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Prima del nuovo numero di Kritik

Mostre sulla Sicilia, in Sicilia e di Artisti Siciliani


   
  • MAPPA-MONDO. Fotografie di dieci paesi in Sicilia
  • Gianfranco Anastasio | "Con gli occhi della mente"

  • Simone Geraci | La stagione che tarda ad arrivare
  • Blu Sicilia | Il mare nell'arte isolana dal Novecento alla Contemporaneità
  • Yoko Ono | "Wish Tree for Sicily" ("L'albero dei desideri per la Sicilia")

  • Giuseppe Patanè | "EGO"
  • Valentina Mir | "Kosmoopera"
  • Carmelo Bongiorno | "L'Isola intima, radiografie dell'anima"


  • Sala Mappe di Palazzo Butera in una foto scattatata da Sandro Scalia MAPPA-MONDO. Fotografie di dieci paesi in Sicilia
    Giorgio Barrera, Martina Della Valle, Sebastiano Raimondo, Moira Ricci, Sandro Scalia, Maria Vittoria Provato


    Palazzo Butera - Palermo
    30 ottobre - 11 dicembre 2024

    Progetto di ricerca fotografica contemporanea voluto dall'Accademia di Belle Arti di Palermo in partnership con la Fondazione di Palazzo Butera, sostenuto da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Curato da Roberta Valtorta il progetto ha preso avvio in seguito al ritrovamento a Palazzo Butera, nel corso dei lavori di restauro al piano nobile, di 10 mappe, dipinte ad olio, estremamente dettagliate di proprietà feudali della famiglia dei Branciforte, corrispondenti ai paesi di Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuia, Militello e Scordia.

    Sei fotografi sono stati incaricati dall'Accademia di Palermo di produrre dei progetti fotografici a partire dalle dieci mappe: Giorgio Barrera, Martina Della Valle, Sebastiano Raimondo, Moira Ricci, Sandro Scalia, Maria Vittoria Trovato. Dipinte a olio da più artisti (ad oggi se ne conosce solo uno, Filippo Giarrusso) intorno alla metà del 1700, le mappe sono portatrici di importanti indizi che hanno permesso una lettura del presente e una ricognizione in situ delle permanenze, un dialogo con la storia e l'attualità dei luoghi, vuoi con ricognizioni fotografiche esperienziali e puntuali, vuoi con creazioni immaginifiche di nuovi paesaggi. L'intero corpus di opere realizzate (dodici stampe per ciascun autore) entrerà a far parte della Collezione dell'Accademia di Belle Arti di Palermo.

    Il lavoro di ricerca e le opere prodotte saranno documentate in un volume edito da Dario Cimorelli con testi di Claudio Gulli, direttore di Palazzo Butera, Monica Maffioli, storica della fotografia e Roberta Valtorta, storica e critica della fotografia e curatrice del progetto. Il catalogo conterrà oltre alle fotografie realizzate dai sei autori (9 per ciascuno di loro), le immagini delle mappe settecentesche e alcune fotografie, in forma di omaggio, che Giovanni Chiaramonte - a sua volta coinvolto nel progetto ma mancato nell'ottobre 2023 - realizzò in uno di questi paesi, Raccuja, nel 1999.

    La mostra presenta una selezione di opere fotografiche dei sei autori allestite luogo il percorso espositivo che ospita la ricchissima collezione di Francesca e Massimo Valsecchi. A partire dal mese di settembre il progetto e le singole indagini dei sei fotografi saranno presentate sui canali social, Instagram e Facebook, dedicati: @mappamondo_fotografieinsicilia.

    Il progetto ha impegnato sei fotografi in progetti dedicati a dieci paesi della Sicilia (Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuja, Militello, Scordia), un tempo feudi dei Branciforte, principi di Butera. Questi feudi rappresentati in dieci grandi e affascinanti mappe settecentesche conservate a Palazzo Butera, Palermo, sono stati il punto di partenza dei sei autori per sviluppare le loro riflessioni sul territorio che cambia e sul senso dei luoghi nel tempo.

    Non si è trattato di una "documentazione" (tema già concettualmente molto sondato grazie alle numerose importanti esperienze di committenza pubblica, ormai storicizzate, svoltesi in Italia e in Europa dai primi anni Ottanta all'inizio dei Duemila), ma di indagini completamente libere, in senso fisico e soprattutto mentale, e di costruzioni di immaginari, attraverso modalità progettuali e narrative diverse che affermano la assoluta soggettività della rappresentazione e le grandi possibilità della fotografia di immaginare il paesaggio.

    Giorgio Barrera (Cartofotografica) ha realizzato un polittico di richiamo pittorico con immagini del solo paesaggio intorno alla città, e non dell'agglomerato urbano come accade nelle antiche mappe, mettendo in discussione l'impianto prospettico tradizionale e creando, attraverso il collage digitale e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, un insieme visivo credibile ma non realmente esistente.

    Martina Della Valle (Di ricotte ed altre cose) ha raccontato "di ricotte ed altre cose" riunendo immagini tra loro molto diverse (paesaggi, antichi oggetti della tradizione, ricotte, strumenti di lavoro, pecore, figure di pastori presenti nelle mappe di Palazzo Butera) e approdando a un teatrino al cui centro sta, protagonista, la ricotta siciliana.

    Sebastiano Raimondo (Il mappamondo di Palazzo Butera) ha ricercato il mistero dei luoghi, le tracce della storia e insieme lo stato delle cose nella contemporaneità, raccogliendo solitari frammenti di realtà, talvolta di valore iconico, in un vagare visivo di forte tono interrogativo-esistenziale.

    Moira Ricci (è in gioco la verità) ha inventato, attraverso prelievi da Google street view e interventi di intelligenza artificiale, un paese siciliano contemporaneo abitato da figurine, simile a un presepe, con i segni dell'urbanizzazione incontrollata e della distruzione del territorio, un luogo "somigliante", ma assolutamente non esistente.

    Sandro Scalia (L'eredità dei Branciforte) ha compiuto lunghi e meticolosi viaggi per individuare punti simbolici nel paesaggio antropizzato, incluso Palazzo Butera stesso, sottolineando l'importanza, in fotografia, dell'incontro con i luoghi e del ripetuto ritorno.

    A Maria Vittoria Trovato (PRG) dobbiamo un'esplorazione di schietta matrice "topografica" di una serie di odierni uffici comunali di alcuni di questi paesi (così diversi dal Palazzo), in cerca di piante legate ai piani regolatori che mostrano soprattutto l'espansione urbana contemporanea, in un importante confronto tra mappe di ieri e mappe di oggi.

    Giorgio Barrera (Cagliari, 1969) ha studiato Fotografia alla Fondazione Marangoni di Firenze. È stato assistente di Joel Meyerowitz, ha vinto, tra gli altri, i premi Baume & Mercier, Canon, FNAC, e ha collaborato con vari Istituti di Cultura italiani, con il Mibact e altre istituzioni e gallerie, e ha esposto i suoi lavori in Italia e all'estero. Lavora con la fotografia, il video e la scrittura, focalizzando la sua ricerca sull'analisi dei linguaggi visivi, la creazione di immaginari, il rapporto tra realtà e soggettività. Promuove e segue progetti culturali e dal 2020 cura la collana dei volumi Anatomia e dinamica di un territorio (Quinlan). Fra le sue pubblicazioni, La battaglia delle immagini (Postcart, 2016), Campi di Battaglia 1848-67 (Silvana Editoriale, 2011), Attraverso la finestra (Zone Attive, 2009).

    Martina della Valle (Firenze, 1981) si é diplomata nel 2003 al corso triennale di fotografia dell'Istituto Europeo di Design di Milano. Sviluppa immagini, situazioni e fotografie. La sua ricerca muove dalle basi della tecnica fotografica, e si sviluppa attraverso vari media assumendo forme diverse, dalle tecniche di stampa in bianco e nero, a formati di lavoro collaborativi, dall'installazione site-specific, al video e al disegno. Tra i libri nei quali è pubblicato il suo lavoro: Italiens. Young Italian Artists In Berlin (Electa, 2013), Laboratorio Italia (Johan & Levi, 2010), Minyonies. Trama doppia (Alghero, 2006), Lo Sguardo Italiano. Italian Fashion Photography since'51 (Charta, 2005). Dal 2008 vive e lavora a Berlino. 

