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Mostre e iniziative a cura di Marianna Accerboni


Marianna Accerboni, scenografo e critico d'arte e d'architettura, già allieva e collaboratrice del grande scenografo Luciano Damiani, idea e organizza, in qualità di curatore e di progettista dell'allestimento e della linea grafica, mostre ed eventi d'arte in Italia e all'estero (Roma, Firenze, Trieste, Bruxelles, Austria, ecc.), in cui, alla competenza critica commistiona inediti interventi di luce, che realizza con l'ausilio delle più sofisticate tecnologie. Dalla metà degli anni Novanta lavora infatti sul tema della luce, nel cui ambito ha ideato scenografie d'avanguardia da realizzarsi attraverso raggi laser, allestimenti e scenografie di luce per concerti, spettacoli teatrali e mostre d'arte ed eventi multimediali e di luce per spazi urbani e musei. Ha esposto abiti-scultura e di luce, bozzetti per scene e costumi e installazioni luminose in gallerie d'arte e teatri in Italia e all'estero.
www.mariannaaccerboni.com

Le rassegne precedenti curate da Marianna Accerboni: 2020-21 | 2019 | 2018 | 2017 | 2016 | 2015 | 2014 | 2013 | 2012 | 2011 | 2010 | 2009 | 2007-08



- Calogero Condello | Pensiero tridimensionale. Classicità e futuro
- Presentazione libro "Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto", di Gillo Dorfles
- Calendario d'arte creato da Aldo Bressanutti

- Roberto Budicin. Paesaggi, Vedute e Ritratti
- Fabio Colussi. "Venezia e oltre"
- Presentazione libro "La divina presenza in me", di Otilia Saldana

- Il secolo di Aldo Bressanutti
- Monica Kirchmayr
- Luisia Comelli. "LUÌS. Since 1953 - 70° d'arte"

- Monica Kirchmayr. "l'Universo eclettico"
- Patrizia Grubissa. "Stati d'animo"
- Fabio Colussi. "Venetian soul"

- Adriana Itri. "Il cammino"
- Silvia Ciaccio. "SpazioCielo Essenza Oltremare"
- Elizabeth Ruchti. "La luna e oltre"

- Marco Del Re. "Hommage"
- Claudio Mario Feruglio. "Del silenzio e della luce"
- Presentazione libro "Estetica dovunque" (quattro saggi di Gillo Dorfles)

- La bellezza per la bontà - l'arte aiuta la vita
- Presentazione catalogo "Livio Rosignano. Dipingere il vento"
- Sensualità innata. Libro di Anna Streyar

- Lettura scenica dell'attrice Marzia Postogna dedicata alla leggenda di Bora e Tergesteo
- Mauro Martoriati. Bora e Tergesteo
- "Fuoco"

- Leopoldo Bon. Sinfonie di forme e colori
- Presentazione libro "Sensualità innata", di Anna Streyar
- Arturo D'Ascanio. "Una, nessuna, centomila"

- Livio Rosignano. Dipingere il vento
- Fabio Colussi. Il pittore del mare
- Toni Zanussi. "L'anima, la terra, il colore. Arte d'azione e di inclusione"

- Leonor Fini segreta. Ceramica e Pittura, Note e Profumi
- Jacques Toussaint. Passato / Futuro / Estetica / Funzione
- "Acqua". Collettiva di pittura, scultura e fotografia



Fotografia che ritrae Calogero Condello Particolare di una installazione realizzata da Calogero Condello denominata Dilaniata realizzata tra il 1995 e il 2003 Calogero Condello
"Pensiero tridimensionale. Classicità e futuro"


09 marzo (inaugurazione ore 18) - 05 maggio 2024
Sala Leonor Fini del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

In mostra - presentata da Marianna Accerboni - una fascinosa sequenza di installazioni tridimensionali realizzate dall'artista friulano negli ultimi anni. La capacità speculativa propria della cultura mediterranea - scrive Marianna Accerboni - si specchia nell'opera di Calogero Condello, che sa compendiare nei propri lavori euritmia, misura e passione, racchiusi e sospesi in un'arte d'ispirazione concettuale, in cui ricorrono i canoni della bellezza classica e neoclassica accanto ad altre scelte estetiche di qualità, espresse sul filo della contemporaneità sia sotto il profilo formale che per quanto riguarda il loro significato.

Riflessioni che provengono da una preparazione artistica e professionale iniziata al Liceo artistico di Agrigento e affinatasi quindi all'Accademia di Belle Arti di Firenze nella sezione Scultura, dove Condello ha approfondito molteplici discipline, implementando e affinando il proprio naturale talento verso la tridimensionalità, ma anche verso espressioni bidimensionali, che incorniciano e compendiano spesso le opere scultoree. Da notare altresì che tali sculture non rappresentano voci uniche, da considerarsi singolarmente, bensì delle originali espressioni corali in cui l'autore, nella ricerca di un ideale rapporto biunivoco di traccia umanistica con "l'altro", esprime le proprie riflessioni su molteplici aspetti del nostro quotidiano, accentrando in particolare il focus della sua narrazione simbolica sulla guerra e sull'inquinamento, problemi che condizionano in modo negativo la nostra esistenza.

Grande drammaticità, che assurge al diapason di tragedia greca, è suggerita proprio dal tema ecologico, rappresentato dall'artista - che ha esposto in prestigiose sedi istituzionali in Italia e all'estero - nell'installazione che simula un insano e metaforico banchetto (Uomo e madre natura) del 2021mentre il tema della guerra graffia il nostro animo con l'installazione in terracotta dal titolo "Dilaniata" realizzata tra il 1995 e il 2003. Con assoluta padronanza della terza dimensione e dello spazio, Condello esprime, attraverso un'arte simbolica in cui risuonano gli echi della misura aurea, la propria interpretazione della realtà contemporanea e di alcune delle sue problematiche più pressanti, individuate anche attraverso gli echi più crudi. Riconducendole a una misura d'uomo, che rappresenta il fulcro e il mezzo della sua originale riflessione e delle sue installazioni.

Sotto il profilo tecnico le sue opere sono realizzate mediante il calco in gesso di un modello umano in carne e ossa, poi ulteriormente rielaborato e modificato attraverso un metodo di ricerca molto personale, volto alla modulazione di un linguaggio in cui il rapporto tra interiorità ed esteriorità si avvale talvolta dell'uso della luce (come accaduto al Teatro romano di Trieste nel 2019 e ad Aquileia nel 2020), che dona un senso di fragile bellezza alla trasparenza della vetroresina, arricchita spesso da pigmenti e scelta forse non casualmente ma istintivamente anche per rammentare la caducità delle cose terrene. Talvolta invece le sculture sono forgiate in un bronzo dalla patina scura che accentua lievemente il "drama", cioè, secondo l'etimologia greca, l'azione scenica interpretata da figure ideali che diventano quasi eroi neoclassici.

Di bronzo sono infatti le tre sculture che accompagnano e ricordano al fruitore la mostra nel corso della sua durata, collocate in tre spazi chiave del centro di Trieste, oltre ad alcune opere presenti nella sede espositiva: il Magazzino 26 del Porto vecchio di Trieste che, con la sua austera memoria del passato e il suo riuso nel presente, interpreta perfettamente la concettualità temporale espressa dallo scultore siciliano, sospesa tra un passato apparentemente ideale, un'attualità densa di nubi plumbee e un futuro che auspichiamo migliore, grazie anche alle simboliche denunce di artisti come Condello, autore dalla poetica elegante ed essenziale, coraggioso, spesso ispirato e pervaso da un istinto e da una sensibilità sobriamente e sottilmente scenica. A interpretare con emozione - conclude Accerboni - il teatro della vita nella prospettiva di una rinascita e della speranza.




Copertina del libro Il Kitsch Antologia del cattivo gusto Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto
di Gillo Dorfles, ed. Bompiani, pgg. 318, €48,00


Presentazione libro
24 gennaio 2024, ore 17.30
Palazzo Gopcevich - Trieste

Riedizione di uno dei volumi chiave, fra i più noti, dell'esegesi compiuta da Gillo Dorfles, il grande intellettuale, filosofo dell'estetica, critico d'arte e pittore, nato a Trieste il 12 aprile 1910 e mancato a Milano il 2 marzo di 5 anni fa. Interverranno Marianna Accerboni, architetto e critico d'arte, Gianni Contessi, professore ordinario di Storia dell'Arte Contemporanea all'Università di Torino, e il giornalista e operatore culturale Roberto Curci. L'incontro, introdotto da Giorgetta Dorfles, nipote di Gillo, è promosso, in collaborazione con il Comune di Trieste, dall'Associazione Culturale di Milano che porta il nome del grande intellettuale e che ha il fine di conservarne la memoria e diffonderne l'opera.

Perché ripubblicare ai giorni nostri Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto di Gillo Dorfles, edito in Italia la prima volta nel 1968? La risposta è nell'estrema attualità del fenomeno del Kitsch che ancora oggi, sconfinando dall'ambito artistico, si insinua in ogni aspetto della vita contemporanea, dal design alla comunicazione, dalla moda all'arredamento, dallo sport allo spettacolo, come emerge dal libro di Gillo Dorfles, uno dei testi classici del Novecento, che hanno rivoluzionato il modo di concepire l'arte e il campo più esteso e vivo dell'estetica quotidiana.

Il corposo approfondimento dedicato dallo studioso al Kitsch si era materializzato nel 1968 in un volume pubblicato da Gabriele Mazzotta editore, oggi esaurito, che lo ristampò nel 1990. Ma negli anni Sessanta questo termine, attinto dalla lingua tedesca, era ignoto fuori dall'area germanofona e la pubblicazione dell'amplissima e fondamentale ricognizione di Dorfles sul tema fece storia in Italia e determinò la fortuna di un linguaggio, il Kitsch - "pasto estetico (anzi anti-estetico) della borghesia trionfante" - "da cui non si sfugge", come affermava Gillo.

L'oggetto di tale approfondimento, pur essendo in parte mutati i suoi parametri nel tempo, per esempio con "l'immissione ai nostri giorni, dell'elemento Kitsch nel cuore stesso della creazione artistica", è infatti ancor oggi estremamente attuale. E nel '68 l'autore, attraverso la sua sensibilità di intellettuale e di pittore, dimostrò una sorta di geniale preveggenza nell'intuire tale circostanza. Tutt'oggi siamo infatti invasi da questa "non-arte", "sub-arte", "pseudo-arte", che talvolta nelle forme più esasperate ci trascina nel trash: dall'ambito artistico al costume, alla moda, all'arredamento, dallo sport allo spettacolo. Basti pensare per esempio ai Måneskin. Intuendone l'ineluttabilità anche futura, Dorfles considerò molto importante un'analisi così vasta sul Kitsch, componendo un testo che viene considerato pietra miliare della riflessione estetica contemporanea. E la riedizione di Bompiani è la riprova della felice ispirazione di Dorfles e della sua attualità.

Gillo Dorfles è stato la personalità filosofica, critica, artistica italiana che ha coltivato i più intensi rapporti con estetica e arte in tutto il mondo. Già visiting professor in varie università americane, è stato professore di Estetica nelle università di Milano, Cagliari, Firenze e Trieste oltre che autore prolifico di saggi, monografie, articoli ed elzeviri fin dal 1930.




Dipinto a olio di cm 42x32 su tavola denominato Al verde realizzato da Aldo Bressanutti nel 2015 Dipinto a olio su tavola di cm 53x82 denominato Pinocchio 3 realizzato da Aldo Bressanutti nel 1993-1998 Dipinto a olio su tavola di cm 100x80 denominato Interno con vista realizzato da Aldo Bressanutti nel 2019 Calendario d'arte creato da Aldo Bressanutti
19 gennaio 2024, ore 18.30
Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste

Nell'ambito della mostra "Il secolo di Aldo Bressanutti", la curatrice Marianna Accerboni e il figlio dell'artista, Furio, presenteranno il calendario d'arte creato dal pittore per il 2024, che verrà dato in omaggio a tutti i visitatori. Seguirà un vin d'honneur con una degustazione della Tenuta Baroni del Mestri. Il calendario propone l'ultimo quadro dipinto dall'artista, completato alla fine di settembre del 2023. Esposto anche in mostra, il dipinto rappresenta un interno corredato degli elementi tipici espressi da un pittore centenario che guarda al suo futuro con terrore, per esorcizzare il quale v'inserisce anche un'urna contenente le sue ceneri.

Il nuovo allestimento presenta una nuova selezione tematica di opere in buona parte storiche, tra cui un'ampia sequenza di importanti interni mai esposti in Biblioteca. La mostra è corredata da un corposo volume, curato da Furio Bressanutti, che documenta per temi la vastissima produzione dell'artista e la sua evoluzione, e da un interessante video, realizzato da Katia Bonaventura con la collaborazione di Furio, che racconta il quotidiano del padre attraverso un'intervista a quest'ultimo. La sezione dedicata agli interni di Cittavecchia documenta i luoghi dove l'artista visse poveramente e in solitudine da bambino e che ora rievoca nei suoi dipinti, testimoniando anche un modo di vivere che non esiste più, come accade per altro anche nelle vedute di esterni di Cittavecchia, che narrano di un mondo scomparso.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Aldo Bressanutti, Al verde, 2015, olio su tavola cm. 42x32
2. Aldo Bressanutti, Pinocchio 3, 1993-1998, lio su tavola cm. 53x82
3. Aldo Bressanutti, Interno con vista, 2019, olio su tavola cm. 100x80

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Il secolo di Aldo Bressanutti
13 ottobre (inaugurazione) - 06 dicembre 2023 (prorogata fino al 15 febbraio 2024)
Biblioteca Statale Stelio Crise di Trieste
Presentazione




Acquarello di cm 20x30 denominato Balcone veneziano realizzato da Roberto Budicin nel 2020 Dipinto olio su tavola di cm 21x26 denominato Tramonto a Monrupino realizzato da Roberto Budicin nel 2021 Dipinto a olio su tavola di cm 30x24 denominato Ritratto di donna realizzato da Roberto Budicin nel 2021 Dipinto a olio su tela di cm 90x150 denominato Canal Grande a Trieste realizzato da Roberto Budicin nel 2022 Roberto Budicin
Paesaggi, Vedute e Ritratti


15 dicembre (inaugurazione) - 07 gennaio 2024
Sala Comunale d'Arte di Trieste

Personale del pittore Roberto Budicin, introdotta sul piano critico dall'architetto Marianna Accerboni. In mostra una trentina di oli e di acquerelli inediti realizzati dal 2020 a oggi.

Figlio d'arte, dotato di capacità tecniche e creative molto elevate, - scrive Marianna Accerboni - il pittore Roberto Budicin ci consegna in questa mostra un'immagine della città di Trieste, pervasa da quella luce speciale, che ha ammaliato un architetto di fama internazionale, di origini triestine, come Richard Rogers e condeterminato le mise en scène innovatrici di Giorgio Strehler, regista di fama mondiale, nato e cresciuto a Barcola. Una luce che Budicin sa cogliere e interpretare con grande sensibilità e maestria - così come accade quando dipinge la trasparenza dell'acqua - e che ritroviamo, impalpabile ma efficace, anche nei suoi poetici ritratti, calibrati e intrisi di delicata umanità, secondo un linguaggio neoromantico che poggia saldamente su basi impressioniste.

E qui va notato come l'arte del ritratto sia oggi appannaggio di pochi artisti perchè è la più complessa in quanto, attraverso di essa, l'artista deve riuscire a rivelare l'animo del soggetto. C'è poi in questa mostra, che presenta oli e acquerelli tutti realizzati di recente, il gioco sottile dell'amarcord, una licenza poetica che consente a Budicin di abbigliare i pochi personaggi che compaiono nei suoi dipinti secondo la moda del primo Novecento, quando Trieste si trovava ancora sotto l'egida dell'Impero asburgico.

E infine compare il paesaggio puro, senza presenze umane, come accade per esempio in un'interpretazione della natura carsica di grande fascino per l'accostamento cromatico efficace e realistico, ma nel contempo soffuso di un sottile lirismo e intriso esso stesso di luce. L'approfondito studio delle tecniche della pittura classica e antica, appresa dal padre Sergio, dal maestro Walter Falzari, da altri artisti storici e da libri d'epoca, un'instancabile sperimentazione tecnica e un'appassionata dedizione alla pratica pittorica, consentono a Budicin - conclude Accerboni - di presentare in ogni mostra personale un linguaggio diverso e più maturo che non mancherà di conquistare il fruitore più raffinato.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Roberto Budicin, Balcone veneziano, 2020, acquarello cm. 20x30
2. Roberto Budicin, Tramonto a Monrupino, 2021, olio su tavola cm. 21x26
3. Roberto Budicin, Ritratto di donna, 2021, olio su tavola cm. 30x24
4. Roberto Budicin, Canal Grande a Trieste, 2022, olio su tela, cm. 90x150




Dipinto a olio su tela di cm 50x80 denominato Marina al tramonto realizzato da Fabio Colussi nel 2022 Dipinto a olio su tela di cm 50x80 denominato Sera a Trieste realizzato da Fabio Colussi nel 2020 Fabio Colussi. Venezia e oltre
02 dicembre 2023 (inaugurazione) - 15 gennaio 2024
Sala Xenia della Comunità Greco-Orientale di Trieste

Mostra curata dal critico Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione assieme a Gabriella Pastor. In mostra una quarantina di oli dedicati alle vedute marine di Trieste e di Venezia, per la maggior parte inediti e realizzati negli ultimi due anni prevalentemente su tela.

Maestro del contrappunto luministico - scrive Accerboni -, Fabio Colussi sa ricostruire con delicata e calibrata vena lirica il fascino di Venezia e del suo mare. La medesima, sottile inclinazione neoromantica, intrecciata a una personale e sensibilissima vena cromatica e a una grande abilità tecnica, caratterizza le sue vedute. Così l'artista sa catturare l'ineffabile e magica luce della Serenissima e la pace della laguna, consegnandoci un angolo di mondo, in cui poter sognare ancora, grazie al prezioso virtuosismo di questo poeta del paesaggio.

Memore di una vena neoclassica, che appartiene culturalmente a Trieste, sua città d'origine, l'artista prosegue in modo del tutto personale l'antica tradizione di pittori e vedutisti attivi a Venezia nel '700 quali Francesco Guardi e Canaletto, vicino al primo per ispirazione poetica e al secondo per l'interpretazione più razionale dei luoghi. Ma, agli esordi, Colussi ha guardato anche ad altri artisti, in questo caso giuliani, come Giuseppe Barison, Giovanni Zangrando, Ugo Flumiani e Guido Grimani, tutti in un modo o nell'altro legati alla grande tradizione pittorica e coloristica veneziana, che rappresentava un importante punto di riferimento, nel secondo Ottocento e nel primo Novecento, accanto all'Accademia di Monaco, per i pittori triestini.

Altro fulcro fondamentale fu infatti per loro anche la cultura austro-tedesca. E non a caso nelle opere di molti di questi, così come in quella di Colussi, compare spesso una luce azzurro-grigia, che più che un colore rappresenta un'atmosfera, una sorta di evocazione di quello "sturm und drang" (tempesta e impeto), che nel mondo germanico pose le basi del Romanticismo punti di riferimento che costituiscono delle interessanti chiavi di lettura della pittura dell'artista triestino, in particolare per quanto riguarda la sua interpretazione del tema della veduta marina, che Colussi sa rivisitare attraverso intuizioni, luminosità e ispirazioni che alludono istintivamente anche alla cultura visiva mitteleuropea.

Dotato di un talento naturale, che ha saputo coltivare nel tempo con passione e tenacia, Colussi è riuscito a delineare una propria maniera intensa e precisa, ma nel contempo sobria, essenziale e sottilmente poetica. Che fa vivere il paesaggio soprattutto della luce (diurna o notturna che essa sia), ottenuta attraverso ripetute e raffinate velature e un cromatismo deciso ma morbido. Equilibrio e sensibilità caratterizzano i suoi dipinti, nei quali il pittore sa legare molto armoniosamente il linguaggio del passato con le esigenze di linearità di quello moderno. Ne escono - conclude Accerboni - delle vedute marine che poggiano la loro veridicità sulla storia e sulla luce e in cui le antiche e raffinate architetture si fondono con un cielo e un mare intensamente azzurri, che riflettono e suggeriscono, sempre mediante la luce, un senso di pace e atarassia, che appare anche nei dipinti dedicati alla laguna.

Fabio Colussi (Trieste, 1957) è in un certo senso autodidatta, poiché si è formato studiando i grandi pittori triestini del passato, sospesi tra la lezione artistica della pittura veneziana e quella proveniente dalla cultura mitteleuropea. Dipinge i primi acquerelli a quattro anni, i temi sono paesaggi, boschi e figure realizzati anche a pastelli a cera; più tardi approccia la tempera e l'acrilico, per poi passare nei primi anni Novanta all'olio su tela e su tavola, tecnica affrontata secondo i parametri antichi, che è rimasta la prediletta. Per realizzare i suoi lavori, trae spunto dagli schizzi annotati su un taccuino che porta sempre con sé e che talvolta sono implementati, per quanto riguarda le architetture, da appunti fotografici. Colussi è presente con le sue opere in collezioni private in Italia e all'estero (Stati Uniti, Germania, Spagna e Australia, Dubai). Ha esposto a livello nazionale ed europeo, a Bruxelles, in Croazia e in Montenegro, suscitando grande consenso.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Marina al tramonto, 2022, olio su tela cm. 50x80
2. Fabio Colussi, Sera a Trieste, 2020, olio su tela cm. 50x80




Copertina del libro La divina presenza in me scritto da Otilia Saldana Otilia Saldana La divina presenza in me. Messaggi da Dio e i decreti che i suoi figli dovranno seguire
di Otilia Saldana, pgg. 302, € 25,00

Presentazione libro
18 novembre 2023, ore 18.30
Sala Xenia della Comunità Greco-Orientale di Trieste

Il corposo volume, in cui sono pubblicati anche alcuni dipinti dell'autrice, si compone, nell'ambito del concetto rasserenante di “lavorare nella luce”, di più capitoli in cui vengono trattati più temi, dall'ansietà alla solitudine, dalla libertà all'ignoranza e all'insicurezza, dall'ingiustizia alla pace e all'amore. E ancora, dall'arroganza alla tristezza, dagli stati d'animo di paura, vergogna, discordia e peccato alla saggezza. Otilia Saldana ha approfondito in particolare le tecniche Reiki, la cristalloterapia, la canalizzazione, l'EMF Balancing Energy e il trattamento SAAMA, studiato a Barcellona, che opera sul corpo fisico, emozionale, spirituale, mentale e psichico, sbloccando le emozioni.

Nell'occasione l'autrice, che è anche una valente pittrice, sarà intervistata da Marianna Accerboni. In contemporanea avrà luogo la proiezione delle luminose e delicate opere della Saldana, che interpretano e alludono sotto il profilo visivo al suo lavoro terapeutico, svolto in gran parte secondo la disciplina ayurvedica ma anche studiando la riflessologia plantare secondo il metodo cinese. Seguiranno un intervento musicale alla chitarra di Paolo Mainiero e un vin d'honneur. (Comunicato stampa)




Dipinto a olio denominato Su Santa Maria Maggiore realizzato da Aldo Bressanutti Dipinto a olio denominato Requiem per un bragozzo realizzato da Aldo Bressanutti Dipinto di Aldo Bressanutti denominato Finestre su Cittavecchia Dipinto di Aldo Bressanutti denominato Teatro Romano Il secolo di Aldo Bressanutti
13 ottobre (inaugurazione) - 06 dicembre 2023 (prorogata fino al 15 febbraio 2024)
Biblioteca Statale Stelio Crise di Trieste

Prima tappa della mostra diffusa, che trae origine da un'idea di suo figlio Furio, per festeggiare i cent'anni di età del pittore Aldo Bressanutti e i suoi ottant'anni di attività artistica, che tutt'ora prosegue. Realizzata in collaborazione con la Biblioteca statale Stelio Crise e curata dall'arch. Marianna Accerboni, l'esposizione alla Biblioteca propone un'ottantina di opere tra importanti oli di tema surreale e vedute di Cittavecchia, testimoni di una Trieste che non esiste più, e acqueforti sullo stesso tema.

Un'ampia sezione della mostra esporrà documenti, foto, cataloghi, calendari e libri illustrati da Bressanutti e varie testimonianze sulla vita e l'opera dell'artista, accanto a piatti in ceramica realizzati in tiratura limitata e numerati. La rassegna sarà sottolineata da diversi appuntamenti collaterali.

