. Le opere di Dominique Laugé, vero maestro del paesaggio, e della giovane Agnese Garrone, sono associate in una sequenza che, a dispetto della reciproca diversità dei temi trattati e dell'impostazione, fluisce in un inatteso accordo poetico, in una linea di continuità che ha il carattere della più naturale armonia.
La grande classe di Laugé nel ritrarre la natura e il vivido interesse della Garrone per l'umanità che la circonda declinano con diverso linguaggio la medesima qualità di sentimento, che ha in sé qualcosa di nobile e antico; un'affinità che si riscontra nello stesso allestimento delle opere in mostra che mette in relazione i lavori di due artisti diversi per età, esperienza, stile e scelta dei soggetti, ma che si rivelano tuttavia molto vicini nella sensibilità e nella temperie emotiva conferita alle rispettive immagini.
Dominique Laugé presenta, con l'ordine compositivo dal ritmo posato e solenne che contraddistingue la sua arte e la sua anima, i paesaggi del Canton Vaud in Svizzera e della Provenza in Francia: paesaggi senza mai figure umane, sospesi, introversi, quasi fosse questo l'unico modo per avvicinarsi all'interiorità della vita, dove la luce, morbida e soffusa, gioca un ruolo determinante e viene trattata dall'autore in maniera magica, quasi pittorica.
Con differente ispirazione, la giovane Agnese Garrone si mostra animata da un vivo senso di partecipazione e affetto peri propri simili. Le immagini che crea paiono sempre rivolte verso l'esterno, persino quando sono autoritratti, e con uno strano afflato lirico, che rimanendo sotterraneo e implicito percorre tuttavia l'intera scena, danno l'impressione di accarezzare la realtà. Le sue figure, le sue situazioni, appartengono certo all'esistenza quotidiana e formalmente non recano in realtà alcunché di speciale, se non per la circostanza, determinante, di albergare entro sé una pregnanza del tutto singolare, e di ammantarsi di un'aura romanzesca che le rende autentiche quanto la vita.
Agnese Garrone (Genova, 1997) ha frequentato un corso di Direzione della fotografia all'Accademia Mediterranea del Cinema di Bari e lavorato in Francia in diversi set cinematografici e documentaristici. All'École Internationale de Création Audiovisuelle et de Réalisation di Parigi, dove si è da poco specializzata in regia, ha svolto collaborazioni di production design. Dopo la prima personale a carattere di reportage Being Burma - La Birmania prima del golpe, alla Galleria 70 di Milano, si è presentata al MIA 2023 con una serie di scatti a tema libero, che evidenziano la sua originalità e lo spiccato carattere.
Dominique Laugé (La Rochelle, 1958), dopo essersi laureato in lettere all'Università di Bordeaux ha frequentato dal 1982 al 1984 il Brooks Institute of Photography di Santa Barbara, approfondendo lo studio del sistema zonale con Bob Werling e Ansel Adams. Ritornato in Europa si è stabilito a Milano, dove è rimasto fino al 2005 ottenendo negli anni numerosi riconoscimenti. Dal 2012 Dominique Laugé collabora con la Picture This Gallery (Hong Kong, Londra) e dal 2010 è nell'organizzazione del Premio Résidence pour la Photographie della Fondation des Treilles di Tourtour, sotto la presidenza di Maryvonne de Saint Pulgent. (Estratto da comunicato ufficio Stampa mostra De Angelis Press, Milano)
Immagine:
Agnese Garrone, Belleville, Parigi 2021, edizione 4 esemplari
Albert Renger-Patzsch | Ruth Hallensleben
a dialogue
29 aprile (inaugurazione) - 08 ottobre 2023
spazio Rolla.info - Bruzella (Svizzera) www.rolla.info
Le quaranta fotografie, scattate tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Ventesimo secolo, appartenenti alla collezione Rolla, mettono a confronto due autori già presentati in passato, con una nuova lettura. Entrambi tedeschi, coetanei e che lavoravano prevalentemente nello stesso ambito, la fotografia industriale. Albert Renger-Patzsch gode di una fama internazionale, Ruth Hallensleben è ancora da scoprire. Le ragioni sono diverse a partire dal fatto che il primo sviluppa anche una ricerca personale, la seconda lavora quasi sempre su commissione. Urs Stahel nel testo introduttivo indaga anche altri fattori, condizionamenti sociali e sottolinea: Nella selezione non si notano quasi differenze di atteggiamento, né di qualità. Anche se, pure in questo caso, si trovano contrapposte commissione e fotografia libera.
Albert Renger-Patzsch (Germania - Würzburg, 1897 - Wamel, 1966) inizia a fotografare all'età di dodici anni. Dopo il servizio militare e durante la Prima guerra mondiale, studia chimica al Dresden Technical College. Nei primi anni del 1920 lavora come fotografo per il Chicago Tribune, prima di diventare un libero professionista. Nominato professore e capo del dipartimento di fotografia pittorica della Folkwangschule di Essen, lascia la carica dopo soli due semestri a causa dell?oppressione nazista.
Ruth Hallensleben (Germania - Colonia, 1898 - Colonia, 1977) nel 1931 trova impiego come praticante presso Elsbeth Gropp, famosa fotografa ritrattista e di moda. Nel 1934 apre il suo studio. Dopo una iniziale formazione come ritrattista, si dedica alla fotografia industriale. Il suo lavoro, oltre che visione poetica e prova tecnica, è una testimonianza del periodo storico in cui ha vissuto, la Germania del XX secolo.
Urs Stahel è scrittore, curatore, docente e consulente freelance. Curatore del MAST - Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia - di Bologna, consulente della collezione di fotografia industriale del MAST, consulente di Foto Colectania, Barcellona, e della Collection of Art Vontobel, Zurigo. È cofondatore del Fotomuseum Winterthur, di cui è stato direttore e curatore dal 1993 al 2013. (Comunicato stampa)
Robert Capa
L'opera 1932-1954
06 maggio - 24 settembre 2023
Centro Saint-Bénin - Aosta
Robert Capa nasce nel 1913 a Budapest; in gioventù si trasferisce a Berlino, dove inizia la sua grande carriera di fotoreporter che lo porterà a viaggiare in tutto il mondo. Nel 1947 fonda con Henri Cartier-Bresson e David Seymour la celebre agenzia Magnum Photos. Esposte oltre 300 opere, selezionate dagli archivi dell'agenzia Magnum Photos, che copriranno in modo esaustivo la produzione del celebre fotografo, dagli esordi del 1931 alla morte avvenuta nel 1954 in Indocina. Mostra a cura di Gabriel Bauret.
"La mostra - anticipa la Dirigente delle Attività espositive Daria Jorioz - consente di ripercorrere tutte le fasi della straordinaria carriera di Robert Capa, riservando un'attenzione particolare ad alcune delle sue immagini più iconiche, che hanno incarnato la storia della fotografia del Novecento. L'esposizione si propone di evidenziare le molteplici sfaccettature dell'opera di un autore passionale e in definitiva sfuggente, instancabile e forse mai pienamente soddisfatto, che non esitava a rischiare la vita per i suoi reportages".
Scrive Gabriel Bauret in catalogo: "Il suo posto nella storia della fotografia potrebbe essere paragonato a quello di Robert Doisneau, ma il paragone si ferma qui: tanto Capa è un eterno migrante, dallo spirito avventuroso, quanto Doisneau è un sedentario che nutre la sua fotografia con i soggetti che sa scovare a Parigi e nelle sue periferie".
Al Centro Saint-Bénin di Aosta il visitatore potrà ammirare le immagini di guerra che hanno forgiato la leggenda di Capa, ma non solo. Nei reportages del fotografo, come in tutta la sua opera, esistono quelli che Raymond Depardon chiama "tempi deboli", contrapposti ai tempi forti che caratterizzano le azioni. I tempi deboli ci riportano all'uomo, Endre Friedmann, alla sua sensibilità verso le vittime e i diseredati, al suo percorso personale dall'Ungheria in poi. Immagini che lasciano trapelare la complicità e l'empatia del fotografo rispetto ai soggetti ritratti, soldati ma anche civili, sui terreni di scontro, in cui ha maggiormente operato e si è distinto.
Di lui così scrisse Henri Cartier-Bresson: "Per me, Capa indossava l'abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all'apice della sua gloria".
A rendere la rassegna ancora più intrigante è la possibilità che essa offre di ammirare l'utilizzo finale delle immagini di Capa, ovvero le pubblicazioni dei suoi reportages sulla stampa francese e americana dell'epoca e gli estratti di suoi testi sulla fotografia, che tra gli altri toccano argomenti come la sfocatura, la distanza, il mestiere, l'impegno politico, la guerra. Inoltre, saranno disponibili gli estratti di un film di Patrick Jeudy su Robert Capa in cui John G. Morris commenta con emozione documenti che mostrano Capa in azione sul campo e infine la registrazione sonora di un'intervista di Capa a Radio Canada. (Estratto da comunicato stampa Studio Esseci)
Carla Accardi
"Gli anni Settanta: i lenzuoli"
28 aprile - 29 ottobre 2023
Museo Correr - Venezia
"L'iniziativa del Museo Correr - afferma la dirigente Area Attività Museali e co-curatrice della mostra Chiara Squarcina - cade a ridosso del centenario della nascita dell'artista che, pur avendo vissuto a Roma, ha stabilito, nel corso della propria esistenza, un legame costante con Venezia, sia a livello individuale che professionale. Tra l'altro, nel 1948 ha esordito alla Biennale facendovi ritorno nel 1964 (sala personale introdotta in catalogo da Carla Lonzi), 1976, 1988 (sala personale) e nel 1993 comparendo anche nell'edizione del 2022. Opere, foto ed altro materiale documentario attestano il suo rapporto con la città lagunare compresa una immagine del 1952 quando, in occasione di una mostra alla Galleria del Cavallino, visitò col marito, l'artista Antonio Sanfilippo, e Tancredi Parmeggiani la collezione Guggenheim".
Il progetto veneziano a cura di Pier Paolo Pancotto (in collaborazione con l'Archivio Accardi Sanfilippo, Roma) in quanto omaggio e non mostra antologica, presenta, sotto forma di installazione, una ristretta selezione di lavori posti in dialogo con gli ambienti storici del museo, in particolare quelli della Sala Quattro Porte posta lungo il percorso della Quadreria allestita da Carlo Scarpa. Si tratta dei Lenzuoli, un ciclo di opere avviato negli anni Settanta del 900 raramente visibile nel suo insieme e che, pur nella sua specificità visiva e semantica, risulta del tutto indicativo della ricerca dell'artista e, a suo modo, riassuntivo del suo percorso creativo.
"Varie ragioni - annota il curatore della mostra, Paolo Pancotto - rendono Carla Accardi (Trapani, 1924 - Roma, 2014) una delle figure più significative dell'arte del XX secolo. Nel secondo dopoguerra ha contribuito all'affermazione dell'arte non figurativa in Italia promuovendo - unica donna in un consesso interamente maschile - il gruppo Forma (1947); negli anni Cinquanta ha sviluppato la poetica del segno affermandosi tra i protagonisti dell'Art autre di Michel Tapié; nel decennio seguente ha introdotto l'uso di un inedito materiale plastico trasparente, il sicofoil, ed ha abbandonato le tempere a favore di vernici colorate e fluorescenti aprendo la sua ricerca ad effetti optical e ambientali.
Superati i Settanta, segnati da un marcato impegno nelle attività sociali e nel femminismo (con Carla Lonzi e Elvira Banotti nel 1970 è stata tra le fondatrici di Rivolta femminile), ha attraversato gli anni 80 e 90 del Novecento ed è approdata al nuovo Millennio con un rinnovato interesse per la pittura sviluppando costantemente il proprio linguaggio fatto di segni e giustapposizioni cromatiche. (Comunicato stampa Studio Esseci)
What Mad Pursuit. Aglaia Konrad, Armin Linke, Bas Princen
07 aprile - 22 ottobre 2023
Teatro dell'architettura - Mendrisio (Svizzera)
Mostra promossa dall'Accademia di architettura dell'USI (Università della Svizzera italiana) e curata da Francesco Zanot. Pensata appositamente per gli spazi del Teatro dell'architettura Mendrisio, la mostra è un progetto inedito che raccoglie i lavori fotografici di tre protagonisti della scena artistica internazionale che lavorano con la fotografia attraverso modalità e approcci diversi: Aglaia Konrad (Salisburgo, 1960), Armin Linke (Milano, 1966) e Bas Princen (Zeeland,1975). Accostando circa 50 opere, realizzate dagli autori in luoghi e momenti differenti con scopi altrettanto eterogenei, la mostra esplora le intersezioni tra fotografia e architettura, spazio rappresentato e spazio espositivo. L'esposizione mette in discussione la funzione documentaria della fotografia, intesa qui come un dispositivo che contemporaneamente registra e trasforma la realtà, e ne contraddice al tempo stesso la concezione di immagine bidimensionale esplorandone la materialità, il corpo, la presenza. (Comunicato stampa)
Il restauro di 342 lettere autografe di Michelangelo Buonarroti www.casabuonarroti.it
Nessuno tra gli artisti del Rinascimento ci è tanto noto e familiare come Michelangelo. Sappiamo cosa mangiava, come si curava, quanto spendeva per gli abiti. ma possiamo anche seguirlo nei suoi momenti di meditazione, nei suoi slanci di generosità, nei suoi accessi d'ira, nelle sue paure. Tutto questo è stato possibile grazie alla spiccata attitudine di Michelangelo alla conservazione, quasi maniacale, di ogni documento che riguardasse la sua quotidianità: contratti, lettere ricevute, minute delle lettere inviate, bozze di poesie, conti della spesa.
L'enorme mole di carte da lui raccolte nel corso della lunga vita fu devotamente custodita dai suoi discendenti, andando a costituire il nucleo fondamentale dell'archivio familiare, che lungo i secoli si accrebbe con documenti di altri membri, fino ad arrivare alla notevole consistenza di 169 volumi e oltre 25.000 carte. Una delle sezioni più preziose dell'archivio è indubbiamente costituita dalle lettere di sua mano, sia minute di lettere inviate ai personaggi più vari del suo tempo (da papa Clemente VII alla regina di Francia Caterina de' Medici, dalla poetessa Vittoria Colonna allo storico Benedetto Varchi, dal pittore Sebastiano del Piombo a Giorgio Vasari).
Considerando l'importanza e la fragilità di queste carte, l'Associazione degli Amici della Casa Buonarroti - nelle persone di Elisabetta Archi e Antonio Paolucci - hanno pensato di sottoporre un progetto di restauro all'Ente Cambiano scpa, che con grande slancio l'ha accolta e sostenuta con generosa e lungimirante sensibilità. Nell'occasione si potranno vedere le carte restaurate che poi verranno riposizionate e custodite nell'Archivio di Casa Buonarroti. L'Archivio Buonarroti consta di 169 volumi tutti manoscritti, attraverso i quali è possibile ricostruire la storia dei Buonarroti dagli antenati di Michelangelo fino all'ultimo discendente diretto della famiglia che nel 1859 decise di lasciare la Casa e il patrimonio raccolto al suo interno alla città di Firenze. (Estratto da comunicato ufficio stampa Fondazione Casa Buonarroti - CSC Sigma)
17 aprile (inaugurazione) - 24 settembre 2023
Fondazione Merz - Torino www.fondazionemerz.org
L'esposizione, a cura di Valentina Greco, restituisce in un racconto per immagini la storia di Palermo dagli anni '50 al 1992. Un viaggio che rivela, attraverso le ricerche e le intuizioni di Enzo Sellerio, Letizia Battaglia, Franco Zecchin, Fabio Sgroi, Lia Pasqualino una Palermo immaginifica. Cinque fotografi, cinque sguardi, con sentimenti diversi, sull'immaginario poetico di Palermo.
Oggetto di una visione gentile, giocosa, colta, antiretorica, che è anche acutissima testimonianza della scena sociale degli anni '50 e '60, densa di situazioni in attesa di una possibile rinascita, degli anni '70 fino all'inizio degli anni '90, quando la città si lasciava filtrare dal punk, dalle manifestazioni studentesche, dalle nuove produzioni teatrali e aveva la sua resistenza nella costruzione di un immaginario in uno stato d'eccezione costante, dove la scrittura e la scrittura per immagini sono state attente osservatrici e protagoniste. Il progetto si avvale della collaborazione dell'Archivio Letizia Battaglia e dell'Archivio Enzo Sellerio. Inserendosi nel solco di un dialogo di lunga data che Fondazione Merz coltiva con il territorio siciliano, Palermo Mon Amour costruisce lo spaccato di una città dalla storia crepitante di energie sommerse. (Estratto da comunicato stampa)
L'Arte raccontata da Giorgio Soavi per il centenario dalla nascita
30 marzo (inaugurazione) - 26 novembre 2023
Museo civico P. A. Garda - Ivrea
www.archiviostoricolivetti.it
"Per quale motivo, se non per scrivere, si acquistano quadri?" scrive Giorgio Soavi nel racconto "Intimità" (in Passioni, Camunia 1993, p.9). Dopo cento anni dalla nascita di Giorgio Soavi, la città di Ivrea, in sinergia con l'Associazione Archivio Storico Olivetti, intende ricordarlo dedicandogli una mostra. In anteprima assoluta, l'allestimento sarà rivoluzionario: un ologramma di Giorgio Soavi che parlerà con la sua voce al pubblico. Una vera e propria materializzazione in 3D. Una proposta sensoriale unica sia dal punto di vista tecnologico che emozionale, che potrà essere vissuta sino al 30 aprile 2023. Tale mostra consentirà di illuminare, per la prima volta, la figura poliedrica di Giorgio Soavi, scrittore che entra nel mondo Olivetti dall'età di 24 anni, prima nelle Edizioni di Comunità e poi, negli anni Cinquanta, nella società Olivetti come curatore di grandi progetti legati all'arte e all'editoria.
Amico e frequentatore di riconosciuti artisti del secolo scorso, da Giacometti a Balthus, scopritore di giovani talenti nel campo dell'arte poi affermatisi anche grazie al suo istinto e intuito, da Folon a Pizzigoni, per Soavi la pittura è alimento che nutre la scrittura, impulso vitale che ci restituisce una ricchissima produzione da non critico d'arte, quale intendeva essere. Finissimo conoscitore ed esperto delle arti grafiche, compratore onnivoro di oggetti di cancelleria e strumenti di pittura come pennelli, carte, colori, collezionista di opere d'arte e oggetti del quotidiano, Soavi ha costruito nel tempo una densa e intrigante corrispondenza con moltissimi artisti all'interno della sua straordinaria attività per la società Olivetti, nell'ambito dell'Ufficio Progettazioni Speciali.
A lui si devono iniziative aziendali quali l'avvio della produzione di un'agenda da tavolo (la prima nel 1969 con gli acquerelli di Jean-Michel Folon) durata trent'anni, la nascita di una collezione di libri strenna aziendali con opere della letteratura mondiale illustrate da artisti che diventeranno noti al pubblico sulla scena internazionale (da Roland Topor a Ludmil Siskov, da Bruno Caruso a Rosario Morra), produzione di multipli, oggetti di design e opere grafiche a tiratura limitata come oggetti regalo da parte dell'azienda (dal foulard di Folon al press papier da lui stesso disegnato, dal multiplo di Theimer a quello di Mitoraj).
La mostra propone uno straordinario intreccio di oltre cento opere d'arte della raccolta Olivetti - oggi TIM - (da Theimer a Bottoni, da Mattioli aVallorz, da Marini a Ferroni, da Selden a Scalco) e scritti editi di Soavi, restituendo il valore culturale di una narrativa dell'arte di grande fascinazione anche per un pubblico non specializzato. Un rapporto, quello tra letteratura e arte, che attraverso la produzione letteraria di Soavi diviene fulcro generativo di una sorta di nuovo modello storiografico che nasce da una grande familiarità con la pittura e i pittori; un cowboy tra i pittori - così Giuliano Briganti definisce Soavi - che frequenta e sceglie a suo gusto, per dare vita a moderne "historiettes" sugli artisti del Novecento che trovano un controcanto nelle straordinarie mostre e iniziative editoriali realizzate per la società Olivetti per almeno tre decenni.
E in tale senso la pittura e i pittori risultano un pretesto per dare linfa al filtro della sua immaginazione, per inventare storie, racconti, memorabili "ritrattini" di grandi artisti del secolo scorso. Prolifica e ricca è la sua produzione letteraria e pubblicistica: alcune decine di romanzi a sfondo autobiografico (da Le spalle coperte del 1951 a Il Conte del 1983 dedicato ad Adriano Olivetti), raccolte di poesie (da 23 poesie del 1947 a poesie per noi due con disegni di Guttuso, del 1972) e una narrativa incessante nel racconto di piccole storie di decine di artisti conosciuti e amati (Giacometti, Sutherland, Folon, Balthus, tra i molti), anche attraverso prefazioni ai cataloghi di mostre e rubriche su periodici italiani (Figure sul settimanale "Epoca", Guardando su "AD", la rubrica Letteratura & Arti su "il Giornale", ne sono alcuni esempi).
Nell'anno del centenario dalla nascita di Giorgio Soavi (1923-2008), la mostra muove un primo compiuto passo nello svelare al pubblico uno scrittore di frontiera, una figura di letterato ibrida nel campo della critica d'arte, uno spirito libero che prima di tutto doveva nutrire con l'arte quella insaziabile fame per la scrittura che lo ha assillato per tutta la vita e che, nell'equipaggio di quella grande "portaerei" che è stata per molti la Olivetti, ne ha connotato sul piano culturale molti progetti. La viva voce di Soavi in "Com'è uno scrittore", filmato curato e realizzato dallo scrittore e produttore Grytzko Mascioni nel 1967 per la Radiotelevisione Svizzera Italiana, e alcune testimonianze di artisti e amici, per la regia di Davide Maffei, impreziosiscono la prima retrospettiva in assoluto sullo scrittore, nell'anno del centenario dalla nascita e a compimento del ciclo di mostre sulla raccolta di opere d'arte Olivetti.
L'organizzazione e il coordinamento della mostra, nonché l'ideazione dell'allestimento sono stati curati direttamente da Costanza Casali, Assessore alla Cultura del Comune di Ivrea, come nelle mostre precedenti del ciclo "Olivetti e la Cultura nell'impresa responsabile", mentre il progetto scientifico è stato curato da Paola Mantovani (Museo Civico "P.A. Garda") e Marcella Turchetti (Associazione Archivio Storico Olivetti) ed è stata resa possibile anche grazie alla collaborazione di Albertina e Michele Soavi e di molte persone che hanno lavorato con Soavi nel grande universo Olivetti e oltre i suoi confini: Rosario Morra e Gloria Vianello, Natalia Corbetta, Maurizio Bottoni, Davide Pizzigoni, Gianni Biolcati e Sidonella Vanelli, nonché del personale del museo civico, dell'Associazione Archivio Storico Olivetti e dell'Archivio TIM. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Giorgio Soavi, Italiani anche questi, 1979
2. Locandina della mostra
3. Giorgio Soavi impagina La Morte a Venezia, foto di Gian Paolo Canova, 1979
Accadde in Versilia
Il tempo di Plinio Nomellini, Lorenzo Viani, Moses Levy
17 giugno - 05 novembre 2023
Forte Lepoldo I - Forte dei Marmi
La mostra propone la lettura in punta di pennello di quel magico momento che la Versilia visse a cavallo tra '800 e '900. Quando il paesaggio incredibilmente armonioso, il clima e le acque calamitarono qui il beau monde europeo e non solo. Personalità attratte dai bagni, certo, ma anche dall'ambiente culturale creato da chi "in stagione" qui si dava appuntamento, improvvisando cenacoli artistici, letterari e musicali. Villeggianti insieme a marinai, contadini, cavatori: mondi diversissimi, spesso solo tangenti. Affascinanti, non meno del paesaggio, agli occhi degli artisti italiani e stranieri che si fecero stregare dalla Versilia: da Puccinelli a Fontanesi, Signorini, Cabianca, Viner, Lear, Vedder, Skovgaard, Poingdestre, tra i molti.
"Accadde in Versilia" si focalizza su tre grandi protagonisti di quel momento magico: Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy. Proponendo una raffinata selezione di loro capolavori, alcuni non più visti da tempo, provenienti da collezioni private, ad eccezione dello straordinario Festa al villaggio di Nomellini, concesso dalla Pinacoteca "il Divisionismo" della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona. Plinio Nomellini agli inizi degli anni Novanta orienta il proprio linguaggio verso nuove sperimentazioni, sia divisioniste, grazie alla frequentazione di Pellizza da Volpedo, sia neo impressioniste, importate da Parigi. Il suo incontro del 1903 con Giovanni Pascoli aggiunge una svolta simbolista alla sua pittura.
La selezione di sue opere per la mostra versiliese è anticipata dalla grande tela di Giuseppe Viner, La semina, parte del trittico Terra Madre, esposto nel 1906 per l'inaugurazione del valico del Sempione. Nomellini qui racconta la straordinaria quotidianità che trascorre in Versilia. Ecco la costruzione di un bastimento (Cantiere, 1904) o la semplice ritualità domestica, come in L'ora della cena (1898) o in Ore quiete (1898), o il folklore paesano (La chiesa di San Frediano a Lucca, 1930 circa). Immagini di una civiltà contadina, vera protagonista e depositaria di un luogo primigenio, ancora preservato dal rutilante caos della modernità.
Le ridenti e pacate immagini della Versilia offerte da Nomellini e, successivamente, da Moses Levy sono bruscamente deviate dal potente e magmatico espressionismo di Lorenzo Viani che mette a punto l'alfabeto più adatto a descrivere, tutt'uno, il volto più scuro di quella terra e il popolo di diseredati che la abita. É il caso della ieratica immagine della Moglie del marinaio, Sul molo. In attesa del rientro delle barche, Peritucco con il fiocco rosso, della scarna china dei Viandanti e di Vecchio pescatore. La sua è un'arte che si ispira, spesso, alla dimensione drammatica della quotidiana vicenda degli umili, di chi fieramente si oppone o con fatica sopporta la durezza della vita. Con il disegno cattura la miseria ma anche la speranza che gli uomini portano scolpite nelle rughe del volto.
La terza sezione è dedicata a uno dei massimi protagonisti della stagione artistica versiliese dei primi tre decenni del '900, Moses Levy. Tunisino di nascita, elesse questa terra a sua patria, divenendo uno dei più ammirati e suadenti cantori di quella che potrebbe definirsi come una tarda "belle époque" versiliese, rovescio estetico-iconografico del più grave scenario presentato dall'amico Lorenzo Viani. La sua pittura si evidenzia per lo stile personalissimo che, pur nutrendosi delle contaminazioni europee cezanniane e cubiste, tanto quanto degli echi metafisici e futuristi, non risulta in alcun modo etichettabile e sarà viatico e spunto per l'arte italiana a venire.
Le opere selezionate coprono circa un trentennio (1911-1938), evidenziando quello "spettacolo fisso in mutazione continua che sarà sempre il linguaggio di Levy". Tra i capolavori in mostra, Donna con cappello bianco, Cinema Eolo e Folla di sera sul lungomare di Viareggio, la luminosa serie delle Spiagge, Profilo di giovinetto e Anna e l'amica, che includono a pieno Levy nel contesto artistico italiano degli anni Venti, fino ad arrivare a esiti di modernità nell'espressionismo cromatico di gusto matissiano del più tardo Signora in rosso al caffè.
La mostra prodotta dalla Società di Belle Arti con il Comune di Forte dei Marmi e Fondazione Villa Bertelli, offre al visitatore un nutrito nucleo di opere, sorprendenti per originalità compositiva e forza evocativa, assimilabili a testimonianze poetiche di luoghi geografici e dell'anima che, alle soglie del Novecento, documentano il coraggioso aggiornamento di "questo piccolo mondo antico" con le nuove correnti che stanno spirando d'Oltralpe. (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
Dopo la prima grande retrospettiva museale italiana presentata alla GAMeC di Bergamo nel 2021, in seguito alla parallela acquisizione da parte del Centre Pompidou di Parigi di un significativo nucleo di opere dell'artista e dopo essere tornata protagonista nel 2022 in occasione della 59. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, l'eredità intellettuale di Regina Cassolo Bracchi (Mede 1894 - Milano 1974) trova rappresentanza nell'associazione a lei intitolata, denominata "Archivio Regina Cassolo Bracchi", a Milano.
Fondato per iniziativa di Gaetano e Zoe Fermani, con il supporto scientifico di Paolo Campiglio, Chiara Gatti e Lorenzo Giusti, l'Archivio Regina è un'associazione culturale nata per studiare, catalogare e promuovere l'arte di Regina Cassolo Bracchi a livello italiano ed estero, curando la tutela del suo nome, della sua produzione artistica e della documentazione a essa riferita, tramite la certificazione e l'archiviazione della sua opera generale, oltre alla realizzazione di un catalogo ragionato.
Regina Cassolo Bracchi è stata la prima scultrice dell'avanguardia storica italiana. Fu futurista negli anni della formazione e astrattista radicale nella piena maturità. È stata la prima donna del Novecento italiano a utilizzare materiali sperimentali, come latta, alluminio, filo di ferro, stagno, carta vetrata. E anche la prima artista in Italia ad appendere nell'aria geometrie fluttuanti fatte di frammenti plastici, Plexiglass, perspex o rhodoid. Innovativa nei modi e nelle intuizioni, sosteneva che il progetto e l'idea fossero superiori, nella loro originalità larvale, all'opera finita. «Scelgo temi di tale semplicità, costruzioni talmente elementari che potrebbero essere riprodotte da chiunque in base ad una mia esatta descrizione».
Eppure la storia l'aveva dimenticata. Come molte donne dell'arte di inizio secolo, Regina era rimasta ai margini dei manuali. Un caso femminile all'ombra dei maestri, seppure il suo nome comparisse in calce ai manifesti del Futurismo (firmò nel 1934 il Manifesto tecnico dell'aeroplastica futurista) e sebbene sia stata notata da André Breton e da Léonce Rosenberg che, dopo un incontro parigino nel 1937, le propose un contratto con la sua galleria, cui lei rinunciò per tornare in Italia. La critica ha spesso distrattamente omesso la sua presenza dalle cronache, nonostante Regina avesse avuto un ruolo di punta quale unica donna del MAC italiano, il Movimento Arte Concreta (fondato nel 1948), sempre attiva nei contatti con la direzione del gruppo francese "Espace" (nato nel 1951). La sua mente teorica animò, infatti, la vivacità culturale del secondo dopoguerra, coinvolta nel dibattito artistico dall'amico Bruno Munari che la conobbe al tempo dell'avventura futurista e la volle poi al suo fianco nel mondo dell'arte concreta.
Impegnato nel regesto del corpus completo delle opere di Regina Cassolo Bracchi, fra sculture, disegni, maquette, taccuini, l'Archivio Regina lancia un appello per censire esemplari a oggi non conosciuti o non catalogati, al fine di costituire un database offerto in consultazione a studiosi e studenti, in vista di una sempre maggiore e approfondita conoscenza e divulgazione della ricerca dell'artista. L'Archivio Regina è costituito dal lascito dell'artista a Gaetano e Zoe Fermani, membri del comitato scientifico accanto a Paolo Campiglio, docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Università degli Studi di Pavia, Lorenzo Giusti, direttore della GAMeC di Bergamo, e Chiara Gatti, direttrice del MAN di Nuoro.