    Moira Ricci (Orbetello-GR, 1977), è cresciuta nella campagna maremmana fino ai 19 anni quando si è trasferita a Milano per studiare fotografia al Centro Bauer e poi Multimedia all'Accademia di Brera. La sua ricerca artistica spesso d'impronta autobiografica, indaga attraverso la fotografia, il video, l'installazione i temi dell'identità individuale e sociale, della storia familiare e del legame originario con il territorio, intrecciando invenzione tecnologica e riscoperta dell'immagine vernacolare. Ha esposto in sedi pubbliche e private in Italia, Europa, Stati Uniti, Asia e le sue opere sono presenti in importanti collezioni italiane e straniere. Tra le sue pubblicazioni: 20.12.53-10.08.04 (Corraini, 2023) e Capitale terreno (Silvana Editoriale, 2015).

    Sebastiano Raimondo (Gangi, 1981), laureatosi a Palermo con Giovanni Chiaramonte, fa parte del gruppo Presente Infinito con il quale ha realizzato vari progetti tra i quali Madonie Paesaggi 1973 2021 nel 2021 per il MIC. Nel 2020 è tra i finalisti del VAF-Stiftung con il progetto Custodire soglie - Palermo ed espone nelle città di Kiel in Germania e Ferrara in Italia. Nel 2022 vince con il progetto Reduce-re il primo premio della Biennale di Fotografia di Vila Franca de Xira in Portogallo e pubblica nel relativo catalogo fotografie e testo. L'ultima pubblicazione per l'editore Lettera Ventidue riguarda una delle prime e poco conosciute opere dell'architetto Fernando Tavora a Oporto. Vive tra Portogallo e Italia, è dottorando all'ISCTE-IUL di Lisbona e insegna Fotografia all'Accademia di Belle Arti di Palermo.

    Sandro Scalia (Ragusa, 1959), studia Fotografia al Centro Bauer di Milano, all'Accademia di Belle Arti di Palermo e consegue la laurea specialistica a Catania. Inizia a lavorare professionalmente negli anni Ottanta a Milano collaborando con redazioni, case editrici, fondazioni e studi di architettura. Impegnato da sempre nell'osservazione del paesaggio, lavora sulle stratificazioni e sull'azione del tempo. Dal 1998 è professore di Fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha pubblicato molti libri, tra i quali: Palermo/periferie (ABAPA, 2020), Belice punto zero (INGV, 2020), Le città di Palermo/Cities within the City, (Charta, 2000), Tratti (Peliti Associati, 1999).

    Maria Vittoria Trovato (Gela, 1982) vive e lavora a Siracusa. Ha studiato Filosofia a Catania e Fotografia alla NABA di Milano. Nel 2007 inizia a collaborare con lo scrittore Marco Ciriello a un progetto sul mare, le navi e gli uomini che vi lavorano. Nel 2011 si trasferisce a Berlino, dove collabora con l'agenzia fotografica Ostkreuz e nel 2018 ritorna a Siracusa per aprire la Libreria Zaratan, un punto di incontro dedicato ai libri, alla fotografia e alla musica. Insegna fotografia presso Made a Siracusa e all'Accademia di Belle Arti di Palermo. Le sue fotografie sono apparse su diverse riviste italiane e internazionali. (Comunicato ufficio stampa Alessandra Pozzi)

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    GIORGIO BARRERA

    - Polittico | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Giorgio Barrera compone un polittico nel quale tutti i tradizionali criteri tipici dei polittici che conosciamo dalla storia dell'arte vengono rovesciati. Mentre nei polittici classici dominano le figure e le loro storie (la Vergine, il Cristo, bambino o in croce, i Santi), e il paesaggio compare talvolta solo come sfondo, qui esso è invece protagonista assoluto, e solo in una delle scene è dato spazio a una figura umana (se escludiamo alcune davvero microscopiche figure che si trovano in cammino qua e là). Anche rispetto alle mappe di Palazzo Butera il polittico stabilisce una grande distanza: in quelle una descrizione dettagliata è rivolta al tessuto urbano, qui viene raccontato il grande verde territorio intorno, fatto di montagne, colline, pianure.

    Ma la "realisticità" dell'insieme, che farebbe pensare che Barrera ha condotto un accurato lavoro su un unico paesaggio considerato nei suoi diversi aspetti, è solo apparente. L'autore, infatti, non solo ha mescolato tre paesi, Pietraperzia, Butera e Mazzarino, unificandoli in un continuum, ma ha anche fatto ricorso a collage digitali e all'intelligenza artificiale per ottenere un insieme che pare coerente (una certa continuità delle linee, una certa proporzione, una certa omogeneità cromatica) ma nel quale ogni regola prospettica è distrutta. Dai suoi interventi nasce infatti una nuova credibilità tecnologica di natura multiforme, aperta a ogni possibilità, e non più basata sulla ideale unificazione dello spazio che ha governato a lungo sia la pittura sia la fotografia.

    - Cartofotografica | Testo di Giorgio Barrera

    La mia ricerca si basa sull'analisi dei dieci dipinti cartografici e sul metterli in relazione con la fotografia documentaria. Il lavoro si forma seguendo innanzitutto un principio di complementarità. Nei dipinti, infatti, la rappresentazione della città è preminente rispetto al territorio che sembra avere la funzione di contenitore o di sfondo. La mia indagine si concentra invece sul paesaggio di oggi, nel quale al contrario la città è inserita e nel quale tuttora sussiste uno scambio fra segni ed elementi presenti nelle raffigurazioni pittoriche e viceversa. Una delle cose che più mi hanno colpito osservando i dipinti è stata il comprendere quanto siamo ormai abituati a percepire le immagini bidimensionali in maniera prospettica anche quando queste in effetti non lo sono.

    Il primo e fondante motivo di indagine è stato il riconoscimento del punto di vista adottato e presente in quasi tutti i dipinti: ovvero, una sotto-forma di prospettiva che induce lo spettatore a immaginare la rappresentazione prospetticamente, a pensarla veritiera. Questa abitudine a vedere prospetticamente ma anche foto-realisticamente (nel mio libro La battaglia delle immagini l'avevo chiamata "fotograficità implicita") e percepire quindi con questo animo anche ciò che non è mostrato in quei termini mi è parso un motivo di indagine interessante e, se si vuole, anche una sfida.

    Dal punto di vista visuale ho sentito perciò la necessità di nascondere la prospettiva fotografica, cosicché molte delle immagini che costituiscono il progetto sono collage digitali composti da elementi (alcuni generati con l'IA) che diminuiscono la credibilità prospettica dell'immagine fotografica e da inquadrature con forme particolari: entrambe vogliono alimentare o avvicinare l'illusione pittorica. L'uso del polittico, così come le forme delle inquadrature, mirano, in questo dibattito che ho innescato fra pittura e fotografia, a porre lo spettatore innanzi alle immagini fotografiche che ho realizzato con un animo simile a quello con il quale si affrontano queste opere pittoriche.

    MARTINA DELLA VALLE

    - Ricotta | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Il lavoro di Martina Della Valle non presenta riferimenti di tipo cartografico, fondandosi invece su un metodo di analisi tipico dell'antropologia. L'artista si concentra su un elemento preciso: la bianca ricotta, con la sua forma semplice che viene da lontano, gentilmente torreggiante, e la matericità che porta i segni del suo cestello. Formaggio antichissimo, ben presente nelle rappresentazioni artistiche (dagli affreschi pompeiani, alle miniature medioevali, alle nature morte di Vincenzo Campi), simbolo della fame dei poveri contrapposta al potere nel film di Pasolini, La ricotta, 1963, diventa per Della Valle una "guida" ai luoghi, agli oggetti, alla memoria. Il "racconto" procede a balzi, di frammento in frammento, in un bianco e nero che azzera la storia.

    Parte da piccole figure di pastori dipinte nelle mappe del Palazzo, fa perno su un documento seicentesco del Principe che nomina la ricotta come elemento economico importante, tocca Grammichele, Scordia, Militello, tra pecore dolcissime, musei, paesaggi, oggetti della tradizione, ricotte intere e sparse nel piatto, noncurante di logiche narrative "coerenti" (forse non esiste in fotografia la possibilità di una vera narrazione), rincorrendo invece simboli, tradizioni, pensieri. Trova una sorta di "finale" in un teatrino, anch'esso in bianco e nero: un'orgogliosa ricotta entra a Palazzo, eccola sotto il sontuoso lampadario, le piante ai lati fungono da sipari e le rendono onore. Di fianco c'è un contadino, anch'egli ha messo piede nel Palazzo dove la storia non lo prevederebbe, e la sa creare, nel calderone.

