I sogni e le mischie
Storie di vita e di rugby

di Franco Paludetto
ed. Libreria dello Sport, pagg.232, con immagini b/n, 2006

Recensione di Ninni Radicini

Copertina I sogni e le mischie, libro di Franco Paludetto Una carriera nel mondo del rugby, quella di Franco Paludetto, giocatore tra gli anni '50 e '60, per ripercorrere una storia individuale osservando la realtà italiana dagli anni del Secondo dopoguerra a oggi. Non è casuale che il libro inizi con la descrizione dei giochi di squadra che si fanno da ragazzi. E' il primo incontro con l'idea di comunità. La condivisione di valori e situazioni, in quel breve periodo, è determinante per la formazione successiva. La semplicità del gioco e la povertà degli strumenti necessari sono state due caratteristiche della crescita di intere generazioni di italiani. Gli italiani del popolo. Fino a non molti anni fa. Oggi non è più così e forse non lo sarà mai più. Quando un pallone acconciato alla meno peggio per giocare a calcio era più che sufficiente per trascorrere interi pomeriggi con gli amici (in quel momento poco meno di fratelli), la felicità si materializzava in un mondo, insieme reale e sganciato dalla quotidianità, caratterizzato da amicizia, sfide, sana rivalità.

Che questa fase si rivelerà determinante anche per Franco lo dimostra la sua scelta di uno sport di squadra quale il rugby, che nel triangolo Rovigo - Treviso - Padova ha da sempre seguito popolare. Città differenti dal punto di vista socio-economico, soprattutto allora. Rovigo e Treviso con economie sviluppate intorno ad agricoltura e artigianato. Padova, la città dell'Università, "la Milano del Veneto". Le diverse composizioni - differenti mentalità e accostamenti alla vita - si manifestavano anche in campo, a vantaggio degli spettatori che osservano il confronto tra l'impeto e l'autocontrollo. Era questa la caratteristica marcata degli sport di squadra, quelli popolari s'intende. Il rettangolo di gioco si trasformava in palcoscenico e le due compagini rappresentavano l'epica della sfida tra mondi differenti, eredità implicita della classicità ellenica.

Per Franco, la svolta ha una data precisa. Il viaggio a Padova per la finale della stagione 1953/54 giocata da Treviso e Rovigo. Cento chilometri in bicicletta, insieme al cugino Toni e altri due amici, per sostenere il Treviso, che quella stagione contava sulla presenza di Maci Battaglini, a beneficio del gioco e della popolarità. La partita la vinse Rovigo ma più rilevante fu la qualità del gioco. Il settimanale "Ogni sport" in proposito titolò "Trenta eroi e quindici campioni". Forse la sintesi migliore di una ottima gara tra squadre.

Il ritorno a casa preannunciava decisioni determinanti. Accogliendo il desiderio dei genitori, Franco decise di proseguire gli studi e si iscrisse all'Istituto professionale. Allo stesso tempo, a inizio della stagione agonistica, entrò nelle giovanili del Treviso. Avrebbe voluto giocare ala, invece gli fu assegnato il ruolo di mediano. La complessità culturale del passaggio da ala a mediano (eclettismo vs. razionalità) fu da lui superata con abilità, trovando un riferimento in Ferdy Sartorato, mediano della prima squadra e della Nazionale.

L'esordio in prima squadra nel campionato 56/57 coincide con una sconfitta a Rho. Poco male. Per lui l'eccezionalità del momento, iniziato in modo simbolico con la consegna della sacca rossa che conteneva gli indumenti sportivi della squadra, è nell'opportunità di viaggiare, leggere il proprio nome nei giornali, cenare in ristoranti. Un successo personale, orgoglio di riflesso per la comunità in cui era cresciuto. La stagione successiva fu all'insegna dell'austerità, a seguito della perdita dello sponsor.