Il 20 ottobre il Comune di Monfalcone renderà omaggio fino al 1 dicembre all'artista, di famiglia triestina, nato per caso a Latisana nel 1923, ma vissuto per molti anni a Monfalcone. Verranno esposti nel Palazzo Municipale fino al 1 dicembre 12 grandi oli raffiguranti le sue caratteristiche vedute d'interni, da quelle degli esordi e della maturità, affastellate di oggetti e di ricordi, a quelle più essenziali realizzate dagli inizi degli anni 2000 in poi.

Seguiranno due mostre allestite alla Galleria Rettori Tribbio, spazio espositivo di riferimento dell'artista a Trieste: la prima dal 28 ottobre al 10 novembre e la seconda dal 25 novembre all'8 dicembre, in cui verranno esposte, complessivamente, una sessantina di vedute di interni. L'artista sarà presente a tutte le inaugurazioni, con introduzione critica di Marianna Accerboni.

- L'anima surreale e la poetica intimista di Aldo Bressanutti

Voce solista del panorama artistico, - scrive Marianna Accerboni - Bressanutti è capace di coniugare l'indagine del reale con il sogno introverso e metafisico, eppure solare, e la tenerezza del ricordo, celata dietro cenni ludici e ironici. Ogni sua opera è infatti venata di un'ironia più o meno accentuata, che accompagna soprattutto la produzione surreale dell'artista, mentre, nel ritrarre la realtà, il pennello si tinge sovente di una sfumatura poetica, non dichiarata ma latente nel paesaggio, più solerte negli interni spesso autobiografici, che si addolciscono in un originale racconto declinato dal pittore come un apparente divertissement.

Asciutto, in apparenza disincantato, in realtà sensibilissimo, Bressanutti traccia, in particolare nei suoi interni d'infanzia e di vita poverissima, un velo costante d'intimismo, che rimane la sua cifra prima e bene s'intreccia alla semplificazione delle architetture d'interni, da lui raggiunta ed esperita negli anni Novanta. Pur spogliandosi degli eccessi e degli orpelli,, rimane tuttavia in questa nuova maniera del pittore la necessità di donare luce, freschezza, nuova vita attraverso il ricordo, ad ambienti in cui la realtà doveva apparire ben più cruda.

È come se Bressanutti vi ambientasse e cercasse di raccontare - a noi e a se stesso - una favola a lieto fine, in cui la matrice intimista ben si sposa con la vena surreale, che rende, come nelle fiabe e nei cartoons, tutto possibile al di là e al di fuori, al di sopra appunto, del reale. Come scopersi anni fa - eravamo agli inizi del 2002 - quando l'artista mi fece vedere delle strabilianti opere surreali, che perla loro originalità mi fecero conoscere un Bressanutti inatteso. Seguì una mostra, dedicata quasi esclusivamente a questa sua linfa espressiva, che riscontrò grande successo.

E pensare che queste opere, realizzate prevalentemente tra gli anni Cinquanta e Sessanta da un artista autodidatta, che non conosceva il grande filone della pittura surrealista belga e francese, fu poi abbandonata dall'autore nel timore che l'accusassero di aver copiato. La mostra lascia molto adito a questo interessantissimo filone della sua inesauribile, sorridente creatività e rappresenta la conferma della grande passione di Bressanutti per il suo lavoro,- conclude Accerboni - che l'ha portato a realizzare un numero vastissimo di oli, disegni, incisioni, tempere, tecniche miste, pitture su ceramica e illustrazioni, qui testimoniate traendo spunto dal quotidiano ma anche dalle profondità più inaccessibili dell'inconscio.

Aldo Bressanutti (Latisana, 31 ottobre 1923) inizia a dipingere da giovanissimo. Del tutto autodidatta, riprende definitivamente l'attività pittorica nel 1947, realizzando sia opere d'ispirazione narrativa, che lo rendono fin dagli inizi molto popolare, sia, subito dopo, lavori di gusto surreale. Ha esposto in importanti e numerose rassegna personali e collettive in Italia, Inghilterra, Germania, Canada, Australia, Spagna ecc. Negli ultimi decenni è stato presente con le sue opere in varie città italiane ed estere, da Roma a Milano e Genova a Berlino, Toronto, Melbourne, Tenerife, Düsseldorf, Londra, Berna ecc., suscitando sempre molto interesse e curiosità e conseguendo notevole successo.

I suoi quadri si trovano in collezioni private in Italia e all'estero. Ha realizzato sei volumi dedicati a Trieste, al Friuli Venezia Giulia, all'Istria e a Muggia (quest'ultimo in collaborazione con Italico Stener) con testi, tra gli altri, di C. Bergamini, L. Lago, L. Padovese, A. Seri e S. Tavano, illustrando tali luoghi con oltre 1500 tra grafiche, disegni e dipinti e fermandone con taglio indelebile ed efficace la memoria. Ha anche dipinto più di 1500 opere a olio. Nel 1998 la casa editrice Lint di Trieste ha pubblicato una monografia a compendio di cinquant'anni della sua attività artistica.

È autore di numerose copertine di libri di varia cultura, di riviste d'arte e di manifesti. Di particolare interesse appaiono le illustrazioni d'impronta surreale ideate nei primi anni Settanta per le copertine di alcuni volumi di fantascienza e la realizzazione, sempre in stile surrealista, del manifesto per la prima edizione del Festival della Fantascienza, svoltosi a Trieste nel 1972. Nell'anno accademico 2004/ 2005 Annalisa Ameruoso si è laureata in Lettere Moderne con indirizzo storico-artistico alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Trieste con una tesi intitolata "Profilo di Aldo Bressanutti", nella quale viene tra l'altro ricostruita la laboriosa genesi di un suo dipinto a olio.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Aldo Bressanutti, Su Santa Maria Maggiore, olio
2. Aldo Bressanutti, Requiem per un bragozzo, olio
3. Aldo Bressanutti, Finestre su Cittavecchia
4. Aldo Bressanutti, Teatro Romano




Idropittura e laccatura finale su tavola di cm 80x100 denominata Il notturno di marea marmorea realizzata da Monica Kirchmayr nel 2023 Monica Kirchmayr nel suo studio mentre prepara l'installazione dedicata alle Maree marmoree Monica Kirchmayr
29 settembre - 13 ottobre 2023
Camera di Commercio di Trieste

Marianna Accerboni presenta la macro installazione interattiva della pittrice triestina Monica Kirchmayr dedicata al tema delle Maree marmoree. Solo nella giornata inaugurale di domani il pubblico potrà interagire con l'opera, realizzata con idropittura a tecnica mista.

Per questa edizione della Barcolana - scrive Marianna Accerboni - Monica Kirchmayr ha saputo ideare un mare incantatore di notevolissimo fascino che coniuga una tecnica molto sapiente e duttile alla capacità di guardare oltre il reale e d'interpretare tale limbo felice con originale professionalità attraverso una sorta di libertà composta, che fa leva su un immaginario istintivo, il quale si scatena con forza nell'artista quand'è intensamente ispirata. A sostenere la sua creatività è una sorta di sottile e sottaciuta sensibilità mitteleuropea che alberga nel suo animo, anche in virtù dell'essere nata in una città come Trieste.

Un'inclinazione grazie alla quale Monica riesce a riportarci - attraverso un lessico però contemporaneo - nelle atmosfere amate per esempio da Caspar-David Friedrich, il più interessante tra i pittori romantici tedeschi. Adottando virtuosismi tecnici da consumata poetessa dell'immagine - o meglio della scena - quali per esempio i veli di tulle scelti in una serie di nuance in sequenza cromatica che alludono a diverse atmosfere marine, i tessuti magicamente solidificati, l'idropittura adoperata con la finezza della tecnica mista, Kirchmayr “forgia” e in un certo senso scolpisce in un marmo ideale la propria concezione del mare.

E lo fa, accostando visioni marine in cui un accentuato contrappunto luministico - uno dei leit motiv della sua pittura - muta sensibilmente a seconda del suo stato d'animo e delle emozioni che vuole esprimere, accogliendo e circondando il fruitore in un grande abbraccio postromantico, onirico e surreale: un golfo in cui risuonano alla lontana, per chi sa ascoltarli, gli echi dello sturm und drang (tempesta e impeto), movimento culturale tedesco di fine Settecento precursore del romanticismo.

Monica Kirchmayr (1975) si forma all'Istituto d'arte di Trieste dove si diploma nel 1994; nel 2008 apprende la tecnica dell'acquaforte all'Università Popolare della sua città. Opera nel suo atelier di via Vasari 19 assieme al marito Gabriele Pistrin, musicista, attore e falegname d'arte, che collabora spesso anche progettualmente alla realizzazione delle opere della moglie. Capace di creare macro installazioni, lavora spesso per il cinema, la televisione e il teatro con registi importanti, tra cui Giuseppe Tornatore e Carmine Elia. Ha al suo attivo numerose mostre allestite in sedi prestigiose in Italia e all'estero. L'eredità artistica di Monica e del marito Gabriele è raccolta dai figli Luca, pittore, e Lunisa, musicista. Dal 2004 l'arte di Monica è inoltre presente a Trieste in un piccolo e originale show room in via Filzi 6, spazio-vetrina d'ispirazione surreale, visibile dalla strada sia da chi passa a piedi che da chi è al volante.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Monica Kirchmayr, Il notturno di marea marmorea, 2023, idropittura e laccatura finale su tavola cm. 80x100
2. Monica Kirchmayr nel suo studio mentre prepara l'installazione dedicata alle Maree marmoree




Dipinto a olio su compensato marino di cm 92x60 denominato Campi di lavanda realizzato da Luisia Comelli nel 2014 Dipinto a olio su tela di cm 40x50 denominato A Scorcola con il Tram realizzato da Luisia Comelli nel 1997 Dipinto a olio su tela di cm 34x44 denominato n.2 Occhi Azzurri realizzato da Luisia Comelli nel 1957 Una fotografia che ritrae Luisia Comelli a Ramandolo in provincia di Udine nel settembre 1957 Luisia Comelli
"LUÌS. Since 1953 - 70° d'arte"


30 settembre (inaugurazione ore 19) - 05 novembre 2023
Sala Leonor Fini del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

Mostra antologica dedicata ai settant'anni di attività della pittrice Luisia Comelli (in arte Luìs) e curata da Marianna Accerboni e Lucia Lalovich Toscano. In mostra un centinaio di opere realizzate dall'artista (classe 1935) dal 1953 a oggi, soprattutto dipinti a olio dedicati a una personale interpretazione delle vedute di mare e del paesaggio naturale, al ritratto e alle nature morte con rimandi storico-archeologici, accanto a intense xilografie dal segno molto efficace.

La rassegna, che sarà corredata da un catalogo, è promossa dal Circolo Duinate in coorganizzazione con il Comune di Trieste, con il patrocinio del Comune di Duino Aurisina rientra nell'ambito delle manifestazioni organizzate per la 55° edizione della Barcolana. L'artista che, a ottantotto anni, è tutt'ora in attività, sarà presente nella sede espositiva negli orari di apertura durante tutta la durata della mostra, anche per la realizzazione di performance pittoriche (info e ufficio stampa: circoloduinate@gmail.com).

Un'esistenza trascorsa tra gli amati colori, i pennelli, una natura di mare, di cielo e di roccia e il sorriso dei suoi tre bimbi. Così Luisia Comelli - scrive Marianna Accerboni - ha trascorso la sua vita, dedicata alla pittura e alla famiglia. Sono passati settant'anni dal primo olio creato nel '53 a oggi, epoca in cui l'artista - che lo scorso 1 agosto ha compiuto 88 anni - dipinge ancora.

La passione per la pittura si fa sentire in me fin da giovanissima. - ricorda Luìs - La mia libertà nel dipingere è stata sempre e rimane tuttora, accostata alla tradizione, vicina alla realtà e alle cose semplici, che soprattutto apprezzo, semplicità che è legata a un'impronta personale, guidata con freschezza dall'entusiasmo dello spirito creativo del mio sentire. Tuttavia, durante i miei brevi incontri con il noto pittore Nino Perizi, mi si è presentata l'opportunità di avvicinarmi all'astrattismo, senza però riuscire mai ad approdare a questo diverso linguaggio pittorico. Dunque, - conclude l'artista - per l'intero percorso, sono rimasta sempre ancorata e coerente alla mia vocazione artistica, escludendo di seguire certi drastici mutamenti molto spesso esageratamente spinti e quindi difficili, per me, da comprendere.

A ispirarla sono stati sempre l'azzurro del cielo e del mare della splendida costa duinate, il vento intriso dagli spruzzi salati e il verde selvaggio della costa. E, nel raccontarli, lei si è dimostrata sempre interprete di grandesensibilità, capace di tradurre sulla tela, attraverso un intenso e personale lirismo e un cromatismo vitale, ma equilibrato e sintonico con il dato naturale, la luce e l'anima della sua terra; una caratteristica, la luce, che è propria dei veri artisti e che Comelli sa esprimere attraverso un contrappunto intenso e passionale, che contraddistingue anche le sue scelte cromatiche, particolarmente ispirate dalla variegata e vivace gamma di colori che connota la natura in cui è lei è immersa nel suo quotidiano.

I dipinti in mostra sono realizzati d'istinto con gesto espressionista, ma dietro a essi s'intuisce una meditata assimilazione dei valori umani della vita, che si esprime nei ritratti e negli autoritratti densi di carattere e di partecipazione, d'intuizione e di affondo psicologico. Un istinto che l'accompagna anche davanti al mistero del mare e dell'esistenza, recepita e affrontata con pacata padronanza delle situazioni e nel contempo con passione. Il suo è un linguaggio intriso di un naturale, solare dinamismo, il cui filo conduttore è sostanziato da una luce e da un acceso cromatismo incorniciati e sottolineati da un segno morbido ma deciso.

E poi il paesaggio: nella sua pittura incontriamo mare, luna e cielo, avvolti dal vento ma anche dai fiori, gabbiani attenti come sentinelle del sentimento e il sogno di una luce stupenda, che prende spunto dalla realtà per sublimarsi e travalicarla. Attraverso l'energia del gesto e un uso del colore condotto istintivamente al limite del Fauvismo (movimento francese del primo Novecento, il cui cromatismo era molto intenso e perciò definito appunto "fauve", cioè selvaggio), Luisia trae dalla cultura del gesto espressionista gli aspetti dell'immediatezza, della libertà del fare pittorico, dell'intensità e dell'introspezione, tralasciando tuttavia il movente drammatico che caratterizzò le origini del movimento nel Nord Europa e innestando in tale tendenza pittorica un'armonia propria della cultura mediterranea, un romantico sentire e una sottaciuta sensibilità poetica.

E nei suoi dipinti balza inoltre all'occhio la coerenza di un'artista che ha saputo mantenere intatte negli anni tutte le caratteristiche di immediatezza e di freschezza e l'accesa sensibilità degli esordi. Perciò - conclude Accerboni - la sua narrazione si traduce in un profondo, variegato racconto pittorico lungo una vita, testimoniato in modo molto esauriente dal centinaio di lavori presenti in questa antologica, la più importante e completa che mai le sia stata dedicata.

Luisia Comelli (in arte Luìs) nasce a Trieste il 1 agosto 1935 da una famiglia spagnola di nobile origine, madre friulana e padre triestino, e da più di trent'anni vive e opera a Duino (Trieste). Si appassiona fin da giovanissima alla pittura a olio, che diventerà la sua tecnica prediletta, ma, nonostante la spiccata predilezione e attitudine per il disegno e le materie artistiche, la rigida educazione dei genitori le impedisce di frequentare il Liceo artistico di Venezia. Supplisce in seguito a tale esigenza, seguendo negli anni Cinquanta le lezioni private di Carlo Pacifico, maestro lombardo che contribuì alla formazione di molti valenti artisti triestini, e grazie agli incontri con il pittore Nino Perizi.

Nel corso della sua vita ha sperimentato varie tecniche, in particolare, oltre al disegno e alla pittura a olio, anche la xilografia, eseguendo migliaia di opere, soprattutto oli. Si è dedicata anche al restauro di dipinti, tra cui quello raffigurante la Madonna Lauretana nella Cappella privata dell'ex villa veneta di Visco (Udine), e di opere monumentali di carattere profano. Nel 2003 ha realizzato un ciclo di murales, mentre suoi dipinti di soggetto sacro sono conservati nella chiesa francescana di Sant'Antonio di Tirana (Albania) e nelle chiese di San Giuseppe a Sistiana e di Santo Spirito a Duino (Trieste). Negli ultimi trent'anni ha allestito diverse mostre personali, partecipato a più di 300 collettive in Italia e all'estero e a una cinquantina di concorsi, ricevendo numerosissimi premi, menzioni e riconoscimenti molto significativi. Varie sue opere sono esposte in permanenza in sedi di enti pubblici e in spazi privati.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Luisia Comelli, Campi di lavanda, olio su compensato marino cm 92x60, 2014
2. Luisia Comelli, A Scorcola con il Tram, olio su tela cm 40x50
3. Luisia Comelli, n.2 Occhi Azzurri, olio su tela 34 x 44, 1957
4. Luisia Comelli a Ramandolo (Udine) nel settembre 1957




Idropittura e laccatura finale su tavola di cm 175x75 denominata Tramonto marmoreo realizzata da Monica Kirchmayr nel 2021 Monica Kirchmayr nel suo atelier Idropittura e laccatura finale su tavola di cm 120x90 denominata Metà Fisico e metà Virtuale realizzata da Monica Kirchmayr nel 2018 Dipinto a tecnica mista su tavola di cm 130 x130 denominato Filtro Naturale realizzato da Monica Kirchmayr nel 2019 Monica Kirchmayr
"l'Universo eclettico"


20 giugno - 15 agosto 2023 (prorogata fino al 17 agosto 2023)
Grand Hotel Duchi d'Aosta - Trieste
* 26 luglio 2023, ore 17; 27-28 luglio, ore 18, l'artista terrà una visita guidata.

La rassegna, ricca di suggestioni, propone 24 opere quasi tutte inedite, realizzate dalla pittrice triestina nell'ultimo quinquennio ed esposte in un'originale "Galleria d'arte verticale", che dal 2021 percorre i quattro piani dell'albergo, il cui corpo scale è stato elegantemente attrezzato per ospitare arte locale e contemporanea.

Poliedrica interprete di un universo fantastico senza confini, - scrive Marianna Accerboni - Monica è figlia d'arte poiché il padre Giuliano, in arte Fritz von Kirchmayr, era un valente pittore e un grande disegnatore dalla sensibilità innovatrice, capace di assimilare e d'intrecciare alla pittura i materiali più disparati e gli elementi propri della fotografia e della cinematografia e di sperimentare già negli anni Sessanta l'uso dei colori fluorescenti e delle lampade a luce nera. La madre, Cecilia Meola, in arte K. Ljubjnka, veneta e pugliese di origine, dipingeva invece in stile naïf, ispirandosi al pittore croato Mijo Kovacic.

Istintivamente memore della linfa creativa dei genitori, Monica si avvale di molteplici e sofisticate tecniche - acquisite nel corso del tempo all'Istituto d'arte di Trieste, dove si diploma nel 1994, e nel 2008 con l'apprendimento dell'acquaforte all'Università Popolare -, rielaborate e sperimentate poi da sola nel suo fascinoso atelier di via Vasari 19: una sorta di "laboratorio delle fiabe" che condivide con il marito Gabriele Pistrin, musicista, attore e falegname d'arte, che collabora spesso anche progettualmente alla realizzazione delle opere della moglie. Uno spazio da visitare, ricco di spunti, di ricerca e di energie, in cui si respira il contemporaneo ma anche un modus operandi d'altri tempi, sottolineato da un sottile, naturale richiamo a un'atmosfera da bohème.

In tal modo il fruitore viene orientato verso un universo onirico, surreale e simbolico, che lo distoglie dai ritmi troppo frenetici della vita contemporanea ed è forse anche per questo motivo che le opere dell'artista sono così apprezzate dal pubblico e dalla critica. In tale contesto Monica esplica la propria creatività seguendo tre filoni espressivi, tutti racchiusi nel principale dipinto esposto in questa mostra: una sorta di rappresentazione bidimensionale di un pensiero tridimensionale intitolato "Duchessa" in onore della sede espositiva, ma anche in memoria della bellissima nonna paterna, istriana dalle origini nobiliari.

I tre filoni sono rappresentati dalle "Vibrazioni di luce" che, attraverso molteplici velature, ci conducono verso orizzonti infiniti, in cui l'artista inserisce spesso con agile virtuosismo gli "Attraverso", figure retoriche geometriche che sembrano aggettare dal piano su cui sono dipinte, tanto risultano verosimili. Dal 2016 ci sono poi le "Maree marmoree, che rappresentano un effetto di marmo immaginario, in cui elementi come l'aria e l'acqua si vaporizzano, sostenuti da una texture ideale marmorea, che l'artista applica a diversi tipi di paesaggio. Il quarto stile presente nella mostra è testimoniato daii "Materici", che consistono nell'applicazione, su un fondale pittorico ricco e bidimensionale, di oggetti tridimensionali, che assumono la vocazione di sculture, rielaborati da Monica nell'ottica dell'objet trouvé.

Ma forse pochi sanno che l'artista è capace di esprimersi anche nella macro dimensione con un intuito visionario di grande respiro, come ha dimostrato per esempio nell'installazione intitolata "L'albero dei pensieri" del 2019 (circa 5 metri di diametro per 3 metri d'altezza), in cui su uno scenografico albero erano appesi 365 disegni dedicati a tale soggetto, disegnati dall'artista ogni giorno per un anno, e 930 foglie ispirate al tema scritte da altrettanti fruitori di tutte le età e le nazionalità, che interagivano con l'opera d'arte identificando la propria data di nascita con lo stile del disegno vergato quel giorno da Monica.

Al 2018 risale invece l'installazione di un'elegante cabina intitolata "Bidimensio", in cui erano stati inseriti sulle pareti in alto, in basso e ai lati 7 specchi, che sembravano incastonati nella roccia e in cui il fruitore poteva specchiarsi, recependo la visione del proprio volta in un'insolita chiave tridimensionale. Artista visionaria e capace di creare una realtà altra, subliminale rispetto alla realtà, Kirchmayr è stata ripetutamente "catturata" dal mondo del cinema, della televisione e del teatro, essendo in grado di progettare e realizzare, anche sul momento, delle fascinazioni scenografiche inattese e inusitate quanto efficaci, che non hanno mancato di stupire e attirare registi internazionali quale per esempio Giuseppe Tornatore, con cui ha più volte collaborato dal film "La sconosciuta" del 2005 in poi, a Carmine Elia per "La porta rossa" con Lino Guanciale.

Tra pittura, scenografia e scultura la "saga" dei Kirchmayr - conclude Marianna Accerboni - non si ferma però qui, ma è protesa verso il futuro attraverso la naturale creatività dei figli di Monica e Gabriele: Luca, pittore simbolista dalla vena originale e dal temperamento vitale e positivo, cresciuto nell'"antro dei sogni", rappresentato dal fantasmagorico atelier dei genitori insieme alla sorella Luisa, in arte Lunisa, cantautrice, che suona l'ukulele, strumento musicale appartenente alla famiglia delle chitarre, e sorta di adattamento hawaiano di uno strumento di origine portoghese. Dal 2004 l'arte di Monica è inoltre presente a Trieste in un piccolo e originale show room in via Filzi 6, spazio-vetrina d'ispirazione surreale, visibile dalla strada sia da chi passa a piedi che da chi è al volante. Il 30 ottobre del 2024 l'artista festeggerà i primi vent'anni di tale esposizione permanente con un grande evento.

Immagini (da sinistra a destra):

1. Monica Kirchmayr, Tramonto marmoreo, 2021, idropittura e laccatura finale su tavola cm. 175x75
2. Monica Kirchmayr nel suo atelier
3. Monica Kirchmayr, Metà Fisico e Metà Virtuale, 2018, idropittura e laccatura finale su tavola cm. 120x90
4. Monica Kirchmayr, Filtro naturale, 2019, tecnica mista su tavola cm. 130 x130




Dipinto in acrilico su tela di cm 70x50 denominato Anita realizzato da Patrizia Grubissa nel 2023 Patrizia Grubissa Patrizia Grubissa
"Stati d'animo"


24 giugno (inaugurazione ore 18.30) - 07 luglio 2023
Galleria Rettori Tribbio - Trieste

Personale della pittrice Patrizia Grubissa introdotta dalla curatrice Marianna Accerboni: in mostra una trentina di opere realizzate dal 2017 a oggi ad acrilico su tela che propongono una galleria di ritratti interiori, in linea con il linguaggio contemporaneo.

Nella sua bellissima casa-studio arroccata in una silenziosa stradina nella valle di Rozzol a Trieste, arredata con gusto e con il piglio d'architetto, - scrive Marianna Accerboni - Patrizia Grubissa compone il suo mondo fantastico incentrato soprattutto su figure muliebri connotate da una forte valenza cromatica e da una personalità vitale e decisa e pervase da un intenso sentire. Realizzate ad acrilico, steso nel periodo dell'esordio con la spatola e negli anni successivi a pennello, esprimono il mondo segreto e le emozioni della pittrice, gli stati d'animo che di volta in volta solcano il suo animo di persona diretta e sensibile.