    - Di ricotte e altre cose | Testo di Martina della Valle

    Di ricotte e altre cose è un viaggio a tratti immaginario che prende avvio dalle comparse che animano le periferie dei feudi ritratti nelle mappe di Palazzo Butera. La ricerca prosegue ricostruendo i legami tra le realtà rurali e la città, sia all'epoca dei dipinti sia al giorno d'oggi. La ricotta, cibo semplice e al tempo stesso onnipresente in molteplici forme nell'entroterra siciliano, legato a molti riti e tradizioni, è assunta qui, come anche nell'omonimo corto pasoliniano (La Ricotta, in Ro.Go.Pa.G., 1963), come simbolo di abbondanza e potere, della relazione tra il palazzo e i feudi, tra la città e la campagna. La fuscella di ricotta diventa così una sorta di condensato del paesaggio naturale e antropologico.

    La serie fotografica parte dalle immagini ravvicinate della crosta dei dipinti che spostano il fuoco sui dettagli ai margini del paesaggio: contadine, pastori e greggi. La narrazione procede attraverso un'indagine sul campo nelle zone tra Grammichele, Scordia e Militello, visitando luoghi tradizionali di produzione della ricotta, allevamenti, musei (per esempio, l'Archivio Storico "Mario De Mauro" di Scordia) e collezioni privatedi oggetti del passato. I paesaggi di campagna, dipinti e reali, si affiancano a utensili tradizionali, reperti archeologici e still-life per creare un archivio immaginario ed eterogeneo. Un itinerario che dalle sale del palazzo porta alla campagna e viceversa.

    Cuore concettuale del progetto è un documento custodito nel Municipio di Grammichele: il bando di Carlo Maria Carafa principe di Butera (citato anche nel titolo del lavoro) che stabilisce meticolosamente le modalità di svolgimento della fiera della Madonna del Piano, unico santuario a Grammichele salvatosi dal terremoto del 1693. Nel manoscritto si nominano vari prodotti locali, tra i quali ovviamente la ricotta, e se ne evidenzia l'importanza non solo come fonte di sostentamento ma anche come merce di scambio e strumento di rappresentanza politica. Il viaggio culmina con il ritorno a palazzo con un teatrino che inscena l'intera storia attraverso una rappresentazione immaginifica e surreale. All'interno di uno dei saloni, visto com'era prima dei lavori di restauro, un pastore rompe silenziosamente la cagliata in un calderone di rame. Tra sfarzosi arredi, piante e soffitti affrescati, una grande forma di ricotta riempie il centro dello spazio dominando la scena.

    SEBASTIANO RAIMONDO

    - Verità | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Il lavoro di Moira Ricci, E' in giocola verità, mette in discussione la possibilità di descrivere lo stato delle periferie in espansione, prendendo Pietraperzia come esempio. Nell'immagine creata dall'artista l'impianto urbanistico antico raffigurato nel dipinto settecentesco sembra proseguire con lo stesso punto di vista dall'alto, come "logico" ampliamento contemporaneo. Molto forte è il balzo estetico (la percezione) dal centro storico graziosamente rappresentato nella mappa al disastro dell'espansione urbana avvenuta nel caos, senza regole e senza rispetto. Ma quale rappresentazione intende proporre l'artista?

    Non vi è, qui, alcun impiego della fotografia: la rappresentazione, completamente mediata dalla anonima visione tecnologica di Street View attraverso prelievi di immagini di zone periferiche del paese, è poi ulteriormente contaminata con l'intelligenza artificiale. Siamo di fronte a un'immagine di un luogo verosimile ma inventata in ogni suo aspetto: il raccordo tra gli spezzoni di tessuto urbano, l'aggiunta di elementi di paesaggio siciliano (o comunque mediterraneo) come palme, fichi d'India, aranci, colline, incendi, ombrelloni, rifiuti, parabole per la tv, venditori ambulanti e altre figurine che animano una sorta di assolato presepe. Nulla di vero (ma quale mappa è "vera"? e quale immagine lo è? e che cos'è il vero?), in un gioco di combinazioni che genera un paesaggio che non c'è. Al centro, l'artista ha "scavato" un allarmante vuoto d'immagine che ha la forma della antica mappa con la sua cornice: la storia è sparita, restano solo le rovine del contemporaneo.

    - Il mappamondo di Palazzo Butera | Testo di Sebastiano Raimondo

    I dieci dipinti da cui parte il nostro progetto comune erano posti come sovrapporta di una sala di Palazzo Butera. Sui telai che reggono quelle tele a olio, raffiguranti le città dei Branciforti, sono riportati dei numeri che potrebbero indicare la posizione di ciascuna città nella sequenza delle porte d'ingresso alla sala originale. I dipinti, realizzati tra la prima e la seconda metà del Settecento in occasione della visita dei Borboni da Napoli, non rappresentano la Sicilia regolata dai tempi del grano da cui traevano le loro ricchezze, ma un'immagine idealizzata che i proprietari del palazzo volevano mostrare ai loro ospiti. Per il mio progetto ho scelto le città di Butera, Mazzarino, Grammichele e Niscemi perché ho trovato le loro riproduzioni per la prima volta in uno dei volumi del catalogo della mostra Le città immaginate (*1) con un testo della professoressa Maria Giuffrè.

    L'autrice nomina le quattro città, indicando le prime due come città-monumento e le altre due come città nuove di fondazione: questo è stato il riferimento iniziale per il mio progetto. Dopo aver visitato la sala diverse volte, ho cercato di comprendere il possibile significato contemporaneo di quei dipinti e le ragioni alla base della mia idea da sviluppare. Penso che i Branciforti avessero concepito la sala come un vero e proprio mappamondo con le città che circondavano le pareti sopra le porte di accesso. Probabilmente erano interessati all'idea di rappresentazione come possibilità di anticipare e proiettare la costruzione, ancora da completare nel Settecento, del loro mondo inteso come universo creato.

    Il 'mappamondo' di Palazzo Butera oggi è sospeso a un soffitto, al centro di un'altra sala, non possiamo farlo girare con un dito, ma possiamo girarci attorno seguendo una linea spezzata. Ha un diverso significato simbolico di cui i suoi nuovi principi ci mostrano la struttura: le cornici, i telai, il retro delle tele e l'enigmatica doppia numerazione apposta su cornici e telai. Per il mio progetto ho voluto recuperare l'idea etimologica della mappa come un tovagliolo da tavola che contiene traccia del mio mondo e di quello che mi ha ospitato, e l'idea delle porte come soglie dalle quali si entrava e usciva dall'originale mappamondo dei Branciforti. Ho portato da casa dei 'tovaglioli' 4x5 pollici e ho riportato con me quello che è avanzato dal convivio immaginario con i nuovi principi: un necessario superfluo ai margini del mappamondo.

    *1. Le città immaginate. Un viaggio in Italia. Nove progetti per nove città, catalogo della XVII Triennale (Milano, 1987), Electa, Milano 1987, 2 voll.

    MOIRA RICCI

    - Tovagliolo | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Sebastiano Raimondo arriva a fotografare quattro paesi, Butera, Mazzarino, Grammichele e Niscemi, per vie culturali: come spiega, ne aveva visto le rappresentazioni in uno dei cataloghi della mostra, tenutasi alla Triennale di Milano nel 1987, Le città Immaginate, un viaggio in Italia (proprio in quegli anni iniziavano a fiorire importanti studi sul paesaggio, in connessione con il mutamento postindustriale), e aveva letto lo scritto della studiosa siciliana Maria Giuffrè. Questa mediazione di tipo culturale è una premessa importante poiché nutre nell'autore uno sguardo intellettuale parallelo a quello fotografico rivolto ai luoghi, conferendo al lavoro il colore della memoria: di ciò che è già stato e di ciò che è già stato pensato e detto.

    Dei luoghi Raimondo indaga la condizione contemporanea diversa da quella del passato in silenziosi, solitari frammenti urbani dai colori caldi che mostrano un ambiente in crisi, o nel bianco e nero di una sughereta. Raccoglie dei rettangoli di paesaggio: sono i negativi di grande formato tipici di una fotografia di osservazione lenta, riflessiva, poteremmo dire meditativa. Il suo discorso trova un finale in un dipinto che si trova nel novecentesco Teatro Intelisano, affacciato sulla piazza centrale di Grammichele (ora sede di una banca e in parte abbandonato), che l'autore propone in bianco e nero, segno di lontananza storica. Nella scena uno dei signori seduti a tavola, i servitori intorno, tiene accanto a sé un tovagliolo. Il cerchio si chiude: sappiamo infatti che la parola latina mappa significa tovaglia, tovagliolo, ma si trova già usata dagli antichi agronomi per indicare la rappresentazione grafica di un terreno.

