L'angelo nello specchio

di Nidia Robba
ed. La Mongolfiera libri, pagg.194, novembre 2008

Recensione di Ninni Radicini

Copertina del romanzo L'angelo nello specchio della scrittrice Nidia Robba L'esistenza terrena è solo una breve sosta nel corso di una vita universale. Riflettere sulle circostanze occorse, su quanto di lieto e di drammatico ne ha scandito il tempo, è una conseguenza dell'antropologia e, per le menti migliori, una necessità naturale di affermare la propria individualità. Per sé, innanzitutto, per coloro a cui si vuole bene e per quelli che in futuro forse apprenderanno del nostro passaggio. Tornare indietro con i ricordi può avvenire attraverso i frammenti di uno specchio, pezzi di un mosaico che compongono una storia nello spazio e nel tempo. E' quanto accade a Ester, rievocando la sua esistenza. Da quando, studentessa a Padova, ebbe occasione di incontrare il futuro marito e il fratello di lui, alla nascita della figlia Vera, al rapporto con l'amica Gianna, ai drammi seguenti, fino all'incontro con Lucien, che l'accompagna nella casa in cui è cresciuta...

Nella narrazione emergono circostanze, personalità, immagini, gioie, drammi. Come la scomparsa del marito Sergio e del cognato Gerardo, all'inizio del loro viaggio verso l'Amazzonia. Una tragedia presentita da quest'ultimo, come Ester ha modo di apprendere da una lettera lasciatale da lui prima di partire, da cui troverà anche un'altra conferma personale. La trama scorre all'inizio in modo lineare per trasformarsi nella parte centrale in un racconto metafisico, con circostanze che trovano spiegazione solo dopo la narrazione di altre. Per scoprire la chiave di lettura di questo romanzo è necessario leggere la nota introduttiva dell'autrice. Questo però dovrebbe avvenire alla fine dell'ultimo capitolo. Se così, le vicende narrate cambieranno colore, declinando sul grigio. Intuire quanto sia realtà, quanto verosimile e quanto di pura fantasia è una sfida per il lettore.

Come il gioco di riflessi nei paragrafi che descrivono il viaggio di Ester a Ravenna, occasione per ricordare quanto abbia rappresentato nella storia dell'Europa e in particolare dell'Italia. Qui si decise la sorte dell'impero romano d'Occidente. Fu poi sede dell'Esarcato bizantino, città che accolse Dante Alighieri e luogo in cui si perpetua la memoria di Teodorico. Ester ricorda quando con suo padre visitò per la prima volta il Mausoleo del re degli Ostrogoti e di come un episodio curioso legato al proprio nome, avvenuto nel corso di un gioco, trovò conferma nel racconto di sua nonna. In una sorprendente scansione di episodi, ricordi, avvenimenti storici, Ester apprende qualcosa che la collegherà non solo idealmente alla figura di Teodorico - Dietrich von Bern.

Nella produzione letteraria dell'autrice è questo un passaggio filologico da sottolineare. L'incontro tra il mondo germanico e quello mediterraneo, già presente in altri suoi romanzi in particolare La cetra d'oro. Nell'intuizione di Teodorico c'è l'esempio e l'auspicio di un futuro Zeitgeist per l'Europa. Altrettanto significativo il ricordo di un viaggio fino in Sicilia con Gianna, Sergio e Gerardo, attraversando la Romagna, le Marche, l'Abruzzo, la Puglia, la Calabria. In Sicilia compie un giro che rimanda a quello compiuto da Wolfgang von Goethe: dalla costa ionica - dal marcato tratto ellenistico - alla Valle dei Templi, fino al capoluogo. Attraversare l'Italia, terra che per varietà di luoghi e culture appare metafora di una vita come mosaico da comporre.

Se il passato è rievocato attraverso la memoria, sarà l'inconscio a suggerire il futuro. Ester ne avrà sentore affrontato una prova nella quale, su indicazione di Lucien, interpreterà tre ruoli essenziali per una donna. Un "viaggio" dai toni oscuri concluso con il ritorno alla realtà terrena, dove dovrà affrontare una nuova sfida che avrà per protagonista, oltre lei, sua figlia Vera - pittrice e traduttrice - e qualcun altro, arrivato in circostanze inaspettate (come accade sempre per le bizzarrie della vita). E' molto difficile addentrarsi nel rapporto tra l'individuo e la propria esistenza. Il modo in cui osserviamo noi stessi, quanto realizzato e quanto si approssima, varia nel tempo. Nelle arti, nella letteratura, nel cinema solo pochi grandi autori sono riusciti a fissarne i tratti essenziali. L'esempio cinematografico più alto è Il posto delle fragole, di Ingmar Bergman. Uno dei suoi capolavori, forse perché silenziosamente precognitivo (le iniziali del protagonista sono uguali a quelle del regista: Isak Borg - Ingmar Bergman).

La capacità di capire ed affrontare se stessi è una delle opportunità più entusiasmati e drammatiche per ogni individuo. Sono pochi coloro che hanno il coraggio di inabissarsi nella propria anima. Eppure deriva da questa scelta la consapevolezza che quanto realizzato in vita non termina con noi. Percorriamo nella materialità terrena solo un tratto breve di una esistenza che poi proseguirà. Per alcuni, come Ester, nel castello di Minneschloss...



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