Fra i prossimi appuntamenti internazionali che vedranno la presenza di Regina, si segnalano sin da ora: il nuovo allestimento del Centre Pompidou di Parigi che riserverà una sala del percorso alla vicenda del gruppo MAC e del suo gemellaggio con il gruppo francese "Espace", partendo proprio dalle opere di Regina giunte recentemente in collezione e la pubblicazione, a cura di Alessandro Giammei e Ara Merjian, del volume monografico dedicato alla scultura moderna in Italia, Fragments of Totality, edito da Yale University Press. (Comunicato stampa)
Le fotografie di Cavaliere sono il frutto di una ricerca di forme primordiali nel reale quotidiano; l'autore è attratto dal lato emozionale che esse trasmettono, svincolate dal significato che l'oggetto stesso ricopre. Queste forme primitive sono interessanti per la forza del loro simbolismo e per il loro equilibrio. Vi è in questo una componente surreale che unita al silenzio di fondo che sembra regnare in queste immagini ci conduce ad una visione quasi metafisica.
Oltre alla personale lettura della realtà, le fotografie di Cavaliere sono accomunate da una ricerca di equilibrio compositivo e senso estetico. L'autore utilizza esclusivamente la pellicola in bianco e nero; le stampe, sempre di dimensioni contenute, sono tutte realizzate a mano su carta ai sali d'argento. (Comunicato di presentazione)
Archivio
Mensile di Arte - Cultura - Antiquario - Collezionismo - Informazione
15 gennaio (inaugurazione) - 30 settembre 2023
Museo delle Trame Mediterranee - Baglio Di Stefano, Gibellina (Trapani) www.fondazionemerz.org
La Fondazione Orestiadi, in collaborazione con la Fondazione Merz, in occasione della ricorrenza del devastante terremoto del Belìce del 1968, presenta due opere degli artisti Costas Varotsos (Grecia) e Gianfranco Anastasio (Sicilia). In particolare l'opera di Varotsos Spirale, 1991-98, già esposta da aprile a novembre 2022 presso il Parco Archeologico di Segesta nella mostra Nella natura come nella mente, curata da Beatrice Merz e Agata Polizzi.
La spirale è un elemento che intreccia energia e natura, forma ripetuta e potenziata dal vetro che riflette e rifrange la luce. L'opera di Varotsos nella purezza dei materiali e nella loro potenza, nell'articolazione di cerchi, cicli vitali che si susseguono, è sintesi di una riflessione sulla condizione umana e del suo rapporto ancestrale con l'Universo. La grande spirale con la sua armatura in ferro e l'anima in vetro apre un dialogo tra i materiali ed elementi naturali quali: la luce, trasparenza, energia, movimento, tempo, equilibrio. La ricerca di Varotsos propone equilibrio tra arte e contesto, cercando la giusta proporzione tra azione umana e potere della natura. L'artista, utilizzando la trasparenza del vetro per portare lo sguardo del visitatore oltre l'opera, stabilisce un vortice di relazioni con la realtà circostante, spazio ideale, senza limiti e frontiere. (Comunicato stampa)
Nasce in Italia l'archivio online dell'artista pre-pop americano Ray Johnson
Aperto permanentemente alla consultazione dal 13 gennaio 2023
Sandro Bongiani Arte Contemporanea - Salerno www.sandrobongianivrspace.it
Dopo l'Archivio "Ray Johnson Estate" di New York, nasce in Italia "Ray Johnson Archivio Coco Gordon", archivio online del grande artista pre-pop Ray Johnson, uno dei più influenti artisti americani contemporanei accessibile ora nella startup Sandro Bongiani Arte Contemporanea con una raccolta ragionata di materiali inediti per tutti gli studiosi e per chi intende conoscerlo meglio. In questa piattaforma web é possibile consultare una parte considerevole di opere, foto dell'artista, performances, e testi scritti di Ray Johnson degli anni 1970-1995, che grazie alla collaborazione di Coco Gordon in oltre 25 anni di assidua frequentazione ha raccolto e conservato, ora finalmente pubblicati online.
Oggi, nell'era del Web e del sapere stratificato, la raccolta dell'archivio digitale Ray Johnson di Coco Gordon conserva e diffonde il sapere rispondendo a esigenze specifiche di consultazione dei materiali visivi archiviati assolvendo alla fondamentale funzione di conservazione, selezione e accessibilità dei dati che diventano l'oggetto primario di attenzione e consultazione da parte dello studioso d'arte. Uno strumento necessario e utile che svolge la doppia funzione di rendere accessibile il patrimonio e conservarlo correttamente senza esporlo a imprevedibili rischi. L'Archivio Ray Johnson comprende un ampia raccolta di materiali tra cui, ma non solo, corrispondenza, mail art, collage, fotografie documentarie, oggetti e cimeli. Un ringraziamento speciale va all'artista Coco Gordon e ai diversi collaboratori che hanno contribuito a realizzare la sezione del sito web dedicato a Ray Johnson. (Sandro Bongiani)
La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea nata come spazio culturale no-profit, vuole mettere in discussione il proprio ruolo di spazio culturale indipendente sostenendo nuovi modi di interagire con il pubblico e attivando nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento con presenze e progetti interattivi che possano essere condivisi in tempo reale con il maggior numero di utenti in qualsiasi parte del mondo. A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti (1972) dalla prima e unica mostra in Italia di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano con una presentazione di Henry Martin, noi della Sandro Bongiani Arte Contemporanea di Salerno abbiamo dedicato quasi un intero anno di lavoro a Ray Johnson con cinque mostre interattive e un progetto internazionale svolte da aprile fino a novembre 2022, in contemporanea con la 59 Biennale Internazionale di Venezia 2022.
Inoltre, a 27 anni esatti dalla scomparsa di Ray Johnson (13 gennaio 1995), è stata realizzata catalogazione e la digitalizzazione online di tutte le opere di Ray presenti nell'Archivio Coco Gordon di Colorado USA, con oltre 780 documenti tra opere e foto inedite dell'artista americano, testi, inviti, lettere, opere e riflessioni con i relativi commenti di Coco Gordon, memorial e collaborazioni, cronologia degli eventi e testi critici di Sandro Bongiani, archiviati, ognuna per codice numerico per essere più facilmente consultata, in una utile e significativa presentazione interattiva destinata ad essere conosciuta e valorizzata da parte degli studiosi per opportuni studi e approfondimenti sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop americano.
L'Archivio Ray Johnson, a completamento dell'attività in corso, viene presentato ufficialmente e reso visibile permanentemente il 13 gennaio 2023, (giorno e mese della sua scomparsa), nella startup web sandrobongianivrspace.it, che si affianca con orgoglio e per importanza all'Archivio americano "Ray Johnson Estate" di New York. Tutto ciò ci sembra un chiaro esempio di come si può relazionare con l'arte contemporanea in modo creativo e produrre nuova cultura. (Sandro Bongiani)
Ray Johnson (1927-1995) è stato un personaggio chiave nel movimento della Pop Art. Primariamente un collagista, è stato anche un precoce performer e un artista concettuale. Definito nei primi tempi "Il più famoso artista sconosciuto di New York", è considerato uno dei padri fondatori e un pioniere dell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. In scena negli anni ' 60, il suo lavoro e il modo in cui che ha deciso di distribuirlo ha influenzato il futuro dell'arte contemporanea. Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, Johnson ha frequentato il Black Mountain College sperimentale con Robert Rauschenberg e Cy Twombly. Ray Johnson era un artista americano noto per la sua pratica innovativa di Correspondence Art.
Una pratica basata su collage, il suo lavoro combina fotografia, disegno, performance e testo su distanze geografiche, attraverso la spedizione della posta. I progetti di Johnson includevano prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini psichici. "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente", ha detto l'artista. I suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un'estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina.
Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. nel 1948, trascorse un po' di tempo creando arte astratta e poi approdando al Dada con suoi collage che incorporano frammenti di fumetti, pubblicità e figure di celebrità. Johnson spesso rifiutava di partecipare a mostre in galleria e ha preferito creare una rete di corrispondenti di mailing e un nuovo modo di fare arte. Questo metodo di diffusione dell'arte divenne noto come la corrispondenza School di New York e ampliato per includere eventi improvvisati e cene. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art.
Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme la pratica artistica con la vita. Nel 1995 Ray Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Le circostanze in cui è morto sono ancora poco chiare. Nel 2002, un documentario sulla vita dell'artista chiamato How to Draw a Bunny, ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art. In questi ultimi anni tutto il suo lavoro sperimentale è stato rivalutato dalla critica come anticipatore della Pop Art e persino dell'arte comportamentale americana.
L'Archivio Alberto Zilocchi festeggia il 65° anniversario del "Manifesto del bar Giamaica", documento nel quale otto giovani artisti (Guido Biasi, Aldo Calvi, Piero Manzoni, Silvio Pasotti, Antonio Recalcati, Ettore Sordini, Angelo Verga e Alberto Zilocchi), in un momento di impeto, annunciano l'arrivo della pittura d'avanguardia in occasione della Mostra dei Giovani Artisti organizzata all'interno del bar Giamaica in via Brera 32 a Milano il 9 novembre 1957. Attraverso i suoi canali social e sul canale Youtube dell'Archivio Alberto Zilocchi a partire dal 9 novembre 2022 un video predisposto per l'occasione dal titolo "65° anniversario Alberto Zilocchi e il Manifesto del bar Giamaica".
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"Attualmente, a Milano, il Premio S. Fedele è l'unica rassegna che si dice pensosa di promuovere e segnalare l'attività dei giovani pittori. Ma in realtà il Premio S. Fedele esclude e respinge le nuove posizioni e tendenze della giovane pittura italiana, e ripiega piuttosto sui frutti di uno squallido artigianato tradizionalista, privo di interesse e consistenza. Si presenta così ai critici un panorama falsato, per ragioni che trasparentemente nulla hanno a che fare con l'arte e restringe il campo alla produzione più conformista.
Sono da giustificare quindi i critici che hanno scritto, forse in buona fede, sulla decadenza delle forme di pittura non descrittiva e sull'assoluta mancanza di pittura d'avanguardia. Noi esponiamo in un Bar, ma non per questo la nostra mostra è meno valida. Con essa e con questo manifesto noi vogliamo affermare la nostra inequivocabile presenza nel mondo dell'Arte e della Cultura, contro tutti coloro che intendono soffocarla in certe falsate e poco culturali Rassegne d'arte". (Guido Biasi, Aldo Calvi, Piero Manzoni, Silvio Pasotti, Antonio Recalcati, Ettore Sordini, Angelo Verga, Alberto Zilocchi - Milano, 9 novembre 1957)
Alberto Zilocchi nasce a Bergamo nel 1931. Agli inizi anni '50 parte per Parigi per frequentare dei corsi della nuova pittura europea e lì conosce Piero Manzoni. Verso la metà degli anni '50 frequenta l'avanguardia di Milano e i giovani pittori che si riuniscono al Bar Giamaica di Brera a Milano, a due passi dall'Accademia. Nel 1957 firma con Piero Manzoni, Ettore Sordini, Angelo Verga, Aldo Calvi, Guido Biasi, Antonio Recalcati e Silvio Pasotti il Manifesto del Bar Giamaica, in cui annunciano l'arrivo della nuova pittura d'avanguardia.
Nel 1959 Alberto Zilocchi partecipò alla prima mostra collettiva - e seconda mostra in termini temporali della Galleria - della galleria Azimut fondata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani in via Clerici 12 a Brera, inaugurata il 22 Dicembre 1959 e terminata il 3 Gennaio 1960 accanto ad altri artisti come Manzoni, Anceschi, Boriani, Castellani, Colombo, Dadamaino, Devecchi, Mari e Massironi. In questo periodo Zilocchi collabora, tra gli altri, con Lucio Fontana, con il quale esporrà sempre nel 1959 alla Galleria della Torre di Bergamo e diventa uno dei principali artisti animatori del Gruppo Bergamo.
Negli anni '70 Zilocchi partecipa a diverse esposizioni in tutta Europa e nel 1972 diventa uno di principali animatori con altri artisti europei del Centro internazionale di Studi d'Arte Costruttiva (Internationaler Arbeitskreis für Konstruktive Gestaltung - IAFKG), gruppo di lavoro che opererà con mostre, simposi e commenti critici in tutta Europa sino al 1988.
I lavori più conosciuti di Albero sono la serie dei Rilievi, opere monocrome caratterizzate da estroflessioni sulla superficie, tutte in rigoroso ed esclusivo colore monocromo bianco acrilico opaco su supporti - tavole o telai realizzati dallo stesso artista, opere molto spesso quadrate come opere singole, oppure concepiti in serie, dando vita ad una rappresentazione tridimensionale dello spazio composta da linee geometriche di luce ed ombre che si ispessiscono e poi infine sfumano sino ad annullarsi sulla superficie piana del quadro, prodotti sino a tutti gli anni '70, mentre negli anni '80 Zilocchi avvia il nuovo ciclo delle Linee, carte o tele applicate su tavole (molto spesso quadrate), nelle quali il bianco di fondo è solcato da tratti neri di spessore e frequenza variabili.
In ogni composizione un rigido schema geometrico di partenza viene poi rotto dall'artista secondo un'anomalia introdotta da un elemento casuale: il lancio di un dado o un'estrazione a sorte (ad esempio una pagina dell'elenco telefonico) determinano l'aumento di lunghezza delle righe o il loro spessore. «Il caso ha molta più fantasia di noi» amava ripetere Zilocchi. Muore nel 1991 a Bergamo. Durante la sua vita ha esposto in oltre 100 mostre personali e collettive, soprattutto nel nord Europa (Germania, Austria, Olanda, Finlandia, Inghilterra). (Comunicato Archivio Alberto Zilocchi)
Potrà restare per sempre ad Atene il Fregio del Partenone proveniente dalla Sicilia
Il governo della Regione Siciliana, con delibera di Giunta, ha dato il proprio consenso alla cosiddetta "sdemanializzazione" del bene, cioè l'atto tecnico che si rendeva necessario per la restituzione definitiva del frammento. Dallo scorso 10 gennaio, il frammento si trova già al Museo dell'Acropoli di Atene, dove nel corso di una cerimonia, a cui ha preso parte il Premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stato ricongiunto al fregio originale.
In base all'accordo, a febbraio da Atene è arrivata a Palermo un'importante statua acefala della dea Atena, databile alla fine del V secolo a.C., che ha già riscosso notevole successo di visitatori e che resterà esposta al Museo Salinas per quattro anni; al termine di questo periodo, giungerà un'anfora geometrica della prima metà dell'VIII secolo a.C. che potrà essere ammirata per altri quattro anni nelle sale espositive del museo archeologico regionale. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Esseci)
07 luglio 2021 - 31 dicembre 2023
Museo Civico Archeologico - Bologna
www.museibologna.it/archeologico
Progetto espositivo a cura di Daniela Picchi. L'iniziativa è resa possibile dalla generosa collaborazione con cui il Museo Egizio di Torino ha concesso in prestito uno dei suoi capolavori più rappresentativi: una statua colossale di Sekhmet, materializzazione terrestre della temibile divinità egizia con testa di leonessa e corpo di donna, di cui il museo torinese conserva una delle più grandi collezioni al di fuori dell'Egitto, composta da 21 esemplari.
Divinità dalla natura ambivalente, al contempo di potenza devastatrice e dispensatrice di prosperità, Sekhmet, ovvero "la Potente", venne raffigurata in varie centinaia di statue per volere di Amenhotep III, uno dei faraoni più noti della XVIII dinastia (1388-1351 a.C.), per adornare il recinto del suo "Tempio dei Milioni di Anni" a Tebe Ovest. Alcuni studiosi ipotizzano che il gigantesco gruppo scultoreo fosse composto da due gruppi di 365 statue, una in posizione stante e una assisa per ogni giorno dell'anno, così da creare una vera e propria "litania di pietra", con la quale il faraone voleva pacificare Sekhmet tramite un rituale quotidiano. La regolarità dei riti in suo onore servivano infatti a placarne l'ira distruttrice che la caratterizzava quale signora del caos, della guerra e delle epidemie, trasformandola in una divinità benevola e protettrice degli uomini.
Nella collezione egizia del Museo Civico Archeologico di Bologna è presente il busto di una di queste sculture che - grazie al confronto con la Sekhmet seduta in trono proveniente dal Museo Egizio di Torino - potrà così riacquistare, almeno idealmente, la propria integrità creando una proficua occasione di confronto e ricerca scientifica. La statua sarà esposta nell'atrio monumentale di Palazzo Galvani e andrà ad arricchire un importante repertorio di materiali lapidei, sia di proprietà civica, tra i quali un raro busto in marmo di Nerone, sia di proprietà statale, che la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara ha depositato presso il museo.
Dall'alto dei suoi 2,13 metri di altezza, Sekhmet potrà così accogliere il pubblico e introdurlo alla visita della collezione egizia, continuando a svolgere quella funzione protettrice per la quale era stata commissionata da Amenhotep III mentre, al suo cospetto, il visitatore potrà rivivere la stessa emozione che il sacerdote dell'antico Egitto doveva provare quando entrava nel cortile del Tempio per pronunciare il nome della "Potente" e invocarla nelle sue preghiere per placarla e propiziare ogni estate la fertile esondazione delle acque del Nilo.
Il pantheon egizio conta numerose divinità femminili associate al culto solare e una di queste è Sekhmet, il cui nome significa "la Potente". La temibile dea era considerata dagli Egizi l'Occhio del Sole, emblema del potere divino che tutto vede, la Furia nel mondo degli dei, che si erge sotto sembianze di serpente Ureo anche sulla fronte dei sovrani, proteggendoli.
Come racconta il Mito della Vacca Celeste, attestato per la prima volta durante il regno del faraone Tutankamun (1333-1323 a.C.), il demiurgo Ra aveva inviato Sekhmet sulla terra per punire gli uomini in rivolta contro gli dei. La leonessa, inebriata dall'odore del sangue, avrebbe annientato l'intero genere umano se Ra non fosse intervenuto nuovamente, su suggerimento del dio della saggezza Thot, facendo versare in un lago una grande quantità di birra colorata con ocra rossa. Attratta dal colore e pensando si trattasse di sangue, la dea ne bevve sino ad ubriacarsi, dimenticandosi del precedente odio verso gli uomini e trasformandosi in Hathor, il principio femminile creativo, al quale era associato anche l'arrivo della piena del Nilo in Alto Egitto. Tale trasformazione non sorprende se si considerano le divinità egizie come manifestazioni diverse di un più ampio concetto di divino.
La pericolosa e furente Sekhmet, oltre a poter inviare sulla terra pestilenze e malattie, adeguatamente adorata, era anche in grado di prevenirle e guarirle, tanto da avere un sacerdozio, quello dei "puri sacerdoti di Sekhmet", dedito alla cura delle vittime colpite da afflizioni invisibili e apparentemente divine come la peste (definita anche "l'anno di Sekhmet").
La manifestazione di culto più eclatante nei confronti di questa divinità leontocefala si deve al faraone Amenhotep III (1388-1351 a.C.), che, in occasione del suo giubileo, la celebrazione del trentesimo anno di regno, trasformò le litanie innalzate per placare Sekhmet negli ultimi cinque giorni di ogni anno, i Giorni dei Demoni, in una impressionante litania di pietra, facendo scolpire oltre 700 sculture rappresentanti la dea in posizione stante e assisa in trono. Per quanto le statue siano state rinvenute in diverse aree templari tebane (numerose nel Tempio di Mut a Karnak, Tebe Est), molti studiosi ritengono che la loro collocazione originaria fosse Kom el-Hattan, il "Tempio dei Milioni di Anni" di Amenhotep III a Tebe Ovest, e in particolare il cortile solare al suo interno. In tale maniera il sovrano si garantiva la protezione della dea in terra e partecipava del periplo divino del sole del quale Sekhmet era una manifestazione. (Estratto da comunicato ufficio stampa Istituzione Bologna Musei)
Dopo la preview del film sperimentale Arnaldo Pomodoro makes a sphere (1968), in occasione della Notte degli Archivi 2021, dal 9 giugno è online l'Archivio di Arnaldo Pomodoro: un portale web, gratuitamente accessibile, con cui la Fondazione Arnaldo Pomodoro mette a disposizione del più vasto pubblico - dal ricercatore al semplice appassionato - un importante nucleo di materiali conservati nell'archivio dell'artista, fonte di informazione e approfondimento sulla vita e sull'opera del Maestro, così come su un tratto della storia artistica e culturale del Novecento.
Fin dall'inizio del suo percorso artistico nei primi anni Cinquanta, Arnaldo Pomodoro comincia a raccogliere minuziosamente tutti i materiali utili a documentare la sua attività. Sono fotografie, cataloghi di mostre, riviste e ritagli stampa, ma anche lettere, film d'artista, manifesti... una documentazione molto varia, che testimonia, oltre alla sua produzione artistica, i rapporti di amicizia e di lavoro di Pomodoro con altri artisti, critici e istituzioni. L'archivio ha uno sviluppo di circa una sessantina di metri lineari ed è suddiviso in sei sezioni distinte in base alla tipologia dei materiali. (Estratto da comunicato Ufficio Stampa Lara Facco P&C)
Progetto #ZACentrale
www.fondazionemerz.org
Siglato l'accordo con cui il Comune di Palermo affida per tre anni alla Fondazione Merz la gestione della ZAC - Zisa Zona Arti Contemporanee col compito di realizzare un innovativo progetto interdisciplinare. Il progetto denominato #ZACentrale è un innovativo e ambizioso piano interdisciplinare d'interventi culturali destinato a coinvolgere l'intera città, per il quale la Fondazione Merz - al termine della selezione di cui all'avviso pubblico approvato con D.D. 6154 del 01.07.2020 - è stata individuata quale "operatore culturale idoneo" per la produzione di progetti culturali finalizzati alla "promozione, conoscenza e diffusione dell'Arte Contemporanea negli spazi del Padiglione ZAC".
Il progetto "ZACentrale" si svolgerà in tre anni presso lo spazio ZAC e sarà articolato con diverse attività interdisciplinari che comprenderanno: mostre, concerti, spettacoli teatrali e di danza, attività formative ai più diversi livelli; incontri, dibattiti, conferenze da svolgersi anche in partenariato con le altre realtà dei Cantieri Culturali alla Zisa, nonché interventi documentari, azioni di incubatore creativo e la creazione di una biblioteca specialistica dedicata all'arte contemporanea per la quale è prevista una donazione di 300 volumi da parte della Fondazione. Il progetto corona una storia di intensi rapporti tra la Fondazione Merz e la Sicilia. Sono infatti ben 17 le mostre, gli eventi e i progetti che hanno impegnato la Fondazione a Palermo e in Sicilia dal 2014 al 2019. (Comunicato stampa)
Un nucleo quasi totalmente inedito di fotografie, frutto della collaborazione tra Ghirri e Marazzi e conservate per decenni negli archivi dell'azienda emiliana, protagonista oggi di un libro, un focus ai Musei Civici di Reggio Emilia e un sito dedicato. Luigi Ghirri (Scandiano - Reggio Emilia, 1943) si trasferisce a pochi chilometri di distanza, negli spazi del Collegio San Carlo di Sassuolo, nella frazione di Braida, un grande edificio neoclassico adattato ad abitazione per gli sfollati. Dal Collegio, ogni mattina, la maggior parte delle donne e degli uomini prende la bici e va a lavorare nelle fabbriche di ceramica vicine. Una di queste era la Marazzi, fondata a Sassuolo nel 1935 da Filippo Marazzi.
In questo territorio tra Modena e Reggio Emilia, dove il fotografo fa sempre ritorno e che vede la nascita di tanti dei suoi progetti seminali, Luigi Ghirri incontra Marazzi per la prima volta. È il 1975 quando Ghirri varca le soglie dell'azienda: è in una fase di crescita e sperimentazione che lo porterà nel 1979 alla prima grande mostra personale a Parma. Marazzi è un'azienda leader nel settore della ceramica grazie al brevetto della monocottura, ha aperto filiali in Francia e Spagna, fa disegnare le sue piastrelle da artisti e stilisti e di lì a poco inaugurerà un laboratorio di ricerca, il Crogiòlo, in cui artisti, designer, fotografi, architetti sono liberi di sperimentare.
(Estratto da comunicato stampa Lara Facco P&C)
Odyssey Collection, la new dishes line di Andrea Branciforti per Orolavico
Il design incontra il cinema d'autore e il linguaggio flat della video-animazione
www.orolavico.com
Odyssey Collection - collezione di sottopiatti (15 pezzi in totale) disegnata da Andrea Branciforti, architetto, designer, docente e attualmente Presidente ADI Sicilia, per Orolavico, azienda specializzata nella lavorazione della pietra lavica - unisce il design contemporaneo al linguaggio del cinema e dell'illustrazione per un progetto totalmente Made in Sicily che trae ispirazione dal celebre film di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio.
Semplicità, eleganza e contemporaneità sono le parole chiave della nuova linea di sottopiatti - Odyssey Collection - disegnata da Andrea Branciforti per Orolavico e della video-animazione realizzata da Adriano Di Mauro per raccontare questo progetto. Non è di certo la prima volta che il marketing sceglie il codice espressivo dell'arte visiva per mettere in contatto e far dialogare tra loro azienda/prodotto e pubblico. Geometrie piatte e bidimensionali, spazi netti e definiti, colori brillanti contraddistinguono lo stile dei piatti e del video: caratteristiche queste che li rendono immediatamente riconoscibili, insieme alla materia prima di cui sono fatti, la pietra lavica, e le tecniche di lavorazione utilizzate che tendono a rispettare e tutelare l'ambiente.
Orolavico, pur essendo una giovane e dinamica realtà siciliana nata nel 2015 dall'esperienza di manager e artigiani che, in poco tempo, hanno realizzato soluzioni di indoor e outdoor design in pietra lavica e in cotto, ha da subito capito e sostenuto l'importanza della collaborazione con designer, architetti e artisti sia per quanto riguarda la progettazione delle collezioni che per la comunicazione delle stesse online e offline.
«Think to future. Think to nature è così che - spiega Giuseppe Mondera, Ceo di Orolavico - abbiamo pensato di sintetizzare la logica eco-sostenibile che sta alla base delle nostre scelte aziendali. Pensiamo, progettiamo, pianifichiamo e agiamo cercando di rispettare l'ambiente e le persone, pur non perdendo di vista anche i margini di profitto, indispensabili per alimentare il ciclo produttivo. Fare impresa, oggi, non vuol dire solo avere una buona idea, il giusto know how e reperire il capitale necessario, ma avere una prospettiva molto più ampia in termini di tempo e di qualità della vita tourt court.
Noi, ad esempio, siamo partiti dal nostro"petrolio", dal nostro"oro nero", ossia, dalla pietra lavica, da qui anche la scelta del nostro nome - Orolavico - sia perché è presente in ingenti quantità in Sicilia, sia perché, nelle varie interpretazioni che ne diamo (rivestimenti, top da cucina, piatti, pareti ventilate, ecc.), vogliamo rispettare e valorizzare una sua peculiarità unica e inimitabile, ossia, l'essere parte dell'Etna, vulcano riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco nel 2017. Altro aspetto cui teniamo molto è la collaborazione con designer e architetti che sappiano interpretare la materia prima in chiave estetica e funzionale. Odyssey Collection di Andrea Branciforti inaugura non solo la nostra prima linea di piatti in pietra lavica, ma anche questo filone di ricerca e produzione che declina insieme design contemporaneo ed eco-sostenibilità. Quando parlo di ricerca, visionarietà, collaborazione e customizzazione del prodotto, penso proprio a questi piccoli dettagli che fanno davvero la differenza».
Odyssey Collection si compone di sei micro-collezioni - Gemeni, Hal, Odyssey, Spyral, Space, Nebula - ispirate al film 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick. Le sue nuance non sono presenti nelle più note scale dei colori (Ral e Pantone) perché ottenute con un procedimento di laboratorio eco-sostenibile che consente di realizzare la paletta colori da un solo vetro di base. Questa peculiarità, unita alle caratteristiche tecniche della materia prima, rendono l'intera collezione una sintesi perfetta del design contemporaneo in cui bellezza, eco-sostenibilità e funzionalità hanno pari importanza.
«Un'immagine entra a far parte della nostra esperienza visiva - dichiara il designer Andrea Branciforti - e spesso influenza inconsciamente le nostre azioni. Con questa collezione - Odyssey Collection - porto a tavola una materia antica, la pietra lavica, che a prescindere dalla lavorazione che subisce custodisce raccoglie e racconta il viaggio fatto dal magma fino alla sua trasformazione in pietra. Ispirata al film 2001: Odissea nello spazio del grande maestro Stanley Kubrick, la collezione rappresenta sei visioni materiche dell'universo onirico. Le decorazioni s'ispirano al Supercomputer Hal, al Discovery One e alle visioni dell'universo. Il film di Kubrick riesce a parlare contemporaneamente del passato, del presente e del futuro dell'umanità, ponendo interrogativi e riflessioni sulla vita al di fuori della Terra.
Credo soprattutto che Kubrick ci inviti ad avere una nuova consapevolezza del rapporto che lega l'uomo, la terra e l'universo, tematica questa, ancora oggi molto attuale. ll 1968, anno di uscita del film, è stato un anno di grandi rotture, di cambiamenti e di profonde riflessioni. Si fa strada una nuova sensibilità sul design sostenibile. Vengono pubblicate le prime foto del globo terrestre visto dalla luna che porta l'umanità ad un nuovo senso di appartenenza senza più confini fisici specifici e limitanti. Nasce una nuova umanità e una nuova consapevolezza delle tecnologie che, ben presto, entreranno e s'imporranno nelle nostre vite. Qualche anno più tardi, non a caso, uscirà Starman, brano musicale scritto da David Bowie. Questo il pensiero che attraversa la collezione».
Il video-animazione della campagna di lancio della Odyssey Collection è stato realizzato dal giovane artista e illustratore Adriano Di Mauro che ha interpretato con un linguaggio flat e visionario le suggestioni raccontate da Branciforti in merito al film di Kubrick. Le scene sono ambientate tra l'Universo e la Terra, precisamente in Sicilia, dove il protagonista - un astronauta-scimmia-uomo nuovo - avrà modo di conoscere la collezione di sottopiatti di Branciforti e lo street food isolano prima di essere"risucchiato" dall'occhio di Hal che lo trasporterà in un mondo altro non meglio definito, dove tutto può ancora succedere. (Ufficio Stampa Orolavico - Valentina Barbagallo)
Archivi tematici del XX secolo
Galleria Allegra Ravizza - Lugano
www.allegraravizza.com
Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizione di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva. La cultura è come il rumore, per citare John Cage (Los Angeles, 1912- New York, 1992): "Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina" (J. Cage, "Silenzio", 1960). Il rumore della cultura è imprescindibile e continuo in ogni aspetto della nostra vita. (...) Ma quando lo ascoltiamo, l'eco del rumore della Cultura, sentiamo che rimbalza su ogni parete intorno a noi e si trasforma per essere Conoscenza e Consapevolezza. (...) Chi ama la musica tecno, metallica e disco non può ignorare Luigi Russolo (Portogruaro, 1885 - Laveno-Mombello, 1947), probabilmente, lo dovrebbe venerare, in quanto la sua intuizione ha trasformato per sempre il Rumore. (...)