    - È in gioco la verità | Teato di Moira Ricci

    Durante il sopralluogo nei dieci feudi della famiglia dei Branciforti, per raggiungere il centro delle città dovevamo attraversare una zona contemporanea. Le città presentano tutte una parte antica affascinante, con costruzioni robuste, un ordine architettonico preciso in armonia con la natura e le esigenze umane, nonostante il deterioramento causato dal tempo. La parte contemporanea che circonda la città vecchia è invece molto diversa: vi si trovano abusi edilizi, case e costruzioni incomplete, immondizia disseminata, incendi qua e là nel territorio, stili architettonici vari e materiali di scarsa qualità, oltre a manifesti pubblicitari e asfalto e arredi urbani deteriorati. Anche se questo è da molto tempo ormai un tratto comune a molte città con una storia antica.

    È in gioco la verità è una mappa immaginaria, costruita utilizzando dettagli della città di Pietraperzia prelevati dalle zone più contemporanee da Street View di Google Maps ed elaborati con l'intelligenza artificiale di Adobe Photoshop. L'intento era quello di rappresentare la città con gli strumenti più contemporanei di mappatura, ricreando però il punto di vista "a volo d'uccello" adottato nei dipinti delle mappe presenti a Palazzo Butera e tenendo alcune delle loro caratteristiche. La nuova mappa che ho ricostruito, quindi, non ha una vera prospettiva, i piani sono falsati, ho lasciato spazio al paesaggio intorno e ricreato alcune scene con persone. Lasciando bucata al centro la silhouette del dipinto-mappa di Pietraperzia, senza la cornice originale, ho fatto in modo che questa nuova 'cornice' possa spingere a riflettere su come si siano evolute le città e le persone che le vivono.

    SANDRO SCALIA

    - Petit tour | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Con grande cura e grazie a viaggi ripetuti nel tempo, Sandro Scalia ha fotografato tutte e dieci le città del Principe nella metodica ricerca di un confronto tra un passato carico di bellezza e un presente difficile e spesso scollegato dalla storia che lo ha preceduto e, alla fine, generato, anche se questo sembra spesso impossibile. L'immagine più rappresentativa dell'assenza di dialogo tra passato e presente è forse quella che mostra una triste Butera precipitare scompostamente giù per la collina in assurde e stonate, aggressive strutture decise chissà da chi. Una sorta di ricerca del tempo perduto, quella di Scalia, non però nostalgica, non triste, ma ricca di schietto realismo.

    Si affida infatti a una fotografia basata sull'attenta osservazione di luoghi e architetture, in esterni e in interni, sul desiderio di mostrare le cose per aiutare una riflessione sul nostro disordinato presente, una fotografia ancora fiduciosa che vedere significhi capire: proprio in questo senso l'adozione del formato quadrato mira a dare equilibrio all'analisi dei territori. La sistematicità del lavoro, organizzato in un petit tour siciliano che riecheggia il grand tour che a lungo condusse nobiltà e intellettuali europei a conoscere il Mediterraneo, cuore profondo della civiltà, ma anche il Viaggio in Italia di ghirriana memoria, trova espressione completa in un leporello, libro a fisarmonica che vuole suggerire una possibile narrazione dei luoghi.

    - L'eredità dei Branciforti | Testo di Sandro Scalia

    Queste immagini rappresentano lo stato della mia lunga ricerca sul paesaggio siciliano, in bilico tra memoria e presente. Nella fattispecie lo scopo è quello di individuare le tracce del tempo nelle dieci città-feudo dei Branciforti, così come raffigurate nelle mappe pittoriche della seconda metà del Settecento ospitate a Palazzo Butera a Palermo, e di compararle con le attuali immagini satellitari. Preso atto delle trasformazioni avvenute, è stato necessario avviare un accurato viaggio di esplorazione dei luoghi, al fine di "prendere le misure" e tentare possibili rappresentazioni, capire cosa fosse accaduto in alcune città rispetto ad altre e comprenderne il motivo. Le tracce dei feudi sono difatti ancora visibili ovunque, sono sopravvissute al tempo, anche agli scempi edilizi degli anni cinquanta.

    Di fronte a un simile scenario non è rimasto altro che percorrere le strade, città per città, tornando spesso più volte negli stessi luoghi, visitando biblioteche, musei, chiese, conventi, giardini, dimore pubbliche e private, rileggendo il paesaggio, che caratterizza fortemente quest'isola, nelle diverse stagioni. La campagna fotografica ha rivelato così aspetti inediti, stratificazioni visibili, memorie scomparse o celate in maniera consapevole da chi avrebbe dovuto tutelarle. Nei dipinti si nota, ad esempio, che le campagne sono sempre ben coltivate e curate.

    Oggi, con il passare del tempo, il medesimo scenario si conserva ancora solo grazie alla cura dei contadini che, con la sapienza della loro cultura rurale, salvaguardano la natura, la terra, il paesaggio stesso. Nella totalità dei dieci feudi sopravvivono ancora oggi tenute agricole, terreni seminativi, frutteti. Tra questi è possibile vedere piccoli borghi rurali, conventi fuori le mura, chiese di campagna, ponti e le trazzere regie, vie di comunicazione storiche. Più complesso è invece il raffronto tra la raffigurazione urbana dei dipinti e le città attuali: infatti, alcuni edifici storici presenti nelle mappe sono ancora oggi identificabili e nella gran parte dei casi lo schema viario coincide e permette l'orientamento.

    Purtroppo, l'espansione dei centri urbani ha reso anche poco riconoscibili i nuclei storici originari. Le ampie piazze si sono ridotte, i giardini e gli orti sono stati edificati, così come i terreni di pertinenza dei conventi. Tra le dieci città, Butera, adagiata su un piccolo altopiano, è oggi la più compromessa perché, non potendo espandersi, ha demolito gli edifici originari e riedificato in altezza con superfetazioni 'creative'. Mazzarino e Raccuja sono le città che hanno meglio tutelato il loro patrimonio. Le immagini realizzate nel corso di questa ricerca sono state raccolte in un libro a leporello che permette di ripercorrere, come in un loop, il fascino di questo Grand Tour dell'isola.

    MARIA VITTORIA TROVATO

    - Piani regolatori | Dal testo di Roberta Valtorta in catalogo

    Sempre all'opera di Ghirri rimanda gentilmente il lavoro di Maria Vittoria Trovato, questa volta all'Atlante che il maestro emiliano realizzò nel 1973 fotografando le pagine del libro "assoluto" che racchiude tutti i segni della terra, in un viaggio concettuale compiuto sulla carta e non nella realtà. Le mappe fotografate da Trovato non parlano di viaggi: sono, infatti, le tavole dei piani regolatori rintracciate negli uffici comunali di Militello, Grammichele, Butera, Niscemi, Raccuja, Barrafranca. I colori pastellati, rosa, giallo, azzurro, blu, grigio, le linee geometriche, le gradevoli composizioni astratte, donano a queste tavole tecniche qualcosa di poetico, che pare positivo, gli elementi grafici sintetizzano piacevolmente la complessità di territori invece colpiti da una urbanizzazione mal controllata, violenta. La distanza dalla realtà è enorme.

    La fotografa offre al nostro sguardo, alternate alle tavole, un panorama della collina di Butera in cui il disastro è evidente, il ritratto frontale di un impiegato comunale, l'immagine di un fitto bosco, quella di una porta chiusa al di là della quale non sappiamo che cosa immaginare. Eppure non c'è dramma in questo lavoro, ma solo un disarmante senso di attesa. Il Principe chiamò dei pittori perché raffigurassero al meglio le sue città in dipinti da mostrare agli ospiti del palazzo; a partire dagli anni Sessanta dell'Ottocento i Comuni producono piani regolatori, strumenti urbanistici complessi per la pianificazione del territorio: vengono pubblicati sul sito comunale e possono essere consultati presso gli uffici tecnici di città e paesi, sono per tutti.

