Vivian Maier | Mostre in Italia

Fotografie scattate con Rolleiflex e Leica | Filmati in Super 8 e 16 mm.



Foto di Vivian Maier, autrice dilettante di migliaia tra fotografie e filmati in super 8 Vivian Maier - Anthology
07 settembre 2023 - 28 gennaio 2024
Palazzo Pallavicini - Bologna

Mostra realizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci di Pallavicini srl, a cura di Anne Morin di DiChroma Photography con esposizione quasi 150 fotografie (111 in bianco e nero, 35 a colori) e Super 8mm dall'archivio Maloof Collection e della Howard Greenberg Gallery di New York.




Vivian Maier
"Shadows and Mirrors"


23 marzo - 11 giugno 2023
Palazzo Sarcinelli - Conegliano

La mostra, composta da 93 autoritratti, racconta la grande fotografa e la sua ricerca incessante di trovare un senso e una definizione del proprio essere. La mostra, a cura di Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, è organizzata da ARTIKA, in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano. "Un ritratto non è fatto nella macchina fotografica. Ma su entrambi i lati di essa", così il fotografo Edward Steichen riassumeva il principio della fotografia. Un processo creativo che ha origine dalla visione dell'artista e che si concretizza solo in un secondo tempo nello scatto. Nel caso di Vivian Maier: il suo stile, i suoi autoritratti, hanno origine da una visione artistica al di qua dell'obiettivo fotografico. Per lei fotografare non ha mai significato dar vita a immagini stampate e quindi diffuse nel mondo, quanto piuttosto un percorso di definizione della propria identità.

La mostra ripercorre l'opera della famosa tata-fotografa che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi con la Leica, trasporta idealmente i visitatori per le strade di New York e Chicago, dove i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell'artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante. Vivian Maier fotografò per più di quarant'anni, a partire dai primi anni '50, pur lavorando come bambinaia a New York e a Chicago. Spese la sua intera vita nel più completo anonimato, fino al 2007, quando il suo corpus di fotografie vide la luce.

Un enorme e impressionante mole di lavoro, costituita da oltre 120.000 negativi, film in super 8 e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche e centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. Il suo pervasivo hobby finì per renderla una delle più acclamate rappresentanti della street photography. Gli storici della fotografia l'hanno collocata nella hall of fame, accanto a personalità straordinarie come Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winograd.

L'allestimento di Palazzo Sarcinelli esplora quindi il tema dell'autoritratto di Vivian Maier a partire dai suoi primi lavori degli anni '50, fino alla fine del Novecento. Un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica. Le sue ricerche estetiche si possono ricondurre a tre categorie chiave, che corrispondono alle tre sezioni della mostra. La prima è intitolata Shadow (l'ombra). Vivian Maier adottò questa tecnica utilizzando la proiezione della propria silhouette. Si tratta probabilmente delle più sintomatica e riconoscibile tra tutte le tipologie di ricerca formale da lei utilizzate. L'ombra è la forma più vicina alla realtà, è una copia simultanea.

È il primo livello di una autorappresentazione, dal momento che impone una presenza senza rivelare nulla di ciò che rappresenta. Attraverso il Reflection (riflesso), a cui è dedicata la seconda sezione, l'artista riesce ad aggiungere qualcosa di nuovo alla fotografia, attraverso l'idea di auto-rappresentazione. L'autrice impiega diverse ed elaborate modalità per collocare sé stessa al limite tra il visibile e l'invisibile, il riconoscibile e l'irriconoscibile. I suoi lineamenti sono sfocati, qualcosa si interpone davanti al suo volto, si apre su un fuori campo o si trasforma davanti ai nostri occhi.

Il suo volto ci sfugge ma non la certezza della sua presenza nel momento in cui l'immagine viene catturata. Ogni fotografia è di per sé un atto di resistenza alla sua invisibilità. Infine, la sezione dedicata al Mirros (specchio), un oggetto che appare spesso nelle immagini di Vivian Maier. È frammentato o posto di fronte a un altro specchio oppure posizionato in modo tale che il suo viso sia proiettato su altri specchi, in una cascata infinita. È lo strumento attraverso il quale l'artista affronta il proprio sguardo.