In questa epoca dove, per naturali dinamiche evolutive del pensiero, la ragione del figlio prevale su quella dei padri, come nel Futurismo o nel '68, il desiderio di annullamento è comprensibile e necessario ma la conoscenza storica di quello che si vuole rinnovare ne è il fondamento. Per questo motivo proponiamo dodici archivi tematici con oggetto di ricerca proprio la comprensione. La troviamo adatta a questo periodo storico che ci racchiude nelle nostre stanze e ci sta cambiando profondamente. La speranza è che ci sarà un nuovo contemporaneo, forse più calmo ma più attento, una nascente maturità verso un nuovo Sincrono. Cassaforti come scatole del Sin-Crono (sincrono dal greco sýnkhronos "contemporaneo", composta di sýn "con, insieme" e khrónos "tempo") per la comprensione dell'arte dei Rumori e del teatro Futurista, della Poesia e della musica che ci hanno traghettato lungo il secolo scorso. (Estratto da comunicato stampa)
[1] J. Cage, "Silence", 1960
[2] J. Cage, "Silence", 1960
[3] For a greater understanding, see L. Russolo, Futurist manifesto "L'Arte dei Rumori", 1913
[4] Synchrony, sinkrono/ adj. [from the Greek sýnkhronos "contemporary", composed of sýn "with, together" and khrónos "time"]. - 1. [that happens in the same moment: oscillation, noun].
Una pagina interamente dedicata ad un'esclusiva selezione di scatti vintage tratti dai set cinematografici delle pellicole più famose del XX secolo tra cui Colazione da Tiffany, Caccia al Ladro, Per qualche dollaro in più, Frankenstein Junior, Matrix, Superman. Colazione da Tiffany è la pellicola che ha portato al successo internazionale l'attrice britannica Audrey Hepburn. Il film, distribuito nell'anno 1961 e diretto dal regista statunitense Blake Edwards, è considerato uno dei più famosi del cinema del Novecento.
Nella pellicola Audrey Hepburn indossa il mitico tubino nero firmato Givenchy diventato icona del cinema. Per il film sono stati realizzati tre abiti uguali, uno dei quali è stato venduto all'asta per oltre 600 mila euro nel 2006. Il secondo abito, sempre disegnato da Givenchy, è un altro tubino nero (corto) in seta lavorata fino al ginocchio dove è svasato e decorato con una fila di piume, insieme al quale Audrey indossa lunghi guanti neri, un ampio cappello con un nastro di seta color crema e scarpe di coccodrillo.
Per consentire le riprese, la gioielleria Tiffany & Co. aprì eccezionalmente i battenti domenica 2 ottobre in modo che alcune scene del film potessero essere girate nel negozio sulla Quinta Strada a Manhattan. Finite le riprese Audrey si prestò ad un servizio fotografico per la gioielleria durante il quale le fu fatto indossare il preziosissimo diamante giallo più grande del mondo, dal taglio cuscino a 82 faccette di 128,54 carati. Per l'occasione, fu creato appositamente un gioiello per valorizzarlo: la collana Ribbon Rosette in oro e diamanti bianchi, con al centro il diamante giallo.
Era il 1961 quando Audrey Hepburn, nei panni della protagonista Holly Golightly, fumava da uno storico bocchino da cui spuntava una sigaretta accesa, trasformando questa azione in un gesto di estrema eleganza. Audrey Hepburn con questa lunga sigaretta è subito diventata una vera e propria icona di stile. Numerosi curiosi seguirono il ciak della celebre scena in cui Holly fa shopping insieme a Paul.
Ciò innervosì Audrey Hepburn che sbagliò diverse battute e fu costretta a ripetere la scena più volte. Colazione da Tiffany è una commedia sentimentale, ricca di stile e ironia in cui trionfa la figura di Holly, una donna fragile e un'autentica icona di stile che, pur essendo alla ricerca di un ricco uomo da sposare, alla fine cede ai sentimenti e si lega allo scrittore squattrinato. Ecco una battuta pronunciata proprio da Paul (George Peppard): "vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora... (...) tu ti consideri uno spirito libero un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai... finirai sempre per imbatterti in te stessa!".
L'autore del romanzo da cui è stato tratto il film, Truman Capote, voleva Marilyn Monroe nella parte della protagonista, ma l'agente dell'attrice Lee Strasberg le suggerì di rifiutare perché non avrebbe giovato alla sua carriera, indirizzandola verso altri film. Più tardi anche un'altra celebrità dell'epoca, Kim Novak, rifiutò il ruolo. Il successo del film al botteghino fu straordinario. Candidato a 5 premi Oscar, ne vinse 2: miglior colonna sonora e miglior canzone (Moon River). La stessa Audrey ottenne una nomination agli Oscar come "miglior attrice protagonista" ma fu battuta da Sophia Loren che trionfò grazie alla strepitosa interpretazione in La Ciociara, pellicola del 1960 di Vittorio De Sica. (Comunicato di presentazione da Paci contemporary gallery)
Materie Prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce
Catalogo interattivo e multimediale
Dopo il successo nel 2019 alla Rocca Roveresca di Senigallia (Ancona) con l'esposizione "Materie prime. Artisti italiani contemporanei tra terra e luce", a cura di Giorgio Bonomi, Francesco Tedeschi e Matteo Galbiati, e la presentazione del catalogo Silvana Editoriale al Museo del Novecento di Milano, nell'ambito di un incontro moderato da Gianluigi Colin, la Galleria FerrarinArte di Legnago (Verona) rilascia una nuova edizione del volume, completamente interattiva e multimediale, per rivivere la straordinaria esperienza della mostra attraverso le parole degli artisti e dei curatori.
Il libro, sfogliabile liberamente e gratuitamente online, si arricchisce con contenuti inediti, videointerviste e approfondimenti dedicati alla poetica dei quindici artisti coinvolti - Carlo Bernardini, Renata Boero, Giovanni Campus, Riccardo De Marchi, Emanuela Fiorelli, Franco Mazzucchelli, Nunzio, Paola Pezzi, Pino Pinelli, Paolo Radi, Arcangelo Sassolino, Paolo Scirpa, Giuseppe Spagnulo, Giuseppe Uncini e Grazia Varisco - appartenenti a diverse generazioni, ma accomunati da curricula di altissimo livello e dal lavoro condotto con e sulla materia. (Estratto da comunicato stampa CSArt Comunicazione per l'Arte)
Tape Mark 1 è una poesia di Nanni Balestrini che risale al 1961, frutto di una collaborazione virtuosa tra Autore e Tecnologia, in questo caso rappresentata da uno dei primi calcolatori IBM. Balestrini, in quell'occasione, predispone tre brevi testi di Michihito Hachiya - di Paul Goldwin (autore di cui si mette in dubbio l'esistenza) e di Lao Tse - e, attraverso l'assegnazione di alcuni codici e di poche regole, lascia al computer l'onere e l'onore di procedere alla stesura della poesia, attraverso un causale sistema di combinazioni. Nel mondo solo quattro - cinque persone stavano contemporaneamente lavorando a esperimenti simili e questo testo è considerato da molti come il primo esempio di poesia informatica.
La natura di grande innovatore e sperimentatore, che caratterizzerà tutta la carriera di Balestrini, si rivela già in quel momento. L'arte della combinazione sarà fondamentale in tutta la poetica di Balestrini, interessato a 'lasciare scaturire un movimento da connessioni imprevedibili' per superare, in questo modo, 'l'aggregazione statica di energie diverse'. Nel 1961, concepisce anche il progetto di un romanzo, Tristano, da riprodurre in un numero illimitato di esemplari, una copia unica e originale per individuo, ma le idee corrono più veloci della tecnologia e Feltrinelli riuscì a pubblicarne, nel 1966, un solo esemplare. Le tecniche di stampa di allora, infatti, non ne consentirono la realizzazione e ci vollero 40 anni e l'avvento della stampa digitale per portare a compimento quell'avvenieristico progetto.
Stiamo inoltrandoci nelle sperimentazioni linguistiche di Balestrini ma, in realtà, quello che è interessante per noi fare emergere qui, è quanto stretto fosse il rapporto tra le varie discipline in cui Nanni si cimentava. E come gli fosse consono collegare la ricerca letteraria e poetica con quella artistica visiva e teatrale performativa. Infatti, Tape Mark 1 nel 2017 diventa un'opera visiva che aprirà la grande retrospettiva allo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe. Da Tristano scaturisce invece Tristanoil, il film più lungo del mondo, ottenuto grazie al software ideato da Vittorio Pellegrineschi, che approderà niente meno che a Documenta 13, curata quell'anno da Carolyn Christov-Bakargiev. E sarà proprio questa predisposizione di Balestrini verso una 'poesia fatta di impulsi, che andava a rompere la linearità tipografica, a fargli venire l'idea di ritagliare titoli di giornali e farne dei collages'. (...) (Estratto da comunicato della Galleria Michela Rizzo)
Busto femminile in basanite nella Sezione romana del Museo "Vito Capialbi" di Vibo Valentia
E' ritornato, dopo otto anni di assenza, l'atteso busto femminile in basanite, importante testimonianza del passato romano della Calabria. Si tratta del busto femminile in basanite, risalente ad età Claudia (41-54 d.C.), rinvenuto nelle vicinanze di Vibo Valentia Marina durante la realizzazione della ferrovia e la costruzione di limitrofe abitazioni di campagna. Il contesto di rinvenimento è da riferire ad un'importante villa suburbana e lo scavo, che ha permesso di definirne meglio le caratteristiche, è avvenuto a più riprese fra il 1894 e la prima metà del '900.
L'opera è di ottima fattura, caratterizzata da una raffinata tecnica di esecuzione e da una perfetta resa della capigliatura, acconciata come prevedeva la moda dell'epoca, che ha consentito di datare la statua al principato di Claudio, imperatore dal 41 al 54 d.C. Al momento del ritrovamento si propose l'identificazione con Messalina, moglie dell'imperatore Claudio, tuttavia tale ipotesi venne accantonata nei decenni successivi per la mancanza di confronti iconografici convincenti.
La scultura era stata concessa con prestito di lunga durata nel 2012 al Princeton University Art Museum e a seguito dell'impegno della Direzione Generale Musei e del Segretariato Generale del Ministero per i Beni Culturali e il Turismo, è rientrata al Museo "Vito Capialbi" dove sarà esposta nella sezione romana. L'emergenza sanitaria attuale, che ha portato alla chiusura dei Musei, non consente nell'immediato, una adeguata valorizzazione dell'importante reperto; l'esposizione è pertanto rinviata alla riapertura del Museo e sarà occasione di riflessione scientifica attraverso l'organizzazione di una tavola rotonda sul tema della scultura romana, con l'augurio di poterne consentire in seguito, una migliore fruizione grazie anche al supporto delle nuove tecnologie con applicativo digitale. (Comunicato stampa)
Forme uniche della continuità nello spazio
Nella Galleria nazionale di Cosenza la versione "gemella" dell'opera bronzea di Umberto Boccioni
La notizia che nei giorni scorsi, presso la casa d'aste Christie's di New York, è stato venduta l'opera bronzea di Umberto Boccioni (1882-1916) Forme uniche della continuità nello spazio per oltre 16 milioni di dollari (diritti compresi), pari a oltre 14 milioni di euro, dà, di riflesso, enorme lustro alla Galleria nazionale di Cosenza. Nelle sale espositive di Palazzo Arnone, infatti, i visitatori possono ammirare gratuitamente una versione "gemella" della preziosa opera del grande scultore reggino donata alla Galleria nazionale di Cosenza dal mecenate Roberto Bilotti. L'opera è uno dei bronzi numerati, realizzati tra il 1971 e 1972 su commissione del direttore della galleria d'arte "La Medusa" di Roma, Claudio Bruni Sakraischik.
Forme uniche della continuità nello spazio è stata modellata su un calco del 1951 di proprietà del conte Paolo Marinotti, il quale, nel frattempo, aveva ottenuto l'originale dalla vedova di Filippo Tommaso Marinetti, ritenuto il fondatore del movimento futurista. La celebre scultura è stata concepita da Boccioni nel 1913 ed è oggi raffigurata anche sul retro dei venti centesimi di euro, proprio quale icona del Futurismo che più di tutte ha influenzato l'arte e la cultura del XX secolo. Il manufatto originale è in gesso e non è stato mai riprodotto nella versione in bronzo nel corso della vita dell'autore. Quella presente nella Galleria nazionale di Cosenza, dunque, rappresenta un'autentica rarità, insieme ai tanti altri tesori artistici e storici esposti negli spazi di Palazzo Arnone. (Comunicato stampa)
La GAM Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo di Palermo insieme a Google Arts & Culture porta online la sua collezione pittorica
Disponibili su artsandculture.google.com oltre 190 opere e 4 percorsi di mostra: "La nascita della Galleria d'Arte Moderna", "La Sicilia e il paesaggio mediterraneo", "Opere dalle Biennali di Venezia" e "Il Novecento italiano". La GAM - Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo - di Palermo entra a far parte di Google Arts & Culture, la piattaforma tecnologica sviluppata da Google per promuovere online e preservare la cultura, con una Collezione digitale di 192 opere.
Google Arts & Culture permette agli utenti di esplorare le opere d'arte, i manufatti e molto altro tra oltre 2000 musei, archivi e organizzazioni da 80 paesi che hanno lavorato con il Google Cultural Institute per condividere online le loro collezioni e le loro storie. Disponibile sul Web da laptop e dispositivi mobili, o tramite l'app per iOS e Android, la piattaforma è pensata come un luogo in cui esplorare e assaporare l'arte e la cultura online. Google Arts & Culture è una creazione del Google Cultural Institute.
- La Collezione digitale
Grazie al lavoro di selezione curato dalla Direzione del Museo in collaborazione con lo staff di Civita Sicilia, ad oggi è stato possibile digitalizzare 192 opere, a cui si aggiungeranno, nel corso dei prossimi mesi, le restanti opere della Collezione. Tra le più significative già online: Francesco Lojacono, Veduta di Palermo (1875), Antonino Leto, La raccolta delle olive (1874), Ettore De Maria Bergler, Taormina (1907), Michele Catti, Porta Nuova (1908), Giovanni Boldini, Femme aux gants (1901), Franz Von Stuck, Il peccato (1909), Mario Sironi, Il tram (1920), Felice Casorati, Gli scolari (1928), Renato Guttuso, Autoritratto (1936).
- La Mostra digitale "La nascita della Galleria d'Arte Moderna"
La sezione ripercorre, dal punto di vista storico, sociale e artistico, i momenti fondamentali che portarono all'inaugurazione, nel 1910, della Galleria d'Arte Moderna "Empedocle Restivo". Un'affascinante ricostruzione di quel momento magico, a cavallo tra i due secoli, ricco di entusiasmi e di fermenti culturali che ebbe il suo ammirato punto di arrivo nell'Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92, evento chiave per la fondazione della Galleria e per le sue prime acquisizioni, le cui tematiche costituiscono la storia di un'epoca.
- La Mostra digitale "La Sicilia e il paesaggio Mediterraneo"
Un viaggio straordinario nel secolo della natura, come l'Ottocento è stato definito, attraverso le opere dei suoi più grandi interpreti siciliani che hanno costruito il nostro immaginario collettivo: dal "ladro del sole" Francesco Lojacono ad Antonino Leto, grande amico dei Florio in uno storico sodalizio artistico, per giungere al "pittore gentiluomo" Ettore De Maria Bergler, artista eclettico e protagonista dei più importanti episodi decorativi della Palermo Liberty, e infine Michele Catti, nelle cui tele il paesaggio si fa stato d'animo e una Palermo autunnale fa eco a Parigi.
- La Mostra digitale "Opere dalle Biennali di Venezia"
In anni di fervida attività espositiva, la Biennale di Venezia si contraddistinse subito come eccezionale occasione di confronto internazionale e banco di prova delle recenti tendenze dell'arte europea. Dall'edizione del 1907 presente all'evento con la sua delegazione, la Galleria d'Arte Moderna seppe riportare a Palermo opere che ci restituiscono oggi la complessa temperie della cultura artistica del primo Novecento, dalle atmosfere simboliste del Peccato di Von Stuck, protagonista della Secessione di Monaco, alla raffinata eleganza della Femme aux gants di Boldini.
- La Mostra digitale "Il Novecento italiano"
Un percorso che si snoda lungo il secolo breve e ne analizza le ripercussioni sui movimenti artistici coevi, spesso scissi tra opposte visioni e ricchi di diverse sfumature e declinazioni. Tra il Divisionismo di inizio secolo, figlio delle sperimentazioni Ottocentesche, e l'Astrattismo degli anni Sessanta, si consumano in Italia i conflitti mondiali, il Ventennio fascista, i momenti del dopoguerra. La lettura delle opere d'arte può allora funzionare come veicolo attraverso il quale comprendere le complesse evoluzioni e gli eventi cardine che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento italiano. (Comunicato stampa)
Concluso l'intervento di adeguamento strutturale e funzionale del sito, la Fonte Aretusa ha aperto al pubblico il 6 agosto con un percorso di visita che consente di ammirarne dall'interno la bellezza, accompagnati dalle voci italiane di Isabella Ragonese, Sergio Grasso e Stefano Starna. Il percorso di visita restituisce l'emozione di un "viaggio" accanto allo specchio di acqua dolce popolato dai papiri nilotici e da animali acquatici, donati dai siracusani come devozione a una mitologia lontana dalle moderne religioni, superando le difficoltà di accedervi e permettendo di compiere una specie di percorso devozionale in piena sicurezza.
L'audioguida è disponibile anche in lingua inglese, francese, spagnola e cinese.
È il primo risultato del progetto di valorizzazione elaborato da Civita Sicilia come concessionario del Comune di Siracusa con la collaborazione della Fondazione per l'Arte e la Cultura Lauro Chiazzese. Il progetto, elaborato e diretto per la parte architettonica da Francesco Santalucia, Viviana Russello e Domenico Forcellini, ha visto la collaborazione della Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa e si è avvalso della consulenza scientifica di Corrado Basile, Presidente dell'Istituto Internazionale del papiro - Museo del Papiro.
Da oltre duemila anni, la Fonte Aretusa è uno dei simboli della città di Siracusa. Le acque che scorrono nel sottosuolo di Ortigia, ragione prima della sua fondazione, ritornano in superficie al suo interno, dove il mito vuole che si uniscano a quelle del fiume Alfeo in un abbraccio senza tempo. È un mito straordinario, cantato nei secoli da poeti, musicisti e drammaturghi. La storia di Aretusa e Alfeo è una storia d'amore, inizialmente non corrisposto, tra una ninfa e un fiume che inizia in Grecia e trova qui il suo epilogo, simbolo del legame che esiste tra Siracusa e la madrepatria dei suoi fondatori. Ma la Fonte Aretusa è anche il luogo nelle cui acque, nel corso dei secoli, filosofi, re, condottieri e imperatori si sono specchiati e genti venute da lontano, molto diverse tra loro, sono rimaste affascinate, anche attraverso le numerose trasformazioni del suo aspetto esteriore.
La Fonte ospita da millenni branchi di pesci un tempo sacri alla dea Artemide e, da tempi più recenti, una fiorente colonia di piante di papiro e alcune simpatiche anatre che le valgono il nomignolo affettuoso con cui i Siracusani di oggi talvolta la chiamano, funtàna de' pàpere. Dalla Fonte si gode un tramonto che Cicerone descrisse "tra i più belli al mondo" e la vista del Porto Grande dove duemila anni fa si svolsero epiche battaglie navali che videro protagonista la flotta siracusana e dove le acque di Alfeo e Aretusa si disperdono nel mare in un abbraccio eterno. (Comunicato Ufficio stampa Civita)
Donazioni alla Galleria Nazionale di Cosenza
La Galleria Nazionale di Cosenza acquisisce a pieno titolo nelle sue collezioni sei interessanti sculture provenienti dalle collezioni della famiglia Bilotti. Incrementano da oggi il patrimonio del museo, illustrando importanti segmenti dell'arte italiana del Novecento, le seguenti sculture Cavallo e cavaliere con berretto frigio di Giorgio de Chirico, Portatrice di fiaccola di Emilio Greco, Grande maternità di Antonietta Raphael Mafai, Onice e Solida di Pietro Consagra, Gigantea di Mimmo Rotella.
Le sculture sono già presenti nel museo ed esposte in via definitiva, ad esclusione della Grande maternità di Antonietta Raphael Mafai che sarà presentata a conclusione degli interventi di manutenzione e restauro di cui necessita. La donazione fa seguito alle altre che recentemente hanno concluso il loro iter. Sono infatti entrate a far parte delle collezioni museali anche le opere Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni, donata da Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona, e Natura donata dall'artista cosentino Giulio Telarico, già in esposizione rispettivamente nella sezione grafica dedicata all'artista futurista e nella sezione di Arte Contemporanea.
Il Polo Museale e la Galleria Nazionale di Cosenza hanno frattanto avviato le procedure finalizzate all'acquisizione in comodato d'uso gratuito di cinque disegni di Umberto Boccioni; i disegni a conclusione dell'iter andranno ulteriormente ad arricchire la sezione grafica dedicata al maestro del Futurismo. Le acquisizioni portate a felice conclusione e quelle in programma sono frutto di intese e accordi che rientrano fra gli obiettivi che il Polo Museale della Calabria e la Galleria Nazionale si sono posti per promuovere relazioni proficue con il territorio, accrescere, valorizzare il patrimonio d'arte e cultura e favorirne la conoscenza. (Estratto da comunicato stampa)
Prima del nuovo numero di Kritik... / Iniziative culturali
Muestra de Cine Mexicano Otoño 2023
IV edizione, 29 settembre - 01 ottobre 2023
Casa del Cinema - Roma
Con i lavori inediti di 27 cineasti, tutte anteprime in Italia, in lingua originale sottotitolate in italiano, ancora una volta il pubblico romano potrà apprezzare e conoscere le origini e gli sviluppi di quella che è una tra le cinematografie più all'avanguardia e più potenti a livello mondiale: la cinematografia messicana. L'obiettivo principale è infatti, fin dalla prima edizione presentare e diffondere l'altro magnifico cinema messicano, quello che difficilmente arriverebbe nelle sale italiane e in alcuni casi anche sulle piattaforme.
Documentari storici, lungometraggi, cinema noir, commedie, animazione, cinema muto. La mostra è l'unico spazio alternativo internazionale per il cinema messicano in Italia, un cinema di altissima qualità con la capacità e la sensibilità di soddisfare il pubblico che ama l'esperienza del cinema in lingua originale, con storie speciali e sorprendenti. Questo anno, per la prima volta grazie alla preziosa collaborazione con "El Taller Del Chucho", uno degli studi d'animazione più importanti e tra i più attrezzati a livello nazionale e internazionale, tra i dei creatori del premiatissimo Pinocchio di Guillermo Del Toro, verranno presentati 10 magnifici cortometraggi d'animazione.
Il programma prevede la sezione di cinema classico messicano restaurato, perché obiettivo di questa quarta edizione - dichiara la direttrice Cecilia Romo Pelayo - è recuperare, conservare e diffondere la memoria fílmica messicana.
Due i film che verranno presentati nella serata di inaugurazione, il 29 settembre: "El Suavecito" di Fernando Méndez, 1951, un classico noir, restaurato da Guillermo Del Toro, per la"La Filmoteca dell'Unam", in collaborazione con Televisa, la UDG - Universidad de Guadalajara e "EL FICG", Festival Internacional De Cine De Guadalajara. L'altro film "Santuarios Del Infinito" del regista Chisco Laresgoiti, ospite d'onore della Muestra, è un cortometraggio-documentario, un affascinante viaggio enigmatico che invita a conoscere e visitare otto dei siti archeologici rilevanti delle civilizzazioni preispaniche in Messico, per ridare valore al grande atrimonio culturale che rappresentano. Questa produzione impressionante è un omaggio al cortometraggio "Centinelas Del Silencio" vincitore di due Premi Oscar nel 1972.
Nella quarta edizione della "Muestra De Cine Mexicano Otoño 2023, si potranno vedere opere di brillanti registi indipendenti come Enrique Garcia Meza, Juan Carlos Rulfo, Arturo Pons, oltre ai registi che faranno parte della collaborazione con FICUNAM: Liora Spilk e Diego Enrique Osorno. Tra gli ospiti anche Diego Enrique Osorno per l'anteprima del suo film più recente "La Montaña", un omaggio a uno dei movimenti sociali contemporanei più importanti del Messico: l' EZLN (Ejército Zapatista de Liberación Nacional). Un monito per le future generazioni che dovranno dare continuità al movimento.
Si potrà inoltre assistere a un evento storico, per l'evoluzione del cinema messicano, dopo 106 anni dalla sua realizzazione. Arriva finalmente in Italia, non solo il film più antico del Messico ma di tutta l'America Latina, "Tepeyac" del 1917, gioiello restaurato del cinema muto messicano che possiede una delle colonne sonore più belle, composta a distanza di un secolo dalla sua realizzazione, dal direttore d'orchestra e pianista messicano Jose Maria Serralde. Evento speciale della quarta edizione è la presentazione del libro "Presencia" di Carlos Reygadas, regista, sceneggiatore e produttore, che con Japon (2002) ha ricevuto la menzione speciale della giuria della Camera d'Or al Festival di Cannes. Il cineasta incontrerà il pubblico e parlerà della sua poetica e della sua necessità di concepire e praticare il cinema come un espansore della realtà e non come un sistema di rappresentazione. (Estratto da comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)
Magna Graecia Film Festival
XX edizione, Catanzaro, 29 luglio / 5 agosto 2023 www.mgff.eu
Si è conclusa la ventesima edizione del Magna Graecia Film Festival, il festival delle Opere Prime e Seconde, diretto da Gianvito Casadonte, che si è tenuto a Catanzaro dal 29 luglio al 5 agosto 2023. Un ricco parterre di registi, attrici e attori, produttori nazionali e internazionali, che hanno sfilato sul palco del festival. A presentare il festival, Carolina Di Domenico, coadiuvata da Pierluigi Ferrantini. Madrina di questa edizione l'attrice Ivana Lotito.
Ospite d'onore l'attrice statunitense Premio Oscar Susan Sarandon, che ha ricevuto la Colonna d'Oro alla Carriera realizzata dal Brand Gb Spadafora, il Premio della Calabria Film Commission ed è stata protagonista di una masterclass, moderata dalla giornalista Silvia Bizio. Tra gli ospiti del festival l'attore Darko Peric, Marescotti Ruspoli e Carlotta Gamba - regista e attrice di Amusia, Marta Savino e Claudia Gusmano - regista e attrice di Primadonna, il giornalista e regista Leonardo Metalli, lo sceneggiatore Emanuele Milasi, i registi Fabio Mollo, Valerio Ciriaci e Claudio Cavilotti.
Sul palco del Magna Graecia Film Festival anche le masterclass organizzate dalla Calabria Film Commission e visibili gratuitamente sulla piattaformance MyMovies. Da Susan Sarandon a Sergio Castellitto, da Maurizio Nichetti a Riccardo Scamarcio, i grandi nomi del cinema hanno raccontato le proprie storie di cinema dal punto di vista artistico, professionale e industriale. Un modo efficace, affidato a professionisti del settore, di fare cultura e offrire occasioni di dibattito per la crescita del territorio.
La Giuria del Concorso Italiano, composta dal Presidente di Giuria, l'attore Marco D'Amore e dall'attrice Sveva Alviti e dal produttore Rai Fiction Ivan Carlei, ha premiato:
- Miglior Opera Prima - Colonna d'Oro Web Genesys Primadonna, di Marta Savina
Con la seguente motivazione: Primadonna è un film diretto e sincero. Racconta senza fronzoli una storia difficile ed è capace di far vivere allo spettatore la lotta che la protagonista vive, sperando con lei in un finale di rivalsa.
- Miglior Regia La lunga corsa, di Andrea Magnani
Con la seguente motivazione: Diceva Ken Loach che "il dovere di un regista è dare importanza all'anima dello spettatore". Andrea Magnani assolve pienamente questo compito, dirigendo un film che attraverso il dipanarsi della vicenda ed il racconto dei personaggi, punta proprio a colpire l'animo di chi guarda. La sua è una regia accorta e fantasiosa che regala alla vicenda un'ambientazione surreale, pur narrando una vita di costrizione vissuta dentro le celle anguste di una prigione. La sua 'Lunga Corsa' è un canto di libertà a perdifiato, instancabile fino alla visione di un mare che è possibilità di futuro e sogno d'avvenire.
- Miglior Sceneggiatura
Marta Savina per Primadonna
Con la seguente motivazione: Raccontare una storia è un viaggio complesso, ancor di più quando la storia attinge del reale, si pone l'obiettivo di narrare vicende che hanno sconvolto esistenze e cambiato profondamente il corso degli eventi. La scrittura di Marta Savina è limpida, asciutta, consapevole della responsabilità che ci si assume quando si racconta la vita degli altri. La sceneggiatura e ben architettata e colpisce per la lucidità con cui si susseguono gli eventi e per la sincerità dei dialoghi. Alla base di un buon film c'è sempre un processo di scrittura che sappia dosare emozioni e circostanze date, picchi di felicità e cadute improvvise, delusioni ed inaspettate gioie. Così si racconta, così ha fatto Marta Savina!
- Miglior Attore
Paolo Pierobon per La Caccia
Con la seguente motivazione: Una delle qualità più rare di un attore e quella di saper celare la natura più intima del proprio personaggio fino a rivelarla improvvisamente al pubblico, disorientando e stupendo. Paolo Pierobon ne 'La caccia' di Marco Bocci, tratteggia inizialmente il profilo di un essere umano dimesso, introverso, schiacciato dalla vita e dagli eventi, capace, però, incredibilmente di dimostrarsi spietato, cinico e violento. Pierobon amministra il ruolo con meticolosità e cura, trascinando lo spettatore negli antri più bui dell'animo del personaggio, lavorando con misura la psicologia controversa di un uomo messo alle strette dalla vita.
- Migliore Attrice
Claudia Gusmano per Primadonna
Con la seguente motivazione: Lia è una giovane ragazza, piena di speranza e sogni. Negli occhi ha la spensieratezza della gioventù che immagina la vita che verrà e progetta il futuro.
- Premio Giuria Popolare Primadonna
Menzione Speciale al cast de La prima regola, di Massimiliano d'Epiro
Con la seguente motivazione: Quello che ci ha colpito di questo film, oltre al tema trattato con grande sensibilità, è stata l'interpretazione dei suoi attori. Abbiamo visto tanto cuore, impegno e un grandissimo lavoro di squadra elementi fondamentali per questo lavoro di per se molto complesso. Crediamo sia importante supportare e sostenere questi ragazzi con l'augurio che un giorno possano realizzare il loro sogno.