    - PRG | Testo di Maria Vittoria Provato

    PRG è un lavoro che inizia negli uffici tecnici delle dieci città del principe, diventa un viaggio attraverso le tavole dei piani regolatori o di fabbricazione di questi paesi e poi guarda ai luoghi reali nel tentativo di comprendere le intenzioni e i bisogni di queste comunità nel corso tempo. Il confronto con le mappe di Palazzo Butera porta a esplorare le trasformazioni del paesaggio legate ai cambiamenti sociali e culturali avvenuti in questi territori. Davanti alle tavole dei piani regolatori, lo sguardo che abbraccia tutto consente di vedere con più chiarezza le diverse aree di espansione nate intorno al nucleo originario dei vari paesi, ma anche di cominciare a giocare con la fantasia per immaginare quei luoghi.

    Adesso c'è chi osserva la città vecchia dall'alto e chi dal basso, sono state costruite nuove strade e nuovi quartieri, i centri storici si sono lentamente spopolati, molte persone sono andate a lavorare all'estero e non hanno fatto in tempo a vivere nella città che avevano immaginato. A volte i desideri possono venire disattesi, ma molti continuano a custodirli e una porta diventa la traccia di un sogno da seguire. Altri sono rimasti e c'è chi ha deciso di rinunciare a un bosco per farsi spazio e costruire futuro, chi ha scelto di vivere con l'essenziale circondato dalla natura, chi lotta per il paesaggio e chi per dare spazio all'arte e alla cultura. Qualcuno non ha mai smesso di pensare che tutto sarebbe stato diverso se il principe non fosse venuto a mancare così giovane.

    Chi c'era prima e chi non è potuto esserci

    Alle origini di questo progetto c'è il puntuale lavoro di documentazione delle dieci città del Principe compiuto dal 2016 al 2019 da circa venti studenti dell'Accademia di Belle Arti di Palermo sotto la guida di Sandro Scalia, in un confronto tra la descrizione fornita dalle mappe settecentesche e l'attualità dei territori. Le loro fotografie sono state i primi importanti materiali che hanno permesso ai sei fotografi incaricati di incontrare per la prima volta i dieci paesi siciliani. A tutti gli studenti va un grande e sincero ringraziamento. Nel progetto iniziale proposto alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell'ambito di Strategia Fotografia 2023 tra i fotografi era compreso anche Giovanni Chiaramonte, siciliano di nascita e milanese d'azione, maestro della fotografia italiana di paesaggio, ricercatore, docente. A Chiaramonte, scomparso il 18 ottobre 2024 dopo una lunga malattia, va il nostro pensiero. Gli rendiamo un piccolo omaggio pubblicando nel catalogo dedicato al progetto alcune delle fotografie del castello dei Branciforte a Raccuja da lui realizzate nel 1999 su incarico dell'architetto Pasquale Culotta, accompagnate da uno scritto di Monica Maffioli. (Comunicato stampa)

    Immagine:
    Sala Mappe di Palazzo Butera - Foto Sandro Scalia




    Opera di Gianfranco Anastasio denominata Tempo Attesa Opera di Gianfranco Anastasio denominata Tempo Bianco Fotografia che riprende Gianfranco Anastasio nel suo studio Opera di Gianfranco Anastasio denominata Guardiani Gianfranco Anastasio
    "Con gli occhi della mente"


    05 ottobre - 15 novembre 2024
    Galleria Carta Bianca - Catania
    www.galleriacartabianca.it

    Una prestigiosa personale di Gianfranco Anastasio (Messina, 1956), artista storicamente legato alla galleria, ormai alla sua terza presenza dopo le mostre del 1999 e del 2009.

    Claudio Cerritelli, il critico di riferimento dell'Astrazione italiana, così scriveva di Anastasio su un quaderno che sarà presente all'inaugurazione: "Nei discorsi sulla pittura astratta è spesso prevalsa la convinzione che il colore debba sempre calibrare la sua temperatura originaria per essere luce che vive nello spazio dell'opera, non a caso la sua pregnanza si identifica nella qualità manuale del pittore che ne disvela il volto senza ancora conoscerlo. In questa fase di accertamento, la superficie dipinta non è solo rispondente al processo esecutivo e alle sue pratiche materiali ma evoca soprattutto l'idea che "dipingere è pensare con gli occhi", definizione che Anastasio propone nelle sue "scritture bastarde" parallele alla pittura. Le riflessioni teoriche e i frammenti aforistici nascono dall'esperienza sedimentata in lunghi anni di analisi del rapporto tra progetto e opera....

    Gli esegeti della pittura di Anastasio (da Crispolti a Caramel, da Barbera a Frazzetto, da Meneguzzo a Bazzini) hanno indicato secondo angolazioni diverse un ampio campo di riferimenti che attingono alla linea aniconica del contemporaneo. Queste radici oggettivamente verificabili vanno ricondotte alla soggettività di un pensiero basato su assonanze che l'artista trasforma in dati esperienziali, legati alle antinomie del vissuto. Dunque, non riducibili ad un citazionismo reverenziale, rivelatori piuttosto di differenti dislivelli immaginativi: disciplina e trasgressione, volontà affermativa e abbandono estatico, linee di fermezza e forme di spaesamento spaziale, entità misurabili....

    Per Anastasio la dimensione del colore è plurale, si nutre di luci dove ogni elemento è calibrato in termini di relazione, infatti un colore preso in sé stesso non è mai intenso come quando si manifesta insieme ad altri colori. Non sempre questa considerazione incontra i favori dei pittori astratti, ma in questo caso può dirsi aderente alla posizione anomala ed eretica del nostro artista, alla sua necessità di infrangere le regole del sistema linguistico iper-aniconico. Quello che resta è la promessa imperfetta di una nuova durata" - così ha scritto l'artista alla ricerca di nuovi orizzonti, tramutando le ombre interiori in nuove promesse di luce, in perpetuo dialogo con il futuro della pittura... All'interno di questa tensione creativa recita un ruolo decisivo il movimento perpetuo della memoria tra il passato e il futuro, essendo il presente solo un punto di passaggio relativo a ciò che la pittura è stata e vuole ancora essere, aperta ai giorni a venire e agli sguardi futuri."

    Racconta Gianfranco Anastasio: "Il testo, pubblicato nel quaderno, è stato scritto da Claudio Cerritelli pochi mesi prima che ci lasciasse. Stavamo lavorando a una mostra che poi non è stato possibile organizzare, non c'è stato tempo. Era stato al mio studio a Messina in compagnia di Francesco Rovella per vedere i lavori recenti, poi ci siamo incontrati più volte a Milano con lunghe discussioni caratterizzate da un'autentica passione per la pittura, sulla sua necessità e vitalità, ma anche piene di ironia e curiosità, nel labirinto del suo studio pieno di libri e di opere, seduti al bar o passeggiando per le strade dei Navigli." (Comunicato stampa)

    Immagini (da sinistra a destra):
    1. Gianfranco Anastasio, Tempo Attesa
    2. Gianfranco Anastasio nel suo studio 3. Gianfranco Anastasio, Guardiani
    4. Gianfranco Anastasio, Tempo Bianco





    Dipinto a olio su tela di cm 100x100 denominato La sognatrice realizzato da Simone Geraci nel 2024 Dipinto a olio su tela olio su tela di cm 150x150 denominato La stagione che tarda ad arrivare realizzato da Simone Geraci nel 2024 Dipinto a olio su tela olio su ardesia di cm 31x21 denominato La sognatrice realizzato da Simone Geraci nel 2024 Simone Geraci | La stagione che tarda ad arrivare
    18 ottobre - 09 novembre 2024
    Galleria Edarcom Europa - Roma
    www.edarcom.it | Locandina della mostra

    L'esposizione, curata da Francesco Ciaffi e Roberto Sottile, presenta, per la prima volta negli spazi espositivi della galleria, il lavoro del giovane artista palermitano, i cui dipinti sono connotati da una raffinata ricerca sui monocromi e sull'eleganza e la delicatezza senza tempo del corpo e dei volti femminili. La mostra, inserita nella programmazione della IX edizione della Rome Art Week.

    Francesco Ciaffi, nel testo in catalogo, a proposito del lavoro di Geraci annota che "Il filtro pittorico che utilizza, caratterizzato da una tavolozza di cobalti, ottani e turchesi, innalza il soggetto in una sorta di galleggiamento onirico in cui le angosce del quotidiano si disciolgono per lasciare allo spettatore una pacifica emozione di amorevole nostalgia".