"La scoperta tardiva del lavoro di Vivian Maier, che avrebbe potuto facilmente scomparire o addirittura essere distrutto, è stata quasi una contraddizione. Ha comportato un completo capovolgimento del suo destino, perché grazie a quel ritrovamento, una semplice Vivian Maier, la tata, è riuscita a diventare, postuma, Vivian Maier la fotografa", scrive Anne Morin nella presentazione della mostra. Nelle splendide immagini in mostra vedremo la seconda metà del Novecento con gli occhi e negli occhi di un'icona della storia della fotografia. (Comunicato ufficio stampa Studio Esseci)




Vivian Maier. The Self-portrait and its Double
20 luglio 2019 - 22 settembre 2019
Magazzino delle idee - Trieste

Mostra, a cura di Anne Morin di Chroma Photography, Madrid, con settanta autoritratti in bianco e nero e a colori di Vivian Maier. La rassegna è stata realizzata e organizzata dall'Ente Regionale per il Patrimonio Culturale in collaborazione con John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery di New York.

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Mostre su Trieste



Vivian Maier - In her own hands
12 ottobre 2019 - 12 gennaio 2020
Palazzina di Caccia di Stupinigi - Torino

Mostra fotografica organizzata da Next Exhibition, che attraverso circa cento scatti di Vivian Maier narra la quotidianità di New York. Nel quadro della rassegna anche una serie di incontri a tema di approfondimento sulla personalità dell'autrice delle foto. Le fotografie scattate da Vivian Maier, i tanti negativi inediti, furono scoperti nel 2007 da John Maloof che li acquistò a poco prezzo in un'asta per realizzare una ricerca sulla città di Chicago. Dopo aver pubblicato su Flickr qualche immagine di qualcuna delle fotografie e aver constatato interesse dei visitatori del sito, iniziò cercare notizie sull'autrice, scoprendo che aveva lavorato come bambinaia e per hobby era una fotografa dilettante. Scattava le sue foto nelle strade in particolare New York, Los Angeles, Chicago.



Vivian Maier: Una Fotografa Ritrovata
27 ottobre - 18 febbraio 2018
Fondazione Puglisi Cosentino (Palazzo Valle) - Catania

Mostra fotografica, a cura di Anne Morin con Alessandra Mauro, dedicata a Vivian Maier, nota dopo la scoperta postuma, da parte di John Maloof, che ad un'asta acquistò una parte delle fotografie e dei filmati da lei realizzati da dilettante. In esposizione 120 foto scattate tra gli anni '50 e '60, fotografie a colori degli anni '70 e film in Super 8. Le sue fotografie ritraggono persone e particolari di New York e Chicago.



Vivian Maier - La fotografa ritrovata
03 marzo 2018 - 27 maggio 2018
Palazzo Pallavicini - Bologna

Mostra realizzata da Palazzo Pallavicini, a cura di Anne Morin (di DiChroma Photography), con foto tratte dall'archivio Maloof Collection e della Howard Greendberg Gallery di New York. In esposizione centoventi fotografie in bianco e nero, di cui dieci in grande formato, novanta di formato medio più una meravigliosa sezione di venti foto a colori realizzate negli anni Settanta.



Vivian Maier. Street photographer
Scuderie del Castello Visconteo - Pavia
termina lo 05 maggio 2019

Mostra a cura di Anne Morin e Piero Francesco Pozzi: 120 fotografie in bianco e nero e a colori e pellicole in super 8 mm.



Vivian Maier. Una fotografa ritrovata
23 giugno - 08 ottobre 2017
Palazzo Ducale - Genova

La mostra retrospettiva - curata da Anne Morin e Alessandra Mauro - ricostruisce il lavoro fotografico della grande e sconosciuta autrice. La vita e l'opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, non abbandonava mai la macchina fotografica, scattando compulsivamente con la sua Rolleiflex. E' il 2007 quando John Maloof acquista, durante un'asta, parte dell'archivio della Maier. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà di cercare materiale riguardante questa misteriosa fotografa, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe.