La Giuria del Concorso Documentari, composta dal Presidente di Giuria, il regista Daniele Ciprì, il regista e attore Claudio Casazza e l'attrice e regista Susy Laude, ha premiato:
- Miglior Documentario La timidezza delle chiome, di Valentina Bertani
Con la seguente motivazione: "La timidezza delle chiome" è un ritratto originale e poetico di due gemelli fra loro identici, ma diversi in tutto e per tutto. Tra ossessione per il sesso, arrabbiature, riconciliazioni, sgradevolezze e senso di inadeguatezza, Valentina Bertani, al suo esordio in un lungometraggio, ci fa sentire il brulicare della finzione dentro il reale, il suo è uno sguardo discreto ma allo stesso tempo potente: parafrasando il titolo ci restituisce la vita di Joshua e Benji con timidezza, ma anche con quella decisione e naturalezza di chi fa cinema da molti anni. "La timidezza delle chiome" diventa un mezzo per i protagonisti per riflettere su sé stessi e i propri limiti, sui propri sogni e paure, e permette così allo spettatore di entrare nelle loro strambe vite ed empatizzare con loro senza mai farsi troppe domande sulla loro disabilità.
- Menzione Speciale Documentario Oh rovina! Breve saggio sul non finito, di Domenico Lagano
Con la seguente motivazione: Oltre ad essere un saggio ben scritto e ben girato, "Oh rovina!" è un piccolo gioiello di narrativa poetica, con una grande capacità dialettica nel descrivere quello che l'occhio si limita a giudicare. Insegna a vedere oltre l'apparenza, andando in profondità e scoprendo quanto la terra di Calabria sia legata alla tradizione e alla famiglia, dove l'architettura del non finito rappresenta una cicatrice per chi è rimasto e per chi è partito.
La Giuria del Concorso Internazionali, composta dal Presidente di Giuria, il produttore Enzo Sisti, la cantante e attrice Angela Baraldi, il musicista Carlo Siliotto, ha premiato:
- Premio Miglior Opera Prima e Seconda Internazionale The Quiet Girl, di Colm Bairéad
Con la seguente motivazione: Siamo stati conquistati dal tocco, la delicatezza, l'eleganza, la leggerezza e la sapienza della regia che attraverso il racconto di un piccolo microcosmo rurale riesce a toccare corde profondissime ed a raccontare l'intera umanità. E' soprattutto col cuore che abbiamo preso la nostra decisione all'unanimità.
- Menzione Speciale Opera Prima e Seconda Internazionale Plan 75, di Chie Hayakawa
Con la seguente motivazione: Per la originalità e la costruzione di un racconto quasi ai margini della fantascienza. Un interrogativo che ci riguarda tutti. La fotografia, la musica e tutti gli altri contributi tecnici sono eccellenti. Meravigliosa e intensa l'interpretazione della bravissima Chieko Baishô.
La Calabria Film Commission, con il suo Presidente Anton Giulio Grande ha premiato l'attrice Susan Sarandon, il regista Mattero Garrone, l'attore Riccardo Scamarcio e l'attore e regista Marco Bocci. Sul palco del Magna Graecia Film Festival anche le masterclass organizzate dalla Calabria Film Commission e visibili gratuitamente sulla piattaforma MyMovies. Da Susan Sarandon a Sergio Castellitto, da Maurizio Nichetti a Riccardo Scamarcio, i grandi nomi del cinema hanno raccontato le proprie storie di cinema dal punto di vista artistico, professionale e industriale. Un modo efficace, affidato a professionisti del settore, di fare cultura e offrire occasioni di dibattito per la crescita del territorio.
Alla sua prima edizione, il Magna Graecia Food Feast ha consegnato quattro premi:
- Premio Consorzio di Tutela del Bergamotto di Reggio Calabria a Rocío Muñoz Morales
- Premio Consorzio di Tutela delle Clementine di Calabria a Ivana Lotito
- Premio Consorzio di Tutela Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp a Sergio Castellitto
- Magna Graecia Food Feast Nostrum Bio a Pilar Fogliati e Levante
Il Magna Graecia Film Festival 2023 è sostenuto dal Mic - Ministero della Cultura Direzione generale Cinema e audiovisivo, Calabria Straordinaria - brand della Regione Calabria - Assessorato al Turismo, Calabria Film Commission, Comune di Catanzaro, Lilt - Lega Italiana per la lotta contro il cancro. Il Magna Graecia Film Festival aderisce anche alla rete dei festival sostenibili e plastic free - per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema della tutela dell'ambiente, dei borghi e delle spiagge - sposando la campagna promossa da Agis e Italiafestival. (Estratto da comunicato Ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)
"Conversazioni con altre donne"
diretto da Filippo Conz
Esce nelle sale dal 31 agosto 2023, distribuito da Adler Entertainment, la commedia 'Conversazioni con altre donne', esordio alla regia di lungometraggio di Filippo Conz, interpretato da Valentina Lodovini e Francesco Scianna. Il film, una co-produzione Italia / Argentina di Alfredo Federico, Simona Banchi e Gaston Gallo per 39FILMS e MG Producciones, in associazione con Adler Entertainment, Laser Digital Film e in collaborazione con Rai Cinema, riceve il contributo del MIC - Ministero della Cultura, con il sostegno della Calabria Film Commission. 'Conversazioni con altre donne si avvale delle musiche di Paolo Fresu ed è tratto dell'omonimo dramma romantico statunitense con Helena Bonham Carter e Aaron Eckhart.
Due anime gemelle si rincontrano dopo nove anni ad una festa di matrimonio a Tropea. Nonostante siano entrambi impegnati in una relazione si lanciano con cinica spensieratezza in una scappatella segreta che diventa presto un disperato tentativo di recuperare il tempo perduto. Un film dai dialoghi serrati e scoppiettanti che con l'adattamento italiano trova un più ampio ventaglio di emozioni - passione, ironia ed una punta di malinconia - tipico di quella commedia all'italiana apprezzata in tutto il mondo.
Tropea, la Calabria e i suoi territori sono stati luogo di scouting per tecnici, attori, comparse e maestranze del film. Piu' del 50% della troupe, principalmente del reparto produzione, macchinisti, scenografia, costumi, trucco, suono e fotografia di scena sono residenti in Calabria. Tutte le spese legate al territorio quali location, alberghi, noleggio auto di produzione, catering e spese generali sono state sostenute in Calabria. Un impegno da parte della produzione per sostenere e riavviare l'economia locale, particolarmente colpita in questo lungo periodo di pandemia da Covid-19.
Il film ha ottenuto il patrocinio gratuito del Comune di Tropea e i contributi per l'attrazione ed il sostegno di produzione audiovisive cinematografiche nazionale e internazionale nel territorio della regione Calabria-2020. Tutto il film - per 4 settimane di preparazione e 4 di riprese - è stato infatti girato in Calabria, in particolare all'interno di Villa Paola a Tropea, con vista sul mare, valorizzando l'identità regionale e il paesaggio in tutta la sua bellezza.
- La location - Villa Paola a Tropea
La leggenda racconta che sia stato lo stesso San Francesco da Paola giunto a Tropea nel 1464, ad indicare il sito per la costruzione del santuario a lui dedicato. La scelta ricadde su un piccolo promontorio affacciato sul mare da cui già allora, si poteva godere di una splendida visuale sulla Costa degli Dei. Accanto al santuario fu costruito il convento. A finanziare l'opera fu un nobile del posto, Giovanni Adesi, che aiutato, a suo dire, dal Santo a sopravvivere ad una caduta da un burrone, cambiò la sua esistenza, facendo dapprima una vita da eremita per poi tornare a Tropea per costruire il convento e la chiesa in onore del suo Santo prediletto. Negli anni il convento, divenuta dimora privata, ha visto diverse trasformazioni. La più rilevante nel 1920 ad opera dell'architetto Basile di Palermo.
Da quel momento nuovi interventi ne hanno oscurato l'originaria bellezza e il trascorrere del tempo, procurato diversi danni strutturali. Oggi la villa è stata trasformata interamente in un hotel che accoglie i suoi ospiti in un'atmosfera unica, combinazione perfetta tra l'esclusività e l'eleganza del suo passato e il calore di una dimora di famiglia. (Estratto da comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)
Stagione concertistica della Orchestra Sinfonica di Matera
06 luglio - 30 dicembre 2023
Matera e provincia e Altamura www.orchestrasinfonicamatera.it
Quindici produzioni per trentatré concerti. La seconda stagione sinfonica organizzata e promossa dalla Fondazione Orchestra Sinfonica di Matera (Fosm) è ricca di appuntamenti, contenuti e collaborazioni: dal Teatro Mercadante di Altamura, al Festival Duni, al Fadiesis Accordion Festival, al Premio Internazionale Paganini, all'Arcidiocesi di Matera - Irsina - Tricarico e al Comitato organizzatore dei festeggiamenti per Maria Santissima della Bruna. Suddiviso in stagione estiva e stagione autunnale il calendario dei concerti vedrà l'Orchestra Sinfonica di Matera impegnata, dal 6 luglio al 2 settembre, in cinque produzioni che saranno eseguite a Matera e in altri 15 comuni della provincia: Accettura, Bernalda, Grassano, Irsina, Miglionico, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Nova Siri Scalo, Pisticci, Policoro, Pomarico, Scanzano Jonico, Tursi e Valsinni.
La stagione autunnale si aprirà il 21 settembre a Matera con l'orchestra che accompagnerà l'esibizione del pianista pugliese Benedetto Lupo, uno dei talenti più interessanti e completi della sua generazione, e terminerà con il 30 dicembre con il concerto di fine anno con un ospite d'eccezione: il violinista che risulterà vincitore Premio Paganini 2023. L'Orchestra Sinfonica di Matera è stata selezionata per ospitare il prossimo vincitore del concorso internazionale di violino 'Premio Paganini' in programma a Genova a ottobre 2023 che, nel 2024, si esibirà al museo del Louvre di Parigi e alla Guildhall di Londra accompagnato dalla London Symphony Orchestra.
"Con il cda e il direttore artistico Saverio Vizziello - afferma la presidente della Fosm Gianna Racamato - ci siamo impegnati per presentare una stagione sinfonica, la nostra seconda stagione, di rilievo e con importanti nomi del panorama musicale internazionale. La stagione concertistica estiva "Da Rosini a Rossini" si aprirà il 6 luglio con il concerto, organizzato in collaborazione con il Conservatorio Duni di Matera, Music for Pictures. In piazza San Francesco d'Assisi un'orchestra di 70 elementi eseguirà musiche di: Morricone, Rota, Bacalov, Horner, Williams, Zimmer. Composizioni tratte da colonne sonore di famosi film che il pubblico gusterà anche grazie alle installazioni video di MaterElettrica".
La stagione estiva proseguirà il 12 luglio a Tricarico, nella Basilica Cattedrale i cori: Canteuterpe e Corale Diocesana santa Cecilia di Tricarico, della Polifonica Materana "Pierluigi da Palestrina", dei Cantori Materani e Totus Tuus con i solisti Biancamaria Tivelli, soprano, Liliana Guellour, mezzosoprano e Leonardo Gramegna, tenore si esibiranno con l'orchestra su musiche e diretti da Mons. Frisina.
Il 16 luglio a Pomarico, il 17 a Miglionico, il 18 a Montescaglioso, il 19 a Pisticci, il 20 a Nova Siri Scalo, il 16 agosto a Montalbano Jonico, il 17 a Bernalda, il 23 a Policoro, e il 24 agosto a Scanzano Jonico le più belle canzoni di Lucio Battisti saranno protagoniste di Battisti per sempre, un concerto che vedrà la formazione orchestrale, diretta da Vito Andrea Morra, accompagnare il musicista Mario Rosini, voce e pianoforte, e l'attore Giuseppe Ranoia, voce recitante. Ad agosto l'orchestra Sinfonica di Matera con il soprano Martina Tragni, il mezzosoprano Mariangela Zito, il tenore Vincenzo Casertano e il baritono Vincenzo Parziale renderà omaggio alle più note arie d'opera con il concerto Sulle ali del Bel Canto, appuntamento l'8 agosto ad Accettura, il 9 a Valsinni, il 10 a Tursi, l'11 a Irsina, il 12 a Bernalda e il 13 a Grassano.
La stagione estiva si concluderà il 2 settembre a Matera con Fantasia sinfonica para un hombre de tango. Realizzato in collaborazione con il Fadiesis Accordion Festival, per qest'ultimo appuntamento con l'Orchestra Sinfonica di Matera, diretta da Roberto Laganaro, saliranno sul palco dell'Auditorium Raffaele Gervasio Cesare Chiacchiaretta al Bandoneon, Gianni Fassetta alla Fisarmonica e Marco Colacioppo al pianoforte.
"Una pausa di pochi giorni e dal 21 settembre - anticipa il direttore artistico Saverio Vizziello - il pubblico potrà ascoltare l'Orchestra Sinfonica di Matera in una serie di concerti che spaziano da Beethoven a Dvorak, da musiche composte appositamente per la nostra orchestra a Vivaldi, nell'ambito della collaborazione con il Comune di Pomarico. Fra i concerti in calendario nella stagione autunnale 2023 ben quattro li eseguiremo al Teatro Mercadante di Altamura. In collaborazione con l'ente musicale pugliese eseguiremo il 17 dicembre l'opera in un atto di Saverio Mercadante: Don Chisciotte alle nozze di Gamaccio". (Estratto da comunicato stampa Fondazione Orchestra Sinfonica di Matera - FOSM)
I Premi di Aqua Film Festival
VII edizione, 15-18 giugno 2023
Casa del Cinema di Roma e MyMovies www.aquafilmfestival.org
Rassegna internazionale per lavori dedicati al tema dell'acqua organizzata dall'Associazione Culturale no profit Universi Aqua Ets. Il festival anche in questa edizione ha rappresentato, con lo strumento cinematografico e di documentazione, lo straordinario mondo dell'acqua nei suoi diversi valori e bellezza, narrando territori e storia, per stimolare una maggiore consapevolezza, scoprendo anche nuovi talenti cinematografici nel campo dell'audiovisivo. Proiezioni di film e grandi storie legate alla sostenibilità ambientale e cultura del festival diretto e fondato da Eleonora Vallone - pittrice, stilista, autrice, attrice di cinema, televisione e teatro, giornalista ed esperta di metodologie salutistiche in acqua.
Durante la serata del 17 giugno, condotta dalla direttrice artistica Eleonora Vallone e dalla giornalista Daniela Riccardi, sono stati consegnati i premi, alla presenza della Giuria, composta dal presidente, il regista Mimmo Calopresti, dall'attrice Maria Rosaria Omaggio, dall'attrice Paola Tiziana Cruciani, dal regista Brando Quilici, dal giornalista Gian Stefano Spoto, dall'attrice Evelina Nazzari, dal documentarista Alessandro Rossellini, dall'attrice e istruttrice di nuoto Caterina Boccardi, dall'autore Tommaso Capolicchio e dall'attrice Giorgia Fiori.
- Premio Sorella Aqua - Miglior Corto a: Gagio, di Alessandro Meatta (Italia)
Per una regia matura e un'efficace interpretazione nel raccontare un sogno non troppo lontano dalla vita di tutti i giorni. Un sogno che coraggio e determinazione diventa realtà, non solo al cinema, ma nella vita quotidiana.
- Premio Sorella Aqua - Miglior Cortino a: 13 miliardi, di Luca Faustinella (Italia)
Per aver saputo raccontare con abilità e sapienza una situazione attuale e futura in poco più di 2 minuti. Per un film coraggioso e crudo che sottolinea un bene comune da custodire e preservare.
Di seguito le menzioni delle varie sezioni tematiche del festival:
- Menzione Aqua & Ambiente a: Agua verde, di Luciano Nacci (Argentina)
Per un racconto internazionale in cui il tema dell'acqua è affrontato nella sua totalità, sottolineando l'importanza di un elemento vitale in grado di generare vita e, al tempo stesso, di creare tumulti nelle piccole e grandi cose.
- Menzione Aqua & Isola consegnata da ANCIM - Associazione Nazionale dei Comuni delle Isole Minori (che offre al vincitore un soggiorno all'Isola del Giglio) a: Corallo, di Riccardo Cingillo (Italia)
Per aver raccontato gli ecosistemi terrestri e marini con rigore e semplicità e per la capacità di promuovere il patrimonio naturale mediante l'utilizzo del linguaggio audiovisivo.
- Menzione Aqua & Music a: Monet Impressions, di Lisi Prada (Spagna)
Per aver raccontato, in un'alternanza di musica e immagini, una quotidianità d'autore tra estetica orientale e occidentale in cui l'Impressionismo, con le sue ninfee nello stagno, è protagonista assoluto.
- Menzione Aqua & Animation a: Footstep on the wind, di Maya Sanbar, Faga Melo, Gustavo Leal (Stati Uniti)
Per l'ausilio di una animazione in cui l'effetto speciale è la forza di cambiare per proteggere se stessi e il Pianeta, e con una colonna sonora che raccorda le scene in maniera impeccabile firmata da Sting.
- Menzione Aqua & Social(e) a: Rouge, di Matteo Novelli (Italia)
Per aver saputo raccontare attraverso un altro punto di vista le conseguenze dell'uomo sull'ambiente utilizzando, insieme, fiction e documentario. Per aver testimoniato con il linguaggio del cinema un dilagante cinismo talvolta nascosto dai luoghi comuni.
- Menzione Aqua & Turismo a: Tivoli e le sue acque, di Domenico Parisse (Italia)
Per aver narrato le gesta vicine e lontanissime di un luogo in cui l'acqua è protagonista assoluta attraverso un documentario minuzioso che accompagna lo spettatore nella storia semplice ed epica di una Tivoli bagnata dalla magnificenza.
- Menzione Aqua & Cooking a: Pizzette rosse, di Rosanna Bonici
- Menzione Aqua & Animals a: Blulandia. Il punto di vista del mare, di Stefano Formichi (Italia)
- Menzione Aqua & Students a: Acqua al cibo, dell'Istituto Alberghiero di Tropea (Italia)
Per il quarto anno consecutivo, si è rinnovato il gemellaggio del festival con "Medicinema Italia - Il cinema che cura", progetto cinematografico dedicato ai pazienti degli Ospedali e con l'assegnazione di una Menzione Speciale. Le due giurie Medicinema Italia, di Roma presso Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e di Milano presso il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda hanno attribuito all'unanimità la Menzione Speciale Medicinema Aqua Film Festival 2023 al corto documentario: Tivoli e le sue acque, di Domenico Parisse
Un filmaker che, ancora una volta, ha saputo legare il senso della storia con l'anima del territorio esplorato, mostrandoci la bellezza della natura valorizzata dalla forza suggestiva e seduttiva dell'acqua. Domenico Parisse ci ha preso per mano e ci ha trasportato con lui in una coinvolgente navigazione
Una partnership realizzata con l'intento di portare AFF negli ospedali, come momento di condivisione, visione e partecipazione. Una selezione di corti di AFF verrà votata da una parte di pazienti e personale sanitario degli ospedali Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS a Roma e il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda a Milano. Medicinema Italia è l'unica associazione italiana che utilizza la cineterapia come strumento di cura e riabilitazione, monitorando e misurando i benefici prodotti.
Tra le proiezioni del festival fuori concorso, il frammento del cortometraggio documentario "Il ruscello di Ripasottile", diretto nel 1941 da Roberto Rossellini, proveniente dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con la Fondazione Roberto Rossellini per l'Audiovisivo e restaurato presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata nel 2010. Ma anche, altra sorpresa del festival, la proiezione del cortometraggio "Ricordi di Sergio e Gianni al Fontanone" su Sergio Leone di Roberto Girometti (ospite al festival) e del compianto Gianni Minà. Evento speciale "Monaco, des princes et des océans", documentario di Franck Florino, con Constance Gay, presentato in anteprima al pubblico italiano, come un omaggio al Centenario della nascita del Principe Ranieri. (Estratto da comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)
Sicilia: Turismo 2022 | Una molteplicità di rilevazioni favorevoli dai turisti nell'Isola della Trinacria
Non è turismo di prossimità, ovvero il passaggio e la permanenza occasionale in un luogo che si trova nel percorso verso la meta prevista. Il turismo in Sicilia è scelta consapevole di volontà e desiderio. Il turista che visita la Sicilia decide di visitare la Sicilia. La Sicilia è il Centro, è il lontano Ovest dei Fenici e dei Greci, l'Oriente Europeo della Spagna Imperiale, il Nord dei Vandali dopo l'incrocio con i Berberi, il Sud solare e mitologico per Goethe e Wagner.
L'archivio di Citto Maselli donato al Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale
Francesco Maselli, per tutti Citto, ha deciso. Il suo archivio, le carte e i ricordi di una vita a cavallo fra cinema e politica, andranno al Centro Sperimentale di Cinematografia, la scuola di cinema dove il regista si è diplomato giovanissimo, e dove a più riprese ha insegnato. Lo annunciano la presidente del CSC, Marta Donzelli, e il conservatore della Cineteca Nazionale, Alberto Anile: l'acquisizione è una delle ultime iniziative di Felice Laudadio, prima della fine del suo mandato da presidente del CSC, e nasce da un'antica amicizia fra lo stesso Laudadio, Maselli e la sua compagna di vita e di lavoro, Stefania Brai.
Il fondo verrà conservato dalla Cineteca Nazionale per quanto concerne i materiali filmici e le fotografie, e dalla Biblioteca Luigi Chiarini, sempre all'interno del CSC, per i materiali cartacei. Si tratta di soggetti, sceneggiature di film non realizzati, articoli, foto, tesi di laurea su Maselli, recensioni di suoi film, pellicole (tra cui diverse scene non montate del film Lettera aperta a un giornale della sera), provini e centinaia di lettere, compreso un ricchissimo carteggio con decine di esponenti politici, a testimonianza della lunga militanza di Maselli prima nel PCI, poi in Rifondazione Comunista.
"È un cerchio che si chiude", dichiara Maselli, ricordando i tempi in cui è stato studente del CSC e l'esame di ammissione durante il quale, a interrogarlo, c'era Michelangelo Antonioni, di cui poi sarebbe diventato amico e collaboratore: "A ogni mia risposta faceva segno di no con la testa, e io pensavo di avere sbagliato. Poi capii che era un tic nervoso". L'archivio di Maselli andrà ora ordinato e catalogato, e sarà poi a disposizione degli storici e degli studiosi, come già i numerosi, importantissimi fondi custoditi presso la Cineteca Nazionale. (Comunicato stampa)
Sul canale Mi Ricordo - L'Archivio di tutti, la playlist FEDIC-72 anni di cinema, composta da 70 cortometraggi di autori FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub), tra cui ricordiamo Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli e Bruno Bozzetto, conservati e digitalizzati dal CSC-Archivio Nazionale Cinema Impresa. La rassegna online è composta da opere che fanno parte della storia della FEDIC, un'Associazione Culturale nata nel 1949 a Montecatini Terme, e realizzate da registi il cui contributo rilevante è servito a promuovere il superamento dell'etichetta di cinema amatoriale, per arrivare ad affermare quella di Cinema Indipendente.
La playlist propone titoli di fiction e documentari di impegno civile, di critica sociale, di osservazione della realtà, come quelle di Giampaolo Bernagozzi, Nino Giansiracusa, Renato Dall'Ara, Adriano Asti, Luigi Mochi, Francesco Tarabella e del duo Gabriele Candiolo - Alfredo Moreschi; non mancano opere narrative, spesso poetiche, come quelle di Paolo Capoferri, Piero Livi, Mino Crocè e Nino Rizzotti, ma anche di Massimo Sani, Giuseppe Ferrara e Franco Piavoli, che si sono poi affermati come autori cinematografici e televisivi.
Un impegno che si riscontra anche nella sperimentazione di nuove forme espressive, si pensi a Tito Spini e, per quanto riguarda il cinema d'animazione, a Bruno Bozzetto e Nedo Zanotti. Non mancano opere recenti capaci di offrire uno sguardo acuto sul nuovo millennio, tra queste ricordiamo i film di Enrico Mengotti, Turi Occhipinti - Gaetano Scollo, Rocco Olivieri - Vincenzo Cirillo, e Franco Bigini, Giorgio Ricci, Giorgio Sabbatini e Beppe Rizzo che rende omaggio a Totò. Sono testimonianze, tracce interessanti, da leggere nel loro insieme, per aggiungere un punto di vista nuovo sul Paese. Uno sguardo che completa quello offerto dal cinema d'impresa, di famiglia e religioso conservato, digitalizzato e reso disponibile dall'Archivio Nazionale Cinema Impresa sui propri canali: Youtube CinemaimpresaTv, Documentalia e Mi ricordo-l'archivio di tutti. Il fondo FEDIC, composto da 5442 audiovisivi, è stato depositato nell'Archivio di Ivrea nel 2017. (Estratto da comunicato stampa)
Tutti in classe!
www.youtube.com/playlist?list=PL15B-32H5GlJRTfrCCc-ZlSRBJ0DRvP1K
Rassegna online di materiali d'archivio organizzata dall'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa di Ivrea che è parte della Cineteca Nazionale. La playlist Tutti in classe, disponibile sul canale Youtube CinemaimpresaTV, racconta la scuola grazie ai tanti punti di vista offerti dai film conservati a Ivrea: dalle rigide scuole per allievi Fiat degli anni Sessanta, ai comunicati pubblicitari che invitano a l'acquisto di prodotti scolastici a prezzi popolari o di raffinate macchine da scrivere Olivetti.
"Tutti in classe" termina con La scoperta della logica, diretto da Franco Taviani per Olivetti, il film descrive un esperimento didattico volto a insegnare agli alunni delle classi elementari la matematica con il sussidio del gioco e dell'osservazione del mondo reale, per arrivare a comprendere quali sono le tappe che portano i bambini alla scoperta della logica. Insomma, uno sguardo sulla scuola dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta per ricordare il periodo della vita di ognuno in cui l'ansia per un compito in classe era il problema più grande che potevi avere. (Estratto da comunicato ufficio stampa Centro Sperimentale di Cinematografia)
___ Programma
- Seconda D (Basilio Franchina, 1951, 12')
- Giorno di scuola (Giorgio Ferroni, 1954, 10')
- La scuola allievi Fiat Giovanni Agnelli (Stefano Canzio, 1962, 14')
- Olivetti, Lettera 32 (Aristide Bosio, 1965, 1')
- Mi ricordo... I primi giorni di scuola (ca. 1965/1972, 1')
- Vieni alla Standa e guarda il prezzo (ca. 1970-1979, 1')
- La scuola comincia alla Standa (1977, 2')
- La scoperta della logica (Franco Taviani, 1970, 13')
Il diario di Angela. Noi due cineasti
un film di Yervant Gianikian
alla 75esima Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia
Ogni giorno, da sempre, Angela tiene un diario, scritto e disegnato: fatti pubblici, privati, incontri, letture, tutto vi viene registrato. Anche il rapporto di due viaggi in Russia, 1989-1990. Cadeva l'URSS. Diario su librini cinesi, sin da prima di Dal Polo all'Equatore (1986), del nostro ininterrotto lavoro sulla violenza del 900. Dai nostri tour negli Stati Uniti con i "Film Profumati" di fine anni '70, all'Anthology Film Archive di New York, al Berkeley Pacific Film Archive... Rileggo ora questi diari e rivedo il film-diario di tutti questi anni, sono rimasto da solo, dopo molti anni di vita e di lavoro d'arte insieme. L'ho portata sulle Alpi Orientali che amava e dove insieme camminavamo.
Angela rivive per me nelle sue parole scritte a mano, con calligrafia leggera, che accompagnano i suoi disegni, gli acquarelli, i rotoli lunghi decine di metri. Guardo i nostri film privati, dimenticati. Registrazioni che stanno dietro al nostro lavoro di rilettura e risignificazione dell'archivio cinematografico documentario. La vita di ogni giorno, fatta di cose semplici, le persone vicine che ci accompagnano, la ricerca nel mondo dei materiali d'archivio, un viaggio in Armenia sovietica con l'attore Walter Chiari. Testimonianze che nel corso del tempo abbiamo raccolto. E' il mio ricordo di Angela, della nostra vita. Rileggo questi quaderni e ne scopro altri a me sconosciuti. (...)
Rivedere l'insieme dei quaderni del Diario infinito di Angela e lo sguardo all'indietro dei nostri film privati, che accompagnano la nostra ricerca. Il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco, di farla rivivere, la continuazione del nostro lavoro come missione attraverso i suoi quaderni e disegni, una sorta di mappa per l'agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione. Angela ed io abbiamo predisposto nuovi importanti progetti da compiere. La promessa, il giuramento, di continuare l'opera. (Yervant Gianikian)
Angela Ricci Lucchi è nata a Ravenna nel 1942. Ha studiato pittura a Salisburgo con Oskar Kokoschka. E' scomparsa lo scorso 28 febbraio a Milano. Yervant Gianikian ha studiato architettura a Venezia, già dalla metà degli anni '70 si dedica al cinema, l'incontro con Angela Ricci Lucchi segnerà il suo percorso artistico e privato. I film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi sono stati presentati nei più importanti festival internazionali, da Cannes a Venezia, da Toronto alla Berlinale, da Rotterdam a Torino alle Giornate del Cinema Muto. Retrospettive della loro opera sono state ospitate nelle maggiori cineteche del mondo (dalla Cinémathèque Française alla Filmoteca Española, dalla Cinemateca Portuguesa al Pacific Film Archive di Berkeley) e in musei come il MoMA di New York, la Tate Modern di Londra e il Centre Pompidou di Parigi.
Tra i luoghi che hanno ospitato le loro installazioni, citiamo almeno la Biennale di Venezia, la Fondation Cartier Pour l'Art Contemporain di Parigi, la Fundacio "La Caixa" di Barcellona, il Centro Andaluz de Arte Contemporaneo di Siviglia, il Mart di Rovereto, il Witte de With Museum di Rotterdam, il Fabric Workshop and Museum di Philadelphia, il Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, il Museo d'Arte Contemporanea di Chicago, l'Hangar Bicocca di Milano, Documenta 14 a Kassel. (Comunicato stampa Lara Facco)
"La memoria dell'altro"
Proiezione della versione restaurata
Nella cornice della mostra veneziana dedicata a Lyda Borelli, primadonna del Novecento (01 settembre - 15 novembre 2017), allestita a Palazzo Cini a cura di Maria Ida Biggi, direttrice dell'Istituto per il Teatro e il Melodramma, la proiezione, il 10 novembre presso l'Aula Magna dell'Ateneo Veneto, di La memoria dell'altro (1913), opera rara ed emblematicamente rappresentativa del temperamento e dell'arte della grande diva. Il film è stato restaurato per l'occasione dal CSC - Cineteca Nazionale in collaborazione con l'Istituto per il Teatro e il Melodramma - Fondazione Giorgio Cini e con il sostegno degli eredi di Lyda Borelli.