    E Roberto Sottile, sempre in catalogo, osserva "L'opera di Simone Geraci si distingue per la capacità di esplorare l'umanità nella sua essenza più introspettiva, offrendo uno sguardo delicato e profondo sull'interiorità dell'uomo. Nelle sue tele, il confine tra reale e immaginario si dissolve, in un gioco di rimandi tra presenza fisica e dimensione concettuale. L'immagine stessa si fa reale e nello stesso momento si sublima con il paesaggio, creando una fusione tra corpo e ambiente, tra pensiero e spazio, che trasforma l'opera in un'esperienza immersiva". (Comunicato di presentazione)

    Immagini (da sinistra a destra):
    1. Simone Geraci, La sognatrice, 2024, olio su tela cm 100x100
    2. Simone Geraci, La stagione che tarda ad arrivare, 2024, olio su tela, cm 150x150
    3. Simone Geraci, La sognatrice, 2024, olio su ardesia cm 31x21




    Dipinto a olio su tela di cm 148x187 senza titolo realizzato da Mimmo Germanà nel 1982 Dipinto a olio su tela di cm 120x95 denominato L'abisso realizzato da Daniela Balsamo nel 2024 Dipinto a olio su tela di cm 125x180 denominato L'anima del mare realizzato da Giovanni Iudice nel 2016 Composizione con stampa gliclèe su carta Fine Art Hahnemuele photo rag di cm 44x44 denominata Rhapsody in blue realizzata da Franco Ferro nel 2024 Blu Sicilia
    Il mare nell'arte isolana dal Novecento alla Contemporaneità


    21 aprile - 03 novembre 2024
    Società Operaia di Mutuo Soccorso - Modica (Ragusa)
    www.sikarte.it | Locandina della mostra

    Mostra per raccontare, attraverso una selezione di opere di importanti artisti non solo siciliani, il mare isolano e l'intreccio di tematiche che lo coinvolgono. Il progetto è articolato in due sezioni scientifiche e tematiche: la prima a cura di Giuliana Fiori copre l'arco temporale fino alla prima metà del Novecento; la seconda a cura di Chiara Canali si focalizza sulla seconda metà del Novecento fino alla contemporaneità.

    «Il mare - afferma la presidente dell'associazione culturale siciliana Sikarte, Graziana Papale - è uno dei più importanti tratti distintivi della Sicilia: il mare come identità di chi nell'isola nasce, ma anche come presenza coinvolgente di chi la Sicilia la vive per lunghi o brevi periodi. Sikarte ha prodotto questa mostra con l'intento di raccontare, attraverso un percorso tematico e scientifico di opere di 53 artisti non solo siciliani, come il mare di Sicilia, possa aver ispirato la ricerca artistica sin dai primi decenni del Novecento e continua a farlo tutt'oggi. Blu Sicilia riconferma la presenza di Sikarte a Modica, quest'anno negli spazi della Società Operaia di Mutuo Soccorso. Si rinnova, quindi, la ricerca di luoghi unici e la necessità di renderli fruibili al pubblico. La sinergia nata con il Comune di Modica e la Società Operaia di Mutuo Soccorso, sta rendendo possibile l'accessibilità culturale di spazi storici architettonicamente caratterizzanti, testimonianza di una città d'arte come Modica patrimonio Unesco.»

    «La mostra si propone - dichiara Giuliana Fiori - come documentazione compiuta di quanto spesso il mare dell'isola sia stato protagonista di grandi opere d'arte, concentrando l'attenzione sui sec. XX e XXI. Pittura, scultura, fotografia e istallazioni di artisti di chiara fama, alcuni storicizzati come Fausto Pirandello, Renato Guttuso, Bruno Caruso, Piero Guccione, infatti, contribuiranno a far conoscere più da vicino le emozioni che il mare siciliano sa regalare e a rivelare come esso possa riempire la memoria di ricordi indelebili.»

    Un percorso espositivo dunque in grado di offrire un ampio panorama sul tema del mare siciliano, nelle sue varie sfaccettature sia culturali che sociali. Molteplici sono i temi che s'intrecciano nel percorso espositivo, perché diversi sono gli aspetti che gli artisti scelti hanno interpretato e denunciato nelle loro indagini artistiche: la bellezza e la poesia dei luoghi, la storia e il mito, la luce e i colori, la tradizione, i pescatori e i naviganti, le problematiche sociali e ambientali.

    «Il mare- ricorda Chiara Canali - ritorna spesso nelle leggende, nei culti e nei miti, soprattutto in quelli legati alla prorompente mediterraneità della Sicilia. Il mare ritorna anche nelle storie più recenti, quelle degli scrittori, dei registi e degli artisti che hanno raccontato questa terra dai numerosi volti e dalla pluralità di paesaggi. Gli artisti in mostra hanno eletto il Blu a emblema della Sicilia, del suo mare e delle sue tradizioni e memorie.»

    Una selezione di dipinti, sculture, fotografie e installazioni, mostrerà come il mare di Sicilia, universalmente riconosciuto come elemento di bellezza identitaria dell'isola, possa aver ispirato tanti artisti, sin dai primi decenni del Novecento, e continua a farlo tutt'oggi toccando anche tematiche di forte impatto sociale e ambientale.

    «Il Mare - dichiara Maria Monisteri, Sindaco del Comune di Modica - l'infinita distesa blu che si fonde all'orizzonte con il blu del cielo, è un momento distintivo della vita di ognuno e della nostra. Tratti di noi gente del Sud, che vive di questo e in questo lembo di Mondo e che respira del suo mare. Cifra caratterizzante della nostra quotidiana essenza e che questa mostra, racconta attraverso opere che ne esaltano la bellezza con il colore che lo distingue. Il mare e la sua Gente; il mare e il suo Blu. Nel dare il benvenuto alla mostra e il bentornato a Sikarte sono felice di poter riempire i miei occhi e quelli dei tantissimi che visiteranno questa mostra, tuffando sensazioni nella bellezza del nostro mare, cuore e simbolo della nostra Terra».

    La mostra è ospitata presso la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso che si trova nei bassi del Palazzo della Cultura di Modica, edificio seicentesco e Monastero delle Suore Benedettine fino al 1860, nei suoi interni oltre una parte del chiostro benedettino sono visibili i confessionali in pietra rinvenuti durante i lavori di restauro.

    «Porgere il benvenuto in qualità di Presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Modica dal 1881 - dichiara Giorgio Solarino - è veramente entusiasmante. Ospitare Blu Sicilia. Il mare nell'arte isolana dal novecento alla contemporaneità sarà un'affascinante esperienza. L'esposizione che celebra l'importante connessione dell'arte con il maestoso mare che circonda la nostra amata isola. La presenza di autori di grande rilievo conferisce a questa mostra un'aura di prestigio e promette di arricchire notevolmente l'offerta culturale della nostra città. Con orgoglio, apriamo le nostre sale a Sikarte associazione culturale, che con scrupolosa cura e appassionato impegno si occuperà dell'evento. Siamo certi che sarà un'esperienza indimenticabile che metterà in risalto la centralità culturale della nostra storica realtà.»

    Il progetto gode del patrocinio del Comune di Modica, dell'ARS (Assemblea Regionale Siciliana), della Società Operaia di Mutuo Soccorso e di MUSEUM Osservatorio dell'arte contemporanea in Sicilia. Si ringraziano, inoltre, gli sponsor che hanno reso possibile la realizzazione del progetto: Coop - Gruppo Radenza, Sotto San Pietro, Lo Magno Arte Contemporanea, Salomone Assicurazioni, Cappero Bistrot, SikaniaWood.

    L'Associazione culturale Sikarte, ente senza scopo di lucro, persegue esclusivamente finalità culturali attraverso la promozione e la realizzazione di eventi nell'area delle arti visive, musicali, letterarie e teatrali. Diffonde l'arte nel mondo giovanile e non, con l'espletamento di attività didattiche da realizzare contestualmente a mostre ed eventi culturali quali laboratori, visite guidate e simili; amplia la conoscenza della cultura artistica in genere, attraverso internet e contatti fra persone, enti ed associazioni, incentivando le attività di artisti emergenti e professionisti. (Comunicato stampa)

    ___ Artisti in mostra

    _ Sezione Novecento

    Pippo Rizzo (1897-1964); Fausto Pirandello (1899-1975); Giuseppe Migneco (1903-1997); Francesco Ranno (1907-1986); Lia Pasqualino Noto (1909- 1998); Renato Guttuso (1911-1987); Saro Mirabella (1914-1972); Nicola Scafidi (1925 - 2004); Mimmo Pintacuda (1927 - 2013); Bruno Caruso (1927-2018); Franco Sarnari (1933-2022); Mario Schifano (1934-1998); Piero Guccione (1935-2018); Tano Festa (1938-1988); Vincenzo Nucci (1941-2015); Dina Viglianisi (1941); Maurilio Catalano (1942-2022); Ferdinando Scianna (1943); Mimmo Germanà (1944-1992); Michele Cossyro (1944); Giovanni Chiaramonte (1948-2023); Sebastiano Messina (1951); Giuseppe Modica (1953); Giovanni La Cognata (1954).