Questa condizione permise però di vivere situazioni che ricorda: alcune divertenti (l'incontro con una coppia di emiliani), altre di notevole impatto emotivo, quale la trasferta a Trieste, da poco tornata all'amministrazione italiana. Conclusi gli studi è ingaggiato dall'Amatori Milano. Le giornate nella città del boom economico erano segnate dal lavoro e dagli allenamenti. Nella coerenza di chi ha una salda cultura popolare, per lui sono anni di nuovi stili di vita e di vicende sentimentali: qualcuna inconsistente, qualche altra sui cui invece si riversavano sogni poi rimossi. Molto più forte il dispiacere per la "scomparsa" della sua bicicletta che si era fatto inviare da casa.

L'Amatori Milano lottava per lo scudetto contro le Fiamme Oro di Padova, che vantava undici convocati in nazionale. La squadra vinse la Coppa di Lombardia contro l'Asr Milano. Nella finale all'Arena civica Franco si lasciò andare a un gesto che nè prima aveva mia fatto nè dopo avrebbe ripetuto. Se ne rese subito conto in campo e soprattutto quando il destino gli inviò il suo segno di disapprovazione all'inizio del ricevimento organizzato dopo la partita. Indimenticabile la gara amichevole contro l'Argentina, giocata da una selezione mista di Asr e Amatori. Gli italiani tennero testa ai campioni sudamericani. Pur sconfitti 10-8, uscirono dal campo tra gli applausi del pubblico e gli apprezzamenti della stampa. Intanto era arrivato il momento di svolgere il servizio di leva. La destinazione fu Napoli, dove proseguì l'attività sportiva con la squadra dell'Esercito. Un periodo di nuove esperienze, di scoperta della quotidianità partenopea, soprattutto di riflessione sul proprio futuro.

Come aveva già previsto, sarebbe tornato a Treviso. Lo sport agonistico, in particolare quello di squadra, ha una ciclicità che non ammette eccezioni. Dopo l'esordio c'è la fase in cui si fa parte in modo stabile di quella realtà. Poi si diventa "senatori". E' l'anticamera della scelta più difficile, la declinazione verso il grigio: decidere quando smettere. In questa circostanza, la fermezza può dimostrarsi un ottimo metodo per attutire il contraccolpo di una decisione per molti versi dolorosa.

Per farlo bisogna avere grande considerazione di sè, della propria storia personale, e capacità di far tesoro delle esperienze altrui, come l'autore dimostra nei capitoli in cui ricorda alcuni suoi amici, dal momento in cui si conobbero fino ai giorni d'oggi. Di Paolo Pavin, oggi presidente di Rugby Paese, ricorda l'avventura che affrontò in occasione della finale fra Treviso e Rovigo nel '54. Lui, che lavorava come pasticcere a Cortina d'Ampezzo, potè partire solo il giorno prima della partita. Riuscì a raggiungere Treviso grazie a un passaggio ottenuto da un tassista, che si convinse di avere davanti un giocatore di rugby dopo aver avuto le risposte esatte a una serie di domande su atleti e regolamenti.

Merita di essere sottolineato il capitolo dedicato a Sergio Lanfranchi ("Adesso Sergio dorme all'ombra delle antiche querce, sulla collina dell'onore. La sua Parma lo ha onorato dedicandogli lo stadio. A noi vecchi giocatori è rimasto il ricordo di un campione che in campo ci metteva il coraggio, l'umiltà e la generosità che sono le armi vincenti del rugby e le grandi doti di chi è nato povero."). L'esistenza è un percorso in cui le esperienze si sommano e non si isolano.

Con "I sogni e le mischie", Franco Paludetto dimostra in che modo, nella sua storia personale, uno sport quale il rugby - quello degli anni '50 e '60 - abbia rappresentato una espressione atletica e formativa. Nell'era della trasformazione di tante discipline sportive in merce televisiva, l'esperienza che consegna ai lettori è quella di un italiano dei nostri tempi che ha vissuto lo sport in modo sano e onesto. Questa, oggi, è una grande lezione per tutti.



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