La proiezione è accompagnata da musica dal vivo a cura della pianista Cinzia Gangarella e preceduta da una conferenza introduttiva, con interventi di Maria Ida Biggi, direttrice dell'Istituto per il Teatro e il Melodramma, Daniela Currò, conservatrice della Cineteca Nazionale della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e Angela Dalle Vacche, docente di Storia del Cinema presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta. Il film ripropone il sodalizio di Lyda Borelli con Mario Bonnard e Vittorio Rossi Pianelli, rispettivamente nei ruoli dell'amante tragico e dell'innamorato respinto, già sperimentata con grande successo in Ma l'amor mio non muore! realizzato sempre nel 1913 dalla Film Artistica "Gloria", per la regia di Mario Caserini, film canonico del genere "diva film" italiano.
La memoria dell'altro è un dramma passionale e tragico, che si incentra sul personaggio emancipato e anticonformista di Lyda, aviatrice acclamata, guidatrice di automobile, danzatrice formidabile, ma anche donna appassionata e sensuale, fatalmente travolta da un sentimento che la conduce all'estremo delle sue possibilità e della sua volontà. Sono memorabili i voli aerei, preceduti dalla preparazione meticolosa dell'aviatrice e e seguiti da un pubblico festante; altrettanto notevoli sono gli esterni veneziani, su cui il racconto indugia, facendo muovere i protagonisti tra magnifici scenari, tra arrivi spettacolari in vaporetto, approdi in gondola e passeggiate da Grand Tour in Piazza San Marco.
La memoria dell'altro
Regia di Alberto Degli Abbati, 1913, 79';
Produzione: Film Artistica "Gloria", Torino;
Visto censura: n. 2084 del 24 dicembre 1913;
Lunghezza originale: 1650/2000 metri (sei parti);
Soggetto: baronessa De Rege;
Fotografia: Angelo Scalenghe;
Personaggi e interpreti: Mario Bonnard (Mario Alberti), Lyda Borelli (l'aviatrice Lyda), Felice Metellio (il giornalista), Letizia Quaranta (Cesarina), Emilio Petacci, Vittorio Rossi Pianelli (il principe di Sèvre).
Sinossi: La bella aviatrice Lyda respinge l'assidua corte del principe di Sèvre e s'innamora del giornalista Mario Alberti che, nonostante sia fidanzato con Cesarina, accetta l'invito di Lyda a raggiungerla a casa sua. Insospettita, Cesarina segue Mario e lo sorprende in una scena d'amore con la giovane. Approfittando di una breve assenza di Lyda, Cesarina riesce a sottrarre alla rivale Mario, convincendolo a lasciarla. Abbandonata, Lyda si concede all'amore del principe di Sèvre. Ma la donna non riesce a dimenticare Mario.
Qualche tempo dopo, mentre la coppia si trova a Venezia, Lyda rincontra Mario in un teatro: colti dalla passione riaccesa, i due fuggono a Parigi per vivere il loro amore. Ma la felicità viene troppo presto guastata da una malattia che costringe Mario a letto per lunghi mesi. La miseria spinge Lyda a cercare aiuto: lo trova presso un gruppo di apaches generosi che rimangono conquistati nel vederla danzare. Il ritorno a casa però è amaro: Mario è morto. Disperata, anche Lyda si ammala e muore in una triste corsia d'ospedale dopo aver richiamato per l'ultima volta alla memoria l'immagine del suo amato Mario. (dalla scheda di Marco Grifo in Enciclopedia del Cinema in Piemonte)
Il film è stato restaurato a partire da un duplicato negativo safety b/n con didascalie italiane conservato dal CSC - Cineteca Nazionale, stampato nel 1977 da una copia nitrato d'epoca, attualmente non più conservata. Ad oggi questo duplicato costituisce l'unico testimone del film, con l'unica eccezione di un frammento di circa 200 metri conservato dalla Filmoteca Española di Madrid, un positivo nitrato con didascalie spagnole e colorazioni per imbibizione, relativo al finale del film. Rispetto a una lunghezza originale che le filmografie moderne ricostruiscono tra i 1650 e i 2000 metri, corrispondenti a una suddivisione in sei parti, il duplicato italiano ha una lunghezza di 1484 metri: risulta quindi incompleto, oltre che in gran parte privo dell'originaria suddivisione in atti (con eccezione della didascalia che introduce il I Atto).
Tuttavia le lacune, concentrate entro la prima metà del film, non incidono particolarmente nella comprensione generale della trama. Il duplicato negativo d'archivio è stato digitalizzato a risoluzione 2k e sono stati eseguiti interventi di stabilizzazione e di restauro digitale dell'immagine, con la rimozione dei difetti più evidenti, rimasti "fotografati" sul duplicato dalla copia nitrato originale, come righe, macchie, spuntinature, strappi. Si è cercato di non eccedere con l'intervento di pulizia mantenendolo entro i limiti della giusta fruibilità, tenendo conto del fatto che, in ogni caso, il materiale di partenza è rappresentato da un duplicato di tarda generazione.
Sulla base di questo stesso criterio è stata eseguita la color correction, con la finalità di uniformare il tono fotografico, scegliendo di mantenere il bianco e nero del duplicato negativo di partenza, senza tentare una restituzione delle colorazioni originarie. Si è ritenuto, infatti, che il campione di confronto rappresentato dal frammento della Filmoteca Española non fosse sufficientemente rappresentativo per una ricostruzione per congettura delle colorazioni dell'intero film. Le lavorazioni sono state eseguite interamente a cura del CSC - Cineteca Nazionale nell'estate - autunno 2017. (Comunicato Susanna Zirizzotti - Ufficio Stampa, Comunicazione, Editoria Centro Sperimentale di Cinematografia (Scuola Nazionale di Cinema -Cineteca Nazionale))
«In bocca al lupo»
Racconto di Sasha Marianna Salzmann ispirato alla città di Palermo
"Hausbesuch - Ospiti a casa", progetto del Goethe-Institut, ha portato la scrittrice, curatrice e drammaturga tedesca Sasha Marianna Salzmann a Palermo, ospite in casa dei palermitani. Da questa esperienza è nato il racconto ispirato al capoluogo siciliano In bocca al lupo.
Sasha Marianna Salzmann (Volgograd - ex Unione Sovietica, 1985) attualmente è autrice in residenza del teatro Maxim Gorki di Berlino, ben noto per le sue messe in scena dedicate alla post-migrazione. La sua pièce teatrale Muttermale Fenster blau ha vinto nel 2012 il Kleist Förderpreis. Nel 2013 il premio del pubblico delle Giornate Teatrali di Mülheim (Mülheimer Theatertage) è stato assegnato all'opera teatrale Muttersprache Mameloschn che affronta tre generazioni di tedeschi ebrei. Sasha Marianna Salzmann è famosa per i suoi ritratti umoristici dedicati a tematiche politiche. Il suo racconto In bocca al lupo è stato scritto durante il suo soggiorno nel capoluogo siciliano nel luglio 2016 per il progetto "Hausbesuch - Ospiti a casa" del Goethe-Institut. Tradotto in cinque lingue, farà parte di un e-book che uscirà in primavera e che il Goethe-Institut presenterà alla Fiera del Libro di Lipsia. (Comunicato Goethe-Institut Palermo)
Alla Biblioteca "Luigi Chiarini" del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma è conservata una sceneggiatura dattiloscritta del 1964 intitolata Le Ultime Cento Ore, attribuita a Stanley Kubrick, della quale non esiste traccia in nessuna monografia, filmografia, studio. Si tratta di una copia di deposito legale catalogata nei primi anni '90. Il primo a sollevare dei dubbi sull'autenticità del copione fu Tullio Kezich nel 1999 sollevando un gran polverone sulla stampa nazionale, quello che venne definito il "giallo Kubrick" rimase irrisolto fino ad oggi. Grazie alla passione di uno studioso kubrickiano, Filippo Ulivieri, che non si è accontentato di come la questione fosse stata accantonata. Sono state ricostruite le vicende e individuati gli autori, finalmente Filippo Ulivieri ha reso noto il resoconto e come sono stati risolti i relativi misteri del "giallo Kubrick". (Comunicato Susanna Zirizzotti - Ufficio Comunicazione/stampa e archivio storico Centro Sperimentale di Cinematografia-Scuola Nazionale di Cinema)
"Basta muoversi di più in bicicletta per ridurre la CO2"
Nuovo studio dell'European Cyclists' Federation sulle potenzialità della mobilità ciclistica nelle politiche UE di riduzione delle emissioni di gas climalteranti entro il 2050
Le elevate riduzioni delle emissioni dei gas serra previste dalla UE sono sotto esame: quest'anno i progressi e i risultati effettivi sembrano non raggiungere gli obiettivi fissati dalla stessa Unione Europea. Recenti rapporti sulle tendenze nel settore dei trasporti europei mostrano che la UE non riuscirà a ottenere la riduzione delle emissioni dei mezzi di trasporto del 60% tra il 1990 e il 2050 affidandosi alla sola tecnologia. Un interessante approccio all'argomento è messo in luce da un recente studio effettuato dall'European Cyclists' Federation (ECF), che ha quantificato il risparmio di emissioni delle due ruote rispetto ad altri mezzi di trasporto.
Anche tenendo conto della produzione, della manutenzione e del carburante del ciclista, le emissioni prodotte dalle biciclette sono oltre 10 volte inferiori a quelle derivanti dalle autovetture. Confrontando automobili, autobus, biciclette elettriche e biciclette normali, l'ECF ha studiato che l'uso più diffuso della bicicletta può aiutare la UE a raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra nel settore trasporti, previsti entro il 2050. Secondo lo studio, se i cittadini della UE dovessero utilizzare la bicicletta tanto quanto i Danesi nel corso del 2000, (una media di 2,6km al giorno), la UE conseguirebbe più di un quarto delle riduzioni delle emissioni previste per il comparto mobilità.
"Basta percorrere in bici 5 km al giorno, invece che con mezzi a motore, per raggiungere il 50% degli obiettivi proposti in materia di riduzione delle emissioni", osserva l'autore Benoit Blondel, dell'Ufficio ECF per l'ambiente e le politiche della salute. Che aggiunge: "Il potenziale di raggiungimento di tali obiettivi per le biciclette è enorme con uno sforzo economico assolutamente esiguo: mettere sui pedali un maggior numero di persone è molto meno costoso che mettere su strada flotte di auto elettriche". Lo studio ha altresì ribadito la recente valutazione da parte dell'Agenzia europea dell'ambiente, secondo la quale i soli miglioramenti tecnologici e l'efficienza dei carburanti non consentiranno alla UE di raggiungere il proprio obiettivo di ridurre del 60% le emissioni provenienti dai trasporti. (Estratto da comunicato stampa FIAB - Federazione Italiana Amici della Bicicletta)
Presentazione libri da Comunicato case editrici / autori
ALBERI ~ Alle origini del mondo
Il Vicolo Editore, bilingue: italiano, inglese, Euro 30,00
Il catalogo è stato presentato il 2 agosto 2023 all'Abbazia di Pomposa a Codigoro (Ferrara)
Presentazione del catalogo della mostra in corso "ALBERI ~ Alle origini del mondo", opera installativa dell'artista e architetto Marisa Zattini realizzata nel 2018. Alla presenza dell'artista interverranno Giorgio Cozzolino, Direttore Regionale Musei Emilia-Romagna e Serena Ciliani, Direttrice dell'Abbazia di Pomposa e curatrice della mostra. Il libro bilingue, italiano e inglese, edito da Il Vicolo, si configura come il completamento dell'evento di inaugurazione del 20 luglio scorso ed è composto da 96 pagine con un contributo introduttivo a firma del Direttore Giorgio Cozzolino, testi critici di Serena Ciliani, Fabrizio Parrini e Pier Guido Raggini. Il ricco apparato fotografico è a firma di Gian Paolo Senni e documenta l'installazione nel suggestivo contesto architettonico della Sala del Refettorio.
L'alfabeto ebraico è approfondito nei suoi significati con una sintesi che fa riferimento ai testi di Nadav Crivelli. Stralci di pagine illuminanti del professore Mauro Perani - tratte da "Lettere ebraiche come simboli" - indagano lo ZOHAR, capolavoro della speculazione cabbalistica ebraica, arricchite da disegni seicenteschi dedicati alla Mistica e al simbolismo alchemico. La seconda parte del libro raccoglie tutti i testi critici e poetici dedicati all'opera installativa, dal 2020 al 2022, a firma di: Andrea Pompili, Carlo Franza, Giovanni Ciucci, Galatea, Domenico Settevendemie, Pier Guido Raggini, Davide Brullo, Jean Marie Gervais, Ernesto Giorgi, Marco Muratori, Giorgio Vulcano, Angela Fabbri, Alessandro Barban, Marco Cassuto Morselli, Luca Maggio, Matteo Ferrari, Vittorio D'Augusta. (Comunicato stampa)
L'autobiografia della nazione
di Piero Gobetti, a cura di Cesare Panizza, Aras Edizioni 2023
Il libro è stato presentato il 29 maggio 2023 alla Biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia a Firenze
Introduce e presiede Cosimo Ceccuti; intervengono, con il curatore, Marino Biondi e Paolo Bagnoli www.fondazionerossisalvemini.eu
Fra i più risoluti oppositori di Mussolini, Gobetti compendiò la sua lettura del fascismo nella famosa formula dell'"autobiografia della nazione". Nei suoi scritti, sullo sfondo di una riflessione storica e politica che sottolineava l'arretratezza culturale del paese e l'inadeguatezza delle sue classi dirigenti, il successo del fascismo era letto a riprova dell'immaturità politica degli italiani. Si trattava di una tendenza alla "servitù volontaria" sedimentatasi nelle fibre della nazione in assenza di quei processi di modernizzazione della società e della politica avviatisi in Occidente con la riforma protestante e la nascita del capitalismo. Paradossalmente, però, proprio per il suo carattere di "rivelazione", la lotta contro il fascismo poteva offrire l'occasione per una rigenerazione della nazione. La dittatura aperta che rappresentava l'aspirazione di Mussolini e del fascismo avrebbe infatti permesso la selezione di nuove élites politiche destinate a rigenerare il costume politico degli italiani in senso liberale e democratico. (Comunicato di presentazione Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini)
La Formula di Socrate
di Cristina dell'Acqua
Presentazione libro
26 aprile 2023, ore 19
Fondazione Arnaldo Pomodoro - Milano
Primo appuntamento di "Orizzonte. Parole, immagini e musica" per edificare il futuro programma di incontri musicali e culturali a cura di Giovanni Caccamo. Socrate è una figura misteriosa e affascinante, un incontro che può cambiare la vita. È accaduto a Platone e può accadere a ciascuno di noi, a qualunque età. Nel pensiero di quest'uomo straordinario, che nella vita non ha mai smesso di insegnare (fu la sua missione), ci sono i semi della nascita dell'umanesimo occidentale. Partendo da qui, Cristina Dell'Acqua ci conduce in un nuovo viaggio nel mondo greco alla scoperta del personaggio di Socrate, il cui insegnamento si fonda sui temi della ricerca, della libertà, del dialogo e del dubbio. Una formula che ha come nutrimento l'amore per le domande e parte da un unico presupposto: la conoscenza e la cura di sé. Imparando a sentire socratica-mente, impariamo il coraggio di essere noi stessi. (Estratto da comunicato ufficio stampa Lara Facco P&C)
"Lo stato delle cose. Breve storia della Repubblica per oggetti"
di Chiara Alessi, edito da Longanesi
Il libro è stato presentato il 17 marzo 2023 alla Libreria Mondadori di Ivrea
www.archiviostoricolivetti.it
Un nuovo appuntamento con l'iniziativa "Olivetti Readings", un ciclo di letture e commenti con gli autori di alcune pubblicazioni provenienti dalla nostra biblioteca. Alla serata l'autrice dialoga con Enrico Bandiera, direttore dell'Associazione Archivio Storico Olivetti. Nel volume vengono citati anche alcuni tra i più noti prodotti Olivetti, come la macchina da calcolo Divisumma 14 e la macchina per scrivere Lettera 22.
«Il Novecento non è raccontabile se non attraverso le cose che ha prodotto. Le cose come sintomi. Questo vale per le invenzioni, per la loro diffusione, ma anche per lo stile, anzi gli stili che ha concepito e che a loro volta hanno influenzato società, costumi, culture. E vale soprattutto per il nostro Paese, che è lo Stato delle cose». Dopo Tante care cose, Chiara Alessi torna a raccontarci chi siamo e da dove arriviamo ripercorrendo la traccia storica e umana lasciata dagli oggetti che abbiamo amato. In queste pagine sfilano sei "cose" comuni e straordinarie che non solo hanno attraversato il tempo, ma l'hanno anche fatto.
Spesso passandosi un inatteso testimone, perché non ci si pensa quasi mai ma la storia delle cose si muove. E noi con lei. Cose che hanno coinciso completamente con un'immagine, con un momento, con un racconto, fino a diventare l'immagine, il momento, il racconto, spesso finiscono poi per superarlo e trasformarsi in qualcosa di completamente diverso, ed è in questa non coincidenza tra quello che le cose dicono e che le cose fanno, e l'immagine che restituiscono di noi, che val la pena di guardare oggi. Per capire meglio la strada fatta fin qui, e provare a intuire dove potrebbe ancora portarci. (Comunicato di presentazione Associazione Archivio Storico Olivetti)
Decio Gioseffi
Storia dell'arte in Europa
* Libro presentato il 13 febbraio 2023 presso il Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia (Trieste) www.triestecontemporanea.it
A distanza di trent'anni dalla sua stesura viene pubblicata una inedita Storia dell'arte in Europa raccontata da Decio Gioseffi con sensibilità non usuale al tempo in cui fu scritta. Prima presentazione dell'importante opera del grande storico dell'arte triestino, ora proposta nella collana «I libri di XY», diretta da Roberto de Rubertis, da Il Poligrafo di Padova e dall'Università di Trento ed edita con la partecipazione di Società di Minerva e Trieste Contemporanea: relatore sarà Valerio Terraroli, professore di Storia della critica d'arte all'Università di Verona, introdotto da Nicoletta Zanni, già professore di Storia della critica d'arte all'Università di Trieste e curatrice, assieme a Giuliana Carbi Jesurun, della edizione.
Fra i progetti di celebrazione del centenario della nascita di Decio Gioseffi (1919-2007), i promotori hanno ritenuto di estremo interesse lavorare su questo inedito e dare così alle stampe uno degli ultimi scritti dello studioso triestino che fu tra le personalità più rappresentative della cultura storico-artistica italiana della seconda metà del Novecento.
Il libro raccoglie esempi illustri della storia dell'arte europea attraverso i secoli - dalle grotte di Altamira al Rinascimento maturo (ed era prevista anche una continuazione fino alla seconda metà del ventesimo secolo) - e si occupa dell'intera filiera dell'arte occidentale, a partire dal rapporto con l'eredità dell'Antico e gli scambi con l'arte del Vicino Oriente, arrivando alle eccellenze che hanno generato e contraddistinto il Rinascimento italiano ed europeo. A corredo, sono state scelte alcune immagini tra quelle più emblematiche nelle sue lezioni universitarie introduttive e di metodo storico-artistico.
La modernità dell'applicazione alla narrazione storica dei fatti dell'arte da parte di Decio Gioseffi di un metodo operatorio proveniente dal mondo scientifico, discusso anche nel suo lungo sodalizio con Carlo Ludovico Ragghianti, ancor oggi affascina infatti in questo libro e si nutre della vasta conoscenza non solo specialistica dell'autore. Sicché i passaggi dedicati a collocare la produzione artistica nella società e nella storia sono cruciali e questa Storia dell'arte in Europa si dispiega in un ampio tessuto connettivo fatto di bellissime pagine che parlano anche di moda, letteratura, ingegneria e tecnologia, strategia militare, storia delle lingue.
Decio Gioseffi (Trieste 1919-2007), accademico dei Lincei, già membro e poi presidente (dal 1980 al 1989) del Comitato di Settore per i Beni Artistici e Storici presso il Ministero dei Beni Culturali (ex Consiglio Superiore di Belle Arti), dopo la laurea a Padova in Archeologia e storia dell'arte antica, dal 1943 all'Università di Trieste è stato prima assistente di Luigi Coletti e poi di Roberto Salvini, docente ed infine direttore dal 1964 al 1993 dell'Istituto di Storia dell'arte medioevale e moderna. Perspectiva artificialis: per la storia della prospettiva. Spigolature e appunti (Premio Olivetti 1957) inizia i suoi studi pionieristici sulla prospettiva e sulla rappresentazione dello spazio nell'arte, proseguiti nel 1960 con La cupola vaticana: un'ipotesi michelangiolesca (Premio IN/ARCH 1962) e con la monografia Giotto architetto (1963).
La presentazione triestina avviene con il patrocinio di ICOMOS Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti-Comitato Nazionale Italiano e con la collaborazione dell'associazione L'Officina e dell'Associazione Amici Dei Musei Marcello Mascherini ODV. Il volume è pubblicato, con il supporto della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, sotto gli auspici di Ministero della Cultura - Segretariato regionale per il Friuli Venezia Giulia; Università degli Studi di Trieste; Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vicenza; Fondazione Centro Studi sull'Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca; SISCA Società italiana di storia della critica d'arte, Roma; Archivio degli Scrittori e della Cultura Regionale, Università di Trieste. (Comunicato stampa Trieste Contemporanea)
Gentilissima signora Aurelia
a cura di Lucia Budini e Giuliana Carbi Jesurun, ed. Juliet editrice
Il libro è stato presentato il 28 gennaio 2023 allo Studio Tommaseo di Trieste
www.triestecontemporanea.it
Trieste Contemporanea presenta la seconda pubblicazione della collana libraryline dedicata a Miela Reina (Trieste 1935 -Udine 1972). Il libro pubblica per la prima volta una selezione delle lettere che Miela Reina scrisse alla madre Aurelia Cesari Reina, in fittissima sequenza, negli anni di formazione all'Accademia di Venezia, quindi, dall'autunno del 1955 all'autunno del 1959, data della laurea.
L'interessantissimo epistolario vede la luce, grazie alla trascrizione e all'ordinamento dei manoscritti conservati nell'archivio privato delle famiglie Budini Reina. Sono carte molto speciali poiché contengono molti disegni e bozzetti che si è deciso di riprodurre nel testo delle lettere, aggiungendo una parte di immagini e fotografie provenienti dall'archivio familiare e di riferimenti (grazie alle immagini gentilmente concesse dall'Archivio fotografico ERPAC - Servizio catalogazione, promozione, valorizzazione e sviluppo del territorio, dalla Fondazione CRTrieste e dall'Archivio fotografico del Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna di Trieste) ai dipinti citati nel testo, dei quali nel racconto epistolare alla mamma si seguono giorno per giorno le fasi di realizzazione.
Il libro è occasione per conoscere una inedita Miela Reina, giovanissima, versatile e gioiosa nell'apprendere a tutto campo, non solo la pittura al corso di Bruno Saetti (lo spaccato della vita degli studenti fuori sede del tempo è vivacissimo), ma anche dalle molte letture e frequentazioni della vita culturale veneziana (dal cinema al teatro ai concerti) e dai viaggi (in Francia a conoscere Chagall e in Spagna per lavorare alla tesi di laurea sulla pittura castigliana). Questa studentessa diventerà da lì a poco una dei più originali e attenti artisti italiani in dialogo avvincente e autorevole con le tendenze internazionali dell'arte degli anni Sessanta e Settanta - e proprio leggendo queste lettere e le modalità della sua partenza verso l'arte dei grandi c'è ancora il rimpianto che la sua breve vita non le abbia permesso di donarci più a lungo la sua immaginifica creatività: poiché fu "autrice di una vivacissima stupefatta visione del mondo, di una attonita e apocalittica kermesse non eroica" come ebbe a scrivere l'amico e grande estimatore Gillo Dorfles.
Gentilissima Signora Aurelia vuole contribuire a far meglio conoscere una delle figure artistiche più alte della nostra regione e a renderle omaggio. Alla presentazione di sabato, che verrà proposta anche in streaming, in dialogo con le curatrici saranno Paola Bonifacio, storica dell'arte autrice di Miela Reina, la prima monografia sull'artista edita da Mazzotta nel 1999, e (in videoconferenza) Marina Beer, scrittrice e saggista che hanno contribuito all'interpretazione della creatività e degli affetti di Miela Reina a Venezia con due testi pubblicati nel libro in forma di postfazione.
Gentilissima Signora Aurelia è il secondo volume di libraryline, una nuova collana editoriale della Biblioteca di Trieste Contemporanea che raccoglie testi inediti e prime traduzioni di artisti o di autori che hanno contribuito all'arte visiva contemporanea europea o alla sua comprensione. Con la collana, coordinata dalla direttrice della Biblioteca di Trieste Contemporanea Elettra Maria Spolverini (che introdurrà l'incontro di presentazione) e firmata dalla grafica triestina Giulia Lantier, si concretizza una idea di divulgazione della storia dell'arte contemporanea molto cara al comitato triestino, e anche si intercetta e continua un'altra delle missioni prioritarie di Trieste Contemporanea, prevalentemente conosciuta per lo sguardo che da più di un quarto di secolo rivolge alla produzione di arte visiva contemporanea dei paesi dell'Europa dell'Est.
Un mandato, per così dire di reciprocità rispetto all'importazione della conoscenza della cultura artistica ad Est di Trieste: offrire l'opportunità di approfondire all'esterno le espressioni internazionali della produzione di pensiero e di cultura del nostro territorio. Tra le attività svolte in questo segmento merita ricordare le pubblicazioni su e di Sergio Miniussi, la monografia di Marco Pozzetto sugli architetti Berlam, i film documentari su Leo Castelli e su Leonor Fini e si può già anticipare l'ultima iniziativa che verrà resa pubblica in febbraio: la partecipazione alla pubblicazione dell'inedita e importantissima Storia dell'arte in Europa del grande storico dell'arte triestino Decio Gioseffi. (Comunicato stampa)
Poligoni platonici
di Carlo Fontana, Juliet Editrice, gennaio 2023, testo critico di Gabriele Perretta, progetto grafico di Piero Scheriani, pagg 40 + cover con alette www.juliet-artmagazine.com
* Presentazione e diffusione in anteprima in occasione della 46° edizione di Arte Fiera, a Bologna, nello stand Juliet, nelle giornate del 2, 3, 4, 5 febbraio 2023.
Poligoni platonici è la quinta pubblicazione che Juliet Editrice dedica al lavoro di Carlo Fontana, con immagini commentate e testo critico di Gabriele Perretta. Carlo Fontana (Napoli, 1951), vive a Casier (Treviso). Si è diplomato all'Accademia di BB.AA. di Napoli, nel corso di pittura con il maestro Domenico Spinosa. Dopo aver esordito con happening dalla fissità teatralizzata e con attività estetica nel territorio, in concomitanza alle teorie formulate negli anni Settanta da Enrico Crispolti, nel decennio successivo inizia un percorso pittorico che vede il colore e la ricerca della luce al centro della sua opera. Sue opere sono presenti, a Trieste, presso la sede della Soprintendenza, nel palazzo storico dell'ITIS e al Museo Diocesano (ex Seminario), a Bologna presso la Collezione Zavettini e nel circuito nazionale sloveno presso la Galerija Murska Sobota.
Tra i critici che si sono occupati del suo lavoro si ricordano: Francesca Agostinelli, Giulia Bortoluzzi, Boris Brollo, Antonio Cattaruzza, Enrico Crispolti, Edoardo Di Mauro, Pasquale Fameli, Robert Inhof, Emilia Marasco, Gabriele Perretta, Alice Rubbini, Maria Luisa Trevisan, Roberto Vidali.
La prima testimonianza, prodotta da Juliet Editrice, ancora nel lontano 1999, fu un libro d'artista di formato quadrato, con copertina rossa e con testo introduttivo firmato da Roberto Vidali. Lì si parlava della natura figurativa dell'opera di Carlo Fontana, dell'uso quasi matissiano del colore, della scomposizione dell'immagine che era in debito con la poetica cubista della prima ora, ma ci soffermava anche a dare una giustificazione storica di un lavoro che di primo acchito poteva sembrare povero d'intenti e di idee, mentre dietro c'era tutto un percorso storico, una linea continua che procedeva dalle prime esperienze operate nel sociale e sul territorio, assieme al gruppo degli Ambulanti, nel corso degli anni Settanta.
In questo caso, invece, il catalogo, a parte un excursus storico di immagini (tutte spiegate ed analizzate con testi lapidari) propone solo un insieme di opere che dobbiamo prosaicamente definire astratto-geometriche e che fanno parte della più recente produzione dell'autore. Gabriele Perretta, nel ricostruire il percorso di questo autore, parte dalla prima performance/azione conosciuta di Carlo Fontana: siamo nel 1974, "Fate l'amore non la guerra", dove solo la sottrazione di una virgola distingue questo titolo dallo slogan in voga negli anni Settanta e che si rifaceva alle guerre di liberazione del Terzo Mondo in secundis e alla guerra del Vietnam in primis, una guerra rovinosa che si concluderà appena l'anno successivo.
L'aggancio, sottolineato da Perretta, va poi, al 1975, con le prime azioni sul territorio di Napoli, progettate assieme al gruppo degli Ambulanti, dove le tessere di mosaico che l'autore distribuiva alle persone che lo avvicinavano, sono già anticipazione di quelle macchie di colore che oggi ritroviamo nei suoi quadri. Ora che la figura che Carlo Fontana interpreta (nelle sfilate del Quartiere Bagnoli di Napoli o di Piazza San Marco a Venezia) fosse quella dell'acquaiolo (di napoletana memoria) o fosse quella afro-napulitana di un povero portatore d'acqua, quello che conta è che il colore era testimonianza già presente e fondante fin da quei lontani anni Settanta, quando nell'arte internazionale il dominio maggiore era quello del bianco e nero (si pensi alle foto di Gilbert & George, di Bernd & Hilla Becher, di Urs Lüthi, di Joseph Beuys e così via).
In questo modo Gabriele Perretta ci fa toccare con mano le ragioni storiche del lavoro di Carlo Fontana, mentre allo stesso tempo sottolinea come il nome di Enrico Crispolti, a cornice di quella situazione culturale (si pensi alla X Quadriennale del 1975, alla Biennale di Venezia del 1976, alla Biennale di Gubbio, nel 1979) non sia stato dei più appropriati perché in realtà non ha saputo valorizzare il lavoro dei singoli autori, preferendo fotografare un fenomeno dalla portata collettiva, spesso però confondendone il valore dei singoli apporti individuali. (Estratto da comunicato stampa)
Immagini (da sinistra a destra):
1. Atelier di Carlo Fontana con opere in lavoro, ph courtesy Juliet
2. Carlo Fontana, Solidi a base rettangolare, 2020, olio su tela, cm 50x50, ph courtesy Juliet
E l'alma si spaurì
di Marco Pavone, Kemonia Edizioni, prefazione di Maria Gabriella Riccobono, Palermo 2022
Il libro è stato presentato il 13 gennaio 2023 alla Casa dell'equità e della bellezza (Palermo)
Daniele Billitteri e Anna Li Vigni presenteranno la raccolta di poesie di Marco Pavone. Un percorso interiore lungo decenni, dal 1976 al 2002, alla fine del quale «ritrovarsi per riconoscersi»: questo è "E l'alma si spaurì". Lungo questo cammino Marco Pavone è riuscito a mettere a nudo i suoi sentimenti più intimi e profondi, le cicatrici della sua anima, le sue paure e debolezze. Nel corso della serata intrattenimento musicale a cura del gruppo musicale Alenfado.