    _ Sezione Contemporanea

    Giovanna Brogna Sonnino (1955); Sebastiano Favitta (1957); Luigi Nifosì (1958); Sandro Scalia (1959); Carmelo Bongiorno (1960); Carmelo Nicosia (1960); Angelo Zaven (1961); Giovanna Lentini (1962); Franco Ferro (1964); Francesco Lauretta(1964); Giuseppe Puglisi (1965); Antonio Parrinello (1964); Gianni Mania (1967); Piero Zuccaro (1967); Pucci Scafidi (1969); Daniela Balsamo (1970); Andrea Di Marco (1970 - 2012); Giovanni Iudice (1970); Giuseppe Colombo (1971); Cesare Inzerillo (1971); Elio Cassarà (1974); Ignazio Cusimano Schifano (1975); Alice Valenti (1976); Giacomo Rizzo (1977); Elena Mocchetti (1978); Linda Randazzo (1979); Sebastiano Raimondo (1981); Emanuele Giuffrida (1982); Valentina Brancaforte (1983).

    Immagini (da sinistra a destra):
    1. Mimmo Germanà, senza titolo, olio su tela cm. 148x187, 1982
    2. Daniela Balsamo, L'abisso, olio su tela cm. 120x95, 2024
    3. Giovanni Iudice, L'anima del mare, olio su tela cm. 125x180, 2016
    4. Franco Ferro, Rhapsody in blue, stampa gliclèe su carta Fine Art Hahnemuele photo rag cm. 44x44, 2024




    Yoko Ono
    "Wish Tree for Sicily" ("L'albero dei desideri per la Sicilia")


    Taormina, 27 luglio - 30 settembre 2024

    Il progetto di arte performativa della celebre artista sceglie Taormina per lanciare a tutto il mondo messaggi universali di pace e solidarietà. Protagonisti i visitatori internazionali che, come in Giappone, esprimono i loro desideri su bigliettini di carta appesi agli alberi dell'isolotto. Si intitola "Wish Tree for Sicily" - ovvero "L'albero dei desideri per la Sicilia" ed è il progetto di arte interattivo e itinerante avviato da Yoko Ono diversi anni fa che questa estate approda in Sicilia, allestito a Isola Bella e fino al 30 settembre. Una iniziativa della Fondazione Mudima di Milano, presieduta da Gino Di Maggio, e promossa dal Parco archeologico Naxos Taormina diretto da Gabriella Tigano. Il progetto è a cura di Nino Sottile Zumbo.

    Protagonisti della "performance" di arte relazionale creata dalla celebre artista - figura di spicco nei circoli d'avanguardia statunitensi e giapponesi e che tutti ricordano come moglie dell'ex musicista dei Beatles, John Lennon - sono i visitatori di Isola Bella che, come accade in Giappone con i "tanzaku" per la festa del Tanabata, partecipano all'iniziativa esprimendo il loro desiderio su bigliettini di carta appesi ai rami di alcuni alberi: il grande lentisco che fa parte del lussureggiante patrimonio arboreo di Isola Bella (realizzato a fino Ottocento dalla naturalista inglese Lady Florence Trevelyan) e sei piante di agrumi.

    Completano il progetto performativo - un'installazione in continuo divenire che coinvolgerà il pubblico internazionale che in estate fa tappa sull'isolotto collegato alla terraferma da un sottile istmo di sabbia e ciotoli - quattro pittogrammi su canapa con aforismi zen creati dall'artista, mentre uno schermo ripropone in "loop" il documentario del 2009 "Image Peace Tower", capolavoro girato in Islanda e con filmati d'epoca che Yoko Ono ha dedicato alla memoria di John Lennon. Tra le opere anche "Imagine peace", della serie "Word Piece", creata appositamente per questa mostra: un messaggio emblematico per evidenziare le emergenze sociali dei nostri tempi, come la solidarietà e la pace.

    "Wish Tree for Sicily" a Isola Bella si relaziona in maniera diretta alla recentissima grande mostra celebrativa dell'artista giapponese, "Music of the mind" (Tate Modern, Londra, 2024), che ne documenta il pensiero e la poetica. Il catalogo, che verrà edito da Mudima a conclusione della Mostra, raccoglierà testimonianze anche testuali del pubblico intervenuto attivamente nei mesi in cui questa forma d'arte totale invaderà l'Isola Bella. (Comunicato stampa Fondazione Mudima, Milano)




    Giuseppe Patanè
    "EGO"


    Città di Acireale (Catania), 14 luglio (inaugurazione) - 29 settembre 2024

    Mostra a cura di Carlo Micheli. Il foyer del Teatro Bellini era stato aperto già alcuni anni fa ed è stato di recente riqualificato anche in vista dell'inaugurazione della mostra "Ego" che rappresenta in qualche modo l'occasione per riconsegnarlo nuovamente alla città. La mostra è stata fortemente voluta dalla Città e dalla Diocesi di Acireale come ricordato durante la conferenza di presentazione svoltasi lo scorso 28 giugno presso la Biblioteca Zelantea. L'ampia antologica ripercorre i momenti salienti della ricerca artistica di Giuseppe Patanè, ma soprattutto le tappe di quell'impegno sociale ed etico che è ormai elemento indispensabile e irrinunciabile della definizione stessa di "arte contemporanea".

    La mostra presenta opere estrapolate da differenti cicli - "La forza della natura", "Ferite", "Naufragi", "Show must not go on", "Senzatutto (Neve)", "Ego", "Presagi", "Dialoghi", "Conosci te stesso" - e si configura come un accostamento di veri e propri camei che formano una sorta di "wunderkammer" in cui "Naturalia" e "Mirabilia" si alternano secondo un ritmo narrativo incalzante.

    La multiforme ricerca di Giuseppe Patanè è improntata alla sottolineatura di tematiche sociali e al richiamo a quelle forme di rispetto verso i nostri simili, e verso il mondo che ci ospita, divenute ormai indifferibili. Una visione etica ed estetica della realtà, che trae spunto e linfa dalle tradizioni storico/culturali della terra siciliana e dalla cultura mediterranea, dall'innato senso di reciproco rispetto e dalla condivisione, tramite il linguaggio dell'arte, di valori universali.

    «Il percorso artistico di Giuseppe Patanè, per le sue peculiarità - spiega Carlo Micheli, curatore della mostra - impone la necessità di una rilettura costante e sistematica della sua produzione, la verifica di quel filo conduttore che ne sottolinea la coerenza artistica, pur nell'eterogeneità delle scelte stilistiche adottate. Nelle sedi messe a disposizione dalla città di Acireale, pertanto, si è scelto di presentare opere provenienti da differenti cicli, con richiami alle radici storico-mitologiche della terra siciliana, alle sue tradizioni culturali, al concetto stesso di bellezza che diviene attrazione e rispetto per la forza immane della natura, del vulcano, del mare.

    Ciò che unisce e giustifica i manufatti (e mai termine fu più appropriato) - dipinti, sculture, installazioni, oggetti d'arredo, gioielli, sperimentazioni alchemiche, tutto è creato dalle sole mani dell'artista, senza l'ausilio di pennelli, spatole o qualsivoglia altro attrezzo o strumento - tanto eterogeneo è il "modus operandi" di Patanè, basato sull'emotività, che viene in seguito decantato razionalmente e concettualizzato ma che, di primo acchito, è il frutto di un impeto emozionale, di una risposta viscerale a sollecitazioni negative di vario genere, quali ingiustizie, maltrattamenti, disonestà, sperequazioni, falsità.»

    La mostra è stata ideata per essere declinata in 9 "locations" - Palazzo di Città Sala Zelantea, Chiesa di San Benedetto, Chiesa di San Rocco, Teatro Bellini, Chiesa degli "agonizzanti" San Crispino, Chiesa di Santa Maria Odigitria, Museo Diocesano, Biblioteca e Pinacoteca Zelantea, Cattedrale Ss.ma Maria Annunziata - dove il concetto di EGO e tutte le desinenze ad esso riferite vengono analizzate attraverso i lavori di Giuseppe Patanè.

