Ugo Carà
Il Segno - Disegni dal 1926 al 1948

Catalogo della mostra a cura di Marianna Accerboni

Recensione di Ninni Radicini

Copertina del catalogo della mostra Ugo Carà Disegni dal 1926 al 1948 La Trieste dei primi anni di Ugo Carà (nato nella vicina Muggia nel 1908) si avviava, insieme alle altre capitali della Mitteleuropa, a terminare, da lì a poco, una era storica, quella dell'Impero degli Asburgo d'Austria, e una stagione irripetibile per l'Arte, come le stelle risplendente nella massima intensità solo poco prima della fine. Gli artisti triestini potevano frequentare le accademie di Vienna, Monaco, Berlino; essere a contatto con Kandinskij, Klee, Kokoschka, Klimt.

Una formidabile congiuntura storica, da cui Carà trasse beneficio anche in virtù delle sue origini. Lui era per nascita cioè che era, ed è, Trieste. La Mitteleuropa e l'Oriente bizantino si incontrarono nelle persone dei suoi genitori. Il padre, originario dell'isola di Veglia (Krk) in Dalmazia, conobbe la futura moglie mentre ella si trovava ospite degli Strudthoff, i proprietari dei cantieri navali San Rocco. Helène Ladas era greca, nata nell'isola di Creta.

Tra i due l'intesa fu immediata. Ugo fu il secondo dei loro figli. Già intorno al suo cognome emergono le complessità di una terra che è frontiera e convergenza di popoli, culture, religioni. In origine il cognome era Carabaich. Durante il Ventennio fu italianizzato in "Carabei". Lui mise da parte entrambi. Dopo la maturità scientifica, la prima personale alla Galleria Filadelfia di Atene nel 1929. Tornerà varie volte nella capitale greca. Era un autodidatta e, come coloro che sono animati dalla volontà di formarsi in modo indipendente, si avventurò in tante modalità espressive, prediligendone alcune e considerando fondamentali le altre.

Disegno, scultura, pittura. Basti ricordare che fu considerato un eccellente architetto pur non avendo seguito uno specifico corso di studi. A lui si devono i progetti per le decorazioni e l'arredamento degli interni di alcuni transatlantici, tra cui il Nettunia, l'Augustus, il Giulio Cesare, l'Europa, l'Oceanic. Un'attività incessante, nell'alveo della sperimentazione, con progetti di arredamento anche per abitazioni, negozi, pubblicità, mostre, e disegni per gioielli, tessuti, medaglie (per eventi e istituzioni in Friuli Venezia Giulia dagli anni '30 al 2000).

Nel 1930, a Vienna frequentò l'atelier che Wilhelm Frass gestiva con il fratello Rudolf. I due erano lo specchio delle contraddizioni che pulsavano in una capitale in cerca di un nuovo ruolo nel contesto storico-culturale europeo. Wilhlem, che aveva vissuto la Secessione, realizzò negli anni seguenti alcune opere per il Memoriale degli eroi di guerra alla Burgtor di Vienna: l'aquila in pietra, di tre metri di altezza; la corona di alloro in rame; la scultura al soldato caduto.

Carà iniziò a dedicarsi al disegno considerandola una disciplina attraverso cui sviluppare capacità da applicare nell'arte visiva e nella progettazione. I risultati andarono ben oltre. Riuscì a elaborare uno stile in cui coesistevano due interpretazioni della realtà. L'essenzialità nelle linee degli oggetti in acciaio inossidabile, realizzati a partire dal 1928, rappresentò un design in anticipo sui tempi, come riconosciuto da Giò Ponti su Domus e su Stile del 1941. La eccezionalità del suo disegno è però nella capacità di sviluppare anche una interpretazione in "chiaroscuro", preludio alla terza dimensione.

Se la pittura fu una parentesi quasi esclusivamente giovanile, la scultura fu invece seguita per tutta la vita. Utilizzava marmo, pietra, legno, cera, gesso, bronzo. Tra le sue opere, la statua dedicata a Santa Barbara, alta tre metri, sulla facciata della Chiesa di Arsia, e la Nuotatrice, realizzata in bronzo, collocata lungo la riviera di Barcola a Trieste. Nonostante la partecipazione alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia, all'Expo di Parigi e di Bruxelles, dove tornò nel 2003 con un'antologica curata dall'architetto Marianna Accerboni, la sua carriera si è concentrata soprattutto nel Nordest italiano. A 29 anni fu presente con una scultura alla Esposizione internazionale di Parigi.

Nel '47 partecipò con un gruppo di artisti italiani - tra cui: Morandi, Casorati, De Pisis, Sottsass - della mostra Handicraft as a fine Art in Italy, a New York. Nel 2001 la Mitchell Wolfson jr Collection acquistò due sue opere e nel 2003 selezionò alcune immagini di suoi lavori di arredo navale per una mostra sui viaggi nelle grandi navi italiane. Il motivo della sua costante permanenza a Trieste era riconducibile a una particolare situazione familiare, come spiegò, in modo a tratti enigmatico e fatalista, a Marianna Accerboni nella sua ultima intervista (luglio 2003), un anno prima della scomparsa. Enigmatico e fatalista come un uomo d'arte la cui stella cometa sembra essere stata la curiosità verso il futuro e la capacità di vivere il passato. Come Ottone re della Grecia e principe di Baviera, quando decise di ricostruire Sparta.



Ugo Carà: Il Segno - Disegni dal 1926 al 1948

a cura di Marianna Accerboni
con la collaborazione di: Leonardo Foi, Maria Teresa Bottarel
progetto grafico: Francesca Laccetti
fotografie: Pietro Lazzarini, Roberto Bettinzoli

novembre - dicembre 2006
Galleria Bottarel & Foi - Brescia



Ugo Carà a cent'anni dalla nascita
10 dicembre 2008, ore 17.30
Palazzo Gopcevich - Trieste
Presentazione



"Visione di Trieste" (dipinto di Vittorio Robba)

Mostre e iniziative a cura di Marianna Accerboni

Prefazioni e recensioni di Ninni Radicini

Copertina del libro La Grecia contemporanea 1974-2006 di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini       La Grecia contemporanea (1974-2006)
di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
ed. Polistampa, 2007


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