Marco Pavone (Palermo, 1959) negli anni del liceo scrive i primi componimenti poetici. Nel 1982 si laurea in matematica all'Università degli Studi di Pisa. Nel 1989 consegue un Ph.D. in matematica presso la University of California, Berkeley. Dopo un breve periodo trascorso come ricercatore al Politecnico di Torino, dal 1993 è professore associato di Analisi Matematica presso l'Università degli Studi di Palermo. È appassionato di indovinelli di logica, canto sacro corale, origami, poesia, Divina Commedia e musica classica. Per il gruppo musicale palermitano Alenfado ha composto la melodia di quattro brani, due dei quali pubblicati nel CD Passeando. (Estratto da comunicato stampa)
Tra due mondi. Storia di Philip Rolla
di Maria Grazia Rabiolo, Edizioni Fondazione Rolla, 2022, pp. 128, 210x148 mm, 20Chf/20Euro
Il libro è stato presentato il 15 ottobre 2022 presso La Filanda a Mendrisio (Svizzera) www.rolla.info
Partito dalla California non appena conclusa l'Università, Philip Rolla fa il percorso inverso rispetto ai suoi nonni, arrivati a inizio Novecento dal Piemonte. La sua avventura professionale inizia a Torino e proseque nella Svizzera italiana. Ingegnere artigiano, è l'inventore delle eliche più performanti a livello internazionale. Il suo nome è legato al mondo della motonautica e delle imbarcazioni in generale. Ma da sempre coltiva una grande passione per l'arte contemporanea e per la fotografia.
La sua esistenza si svolge dunque tra Stati Uniti, che non ha mai dimenticato, ed Europa, Svizzera in particolare. A Bruzella, nella Valle di Muggio, dove risiede con la moglie Rosella, ha costituito una collezione di opere d'arte importante e una fondazione che organizza con regolarità esposizioni fotografiche negli spazi dell'ex scuola d'infanzia. La sua è un'esistenza decisamente particolare e interessante. La biografia di Maria Grazia Rabiolo la ripercorre tappa dopo tappa, con rigore e partecipazione al contempo. Ne emerge il ritratto di un uomo, di un professionista e di un collezionista a dir poco speciale, difficilmente imitabile.
Maria Grazia Rabiolo, nata nel 1957 a Losanna (Canton Vaud) e cresciuta a Viganello (Cantone Ticino), è laureata in Lettere all'Università degli Studi di Milano. Giornalista culturale, ha lavorato per trentaquattro anni alla RSI - Radiotelevisione svizzera di linqua italiana. (Comunicato Rolla.info)
Dopo Terra Matta
Incontro con Giovanni Rabito
Il romanzo della vita passata
di Vincenzo Rabito, testo rivisto e adattato da Giovanni Rabito, ed. Einaudi
Presentazione libro il 29 settembre 2022 alla Sala Giuseppe Di Martino a Catania
A cura dei Centri Culturali Gruppo Iarba, Fabbricateatro e Le stelle in tasca, si svolgerà un incontro con Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, autore di Terra Matta. Nell'occasione, sarà presentato Il romanzo della vita passata, secondo dattiloscritto autobiografico di Vincenzo Rabito, una nuova riscrittura della sua vita a tutt'oggi interamente inedita e successiva alla prima stesura pubblicata sempre da Einaudi nel 2007. Discuteranno, insieme al curatore di Il romanzo della vita passata, delle peculiarità che attribuiscono un'importanza particolare alla seconda stesura autobiografica, Nino Romeo, Daniele Scalia e Orazio Maria Valastro. Graziana Maniscalco leggerà una selezione di brani dell'opera.
Scrive Giovanni Rabito nella prefazione: «Come ben sanno i lettori di Terra matta, mio padre non è mai andato a scuola. Ha imparato a leggere e a scrivere da solo, come da solo ha imparato il mestiere di vivere e l'arte di lavorare duro per vivere meglio. Allo stesso modo, da solo, ha imparato a usare la macchina da scrivere, uno strumento tecnologicamente avanzato almeno per i suoi tempi, e infine a diventare scrittore: scrittore della sua vita, del suo paese natale, della sua gente e forse addirittura del suo secolo».
Vincenzo Rabito (Chiaramonte Gulfi, 1899-1981), «Ragazzo del '99», è stato bracciante da bambino, è partito diciottenne per il Piave, ha fatto la guerra d'Africa e la Seconda guerra mondiale. È stato minatore in Germania, poi è tornato in Sicilia, dove si è sposato e ha allevato tre figli. Il suo Terra Matta ha vinto il «Premio Pieve» nel 2000, ed è conservato presso la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, nasce nel 1949 a Chiaramonte Gulfi in Sicilia, e risiede attualmente a Sydney in Australia. Nel 1967 inizia i suoi studi universitari di Giurisprudenza a Messina, trasferendosi in seguito a Bologna nel 1968. In quegli anni prende parte al movimento letterario italiano della Neoavanguardia, il Gruppo 63 costituitosi a Palermo nel 1963. Scrive poesie pubblicate in riviste letterarie come Tèchne, fondata nel 1969 da Eugenio Miccini come laboratorio dello sperimentalismo verbo-visivo legato all'esperienza del Gruppo 70, e Marcatré, rivista di arte contemporanea, letteratura, architettura e musica, fondata e diretta da Eugenio Battisti nel 1963. Condivide con il padre la passione per la scrittura. Grazie a Giovanni Rabito, il dattiloscritto del padre intitolato Fontanazza, la storia di vita di un uomo che ha attraversato il novecento italiano, è presentato nel 1999 all'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Fontanazza è stato premiato nel 2000, e pubblicato con il titolo Terra Matta nel 2007. (Comunicato stampa)
Uno Stato senza nazione
L'elaborazione del passato nella Germania comunista (1945-1953)
di Edoardo Lombardi, ed. Unicopli, 2022, p. 138, euro 18.00
Il libro è stato presentato il 29 settembre 2022 presso Lo Spazio (Pistoia)
www.lospaziopistoia.it
Lo Spazio Pistoia, in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Pistoia presenta il saggio. Ne discuterà con l'autore Stefano Bottoni (Università di Studi di Firenze). Provata dall'esperienza del secondo conflitto mondiale e con un passato difficile da elaborare, la Germania entrava nel 1945 in uno dei periodi più complessi della sua storia, divisa e occupata dalle potenze alleate vincitrici. In questo nuovo contesto, i comunisti tedesco-orientali riconobbero immediatamente nella storia uno strumento per legittimare il proprio ruolo di guida delle masse. Una consapevolezza che, con la nascita della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949, portò la SED (ovvero il Partito socialista unificato di Germania, che per quarant'anni fu la compagine politica dominante nella Germania Est) a trasformare la storia in uno strumento istituzionale.
Essa divenne infatti la base fondante per legittimare l'esistenza del «primo Stato socialista sul suolo tedesco», riplasmando e in certi casi reinventando il passato. Erano i primi passi di uno Stato senza Nazione, il cui tentativo di appropriazione della storia andò realizzandosi in modo molto graduale e non senza difficoltà, come questo libro racconta, seguendone dettagliatamente gli sviluppi.
Edoardo Lombardi è dottore magistrale in Scienze storiche presso l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2018 collabora con l'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Pistoia (Isrpt), per il quale svolge attività di ricerca e di didattica sul territorio. Nel 2020 entra a far parte della redazione del periodico dell'istituto, «Farestoria. Società e storia pubblica». I suoi interessi di studio riguardano soprattutto la storia culturale della Germania e dell'Italia in Età contemporanea, con particolare attenzione alle politiche culturali della Repubblica democratica tedesca. (Comunicato stampa)
Gaetano e i Salvemini
di Mauro Salvemini, ed. Albatros edizioni
Il libro è stato presentato il 25 giugno 2022 alla Biblioteca Civica "Farinone-Centa" di Varallo
In questo libro Mauro Salvemini ripercorre le vicende, politiche ma soprattutto personali, di cui sono stati protagonisti i membri della famiglia Salvemini, uomini e donne uniti dal forte legame con la loro terra d'origine, animati da un profondo desiderio di portare avanti le proprie convinzioni e disposti a sacrificarsi ai limiti del possibile per aiutarsi reciprocamente. A partire da Gaetano Salvemini, figura di spicco dell'antifascismo, il lettore si trova ad attraversare un'epoca, a conoscerla e a fare i conti con le grandi ingiustizie e le piccole gioie che l'hanno resa indimenticabile. A fare della lettura un'esperienza ancora più intensa, un ricco corpus di lettere e foto appartenenti all'autore, che offre così un viaggio a tutto tondo nella sua storia familiare e la tramanda ai posteri. (Estratto da comunicato stampa)
Matthias Schaller - Horst Bredekamp
Ad omnia: Sull'opera del veronauta Matthias Schaller
ed. Petrus Books, 862 fotografie, 156 pagine, hardcover, 32.5x21.5 cm, 2022, edizione tedesca-italiana (dal 3 maggio)
Anche se non appaiono quasi mai gli esseri umani sono onnipresenti nelle fotografie di Matthias Schaller (Dillingen an der Donau, 1965). Con grande precisione e sensibilità, l'artista ha creato in oltre vent'anni di attività, un universo fotografico senza precedenti: ritratti "ambientali", ensemble di oggetti e spazi che raccontano le persone. Che si tratti di studi d'artista, di interni domestici, di teatri, di tavolozze e strumenti o di abiti, le sue serie fotografiche trasmettono l'idea che i segni che lasciamo sulla realtà dicano tanto su una persona quanto la sua presenza fisica.
Accanto alle attuali mostre Porträt al Kunstpalast di Düsseldorf e Antonio Canova a cura di Xavier F. Salomon ai Musei Civici di Bassano del Grappa, Matthias Schaller ha presentato il libro edito da Petrus Books, casa editrice di Schaller, con un saggio di Horst Bredekamp (Kiel, 1947), Professore di Storia dell'arte alla Humboldt-Universität di Berlino. Un libro che attraverso 862 fotografie racconta gli ultimi vent'anni della sua attività di fotografo ed editore, e che idealmente si ricollega alla pubblicazione del 2015 (Steidl Publisher) con un testo/intervista di Germano Celant dal titolo Matthias Schaller, in cui venivano raccontati i suoi primi dieci anni di attività dal 2000 al 2010. Tra gli autori che hanno collaborato collaborato per le pubblicazioni di Matthias Schaller sono Julian Barnes (London), Andreas Beyer (Basel), Gottfried Boehm (Basel), Germano Celant (Milano), Mario Codognato (Venezia), Xavier F. Salomon (New York City), Thomas Weski (Berlin).
Matthias Schaller ha studiato antropologia visiva presso le Università di Hamburg, Göttingen e Siena. Si laurea con una tesi sul lavoro di Giorgio Sommer (Frankfurt, 1834 - 1914 Napoli), uno dei fotografi di maggior successo dell'Ottocento. Il lavoro di Schaller è stato esposto, tra gli altri, al Museo d'Arte Moderna di Rio de Janeiro, al Wallraf-Richartz Museum di Köln, al Museum Serralves di Porto e al SITE di Santa Fe. Nel 2022 oltre alle mostre inaugurate Porträt e Antonio Canova, sono di prossima apertura Das Meisterstück presso Le Gallerie d'Italia a Milano (30 giugno), Matthias Schaller alla Kunstverein Schwäbisch Hall (28 ottobre). (Comunicato stampa Lara Facco P&C)
Communism(s): A Cold War Album
di Arthur Grace, introduzione di Richard Hornik, 192 pagine, 121 immagini b&n, cartonato in tela, aprile 2022
www.damianieditore.com
Grazie ad un raro e prezioso visto da giornalista, il fotografo americano Arthur Grace ha potuto valicare ripetutamente la Cortina di Ferro durante gli anni '70 e '80 e documentare un mondo che a lungo è stato celato all'occidente. Communism(s): A Cold War Album è una raccolta di oltre 120 fotografie in bianco e nero realizzate da Grace in quel periodo e per la maggior parte fino ad oggi inedite. Questi scatti, realizzati in Unione Sovietica, Polonia, Romania, Jugoslavia e Repubblica Democratica Tedesca, restituiscono il costante e a tratti crudele rapporto tra la claustrofobica irregimentazione di stato e la (soffocata) voglia di contatti con il mondo esterno della popolazione.
Nelle fotografie di Grace emerge forte il contrasto tra la propaganda di regime fatta di simboli e architetture che rimandano ad un'idea di grandezza ed efficienza e le difficoltà della vita quotidiana fatta di lunghe file per l'approvvigionamento del cibo. Il libro è arricchito da un'introduzione scritta da Richard Hornik, ex capo dell'ufficio di Varsavia della rivista Time.
Arthur Grace ha realizzato servizi fotografici in tutto il mondo per i magazine Time e Newsweek. Suoi lavori sono apparsi anche in molte altre riviste, tra cui Life, The New York Times Magazine, Paris Match e Stern. Prima di Communism(s): A Cold War Album, Grace ha pubblicato altri cinque libri fotografici; ha esposto in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e all'estero; sue opere fotografiche sono incluse nelle collezioni permanenti di importanti istituti tra cui il J. Paul Getty Museum, la National Portrait Gallery e lo Smithsonian. (Comunicato ufficio stampa Damiani Editore)
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Mondo ex e tempo del dopo
di Pedrag Matvejevic, ed. Garzanti
I Balcani sono un'area dell'Europa in cui da sempre la "geografia non coincide con la Storia". Terra di interposizione tra Occidente e Oriente, in politica, religione, cultura, arte. Era qui che l'impero romano d'occidente lasciava la sovranità a quello d'oriente. In "Mondo ex" Pedrag Matvejevic ripercorrere quindici anni di dissolvimento di un paese nato mettendo insieme popoli e territori.
Guttuso e il realismo in Italia, 1944-1954
di Chiara Perin, Silvana Editoriale, Collana Studi della Bibliotheca Hertziana, 2020
Il libro è stato presentato il 13 aprile 2022 alla Accademia Nazionale di San Luca (Roma)
Alla caduta del fascismo anche gli artisti dovettero affrontare nuovi e dilemmi. Quale linguaggio per manifestare il proprio impegno civile? Come interpretare la lezione dei maestri italiani, di Picasso e delle avanguardie? Avventurarsi nel terreno dell'astrazione o ripiegare sulle forme rassicuranti del realismo? Il volume indaga questi e analoghi interrogativi alla luce delle esperienze figurative maturate in Italia tra 1944 e 1954.
L'ambiente romano trova particolare risalto: lì, infatti, si concentravano i dibattiti più vitali grazie alla presenza del capofila realista, Renato Guttuso. Limitando la ridondanza delle coeve pagine critiche a vantaggio dell'analisi di opere e contesto, acquistano evidenza gli aspetti meno noti del movimento: i modelli visivi, i generi ricorrenti, le controversie tra i tanti esponenti. In appendice, una fitta cronologia consente al lettore di seguire da vicino eventi e polemiche del decennio. (Estratto da comunicato ufficio stampa Maria Bonmassar)
Eolie enoiche
Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra
ed. DeriveApprodi, 2022, p. 192, euro 16,00
Il libro è stato presentato il 26 febbraio 2022 alla libreria Lo Spazio (Pistoia)
Isole Eolie, un arcipelago da sogno. Nino Caravaglio, 57 anni, vignaiolo di Salina, sincero, appassionato, testardo, sensibile. Protagonista della viticultura eoliana, da oltre trent'anni lavora al recupero di vigne e vitigni, contribuendo a ridare forma a un paesaggio agricolo fatto di vecchie tecniche e nuove pratiche, relazioni umane solidali e sensibilità ambientale. Nino è un vignaiolo tout-court, di quelli che non si siedono mai e il loro vino deve sempre mirare all'eccellenza senza mai essere modaiolo perché rispecchia l'unicità di queste terre.
Dodici ettari di vigna divisi in quasi 40 appezzamenti: 40 campi da seguire, 40 potature, 40 vendemmie seguendo le stagioni (si parte in agosto dal mare e si sale poi sugli altipiani). Corinto nero e Malvasia i vitigni principali, da soli o mescolati con cataratto, nerello mescalese, calabrese, perricone. Alcuni dei nomi che Nino ha dato alle varie vinificazioni sono da soli poesia: Occhio di terra, Nero du munti, Infatata, Scampato, Inzemi, Abissale, Chiano cruci...
Le vigne di mare delle Eolie - quelle di Caravaglio e di altri coraggiosi precursori, le cui storie si intrecciano nel libro di Simonetta Lorigliola - hanno le radici nei crateri dei vulcani o negli appezzamenti a strapiombo sul mare, ma i loro occhi sono puntati sulla terra. Perché nelle storie di chi torna ad abitare con vitalità aree impervie dell'Italia e del pianeta stanno le premesse non solo di nuove agricolture, ma anche di nuove ecologie e forme di vita.
Libro presentato da Simonetta Lorigliola e Nino Caravaglio. Modera l'incontro Cesare Sartori. A seguire degustazione dei vini Infatata e Occhio di Terra (Malvasia), Nero du Munti (Corinto Nero).
Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di cultura materiale. È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l'Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista "EV Vini, cibi, intelligenze" e nel progetto di contadinità planetaria t/Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana.
Ha diretto "Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia". Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Caporedattrice e Responsabile delle Attività culturali. Con DeriveApprodi ha pubblicato "È un vino paesaggio.Teorie e pratiche di un vignaiolo planetario in Friuli" (2018) ed "Eolie enoiche. Racconti di vini, di sole, di vignaioli sensibili alla terra" (2020). Scrive di vino come intercessore culturale di storie, utopie e progetti sensibili. (Estratto da comunicato stampa)
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The Rough Guide - Sicilia
Guida turistica di Robert Andrews, Jules Brown, Kate Hughes Recensione
Quaderno della Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, a cura di Roberto Ventresca e Teresa Malice, pubblicato per Luca Sossella Editore. Un racconto corale che raccoglie i contributi, gli spunti, le riflessioni delle voci di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto internazionale Breaching the Walls. We do need education! Un progetto internazionale dedicato alla rielaborazione critica, attraverso un coinvolgimento plurale di istituzioni e cittadini, della storia e della memoria della caduta del Muro di Berlino e degli eventi da questa scatenati.
Risultato tra i progetti vincitori, nel programma Europa per i cittadini 2014-2020, del bando Memoria europea 2019, è stato promosso dalla Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, in qualità di capofila, unitamente a 5 partner europei: l'Università di Bielefeld, l'Institute of Contemporary History di Praga, il Comune di Tirana, l'Associazione Past/Not Past di Parigi e l'History Meeting House di Varsavia. (Comunicato stampa)
Dmitrij Sostakovic
Il grande compositore sovietico
Il libro è stato presentazione il 28 gennaio 2022 alla Fondazione Mudima di Milano
www.mudima.net
Questo titolo ha suscitato vivaci reazioni: alcuni vi videro solamente la connotazione politica, come fece Quirino Principe in una bella recensione piena di lodi scrivendo che un "... volume di tale importanza avrebbe fatto meglio a non definire [il compositore] "sovietico" bensí russo", molti vi lessero un significato più ampio di "determinativo storico" (Rosanna Giaquinta) ma quasi nessuno lo percepì come una connotazione di appartenenza di Šostakovic intrinseca e indissolubile e, dunque, sovraideologica, al paese in cui visse e operò, una volta chiamato URSS.
Ideato da Gino Di Maggio e Anna Soudakova Roccia che per più di 3 anni ha svolto meticolose ricerche sulle fonti bibliografiche e fotografiche, con preziosi contributi di Daniele Lombardi e Valerij Voskobojnikov, il libro costituisce un unicum in quanto offre un inedito e duplice sguardo, russo e italiano, sulla musica e sul milieu politico e storico-culturale stimolando il lettore a scoprire o comprendere meglio la personalità e la spiritualità creativa di Dmitrij Dmitrievic Šostakovic e il tempo in cui visse. Per amare la sua musica con più consapevolezza.
I due articoli dell'incipit, di Gino Di Maggio e di Daniele Lombardi, introducono i temi che verranno affrontati dai saggisti con toni e punti di vista diversi, a volte anche opposti. Questa multivisione rende il libro avvincente e stimolante. Il volume è suddiviso in tre sezioni. La prima, Pietrogrado-Leningrado, racconta attraverso due saggi di Anna Petrova, direttrice editoriale del Teatro Mariinskij, la realtà dopo lo scoppio della rivoluzione d'Ottobre e l'entusiasmo utopico di cui fu pervasa la città negli anni dell'adolescenza e giovinezza di Šostakovic.
La seconda, Musica, raccoglie i saggi di autorevoli musicologi italiani e russi: l'articolo di Ivan Sollertinskij, intimo amico del compositore e mitico direttore della Filarmonica di Leningrado, scritto nel 1934 in occasione della prima assoluta di Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk al Teatro Malyj di Leningrado - un'autentica chicca bibliofila scovata negli archivi del teatro Michajlovskij; ben tre articoli di Levon Hakobian, Luigi Pestalozza e Edoardo De Filippo su "Il Naso", la prima avanguardistica opera del ventiquattrenne compositore; tre saggi di Franco Pulcini, Roberta De Giorgi, e Manašir Jakubov, fondatore dell'Archivio Shostakovich di Mosca, sulla scandalosa opera Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk che suscitò l'ira di Stalin con nefaste conseguenze per il compositore; sarà gioia per gli appasionati della musica da camera leggere la rassegna critica di Jakubov di tutti i quindici quartetti; e il raffinato saggio di Dino Villatico sul Secondo concerto per violino e orchestra.
Ai tragici eventi dell'assedio di Leningrado sono dedicati La Settima sinfonia di Oreste Bossini e Ascolta! Parla Leningrado! Cronistoria di un concerto di Anna Soudakova Roccia Vi sono dei saggi dedicati al teatro, al balletto e al cinema. Nel contributo Klop al Teatro Mejerchol'd: tre geni per una cimice Anna Soudakova Roccia ripercorre la prima esperienza teatrale del ventiduenne compositore durante le prove di La cimice di Vladimir Majakovskij, l'avvincente e drammatico rapporto di amicizia e collaborazione artistica di Vsevolod Mejerchol'd con il poeta: un'esperienza che segnò tutta la vita artistica di Šostakovic.
Il giovane compositore amava molto il balletto e scrisse musica per L'età dell'oro (1930) e Il bullone (1931). Al primo balletto è dedicato il saggio di Dmitrij Braginskij tratto dal suo libro Šostakovic e il calcio: territorio di libertà, in cui ripercorre le trame dei vari rifacimenti di sceneggiature che portarono il balletto al grande ma breve successo sul palcoscenico del teatro Mariinskij (ex Gatob). Il tema dell'importante ruolo del cinema nella musica del compositore è affrontato dalla studiosa dell'Archivio Shostakovich di Mosca, Olga Dombrovskaja.
Parte molto importante di questa sezione sono i ricordi: quello personale del compositore sulla sua visita al Festival di Edinburgo nel 1962 o di coloro che lo incontrarono: Evgenij Evtušenko, celebre poeta sovietico, che rievoca la cronistoria della Tredicesima sinfonia, scritta sui testi del suo coraggioso poema Babij Jar; Luciano Alberti e Erasmo Valenti, testimoni della "contorta fortuna" del compositore in Italia, osteggiato dalla critica e dalle avanguardie musicali; Valerij Voskobojnikov che nel suo saggio Mio Šostakovic ripercorre i ricordi privati, i primi incontri con la sua musica a Mosca e gli sforzi per promuoverla in Italia. L'ultima sezione Šostakovic e il suo tempo ospita una preziosa autobiografia del compositore, un'importante articolo di Levon Hakobian Šostakovic e il potere sovietico, il cui rapporto ancor oggi, dopo quasi mezzo secolo dalla morte del compositore, è fonte di scontri politico-ideologici.
Chiude il volume il capitolo Frammenti di vita di Dmitrij Šostakovic raccontati attraverso le fotografie, in cui l'autrice, Anna Soudakova Roccia, ha raccolto alcuni fatti salienti della vita straordinaria, piena anche di inaspettati aneddoti, del grande compositore che marcò il tempo in cui visse con il proprio nome facendo scrivere ad Anna Achmatova nella dedica: "A Dmitrij Šostakovic, nella cui epoca io vivo" e a diventare, come scrisse L. Hakobian, "il più fedele e stoico chronachista musicale... e un esempio di uomo sovietico nella sua più alta evoluzione, quale non apparirà, presumibilmente, mai più". Nel corso della serata saranno proiettate immagini inedite e straordinarie fotografie d'epoca di cui è corredato il libro grazie alle concessioni di prestigiosi musei russi e enti italiani e verrà proiettato il film Sonata per viola di Alexandr Sokurov, regista russo e premiato con il Leone d'oro a Venezia. (Estratto da comunicato stampa)
Dario Argento
Due o tre cose che sappiamo di lui
a cura di Steve Della Casa, ed. Electa e Cinecittà, pagg. 160, cm 24x30, ita/ing, 80 illustrazioni a colori, 28 euro
In libreria dal 12 ottobre 2021
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico capace di dedicarsi a generi come il giallo, il thriller e l'horror creando un proprio universo visivo ed espressivo, Dario Argento si configura tra i registi italiani più noti al mondo. Il volume monografico a lui dedicato è pubblicato da Electa e Cinecittà, in occasione della rassegna cinematografica organizzata da Cinecittà in collaborazione con il Lincoln Center che verrà inaugurata il prossimo anno a New York e durante la quale saranno proposti 17 film originali integralmente restaurati.
Curato da Steve Della Casa, noto critico cinematografico, il volume vuole rendere omaggio ai tratti distintivi del cinema di Dario Argento attraverso una raccolta di interventi di autori di rilievo internazionale -da Franco e Verdiano Bixio a John Carpenter, da Steve Della Casa a Jean-François Rauger, a George A. Romero e Banana Yoshimoto-. Il risultato è una polifonia di voci dal carattere eterogeneo, tra cui due interviste inedite e conversazioni con il regista, che offrono al lettore la possibilità di confrontarsi con le testimonianze di chi ha vissuto il "fenomeno Dario Argento" in prima persona e di coglierne gli elementi più originali che hanno rivoluzionato il panorama cinematografico mondiale.
Argento si colloca infatti fra le figure più interessanti del cinema contemporaneo, su scala internazionale. Ne sono testimonianza la capacità di sviluppare una sintesi personalissima dell'estetica e delle novità emergenti durante gli anni Sessanta, che vedono un progressivo ridursi della centralità del grande schermo a vantaggio di nuove soluzioni tecnologiche. Nelle sue pellicole emerge un uso sorprendente della cinepresa a mano mescolato con virtuosismi da cinema tradizionale, così come un'attenzione quasi maniacale per la colonna sonora, vera protagonista dei suoi film che spesso raggiunge livelli di notorietà altissimi.
Rintracciamo nel suo modo di girare un linguaggio che si evolve in continuazione, fino a contaminarsi esplicitamente con quello delle clip musicali e scelte di produzione di avanguardia, come lavorare sempre con un casting di artisti internazionali, peculiarità che ricorre raramente nel panorama del cinema italiano. Tema centrale è poi il trionfo della visionarietà a scapito della sceneggiatura, tratto che contraddistingue la libertà creativa del cinema di Dario Argento, capace di generare nel pubblico un'attenzione quasi ipnotica ed un forte impatto visivo. Il volume si conclude con una filmografia completa e l'elenco delle sceneggiature scritte per altri film, insieme ad un ricco apparato fotografico del dietro le quinte delle produzioni più memorabili, tra cui Suspiria (1977), Il gatto a nove code (1971), Profondo rosso (1975), Phenomena (1985). (Comunicato ufficio stampa Electa)
Un calcio alla guerra, Milan-Juve del '44 e altre storie
di Davide Grassi e Mauro Raimondi
Il libro è stato presentato il 9 ottobre 2021 presso l'Associazione Culturale Renzo Cortina a Milano
A settantasei anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, Davide Grassi e Mauro Raimondi, da sempre interessati agli intrecci tra storia e sport, hanno unito le loro passioni per creare un libro di impegno civile. "Un calcio alla guerra" narra di storie individuali e collettive che esaltano il coraggio e l'abnegazione dei molti sportivi coinvolti nell'assurdità della guerra. Vicende di persone che sono passate dal campo di calcio alla lotta per la Liberazione, in qualche caso pagando con la vita.
Storie vissute in bilico tra pallone e Resistenza al nazifascismo come quelle di Bruno Neri, Giacomo Losi, Raf Vallone, Carlo Castellani, Michele Moretti, Antonio Bacchetti, Dino Ballacci, Cestmir Vycpalek, "Cartavelina" Sindelar, Erno Erbstein, Arpad Weisz, Géza Kertész, Gino Callegari, Vittorio Staccione, Edoardo Mandich, Guido Tieghi, e Alceo Lipizer, solo per citare i più celebri. Le incredibili partite giocate tra partigiani e nazisti, come quella che si disputò a Sarnano nel maceratese nel 1944, o quelle fra reclusi nei lager e i loro aguzzini, vere e proprie partite della morte, a cui si ispirò il film di John Houston, "Fuga per la vittoria", passando per un episodio che pochi conoscono: il rastrellamento avvenuto dopo la partita fra Milan e Juventus del 2 luglio 1944, correlata da una accurata ricerca d'archivio.
Senza trascurare i protagonisti di altri sport. Tra i tanti Alfredo Martini, partigiano che diventò commissario tecnico della Nazionale italiana di ciclismo, il pallanuotista e rugbista, Ivo Bitetti, fra coloro che catturarono Benito Mussolini in fuga, il ciclista tedesco Albert Richter, che aiutò gli ebrei a scappare e venne impiccato, i tanti pugili costretti a combattere per la vita sul ring di Auschwitz per il divertimento dei loro kapò o che si ribellarono lottando alla guerra nazifascista, come Leone Jacovacci, Lazzaro Anticoli, Pacifico di Consiglio e Settimio Terracina.
Interverranno gli autori e Marco Steiner, figlio di Mino Steiner, il nipote di Giacomo Matteotti protagonista di uno dei racconti del libro, che per la sua attività nella Resistenza venne deportato e assassinato in campo di concentramento. Questo libro è dedicato a tutte le persone che hanno sognato un pallone, dei guantoni, una sciabola, un paio di sci, un'auto da corsa, una piscina o una pista d'atletica insieme alla libertà. Con l'obiettivo di ricordare, per dare un calcio alla guerra.