Grubissa - che si è formata prima con l'artista Luciana Tiepolo e poi frequentando i corsi di pittura tenuti alla Scuola del Vedere dai maestri Roberto Tigelli e Claudio Mario Feruglio - parte da un'immagine fotografica che in seguito rielabora sul piano pittorico e fa sua, trasferendo nel dipinto il proprio stato d'animo del momento, ammirata per esempio dalla bellezza o ispirata da un senso di ribellione o, al contrario, di accettazione della realtà. Sensazioni che ha vissuto personalmente o che ha riconosciuto nelle donne fotografate. Il talento dell'artista sta nel fatto di riuscire a trasfigurare nei personaggi ritratti le proprie emozioni, in modo mai banale ma del tutto personale, conferendo al soggetto prescelto una vis molto precisa, emozionante e intensa, che esula dai cliché consueti.

E riuscendo così a coinvolgere il fruitore trasportandolo fin dentro l'animo del personaggio ritrattato, nelle sue angosce, nei suoi turbamenti e nei suoi più segreti palpiti, grazie all'uso di una tecnica che ha il dono dell'incisività e dell'immediatezza e che si avvale di un contrappunto luministico marcato ma sapientemente dosato: un linguaggio che tange sottilmente e tiene istintivamente conto del mondo interiore e introspettivo della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit), tendenza artistica sorta in Germania negli anni Venti del secolo scorso, una cultura visiva e un itinerario concettuale affine alla nostra anima mitteleuropea cui l'artista appartiene. Che si distingue tuttavia - conclude Accerboni - dal realismo vero e proprio poiché mantiene una certa componente emotiva, ben presente nei dipinti di Grubissa, senza tralasciare per altro dei punti di contatto con il coevo movimento italiano di Valori Plastici, orientato verso il richiamo all'ordine di sarfattiana memoria.

Patrizia Grubissa vive e opera a Trieste. La sua naturale inclinazione artistica trova un primo sblocco nell'attività professionale, quando si dedica anche alla creazione di elementi di arredamento destinati all'esportazione. Contemporaneamente inizia un proprio percorso di crescita personale, coltivando la sua prima passione, il disegno, per poi dedicarsi allo studio del colore a olio e acrilico, nel cui ambito alterna la tecnica a spatola a quella a pennello. Recentemente allo stile figurativo affianca la pittura astratta.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Patrizia Grubissa, Anita, 2023, acrilico su tela cm. 70x50
2. La pittrice Patrizia Grubissa




Dipinto a olio su tela di cm. 40x60 denominato Isola di San Giorgio a Venezia realizzato da Fabio Colussi nel 2022 Dipinto a olio su faesite di cm 16x40 denominato Venezia realizzato da Fabio Colussi nel 2022 Fabio Colussi
"Venetian soul"


11 giugno (inaugurazione ore 11) - 30 giugno 2023
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera - Venezia
www.ghetto-etcetera.com

Mostra personale del pittore triestino Fabio Colussi curata dell'arch. Marianna Accerboni, che introdurrà, alla presenza dell'artista, l'esposizione con Gabriella Pastor. In mostra una ventina di oli su tela e cartone telato, quasi tutti inediti e realizzati nel 2022-2023.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Isola di San Giorgio a Venezia, 2022, olio su tela cm. 40x60
2. Fabio Colussi, Venezia, 2022, olio su faesite cm. 16x40




Dipinto in acrilico di cm 50x50 denominato Frammento d'esistenza realizzato da Adriana Itri nel 2023 Dipinto in acrilico e smalto di cm 120x120 denominato Luce realizzato da Adriana Itri nel 2023 Dipinto in acrilico di cm 110x110 denominato Profondo realizzato da Adriana Itri nel 2023 Dipinto in acrilico di cm 150x120 denominato Tra il buio e la luce realizzato da Adriana Itri nel 2022 Adriana Itri
"Il cammino"


07 giugno (inaugurazione ore 18.30) - 17 giugno 2023
Double Tree by Hilton - Trieste

Mostra della pittrice Adriana Itri, introdotta dalla curatrice Marianna Accerboni: una quindicina di opere inedite, tutte realizzate nell'ultimo anno ad acrilico, spesso implementato da smalti, pigmenti e calce e illuminato da polvere d'oro.

Dal suo atelier ai piedi del colle di San Giusto - scrive Marianna Accerboni - Adriana Itri riflette nella sua pittura, attraverso riverberi dorati e luci repentine, i segreti palpiti di un universo senza confini, in cui ognuno di noi è solo come la rosa vermiglia che rappresenta un costante Leitmotiv della sua visione del mondo. Ma ognuno nel contempo guarda con delicato sentire ai suoi simili, rappresentati quali altrettanti fiori dipinti nel contesto di una natura infinita, in cui si librano foglie mosse come pensieri da un vento leggero. Il ritmo che si avverte nelle sue opere è armonico e apparentemente lieve, in realtà cela un'intuizione profonda e istintiva, propria dei migliori artisti.

Così, abbandonati - forse solo momentaneamente - gli abiti simbolo, che raccontano e denunciano la violenza di vario genere sulle donne e che hanno riscosso grande apprezzamento da parte della critica e del pubblico, dal 2020 Itri ha iniziato questo nuovo percorso dedicato a una natura gentile e misteriosa, che ci accoglie silente, salvo gli aliti di vento che ci ricordano, come i suoi delicati cromatismi, quelli della Venere del Botticelli. Itri è autrice di un lessico pittorico molto personale, in cui tuttavia si riflettono in senso positivo gli echi lontani delle atmosfere en plein air di Monet, il fantasticare raffinato dei Prerafaelliti e l'algida perfezione di certi paesaggi fiamminghi: motivi intrecciati in un poetico e sottile simbolismo, rischiarato da efficaci ed evocativi contrappunti di luce.

E talvolta in tali paesaggi ritroviamo anche la memoria della pittura astratta cui l'artista si era dedicata agli inizi, nel 2005. Ricercata è anche la tecnica: calce cruda con del pigmento per il fondo, per ottenere un aspetto un po' sfumato e decadente, sul quale l'artista stende a pennello l'acrilico, smalti e polvere d'oro. E quest'ultimo materiale - conclude Accerboni -, oltre a donare luce al dipinto, assume anche una valenza simbolica.

Adriana Itri (Trieste) vive fino al 1989 in varie città italiane. Di padre salernitano e madre toscana, si trasferisce quindi stabilmente nel capoluogo giuliano. Partecipa a varie collettive e personali di rilievo in Italia e all'estero e ottiene diversi primi premi e riconoscimenti di livello nazionale.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Adriana Itri, Frammento d'esistenza, 2023, acrilico, cm. 50x50
2. Adriana Itri, Luce, 2023, acrilico e smalto, cm. 120x120
3. Adriana Itri, Profondo, 2023, acrilico cm. 110x110
4. Adriana Itri, Tra il buio e la luce, 2022, acrilico cm. 150x120




Dipinto con colore acrilico su carta velina di cm 150x100 indicato come Senza titolo 1 realizzato da Silvia Ciaccio tra il 2020 e il 2022 Silvia Ciaccio di fronte all'opera Senza titolo realizzat con colore a spray su carta velina di cm 150x100 Dipinto Monocromo con colore acrilico su cartoncino di cm. 28x22,5 realizzato da Silvia Ciaccio nel 2022 Silvia Ciaccio
"SpazioCielo Essenza Oltremare"


01 giugno (inaugurazione ore 18) - 25 giugno 2023
Sala Comunale d'arte di Trieste

Personale dell'artista Silvia Ciaccio, curata dall'architetto Marianna Accerboni. In mostra una ventina di raffinate ed essenziali interpretazioni dell'immensità, intesa come ampiezza degli spazi del mare e del cielo, ma anche come vastità di pensiero. Un messaggio criptico e raffinatamente concettuale che l'artista milanese - figlia d'arte (il padre Roberto era pittore di chiara fama, dalle frequentazioni internazionali), laureata in estetica e da sempre profondamente legata a Trieste - propone di fronte alla linea d'orizzonte infinito su cui si apre la sala che ospita l'esposizione.

Il progetto espositivo "Spaziocielo" allude alla dimensione fisica e concettuale dell'immensità, intesa come ampiezza degli spazi del mare e del cielo, ma anche come vastità di pensiero. Spaziocielo è un luogo monocromatico d'incontro tra cielo e mare, in cui terra e aria si sfiorano; è una dimensione liminare che schiude varchi di pensiero verso l'immensità, una soglia orizzontale tra il mondo celeste e quello terrestre, un limite indefinito in cui la molteplicità cromatica, dal blu al viola, dall'azzurro al rosa, dall'indaco al grigio argenteo, spalanca la via verso l'ignoto.

Le opere colgono quello spazio indefinito, di confine, caratterizzato da una potente forza generatrice di sogni, immagini e voli onirici. La vista dell'ampiezza spinge, infatti, continuamente a sognare e ad immaginare altro, oltre l'orizzonte. Dalla contemplazione di questa particolare atmosfera, che caratterizza la città di Trieste, sono nati piccoli spazi pittorici monocromatici, che restituiscono le percezioni sensoriali delle diverse ore del giorno, a seconda delle diverse esposizioni alla luce. Le tonalità del rosa sfumano nel viola, il blu scolora nell'azzurro, l'indaco si adagia polveroso sul grigio argenteo, rivelando i segreti del mare al cielo e viceversa.

La mostra si compone di due momenti: nella prima sala il lavoro è interamente dedicato alla città di Trieste.Accanto ai piccoli monocromi, due grandi fogli di lavoro trattengono le tracce della stesura dei colori e i passaggi del gesto pittorico, in cui si coglie la nostalgia del mare e del cielo. Due sottili lastre di alluminio ossidate, dipinte di celeste, riflettono i bagliori argentei del mare, illuminato dalla luce del sole. Infine, all'interno di boccette di vetro, chiuse da un tappo grezzo di sughero, sono raccolte quelle spugne imbevute di colore, che, come pennelli di corallo, hanno lasciato traccia sui fogli; alla base delle boccette una lastra di plexiglass specchiato ricorda allo sguardo la superficie liquida del mare.

Accompagna il lavoro un video girato tra l'atelier dell'artista e la città di Trieste nel quale, attraverso un movimento ciclico di allontanamenti e ritorni, si assiste ad una fusione atmosferica di cielo e mare. Nella seconda sala vengono esposte grandi carte veline realizzate a tecnica mista, tre delle quali sono nate per consonanza con il brano musicale di Claude Debussy, La Cathédrale Engloutie. Nel componimento musicale si ode il suono delle campane di una cattedrale bretone inghiottita dal mare; ne derivano opere che appaiono come narrazioni musicali di paesaggi sonori interiori. Altre due grandi carte veline sono invece attraversate da un lento processo di decostruzione della materia e di sottrazione del colore che porta all'essenza dell'essere. Infine troviamo un trittico su carta da stampa e colore vinilico in cui, attraverso una sottile fessura di luce, si coglie per un istante la verità oltre l'immagine.

Silvia Ciaccio (Milano, 1985) trascorre lunghi periodi nella città di Trieste. Si laurea in estetica studiando il monocromo come luogo di massima concentrazione del pensiero. Lavora su carta velina, le cui trasparenze conducono verso un astrattismo atmosferico, e su lastre di acciaio corten, le cui ossidazioni portano ad un processo alchemico di perfezionamento della materia.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Silvia Ciaccio, Senza titolo 1, 2020-2022, colore acrilico su carta velina cm 150x100
2. Silvia Ciaccio di fronte all'opera _Senza titolo_, colore a spray su carta velina cm. 150x100
3. Silvia Ciaccio, Senza titolo, 2022, monocromo, colore acrilico su cartoncino cm. 28x22.5




Post produzione fotografica su dibond di cm 20x25 denominata LUNE 26 realizzata da Elizabeth Ruchti nel 2023 Post produzione fotografica su dibond di cm 20x20 denominata LUNE 25 realizzata da Elizabeth Ruchti nel 2023 Opera a tecnica mista in post produzione fotografica su dibond cm 30x30 denominata LUNE 27 realizzata da Elizabeth Ruchti nel 2023 Opera con carta su legno di cm 68x88 denominata LUNE 3 realizzata da Elizabeth Ruchti nel 2012 Elizabeth Ruchti
"La luna e oltre"


20 maggio (inaugurazione ore 18.30-21.00) - 10 giugno 2023
Mercato Coperto di Trieste

Mostra che propone una quarantina di opere, tra assemblaggi a tecnica mista e fotografie, di Elizabeth Ruchti, artista che vive tra Milano, la Grecia e Trieste, sua città d'adozione. Nata a San Paolo del Brasile, nelle sue vene scorre sangue svizzero, russo, brasiliano e gaucho. Diciassettenne, si trasferisce per motivi di studio a Roma, dove si laurea in antropologia culturale e da quel momento vive e opera nel capoluogo lombardo, dove ha sempre coltivato la passione per l'arte, formandosi all'Accademia di Belle Arti di San Luca e partecipando a mostre personali e collettive. Organizzata da AIDIA Trieste e ideata da Anita Cendon con il coordinamento di Lucia Krasovec-Lucas e la linea grafica di Riccardo Moro, l'esposizione sarà introdotta dalla curatrice Marianna Accerboni.

"Elizabeth - scrive Accerboni - si affida ai parametri dell'arte povera, sfiora a volte il concettuale, si abbandona a un mondo in cui risuonano ancora i riti e i simboli della tradizione popolare, il canto delle sirene bambine, le predizioni ancestrali scandite sulla sabbia, le fiabe con i loro misteri. E, mentre in modo e attraverso un ritmo e suggestioni quasi animistiche, interpreta i segreti della natura e i loro riflessi sulla vita e sulla crescita interiore e fisica dell'uomo, accade che si palesa la via d'uscita imprevista, legata ancora una volta alla capacità dell'artista di captare le forze sottili, silenziose e potenti che governano l'universo nella sua apparenza e nella sua sostanza e i suoi ritmi segreti".

E allora Elizabeth abbandona - forse solo momentaneamente - l'arte del riciclo attraverso cui ha sommessamente ed elegantemente denunciato la violazione della natura attuata dall'uomo attraverso l'uso smodato e incoerente di plastiche colorate e trasparenti, di corde che simulano l'aggressione della nafta, dei petroli e degli additivi inquinanti i mari e la terra, per inseguire un sogno altro, fatto di lune argentee, la cui composizione realizza attraverso il riciclo di materiali semplici, di uso comune e quotidiano, che lei sa adoperare poeticamente e abilmente, discostandosi dall'onda d'urto avviata da Duchamp per stupire il mondo quasi un secolo fa. E ci consegna così le sue variazioni sulla Luna, luogo di futura e algida salvezza, o su Marte infuocato, dove l'uomo sta già progettando di fuggire, presentendo la fine della Terra e della sua "civiltà". E nasce così il ciclo di opere presenti in questa mostra, che rappresentano la poetica via d'uscita al dramma.

"In tale contesto Ruchti, a differenza di molti dei numerosi artisti che si sono dedicati nel corso del tempo al tema del riciclo e agli astri, - conclude la curatrice - sa usare istintivamente, nel declinare la denuncia ai danni della Terra, un'espressione misurata nei rapporti formali tra volumi e cromatismi, riuscendo a donare alle proprie composizioni un'eleganza minimale che le rende, pur nella drammaticità del messaggio, gradevoli e coinvolgenti e perciò ancor più efficaci".

Un ritmo sobrio ma intenso che risuona anche nei suoi scatti fotografici, in cui coglie le intrusioni che feriscono il paesaggio e l'uomo con la naturalezza e il silenzioso disappunto di una cronista attonita e gentile.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Elizabeth Ruchti, Lune 26, 2023, post produzione fotografica su dibond cm. 20x25
2. Elizabeth Ruchti, Lune 25, 2023, post produzione fotografica su dibond cm. 20x20
3. Elizabeth Ruchti, Lune 27, 2023, opera a tecnica mista in post produzione fotografica su dibond cm. 30x30
4. Elizabeth Ruchti, Lune 3, 2012, carta su legno cm. 68x88




Dipinto a olio su tela di cm. 205x160 denominato Folle narcisista realizzato da Marco Del Re nel 1997 Dipinto a olio su tela di cm. 278x408 denominato Vita silente realizzato da Marco Del Re nel 1999 Marco Del Re
"Hommage"


16 marzo (inaugurazione ore 18.00-20.00) - 24 giugno 2023
Galleria Maeght - Parigi
www.maeght.com

Un'importante personale di Marco Del Re, pittore e incisore italiano di levatura internazionale. La mostra presenta una selezione di opere dell'artista recentemente scomparso e ci trasporta nel suo romantico e fantastico universo. Autentici inni all'architettura, alla pittura, alla musica e al teatro, gli oli su tela esposti alla Galerie Maeght sono una porta d'accesso a un viaggio nel tempo e nei grandi movimenti artistici, un tuffo nell'universo dell'artista intriso di mitologia, letteratura e poesia.

Celebrazione gioiosa e poetica dell'arte della pittura, l'opera di Marco Del Re trae ispirazione dai grandi maestri della storia dell'arte come Henri Matisse, André Derain, Georges Braque, Giorgio De Chirico e Francis Picabia. La mostra omaggio ripercorre la sua opera a partire dall'ultimo decennio del Novecento, quando l'artista si dedicò definitivamente alla pittura. Al centro del lavoro di Marco Del Re c'è il colore. I suoi grandi nudi monocromi, disponibili in rosso, blu, giallo, nero, rendono un tributo alla statuaria romana e al primitivismo italiano. Attraverso tinte accese, l'artista dona alle sue figure una nuova gioia di esistere in composizioni articolate, vitalizzate dalla presenza di una fresca gamma cromatica.

Tuttavia è nel buio che l'artista riesce ad estrarre con grande efficacia la luce più autentica della sua pittura. In alcune composizioni il nero è dominante, spesso in maniera quasi ossessiva: profondo, ovattato, drammatico, metafisico, fantastico, letterario, carico di atmosfera, ma anche allusivo a innumerevoli frammenti di memoria, rimanda a un passato lontano, mitico e arcaico. Privo di ogni connotazione malinconica, è il compagno della luce e del colore. La luce stessa diventa profonda, come un bagliore nel buio o come il bianco carbonizzato striato di vibrazioni livide e irreali. Il piacere della pittura si sprigiona in un ironico gioco compositivo. Le figure, su campiture cromaticamente vivide, sembrano incrinarsi come attraversate da una scarica elettrica.

Marco Del Re assomiglia a quelli che un tempo si chiamavano saggisti: Montaigne, Pascal, Valéry. Marco Del Re non fa poemi epici, nature morte, quadri storici, ritratti, paesaggi. Non crea universi qualificabili come il pittore romantico, surrealista, metafisico o il "pittore visionario". Il suo lavoro è un'ipotesi sulle forme che vengono accolte come una sorta di contenuto abituale della nostra cultura. Queste forme e figure che diventano la sua opera non sono più l'invenzione combinatoria al servizio di un racconto, di una scena, di una composizione. Queste figure sono prismi: i loro elementi si scontrano. Questi sono enigmi. Affermano la loro appartenenza alla pittura, cioè a una pratica materiale, a un fare, a uno stile, a un modo.

Languide odalische con la schiena nuda, inginocchiate, uomini in mezzo al fogliame, volti di profilo: i soggetti di Marco Del Re partecipano ad armonie cromatiche che provocano una sensazione di pienezza. In La Nature est morte l'artista si appropria di un oggetto feticcio dell'arte moderna, il pesce, che ritroviamo tanto nelle nature morte di Georges Braque quanto negli acquari di Henri Matisse e che manipola a suo piacimento: un elemento simbolico il cui valore dipende solo dalla disposizione delle parti del discorso pittorico. Il pittore abolisce ogni distanza tra arte maggiore e arte minore, facendo propria la dottrina della "piccola emozione estetica" di Roger Fry.

I rapporti che stabilisce tra le zone colorate e le forme generano effetti sconcertanti: la forma risulta significativa in sé e per sé. L'uomo che cammina, a differenza di quello di Giacometti, non sembra mosso da una volontà sorda, da un'oscura determinazione. Avanza tenendo gli uccelli tra le mani tese. Gli oggetti che lo circondano sono parti di un dispositivo plastico, senza la minima intenzione di conferire loro un significato tragico o saturo di vertiginosa nostalgia. Vasi, acquari, fruttiere di varie forme, fiori e foglie stilizzati, alberi: ad essi non può essere attribuita alcuna funzione simbolica. I suoi oggetti hanno una funzione poetica e rifiutano di piegarsi a qualsiasi scopo, fuggendo da una sfera diversa da quella del libero esercizio della pittura.

Il lavoro di Marco Del Re (Roma, 21 aprile 1950 - Parigi, 23 novembre 2019), esposto dal 1988 alla Galerie Maeght, è un viaggio attraverso epoche diverse, dove tradizione classica e pittura moderna s'incontrano. L'universo di Marco Del Re è un omaggio alla Storia dell'Arte, alla mitologia, alla letteratura, accresciuto dalla sua stessa memoria, che gli conferisce originalità. Distaccato e ironico, riscrive a modo suo la storia dell'arte nel suo lavoro, che si sviluppa in riferimento alla memoria di certi periodi della pittura o dell'architettura: dipinge paesaggi industriali in rovina, città, piazze italiane, interni. Una libertà visibile nelle sue litografie, nelle sue incisioni, nei suoi dipinti.

La prima mostra personale di Marco Del Re ha luogo nel 1974, poco dopo aver co-fondato la compagnia teatrale Il Patagruppo, creando spettacoli di Antonin Artaud e Alfred Jarry. In quel periodo Marco Del Re espone quadri, disegni, carte graffiate e incise, scatole-scultura. Nel 1974 produce performance e video per Art Tapes (ora collezione della Biennale di Venezia), un'unità di produzione di video d'artista. Presenta serie di polaroid, ritoccate, graffiate (serie Sade Breton, Roussel, 1976). Nell'ambito di una ricca e prestigiosa attività espositiva internazionale, che lo vedrà presente in sedi elitarie come la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma, la Triennale di Milano e la Biennale d'Istanbul, è molto significativo per l'evoluzione della sua arte, l'incontro a Milano nel 1972 con Arturo Schwarz, poeta, editore, gallerista e grande traghettatore del Surrealismo in Italia, che lo incita a proseguire lungo la strada dell'arte.

Nel 1973 espone infatti in una collettiva alla Galleria Schwarz e due anni più tardi vi tiene una personale dal titolo "Il racconto di un luogo senza cieli". Dalla fine degli anni '70 si dedica principalmente alla pittura. Dipinge architetture, paesaggi industriali in rovina, città, piazze italiane, interni... Il suo lavoro si sviluppa facendo riferimento alla memoria di certi periodi della pittura o dell'architettura. Nel 1982 compare la figura: personaggi spesso monolitici, quasi statuari, animali, collocati in spazi architettonici. Alla fine degli anni '80 sperimenta vari materiali: dipinge su legno e ne incide la superficie patinata, esegue bassorilievi su ardesia, in gesso inciso, dipinti su marmo, disegna su carte diverse.

Negli ultimi anni le sue opere sono dedicate ai grandi temi della pittura: figure femminili (serie di Muse, Grandi nudi), primitivi (Lascaux, 2011), botteghe, interni, nature morte (Strumenti, 2005), bestiari o ancora paesaggi. Marco Del Re ama lavorare con gli artigiani per creare nuove forme di espressione. Che si tratti di creazioni su carta nepalese, kilim, arazzi per il Mobilier National, porcellane di Limoges, il pianoforte che ha creato per Pleyel o la gamma di gioielli ideati appositamente per la Galerie Maeght, la libertà, l'immaginazione e la poesia sono al centro del suo lavoro. Dedica gran parte della sua attività alle commissioni per lo spazio pubblico. In particolare, l'artista ha realizzato tre bassorilievi in gesso inciso per il foyer della Salle Pleyel di Parigi in occasione della sua riapertura nel 2006.

Ha anche progettato le decorazioni per La Fontaine Gaillon, l'ex ristorante di Gérard Depardieu a Parigi, un affresco per il ristorante di Pierre Gagnaire a Seoul e la decorazione del bar dell'Hotel Burgundy a Parigi. Nel 2009 ha progettato sei sale di edifici sull'Îlot Bonnac a Bordeaux, grandi composizioni rosse e bianche. Nel 2010 ha realizzato due affreschi per una nuova unità di cura presso l'ospedale Salpêtrière, nel 2015 un affresco di 450 metri quadrati per il soffitto della rotonda dell'Hôtel Royal Évian, nel 2016 un monumentale bassorilievo per la Poudrière du Fort de Bard, a sud della Val d'Aosta.