La mostra presenta 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti. Figura imponente ma discreta, decisa e intransigente nei modi, Vivian Maier ritraeva le città dove aveva vissuto - New York e Chicago - con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale. Immagini potenti, di una folgorante bellezza che rivelano una grande fotografa.

Le sue fotografie non sono mai state esposte né pubblicate mentre lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati, Vivian Maier sembrava fotografare per se stessa. Osservando il suo corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi a questa misteriosa fotografa. Vivian Maier. Una fotografa ritrovata presenta al pubblico l'enigma di un'artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso.

Come scrive Marvin Heiferman "Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata... Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi". La vicinanza con la mostra di Elliot Erwitt, allestita negli spazi del Sottoporticato di Palazzo Ducale, offre la possibilità di un interessantissimo confronto tra due sguardi sull'America, uno maschile, l'altro femminile. Accompagna la mostra il libro Vivian Maier. Fotografa pubblicato da Contrasto. (Comunicato stampa Civita)



Vivian Maier
Un itinerario dagli Stati Uniti a Champsaur

termina l'11 dicembre 2016
Palazzo Ducale - Lucca
www.photoluxfestival.it

L'Associazione Photolux porta, in anteprima italiana, una mostra che presenta una piccola ma preziosa serie di vintage degli anni americani e una selezione delle molte immagini che Vivian Maier scattò nel corso dei suoi soggiorni a Champsaur in Francia. La mostra si compone di 63 fotografie, di cui 48 relative al periodo francese e di manifesti cinematografici. E' a cura di Enrico Stefanelli ed è realizzata in collaborazione con l'Association Vivian Maier et le Champsaur e fa parte del «Fondo francese Vivian Maier messo a disposizione dall'Association Vivian Maier et le Champsaur».

Partendo dai materiali scoperti da John Maloof, la mostra, che è curata da Enrico Stefanelli, apre a una nuova lettura dell'opera di Vivian Maier e permette di indagare la parte meno conosciuta della sua biografia, legata alla terra natale materna. Vivian Maier fotografava tutto ciò che le si presentava davanti, nelle grandi metropoli americane così come a Champsaur, una piccola valle delle Alte Alpi francesi. Il suo sguardo si soffermava sugli altri, sulle persone e le strade soprattutto, più raramente sui paesaggi.

Vivian Maier (1926-2009) nasce a New York da padre americano e madre francese. Nel 1932-1933 si trasferisce con la madre a Champsaur in Francia. Nel 1938 rientra negli Stati Uniti e torna in Francia soltanto nel 1950-1951 per mettere all'asta una proprietà di famiglia che le era stata lasciata in eredità. Nel corso di questo soggiorno scatta le sue prime fotografie "francesi": percorrendo la regione in bicicletta cattura l'anima delle persone che la abitano, con la stessa ossessione per la documentazione e l'accumulo che caratterizza la sua successiva produzione americana e rappresenta una delle chiavi principali della sua poetica.

Tornata a New York, con i soldi ricavati dalla vendita compra una Rolleifleix con la quale viaggiò negli Stati Uniti prima di stabilirsi a Chicago. Qui viene assunta come bambinaia dalla famiglia Ginsburg e dà libero sfogo alla sua passione per la fotografia, sviluppando i negativi e film nel bagno privato che ha a disposizione. Tra il 1959 e il 1960 compie un lungo viaggio intorno al mondo e come ultima tappa sceglie Champsaur dove continua la documentazione della regione e dei suoi abitanti spostandosi in bicicletta e scattando moltissime fotografie. Negli anni successivi continua a lavorare come bambinaia e a scattare moltissimo, anche a colori, andando a costituire l'enorme archivio scoperto da John Maloof nel 2007. (Comunicato stampa Studio Esseci)



