La Grecia di Achternbusch
di Helene Paraskeva
L'esposizione dei quadri di Achternbusch a Sala Santa Rita a Roma, dal 19 giugno al 27 luglio 2007, rassomiglia ad una kermesse turistica, una delle tante che incontri per le strade della capitale. Solo che il poliedrico Achternbusch la comitiva di giudiziosi orientali capeggiati da un Mandarino che si chiama Ikkiru l'ha voluta fondere con una comitiva greca, indisciplinata e classicamente "caciarona", come si dice qui. Si portano dietro tanti zaini pieni di ossimori, di emozioni forti e parodie questi della banda indocile, il bagaglio necessario per sopravvivere dallo struggimento, come la malinconia del "nostos" sintetizzata in un tavolino tondo da Café all'aperto, due sedie di ferro, gli avventori, la solitudine affollata nello sfondo della luna blu.
Conduce il gruppo una mora misteriosa e seducente, che con la bacchetta da guida turistica a forma di civetta sparge un fascino fatale. Ma non è Cleopatra, si chiama Pallas Athena. L'animale aggressivo color mattone che accompagna la comitiva ha il titolo Caronte che passeggia sotto la strada, ma è il Cerbero in incognito. L'incontro invece con Thucidide dalla faccia livida risulta una rappresentazione impegnativa perché il famoso storico porta l'abito nero d'esilio, il saio dell'indipendenza pagata cara. Dentro un siparietto bianco sullo sfondo nero, cornice nella cornice, occulta la sua invadente teatralità un antico Ipocrita: più sfacciato di Karaghiozis dalle articolazioni spastiche questo protagonista del teatro delle ombre, più spudorato dei personaggi di Aristofane, non è altro che Zeus.
Quel vecchio pellegrino dell'umanità, che piange lacrime scure su un cuscino nero, ha anche lui i piedi gonfi come i pellegrini penitenti di Caravaggio, ma Edipo è senza riscatto. Il cuore della combriccola è un gruppetto gaio, una sconosciuta ragazza di colore verde che si chiama Noemi, Sokrates vestito di canovacci grezzi da cucina, Apollo, ben pettinato e malinconico, la giovane Su dagli occhi di velluto viola e infine Achille, glabro e rosso, contro uno sfondo di fiori blu.
Chiude il corteo Persefone, la Kore, nell'interpretazione doppia di madre e figlia, amalgama di un archetipo enigmatico ed eterno, intitolato Pecora nera. L'irruzione dei colori e l'imprevedibilità di materiali e accostamenti rendono tridimensionali queste figure che Achternbusch ha imprigionato nei suoi quadri. Sembrano figure moderne, hanno un'aria apparentemente distratta ma sono volti, forme e figure antiche, rappresentazioni mitologiche, che una volta incrociate non le perdi più di vista, vanno guardate e poi riconosciute e poi ricercate con gli occhi e la memoria e contemplate ancora.
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Helene Paraskeva è autrice dei seguenti libri:
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