La Galleria Maeght fu inaugurata nel dicembre 1945 a Parigi con la mostra su Henri Matisse. Dal 1946 Bonnard, Braque, Marchand, Rouault, Baya espongono per la prima volta nella galleria parigina. Nel 1956 Paule e Adrien Maeght aprono la loro galleria al numero 42 di rue du Bac a Parigi con una mostra di Alberto Giacometti. Vi si esibisce la nuova generazione di artisti "Maeght": Kelly, Cortot, Bazaine, Derain, Tal Coat, Palazuelo, Chillida, Ubac, Fiedler. A loro si unirono nel 1966 Bacon, Riopelle, Tàpies, Rebeyrolle, Bury, Adami, Monory.

Nel 1964 Adrien Maeght ha creato la tipografia ARTE nel cuore di Parigi, dove da allora sono state prodotte tutte le edizioni Maeght. Con oltre 12.000 titoli pubblicati, Maeght Éditeur è riconosciuto come il più importante editore di litografie e incisioni al mondo. Oggi la galleria e la libreria Maeght sono gestite da Isabelle Maeght. Le mostre permettono a visitatori e collezionisti di trovare le opere di artisti storici come Miró, Calder, Braque, Matisse, Chagall, Tàpies, Chillida e di scoprire le opere di Gasiorowski, Rebeyrolle, Monory, Del Re, Depin, Doerflinger, Couturier, Levy. "Con tutti gli amanti dell'arte, formiamo una catena di amicizia e passione che va avanti da generazioni. Questa è la forza della Galerie Maeght e la sua ragion d'essere: attingere alle risorse della sua storia per aiutare i talenti di oggi e confrontarsi con loro nella loro diversità" precisa Isabelle Maeght.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Marco Del Re, Folle narcisista, 1997, olio su tela cm. 205x160
2. Marco Del Re, Vita silente, 1999, olio su tela cm. 278x408




Dipinto ad acrilico su tela di cm 80x80 denominato Là dove la Parola nutre realizzato da Claudio Mario Feruglio nel 2020 Dipinto ad acrilico su tela di cm 100x120 denominato Da Viaggi interiori realizzato da Claudio Mario Feruglio nel 2015 Opera di cm 90x150 denominata l'ultimo viaggio realizzata da Claudio Mario Feruglio nel 2015 Dipinto ad acrilico su tela di cm 50x50 denominato Al divino architetto realizzato da Claudio Mario Feruglio nel 2016 Claudio Mario Feruglio
"Del silenzio e della luce"


13 marzo - 02 maggio 2023
Palazzo del Consiglio regionale - Trieste

Mostra personale dell'artista Claudio Mario Feruglio voluta dalla Presidenza del Consiglio regionale nell'ambito delle iniziative di promozione e valorizzazione della cultura e delle arti in Regione presenta una quarantina di opere scelte realizzate dal maestro friulano dal 2000 al 2022 ispirate alla poetica del silenzio e dell'ascolto interiore, temi a lui particolarmente cari. Introduzione critica di Marianna Accerboni.

Di Feruglio hanno scritto autorevoli personalità del mondo della cultura e dell'arte, rilevando come nelle sue opere si manifesti il Silenzio e la Luce per farsi proiezione in ognuno di noi. Già Carlo Sgorlon in un importante saggio di qualche anno fa scriveva di Feruglio definendolo il pittore del silenzio e dell'ascolto sommesso della musica suprema dell'universo. Non potrebbe essere diversamente per un artista come lui che, nel corso della sua attività, dalla formazione accademica a oggi, ha realizzato opere uniche modulandole secondo un linguaggio personale che invita all'ascolto interiore.

«Ho sempre cercato di dipingere - dice di sè il maestro - non dal vero, ma l'incontro del mio pensiero con la verità. La mia pittura è una forma di preghiera, un andare oltre le cose del mondo. Forse neppure io mi rendo conto di quanto di meravigliosamente bello sta avvenendo in me quando dipingo. Un dono di grazia! Spero di essere riuscito a cogliere con le mie pitture almeno qualche briciola di infinito. Mi auguro che chi osserverà i miei quadri possa vivere questa esperienza, lasciandosi ammaestrare dalla luce del silenzio. Abbiamo bisogno di un'arte di valori che contribuisca a diffondere la cultura della bellezza. Una bellezza interrogante che scuota dal torpore le coscienze e le indirizzi verso la vera luce.»

Sarà l'architetto Marianna Accerboni a tracciare il profilo del nostro artista. L'arte di Feruglio - dice la studiosa - è sospesa tra rigore, lirismo e percezione dell'infinito. I dipinti risultano affascinanti ma non estetizzanti, piuttosto sono introspettivi con un battito d'ali che tocca e coinvolge il sentire collettivo. Avvalendosi di un cromatismo intenso, impreziosito da molteplici velature e simbiotico in rapporto alle predilezioni espressioniste, l'artista costruisce un ponte di luce tra realtà e infinito, tra individuo e universo, con intuizioni poeticamente e intellettualmente elevate, che addolciscono la vitalità graffiante dell'espressionismo secondo una vena neoromantica molto attuale ed emozionante, che ci rende tutti partecipi della sua concentrata introspezione di apertura universale.

Claudio Mario Feruglio (Udine, 1953) ha completato gli studi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, allievo dello spazialista Edmondo Bacci. Durante la permanenza a Venezia, lo studio, il disegno, la pittura, le visite a chiese e musei lo impegnano in una riflessione di natura intimista che eleva la sua ricerca pittorica a strumento di introspezione e spazio etico. All'inizio degli anni Settanta le prime mostre rilevanti: nel 1974 la personale presso il battistero di San Giovanni a Grado intitolata Racconti Biblici, titolo emblematico che delinea l'impronta caratteristica del suo lavoro. Definito dai suoi commentatori come personalità portata alla riflessione, la sua ricerca di trascendenza è fin dagli inizi tema fondante della propria opera, insieme alla sua friulanità.

Si intensifica negli anni seguenti una partecipazione attiva alla vita artistica friulana e nazionale. Nel 1981 è tra i vincitori del Premio nazionale San Fedele, che lo pone all'attenzione della critica milanese. Tiene di seguito mostre personali e collettive in Italia e all'estero, presso gallerie private ed istituzioni pubbliche: in Austria, Germania, Svizzera, Principato di Monaco, Slovenia, Croazia, Bosnia Herzegovina, Francia, Polonia, Finlandia, Spagna, Gran Bretagna, Turchia, Giappone, Cina, Brasile, Australia. Nel 1995 partecipa su invito alla XLVI Esposizione internazionale d'arte di Venezia - nell'ambito delle mostre collaterali - rassegna Memorie e Attese 1895-1995, con il gruppo Le Voci del Silenzio.

Nel 2005 ha realizzato con il regista Gianni Fachin un cortometraggio dal titolo Il mistero e la luce, in cui racconta la propria poetica interiore incentrata sul silenzio. È stato invitato alle grandi mostre Maestri del paesaggio, protagonisti del ‘900 in FVG (2010) e Maestri del novecento (2011) al Museo nazionale di Palazzo de Nordis di Cividale del Friuli; alla 6° Triennale d'arte sacra contemporanea di Lecce nella Cripta della Cattedrale di Caltanissetta, al Museo Enrico De Cillia di Treppo Carnico (UD) (personale) (2012), alle mostre Affordable di Milano (2012) e Roma (2013); al 40° e 49° Premio Sulmona (2013); ad Albissola Marina (SV) per la mostra itinerante dedicata al 90° del giornale L'Unità, al Museo Ugo Carà di Muggia (TS) (personale) (2014); all' EXPO Milano Fabbrica pensante, alla Sala Rosa dell'Università degli Studi di Siena (personale) (2015); a Sibari (CS) Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide Tutta l'arte é contemporanea, a Buenos Aires Artisti Italiani Contemporanei a Buenos Aires, a Palazzo Fibbioni l'Aquila Arte no caste (2016).

Nel 2017 alcune sue opere sono pubblicate nel libro Nicola Šop poeta di Gesù e del cosmo a cura della studiosa Fedora Ferluga-Petronio dell'Università degli Studi di Udine. A Palazzo Sarcinelli (TV) Galleria 900 tiene una grande mostra personale dal titolo In ascolto. Nel 2018 realizza una serie di cortometraggi in collaborazione con lo studio EC. Nel 2019 viene invitato a esporre al Museo Civico di Taverna (CZ) (personale). Le sue opere vengono presentate dalla Galleria Orlando in varie trasmissioni televisive e dalla Fondazione Mazzoleni ArtEvents all'attenzione del collezionismo internazionale. Nel 2022 su 7 Corriere ultima pagina del Corriere della Sera vengono pubblicati due suoi lavori.

È presidente di AURA Associazione Artistico Culturale del Friuli Venezia Giulia, organismo di promozione di scambi culturali tra artisti europei. È ideatore della Casa Comune della Cultura Europea, progetto culturale fondato su un'idea di arte etica che riunisce il lavoro e le riflessioni di un gruppo di artisti di nazionalità diverse. Ha dato vita al Museo Regionale di Arte Sacra Contemporanea di Sesto al Reghena, fondato nel 2002. Sue opere figurano in diverse collezioni pubbliche, private in Italia e in Europa e in luoghi di culto. Della sua arte si sono interessati autorevoli personalità del mondo della cultura, critici, storici dell'arte, filosofi, sociologi, teologi e scrittori.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Claudio Mario Feruglio, Là dove la Parola nutre, acrilico su tela cm 80x80, 2020
2. Claudio Mario Feruglio, Da Viaggi interiori, acrilico su tela cm 100x120, 2015
3. Claudio Mario Feruglio, L'ultimo viaggio, cm 90x150, 2015
4. Claudio Mario Feruglio, Al divino architetto, acrilico su tela cm 50x50, 2016




Copertina del libro Estetica dovunque composto da quattro saggi scritti da Gillo Dorfles Gillo Dorfles davanti a un suo quadro in una fotografia scattata negli anni 2000 "Estetica dovunque"
quattro saggi di Gillo Dorfles, ed. Bompiani editore, pgg. 780, € 24,00


Presentazione libro
01 marzo 2023, ore 17.30
Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste

Giorgetta Dorfles introdurrà i relatori: il critico d'arte Marianna Accerboni, il filosofo Aldo Colonetti, già direttore scientifico dello IED (Istituto Europeo Design) e direttore di Ottagono, e Gianni Contessi, professore ordinario di Storia dell'Arte contemporanea all'Università di Torino.

Il libro, con introduzione di Massimo Cacciari, una nota di Umberto Eco e un dialogo di Dorfles con Colonetti, riunisce per la prima volta in un unico volume quattro saggi di Gillo Dorfles, raffinato intellettuale artista di origine triestina, che segnano altrettante tappe della sua riflessione estetica: Artificio e natura (1968), Intervallo perduto (1980), Elogio della disarmonia (1986) e Horror pleni (2008). L'incontro, promosso dall'Associazione Culturale Gillo Dorfles di Milano, si aprirà con un breve video di Giorgetta Dorfles, che testimonia la presentazione di Horror pleni a Gorizia nel 2008 nell'ambito di un progetto europeo di Marianna Accerboni dedicato al grande estetologo.

Artificio e natura, Intervallo perduto, Elogio della disarmonia e Horror Pleni sono quattro saggi che segnano altrettante tappe di una riflessione estetica ricca e dinamica, in evoluzione come materia viva, per la prima volta raccolti in unico volume. Gillo Dorfles posa il suo sguardo critico su una molteplicità di campi di indagine: dalla distinzione tra oggetti naturali e artificiali, ai linguaggi della pubblicità, televisione, teatro ai territori di moda, architettura, urbanistica e disegno industriale. Sia che si occupi di piccoli manufatti che dei temi del post-umano, non manca mai di sorprendere e fornire elementi utili per l'analisi e la riflessione in questo maestoso omaggio all'estetica del quotidiano.

"Il discorso di Dorfles è molto importante proprio al fine di costituire una sorta di educazione alla lettura della molteplicità delle forme o immagini in cui ci sembra oggi di restare soffocati." (Massimo Cacciari). L'introduzione di Cacciari è stata trascritta dall'intervento del filosofo veneziano alla Fondazione Corriere della Sera in occasione del primo anniversario della scomparsa di Dorfles.

Il volume riporta anche una conversazione del 2001 di Aldo Colonetti con il grande estetologo: un "dialogo sulla contemporaneità" che scandaglia alcuni importanti elementi della ricerca filosofica ed estetica di Dorfles, tra cui "il ruolo del mito e del rito all'interno dell'estetica", la quale per il grande critico "è qualche cosa che non è solo filosofica, ma è anche legata ad altre discipline come l'antropologia, la psicanalisi, la semeiotica, (...) le cosiddette scienze umane; è solo così che possiamo avere un approccio all'opera d'arte che non sia esclusivamente teorico e quindi che non comprenda quelle caratteristiche diciamo così sentimentali, sensoriali che fanno parte dell'opera d'arte (...). Per me - conclude Dorfles - l'approccio all'arte non è mai soltanto cognitivo e razionale, ma è qualche cosa che ha sempre a che fare con il sentimento, con l'emozione".

Nel libro è pubblicata anche una nota di Umberto Eco tratta dal catalogo della mostra "Gillo Dorfles. Essere nel tempo", al MACRO di Roma nel 2015, in cui l'autore ricorda con riconoscenza il primo approccio illuminante, da studente ventenne, con il Dorfles estetologo, attraverso la lettura del "Discorso tecnico delle arti".

Gillo Dorfles (Trieste, 1910 - Milano, 2018) è la personalità filosofica, critica, artistica italiana che ha coltivato i più intensi rapporti internazionali con estetica e arte in tutto il mondo. Già visiting professor in varie università americane, dal 1964 è stato professore di Estetica nelle università di Milano, Cagliari, Firenze, Trieste. È stato autore vasto e prolifico di libri, saggi, monografie, articoli, elzeviri dal 1930.

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- Presentazione del catalogo su Gillo Dorfles alla trasmissione RadioRai "Sconfinamenti"
- Marianna Accerboni presenta il catalogo "Il segno rivelatore di Gillo"




La bellezza per la bontà - l'arte aiuta la vita
29 novembre (inaugurazione ore 18) - 11 dicembre 2022
Sala Xenia della Comunità Greco-Orientale di Trieste (ex Sala Giubileo)
www.premiobonta.it

La 23° edizione della mostra organizzata a favore del Premio alla Bontà Hazel Marie Cole onlus, istituito da Aldo e Donatella Pianciamore, sarà introdotta dalla presidente Etta Carignani e dalla curatrice Marianna Accerboni. Alla mostra, accompagnata da un esaustivo catalogo, prendono parte 29 artisti tra pittori triestini, di altre città italiane e stranieri.

Espongono: Alda Baglioni, Nora Carella, Nadia Bencic, Diana Bosnjak Monai, Valerie Brégaint, Paolo Calvino, Alessandro Calligaris, Giorgio Cappel, Adriana De Caro, Patrizia Delbello, Elsa Delise, Fulvio Dot, Carla Fiocchi, Carolina Franza, Holly Furlanis, Rossella Ghigliotti, Giuliana Griselli, Veronika Konecná, Luisia Luis Comelli, Monica Kirchmayr, Manuela Marussi, Anna Negrelli, François Piers, Marta Potenzieri Reale, Svyatoslav Ryabkin, Erika Stocker Micheli, Fabrizio Vascotto, Livio Zoppolato, Serena Zors.




Fotografia che ritrae Livio Rosignano negli anni Sessanta Fotografie che ritrae Livio Rosignano nel 1961 mentre dipinge nel suo studio Livio Rosignano. Dipingere il vento

Presentazione catalogo
11 novembre 2022
Associazione delle Comunità Istriane di Trieste

Marianna Accerboni presenta il catalogo della mostra antologica "Livio Rosignano. Dipingere il vento", la prima ordinata dopo la scomparsa del pittore e conclusasi di recente al Magazzino 26 del Porto Vecchio. La pubblicazione, ideata e curata da Accerboni così come la mostra - realizzata in coorganizzazione con il Comune di Trieste e promossa dall'Associazione delle Comunità Istriane con il sostegno finanziario del Ministero della Cultura (secondo la Legge statale 16 marzo 2001 n. 72) - ripercorre la lunga vita artistica e la biografia del pittore attraverso una settantina di immagini di opere (oli, disegni, acquerelli, acqueforti, tecniche miste) e foto e i testi dell'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi, del presidente dell'Associazione David Di Pauli Paulovich, del direttore della Sezione Arti Visive del Circolo della Cultura e delle Arti Sergio Pacor e di Accerboni.

Nel corso dell'incontro verrà proiettato un video con vari spezzoni che rievocano dei momenti salienti dell'esistenza del pittore (Pinguente, Istria, 1924 - Trieste 2015), considerato uno degli artisti più rappresentativi del secondo Novecento a Trieste e nella Regione Friuli Venezia Giulia, ma assai apprezzato anche in sedi prestigiose a livello nazionale, dove ha riscosso importanti riconoscimenti. Suoi temi prediletti sono stati il paesaggio, il ritratto, i meno fortunati e la poetica del quotidiano, raccontati attraverso un linguaggio espressionista di grande forza e di sottile poesia.

Livio Rosignano (Pinguente, Istria 1924 - Trieste 2015) si trasferisce da bambino con la famiglia nel capoluogo giuliano, dove inizia a esporre nel 1949. Studente all'Istituto Nautico, approfondisce il disegno con il pittore Giovanni Giordani, che lo incoraggia. Trae profitto dalla frequentazione di colleghi più anziani come Adolfo Levier, Romano Rossini e Vittorio Bergagna, con i quali intesse un intenso sodalizio, condividendo per qualche tempo con Bergagna lo studio a S. Giusto. Ritenendo che la Trieste degli anni Cinquanta non gli fornisse stimoli sufficienti, parte per Milano, dove però non mette mai radici, pur tornandovi ripetutamente.

Se, in seguito alla frequentazione di Levier, affina la sua intensa sensibilità cromatica, la Scuola lombarda lo induce ad attenuare la vivacità coloristica che gli è propria: le accensioni cromatiche espressioniste, d'impeto quasi fauve, che caratterizzavano allora le sue opere, vengono superate e in quel periodo giovanile approda, dopo fasi intermedie, a una pittura più tonale, filtrando tutta una serie di problemi formali. A Trieste, dove frequenta dal '45 i corsi di nudo di Edgardo Sambo al Museo Revoltella, è importante l'incontro con Carlo Sbisà, che insegnava incisione all'Università Popolare: Rosignano si appassiona soprattutto all'acquaforte, tanto da operare ripetutamente in tale direzione, dedicandosi anche all'illustrazione di libri e riviste, di cui qualche esempio compare in mostra.

Valente ritrattista, nel corso della sua lunga vita, effigia molte personalità a Trieste, Roma e Milano. E a tale attività la rassegna dedica un'intera sezione. Partecipa a numerosissime mostre di prestigio in Italia e all'estero: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Premi Michetti, Suzzara e Marzotto, Mostra del Po, Triveneta di Padova. Tiene personali nelle principali città italiane, all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, a Bucarest, Monaco di Baviera, New York, Austria, ex Jugoslavia.

In Friuli Venezia Giulia vanno segnalate in particolare le antologiche a Gorizia (1971), Udine (1976, 1979, 1998), a Trieste a Palazzo Costanzi (1978) e al Museo Revoltella (1995, 2009) e varie altre prestigiose esposizioni, tra cui quelle al Palazzo del Consiglio regionale del capoluogo giuliano (2010) e alla Galleria d'arte G. Negrisin del Comune di Muggia (2011). Premiato in più mostre nazionali, segnalato al Premio Bolaffi, è insignito dal Comune di Trieste del Sigillo Trecentesco.

Artista colto e penna fine, si è occupato di critica d'arte fin da giovane per La voce dei giovani, Il Gazzettino, Il Piccolo e Trieste Oggi. Ha pubblicato i libri Dieci pittori triestini (Italo Svevo, 1974), Feldpost 15843 (Del Bianco, 1980), Un altro Natale (Borsatti, 1981), Una giovane vita (Italo Svevo, 1993), Fiori gialli senza nome (Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione, 1995), Il comunista di San Giacomo (Tipografia Triestina, 2010). Hanno scritto di lui, tra gli altri: Marianna Accerboni, Enzo Bettiza, Stelio Crise, Dino Dardi, Mario De Micheli, Lina Galli, Decio Gioseffi, Claudio Magris, Biagio Marin, Cesare Sofianopulo, Dino Villani, Demetrio Volcic.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Livio Rosignano in una fotografia negli anni Sessanta
2. Livio Rosignano in una fotografia in cui dipinge nel suo studio nel 1961

Livio Rosignano. Dipingere il vento
11 giugno (inaugurazione) - 10 luglio 2022
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste




Libro di Anna Streyar Fotografia in primo piano di Anna Streyar Sensualità innata
di Anna Streyar


Presentazione libro
16 settembre 2022, ore 18.30
Galleria Rossoni - Trieste

L'arch. Marianna Accerboni presenterà assieme all'autrice il primo libro di Anna Streyar, fotografa di origini slovene e ungheresi, intitolato "Sensualità innata" (pgg. 136, € 22,00) e stampato di recente in Polonia. Nell'ambito dell'incontro avrà luogo una performance della danzatrice e attrice Sara Hennah Galiza ispirata al tema del libro. Il volume raccoglie una ricca sequenza d'immagini inedite - tutti autoscatti - realizzate con il cellulare tra il 2010 e il 2016, in cui Anna, appassionata da sempre di fotografia, si ritrae in pose e in un abbigliamento sottilmente seduttivi. Foto accompagnate da riflessioni sul tema dell'autrice o di protagonisti del Novecento come per esempio Picasso o Simone de Beauvoir e stampate in bianco e nero, in seppia o in toni cromatici soft, quasi a sottolineare la discrezione e la delicatezza con cui la Streyar fa entrare il fruitore nella propria intimità.

Nell'ambito del concetto di libertà espressiva promosso dalle avanguardie europee e internazionali a partire dal primo Novecento, - scrive Marianna Accerboni - si situa il tema dell'artista che fa del proprio corpo un'opera d'arte. Lo avevano sperimentato, tra gli altri, anche la grande Leonor Fini, pittrice triestina di formazione e di valenza internazionale, e Gillo Dorfles, critico di origine triestina che, da acuto sensore delle mutazioni concettuali ed energetiche dell'arte e dell'estetica, a volte si divertiva a proporsi in tale guisa. Figlia in senso lato della body art, nata negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa e proveniente da un lessico di rottura di valenza surrealista, dada e futurista, è anche un certo tipo di fotografia.

A partire da "Tonsure", immagine che rappresenta il padre dell'arte contemporanea, Marcel Duchamp, raffigurato con una stella, disegnata grazie alla rasatura dei capelli sulla parte alta della nuca, congiunta alla fronte da un'altra striscia rasata. In tale contesto d'indipendenza espressiva e di autorappresentazione sottilmente provocatoria si situa la serie di immagini fotografiche che Anna Streyar (in arte Yenky) dedica con eleganza al proprio corpo, congiungendo due istanze culturali che s'intrecciano nella sua creatività: quella mitteleuropea, che deriva dal padre sloveno e dalla madre ungherese, e quella americana, che si riferisce alla sua nascita, avvenuta in Pennsylvania, prima del trasferimento in Arizona e poi a Los Angeles. E a tal proposito non va dimenticato il fatto che lo stesso Andy Warhol, straordinario innovatore dell'arte contemporanea attraverso la Pop art, movimento concettualmente collegato alla body art, era slovacco, cioè mitteleuropeo d'origine.

Anna Streyar, in confronto a Warhol, porta nelle sue immagini il concetto di buon gusto e di misura. E anche il tema della sensualità, molto presente nelle performance create nella celebre Factory newyorkese di Warhol, è rivisitato e trasfigurato da Anna attraverso la misura della raffinatezza, insita nella sua creatività e certamente perfezionata dall'artista attraverso i suoi numerosi viaggi in Europa, compiuti per conoscerne la valenza, e la sua permanenza in Italia, paese che ama moltissimo e dove ha scelto di vivere. Tant'è che nel 1993 la Streyar ha deciso di stabilirsi a Trieste, quasi in ossequio alle sue origini mitteleuropee.

Attraverso il gioco delle trasparenze e il concetto del far intravvedere (non del far vedere) il proprio corpo, Anna riesce delicatamente a sedurre, componendo, scatto dopo scatto (realizzato con il cellulare), - conclude Accerboni - un'atmosfera sottilmente erotica che manifesta con il garbo di un'artista naturalmente affine ai parametri dell'equilibrio e della Bellezza, appresi dalla madre, couturier di grido in America tra gli anni Sessanta e il 2018, e dal nonno paterno architetto.




