Il Secolo del Jazz
Arte, cinema, musica e fotografia da Picasso a Basquiat
15 novembre 2008 - 15 febbraio 2009
MART Museo di arte moderna e contemporanea - Rovereto (Trento)
www.mart.trento.it
Questa mostra, a cura di Daniel Soutif e co-prodotta dal Mart con il Museè du Quai Branly di Parigi e il Centre de Cultura Contemporània de Barcelona, vuole aprire un approfondito dibattito critico su uno degli intrecci epocali più curiosi e interessanti del XX secolo. Il jazz non fu solo un genere musicale, che rivoluzionò i canoni tradizionali della musica, ma rappresentò anche un nuovo modo d'essere della società del '900. Spartiti, affiches, dischi, riviste e giornali, libri, fotografie e altri memorabilia evocano i numerosi episodi del periodo storico considerato. Dalle partiture - da the Banjo di Gottschalk a Nobody di Bert Williams (1905) - successi che precedono l'avvento del misterioso termine jazz - ai manifesti per il Gran Bal Dada del 1920, fino a quelli di Joel Shapiro per il Lincoln Center (1996).
Un filo rosso scandito ovviamente da una vastissima documentazione sonora, passando per dischi, concerti e registrazioni fondamentali, come quella di Strange Fruit da parte di Billie Holiday, nel 1939. I momenti d'incontro tra il jazz e le arti visive sono dimostrate nelle opere di Francis Picabia, Man Ray, Janco, Theo Van Doesburg - i primi ad accogliere con entusiasmo la nascente musica afro-americana - seguiti a ruota da molti altri artisti come Otto Dix, Jan Matulka o Frantisek Kupka. Ad Harlem, scrittori come Langston Hughes o Claude McKay, e pittori come Aaron Douglas, Palmer Hayden, Archibald Motley jr., William H. Johnson, Winold Reiss e altri, inaugurano la celebre Harlem Renaissance.
Diventa una fonte d'ispirazione rivendicata da molti pittori modernisti americani degli anni Venti e Trenta: dalle opere astratte di Arthur Dove a quelle più ambigue di Stuart Davis. Conquistato dal jazz e dalla danza fu Piet Mondrian, appassionato in particolare dei ritmi indiavolati dei pianisti di Boogie woogie di cui possedeva i dischi. Dopo il Fox trot alla fine degli anni Venti, questa musica influenzò direttamente i suoi ultimi capolavori newyorkesi. Poco più tardi, Henri Matisse, intitolerà Jazz uno dei libri d'artista più noti del XX secolo. Il rapporto privilegiato tra jazz e arte si intensifica nel Secondo dopoguerra. Spesso senza il minimo intento illustrativo, i pittori astratti tentano di ritrovare sulla tela la spontaneità e l'improvvisazione propria dei musicisti.
E' il caso, per esempio, di Jackson Pollock, con i drippings; di Ornette Coleman, che utilizza il White Light dell'artista per illustrare la copertina del suo celebre album Free Jazz (A Collective Improvisation), capostipite del Free Jazz. Certi artisti, come Larry Rivers, si cimentano in modo più o meno regolare nella pratica di uno strumento (il sassofono). Celebrata da una esposizione al Whitney nel 1998, la memoria di Bob Thompson, artista meteorico ispirato sia dalla Free Music, sua contemporanea, sia dall'Italia del Rinascimento. Infine, attorno agli anni Sessanta, divenuti pop, minimali, concettuali, poveristi, in una sola parola contemporanei più che moderni, molti artisti attingono comunque, ciascuno a suo modo, al jazz e dintorni. Fotografi come Herman Leonard o William Claxton, ne fanno una vera e propria specialità e gli devono la loro fama.
Il lavoro di Lee Friedlander per la casa discografica Atlantic è ricordato da una trentina di dischi, tra cui veri e propri monumenti della storia del jazz con Giant Steps di John Coltrane o In a Silent Way di Miles Davis. Tra gli altri nomi di fotografi presenti in mostra vanno ricordati Roy DeCarava, Giuseppe Pino, Roberto Masotti e Guy Le Querrec. Oltre i grandi classici del cinema che, da Ascenseur pour l'echafaud a La Notte, hanno utilizzato il jazz sia come protagonista che come colonna sonora, esiste una moltitudine di Soundies - cortometraggi musicali - antenati dei videoclip girati in gran parte intorno agli anni Trenta e Quaranta, e un numero altrettanto considerevole di trasmissioni televisive, tra cui la mitica serie francese con Johnny Staccato, il pianista-investigatore, interpretato dall'indimenticabile John Cassavetes.
Il cinema d'animazione (es. Clean Pastures di Friz Freleng) non è certo trascurato, come non lo è il cinema sperimentale rappresentato da una ricca selezione di capolavori firmati da Norman McLaren, Charles e Ray Eames. Il jazz ha ampiamente ispirato grafici e illustratori: affiche, inserti pubblicitari, prospetti, programmi di concerti. Tuttavia, a partire dal 1939, anno in cui Alex Steinweiss lancia per la Columbia la copertina del disco, una sequenza interminabile di piccoli capolavori "illustra" la musica nello spazio limitato - ma estremamente ispiratore - del quadrato di cartone che avvolge i supporti prima di gommalacca, poi di vinile, cari agli appassionati. Le copertine di Steinweiss vengono celebrate nel 1941 nella rivista di design PM Magazine.
In mostra anche le copertine disegnate da Jim Flora, o Marvin Israel, le illustrazioni di Ben Shahn, David Stone-Martin o del francese Pierre Merlin. Il lavoro di questi artisti mostra come il contributo della grafica all'estetica del jazz sia stato fondamentale. Arte molto vivace, anche il fumetto ha riconosciuto nel jazz tematiche atte a nutrire le sue vignette. Da Joost Swarte, discendente distaccato e ironico dell'arte moderna, a Loustal, a Louis Joos, a Munoz & Sampayo, molti disegnatori di fumetti hanno raccontato a loro modo le storie, piccole o grandi, della musica nera americana. Guido Crepax è presente in mostra non solo con fumetti come L'uomo di Harlem, ma anche con la copertina di Charlie Parker Plays, disegnata attorno al 1953.
Il Secolo del Jazz non dimentica naturalmente la dimensione europea dell'effetto jazz. E' noto per esempio che l'arrivo a Parigi della Revue Negre e di Josephine Baker segnano profondamente gli anni del Primo dopoguerra, immortalati in pubblicazioni come Le Jazz Hot, del 1934, di Hugues Panassiè.
Allo stesso modo, senza l'apporto del jazz la rive gauche e la vita artistica o intellettuale degli anni Cinquanta sarebbero ben differenti. E' sufficiente nominare Boris Vian, che fu direttore di Jazz News, per evocare questo periodo della cultura francese. Il medesimo scompiglio travolge ugualmente l'Italia e la Spagna. Là come altrove, concerti, dischi e riviste specializzate, alimentano la cronaca locale di una vita musicale che ispira artisti importanti quali Lucio Fontana, Renato Guttuso e Pino Pascali in Italia o, in Spagna, Antoni Tapiès.
Immagine:
Winold Reiss, Interpretation of Harlem Jazz, 1925
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