    Patanè trasforma l'indignazione, il dolore, l'offesa in atti concreti di segno opposto, contrattaccando con estrema lucidità ed efficacia, utilizzando l'affilatissima arma dell'arte. Si percepisce nei suoi lavori un equilibrio formale capace di esaltare le varie componenti, senza cadute o prevaricazioni, bilanciando con maestria i contenuti e la forma. Pittura, scultura, fotografia, "ready made", si contaminano vicendevolmente, annullando di fatto le barriere preconcette e settoriali, esaltando al contrario i punti di contatto e di fusione tra i generi e gli stili, preferendo, alla riconoscibilità del proprio operato, l'incisività dell'intervento e l'inequivocabilità dei contenuti. (Estratto da comunicato stampa)




    Valentina Mir
    "Kosmoopera"


    03 maggio (inaugurazione) - 06 giugno 2024
    Galleria Carta Bianca - Catania

    L'artista parigina Valentina Mir esporrà ventuno suoi "collage", realizzati nel 2019, che, come sempre, trattano con serietà didascalica e ironia un argomento legato alla Storia o alla storia di celebrità del mondo dello spettacolo. In questo caso, il soggetto indagato attraverso una rigorosa ricerca di giornali dell'epoca, è l'epopea spaziale dell'Unione Sovietica, che vede protagonisti Jurij Gagarin (primo uomo a volare nel cosmo) e Valentina Tereškova (prima donna nello spazio), i quali, da eroi cosmonauti, divennero, agli inizi degli anni Sessanta, anche delle stelle internazionali per i tantissimi servizi giornalistici a loro dedicati data la grande impressione che le loro gesta, le prime missioni nello spazio, ebbero nell'opinione pubblica che le percepì come l'inizio di una nuova età, detta, appunto "era spaziale".

    Questa notorietà, anche della cagnolina Laika, il primo essere vivente ad orbitare intorno alla terra, dilagò perché le televisioni, proprio in quegli anni, raggiunsero la loro grande diffusione entrando in ogni casa, specialmente nel mondo occidentale. Oltre a questi lavori, centrali nella mostra, saranno esposte anche altre opere che riguardano le donne di quel periodo, alcune riferite a Brigitte Bardot e altre a Elvis Presley che, nel 1960, ritornava in scena dopo l'interruzione del servizio militare.

    Scrive Giuseppe Frazzetto in un testo presentato in mostra "Le tavole di Valentina Mir riprendono e allo stesso tempo ribaltano la grande tradizione modernista del collage e/o prelievo/montaggio, in quanto vanno verso una (impossibile) unità di un frammentato per eccellenza, ovvero il dato memoriale. Ogni tavola tenta quindi di afferrare il Reale, riscrivendolo nei termini di un Simbolico che già in partenza non può che essere elaborazione, ideologia, svisamento".

    Duccio Tromadori: "La pietra del passato, il sogno del futuro: fedele al suo stile e al suo modo d'espressione, Valentina Mir racconta e rivive gli episodi salienti, drammatici ed entusiasmanti, della storia moderna con la vivida rappresentatività del più tenero choc emotivo. Ne risulta un prezioso smalto vitale che anima la memoria collettiva e sulla galassia mitologica del secolo XX (la rivoluzione, la conquista dello spazio, la fiducia illimitata nella scienza, il "fantasma" del comunismo e della libertà capitalista) dispone lo sguardo pregiato di una distante, quanto appassionata ed amabile benevolenza".

    Ornella Fazzina: "In un vero e proprio lavoro di montaggio, la Mir opera una trasformazione della realtà, poiché le immagini contengono l'aspetto documentario e racchiudono una notevole quantità di informazioni, ma nel contempo si muovono su un complesso registro simbolico comunicativo che va decodificato. Il mondo frammentato dei suoi collages mette in evidenza le conquiste spaziali dell'epoca non trascurando la figura femminile, come superamento di certi stereotipi e presentazione di una donna nuova e forte". (Comunicato stampa)




    Carmelo Bongiorno
    "L'Isola intima, radiografie dell'anima"


    17 marzo (inaugurazione) - 25 aprile 2024
    Palazzo Marliani Cicogna - Busto Arsizio (Varese)

    Un lungo viaggio fisico e mentale attraverso i luoghi e le emozioni della Sicilia, 35 fotografie vintage stampate in camera oscura dall'autore, copie uniche, frammenti di vita vissuta in controluce. Viaggio condiviso, tra gli altri, dal grande Giovanni Chiaramonte che nel suo testo scrive: "La sorprendente unicità della visione di Carmelo Bongiorno scaturisce dal rapporto intimo con la sua terra. Egli riflette il proprio itinerario dentro la camera oscura della rimembranza, e sfuma ogni nitida concretezza delle forme e delle figure per mettere a fuoco l'esperienza interiore delle proprie passioni e dei propri sentimenti".

    E, ancor prima, dall'amico e compagno di percorso Franco Battiato che scrive: "Attraverso la fotografia Carmelo Bongiorno continua la sua ricerca esistenziale, coglie l'essenza misteriosa delle cose: ambienti e persone appaiono in stato onirico, dentro un naturalismo metafisico, come traslitterazione di sogni in luoghi, come combinazioni arcane. La fotografia si trasforma in pensiero". (Comunicato stampa)




    Opera di Salvatore Tudisco nella mostra Etna in blu Etna in blu - Salvatore Tudisco - opera nella mostra alla Associazione Culturale Renzo Cortina nella mostra Salvatore Tudisco: Etna in blu
    termina il 26 maggio 2018
    Associazione Culturale Renzo Cortina - Milano
    www.cortinaarte.it

    La mostra fotografica presenta 15 immagini che interpretano in modo inconsueto e originale una delle più note icone del panorama siciliano. Tra i vulcani attivi del nostro pianeta l'Etna fa parte del Patrimonio dell'Unesco dal 2013 ed è il protagonista di spettacolari paesaggi immortalati da artisti e poeti di tutto il mondo. "Idda a Muntagna", per chi abita alle falde di questo vulcano, è sicuramente qualcosa di più di un bene paesaggistico, è la mitica montagna, femmina, madre feconda, musa ispiratrice. Per Salvatore Tudisco, autore degli scatti in mostra, rappresenta il privilegio di avere un contatto diretto con le origini del mondo con misteri ancestrali che suscitano riflessioni profonde, che arrivano fino al significato stesso dell'esistenza umana e della natura delle cose. E' proprio il frutto di queste considerazioni che genera un caleidoscopio di emozioni intense, vivide, brulicanti di energia nativa.

    Nell'immaginario collettivo il vulcano ricorda lava, calore rovente, magma incandescente, lapilli di nero fumo, per un uomo nato a Taormina il vulcano è luminescenza, divinità, splendore aureo, azzurro cielo. Quest'ultima visione non è in contrasto con la prima ma ne è semplicemente la conseguenza naturale, è andare oltre l'apparenza esteriore delle cose per coglierne l'essenza. La rugosa consistenza della crosta lavica quindi lascia spazio a deliri evanescenti, a improvvisi palpiti, lapilli di puro colore primario, steso in campiture sempre più rarefatte. La classica vista fotografica che faceva incorniciare l'Etna nel famoso Teatro di Taormina si trasforma allora in un non-luogo astratto, in una rapsodia emozionale di colori che ci fa perdere le coordinate reali e ci trasporta sulle note blues dell'inconsistenza e del dubbio fino ad arrivare all'apoteosi concreta del magma originario.

    Salvatore Tudisco si è laureato presso l'Università "La Sapienza" di Roma. E' docente di "Valorizzazione dei Beni Ambientali ed Architettonici" presso l'Accademia di Belle Arti di Catania. Si occupa di fotografia e scultura (arte povera), completa la sua poliedrica figura la gestione del Monastero Basiliano del Santuario della Madonna della Rocca a Taormina. Vincitore del concorso internazionale "Lo sguardo sulla città" indetto dall'Uniroma-3 nel 2007 Salvatore Tudisco in arte Turi Tudisco è uno dei principali esponenti nel panorama artistico taorminese. Ha collaborato con il critico d'arte Italo Mussa, con il fotografo Carlo Orsi, con lo scultore Arnaldo Pomodoro in "La scultura del XX secolo a Taormina" ed infine ha partecipato alla realizzazione delle scenografie del "Piccolo Diavolo" di Roberto Benigni. Nel 2015 è stato protagonista del documentario "Taormina" di Geo&Geo. (Comunicato stampa)




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