Lettura scenica dell'attrice Marzia Postogna dedicata alla leggenda di Bora e Tergesteo
03 settembre 2022, ore 18.30
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

Nell'ambito della mostra "Mauro Martoriati. Bora e Tergesteo", curata da Marianna Accerboni e organizzata da Maria Clara Palazzini Finetti, incontro in cui l'attrice Marzia Postogna terrà una lettura scenica dedicata all'antica e poetica leggenda che racconta l'amore di Bora, figlia del Vento, per l'argonauta Tergesteo, che ha ispirato all'artista la scultura esterna al Magazzino. Unione invisa al padre di lei, che fa uccidere quest'ultimo, il cui sangue si tramuta nelle foglie di sommaco mentre le lacrime di Bora diventano le pietre del Carso. Nettuno, dio del mare, impietosito, ricopre di stelle marine, conchiglie e alghe il corpo dell'argonauta, sul quale si forma una città chiamata in suo onore Tergeste e poi Trieste. Su di lei Bora regna ancor oggi sovrana perchè il cielo le ha concesso di rivivere tre, cinque, sette giorni di amore: sono i giorni in cui Bora soffia impetuosa. 

Marzia Postogna (Trieste) lavora nell'ambito del teatro di prosa come interprete e ideatrice di progetti tra prosa e musica. Collabora principalmente con il Teatro La Contrada di Trieste, dove si è formata attraverso un lungo percorso in diversi generi teatrali con esperienze anche come cantante. Laureata al DAMS, ha frequentato stages di perfezionamento in Italia e all'estero, studiato approfonditamente canto lirico e lavorato con registi quali Macedonio, Licalsi, Però, Emiliani, Ferro in produzioni di testi classici e contemporanei. Domenica 4 settembre alle 10.30 Martoriati condurrà una visita guidata e dalle 11 alle 13 un laboratorio di pittura e disegno.




Dipinto a olio e smalto su tela di cm 130x220 denominato Voler Volare realizzato da Mauro Martoriati nel 2010 in una foto scattata da Nanni Spano Mauro Martoriati in una foto scattata da Nanni Spano Scultura in metallo assemblato di cm 270x110 denominata Immersa in Se realizzata da Mauro Martoriati nel 2015 in una fotografia scattata da Nanni Spano Mauro Martoriati. Bora e Tergesteo
27 agosto (inaugurazione ore 19) - 25 settembre 2022
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

La mostra promossa dall'Associazione M.A.R.T. Movimento Artistico Roma - Trieste, realizzata in coorganizzazione con il Comune e curata da Marianna Accerboni, testimonia l'intenso lavoro svolto dall'artista a Trieste, città in cui si è trasferito nel 2013 e ha aperto uno scenografico atelier in via Rittmeyer 4/A: in mostra una trentina di dipinti di ampio formato, un ciclo di una ventina di sculture realizzate con assemblaggi metallici, alte circa due metri e mezzo e proposte concettualmente come una sorta di selva umana, tavoli/scultura di cristallo e metallo, opere tridimensionali di misura più contenuta, complementi d'arredo e oggetti di design che sono pezzi unici di surreale originalità, tra cui una rivisitazione dell'Ursus e uno straordinario capodoglio.

Una città, Trieste, che l'artista ha scelto "perchè è un luogo di confine, che mi permette di essere nella mia Italia da romano, ma di avvicinarmi nel contempo a conoscere la Slovenia, l'Ungheria, l'Austria, la Romania, la Croazia, la Germania e Berlino, nel cui tessuto artistico sono entrato creando vari progetti anche di scambio, momentaneamente rallentati dalla pandemia. A Trieste si sta molto spesso sconfinati, come per esempio lo fu a fine Ottocento il console inglese Richard Burton, un animo errante come me, che sarà non a caso protagonista sabato 17 settembre di uno degli eventi collaterali alla mostra, in cui verrà proiettato il documentario dedicatogli da Riccardo Cepach (40', Comune di Trieste, 2010)". Appuntamenti a cui, nel corso della rassegna, verranno affiancati vari laboratori di pittura e disegno condotti dall'artista e aperti ad adulti e giovanissimi.

Ma il vero coup de théâtre della mostra è rappresentato dall'inedita scultura cinetica di grandi dimensioni (m. 3.57x2) intitolata "Bora e Tergesteo" e assemblata da Martoriati nel Parco delle sculture di Prosecco (Trieste) dell'artista Robin Soave. In occasione della mostra l'opera accoglierà infatti i visitatori davanti al Magazzino 26: una scultura che Martoriati ha ideato proprio ispirandosi a Trieste e rifacendosi a un'antica e poetica leggenda dedicata all'amore di Bora, figlia del Vento, per l'argonauta Tergesteo. Unione invisa al padre di lei, che fa uccidere quest'ultimo, il cui sangue - come racconta l'artista - si tramuta nelle foglie di sommaco mentre le lacrime di Bora diventano le pietre del Carso, che fino ad allora era una sorta di Paradiso terrestre.

"La mostra - scrive Marianna Accerboni - propone una riflessione contemporanea e originale, svolta attraverso una ricerca molto personale sul colore e sulla forma, suggerita a Martoriati da sottili e vitali intuizioni sui temi del quotidiano, sugli avvenimenti e sulla storia dei luoghi. Concetti declinati attraverso un linguaggio espressionista molto personale, un cromatismo in cui traspare spesso un'intensità di sapore fauve e l'energia di un segno mediante il quale Martoriati approda felicemente dalla pittura e dal design alla terza dimensione. E l'apice di tale produzione è testimoniata proprio dall'opera "Bora e Tergesteo", creata espressamente per la mostra, di cui tale scultura è l'icona.

Nella simbologia di Martoriati - conclude il critico - i due protagonisti sostengono una 'nuvola cinetica' composta da elementi metallici di recupero dai colori brillanti, che si animano e si muovono con l'alzarsi del vento". Sono esposti anche molti dipinti suddivisi in più sezioni tematiche perchè "qui a Trieste - aggiunge l'artista - ho ripreso pure a dipingere a olio perchè Trieste è una città a olio, adagiata nel tempo. E non le va di essere travolta dalla modernità. Perciò ispira una pittura classica ma rinnovata".

Instancabile e inesauribile sperimentatore e autore di un'arte poliedrica, dalla forte vis tecnica ma dall'impeto concettuale, l'artista non è per altro nuovo all'arte scultorea urbana e monumentale contemporanea, come quella ispirata alla leggenda del "Guerriero degli Anguillara", che Martoriati ha costruito con i vecchi ferri forniti dai cittadini e collocato in uno spazio pubblico di Anguillara Sabazia o la monumentale scultura-fontana di 15 metri in ferro, rame e ceramica collocata nei giardini pubblici dello stesso centro laziale o il complesso degli Scacchi, 16 pezzi in ferro smaltato alti 2 metri per Marostica o la scenografia per la Tosca di Puccini, progettata in grande scala per Roma.

Mauro Martoriati (Roma, 1957) si forma "sul campo", studiando e lavorando negli anni '70 e '80 negli atelier dei migliori artisti e frequentando in particolare la famosa Scuola romana di piazza del Popolo con Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa e Giosetta Fioroni. Dopo essersi inizialmente dedicato all'architettura, al design d'interni e al restauro, negli anni '80 sente di volersi dedicare completamente all'arte. Esordisce con la pittura, esprimendosi inizialmente attraverso l'acrilico a tinte forti e adottando quindi la tecnica a smalto ma, dalla fine degli anni '90, si espande anche nella terza dimensione.

Viaggia moltissimo e nel '93 incontra a New York, dove vive e opera per alcuni mesi, l'action painting di Jackson Pollock: l'immensa Opera n° 1 gli fa scoprire il dripping, che determina una svolta fondamentale nella sua artedominata dal concetto di libertà. Al '96 risale la prima personale incentrata su tale tecnica e di quel periodo è anche l'originale ciclo di sedici Scacchi in ferro smaltato, alti due metri, esposto nel 2004 con grande successo a Marostica in occasione della storica Partita a scacchi e che successivamente il Maestro riproporrà anche in forma pittorica.

Nel '97 si trasferisce nella quiete di Anguillara Sabazia (Lazio), dove rimarrà fino al 2008. Qui esplode la necessità di esprimersi nello spazio attraverso la scultura, anche urbana e monumentale. Ed ecco la scultura-fontana lunga 15 metri e alta 2 in ferro, rame e ceramica, collocata nei nuovi giardini comunali della città, e la scultura monumentale dedicata al "Guerriero degli Anguillara" che, secondo la leggenda, uccise il drago (m. 3.50 x 2): costruita con due tonnellate di vecchio ferro recuperato esclusivamente nelle campagne e nelle cantine del centro sabatino, è composta da pezzi di recupero forniti dagli abitanti ed è posizionata in uno spazio pubblico dello stesso centro laziale. Ma anche il teatro affascina Martoriati ed ecco la scenografia per la Tosca di Puccini, progettata nel 2003 in grande scala per una rappresentazione promossa dalla Provincia di Roma.

Tra i primi anni '90 e il 2011 soggiorna e opera ripetutamente a Madrid e a Parigi, dove nel 2009 espone al Théâtre dell'Est Parisien la macro-installazione "Autorità e povertà" (m. 12x10), in cui affronta il tema del sociale, a lui caro quanto quello ecologico e nel 2001 un suo dipinto (m. 12x1.60) entra a far parte della collezione della Mediateca di Mouans-Sartoux in Costa Azzurra. Nel 2007 riprende a dedicarsi anche al design, creando raffinati complementi d'arredo, tavoli, applique e lampade dall'elegante ritmo curvilineo. Nel 2011 ritorna a Roma, apre un nuovo studio ed entra in contatto con l'EAC (Electronic Art Cafè), progetto artistico itinerante consistente in eventi e mostre realizzati da protagonisti delle avanguardie internazionali, nato a New York da un'idea di Umberto Scrocca e sviluppatosi successivamente a Roma per la cura di Achille Bonito Oliva.

In quarant'anni di attività Martoriati ha creato più di 5.000 opere e ha al suo attivo prestigiosi premi e riconoscimenti, duecento personali e numerosissime collettive in Italia e all'estero, tra cui quelle al Museo Crocetti di Roma del 2004 con artisti del calibro di Berlingeri, Ceroli, Kostaby e Rabarama e del 2005 accanto a Bonalumi, Dorazio, Arman, Rotella. Nel 2000 ha esposto e collocato due opere nel Museo Nazionale Arte Contemporanea di Kuala Lampur e nel Museo Ibrahim Hussein di Langkawi-Malaysia. Altri lavori sono presenti anche in spazi istituzionali in Paraguay, in Brasile e nell'Archivio della Quadriennale di Roma.

_ Appuntamenti collaterali

.. 03 settembre, ore 18.30 / lettura scenica dell'attrice Marzia Postogna dedicata alla leggenda di Bora e Tergesteo
.. 10 settembre, ore 18.30 / performance Imperfectum ispirata alle sculture in mostra con la partecipazione attiva del pubblico
.. 17 settembre, ore 17.00 / proiezione del documentario Il leone e la leonessa. Vita di Sir Richard Francis Burton e di sua moglie Isabel (40', Comune di Trieste, 2010) di Riccardo Cepach, dedicato al noto console britannico
.. 24 settembre, ore 18.30 / presentazione del volume Mauro Martoriati. Trieste 2014 / 2021 di Franco Rosso, (testi in italiano e tedesco, edizioni FR)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Mauro Martoriati, Voler volare, dripping a olio e smalto su tela cm 130x220, 2010 (ph. Nanni Spano)
2. Mauro Martoriati (ph Nanni Spano)
3. Mauro Martoriati, Immersa in sè, metallo assemblato cm. 270x110, 2015 (ph. Nanni Spano)




"Fuoco"
10 luglio (inaugurazione ore 12) - 31 luglio 2022
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera di Venezia

Una collettiva di pittura, scultura e fotografia, curata dall'arch. Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione. In mostra le opere recenti create ad hoc da 16 artisti italiani e stranieri: Alice Aliyeva Biba, Donatella Bedello, Silvia Ciaccio, Fabio Colussi, Valentina De Lello, Arianna Favaretto, Giambattista Longhi, Cristina Meotto, Federico Montagner, Francesco Possega, Paolo Pustetto, Franco Riccò, Gabriele Sanna, Valentina Sarto, Andrew Taylor, Isotta Tomasi.

Il fuoco con la sua abbagliante magia - scrive Accerboni - ha spesso ispirato artisti e credenze, riti e riflessioni. Ora, in questa mostra veneziana, una decina di pittori, tre scultori e tre fotografi interpretano il fascino di questo elemento, attraversando i territori del contemporaneo mediante molteplici spunti e suggestioni diverse, quasi tutti d'inclinazione sperimentale. Alice Aliyeva Biba si accosta al tema, forgiando un'opera tridimensionale che dona forti emozioni, delicata e possente al tempo stesso ed evocativa di scenari e suggestioni dantesche, rivisitati in chiave attuale. Andrew Taylor compone invece un'immagine calibrata e in sé armonica, anche se finalizzata a interpretare l'orrore della guerra, di cui il fuoco è spesso sinonimo.

Arianna Favaretto esprime il pathos di tale elemento avvalendosi del mezzo fotografico e cogliendo attraverso questo con molta efficacia l'attimo fuggente di un tramonto sull'acqua, solcato da bagliori di luce, quasi fosse un incendio. Con fine tecnica pittorica Cristina Meotto interpreta e simbolizza, attraverso la figura femminile, il fuoco della passione, offrendoci un'immagine fresca e nel contempo icastica di un'aderente simbiosi e corrispondenza tra sentimento e cromatismo. Donatella Bedello, con il suo consueto stile narrativo ricco e coinvolgente, collega il concetto di passione espressa dal fuoco con l'amore per la musica che infiamma molti di noi, visualizzandolo nell'angolo di un fornitissimo "store" d'antan.

Fabio Colussi coglie e visualizza il fuoco attraverso un'interpretazione neoromantica, virtuosa e raffinata del paesaggio, intrisa della luce e della bellezza della natura. Di grande appeal l'installazione a tecnica mista di Federico Montagner, che traduce nel contemporaneo l'antico concetto di bassorilievo, componendo un'opera dinamica e vibrante di originale ricerca segnica. Francesco Possega esprime con molta sensibilità e misura il concetto di fuoco, alludendo nell'immagine fotografica alla combustione, che dona all'opera una suggestione introspettiva di traccia prettamente mitteleuropea.

Franco Riccò riesce a conferire istintivamente e molto abilmente, a un'opera che di primo acchito appare figurativa, il soffio del concettuale e dell'incanto. Gabriele Sanna compone con il mezzo pittorico, secondo il suo stile di lontana valenza postimpressionista, un'immagine di notevole e calibrato pathos, che contrappone l'apparente freddezza di una luna lontana all'oppressione del fuoco che sembra ammorbare l'aria. Gianbattista Longhi rievoca originalmente con un'affascinante e sapiente foto in bianco e nero, frutto di un'attenta ricerca, l'appeal del fuoco in ambiente circense attraverso la mitica figura del personaggio di Mangiafuoco.

La giovanissima Isotta Tomasi interpreta il tema affidandosi allo spitfire, aereo emblematico della seconda Guerra mondiale, nella cui algida raffigurazione pittorica, ritroviamo tuttavia, espressa in una sorta di traslazione concettuale, la forza dei raggi del sole che lo fanno "ardere" di luce nel cielo. Paolo Pustetto interpreta invece il concetto di fuoco attraverso una tecnica mista di sapore informale in cui "crepita" con dinamismo e misura la forza dirompente del fuoco. Silvia Ciaccio prosegue la propria personale ricerca concettuale ed estetica, affrontando il tema con sottile originalità ed esprimendo in modo sobrio, elegante e icastico, il concetto di rinascita sotteso all'incendio dell'anima e della materia.

Valentina De Lello - conclude Accerboni - affida ad altre culture, per esempio a quella degli Indiani d'America, e al simbolismo, la sua profonda ricerca sull'essere e sul sentire: ed ecco una libellula, già un drago nelle leggende dei pellerossa, diffondere arte e saggezza attraverso la forza del fuoco. Valentina Sarto traduce invece il fuoco nel concetto di guerra, riutilizzando la famosa foto di Larry Wayne Chaffin, diciannovenne soldato del Missouri, combattente per un anno in Vietnam, per ricreare in essa con abile tratto il dramma della morte.




Fotografia di cm 47x62 scattata nel 2014 da Leopoldo Bon con Nikon digitale stampata su carta e successivamente applicata su plexi senza post-produzione denomonita Allucinazioni 1 Leopoldo Bon in una fotografia Fotografia di cm 46x47 scattata nel 2018 da Leopoldo Bon con Nikon digitale stampata su carta e successivamente applicata su plexi senza post-produzione denominata Allucinazioni 18 Leopoldo Bon
Sinfonie di forme e colori


07 luglio (inaugurazione ore 20) - 24 luglio 2022
Sala Comunale d'arte di Trieste

Rassegna, curata dall'architetto Marianna Accerboni e dedicata dallo scienziato e fotografo/artista triestino a un'originale e raffinata sperimentazione sulla visione: in mostra una quindicina di immagini inedite, realizzate con tempi lunghi d'esposizione negli ultimi due anni pandemici e montate con icastica eleganza esclusivamente su perspex.

Arte e scienza - scrive Accerboni - s'intrecciano in questa mostra affascinante e sottilmente misteriosa, in cui l'artista scandaglia ciò che esiste ma non si vede. Autore di queste immagini raffinate e criptiche è un neurofisiologo, specializzato nella ricerca del sistema oculo-motore, che trasla nel libero mondo dell'arte visiva le suggestioni e le emozioni suggeritegli dalla scienza. Leopoldo Bon coglie a suo modo, da scienziato con un'accentuata sensibilità e inclinazione all'arte visiva e una forte passione per la fotografia, l'attimo fuggente nella sua dilatazione più estrema, aprendoci nuovi mondi, suggestioni e informazioni realizzate attraverso l'uso del mezzo fotografico con tempi lunghi di esposizione.

Che ci conducono al di là del reale e lo dilatano, offrendoci attraverso l'arte da un lato una piccola lezione di tecnica e dall'altro la possibilità di percepire come scienza e arte possano condurre a una visione / emozione completa, affascinante e inusitata dell'esistente. Le radici della sua espressione artistica traggono spunto e sfiorano la poetica informale, di cui l'artista triestino fornisce un'interpretazione del tutto personale, ma tangono anche il linguaggio concettuale: il risultato è composto da visioni originali e stranianti che giustamente hanno quale supporto il perspex.

Riflessioni visive che sono quindi sospese nel nulla e che testimoniano le infinite opzioni che una creatività libera e nel contempo razionale come quella di Bon può esitare, traendo anche spunto dalla mobilità e dalla disponibilità dell'elemento acqueo a recepire mutazioni dinamiche e riflessi di luce e cromatici e a creare una sequenza di possibili opzioni estetiche e formali senza fine in quanto costituite da più elementi percepiti, meditati e rielaborati in sequenza libera e infinita. In ciò sta il fascino di un'arte criptica e informale - conclude Accerboni - che si libra leggera e avvincente nel contemporaneo.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Leopoldo Bon, Allucinazioni 1, 2014, Nikon digitale, senza post-produzione, stampata su carta e successivamente applicata su plexi, cm 47x62
2. Leopoldo Bon
3. Leopoldo Bon, Allucinazioni 18, 2018, Nikon digitale, senza post-produzione, stampata su carta e successivamente applicata su plexi, cm 46x47




Copertina libro di Anna Streyar di colore rosso con caratteri bianchi e fotografia al centro Fotografia in primo piano di Anna Streyar scattata in penombra Sensualità innata
di Anna Streyar, pgg. 136, € 22,00

Presentazione libro
24 giugno 2022, ore 18.30
Café Rossetti di Trieste

L'arch. Marianna Accerboni presenterà assieme all'autrice il primo libro di Anna Streyar, fotografa di origini slovene e ungheresi, fresco di stampa in Polonia. Il volume raccoglie una ricca sequenza d'immagini inedite - tutti autoscatti - realizzate con il cellulare tra il 2010 e il 2016, in cui Anna, appassionata da sempre di fotografia, si ritrae in pose e in un abbigliamento sottilmente seduttivi. Foto accompagnate da riflessioni sul tema dell'autrice o di protagonisti del Novecento come per esempio Picasso o Simone de Beauvoir e stampate in bianco e nero, in seppia o in toni cromatici soft, quasi a sottolineare la discrezione e la delicatezza con cui la Streyar fa entrare il fruitore nella propria intimità

Nell'ambito del concetto di libertà espressiva promosso dalle avanguardie europee e internazionali a partire dal primo Novecento, - scrive Marianna Accerboni - si situa il tema dell'artista che fa del proprio corpo un'opera d'arte. Lo avevano sperimentato, tra gli altri, anche la grande Leonor Fini, pittrice triestina di formazione e di valenza internazionale, e Gillo Dorfles, critico di origine triestina che, da acuto sensore delle mutazioni concettuali ed energetiche dell'arte e dell'estetica, a volte si divertiva a proporsi in tale guisa.

Figlia in senso lato della body art, nata negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa e proveniente da un lessico di rottura di valenza surrealista, dada e futurista, è anche un certo tipo di fotografia. A partire da "Tonsure", immagine che rappresenta il padre dell'arte contemporanea, Marcel Duchamp, raffigurato con una stella, disegnata grazie alla rasatura dei capelli sulla parte alta della nuca, congiunta alla fronte da un'altra striscia rasata. In tale contesto d'indipendenza espressiva e di autorappresentazione sottilmente provocatoria si situa la serie di immagini fotografiche che Anna Streyar (in arte Yenky) dedica con eleganza al proprio corpo, congiungendo due istanze culturali che s'intrecciano nella sua creatività: quella mitteluropea, che deriva dal padre sloveno e dalla madre ungherese, e quella americana, che si riferisce alla sua nascita, avvenuta in Pennsylvania, prima del trasferimento in Arizona e poi a Los Angeles.

E a tal proposito non va dimenticato il fatto che lo stesso Andy Warhol, straordinario innovatore dell'arte contemporanea attraverso la Pop art, movimento concettualmente collegato alla body art, era slovacco, cioè mitteleuropeo d'origine. Anna Streyar, in confronto a Warhol, porta nelle sue immagini il concetto di buon gusto e di misura. E anche il tema della sensualità, molto presente nelle performance create nella celebre Factory newyorkese di Warhol, è rivisitato e trasfigurato da Anna attraverso la misura della raffinatezza, insita nella sua creatività e certamente perfezionata dall'artista attraverso i suoi numerosi viaggi in Europa, compiuti per conoscerne la valenza, e la sua permanenza in Italia, paese che ama moltissimo e dove ha scelto di vivere.

Tant'è che nel 1993 la Streyar ha deciso di stabilirsi a Trieste, quasi in ossequio alle sue origini mitteleuropee. Attraverso il gioco delle trasparenze e il concetto del far intravvedere (non del far vedere) il proprio corpo, Anna riesce delicatamente a sedurre, componendo, scatto dopo scatto (realizzato con il cellulare), - conclude Accerboni - un'atmosfera sottilmente erotica che manifesta con il garbo di un'artista naturalmente affine ai parametri dell'equilibrio e della Bellezza, appresi dalla madre, couturier di grido in America tra gli anni Sessanta e il 2018, e dal nonno paterno architetto.




Dipinto in acrilico su tela denominato Chiare Fresche Dolci Acque realizzato da Arturo D'Ascanio nel 2021-2022 Dipinto in acrilico su tela denominato Vanessa Bell realizzato da Arturo D'Ascanio nel 2021-2022 Dipinto in acrilico su tela denominato Mano nei Capelli realizzato da Arturo D'Ascanio nel 2021-2022 Arturo D'Ascanio
"Una, nessuna, centomila"


15 giugno (inaugurazione ore 19) - 03 luglio 2022
Sala Comunale d'arte di Trieste

La rassegna dedicata dal pittore abruzzese Arturo D'Ascanio al tema muliebre: in mostra una ventina di acrilici su tela realizzati negli ultimi due anni di pandemia. La vernice sarà accompagnata da un dibattito in tema, cui parteciperanno il critico Marianna Accerboni e l'artista Adriana Itri, e dall'esecuzione di brani musicali al sassofono.

"La cifra di D'Ascanio" - scrive Marianna Accerboni - "è rappresentata da una grande attenzione per l'eterno femminino accanto a una nota sottilmente poetica che conduce le sue eleganti eroine ai margini del territorio del sogno. La rassegna esprime in particolare la sintesi di un progetto più ampio ideato dal pittore e intitolato Una, nessuna, centomila in omaggio al capolavoro pirandelliano."

