Demosthenes Davvetas: L'immagine al di là delle parole
Catalogo a cura di Alberto Mattia Martini e Maria Luisa Vezzali
Book Editore, pagg.47, 2007
Galleria Spazio Gianni Testoni LA 2000+45 - Bologna (14 settembre - 28 ottobre 2007)
www.giannitestoni.it
Voglio iniziare questo testo con alcune parole di Pierre Restany: "Cosa succede quando un poeta dilata il regno dell'immaginazione allo scopo di visualizzare l'immagine al di là delle parole? Ne deriva una calligrafia specifica composta di tratti argentei o neri su una superfice pittorica colorata". In questo modo inizia forse l'ultimo scritto di Restany poco prima della sua scomparsa il 29 maggio 2003, riguardo l'opera di Demosthenes Davvetas, l'artista greco, che il critico francese definiva il "pittore-narratore".
Quando ho conosciuto Davvetas pur non essendo al corrente della sua collaborazione con Pierre Restany, solo in seguito ne venni a conoscenza, rimasi subito colpito dal suo lavoro, dalla sua capacità di annullare le barriere precostituite che intercorrono tra le varie discipline artistiche. Nei giorni successivi a questo incontro ho studiato e riflettuto a lungo su ciò a cui avevo assistito e ho avvertito il desiderio di approfondire il lavoro e il pensiero di Davvetas, realizzando questa intervista. (Alberto Mattia Martini)
AMM: Demosthenes, sei nato ad Atene poi ancora molto giovane ti sei trasferito a Parigi; cosa ti ha portato a lasciare il tuo paese per la capitale francese?
DD: Io sono nato ad Atene ma la mia famiglia proviene da Corfù e quindi passavamo sempre le vacanze in questo luogo, tra l'altro mia nonna parlava italiano perché a Corfù c'è una grande tradizione italiana. Il marito di mia nonna spesso andava a Parigi, ma l'evento scatenate fu la morte di mio padre quando avevo diciannove anni; naturalmente fu un vero e proprio colpo oltre che morale anche psicologico ed emotivo. Questa assenza di mio padre diventa un assenza trascendentale, è stato per me come perdere la mia identità, perdere la figura di Dio, la religione. Quindi ho cominciato a pensare che l'affettività e le certezze perdute potevano essermi restituite dai filosofi, dagli scrittori, così mi avvicinai alla lettura e allo studio di Rimbaud, Baudelaire, Pirandello, Dostoevskij e tanti altri. In questi artisti io ritrovavo la mia famiglia e soprattutto mio padre. (...)
AMM: Nei tuoi lavori si avverte e si riscontra un legame tra la tradizione culturale classica proveniente dalle tue origini greche, e quella della Pop con colori forti, acidi, brillanti, che donano movimento e determinazione. Cosa ne pensi?
D.D: Il mio desiderio è di vivere nel presente, di cogliere il più possibile da quello che la vita giornalmente offre, ma nello stesso tempo esiste anche la paura di perdere, di lasciarsi sfuggire l'istante, di non avere abbastanza tempo per conoscere e leggere il pensiero contemporaneo. La soluzione la trovi nell'arte, attraverso di essa, osservando le opere d'arte ho avuto la possibilità di capire per esempio la filosofia, per accedere all'interno della mente dell'uomo. (...) L'arte mi venne incontro, ogni opera, ogni contatto con il mondo artistico, con Warhol, Bacon, Twombly, Beuys è stato un insegnamento che mi ha portato a comprendere soprattutto per intuizione, per empatia e non solo per mezzo di una conoscenza scientifica. " (Estratto da Un umanista del mondo, di Alberto Mattia Martini - D'Ars, marzo 2007).
Demosthenes Davvetas è un artista che ostenta un debito diretto con il Romanticismo tedesco. Soprattutto il fascino del non ancora realizzato, il senso miracoloso del fallimento, l'idea del lavoro dell'arte come "percorso infinito", nonché - passando dagli scritti alla biografia - una carriera germogliata sullo sconcertante sconfinamento in ogni forma di attività umana, dalla pittura alla poesia, dalla critica alla boxe, dall'insegnamento alla moda. Eppure, il fascino particolare dell'universo espressivo di Davvetas sta nel connubio tra gli elementi nordici e il "calor bianco" di una sensibilità tutta mediterranea... in una personale rivisitazione delle norme della kalokagathia degli antichi padri ellenici.
Perché in lui non si da' studio senza azione, nè pratica delle riflessione senza esercizio muscolare. E' già stato, d'altronde, notato in più occasioni che i suoi aforismi sentenziosi ricordano la prosa dei filosofi presocratici, in particolar modo Eraclito, con cui condivide il rispetto religioso per il mistero e la percezione dell'essere. (...) Figlio del Kaos, infatti, di dichiara Davvetas. E della notte, potremmo aggiungere attirati dal nero vorticante degli sfondi dei suoi dipinti. Quindi, estrema, pulsante, famelica incarnazione di Eros. Davanti a divinità così antiche non si combatte; ci si arrende. In ardore. (Estratto da Da Kaos, Eros, di Maria Luisa Vezzali).
Immagini (da sinistra a destra):
1. Copertina del catalogo della mostra di Demosthenes Davvetas
2. Demosthenes Davvetas, Wagner, tecnica mista carta cm. 50x65
La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007