Davide Grassi, giornalista pubblicista, ha collaborato con diversi quotidiani nazionali, tra cui il Corriere della Sera, e con magazine di calcio e radio. Ha scritto e curato diversi libri soprattutto di letteratura sportiva, ma anche di storia della Seconda guerra mondiale e musica. Con il suo primo libro nel 2002 ha vinto il premio "Giornalista pubblicista dell'anno" e nel 2003 è stato premiato come "L'addetto stampa dell'anno". Il suo sito è www.davideg.it
Mauro Raimondi, per molti anni insegnante di Storia di Milano, sulla sua città ha pubblicato Il cinema racconta Milano (Edizioni Unicopli, 2018), Milano Films (Frilli, 2009), Dal tetto del Duomo (Touring Club, 2007), CentoMilano (Frilli, 2006). Nel 2010 ha inoltre curato la biografia del poeta Franco Loi in Da bambino il cielo (Garzanti). Nella letteratura sportiva ha esordito nel 2003 con Invasione di campo. Una vita in rossonero (Limina).
Davide Grassi e Mauro Raimondi insieme hanno pubblicato Milano è rossonera. Passeggiata tra i luoghi che hanno fatto la storia del Milan (Bradipolibri, 2012) e Milan 1899. Una storia da ricordare (El nost Milan, 2017). Insieme ad Alberto Figliolia, hanno pubblicato Centonovantesimi. Le 100 partite indimenticabili del calcio italiano (Sep, 2005), Eravamo in centomila (Frilli, 2008), Portieri d'Italia (A.car Edizioni, 2013, con 13 tavole di Giovanni Cerri) e Il derby della Madonnina (Book Time, 2014). Nel 2019 hanno partecipato alla raccolta di racconti Milanesi per sempre (Edizioni della Sera). (Comunicato stampa)
Sparta e Atene. Autoritarismo e Democrazia
di Eva Cantarella
Un bel libro, di facile lettura e di carattere divulgativo, destinato non sono a specialisti e addetti i lavori, bensì a tutti coloro che siano anche dei semplici appassionati della grande Storia della Grecia Classica. Pur se dedicato a un argomento ampiamente trattato da autorevoli studiosi, il testo offre l'occasione di approfondire tematiche non troppo note inerenti Sparta e Atene, le due città simbolo di uno dei periodi storici che più accendono la fantasia di una moltitudine di lettori. (Estratto da recensione di Rudy Caparrini)
"Un regalo dal XX Secolo"
Piccole raccolte di cultura - Binomio di musica e poesia - Dal Futurismo al Decadentismo di Gabriele D'Annunzio www.allegraravizza.com
La Galleria Allegra Ravizza propone una selezione di Edizioni Sincrone nell'ampio progetto Archivi Telematici del XX Secolo. Con i loro preziosi contenuti, ogni Edizione tratta e approfondisce un preciso argomento del secolo scorso. Dal Futurismo al Decadentismo. Le piccole raccolte, frutto di studio approfondito, hanno l'ambizioso scopo di far riscoprire le sensazioni dimenticate o incomprese del nostro bagaglio culturale e la gioia che ne deriva.
Le Edizioni Sincrone qui presentate, si incentrano su due temi principali: la Musica Futurista e i capolavori letterari del poeta Gabriele D'Annunzio. Dalla raccolta dannunziana "Canto Novo" alla tragedia teatrale "Sogno di un tramonto d'autunno", dal Manifesto futurista di Francesco Balilla Pratella a "L'Arte dei Rumori" di Luigi Russolo, ogni Edizione contiene una vera e propria collezione di musiche, accompagnate da un libro prezioso, una raccolta di poesie o una fotografia: un Racconto dell'Arte per la comprensione dell'argomento.
Canto Novo
di Gabriele D'Annunzio
A diciannove anni, nel 1882, Gabriele D'Annunzio pubblica la raccolta di poesie "Canto Novo", dedicata all'amante Elda Zucconi. I sentimenti, la passione, l'abbattimento e il sensualismo che trapelano dalle parole del poeta divengono note e melodie grazie al talento musicale di grandi compositori del Novecento tra cui Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti e Ottorino Respighi. L'Edizione Sincrona contiene il volume "Canto Novo" insieme alle musiche dei grandi compositori che a questo si ispirarono. (Euro 150,00 + Iva)
Poema Paradisiaco
di Gabriele D'Annunzio
"La sera", tratta da "Poema Paradisiaco" (1893) di Gabriele D'Annunzio, fu sicuramente una delle poesie maggiormente musicate dai compositori del Novecento. Nella Edizione Sincrona sono contenute le liriche di compositori come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ottorino Respighi e Pier Adolfo Tirindelli, che si ispirarono ai versi del Vate creando varie interpretazioni melodiche e attuando diverse scelte musicali, insieme al volume "Poema Paradisiaco" di D'Annunzio. (Euro 150,00 + Iva)
Sogno di un tramonto d'autunno
di Gabriele D'Annunzio
Concepito nel 1897, "Sogno di un Tramonto d'Autunno" è composto dal Vate per il suo grande amore: Eleonora Duse, che interpretò infatti il ruolo della protagonista durante la prima rappresentazione del 1899. All'interno dell'Edizione Sincrona è presente il volume "Sogno di un tramonto d'autunno" del 1899 accompagnato dalla musica del noto compositore Gian Francesco Malipiero composta nel 1913, le cui note sono racchiuse in un audio oggi quasi introvabile. Oltre a questo prezioso materiale, l'Edizione racchiude ad una fotografia della bellissima Eleonora Duse e due versioni del film omonimo "Sogno di un Tramonto d'Autunno" diretto da Luigi Maggi nel 1911. (Euro 200,00 + Iva)
Raccolta di 100 liriche su testi
di Gabriele D'Annunzio
La sensibilità, lo spirito e la forte emotività presente nei versi di Gabriele D'Annunzio non poterono che richiamare l'attenzione di grandi artisti e compositori del Novecento come Franco Casavola, Francesco Paolo Tosti, Ildebrando Pizzetti e Domenico Alaleona che, affascinati dalle parole del Vate, tradussero in musica le sue poesie. L'Edizione Sincrona contiene 100 liriche musicate dai grandi compositori insieme ai rispettivi testi e volumi di Gabriele D'Annunzio da cui sono tratte: "Canto Novo", "Poema Paradisiaco", "Elettra" e "Alcione" (rispettivamente Libro II e III delle "Laudi"), "La Chimera e l'Isotteo" e infine la copia anastatica di "In memoriam". (Euro 500,00 + Iva)
La Musica Futurista
La Musica futurista, grazie a compositori come Francesco Balilla Pratella, Luigi Russolo, Franco Casavola e Silvio Mix, stravolse completamente il concetto di rumore e suono, rinnegando con forza la tradizione musicale Ottocentesca. Le musiche futuriste presenti all'interno di questa Edizione Sincrona svelano nuove note, nuovi timbri, nuovi rumori mai sentiti prima, dimostrando come le ricerche e le invenzioni futuriste riuscirono a cambiare per sempre il futuro della musica. Insieme a questa corposa raccolta musicale, l'Edizione contiene un video introduttivo e due testi fondamentali per poter contestualizzare e comprendere appieno il panorama storico in cui la Musica Futurista sorse: "La musica futurista" di Stefano Bianchi e gli esilaranti racconti di Francesco Cangiullo contenuti in "Le serate Futuriste". (Euro 200,00 + Iva)
Il Manifesto di Francesco Balilla Pratella | Musica Futurista
Fondato nel 1909, il Futurismo si manifestò in ogni campo artistico. Nel 1910, su richiesta di Filippo Tommaso Marinetti, il giovane compositore Francesco Balilla Pratella scrisse il "Manifesto dei Musicisti Futuristi", un'energica ribellione alla cultura borghese dell'Ottocento in nome del coraggio, dell'audacia e della rivolta. L'Edizione Sincrona presenta, insieme al manifesto originale del 1910, la musica futurista di uno dei maggiori compositori del Primo Futurismo: Francesco Balilla Pratella. Ad accompagnare il prezioso manifesto e le musiche, sono presenti inoltre due manuali fondamentali per la comprensione del lavoro e della figura di Francesco Balilla Pratella dal titolo "Testamento" e "Caro Pratella". (Euro 500,00 + Iva)
Il Manifesto di Luigi Russolo | Musica Futurista
"La vita antica fu tutta silenzio. Nel XIX secolo, con l'invenzione delle macchine, nacque il Rumore": con questa dichiarazione esposta nel manifesto "L'Arte dei Rumori" del 1913 il futurista Luigi Russolo rinnova e amplifica il concetto di suono/rumore stravolgendo per sempre la storia della musica. In questa Edizione Sincrona sono contenuti le musiche e i suoni degli Intonarumori di Russolo, insieme al manifesto del 1913 "L'Arte dei Rumori" che teorizzò questa strabiliante invenzione! Per poter comprendere e approfondire la figura del grande inventore futurista, l'Edizione contiene anche un libro "Luigi Russolo. La musica, la pittura, il pensiero". (Euro 500,00 + Iva)
Video su Musica Futurista
youtu.be/T04jDobaB-Q
Ultima frontiera
Diario, incontri, testimonianze
di Giovanni Cerri, Casa editrice Le Lettere, Collana "Atelier" a cura di Stefano Crespi, Firenze 2020 www.lelettere.it
Nell'orizzonte contemporaneo appare significativa la testimonianza di questi scritti di Giovanni Cerri. In un connotato diaristico, divenuto sempre più raro, vive la "voce" dei ricordi, dei volti, dei momenti esistenziali, delle figure dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, conoscenze di personaggi testimoniali, incontri con artisti. In una scrittura aperta, esplorativa, emergono due tematiche in una singolare originalità: la periferia come corrispettivo della solitudine dell'anima; lo sguardo senza tempo nell'inconscio, in ciò che abbiamo amato, in ciò che non è accaduto.
Giovanni Cerri (Milano, 1969), figlio del pittore Giancarlo Cerri, ha iniziato la sua attività nel 1987 e da allora ha esposto in Italia e all'estero in importanti città come Berlino, Francoforte, Colonia, Copenaghen, Parigi, Varsavia, Toronto, Shanghai. Nel continuo richiamo al territorio urbano di periferia, la sua ricerca si è sviluppata nell'indagine tematica dell'archeologia industriale con il ciclo dedicato alle Città fantasma. Nel 2011, invitato dal curatore Vittorio Sgarbi, espone al Padiglione Italia Regione Lombardia della Biennale di Venezia. Nel 2014 presenta la mostra Milano ieri e oggi nelle prestigiose sale dell'Unione del Commercio a Palazzo Bovara a Milano. Nel 2019 alla Frankfurter Westend Galerie di Francoforte è ospitata la mostra Memoria e Futuro. A Milano, nell'anno di Leonardo, in occasione del quinto centenario leonardesco.
- Dalla postfazione di Stefano Crespi
«Nel percorso di questa collana «Atelier», sono usciti in una specularità scritti di artisti e scritti di letterati: gli scritti degli artisti nelle cadenze dell'orizzonte interiore (ricordiamo: Confessioni di Filippo de Pisis, Cieli immensi di Nicolas de Staël); gli scritti dei letterati nel tradurre, nel prolungare in nuova vita il fascino, l'enigma dei quadri (ricordiamo Giovanni Testori, Yves Bonnefoy). Nelle istanze oggi di comunicazione mediatica, di caduta dell'evento, il libro di Giovanni Cerri, Ultima frontiera, si apre a uno spazio senza fine di sensi, luce, eros, avventura dell'immagine, della parola. Accanto allo svolgimento della pittura, vivono, rivivono, nelle sue pagine, anche dagli angoli remoti della memoria, i tratti del vissuto, i momenti dell'esistere: richiami all'adolescenza, le prime immagini dell'arte nello studio del padre, figure di artisti, personaggi testimoniali, i luoghi, il luogo ultimativo della periferia, occasioni di accostamento a quadri del passato, museali. [...]
Soffermandoci ora in alcuni richiami, ritroviamo il senso di un percorso, i contenuti emozionali, quella condizione originaria che è l'identità della propria espressione. In una sorta di esordio, viene ricordato lo studio del padre, artista riconosciuto, Giancarlo Cerri. Uno studio in una soffitta di un antico edificio. Ma anche «luogo magico», dove si avvia la frase destinale, il viaggio di Giovanni Cerri che percepisce la differenza (o forse anche una imprevedibile relazione) tra figurazione come rappresentazione e astrazione come evocazione. David Maria Turoldo è stato una figura testimoniale in una tensione partecipe alle ragioni dell'esistere e al senso di una vita corale. Lo scritto di Giovanni Cerri ha la singolarità di un ricordo indelebile nella conoscenza, con la madre, all'abbazia di S. Egidio a Fontanella e poi nella frequentazione, dove Turoldo appare come presenza, come voce, come forza di umanità. Scrive Cerri: «un uomo fatto di pietra antica, come la sua chiesa».
Michail Gorbaciov, negli anni dopo la presidenza dell'Unione Sovietica, in un viaggio in Italia, con la moglie Raissa ha una sosta a Sesto San Giovanni, dove visita anche l'occasione di una mostra di tre giovani artisti. Giovanni Cerri, uno dei tre artisti, conserva quel momento imprevedibile di sorpresa con gli auguri di Gorbaciov. Un'emozione suscita la visita al cimitero Monumentale: una camminata, un viaggio inconfondibile nelle testimonianze che via via si succedono. In particolare, toccante la tomba di una figura femminile mancata a ventiquattro anni. Rivive, in Cerri, davanti alla scultura dedicata a questa figura femminile, una bellezza seducente, il mistero di un eros oltre il tempo. Nelle pagine di diario appaiono, come tratti improvvisi, occasioni, emozioni.
Così il ricordo di Floriano Bodini nella figura, nel personaggio, nelle parole, nel fascino delle sue sculture in una visita allo studio. Giovanni Cerri partecipa all'inaugurazione della mostra di Ennio Morlotti sul ciclo delle bagnanti. In quella sera dell'inaugurazione erano presenti Morlotti e Giovanni Testori sui quali scrive Cerri: «cercatori inesausti delle verità nascoste, tra le pieghe infinite dello scrivere e del dipingere». Un intenso richiamo alla scoperta della Bovisa: «un paesaggio spettrale» nella corrosione, nella vita segreta del tempo. Accanto al percorso diaristico, Giovanni Cerri riporta in una sezione alcuni testi di sue presentazioni in cataloghi o nello stimolo di un'esposizione. In un ordine cronologico della stesura dei testi figurano Alessandro Savelli, Giancarlo Cazzaniga, Franco Francese, Alberto Venditti, Marina Falco, Fabio Sironi.
Si tratta di artisti con una singolarità, un connotato originario. Si riconferma la scrittura di Cerri, fuori da aspetti categoriali, didascalici. Una scrittura esplorativa nelle intuizioni, nei riferimenti creativi, in un movimento dialettico: esistenza e natura, interno ed esterno, presenza e indicibile, immagini e simboli, «una luce interiore» e «l'ombra, il mistero, l'enigma della vita». In conclusione al libro si presentano due interviste con Giovanni Cerri curate da Luca Pietro Nicoletti nel 2008, da Francesca Bellola nel 2016. Appaiono, limpidamente motivati, momenti tematici, espressivi, con intensa suggestione di rimandi. Inevitabile, infine, una considerazione sul rapporto del pensiero, della scrittura con la pittura.
Più che a richiami in relazioni specifiche, dirette, il percorso di Cerri nella sua eventicità destinale può essere ricondotto a due tematiche: la visione interiore della periferia e lo sguardo senza tempo nel volto. Tematiche che hanno una connessione anche psicologica nell'alfabeto oscuro dell'esistenza, del silenzio. La periferia è l'addio ancestrale nelle sue voci disadorne, stridenti, perdute, nella solitudine in esilio dalle cifre celesti. Nell'intervista di Francesca Bellola c'è un'espressione emblematica di Giovanni Cerri sulla periferia: «non sono più solo le zone periferiche delle città industriali con le strade, i viali e le tangenziali ad essere desolate, ma è anche la nostra anima, il nostro terreno interiore, a evidenziare i segni di abbandono». Il titolo che segna in modo così sintomatico l'opera di Cerri è Lo sguardo senza tempo. In un'osservazione generale, il «vedere» è la scena dei linguaggi, lo sguardo è inconscio, memoria, ciò che abbiamo amato, ciò che non è accaduto [...]» (Comunicato ufficio stampa De Angelis Press)
Il calzolaio dei sogni
di Salvatore Ferragamo, ed. Electa, pag. 240, oltre 60 illustrazioni in b/n, in edizione in italiano, inglese e francese, 24 euro, settembre 2020
Esce per Electa una nuova edizione, con una veste grafica ricercata, dell'autobiografia di Salvatore Ferragamo (1898-1960), pubblicata per la prima volta in inglese nel 1957 da George G. Harrap & Co., Londra. Salvatore Ferragamo si racconta in prima persona - la narrazione è quasi fiabesca - ripercorrendo l'avventura della sua vita, ricca di genio e di intuito: da apprendista ciabattino a Bonito, un vero "cul-de-sac" in provincia di Avellino, a calzolaio delle stelle di Hollywood (le sue calzature vestirono, tra le altre celebrità, Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Sofia Loren e Greta Garbo), dalla lavorazione artigianale fino all'inarrestabile ascesa imprenditoriale.
Il volume - corredato da un ricco apparato fotografico e disponibile anche in versione e-book e, a seguire, audiolibro - ha ispirato il film di Luca Guadagnino "Salvatore - Shoemaker of Dreams", Fuori Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia: la narrazione autobiografica diventa un lungometraggio documentario che delinea non solo l'itinerario artistico di Ferragamo, ma anche il suo percorso umano, attraverso l'Italia e l'America, due mondi che s'intrecciano fortemente. (Comunicato stampa)
Il libro è stato presentato il 30 giugno 2020 www.mufoco.org
Il Museo del Cinema di Stromboli e il Museo di Fotografia Contemporanea presentano il libro in una diretta (canali YouTube e Facebook del Mufoco) che vedrà intervenire Alberto Bougleux, Giovanna Calvenzi, Emiliano Morreale, Aldo Patellani e Alberto Saibene. La pubblicazione è introdotta dalle parole della lettera con cui Ingrid Bergman si presenta a Roberto Rossellini: "Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo.
Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei". Rossellini, dopo aver ricevuto questa lettera da Ingrid Bergman, allora una delle massime stelle hollywoodiane, la coinvolge nel progetto che diventerà il film Stromboli, terra di Dio (1950), ma ancor prima del film è la storia d'amore tra il regista romano e l'attrice svedese a riempire le cronache di giornali e rotocalchi.
Federico Patellani, uno dei migliori fotografi dell'epoca, si reca sull'isola eoliana: le sue fotografie fanno il giro del mondo, perché non documentano solo la realizzazione del film, ma anche le condizioni di vita degli abitanti e la forza degli elementi. Dall'archivio Patellani, presso il Museo di Fotografia Contemporanea, sono emerse le fotografie che aiutano a ricostruire nella sua integrità quella celebre storia. (Comunicato stampa)
La Dama col ventaglio
di Giovanna Pierini, Mondadori Electa, 2018
Il libro è stato presentato il 20 novembre 2019 a Roma al Palazzo Barberini
Il romanzo mette in scena Sofonisba Anguissola ultranovantenne a Palermo - è il 1625 - nel suo tentativo di riacciuffare i fili della memoria e ricordare l'origine di un dipinto. La pittrice in piedi davanti alla tela cerca di ricordare: aveva dipinto lei quel ritratto? È passato tanto tempo. Nonostante l'abbacinante luce di mezzogiorno la sua vista è annebbiata, gli occhi stanchi non riconoscono più i dettagli di quella Dama con il ventaglio raffigurata nel quadro. È questo il pretesto narrativo che introduce la vicenda biografica di una delle prime e più significative artiste italiane. Sofonisba si presenta al lettore come una donna forte, emancipata e non convenzionale, che ha vissuto tra
Cremona, Genova, Palermo e Madrid alla corte spagnola. Tra i molti personaggi realmente esistiti - Orazio Lomellini, il giovane marito; il pittore Van Dyck; Isabella di Valois, regina di Spagna - e altri di pura finzione, spicca il giovane valletto Diego, di cui Sofonisba protegge le scorribande e l'amore clandestino, ma che non potrà salvare. La ricostruzione minuziosa di un'Italia al centro delle corti d'Europa, tra palazzi nobiliari, botteghe artigiane e viaggi per mare, e di una città, Palermo, fa rivivere le
atmosfere di un'epoca in cui una pittrice donna non poteva accedere alla formazione accademica e doveva superare numerosi pregiudizi sociali. Tra le prime professioniste che seppero farsi largo nella ristretta società degli artisti ci fu proprio Sofonisba, e questo racconto, a cavallo tra realtà e finzione, ne delinea le ragioni: l'educazione lungimirante del padre, un grande talento e una forte personalità.
Giovanna Pierini, giornalista pubblicista, per anni ha scritto di marketing e management. Nel 2006 ha pubblicato Informazioni riservate con Alessandro Tosi. Da sempre è appassionata d'arte, grazie alla madre pittrice, Luciana Bora, di cui cura l'archivio dal 2008. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato stampa Maria Bonmassar)
Calabria terra di capolavori. Dal Medioevo al Novecento
di Mario Vicino, Editrice Aurora
Il volume è stato presentato il 22 novembre 2019 al Museo Archeologico Nazionale "Vito Capialbi" di Vibo Valentia
Nell'accattivante location del Castello Normanno Svevo, verrà presentato il volume di Mario Vicino. Interverranno all'iniziativa Adele Bonofiglio, direttore del Museo Archeologico Nazionale "Vito Capialbi" di Vibo Valentia e l'autore. Il prof. Mario Vicino, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, ha al suo attivo altre pubblicazioni di pregio quali La Pittura in Calabria. Quattrocento e Cinquecento, Imago Mariae e una monografia su Pietro Negroni.
Iniziativa - come precisa la dottoressa Bonofiglio - per far riscoprire la passione per l'arte e restituire la giusta importanza all'inestimabile patrimonio di cui dispone la Calabria e la bellezza dei suoi innumerevoli tesori nascosti. Nella prima parte dell'opera - continua la Bonofiglio - si descrive l'evoluzione della pittura in Calabria in relazione alla sua straordinaria storia. Partendo dal periodo Tardoantico, l'autore attraversa le vicende del Medioevo, con Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi, per poi raggiungere il Cinquecento e i successivi sviluppi dell'arte calabrese fino all'Ottocento e il Novecento. Nella seconda sezione del libro - conclude la Bonofiglio - vengono catalogati ed esaminati nel dettaglio alcune delle numerose opere presenti nella regione. (Comunicato stampa)
Elogio della finta
di Olivier Guez, di Neri Pozza Editore, 2019
«Manoel Francisco dos Santos, detto Garrincha (lo scricciolo), era alto un metro e sessantanove, la stessa altezza di Messi. Grazie a lui il Brasile divenne campione del mondo nel 1958 e nel 1962, e il Botafogo, il suo club, regnò a lungo sul campionato carioca. Con la sua faccia da galeotto, le spalle da lottatore e le gambe sbilenche come due virgole storte, è passato alla storia come il dribblatore pazzo, il più geniale e il più improbabile che abbia calcato i campi di calcio. «Come un compositore toccato da una melodia piovuta dal cielo» (Paulo Mendes Campos), Garrincha elevò l'arte della finta a essenza stessa del gioco del calcio.
Il futebol divenne con lui un gioco ispirato e magico, fatto di astuzia e simulazione, un gioco di prestigio senza fatica e sofferenza, creato soltanto per l'Alegria do Povo, la gioia del popolo. Dio primitivo, divise la scena del grande Brasile con Pelé, il suo alter-ego, il re disciplinato, ascetico e professionale. Garrincha resta, tuttavia, il vero padre putativo dei grandi artisti del calcio brasiliano: Julinho, Botelho, Rivelino, Jairzinho, Zico, Ronaldo, Ronaldinho, Denílson, Robinho, Neymar, i portatori di un'estetica irripetibile: il dribbling carioca. Cultore da sempre del football brasiliano, Olivier Guez celebra in queste pagine i suoi interpreti, quegli «uomini elastici che vezzeggiano la palla come se danzassero con la donna più bella del mondo» e non rinunciano mai a un «calcio di poesia» (Pier Paolo Pasolini).
Olivier Guez (Strasburgo, 1974), collabora con i quotidiani Le Monde e New York Times e con il settimanale Le Point. Dopo gli studi all'Istituto di studi politici di Strasburgo, alla London School of Economics and Political Science e al Collegio d'Europa di Bruges, è stato corrispondente indipendente presso molti media internazionali. Autore di saggi storico-politici, ha esordito nella narrativa nel 2014. (Comunicato stampa Flash Art)
Nosferatu
di Paolo D'Onofrio, ed. Edizioni NPE, formato21x30cm, 80 pag., cartonato b/n con pagine color seppia, 2019
edizioninpe.it/product/nosferatu
Il primo adattamento a fumetti del film muto di Murnau del 1922 che ha fatto la storia del cinema horror. Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens), diretto da Friedrich Wilhelm Murnau e proiettato per la prima volta il 5 marzo 1922, è considerato il capolavoro del regista tedesco e uno dei capisaldi del cinema horror ed espressionista. Ispirato liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, Murnau ne modificò il titolo, i nomi dei personaggi (il Conte Dracula diventò il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck) e i luoghi (da Londra a Wisborg) per problemi legati ai diritti legali dell'opera.
Il regista perse la causa per violazione del diritto d'autore, avviata dagli eredi di Stoker, e venne condannato a distruggere tutte le copie della pellicola. Una copia fu però salvata dallo stesso Murnau, e il film è potuto sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri. L'uso delle ombre in questo film classico ha avuto una eco infinita nel cinema successivo, di genere e non. Edizioni NPE presenta il primo adattamento a fumetti di questa pellicola: un albo estremamente particolare, che riprende il film fotogramma per fotogramma, imprimendolo in color seppia su una carta ingiallita ed invecchiata, utilizzando per il lettering lo stesso stile delle pellicole mute e pubblicato in un grande cartonato da collezione. (Comunicato stampa)
La mia Istria
di Elio Velan
* Il volume è stato presentato il 5 dicembre 2018 a Trieste, all'Auditorium del Museo Revoltella
Il volume del noto giornalista e scrittore Elio Velan è presentato a Trieste grazie all'iniziativa della Comunità Croata di Trieste e del suo presidente Gian Carlo Damir Murkovic, che ha voluto includere l'incontro nel programma di iniziative del 2018. Il libro, quasi 200 pagine, sarà introdotto dallo stesso Murkovic e presentato dal giornalista, scrittore e autore teatrale Luciano Santin, con l'intervento / testimonianza dell'autore stesso. L'incontro sarà moderato dal giornalista de "Il Piccolo" Giovanni Tomasin. Ad aprire e concludere la serata sarà la musica, col gruppo vocale e strumentale dell'Associazione culturale"Giusto Curto" di Rovigno, il tutto arricchito dalle proiezioni di immagini dell'Istria, firmate dal grande maestro della fotografia Virgilio Giuricin.
Per far sentire non solo le tipiche armonie ma anche quello spirito condiviso che rende Rovigno una località singolare e ricca. Nel volume Elio, il padre, ragiona col figlio Gianni, mentre la barca li culla e li porta in giro per l'arcipelago rovignese. Cos'è giusto e legittimo che i figli sappiamo dei genitori, dei loro pensieri, delle loro vicende? L'autore cerca di rispondere al quesito attraverso le "confessioni e testimonianze" raccolte in questo libro, uscito prima in lingua croata e ora nella versione italiana per i tipi della "Giusto Curto" di Rovigno. Nel libro Velan racconta e soprattutto si racconta attraverso le esperienze di una vita che l'ha portato a interrogarsi sulle numerose tematiche di un mondo di confine con tanti nodi da sciogliere, ma anche su tematiche esistenziali con l'intelligenza di chi abbraccia con coraggio la verità.
Elio Velan (Pola, 1957), dopo la laurea in Scienze politiche a Zagabria e dopo quattro anni di studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Trieste, ha iniziato la carriera giornalistica, una scelta per la vita che non ha mai abbandonato, occupandosi, a fasi alterne, di carta stampata, radio e televisione, tra Fiume, Trieste, Pola, Capodistria e Rovigno. Sin dalle elementary aveva infatti sognato di diventare giornalista per seguire le orme di Oriana Fallaci, che adorava. Il sogno si è avverato anche se non ha fatto mai il corrispondente di guerra, non ha vinto il premio Pulitzer e non ha intervistato il compagno Tito. In compenso ha lavorato, per otto anni, al quotidiano "La Voce del Popolo" come corrispondente da Rovigno.
Nel febbraio 1994 è passato alla redazione del telegiornale di TV Capodistria, lavorando contemporaneamente a Radio Capodistria. Era uno dei redattori e conduttori del TG e spesso seguiva i dibattiti al parlamento di Lubiana. Alla fine del 1996 è passato al quotidiano croato "Glas Istre". Dopo un anno di corrispondenze da Capodistria si è trasferito a Trieste come unico corrispondente estero del quotidiano di Pola e del quotidiano "Novi List" di Fiume. A Trieste ha lavorato per quindici anni alla sede regionale della Rai per il Friuli Venezia Giulia. Conduceva la trasmissione radiofonica "Sconfinamenti" e, contemporaneamente, a TV Capodistria la trasmissione settimanale di approfondimento "Parliamo di..." (oltre 400 trasmissioni realizzate).
La sua carriera si è conclusa nel 2016 con l'unico rammarico di non aver mai lavorato a un settimanale perché era quello lo spazio più congeniale al suo stile. Ha pubblicato quattro libri in rapida successione (un libro all'anno), che rappresentano la sintesi del suo lavoro di giornalista. Sono scritti in croato, la lingua che ha usato di più. Ora partecipa alle attività della "Giusto Curto" come giornalista e ideatore di spettacoli. Nei primi anni Novanta ha fondato e diretto per tre anni il mensile della Comunità Italiana di Rovigno, "Le Cronache", molto seguito anche da chi non ne condivideva la linea editoriale. (Comunicato stampa)
Errantia
Poesia in forma di ritratto
di Gonzalo Alvarez Garcia
Il libro è stato presentato il 7 agosto 2018 alla Galleria d'arte Studio 71, a Palermo
www.studio71.it
Scrive l'autore in una sua nota nel libro "... Se avessi potuto comprendere il segreto del geranio nel giardino di casa o della libellula rossa che saltellava nell'aria sopra i papiri in riva al fiume Ciane, a Siracusa, avrei capito anche me steso. Ma non capivo. Ad ogni filo d'erba che solleticava la mia pelle entravo nella delizia delle germinazioni infinite e sprofondavo nel mistero. Sentivo confusamente di appartenere all'Universo, come il canto del grillo. Ma tutto il mio sapere si fermava li. Ascoltavo le parole, studiavo i gesti delle persone intorno a me come il cacciatore segue le tracce della preda, convinto che le parole e i gesti degli uomini sono una sorta di etimologia.