"Il tema - spiega l'artista - è prettamente psicologico come accade nel romanzo del grande scrittore, in cui il protagonista Gengè si concentra sulla percezione di sé attraverso quella che gli altri hanno nei suoi confronti. Fa di tutto pur di piacere e in tal modo si annulla. Meglio invece accettarsi e cercare di migliorarsi, senza vivere la propria vita come vogliono gli altri. - conclude D'Ascanio - Oggi tutto verte sull'apparire, ma sull'essere si lavora poco".

"La donna" - scrive Marianna Accerboni - "appare un emblema di tale riflessione, che in realtà si rivolge all'umanità intera. Così le sue protagoniste presentano, nella loro grazia muliebre, una forma d'intima riservatezza che traluce dall'essere dipinte spesso di spalle o con il volto semicelato. Segno che l'artista va ricercando una bellezza di contenuti più che un appeal estetizzante, esprimendo tale valore attraverso un lessico che dell'espressionismo, filone cui i dipinti appartengono, coglie la forza dell'approfondimento interiore mediante la riflessione, propria di quello stile. C'è poi in mostra, nel dipinto "Sguardo ad Ovest", un riferimento alle donne dell'Est che mirano al modello occidentale nella speranza di una vita migliore, mentre un'altra opera è ispirata a Vanessa Bell, raffinata pittrice britannica, sorella di Virginia Woolf e membro dell'esclusivo Bloomsbury Group, sodalizio artistico-intellettuale d'avanguardia anti vittoriana.

Leggerezza e delicatezza accompagnano silenti le sapienti pennellate di questo pittore, formatosi all'Istituto d'arte di Chieti e alla Scuola del Vedere di Trieste sotto la guida di Antonio Sofianopulo e che ha al suo attivo diverse mostre in varie città italiane, l'illustrazione di copertine di libri tratte anche dai suoi dipinti e varie ideazioni nell'ambito della grafica pubblicitaria. Prossimi progetti? Ridare vita a materiali ormai abbandonati come tavole di cantieri e simili, restaurarli e reinventarli con funzione di supporti per la sua pittura perchè "Più che guardare all'opulenza, bisogna cercare di fare molto con poco, ponendo l'attenzione sulle cose che possono essere ancora salvate e donando loro nuova vita".

Arturo D'Ascanio, classe 1957, si diploma all'Istituto d'arte di Vasto (Chieti) nel 1975, coronando una precoce attitudine al disegno e alla pittura, riconosciuta da numerosi premi in giovane età. Nel 2013 si trasferisce a Trieste, dove si dedica alla pittura acrilica su tela, partecipando a numerose mostre collettive e ordinando alcune personali. L'artista è presente con le sue opere negli Stati Uniti, in Spagna e in Italia.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Arturo D'Ascanio, Chiare fresche dolci acque, acrilico su tela, 2021-2022
2. Arturo D'Ascanio, Vanessa Bell, acrilico su tela, 2021-2022
3. Arturo D'Ascanio, Mano nei capelli, acrilico su tela, 2021-2022




Dipinto a olio su cartoncino telato di cm 13x18 denominato Bora a Trieste realizzato da Livio Rosignano nel 1998 Dipinto a olio su cartoncino telato di cm 80x60 denominato Ritratto del Pittore Vittorio Bergagna realizzato da Livio Rosignano nel 1960 Dipinto a olio su tela di cm 160x200 denominato Oltre la Pozzanghera realizzato da Livio Rosignano nel 2001 Livio Rosignano. Dipingere il vento
11 giugno (inaugurazione ore 19) - 10 luglio 2022
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

La prima antologica realizzata dopo la scomparsa dell'artista, ritenuto uno dei pittori più rappresentativi del secondo Novecento a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia, assai apprezzato anche in sedi prestigiose a livello nazionale e internazionale, dove aveva riscosso importanti riconoscimenti. Ideata, curata sul piano critico e allestita da Marianna Accerboni, la rassegna è promossa dall'Associazione delle Comunità Istriane di Trieste ed è realizzata in coorganizzazione con il Comune di Trieste, con il sostegno finanziario del Ministero della Cultura (secondo la Legge statale 16 marzo 2001 n. 72), in collaborazione con la Biblioteca Statale Isontina di Gorizia e con l'Associazione Foemina APS e con il contributo di Bevagna S.r.l. Spedizioni internazionali Trieste, Ciaccio Arte Big Broker Insurance Group Milano, Tenuta Baroni del Mestri (Cormons, Gorizia).

"Livio Rosignano" scrive Marianna Accerboni "fu sempre molto sensibile, oltre che agli altri temi, alla rappresentazione del dato naturale, uno dei Leitmotiv della sua pittura, espresso soprattutto attraverso il paesaggio: vedute di mare e di terra, urbane, industriali o di campagna, presenti in magnifica forma a raccontare con intensità la sua terra natale, Trieste e il Carso. Paesaggi spesso mossi dal vento, i quali mi hanno suggerito il titolo dell'esposizione, che evoca anche il concetto di libertà molto vivo nell'arte e nel temperamento del pittore.

Autore di un linguaggio espressionista di grande forza e di sottile poesia, Rosignano ha mostrato anche una costante attenzione ai meno fortunati, quelli che lui chiamava i poveri cristi. La mostra - in cui sono esposti una settantina di importanti dipinti di media e grande dimensione e più di una quarantina tra disegni, acquerelli, acqueforti e pastelli realizzati dagli esordi degli anni Quaranta all'ultimo periodo della sua vita - vuole ripercorrere l'evoluzione del linguaggio pittorico dell'artista anche attraverso opere rare e inedite, testimoniando le diverse tematiche affrontate: dal paesaggio naturale, urbano e industriale al ritratto e alla natura morta, dall'atmosfera dell'atelier di Rosignano all'intimo sentire dell'uomo colto nel rapporto di coppia o nel silenzio umbratile dei caffè storici triestini o in alcuni momenti di struggente solitudine e malinconia.

O ancora in attimi del quotidiano, che il pittore sa interpretare con magistrale intensità, talvolta con crudezza. Sono esposte anche delle chicche introvabili, l'autoritratto giovanile, scorci d'interni, oli dedicati alla bora e ai caffè storici accanto a esempi del suo linguaggio chiarista, che aveva appreso a Milano, influenzato negli anni giovanili dal Chiarismo lombardo, che avrebbe indotto una svolta importante nel suo linguaggio, divenuto da allora più soft e meditato. Un dipinto di grande dimensione testimonia inoltre la tragica esperienza vissuta nel '44 in un campo di lavoro a Dachau.

Le opere in mostra, selezionate dall'imponente produzione dell'artista, provengono dalla sua famiglia e dalla collezione dell'avv. Sergio Pacor, suo grande amico. Una sezione è dedicata all'amata tecnica del disegno. Nell'ambito della rassegna sono inoltre previste visite guidate e laboratori di pittura e fumetto ispirati alla sua arte e aperti ad adulti e bambini, per far divenire lo spazio espositivo una sorta di grande laboratorio dedicato a Rosignano. Viene inoltre istituito un premio di pittura con una sezione per adulti e una per bambini, intitolato Il paesaggio più bello del mondo. In mostra viene proiettato anche un video che testimonierà la sua esistenza e il suo temperamento. E poichè Rosignano, carattere estroso e molto vitale, è stato altresì colto critico d'arte e sapido scrittore e poeta, vengono esposti, oltre ai dipinti rappresentativi della sua lunga attività pittorica, anche i suoi libri e contributi critici accanto a foto d'epoca che ne ripercorrono le diverse fasi della vita."

Livio Rosignano (Pinguente, Istria 1924 - Trieste 2015) si trasferisce con la famiglia nel capoluogo giuliano, dove inizia a esporre nel 1949. Studente all'Istituto Nautico, approfondisce il disegno con il pittore Giovanni Giordani, che lo incoraggia. Trae profitto dalla frequentazione di colleghi più anziani come Adolfo Levier, Romano Rossini e Vittorio Bergagna, con i quali intesse un intenso sodalizio, condividendo per qualche tempo con Bergagna lo studio a S. Giusto. Ritenendo che la Trieste degli anni Cinquanta non gli fornisse stimoli sufficienti, parte per Milano, dove però non mette mai radici, pur tornandovi ripetutamente.

Se, in seguito alla frequentazione di Levier, affina la sua intensa sensibilità cromatica, la Scuola lombarda lo induce ad attenuare la vivacità coloristica che gli è propria: le accensioni cromatiche espressioniste, d'impeto quasi fauve, che caratterizzavano allora le sue opere, vengono superate e in quel periodo giovanile approda, dopo fasi intermedie, a una pittura più tonale, filtrando tutta una serie di problemi formali. A Trieste, dove frequenta dal '45 i corsi di nudo di Edgardo Sambo al Museo Revoltella, è importante l'incontro con Carlo Sbisà, che insegnava incisione all'Università Popolare: Rosignano si appassiona soprattutto all'acquaforte, tanto da operare ripetutamente in tale direzione, dedicandosi anche all'illustrazione di libri e riviste, di cui qualche esempio compare in mostra.

Valente ritrattista, nel corso della sua lunga vita, effigia molte personalità a Trieste, Roma e Milano. E a tale attività la rassegna dedica un'intera sezione. Partecipa a numerosissime mostre di prestigio in Italia e all'estero: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Premi Michetti, Suzzara e Marzotto, Mostra del Po, Triveneta di Padova. Tiene personali nelle principali città italiane, all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, a Bucarest, Monaco di Baviera, New York, Austria, ex Jugoslavia.

In Friuli Venezia Giulia vanno segnalate in particolare le antologiche a Gorizia (1971), Udine (1976, 1979, 1998), a Trieste a Palazzo Costanzi (1978) e al Museo Revoltella (1995, 2009) e varie altre prestigiose esposizioni, tra cui quelle al Palazzo del Consiglio regionale del capoluogo giuliano (2010) e alla Galleria d'arte G. Negrisin del Comune di Muggia (2011). Premiato in più mostre nazionali, segnalato al Premio Bolaffi, è insignito dal Comune di Trieste del Sigillo Trecentesco. Artista colto e penna fine, si è occupato di critica d'arte fin da giovane per La voce dei giovani, Il Gazzettino, Il Piccolo e Trieste Oggi.

Ha pubblicato i libri Dieci pittori triestini (Italo Svevo, 1974), Feldpost 15843 (Del Bianco, 1980), Un altro Natale (Borsatti, 1981), Una giovane vita (Italo Svevo, 1993), Fiori gialli senza nome (Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione, 1995), Il comunista di San Giacomo (Tipografia Triestina, 2010). Hanno scritto di lui, tra gli altri: Marianna Accerboni, Enzo Bettiza, Stelio Crise, Dino Dardi, Mario De Micheli, Lina Galli, Decio Gioseffi, Claudio Magris, Biagio Marin, Cesare Sofianopulo, Dino Villani, Demetrio Volcic.

___ Appuntamenti collaterali nella sala espositiva ideati, curati e condotti da Accerboni (inizio ore 18.30)

- 18 giugno: Livio racconta...
Lettura scenica di alcuni testi di Livio Rosignano, voce recitante Gualtiero Giorgini

- 25 giugno: L'anima segreta di Livio
Incontro con l'avv. Sergio Pacor, grande amico, collezionista ed estimatore di Livio Rosignano

- 30 giugno: Le immagini trascinate dal vento
Laboratorio di fumetto a cura di Paola Ramella con l'assistenza di Simona Stesicoro

- 09 luglio: Finissage
Premiazione del concorso Il più bel paesaggio del mondo e delle opere realizzate durante i laboratori con la partecipazione di Paolo Rosignano, nipote dell'artista

A conclusione di ogni appuntamento visita guidata alla mostra e brindisi con i vini pregiati della Tenuta Baroni del Mestri (Cormons, Gorizia).

Immagini (da sinistra a destra):
1. Livio Rosignano, Bora a Trieste, olio su cartoncino telato cm 13x18, 1998 (coll. Sergio Pacor Trieste)
2. Livio Rosignano, Ritratto del pittore Vittorio Bergagna, olio su cartoncino telato cm 80x60, 1960 (coll. privata Trieste)
3. Livio Rosignano, Oltre la pozzanghera, olio su tela cm 160x200, 2001 (coll. privata Trieste)

Livio Rosignano: Il nuovo Realismo
05 aprile (inaugurazione) - 12 maggio 2013
Lux Art Gallery - Trieste




Dipinto a olio su cartone telato di cm 20x40 denominato Tramonto a San Giorgio realizzato da Fabio Colussi nel 2021 Dipinto a olio su tela di cm 35x45 denominato Tramonto Veneziano realizzato da Fabio Colussi nel 2021 Fabio Colussi. Il pittore del mare
05 giugno (inaugurazione) - 25 giugno 2022
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera - Venezia
www.ghetto-etcetera.com

Mostra personale del pittore triestino Fabio Colussi, curata dell'arch. Marianna Accerboni, che introdurrà, alla presenza dell'artista, l'esposizione. In mostra più di una ventina di oli su tela e cartone telato, per la maggior parte inediti e realizzati nel 2021/2022. Alla vernice e alla mostra si potrà partecipare in presenza o tramite video visita. Il video della vernice rimarrà visibile sul sito della Galleria nella pagina dedicata alla mostra.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Tramonto a San Giorgio, 2021 - olio su cartone telato - cm 20x40
2. Fabio Colussi,Tramonto veneziano, 2021 - olio su tela - cm 35x45




Dipinto a tecnica mista su MDF di cm 45x45 denominato Covid 19 realizzato da Toni Zanussi nel 2020 Una sezione della mostra di Toni Zanussi a Unterfoering Toni Zanussi ritratto nello studio sul Monte Stella a Tarcento in provincia di Udine Dipinto a tecnica mista su MDF di cm 45x64 denominato Citta Invisibile 1 realizzato da Toni Zanussi nel 2014 Toni Zanussi
"L'anima, la terra, il colore. Arte d'azione e di inclusione"


Bürgerhaus di Unterföring (Monaco di Baviera)
20 maggio (inaugurazione ore 19) - 17 luglio 2022

Dopo il grande successo ottenuto di recente al Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, la mostra dell'artista friulano Toni Zanussi (Qualso, Udine, 1952), si trasferisce al Bürgerhaus di Unterföring (Monaco di Baviera), città tedesca gemellata da 14 anni con Tarcento, luogo d'origine dell'artista, che ha già ospitato una tappa più sintetica della rassegna.

La mostra è suddivisa, come a Trieste, in cinque sezioni tematiche scelte da Marianna Accerboni e supportate dai suoi testi. Testimoniano cinquant'anni di attività dell'artista, espressa attraverso una novantina di opere di magnetica suggestione - molte delle quali di dimensioni notevoli, oltre due metri di lunghezza per un metro di altezza - tra acrilici e tecniche miste realizzati su MDF e originali installazioni di ampio respiro. Ad inaugurare la rassegna, saranno il sindaco di UnterföringAndreas Kemmelmeyer e il sindaco di Tarcento Mauro Steccati.

L'esposizione rappresenta una sorta di antologica in cui poter visionare l'arte poetica e sottilmente onirica di Toni Zanussi: dalle tavole ai bidoni e alle casse, dipinti con colori vivaci e solari e con i temi del sogno che raccontano di viaggi lontani, nei territori della mente e del fantastico, attraverso lavori dalle forme più diverse e affascinanti: rettangolari, circolari, a ogiva, realizzati su diversi supporti come sostegni MDF, il legno grezzo delle casse, il metallo dei grandi bidoni.

«La rassegna - spiega Marianna Accerboni - testimonia, in una sorta di orizzonte di luce e di cromatismi accesi, eleganti e al contempo sobri, l'universo creativo e la sperimentazione svolta da Zanussi. In mostra compare infatti un'ampia selezione di opere che raccontano il suo immaginario, stilato secondo una cifra molto personale, armonica e sottilmente dinamica: una pittura sgorgata dal cuore di un artista dal gesto pittorico incantato.

Luminosi e talvolta in controluce, com'è spesso la vita, i suoi lavori ci parlano dell'esistenza reale, trascendendola e idealizzandola attraverso simbolismi iconici e di speranza. In tal senso, sotto il profilo critico, la sua opera si colloca nell'ambito di quel filone espressivo orientato a un'interpretazione della realtà arricchita da suggestioni oniriche, fantastiche, metafisiche e surreali, che ha caratterizzato, in nome della libert à, buona parte dell'arte e persino dell'architettura del Novecento e contemporanea, a partire da Mirò per arrivare alle forme organiche dell'architetto statunitense Frank Gehry"».

Il pubblico potrà così godere di molti suoi lavori, alcuni dei quali inediti: dalle versioni policrome delle città invisibili al recente "Totem omaggio a Mostar" del 2020 che supera, in diagonale, i tre metri, al trittico formato dalle tre opere di forma ogivale "Cosmogonia", "Cosmogonia nero terno" e "Cosmogonia rossa" del 1994. Un'arte dove il male è dissacrato, esorcizzato e superato attraverso composizioni dai colori vivaci, quasi allegri, per portare lo spettatore in una realtà altra, una fuga verso la speranza come nella serie più recente incentrata sul tema della pandemia da Covid-19, che l'artista chiama "invisibile creatura", e ai lirici voli cromatici su Sarajevo e Mostar, che ricordano la tragedia della guerra, cui Zanussi si è sempre opposto.

Il pittore si ispira alla natura e ai suoi cambiamenti, ai colori e alle atmosfere che mutano con l'alternarsi delle stagioni. Immerso nei boschi del monte Stella a Tarcento (Udine), dove l'artista ha costruito il suo studio-atelier, un luogo ospitale, sempre aperto a curiosi e amici, "pittore della cosmogonia e della contaminazione tra materia e realtà sociale, artista del recupero degli sprechi e poeta" come lo ha definito Gillo Dorfles, Zanussi raccoglie da oltre quarant'anni sempre crescenti successi. Le sue opere sono state raccontate da tanti scrittori ed intellettuali ed esposte in giro per il mondo, da Venezia a Miami, Vienna, Amsterdam e Parigi.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Toni Zanussi, Covid 19, tecnica mista su MDF cm 45x45, 2020
2. Una sezione della mostra di Toni Zanussi a Unterfoering
3. Toni Zanussi, ritratto nello studio sul Monte Stella (Tarcento, Udine)
4. Toni Zanussi, Citta invisibile 1, tecnica mista su MDF cm 45x64, 2014




Locandina della mostra Leonor Fini Ceramica e Pittura Note e Profumi Leonor Fini segreta
Ceramica e Pittura, Note e Profumi


10 aprile (inaugurazione ore 10) - 03 luglio 2022
MIDeC / Museo Internazionale del Design - Laveno-Mombello (Varese)

Una mostra multimediale di pittura, musica e percezione olfattiva, che prosegue l'indagine sulla personalità e l'arte della grande pittrice (Buenos Aires 1907 - Parigi 1996) attraverso la sua fondamentale formazione giovanile a Trieste. La rassegna è realizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Laveno- Mombello, ideata e curata sul piano critico da Marianna Accerboni e promossa dall'Associazione Foemina APS con la sponsorizzazione tecnica di Ciaccio Arte, dell'Associazione Amalago per la promozione artistica e culturale del Lago Maggiore e di Videoest Trieste. E prosegue, a poco più di 25 anni dalla morte di Leonor, anche attraverso opere mai esposte in assoluto, l'indagine della curatrice sull'arte e la personalità della grande pittrice surrealista, che fu anche costumista, scenografa, incisore, illustratrice e scrittrice di fama e frequentazioni internazionali.

Già presentata con grande successo e con accenti diversi all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e di Parigi e al Polo museale del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, la mostra - compendiata da una serie di opere non presenti nelle precedenti edizioni - al MIDeC, l'unico Museo al mondo che detiene le preziose ceramiche realizzate nel '51 con decori tratti da disegni della Fini, dalla S.C.I. - Società Ceramica Italiana di Laveno-Mombello: una storica fabbrica attiva in nuce sul territorio già dal 1856 e dal 1953 con una filiale anche in Argentina, fino al 1965, anno in cui avviene la fusione con il gruppo Richard-Ginori e al 1975 con la Pozzi, per chiudere definitivamente nel 2000.

Di Leonor Fini, la rassegna vuole interpretare il temperamento anche approfondendo il suo fondamentale e intenso rapporto con Trieste, luogo d'origine della madre, dove Malvina Braun condusse la figlia all'età di un anno. Qui la pittrice si sarebbe formata sul piano artistico culturale e su quello umano e personale fino all'età di circa vent'anni, rimanendo sempre molto legata alla città, da cui provengono la maggior parte delle opere e dei materiali esposti.

L'interpretazione della personalità della Fini avviene nel contesto della mostra anche attraverso la creazione di due importanti profumi inediti, prodotti per l'occasione e ispirati al temperamento e alla straordinaria esistenza condotta dalla Fini, che amava molto le fragranze e nel 1937 aveva disegnato a Parigi un flacone antesignano e iconico per il profumo Shocking della grande couturiére Elsa Schiapparelli. Il carattere e l'arte della Fini sono interpretati anche attraverso le note musicali di Notturno, solitudine surrealista e Sonata Meditation, brani composti per l'esposizione dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni, che ne rappresentano la colonna sonora e saranno diffusi in mostra per tutta la sua durata.

L'esposizione - accompagnata da un esaustivo catalogo dall'elegante veste grafica, con foto e contributi inediti, realizzato dall'Istituto Italiano di Cultura di Parigi e curato da Marianna Accerboni - propone un'attenta selezione di opere della Fini per la maggior parte inedite e rare, a partire dalla sezione dedicata alle ceramiche decorate mediante decalcomanie tratte dai disegni di Leonor o con suoi motivi impressi a stampa: una vera chicca, poiché finora tali manifatture non erano mai state citate nei numerosi cataloghi e volumi d'arte dedicati all'artista.

Si tratta perciò una sezione di grande interesse, che comprende più di una trentina di rare porcellane e terraglie forti e fogli di lavoro della S.C.I. raffiguranti motivi di figure femminili mascherate, Maschere carnevalesche policrome, Gatti, Sfingi e Pagliacci e prodotte intorno al '51 dalla Società Ceramica Italiana (S.C.I.) di Laveno- Mombello. Accanto a tali preziosi materiali, viene esposta anche una matrice in rame per stampa su ceramica con disegni della Fini, incisa a bulino da Marco Costantini, abile artista per anni collaboratore della fabbrica lavenese.

Tali oggetti vengono messi in gran parte a disposizione, oltre che dal MIDeC, dai collezionisti Enrico Brugnoni, Marco Lisè, Francesca Bellorini, Giuseppe Beltrami, Daniela Brisotto e Vincenzo Sogaro, Lena Costantini, Amelia Pozzi: sono pezzi oggi per lo più introvabili perchè, essendo caratterizzati da uno stile assai moderno per l'epoca, allora non furono molto apprezzati dal pubblico, abituato a gusti più classici, e perciò furono presto tolti dalla produzione.

Accanto alle ceramiche, verranno esposti anche rari e per lo più inediti disegni, dipinti, acquerelli, incisioni, illustrazioni, documenti, libri, lettere, foto, video interviste, abiti appartenuti all'artista e un approfondimento sul piano letterario e grafologico della sua personalità, rivelando, oltre al risvolto più intimo e privato della Fini, anche un affondo sul clima culturale della Trieste del Novecento, che tanto avrebbe influenzato la sua arte e i motivi decorativi per le ceramiche stesse, presenti per altro in molti altri suoi lavori: figure muliebri mascherate, gatti e sfingi popolano infatti molti dei vasi, dei piatti e dei servizi da tavola, da caffè e da tè presenti in mostra, inseriti nelle forme innovative create dal designer di origine triestina Guido Andloviz (Trieste 1900 - Grado 1970), per più di trent'anni direttore di produzione della S.C.I.; ma rappresentano pure dei leitmotiv ricorrenti in molti dipinti, disegni e illustrazioni dell'artista.

Tali decori si riferiscono all'immaginario tratto dalla Fini negli anni dell'infanzia e della giovinezza a Trieste. Una città allora avanzatissima e cosmopolita, sospesa tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, dove Leonor visse con la madre e lo zio nella casa dei nonni materni, sempre in compagnia di un gatto, che sarebbe divenuto poi un soggettoprincipe della sua arte. E anche il concetto del mascheramento e l'interesse per le sfingi trovano radici nella sua infanzia trascorsa a Trieste, città natale della madre, Malvina Braun, di ascendenza tedesca, slava e veneziana, che aveva abbandonato a Buenos Aires il marito, Erminio Fini, facoltoso imprenditore di origini beneventane, tiranno e infedele, che avrebbe tentato più volte di riprendersi la figlia, cercando, senza successo, di rapirla a Trieste. Per sventare tali gesti, Leonor da bambina veniva abbigliata da maschietto ed ecco il suo gusto per il mascheramento e il travestimento.