Vivian Maier: Street Photographer

10 luglio - 18 ottobre 2015
MAN Museo d'Arte Provincia di Nuoro
www.museoman.it

La fotografa Vivian Maier Centoventi fotografie, dieci filmati e una serie inedita di provini realizzati da Vivian Maier. "Tata" per le famiglie benestanti di New York e Chicago sino dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre cinque decadi ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. Mai una mostra, neppure marginale, mai una pubblicazione. Ciò che ha lasciato è un archivio sterminato, con più di 150.000 negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata "francese" (la madre era originaria delle Alpi provenzali) accumulava nelle stanze in cui si trovava a vivere, custodendo tutto con grande gelosia. Confinato infine in un magazzino, il materiale è stato confiscato nel 2007, per il mancato pagamento dell'affitto, e quindi scoperto dal giovane John Maloof in una casa d'aste di Chicago.

La mostra al MAN di Nuoro, a cura di Anne Morin, realizzata in collaborazione con diChroma Photography, sarà la prima di Vivian Maier ospitata da un'Istituzione pubblica italiana. Partendo dai materiali raccolti da John Maloof, il progetto espositivo fornisce una visione d'insieme dell'attività di Vivian Maier ponendo l'accento su elementi chiave della sua poetica, come l'ossessione per la documentazione e l'accumulo, fondamentali per la costruzione di un corretto profilo artistico, oltre che biografico. Insieme a 120 fotografie tra le più importanti dell'archivio di Maloof, tra i primi anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, la mostra presenta anche una serie di dieci filmati in super 8 e una selezione di immagini a colori realizzate a partire dalla metà degli anni Sessanta.

Privi di tessuto narrativo e senza movimenti di camera, i filmati fanno chiarezza sul suo modo di approcciare il soggetto, fornendo indizi utili per l'interpretazione del lavoro fotografico. Gli scatti degli anni Settanta raccontano invece il cambiamento di visione, dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall'altezza del ventre a quella dell'occhio, offrendole nuove possibilità di visione e di racconto. La mostra sarà inoltre arricchita da una serie di provini a contatto, mai esposti in precedenza, utili per comprendere i processi di visione e sviluppo della fotografa americana.

A conquistare il pubblico, prima ancora delle fotografie, è la storia di "tata Vivian", perfetta per un romanzo esistenziale o come trama di una commedia agrodolce; talmente insolita, talmente affascinante, da non sembrare vera. Ma al di là del racconto, al di là delle note biografiche, al di là del suo ritratto di donna eccentrica e riservata, dura e curiosa come pochi altri, al di là di tutto c'è il grande lavoro fotografico di Vivian Maier, su cui molto rimane ancora da dire. Vivian Maier ha scattato perlopiù nel tempo libero e dati i risultati si può credere che, in quel tempo, non abbia fatto altro. I suoi soggetti prediletti sono stati le strade e le persone, più raramente le architetture, gli oggetti e i paesaggi. Fotografava ciò che improvvisamente le si presentava davanti, che fosse strano, insolito, degno di nota, o la più comune delle azioni quotidiane.

Il suo mondo erano "gli altri", gli sconosciuti, le persone anonime delle città, con cui entrava in contatto per brevi momenti, sempre mantenendo una certa distanza che le permetteva di fare dei soggetti ritratti i protagonisti inconsapevoli di piccole-grandi storie senza importanza. Ogni tanto però, in alcune composizioni più ardite, Vivian Maier si rendeva visibile, superava la soglia della scena per divenire lei stessa parte del suo racconto. Il riflesso del volto su un vetro, la proiezione dell'ombra sul terreno, la sua silhouette compaiono nel perimetro di molte immagini, quasi sempre spezzate da ombre o riflessi, con l'insistenza un po' ossessiva di chi, insieme a un'idea del mondo, è in cerca soprattutto di se stesso. A uno sguardo sensibile e benevolo per gli umili, gli emarginati, univa una vena sarcastica, che colpiva un po' tutti, dai ricchi borghesi dei quartieri alti agli sbandati delle periferie. (Comunicato Ufficio Stampa Studio Esseci)



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