Un giorno o l'altro, mi avrebbero portato a catturare la verità.... Mi rivolsi agli Dei e gli Dei rimasero muti. Mi rivolsi ai saggi e i saggi aggiunsero alle mie altre domande ancora più ardue. Seguitai a camminare. Incontrai la donna, che non pose domande. Mi accolse con la sua grazia ospitale. Da Lei ho imparato ad amare l'aurora e il tramonto...". Un libro che ripercorre a tappe e per versi, la sua esistenza di ragazzo e di uomo, di studioso e di poeta, di marito e padre. Errantia, Poesia in forma di ritratto, con una premessa di Aldo Gerbino è edito da Plumelia edizioni. (Comunicato stampa)
L'ultima diva dice addio
di Vito di Battista, ed. SEM Società Editrice Milanese, pp. 224, cartonato con sovracoperta, cm.14x21,5 €15,00 www.otago.it
E' la notte di capodanno del 1977 quando Molly Buck, stella del cinema di origine americana, muore in una clinica privata alle porte di Firenze. Davanti al cancello d'ingresso è seduto un giovane che l'attrice ha scelto come suo biografo ufficiale. E' lui ad avere il compito di rendere immortale la storia che gli è stata data in dono. E forse molto di più. Inizia così il racconto degli eventi che hanno portato Molly Buck prima al successo e poi al ritiro dalle scene, lontana da tutto e da tutti nella casa al terzo piano di una palazzina liberty d'Oltrarno, dove lei e il giovane hanno condiviso le loro notti insonni.
Attraverso la maestosa biografia di un'attrice decaduta per sua stessa volontà, L'ultima diva dice addio mette in scena una riflessione sulla memoria e sulla menzogna, sul potere della parola e sulla riduzione ai minimi termini a cui ogni esistenza è sottoposta quando deve essere rievocata. Un romanzo dove i capitoli ricominciano ciclicamente con le stesse parole e canzoni dell'epoca scandiscono lo scorrere del tempo, mentre la biografia di chi ricorda si infiltra sempre più nella biografia di chi viene ricordato. Vito di Battista (San Vito Chietino, 1986) ha vissuto e studiato a Firenze e Bologna. Questo è il suo primo romanzo. (Comunicato Otago Literary Agency)
Il passato non passa mai - Tutte le guerre sono bugiarde
di Michele De Ruggieri, ed. Europa Edizioni, 162 pagine, euro 13,90
E' la guerra che si dovrebbe raccontare nelle scuole, al di là di date, vittorie e sconfitte, quella raccontata nel romanzo di Michele De Ruggieri. La presentazione è organizzata in collaborazione con il Polo Museale della Basilicata. Il Circolo La Scaletta ha concesso il patrocinio. Interverrà l'autore che dialogherà con la giornalista Sissi Ruggi.
Michele De Ruggieri racconta con una prosa schietta e molto curata una storia che prende avvio nel settembre 1916 con il protagonista che viene chiamato alle armi. Fra la famiglia che tenta senza riuscirvi di non farlo mandare al fronte, la guerra di trincea e la prigionia, sin dalle prime pagine e confermando il titolo il romanzo è una chiara condanna della guerra. La penna di Michele De Ruggieri sceglie di raccontare tutto questo attraverso un'attenta ricostruzione storica e i sentimenti. Dalla paura di essere uccisi alla lotta per la sopravvivenza nel campo di concentramento, dove la fame cambia la gerarchia dei valori. Basta una lettera da casa, che fa intravedere la vita, e le lacrime che accompagnano la lettura restituiscono gli uomini a loro stessi.
- Sinossi
E' il 28 giugno 1914; in tutta Europa giunge la notizia dell'attentato di Sarajevo. Un mese dopo, la prima dichiarazione di guerra. Pochi sanno quali proporzioni assumerà il conflitto e quanti milioni di uomini farà cadere. Idealismi improbabili e frasi piene di retorica furono sufficienti per infervorare gli animi di tanti che non avevano idea di cosa li aspettasse. In piazza si gridava "viva la guerra!" e sul fronte si moriva. Pietro è un giovane che riesce, grazie alle sue conoscenze, ad evitare il fronte, vivendo il conflitto mondiale da una posizione privilegiata e sicura. Almeno così sembra... Dopo la disfatta di Caporetto, infatti, le carte in tavola cambiano completamente. Pietro si ritrova prima in trincea, poi in un campo di concentramento, a tentare disperatamente di tenersi stretta la vita e a guardare negli occhi i suoi compagni che non ci riescono, soccombendo all'orrore di uno dei periodi più oscuri della storia dell'umanità. Ne uscirà totalmente trasformato.
Michele De Ruggieri (Palagiano - Taranto, 1938), di famiglia lucana, ha studiato e conseguito la laurea in farmacia. Si è sempre interessato di Storia Contemporanea e Storia dell'arte. Il passato non passa mai - Tutte le guerre sono bugiarde, è il secondo romanzo di Michele De Ruggieri. Nel 2010 ha pubblicato il romanzo storico Al di qua del Faro (Guida Editori), ambientato tra le montagne lucane e il golfo di Napoli agli albori dell'Unità d'Italia. (Comunicato stampa)
Luigi Pirandello. Una biografia politica
di Ada Fichera, ed. Polistampa
www.polistampa.com
L'adesione di Pirandello al fascismo, il suo rapporto col regime e con la censura, le idee di fondo del suo pensiero politico: sono gli elementi chiave del saggio di Ada Fichera. Con l'autrice dialogheranno il giornalista e scrittore Mario Bernardi Guardi e l'editore Antonio Pagliai. Letture a cura di Dylan (Dimensione Suono Soft). Luigi Pirandello è stato sempre analizzato sotto il profilo strettamente letterario o puramente storico.
Il saggio di Ada Fichera, frutto di una ricerca su documenti d'archivio inediti, rilegge per la prima volta la sua figura ricostruendone la vita in chiave politica. Dal testo, arricchito da una prefazione di Marcello Veneziani, emergono aspetti chiave del pensiero pirandelliano come la coscienza del fallimento degli ideali borghesi, l'idea del potere nelle mani di uno e non di una maggioranza, la tendenza all'azione. (Comunicato stampa)
Zenobia l'ultima regina d'Oriente
L'assedio di Palmira e lo scontro con Roma
di Lorenzo Braccesi, Salerno editrice, 2017, p.200, euro 13,00
Il sogno dell'ultima regina d'Oriente era di veder rinascere un grande regno ellenistico dal Nilo al Bosforo, piú esteso di quello di Cleopatra, ma la sua aspirazione si infranse per un errore di valutazione politica: aver considerato l'impero di Roma prossimo alla disgregazione. L'ultimo atto delle campagne orientali di Aureliano si svolse proprio sotto le mura di Palmira, l'esito fu la sconfitta della regina Zenobia e la sua deportazione a Roma, dove l'imperatore la costrinse a sfilare come simbolo del suo trionfo. Le rovine monumentali di Palmira - oggi oggetto di disumana offesa - ci parlano della grandezza del regno di Zenobia e della sua resistenza eroica. Ancora attuale è la tragedia di questa città: rimasta intatta nei secoli, protetta dalle sabbie del deserto, è crollata sotto la furia della barbarie islamista.
Lorenzo Braccesi ha insegnato nelle università di Torino, Venezia e Padova. Si è interessato a tre aspetti della ricerca storica: colonizzazione greca, società augustea, eredità della cultura classica nelle letterature moderne. I suoi saggi piú recenti sono dedicati a storie di donne: Giulia, la figlia di Augusto (Roma-Bari 2014), Agrippina, la sposa di un mito (Roma-Bari 2015), Livia (Roma 2016). (Comunicato stampa)
Napoleone Colajanni tra partito municipale e nazionalizzazione della politica
Lotte politiche e amministrative in provincia di Caltanissetta (1901-1921)
di Marco Sagrestani, Polistampa, 2017, collana Quaderni della Nuova Antologia, pag. 408
www.leonardolibri.com
Napoleone Colajanni (1847-1921) fu una figura di rilievo nel panorama politico italiano del secondo Ottocento. Docente e saggista, personalità di notevole levatura intellettuale, si rese protagonista di importanti battaglie politiche, dall'inchiesta parlamentare sulla campagna in Eritrea alla denuncia dello scandalo della Banca Romana. Il saggio ricostruisce il ruolo da lui svolto nella provincia di Caltanissetta, in particolare nella sua città natale Castrogiovanni e nell'omonimo collegio elettorale. In un'area dove la lotta politica era caratterizzata da una pluralità di soggetti collettivi - democratici, repubblicani, costituzionali, socialisti e cattolici - si pose come centro naturale di aggregazione delle sparse forze democratiche, con un progetto di larghe convergenze finalizzato alla rinascita politica, economica e morale della sua terra. (Comunicato stampa)
La pubblicazione realizzata con le opere di 68 artisti provenienti dalle diverse parti d'Italia è costituita da immagini di istallazioni e/o dipinti realizzati servendosi dei tappi dell'azienda. All'artista, infatti, è stata data ampia libertà di esecuzione e, ove lo avesse ritenuto utile, ha utilizzato, assieme ai tappi, altro materiale quale legno, vetro, stoffe o pietre ma anche materiali di riciclo. Nel sito di Al-Cantara, si può sfogliare il catalogo con i diversi autori e le relative opere. Nel corso della giornata sarà possibile visitare i vigneti, la cantina dell'azienda Al-Cantàra ed il " piccolo museo" che accoglie le opere realizzate.
Scrive nel suo testo in catalogo Vinny Scorsone: "...L'approccio è stato ora gioioso ora riflessivo e malinconico; sensuale o enigmatico; elaborato o semplice. Su esso gli artisti hanno riversato sensazioni e pensieri. A volte esso è rimasto tale anche nel suo ruolo mentre altre la crisalide è divenuta farfalla varcando la soglia della meraviglia. Non c'è un filo comune che leghi i lavori, se non il fatto che contengano dei tappi ed è proprio questa eterogeneità a rendere le opere realizzate interessanti. Da mano a semplice cornice, da corona a bottiglia, da schiuma a poemetto esso è stato la fonte, molto spesso, di intuizioni artistiche singolari ed intriganti. Il rosso del vino è stato sostituito col colore dell'acrilico, dell'olio. Il tappo inerte, destinato a perdersi, in questo modo, è stato elevato ad oggetto perenne, soggetto d'arte in grado di valicare i confini della sua natura deperibile...". (Comunicato stampa)
Stelle in silenzio
di Annapaola Prestia, Europa Edizioni, 2016, euro 15,90
Millecinquecento chilometri da percorrere in automobile in tre giorni, dove ritornano alcuni luoghi cari all'autrice, già presenti in altri suoi lavori. La Sicilia e l'Istria fanno così da sfondo ad alcune tematiche forti che il romanzo solleva. Quante è importante l'influenza di familiari che non si hanno mai visto? Che valore può avere un amore di breve durata, se è capace di cambiare un destino? Che peso hanno gli affetti che nel quotidiano diventano tenui, o magari odiosi? In generale l'amore è ciò che lega i personaggi anche quando sembra non esserci, in un percorso che è una ricerca di verità tenute a lungo nascoste.
Prestia torna quindi alla narrativa dopo il suo Caro agli dei" (edito da "Il Filo", giugno 2008), che ha meritato il terzo premio al "Concorso nazionale di narrativa e poesia F. Bargagna" e una medaglia al premio letterario nazionale "L'iride" di Cava de'Tirreni, sempre nel 2009. Il romanzo è stato presentato dal giornalista Nino Casamento a Catania, dallo scrittore Paolo Maurensig a Udine, dallo psicologo Marco Rossi di Loveline a Milano. Anche il suo Ewas romanzo edito in ebook dalla casa editrice Abel Books nel febbraio 2016, è arrivato semifinalista al concorso nazionale premio Rai eri "La Giara" edizione 2016 (finalista per la regione Friuli Venezia Giulia) mentre Stelle in silenzio, come inedito, è arrivato semifinalista all'edizione del 2015 del medesimo concorso.
Annapaola Prestia (Gorizia, 1979), Siculo-Istriana di origine e Monfalconese di adozione, lavora dividendosi tra la sede della cooperativa per cui collabora a Pordenone e Trieste, città in cui gestisce il proprio studio psicologico. Ama scrivere. Dal primo racconto ai romanzi a puntate e alle novelle pubblicati su riviste a tiratura nazionale, passando per oltre venti pubblicazioni in lingua inglese su altrettante riviste scientifiche specializzate in neurologia e psicologia fino al suo primo romanzo edito Caro agli dei... la strada è ancora tutta in salita ma piena di promesse.
Oltre a diverse fan-fiction pubblicate su vari siti internet, ha partecipato alla prima edizione del premio letterario "Star Trek" organizzato dallo STIC - Star Trek Italian Club, ottenendo il massimo riconoscimento. Con suo fratello Andrea ha fondato la U.S.S. Julia, un fan club dedicato a Star Trek e alla fantascienza. Con suo marito Michele e il suo migliore amico Stefano, ha aperto una gelateria a Gradisca d'Isonzo, interamente dedicata alla fantascienza e al fantasy, nella quale tenere vive le tradizioni gastronomiche della Sicilia sposandole amabilmente con quelle del Nord Est d'Italia. (Comunicato Ufficio stampa Emanuela Masseria)
I quaranta giorni del Mussa Dagh
di Franz Werfel, ed. Corbaccio, pagg.918, €22,00
www.corbaccio.it
«Quest'opera fu abbozzata nel marzo dell'anno 1929 durante un soggiorno a Damasco, in Siria. La visione pietosa di fanciulli profughi, mutilati e affamati, che lavoravano in una fabbrica di tappeti, diede la spinta decisiva a strappare dalla tomba del passato l'inconcepibile destino del popolo armeno.» Grande e travolgente romanzo, narra epicamente il tragico destino del popolo armeno, minoranza etnica odiata e perseguitata per la sua antichissima civiltà cristiana, in eterno contrasto con i turchi, con il grande Impero ottomano detentore del potere. Verso la fine del luglio 1915 circa cinquemila armeni perseguitati dai turchi si rifugiarono sul massiccio del Mussa Dagh, a Nord della baia di Antiochia.
Fino ai primi di settembre riuscirono a tenere testa agli aggressori ma poi, cominciando a scarseggiare gli approvvigionamenti e le munizioni, sarebbero sicuramente stati sconfitti se non fossero riusciti a segnalare le loro terribili condizioni a un incrociatore francese. Su quel massiccio dove per quaranta giorni vive la popolazione di sette villaggi, in un'improvvisata comunità, si ripete in miniatura la storia dell'umanità, con i suoi eroismi e le sue miserie, con le sue vittorie e le sue sconfitte, ma soprattutto con quell'affiato religioso che permea la vita dell'universo e dà a ogni fenomeno terreno un significato divino che giustifica il male con una lungimirante, suprema ragione di bene.
Dentro il poema corale si ritrovano tutti i drammi individuali: ogni personaggio ha la sua storia, ogni racconto genera un racconto. Fra scene di deportazioni, battaglie, incendi e morti, ora di una grandiosità impressionante, ora di una tragica sobrietà scultorea, ma sempre di straordinaria potenza rappresentativa, si compone quest'opera fondamentale dell'epica moderna. Pubblicata nel 1933 I quaranta giorni del Mussa Dagh è stata giustamente considerata la più matura creazione di Werfel nel campo della narrativa. Franz Werfel (Praga, 1890 - Los Angeles, 1945) dopo la Prima guerra mondiale si stabilì a Vienna, dove si impose come uno dei protagonisti della vita letteraria mitteleuropea. All'avvento del nazismo emigrò in Francia e poi negli Stati Uniti. Oltre a I quaranta giorni del Mussa Dagh, Verdi. Il romanzo dell'opera, che rievoca in modo appassionato e realistico la vita del grande musicista italiano. (Comunicato Ufficio Stampa Corbaccio)
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- 56esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia
Padiglione nazionale della Repubblica di Armenia Presentazione rassegna
Cuori nel pozzo
Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone.
di Roberta Sorgato
www.danteisola.org
Il libro rievoca le condizioni di vita precedenti alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento, e la durissima realtà vissuta dagli emigrati italiani nelle miniere di carbone del Belgio, è un omaggio rivolto ai tanti che consumarono le loro vite fino al sacrificio estremo, per amore di quanti erano rimasti a casa, ad aspettarli. Pagine spesso commosse, dedicate a chi lasciò il paese cercando la propria strada per le vie del mondo. L'Italia li ha tenuti a lungo in conto di figliastri, dimenticandoli. La difficoltà di comunicare, le enormi lontananze, hanno talvolta smorzato gli affetti, spento la memoria dei volti e delle voci. Mentre in giro per l'Europa e oltre gli oceani questi coraggiosi costruivano la loro nuova vita. Ciascuno con la nostalgia, dove si cela anche un po' di rancore verso la patria che li ha costretti a partire.
Qualcuno fa i soldi, si afferma, diventa una personalità. Questi ce l'hanno fatta, tanti altri consumano dignitosamente la loro vita nell'anonimato. Altri ancora muoiono in fondo a un pozzo, cadendo da un'impalcatura, vittime dei mille mestieri pesanti e pericolosi che solo gli emigranti accettano di fare. Ora che cinquant'anni ci separano dalla nostra esperienza migratoria, vissuta dai predecessori per un buon secolo, la memorialistica si fa più abbondante. Esce dalla pudica oralità dei protagonisti, e grazie ai successori, più istruiti ed emancipati si offre alla storia comune attraverso le testimonianze raccolte in famiglia. Con la semplicità e l'emozione che rendono più immediata e commossa la conoscenza. (Estratto da comunicato stampa di Ulderico Bernardi)
La poetessa veneta Roberta Sorgato, insegnante, nata a Boussu, in Belgio, da genitori italiani, come autrice ha esordito nel 2002 con il romanzo per ragazzi "Una storia tutta... Pepe" seguito nel 2004 da "All'ombra del castello", entrambi editi da Tredieci (Oderzo - TV). Il suo ultimo lavoro, "La casa del padre" inizialmente pubblicato da Canova (Treviso) ed ora riproposto nella nuova edizione della ca-sa editrice Tracce (Pescara).
«L'Italia non brilla per memoria. Tante pagine amare della nostra storia sono cancellate o tenute nell'oblio. Roberta Sorgato ha avuto il merito di pescare, dal pozzo dei ricordi "dimenticati", le vicende dei nostri minatori in Belgio e di scrivere "Cuori nel pozzo" edizioni Marsilio, sottotitolo: "Belgio 1956. Uomini in cambio di carbone". Leggendo questo romanzo - verità, scritto in maniera incisiva e con grande e tragico realismo, si ha l'impressione di essere calati dentro i pozzi minerari, tanto da poter avere una vi-sione intima e "rovesciata" del titolo ("Pozzi nel cuore" potrebbe essere il titolo "ad honorem" per un lettore ideale, così tanto sensibile a questi temi).
Un lettore che ha quest'ardire intimista di seguire la scrittrice dentro queste storie commoventi, intense, drammatiche - e che non tengono conto dell'intrattenimento letterario come lo intendiamo comunemente - è un lettore che attinge dal proprio cuore ed è sospinto a rivelarsi più umano e vulnerabile di quanto avesse mai osato pensare. In questo libro vige lo spettacolo eterno dei sentimenti umani; e vige in rela-zione alla storia dell'epoca, integrandosi con essa e dandoci un ritratto di grande effetto. Qui troviamo l'Italia degli anni cinquanta che esce dalla guerra, semplice e disperata, umile e afflitta dai ricordi bellici. Troviamo storie di toccanti povertà; così, insieme a quell'altruismo che è proprio dell'indigenza, e al cameratismo che si fa forte e si forgia percorrendo le vie drammatiche della guerra, si giunge ai percorsi umani che strappavano tanti italiani in cerca di fortuna alle loro famiglie.
L'emigrazione verso i pozzi minerari belgi rappresentava quella speranza di "uscire dalla miseria". Pochi ce l'hanno fatta, molti hanno pagato con una morte atroce. Tutti hanno subito privazioni e vessazioni, oggi inimmaginabili. Leggere di Tano, Nannj, Caio, Tonio, Angelina e tanti altri, vuol dire anche erigere nella nostra memoria un piccolo trono per ciascuno di loro, formando una cornice regale per rivisitare quegli anni che, nella loro drammaticità, ci consentono di riflettere sull'"eroismo" di quelle vite tormentate, umili e dignitose.» (Estratto da articolo di Danilo Stefani, 4 gennaio 2011)
«"Uomini in cambio di carbone" deriva dal trattato economico italo-belga del giugno 1946: l'accordo prevedeva che per l'acquisto di carbone a un prezzo di favore l'Italia avrebbe mandato 50 mila uomini per il lavoro in miniera. Furono 140 mila gli italiani che arrivarono in Belgio tra il 1946 e il 1957. Fatti i conti, ogni uomo valeva 2-3 quintali di carbone al mese.» (In fondo al pozzo - di Danilo Stefani)
La passione secondo Eva
di Abel Posse, ed. Vallecchi - collana Romanzo, pagg.316, 18,00 euro
www.vallecchi.it
Eva Duarte Perón (1919-1952), paladina dei diritti civili ed emblema della Sinistra peronista argentina, fu la moglie del presidente Juan Domingo Perón negli anni di maggior fermento politico della storia argentina; ottenne, dopo una lunga battaglia politica, il suffragio universale ed è considerata la fondatrice dell'Argentina moderna. Questo romanzo, costruito con abilità da Abel Posse attraverso testimonianze autentiche di ammiratori e detrattori di Evita, lascia il segno per la sua capacità di riportare a una dimensione reale il mito di colei che è non soltanto il simbolo dell'Argentina, ma uno dei personaggi più noti e amati della storia mondiale.
Abel Posse (Córdoba - Argentina, 1934), diplomatico di carriera, giornalista e scrittore di fama internazionale. Studioso di politica e storia fra i più rappresentativi del suo paese. Fra i suoi romanzi più famosi ricordiamo Los perros del paraíso (1983), che ha ottenuto il Premio Ròmulo Gallegos maggior riconoscimento letterario per l'America Latina. La traduttrice Ilaria Magnani è ricercatrice di Letteratura ispano-americana presso l'Università degli Studi di Cassino. Si occupa di letteratura argentina contemporanea, emigrazione e apporto della presenza italiana. Ha tradotto testi di narrativa e di saggistica dallo spagnolo, dal francese e dal catalano.
Odissea Viola. Aspettando Ulisse lo Scudetto
di Rudy Caparrini, ed. NTE, collana "Violacea", 2010
www.rudycaparrini.it
Dopo Azzurri... no grazie!, Rudy Caparrini ci regala un nuovo libro dedicato alla Fiorentina. Come spiega l'autore, l'idea è nata leggendo il capitolo INTERpretazioni del Manuale del Perfetto Interista di Beppe Severgnini, nel quale il grande scrittore e giornalista abbina certe opere letterarie ad alcune squadre di Serie A. Accorgendosi che manca il riferimento alla Fiorentina, il tifoso e scrittore Caparrini colma la lacuna identificando ne L'Odissea l'opera idonea per descrivere la storia recente dei viola.
Perché Odissea significa agonia, sofferenza, desiderio di tornare a casa, ma anche voglia di complicarsi la vita sempre e comunque. Ampliando il ragionamento, Caparrini sostiene che nell'Odissea la squadra viola può essere tre diversi personaggi: Penelope che aspetta il ritorno di Ulisse lo scudetto; Ulisse, sempre pronto a compiere un "folle volo" e a complicarsi la vita; infine riferendosi ai tifosi nati dopo il 1969, la Fiorentina può essere Telemaco, figlio del padre Ulisse (ancora nei panni dello scudetto) di cui ha solo sentito raccontare le gesta ma che mai ha conosciuto.
Caparrini sceglie una serie di episodi "omerici", associabili alla storia recente dei viola, da cui scaturiscono similitudini affascinanti: i Della Valle sono i Feaci (il popolo del Re Alcinoo e della figlia Nausicaa), poiché soccorrono la Fiorentina vittima di un naufragio; il fallimento di Cecchi Gori è il classico esempio di chi si fa attrarre dal Canto delle Sirene; Edmundo che fugge per andare al Carnevale di Rio è Paride, che per soddisfare il suo piacere mette in difficoltà l'intera squadra; Tendi che segna il gol alla Juve nel 1980 è un "Nessuno" che sconfigge Polifemo; Di Livio che resta coi viola in C2 è il fedele Eumeo, colui che nell'Odissea per primo riconosce Ulisse tornato ad Itaca e lo aiuta a riconquistare la reggia.
Un'Odissea al momento incompiuta, poiché la Fiorentina ancora non ha vinto (ufficialmente) il terzo scudetto, che corrisponde all'atto di Ulisse di riprendersi la sovranità della sua reggia a Itaca. Ma anche in caso di arrivasse lo scudetto, conclude Caparrini, la Fiorentina riuscirebbe a complicarsi la vita anche quando tutto potrebbe andare bene. Come Ulisse sarebbe pronta sempre a "riprendere il mare" in cerca di nuove avventure. Il libro è stato presentato il 22 dicembre 2010 a Firenze, nella Sala Incontri di Palazzo Vecchio.
Leni Riefenstahl. Un mito del XX secolo
di Michele Sakkara, ed. Edizioni Solfanelli, pagg.112, €8,00
www.edizionisolfanelli.it
«Il Cinema mondiale in occasione della scomparsa di Leni Riefenstahl, si inchina riverente davanti alla Salma di colei che deve doverosamente essere ricordata per i suoi geniali film, divenuti fondamentali nella storia del cinema.» Questo l'epitaffio per colei che con immagini di soggiogante bellezza ha raggiunto magistralmente effetti spettacolari. Per esempio in: Der Sieg des Glaubens (Vittoria della fede, 1933), e nei famosissimi e insuperati Fest der Völker (Olympia, 1938) e Fest der Schönheit (Apoteosi di Olympia, 1938).
Michele Sakkara, nato a Ferrara da padre russo e madre veneziana, ha dedicato tutta la sua esistenza allo studio, alla ricerca, alla regia, alla stesura e alla realizzazione di soggetti, sceneggiature, libri (e perfino un'enciclopedia), ed è stato anche attore. Assistente e aiuto regista di Blasetti, Germi, De Sica, Franciolini; sceneggiatore e produttore (Spagna, Ecumenismo, La storia del fumetto, Martin Lutero), autore di una quarantina di documentari per la Rai.
Fra le sue opere letterarie spicca l'Enciclopedia storica del cinema italiano. 1930-1945 (3 voll., Giardini, Pisa 1984), un'opera che ha richiesto anni di ricerche storiche; straordinari consensi ebbe in Germania per Die Grosse Zeit Des Deutschen Films 1933-1945 (Druffel Verlag, Leoni am Starnberg See 1980, 5 edizioni); mentre la sua ultima opera Il cinema al servizio della politica, della propaganda e della guerra (F.lli Spada, Ciampino 2005) ha avuto una versione in tedesco, Das Kino in den Dienst der Politik, Propaganda und Krieg (DSZ-Verlag, München 2008) ed è stato ora tradotta in inglese.
L'Immacolata nei rapporti tra l'Italia e la Spagna
a cura di Alessandra Anselmi
Il volume ripercorre la storia dell'iconografia immacolistica a partire dalla seconda metà del Quattrocento quando, a seguito dell'impulso impresso al culto della Vergine con il pontificato di Sisto IV (1471-1484), i sovrani spagnoli si impegnano in un'intensa campagna volta alla promulgazione del dogma. Di grande rilevanza le ripercussioni nelle arti visive: soprattutto in Spagna, ma anche nei territori italiani più sensibili, per vari motivi, all'influenza politica, culturale e devozionale spagnola. Il percorso iconografico è lungo e complesso, con notevoli varianti sia stilistiche che di significato teologico: il punto d'arrivo è esemplato sulla Donna dell'Apocalisse, i cui caratteri essenziali sono tratti da un versetto del testo giovanneo.
Il libro esplora ambiti culturali e geografici finora ignorati o comunque non sistemati: la Calabria, Napoli, Roma, la Repubblica di Genova, lo Stato di Milano e il Principato Vescovile di Trento in un arco cronologico compreso tra la seconda metà del Quattrocento e il Settecento e, limitatamente a Roma e alla Calabria, sino all'Ottocento, recuperando all'attenzione degli studi una produzione artistica di grande pregio, una sorta di 'quadreria "ariana" ricca di capolavori già noti, ma incrementata dall'acquisizione di testimonianze figurative in massima parte ancora inedite.
Accanto allo studio più prettamente iconografico - che si pregia di interessanti novità, quali l'analisi della Vergine di Guadalupe, in veste di Immacolata India - il volume è sul tema dell'Immacolata secondo un'ottica che può definirsi plurale affrontando i molteplici contesti - devozionali, cultuali, antropologici, politici, economici, sociali - che interagiscono in un affascinante gioco di intrecci. (Estratto da comunicato stampa Ufficio stampa Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria)
Mario Del Monaco: Dietro le quinte - Le luci e le ombre di Otello
(Behind the scenes - Othello in and out of the spotlight)
di Paola Caterina Del Monaco, prefazione di Enrico Stinchelli, Aerial Editrice, 2007 Presentazione
Le stelle danzanti. Il romanzo dell'impresa fiumana
di Gabriele Marconi, ed. Vallecchi, pagg.324, Euro 15,00
www.vallecchi.it
L'Impresa fiumana fu un sogno condiviso e realizzato. Uno slancio d'amore che non ha eguali nella storia. D'Annunzio, fu l'interprete ispiratore di quello slancio, il Comandante, il Vate che guidò quella straordinaria avventura, ma protagonisti assoluti furono i tantissimi giovani che si riversarono nella città irredenta e là rimasero per oltre un anno. L'età media dei soldati che, da soli o a battaglioni interi, parteciparono all'impresa era di ventitré anni. Il simbolo di quell'esperienza straordinaria furono le stelle dell'Orsa Maggiore, che nel nostro cielo indicano la Stella Polare. Il romanzo narra le vicende di Giulio Jentile e Marco Paganoni, due giovani arditi che hanno stretto una salda amicizia al fronte. Dopo la vittoria, nel novembre del 1918 si recano a Trieste per far visita a Daria, crocerossina ferita in battaglia di cui sono ambedue innamorati.
Dopo alcuni giorni i due amici faranno ritorno alle rispettive famiglie ma l'inquietudine dei reduci impedisce un ritorno alla normalità. Nel febbraio del 1920 li ritroviamo a Fiume, ricongiungersi con Daria, uniti da un unico desiderio. Fiume è un calderone in ebollizione: patrioti, artisti, rivoluzionari e avventurieri di ogni parte d'Europa affollano la città in un clima rivoluzionario-libertino. Marco è tra coloro che sono a stretto contatto con il Comandante mentre Giulio preferisce allontanarsi dalla città e si unisce agli uscocchi, i legionari che avevano il compito di approvvigionare con i beni di prima necessità anche con azioni di pirateria. (...) Gabriele Marconi (1961) è direttore responsabile del mensile "Area", è tra i fondatori della Società Tolkieniana Italiana e il suo esordio narrativo è con un racconto del 1988 finalista al Premio Tolkien.
La newsletter Kritik non ha periodicità stabilita. Le immagini allegate ai testi di presentazione delle mostre, dei libri e delle iniziative culturali, sono inviate dalle rispettive redazioni e uffici stampa con l'autorizzazione alla pubblicazione.