Per non parlare della sfinge, che l'arciduca Massimiliano d'Austria aveva fatto collocare intorno al 1860 sul moletto prospiciente il Castello di Miramare a Trieste, e a cavalcioni della quale Leonor appare fotografata da bambina. Era una figura mitologica che la Fini amava molto, da piccola voleva spesso darle da mangiare, invece che ai cigni del laghetto nel parco del Castello. E più tardi le avrebbe ispirato molte opere. Nel capoluogo giuliano la sua personalità si formò a stretto contatto con quel colto milieu internazionale e d'avanguardia che connotava la città all'epoca, nel cui contesto la giovane pittrice ebbe modo di frequentare assiduamente personaggi triestini suoi coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale.

Tra questi, per esempio, il futuro gallerista Leo Castelli, il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, il grande traghettatore della letteratura dell'Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba. Di particolare interesse, in mostra, saranno il video con le interviste inedite della curatrice a parenti e amici triestini della Fini, tra cui Gillo Dorfles e Daisy Nathan, sorella del pittore, e ad altri personaggi che la conobbero, e un video con l'ultima intervista in italiano alla celebre pittrice.

Nel '36 espone a New York alla Julien Levy Gallery e alla rivoluzionaria mostra Arte fantastica, Dada e Surrealismo al MOMA. E poi a Roma, Parigi e Londra, più volte alle Biennali di Venezia e San Paolo; presente, tra le altre, nelle permanenti di MOMA, Tate Modern, Centre Georges Pompidou. Fino ai primi anni '60 dipinge molti ritratti, tra cui quelli degli amici Genet, Moravia, Carrington, Oppenheim, Morante.

La rassegna, oltre che a Trieste, è già stata presentata con successo all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles e di Parigi, dove la Fini è molto nota, essendo stata legata ai Surrealisti francesi, il cui linguaggio vanta per altro in Belgio protagonisti internazionali quali Magritte e Delvaux. Nella capitale francese, dov'era chiamata l'Italienne de Paris, Leonor si era trasferita appena ventitreenne, guadagnando rapidamente largo consenso e rimanendovi fino alla morte. Come nelle altre sedi, la mostra sarà sottolineata da un intreccio multimediale di musica e percezione olfattiva, ispirato alla Fini e ideato site specific da Accerboni.

Per tutta la durata della rassegna alcune composizioni surrealiste inedite, create ed eseguite al pianoforte dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni, ispirate a Leonor e concepite espressamente per l'esposizione, saranno infatti diffuse quale colonna sonora all'interno del MIDeC. In occasione della rassegna sono stati inoltre ideati da Accerboni due profumi esclusivi in edizione limitata, dedicati all'artista e ispirati alla sua complessa personalità.

Una fragranza intitolata Lolò, il soprannome con cui i famigliari e gli amici chiamavano a Trieste la pittrice nel suo periodo giovanile, impreziosita da glitter in riferimento alla luminosità della sua pittura, verrà diffusa in mostra durante tutto il periodo espositivo, rappresentandone la “colonna olfattiva”. Ispirato al suo "doppio maschile", è stato poi creato Kot, profumo che interpreta quella traccia sottilmente androgina che s'intuisce nella personalità della Fini e che in polacco significa gatto: era il soprannome con cui l'artista chiamava Costantin Jelenski, scrittore e giornalista polacco incontrato a Roma nel '52, che, con Stanislao Lepri, fu una presenza fondamentale e costante nella sua vita fino alla morte di lui, avvenuta nel 1987.

È disponibile in mostra anche il catalogo dall'elegante veste grafica edito dall'Istituto Italiano di Cultura di Parigi per la rassegna. Curato da Marianna Accerboni, è composto da 80 pagine e contiene un centinaio di immagini per la maggior parte inedite mentre i testi sono tutti inediti: l'introduzione è firmata dal Direttore dell'Istituto, lo scrittore e glottoteta Diego Marani (l'ultimo suo libro La città celeste, pubblicato da La Nave di Teseo, è un affascinante atto d'amore per Trieste), gli altri approfondimenti sono di Marianna Accerboni. Maria Grazia Spirito, già direttrice del MIDeC, firma il testo dedicato alle ceramiche e Mauro Galli, direttore dell'AGI - Associazione Grafologica Italiana, Sezione di Trieste, analizza la grafia della Fini accanto a quella degli amici Arturo Nathan, raffinato e importante pittore triestino noto internazionalmente, e Gillo Dorfles, famoso critico, estetologo e artista.

Il volume è piuttosto esaustivo per quanto riguarda la vita, la personalità e l'arte di Leonor e riporta varie notizie inedite su tali temi, derivanti dalle ricerche di Accerboni. È suddiviso in più sezioni: Ritratti e personaggi, Sua Maestà il gatto, L'illustrazione, Le ceramiche, Gli abiti di Leonor, Leonor Fini Arturo Nathan Gillo Dorfles, Un profumo per Leonor e una biografia illustrata da immagini inedite. (Comunicato stampa)




Opera in acciaio inox denominata Statico Dinamico realizzata da Jacques Toussaint nel 2022 Il libro La Conica e altre caffettiere e la caffettiera per Alessi in alluminio lucido di Aldo Rossi del 1988 Opera di Jacques Toussaint denominata Statico Dinamico realizzata nel 2022 in lamiera forata acciaio inox Jacques Toussaint
Passato / Futuro / Estetica / Funzione


04 marzo - 19 marzo 2022
SpazioCavana - Trieste

In mostra oltre 150 pezzi di design della collezione personale dell'artista-designer francese (Parigi, 1947). Formatosi nella sua gioventù parigina a contatto con l'arte informale o, come la chiamavano in Francia, "La seconde École de Paris", ha iniziato la sua attività artistica in Italia nel 1971 dopo aver studiato all'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts della capitale francese.

I pezzi esposti provengono dal suo archivio storico presente nel Piccolo museo da lui fondato a Pieve del Grappa (Treviso) e costituito, nel corso di più di cinquant'anni di attività, da prototipi di mobili disegnati, tra gli altri, da Enzo Mari, Achille Castiglioni, Ross Littell, Alfred Roth, Werner Max Moser, da pezzi di Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Ed Wettstein, Pierre Aleschinky, Bram Van Velde, Jean Bazaine, Aldo Rossi, Mario Botta, Tapio Wirkkala, Pompeo Pianezzola, Markku Kosonen, Silvia Levenson; da documenti, disegni, stampe, fotografie e da opere d'arte di Emilio Tadini e Gianfranco Pardi.

Oggetti che hanno segnato un'epoca e sono stati raccolti da Toussaint durante una lunga collaborazione con questi designer e artisti e nel corso della sua attività di consulenza con le aziende Bernini, Matteo Grassi, Dimensione Fuoco, Interflex e Arbos tra gli anni Ottanta e Novanta. Accanto a tali materiali compaiono anche cinque sue sculture in acciaio inox spazzolato, eleganti, raffinatamente ingegnose all'insegna del minimalismo e in parte anche mobili, ispirate alla logica creativa dello svizzero Max Bill: poliedrico artista, grafico, architetto e designer, rigoroso, essenziale, razionale e sottilmente lirico, com'è un po' lo stesso Toussaint. Un ciclo, quello scultoreo di Jacques, intitolato "Statico / Dinamico", iniziato nel 1997 e ripreso recentemente e di cui ogni pezzo è realizzato in soli tre esemplari.

"A Pieve del Grappa," - scrive Marianna Accerboni - "nell'antico casolare del Seicento immerso in un paesaggio dal respiro tiepolesco dove vive dal 2000, Jacques Toussaint, colto e raffinato designer francese, contraddistinto da un personale linguaggio affine a una certa essenzialità contemporanea, ha fondato anche il Piccolo museo. Qui organizza mostre e alterna presentazioni del suo archivio storico costituito da prototipi di mobili creati da designer di fama internazionale e da opere d'arte di diversi autori.

Questi oggetti che mi sono appartenuti in passato e hanno ornato i muri delle mie case, - afferma Jacques Toussaint - potrebbero accompagnare oggi qualcun altro in un nuovo percorso. Sono quelli che mi sono stati vicini tanto da far parte del mio ambiente domestico e che si ritrovano sfogliando le pagine di alcune riviste o che sono stati fotografati in molti dei miei cataloghi. Per un artista giovane, evidenziare la propria creatività, permeata dalla cultura del momento, è la priorità che va di pari passo con la ricerca del proprio linguaggio e di una certa visibilità. È successo anche a me negli anni Sessanta - conclude il designer francese - poi tutto cambia, anche questa priorità."

Immagini (da sinistra a destra):
1. Jacques Toussaint, Statico _ Dinamico, acciaio inox, 2022
2. Aldo Rossi, Il libro La Conica e altre caffettiere e la caffettiera per Alessi in alluminio lucido, 1988
3. Jacques Toussaint, Statico_ Dinamico, lamiera forata acciaio inox, 2022




Installazione a tecnica mista di cm 90x110 denominata Moby realizzata da Federico Montagner nel 2021 Dipinto a olio su tela di cm 60x40 denominato Red Helmsm realizzato da Giorgio Rocca 2021 Dipinto ad acrilico su tela di cm 60x60 denominato Mezzogiorno al Porto realizzato da Lucia Sarto nel 2018 Opera senza titolo a tecnica mista su cartoncino di cm 42x30 realizzata da Silvia Ciaccio nel 2020 "Acqua"
13 febbraio (inaugurazione online ore 12) - 04 marzo 2022
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera di Venezia
www.ghetto-etcetera.com

Collettiva di pittura, scultura e fotografia, curata dall'arch. Marianna Accerboni, che vede la partecipazione di 16 artisti italiani e stranieri: In mostra le opere recenti di: Fabio Colussi, Danilo Maggi, Filippo Salvalaggio, Giambattista Longhi, Francesco Possega, Manuela Ulrich, Cristina Meotto, Maria Neola, Roberto Rossi, Giorgio Rocca, Lucia Sarto, Gabriele Sanna, Silvia Ciaccio, H. Caglar Kirti, Fernanda Faggian, Federico Montagner.

La rassegna sarà visitabile anche tramite un servizio di video-visita attivo negli orari di apertura della galleria: tramite una videochiamata il pubblico potrà vedere le opere esposte e conglierne pure i dettagli grazie alle spiegazioni delle nostre guide, che saranno a disposizione anche per rispondere alle domande sia sulle opere che sui servizi offerti. Proprio come avviene dal vivo in galleria.

"La mostra" - scrive Marianna Accerboni - "raccoglie l'interpretazione dedicata da 16 artisti a un elemento fondamentale della natura e della vita di Venezia, l'acqua. In tale ambito tecniche - pittura, scultura e fotografia - e metodologie diverse compongono un coinvolgente microcosmo, in cui si riflettono più linguaggi contemporanei, che molto spesso trovano proprio nella realtà veneziana il soggetto principe. È il caso per esempio di Fabio Colussi, artista triestino di grande professionalità che, attraverso sapienti velature espresse mediante i parametri della tecnica pittorica antica, ci restituisce una laguna intrisa di luce, di sottile poesia e lieve mistero.

Danilo Maggi, fotografo monzese di nascita e veneziano per scelta, coglie con grazia e misura attraverso l'obiettivo fotografico, la luce liquida della Serenissima e le trasparenze che rendono spesso magica e surreale la città, la cui realtà diviene in questo caso il suo riflesso. Omaggio a Moebius s'intitola la stampa fotografica del veneziano Filippo Salvalaggio, che ci offre un'elegante interpretazione quasi pittorica dell'acqua, memore dell'infinito fantasticare, spesso un po' surreale, del grande fumettista e illustratore francese.

Senza interventi in postproduzione è la stampa analogica in bianco e nero su carta baritata di Giambattista Longhi, che ci racconta sapientemente, grazie a un'immagine dal sapore d'antan, una Venezia con l'acqua alta e - tra le righe - la flemma filosofica dei veneziani d.o.c. L'artista più giovane è Francesco Possega, classe 1992, che, attraverso un'immagine fotografica digitale stampata su carta di alta qualità, rappresenta con molta sensibilità la solitudine dell'uomo, simbolizzata dal suo incedere nella pioggia vicino al Canal Grande a Trieste. Anche Manuela Ulrich, fotografa e artista grafica nata a Monaco di Baviera in una famiglia di artisti, affida al bianco e nero il suo raffinato e icastico messaggio dedicato all'acqua, che si rivela di grande efficacia ed eleganza.

L'immagine femminile e l'acqua rappresentano il binomio che incontriamo in due pittrici: Cristina Meotto che, formatasi alla Candid Arts di Londra e alla Scuola Internazionale d'Illustrazione di Sarmede (Treviso), propone una delicata immagine femminile simbolicamente solcata dall'acqua, e Maria Neola, partenopea e figlia d'arte, architetto, grafica e designer che, attraverso il dettaglio di un nudo femminile ambientato al mare, tesse a tecnica mista un elegante elogio del "tempo lento". La donna, ritratta di spalle mentre guarda il mare, è il motivo centrale anche dell'olio dipinto da Roberto Rossi con tocco delicato e un accostamento cromatico molto convincente.

Ma il tema acqua viene interpretato anche attraverso una figura maschile con indosso un'iconica giacca di uno storico brand, da Giorgio Rocca, che con classica maestria interpreta così l'arte del navigare. Anche Lucia Sarto, formatasi artisticamente fra Venezia e Torino, racconta l'acqua mediante un'immagine della tradizione figurativa, in cui colore e luce nobilitano una composizione dal taglio prospettico perfetto. Un segno intrigante e molto originale caratterizza l'opera del pittore sardo Gabriele Sanna che, avvalendosi di un'emanazione contemporanea del concetto di pointillisme tradotta nella suddivisione in più segmenti della superficie pittorica, illustra l'elemento liquido.

Di grande raffinatezza, la tecnica mista sospesa tra informale e astratto della milanese Silvia Ciaccio, anche lei figlia d'arte, che lavora con carte veline, carte da stampa, acciaio corten e colori acrilici, a comporre una realtà altra dal sapore squisitamente concettuale, che si specchia nel suo riflesso attraverso il plexiglass. L'elemento liquido, è individuato come vivace astrazione e vibrante sintesi grafica da H. Caglar Kirti, giovane artista turco che oggi risiede a Bari, già apprezzato in prestigiose sedi espositive per la sua sperimentazione sul segno, il colore e la forma.

Nell'ambito della ricerca astratta procede anche la veneziana Fernanda Faggian, presente con un'opera in cui al colore intreccia sabbie e oggetti per trasferirci il suo "profumo del mare" attraverso un apporto molto interessante e personale. Assai personale e raffinato nei dettagli è infine, last but not least, il bassorilievo dello scultore friulano Federico Montagner, che interpreta in modo originale e contemporaneo il moto ondoso attraverso una candida trama che ne richiama il ritmo.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Federico Montagner, Moby, installazione a tecnica mista cm 90x110, 2021
2. Giorgio Rocca, Red Helmsm, olio su tela di cm 60x40, 2021
3. Lucia Sarto, Mezzogiorno al porto, acrilico su tela cm 60x60, 2018
4. Silvia Ciaccio, opera senza titolo, tecnica mista su cartoncino cm 42x30, 2020




Dipinto a olio su tela di cm 30x50 realizzato da Fabio Colussi nel 2018 denominato Luci in Laguna Dipinto a olio su tavola di cm 105x65 realizzato da Fabio Colussi nel 2020 denominato Notturno Dipinto a olio su tela di cm 30x50 realizzato da Fabio Colussi nel 2019 denominato Tramonto Fabio Colussi. Il pittore del mare
.. Salone d'Arte di Trieste
18 dicembre 2021 - 16 gennaio 2022 (proroga al 6 febbraio)
05 dicembre (inaugurazione) - 31 dicembre 2020

Rassegna dedicata dal pittore triestino al tema prediletto della veduta marina, introdotta da Gabriella Pastor, interpretata sul piano critico dall'architetto Marianna Accerboni. In mostra 21 oli su tela e su tavola inediti, realizzati con grande maestria tra il 2018 e il 2020. In contemporanea all'apertura della mostra il video della presentazione fruibile su www.facebook.com/marianna.accerboni, www.youtube.com/user/MariannaAccerboni e sul sito dell'artista (www.fabiocolussi.com).

"In questa esposizione" - scrive Marianna Accerboni - "Colussi ricostruisce con delicata e calibrata vena lirica il fascino del mare della sua città, Trieste, accostandolo anche a quello di Venezia. La medesima, sottile inclinazione neoromantica, intrecciata a una personale e sensibilissima vena cromatica e a una grande abilità tecnica, caratterizza le sue vedute. Così l'artista sa catturare l'ineffabile luce del nostro golfo, quella magica della Serenissima e la pace della laguna, consegnandoci un angolo di mondo, in cui poter sognare ancora, grazie al prezioso virtuosismo di questo poeta del paesaggio.

Memore di una vena neoclassica, che appartiene culturalmente a Trieste, l'artista prosegue in modo del tutto personale l'antica tradizione di pittori e vedutisti attivi a Venezia nel '700 quali Francesco Guardi e Canaletto, vicino al primo per ispirazione poetica e al secondo per l'interpretazione più razionale dei luoghi. Ma, agli esordi, Colussi ha guardato anche ad altri artisti, in questo caso giuliani, come Giuseppe Barison, Giovanni Zangrando, Ugo Flumiani e Guido Grimani, tutti in un modo o nell'altro legati alla grande tradizione pittorica e coloristica veneziana, che rappresentava un importante punto di riferimento, nel secondo ottocento e nel primo novecento, accanto all'Accademia di Monaco, per i pittori triestini.

Altro fulcro fondamentale fu infatti per loro anche la cultura austro-tedesca. E non a caso nelle opere di molti di questi, così come in quella di Colussi, compare spesso una luce azzurro-grigia, che più che un colore rappresenta un'atmosfera, una sorta di evocazione di quello "sturm und drang" (tempesta e impeto), che nel mondo germanico pose le basi del Romanticismo: punti di riferimento che costituiscono delle interessanti chiavi di lettura della pittura dell'autore triestino, in particolare per quanto riguarda la sua interpretazione del tema della veduta marina, che sa rivisitare attraverso intuizioni, luminosità e ispirazioni che alludono istintivamente anche alla cultura visiva mitteleuropea.

Dotato di un talento naturale, che ha saputo coltivare nel tempo con passione e tenacia, Colussi è riuscito a delineare una propria maniera intensa e precisa, ma nel contempo sobria ed essenziale. Che fa vivere il paesaggio soprattutto della luce (diurna o notturna che essa sia), ottenuta attraverso ripetute e raffinate velature e un cromatismo deciso ma morbido. Equilibrio e sensibilità caratterizzano i suoi dipinti, nei quali il pittore sa legare molto armoniosamente il linguaggio del passato con le esigenze di linearità di quello moderno. Ne escono delle vedute marine spesso incorniciate da luminosi paesaggi urbani, composizioni che poggiano la loro veridicità sulla storia e sulla luce e in cui le antiche e raffinate architetture si fondono con un cielo e un mare intensamente azzurri, che riflettono e suggeriscono, sempre mediante la luce, un senso di pace e atarassia, che appare anche nei dipinti dedicati alla laguna".

Fabio Colussi (Trieste, 1957) è in un certo senso autodidatta, poiché si è formato studiando i grandi pittori triestini del passato, sospesi tra la lezione artistica della pittura veneziana e quella proveniente dalla cultura mitteleuropea. Dipinge i primi acquerelli a 4 anni, i temi sono paesaggi, boschi e figure realizzati anche a pastelli a cera; più tardi approccia la tempera e l'acrilico, per poi passare nei primi anni Novanta all'olio su tela e su tavola, tecnica ora prediletta, che non ha più abbandonato. Per realizzare i suoi lavori, trae spunto dagli schizzi annotati su un taccuino che porta sempre con sé e che talvolta sono implementati, per quanto riguarda le architetture, da appunti fotografici. Colussi è presente con le sue opere in collezioni private in Italia e all'estero (Stati Uniti, Germania, Spagna e Australia). Ha esposto a livello nazionale ed europeo e recentemente a Bruxelles, in Croazia e Montenegro, suscitando grande consenso.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Luci in laguna, olio su tela cm 30x50, 2018
2. Fabio Colussi, Notturno, olio su tavola cm 105x65, 2020
3. Fabio Colussi, Tramonto, olio su tela cm 30x50, 2019

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"Visione di Trieste" (dipinto di Vittorio Robba)




Dipinto in acrilico su tela di cm 60x80 denominato Corner News-Grocery Store realizzato da Donatella Chiara Bedello nel 2021 Dipinto in acrilico su tela di cm 70x100 denominato Sky Chief 7 realizzato da Luigi Rocca nel 2015 Luigi Rocca | Donatella Chiara Bedello
Two painters in a bubble


28 novembre 2021 - 14 gennaio 2022
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera - Venezia
www.ghetto-etcetera.com

Doppia personale di Luigi Rocca e Donatella Chiara Bedello, lui friulano, lei torinese, attivi a Venezia da molti anni nel segno di una personale e virtuosa interpretazione dell'Iperrealismo. La mostra sarà inaugurata online il 5 dicembre alle ore 12 con introduzione dell'arch. MariannaAccerboni in diretta streaming, che rimarrà accessibile sul sito della Galleria. In mostra una ventina di opere, tra acrilici su tela e stampe fine art, realizzate dal Maestro Rocca tra il 2015 e il 2016, dalla Bedello negli ultimi due anni. Di Rocca saranno inoltre esposte alcune lampade create con materiali di recupero, inserendo anche pezzi particolari della Harley Davidson, e riproducenti il rumore della moto.

"In tempi di pandemia," - scrive Marianna Accerboni - "non si eseguono in una grande bolla protettiva soltanto concerti live - come quelli diffusi dalla band The Flaming Lips in varie parti del mondo - ma anche quadri. Ed è con questo spirito, che allude di certo anche all'alveo di concentrazione in cui sono immersi gli artisti quando lavorano, che sono stati eseguiti i dipinti di Luigi Rocca e Donatella Chiara Bedello, lui friulano, lei torinese, attivi a Venezia da molti anni nel segno di una personale e virtuosa interpretazione dell'Iperrealismo.

Che coglie attimi fuggenti del vivere quotidiano negli Stati Uniti con una destrezza di tocco incredibile, che in Rocca si fa tensione alla ricerca del perfezionismo assoluto nell'ambito di una realtà che travalica e supera il reale, mentre la Bedello concede spazi di luce anche al lessico espressionista, da cui trae momenti di libero sentire e agire. Due artisti di talento che dalla lezione iperrealista - che trova il suo più immediato precedente nel gioco della pop art, figlia dell'America così come lo è stato dai primi anni Settanta l'Iperrealismo stesso, - sanno far scaturire la luce, valenza di cui sono capaci solo i grandi interpreti dell'arte.

Inoltre il razionale fantasticare di Rocca - pittore presente da oltre vent'anni nelle prestigiose gallerie Mensing, che espongono le sue opere con successo in diverse città tedesche - non finisce di stupire, al di là dello stile prediletto, poiché il pittore riesce a estrapolare dalla propria passione per le moto Harley Davidson, soggetti di molti suoi dipinti, anche dei pezzi che, uniti ad altri materiali di recupero, vanno a formare delle originali lampade postmoderne e surreali, luminose e sonore, alcune delle quali riproducono anche il rumore della Harley. Ed ecco palesarsi nuovamente il concetto di libertà, del libero agire che diverte e stupisce mentre la luce, che abbaglia e intride le opere di ambedue gli artisti, - conclude il critico - scaturisce come un'avvenente prima donna dal loro felice pennello, esprimendo il loro talento, figlio della modernità e di un lavoro certosino e tenace".

Immagini (da sinistra a destra):
Donatella Chiara Bedello, Corner News-Grocery Store, acrilico su tela cm 60x80, 2021
Luigi Rocca, Sky Chief 7, acrilico su tela cm 70x100, 2015

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"Atlante americano", di Giuseppe Antonio Borgese (Recensione di Ninni Radicini)




Dipinto a olio su tela di cm 50x100 denominato Trieste di Notte realizzato da Fabio Colussi nel 2019 Dipinto a olio su tela di cm 35x45 denominato Vele al Tramonto realizzato da Fabio Colussi nel 2019 Fabio Colussi. La poesia del mare
24 novembre (inaugurazione ore 18) - 15 dicembre 2021
Sala Comunale d'Arte di Trieste

Il fascino del mare di Trieste accostato a quello di Venezia in una rassegna di oli su tela e su tavola di Fabio Colussi, a cura di Marianna Accerboni. "L'evoluzione coerente e appassionata del lavoro pittorico di Colussi, - scrive Marianna Accerboni - ha condotto l'artista dalla narrazione attenta e delicata della veduta marina verso traguardi sempre più elevati, raggiunti attraverso un'interpretazione del paesaggio d'acqua sottilmente poetica e intrisa di molteplici valenze luministiche. Affascinato dal mare, ritratto sempre in momenti di quiete e perciò rasserenanti, il pittore ci offre un idillio sottile e al contempo profondo con la natura, che si estrinseca nei notturni sull'acqua veneziani, in cui un sogno lieve solca la veduta, o nei tramonti infuocati che rendono l'orizzonte marino unico a Trieste, com'ebbe occasione di notare alcuni anni fa il celebre architetto Richard Rogers.

Anche se il diapason emotivo più alto, quello che forse colpisce maggiormente l'emotività del fruitore, Colussi lo raggiunge in certe sue intense descrizioni come accade per esempio nel dipingere il tramonto sulla rocca di Duino. Un'opera che ci rende più agevole capire come mai quel luogo e quelle atmosfere furono così amate da un grande poeta germanico quale Rilke e che ci rimanda anche alle visioni di Caspar David Friedrich, il più significativo pittore romantico tedesco. Risuona in quei tocchi di pennello di Colussi, in quelle meditate velature tutta la luce neoromantica che un attento sensore, qual è l'artista triestino, della nostra cultura visiva e delle molteplici matrici culturali dell'estremo Nord Est italiano, intuisce ed esprime, assieme agli echi della grande tradizione pittorica e luministica veneziana."

Immagini (da sinistra a destra):
Fabio Colussi, Trieste di notte, olio su tela cm 50x100, 2019
Fabio Colussi, Vele al tramonto, olio su tela cm 35x45, 2019




Panorama della mostra La bellezza per la bontà, l'arte aiuta la vita
27 novembre (inaugurazione ore 18) - 12 dicembre 2021
Sede della Comunità Greco-Orientale di Trieste
www.premiobonta.it

Ventiduesima edizione della mostra organizzata a favore del Premio alla Bontà Hazel Marie Cole onlus, istituito da Aldo e Donatella Pianciamore, introdotta dalla curatrice Marianna Accerboni. Alla rassegna, accompagnata da un esaustivo catalogo, prendono parte 33 artisti tra pittori triestini, di altre città italiane e stranieri.

Espongono: Alda Baglioni, Paolo Barducci, Donatella Bartoli, Nadia Bencic, Diana Bosnjak Monai, Alessandro Calligaris, Giorgio Cappel, Luisia Comelli, Bruna Daus Medin, Elsa Delise, Arturo D'Ascanio, Fulvio Dot, Tullio Fantuzzi Artu, Carla Fiocchi, Silva Fonda, Carolina Franza, Holly Furlanis, Paolo Giorio, Flavio Girolomini, Monica Kirchmayr, Paola Martinella, Giulia Noliani Pacor, Maria Pia Mucci, Marta Potenzieri Reale, Claudia Raza, Svyatoslav Ryabkin, Giancarlo Stacul, Erika Stocker Micheli, Marina Tessarotto, Fabrizio Vascotto, Meri Zanolla, Livio Zoppolato, Serena Zors. (Estratto da comunicato stampa)

Presentazione della edizione 2020




Studio per un bronzetto a carboncino e tecnica mista di cm. 50x70 della serie I Ritmi realizzato da Pino Corradini negli anni 2000 Opera in bronzo con alta cm. 100 denominata Ritmo 2 realizzata da Pino Corradini negli anni 2000 Opera in bronzo con altezza di cm 100 denominata Ritmo realizzata da Pino Corradini negli anni 2000 Pino Corradini
"La materia e il segno"


13 novembre (inaugurazione dalle ore 17) - 26 novembre 2021
Galleria Rettori Tribbio - Trieste

Personale dello scultore Pino Corradini, a cura dell'architetto Marianna Accerboni: in mostra una ventina di opere, tra bronzi per lo più inediti e bozzetti a pastello e tecnica mista. "Interpretando il mondo circostante e la vita attraverso la terza dimensione e il segno," - scrive Marianna Accerboni - "Pino Corradini, classe 1927, capodistriano di nascita e attivo a Trieste fin da giovane, ha costruito, mediante questa preziosa facoltà, la propria strada nel campo dell'arte. Dopo aver iniziato come pittore e proseguito anche come incisore, attività svolte dal 1950, all'inizio degli anni Settanta imbocca la via della scultura, che compendia (e prepara) avvalendosi di un segno svettante e rapido, che ritroviamo nelle sue opere su carta esposte in mostra e realizzate a carboncino e tecnica mista una decina di anni fa.

Altrettanto essenziali sono i suoi lavori recenti in bronzo, materia che l'artista domina con grande professionalità e sicurezza, affidando al lessico espressionista il proprio messaggio. Affinatosi negli anni Cinquanta grazie alla frequentazione della Scuola Libera di figura del Museo Revoltella sotto la guida prima di Edgardo Sambo e poi di Nino Perizi, della Scuola Libera dell'acquaforte Carlo Sbisà e dell'Accademia estiva di Salisburgo (fondata da Oskar Kokoschka nel '53) sotto la direzione dello scultore di origini capodistriane Oreste Dequel, Corradini dimostra di aver accolto quella lezione che nel Novecento, a livello internazionale, ha letteralmente liberato il segno e le forme dall'identificazione tautologica con il reale.

Per lasciare spazio agli artisti più sensibili e maturi di esprimersi senza costrizioni, al di là della visione consueta. Dinamismo e luce sono due aspetti che incontriamo nelle sue sculture perchè le forme create dall'artista sembrano anelare con slancio verso nuovi mondi, nuovi miti, nuovi orizzonti, coadiuvati in tale propensione dal bronzo che si fa appunto luce, sapientemente lucidato in questo senso e a questo fine.

Rimanendo aderente a una personale interpretazione armonica ed equilibrata dell'onda espressionista che ha invaso parte degli atelier degli scultori del Novecento, da Matisse a Picasso, da Boccioni a Modigliani, a Brancusi ed Henry Moore, lontano dai miti e dagli esempi, l'artista ha dimostrato sempre di saper comporre un colto linguaggio espressivo personale, che rimarrà testimonianza indelebile di un'epoca e della sua cultura visiva, attestandosi" - conclude il critico - "sulla cifra dell'eleganza e di una misura sobria e convincente, che lo colloca tra i migliori professionisti della terza dimensione della nostra area del Nord Est".

Immagini (da sinistra a destra):
1. Pino Corradini, Studio per un bronzetto della serie I ritmi, carboncino e tecnica mista cm. 50x70, anni 2000
2. Pino Corradini, Ritmo 2, bronzo h. cm. 100, anni 2000
3. Pino Corradini, Ritmo, bronzo h. cm 100, anni 2000




Dipinto olio su tela di cm 20x50 denominato Notturno realizzato da Fabio Colussi nel 2015 Fabio Colussi
La Serenissima


24 ottobre (inaugurazione ore 12.00) - 12 novembre 2021
Galleria d'arte contemporanea Ghetto Et Cetera - Venezia
www.ghetto-etcetera.com

Mostra personale del pittore triestino Fabio Colussi, curata dell'arch. Marianna Accerboni. In mostra venti oli su tela e cartone telato realizzati tra il 2013 e il 2021.

Immagine:
Fabio Colussi, Notturno, olio su tela cm 20x50, 2015




Dipinto ad acquerello di cm 31x22 denominato Il Fotografo realizzato da Leonor Fini negli, anni '60, collezione privata Trieste Foto di Leonor Fini a Parigi negli anni Cinquanta Dipinto a olio su tela di cm 25.8x34.8 denominato Patisseries realizzato da Leonor Fini nel 1929 Leonor Fini. Memorie triestine
06 ottobre (inaugurazione) - 04 novembre 2021
Istituto Italiano di Cultura di Parigi

Mostra organizzata dall'Istituto italiano di cultura di Parigi nel 25esimo anniversario dalla scomparsa di Leonor Fini. In occasione del vernissage, la curatrice della mostra, l'Architetto Marianna Accerboni presenterà le sue scelte espositive. Seguirà un concerto al pianoforte di alcune composizioni surrealiste inedite create dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni e ispirate all'artista.

L'esposizione inaugura un ciclo di manifestazioni dedicate alla città giuliana, intitolato "Insaisissable Trieste", l'evanescente, sfuggente Trieste. Tali appuntamenti prevedono l'11 ottobre l'incontro "Sguardi su Trieste" con gli scrittori Dušan Jelincic, Pino Roveredo, Piero Spirito e Mary Barbara Tolusso; il 20 "Trieste città scientifica" con Luca Caracciolo, direttore di Limes, Stefano Ruffo, direttore della Sissa, e Atish Dabholkar, direttore ICTP; il 25 un approfondimento su Biagio Marin, poeta vernacolare, con i musicologi Laurent Feneyrou e Pietro Milli, che presentano la sua opera tradotta per la prima volta in francese; il 27 la proiezione de "Lo stadio di Wimbledon", girato a Trieste e introdotto dal critico letterario Fulvio Senardi. Nell'occasione l'Istituto Italiano di Cultura di Parigi ha editato anche un elegante ed esaustivo catalogo della mostra. (Estratto da comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Leonor Fini, Il fotografo, acquerello cm 31x22, anni '60, coll. privata, Trieste
2. Leonor Fini a Parigi negli anni Cinquanta
3. Leonor Fini Patisseries, olio su tela cm 25.8x34.8, 1929, coll. privata

Presentazione della mostra di Leonor Fini a Trieste (26 giugno - 19 settembre 2021)





Dipinto a olio su tavola di centimetri 50x70 denominato Controluce su Fiori di Campo realizzato da Bruna Naldi nel 2021 Dipinto a olio su tela di cm 40x50 denominato Genzianelle realizzato da Bruna Naldi nel 2021 Bruna Naldi
"Fiori"


19 agosto (inaugurazione ore 19.00) - 01 settembre 2021
Sala Comunale d'Arte - Trieste

Mostra personale della pittrice triestina Bruna Naldi, che sarà introdotta sul piano critico dall'arch. Marianna Accerboni. Esposta più di una ventina di opere realizzate di recente a olio su tavola. "La poesia non si esprime soltanto attraverso le parole, ma anche attraverso le immagini: è il caso" - scrive Marianna Accerboni - "di Bruna Naldi, artista triestina dal ricco curriculum espositivo con alle spalle un'attività più che ventennale, che dipinge opere intrise di luce e spesso dorate dal sole, dedicate esclusivamente ai fiori. Dai quali emana un messaggio estremamente positivo, quasi un elegante inno alla vita scritto con il pennello. Che la Naldi sa usare molto bene, essendosi affinata, attraverso la frequentazione di più scuole, anche se di recente nella sua pittura si è fatto strada uno stile più libero e morbido, come se la pittrice si fosse emancipata un po' alla volta da qualsiasi tipo d'influenza.

L'accuratezza del gesto pittorico, il senso poetico, la misura intesa come rapporto armonico fra le parti e la valenza luministica rappresentano dei fattori costanti nei lavori dell'artista che, mediante l'uso di sapienti velature, sa donare ai suoi fiori una trasparenza sempre più accentuata. Naturalmente ciò comporta un notevole impegno di tempo poiché la Naldi impiega all'incirca un mese per portare a compimento un'opera, pur lavorando a più dipinti contemporaneamente. In mostra incontriamo, tra le altre, delle composizioni di ellebori bianchi di notevole esecuzione e finezza compositiva, dei fiori di glicine e delle peonie dallo slancio vivo e interessante e delle viole di grande intensità, mentre anche le composizioni di fiori di campo trovano nelle tele più recenti un rinnovato vigore compositivo.

Nell'ottica, consueta a quest'artista, di dipingere senza risparmiarsi secondo le regole cardine della composizione tradizionale - sempre aperta però a nuove soluzioni -, sottolineate dalla sua capacità di far scaturire da accostamenti cromatici brillanti la luce. Fattore questo che ha rappresentato fin dal passato più remoto un elemento fondamentale della pittura di qualità e che, nel caso della Naldi, ha contribuito all'attribuzione alla sua attività artistica di numerosi premi e riconoscimenti."

Immagini (da sinistra a destra):
1. Bruna Naldi, Controluce su fiori di campo, olio su tavola cm. 50x70, 2021
2. Bruna Naldi, Genzianelle, olio su tela cm. 40x50, 2021




Cartolina realizzata da Leonor Fini Dipinto ad acquerello su carta di cm 26x34 realizzato da Leonor Fini denominato Gatto Seduto Incontro su "Leonor Fini, Dorfles e Nathan. Grafia a confronto"
13 agosto 2021, ore 18.30
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

Nell'ambito della mostra "Leonor Fini. Memorie Triestine". Interverrà, con la conduzione della curatrice Marianna Accerboni, Mauro Galli, già presidente dell'Associazione Grafologica Italiana - Sezione di Trieste. Autore di analisi della scrittura e grande viaggiatore, Galli parlerà della personalità della Fini, esaminata attraverso la sua grafia in rapporto alle grafie e al temperamento degli amici artisti Nathan e Dorfles, la cui analisi è esposta in mostra.

Nel corso dell'appuntamento verranno infatti messe a confronto le analisi dettagliate e scientifiche della scrittura di questi tre pittori visionari, molto rappresentativi del milieu artistico culturale della Trieste degli anni Venti: città allora avanzatissima e cosmopolita, in cui la Fini si formò a stretto contatto con alcuni triestini suoi coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale come, oltre a Dorfles e Nathan, il futuro gallerista Leo Castelli, Bobi Bazlen, il grande traghettatore della letteratura dell'Est europeo in Italia, Svevo e Umberto Saba. L'appuntamento conferma le principali finalità della rassegna: decrittare l'intenso legame della Fini con la sua città e l'importanza della sua formazione culturale e artistica in tale contesto; rappresentare anche un approfondimento sul clima culturale della Trieste del Novecento. (Estratto da comunicato ufficio stampa Studio Pierrepi)

Immagini (da sinistra a destra)
1. Cartolina opera di Leonor Fini, Le prestidigitateur, senza data
2. Leonor Fini, Gatto seduto, acquerello su carta di cm 26x34




Leonor Fini segreta
Nel ricordo inedito delle cugine triestine Lilly e Annamaria Frausin


23 luglio 2021, ore 18.30
Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste

Nell'ambito della mostra "Leonor Fini. Memorie Triestine", Lilly Frausin e Annamaria Frausin Sadar, cugine triestine della pittrice e uniche parenti della Fini, verranno intervistate dalla curatrice Marianna Accerboni per svelare, in un racconto inedito, gli aspetti più personali del suo temperamento e di una vita d'eccezione. La dimestichezza di Lilly e Annamaria Frausin nei confronti dell'artista era dovuta anche al fatto che la loro madre, Mary, oltre ad essere una parente di Leonor, era molto amica sia della mamma della pittrice, Malvina, sia delle stessa Leonor, che si recava molto spesso a trovare nella sua casa di Parigi, dove la pittrice viveva in un singolare ménage a trois con Costantin Jelenski, scrittore e giornalista polacco incontrato a Roma nel '52, e con il nobile Stanislao Lepri, diplomatico italiano, che per lei rinunciò alla carriera, e pittore surrealista, conosciuto nel 1941. Mary Frausin riceveva spesso degli affettuosi doni da Leonor e intrattenne con lei un fitto contatto epistolare durato anni. (Estratto da comunicato stampa)




Locandina della mostra dedicata a Leonor Fini a Trieste 2021 Leonor Fini
Memorie Triestine


26 giugno (inaugurazione ore 21) - 22 agosto 2021 (prorogata fino al 19 settembre 2021)
Polo museale del Magazzino 26 (Porto Vecchio di Trieste)

A 25 anni dalla morte di Leonor Fini, pittrice surrealista, ma anche costumista, scenografa, incisore, illustratrice e scrittrice di fama e frequentazioni internazionali, a Trieste la mostra multimediale di pittura, luce, musica e percezione olfattiva, propone una rilettura del tutto inedita della personalità e della creatività dell'artista (Buenos Aires 1907 - Parigi 1996), analizzando il suo intenso e fondamentale rapporto con la città d'origine della madre. Trieste appunto, dove Malvina Braun condusse la figlia all'età di un anno e dove Leonor si formò sul piano artistico culturale e su quello umano e personale fino all'età di circa vent'anni, rimanendovi sempre molto legata.

Ideata e curata sul piano critico da Marianna Accerboni, la rassegna è promossa dall'Associazione Foemina APS in coorganizzazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste, in collaborazione con la Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Laveno-Mombello (Varese) e il MIDeC - Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno-Mombello e la Media partnership del quotidiano Il Piccolo/GEDI Gruppo Editoriale.

Grazie a una ricca sequenza di testimonianze per la maggior parte inedite e rare (disegni, dipinti, acquerelli, incisioni di Leonor, porcellane decorate e bozzetti per le stesse, documenti, libri, affiche, lettere, foto, video interviste, abiti appartenuti all'artista e a un approfondimento sul piano letterario e grafologico della sua personalità), l'esposizione rivela, attraverso un totale di circa 250 pezzi, oltre al risvolto più intimo e privato della Fini, anche un approfondimento sul clima culturale della Trieste del Novecento. Una città allora avanzatissima e cosmopolita, sospesa tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, dove Leonor visse nella casa materna, sempre in compagnia di un gatto, che sarebbe divenuto poi il leitmotiv principe della sua arte.

La sua personalità si formò così a stretto contatto con quel colto milieu internazionale e d'avanguardia che connotava la città all'epoca, nel cui contesto la giovane pittrice ebbe modo di frequentare assiduamente personaggi triestini suoi coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale. Tra questi, per esempio, il futuro gallerista Leo Castelli, il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, il grande traghettatore della letteratura dell'Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba. Di particolare interesse, in mostra, sono il video con le interviste inedite della curatrice sulla Fini a Dorfles, a Daisy, la sorella di Nathan, e ad altri personaggi che la conobbero, e la sezione dedicata alle porcellane e alle terraglie forti decorate con decalcomanie tratte dai disegni di Leonor, finora mai citate nei numerosi cataloghi dedicati all'artista.

Dopo Trieste, la rassegna - già presentata con successo all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, dove la Fini è molto nota, essendo stata legata ai Surrealisti francesi, il cui linguaggio vanta in Belgio protagonisti internazionali quali Magritte e Delvaux - sarà allestita dal 7 ottobre al 12 novembre all'Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Città in cui la pittrice, l'Italienne de Paris, come veniva chiamata in Francia, si era trasferita appena ventitreenne, guadagnando rapidamente largo consenso e rimanendovi fino alla morte. Come nelle altre sedi, la vernice sarà sottolineata da una performance multimediale di luce e musica e, a Trieste, anche olfattiva, ispirata alla Fini e creata site specific da Accerboni.

Sarà realizzata una macroproiezione luminosa, mentre verranno eseguite da Sara Zoto alla viola, alcune composizioni surrealiste inedite create dal musicista italo-brasiliano Paolo Troni, ispirate a Leonor e concepite espressamente per la rassegna, che saranno quindi diffuse quale colonna sonora all'interno della sede espositiva durante tutta la durata della mostra. In occasione della rassegna è stato inoltre creato un profumo in edizione limitata dedicato all'artista e ispirato alla sua complessa personalità. Intitolata Lolò, il soprannome con cui i famigliari e gli amici la chiamavano a Trieste nel suo periodo giovanile, la fragranza, impreziosita da glitter in riferimento alla luminosità della sua pittura, verrà diffusa in mostra durante tutto il periodo espositivo, rappresentandone la “colonna olfattiva” e per tutte le signore ci sarà un piccolo cadeau con il profumo.

La mostra si situa in un ciclo di manifestazioni, ideato e curato da Accerboni e dedicato a personaggi internazionali della cultura triestina del '900, iniziato con la mostra Arturo Nathan. Silenzio e luce, concepita per celebrare il pittore anglo-indo-triestino, grande amico di Leonor e di Dorfles, e proseguito con l'Incontro multimediale con Umberto Saba per ricordare il centenario dell'inizio dell'attività a Trieste della libreria di uno dei maggiori poeti italiani del '900, e con la mostra Il segno rivelatore di Gillo, dedicata al grande critico e pittore triestino.

Il percorso prosegue ora a Trieste con la mostra sulla Fini, che poi si trasferirà a Parigi, per testimoniare anche il particolare milieu culturale d'avanguardia e cosmopolita della Trieste del primo Novecento e tra le due guerre. Nathan, Saba, Dorfles e la Fini sono infatti delle personalità che negli anni Venti e Trenta si conobbero e si frequentarono a Trieste assieme a Bobi Bazlen, Leo Castelli e Svevo, prima di decollare verso l'internazionalità. Tutte le manifestazioni del ciclo presentano un'impronta multimediale, proponendo a ogni inaugurazione una diversa performance di luce e musica, creata da Accerboni site specific per ogni sede.

In mostra sono presenti un'ottantina tra disegni, acquerelli, oli, chine e incisioni e un rarissimo libro, un Carnet des chats edito nel 1972 dalla Galleria Lambert Monet di Ginevra e contenente 49 riproduzioni di straordinari disegni realizzati con pennarelli colorati, in cui la Fini reinterpreta in chiave favolistica la figura del gatto - che lei considerava una sorta di divinità -, trasformando i felini nei personaggi più disparati, come in una sorta di inesauribile, magico racconto fantastico. Il volume è il primo esempio di quell'attività grafica per l'editoria a tema felino, cui l'artista si dedicò negli anni '70, attività di grafica libraria che si sarebbe poi diradata negli anni '80.

Le opere esposte sono quasi tutti lavori donati dalla pittrice agli amici e ai parenti triestini più cari e perciò si tratta di lavori particolarmente significativi e in gran parte inediti. Tra i pezzi esposti compaiono per esempio quelli donati da Leonor alla cugina triestina Mary Frausin, cui la pittrice era legatissima, e quelli scelti a suo tempo per la propria collezione privata da Eligio Dercar, il gallerista di fiducia della Fini a Trieste, che ogni anno si recava nell'abitazione parigina dell'artista per acquistare numerosi suoi lavori.

In mostra anche la ricca collezione di opere - molte fuori commercio e prove d'autore - regalate all'amico triestino Giorgio Cociani, al quale la pittrice era unita dalla passione per i gatti e con il quale aveva intrattenuto per circa vent'anni una fitta corrispondenza. E quasi una trentina fra lettere e cartoline inedite, spesso “istoriate” dalla pittrice con disegni e collage, inviate a Cociani, vengono ora esposte accanto a importanti e rari libri d'arte a lei dedicati, affiche di sue prestigiose personali, documenti, foto e a una vasta e pluridecennale rassegna stampa italiana e straniera, che sarà consultabile in mostra dai visitatori. Presenti inoltre alcune lettere di Nathan, alcuni stralci di lettere di Gillo Dorfles, altra corrispondenza e vari preziosi capi d'abbigliamento appartenuti alla Fini.

Lungo il percorso espositivo sono messi in dialogo anche tre dipinti molto importanti: uno della Fini, uno di Nathan e uno di Dorfles, a testimoniare simbolicamente la loro affinità elettiva, la pittura introspettiva e visionaria che li accomunava e la loro grande amicizia. Nella stessa ottica di approfondimento e comparazione delle tre personalità, sarà esposta un'indagine grafologica dei tre artisti, corredata di grafici ed eseguita da Mauro Galli dell'Associazione Grafologica Italiana - Sezione di Trieste, accanto a un'analisi sullo stile epistolare degli stessi, a cura di Cristina Benussi, già preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo giuliano.

Di grande interesse anche la sezione che comprende una ventina di rare porcellane e terraglie forti e bozzetti con motivo di figure femminili mascherate e maschere carnevalesche policrome, decorate intorno al '51 mediante decalcomanie tratte da disegni della Fini per la Società Ceramica Italiana (S.C.I.) di Laveno-Mombello (Varese) e messe in gran parte a disposizione da vari collezionisti, tra cui Enrico Brugnoni, Marco Lisè e Vincenzo Sogaro: una vera chicca, poiché finora tali manifatture non sono mai state citate nei numerosi cataloghi dedicati all'artista.

A completare il percorso ci saranno anche un video con le interviste inedite della curatrice a parenti e amici triestini della Fini, tra cui Gillo Dorfles e Daisy Nathan, sorella del pittore, e un video con l'ultima intervista in italiano alla celebre pittrice. Nell'ambito del progetto espositivo verrà editato dall'Istituto Italiano di Cultura di Parigi un volume, curato da Accerboni, in cui saranno pubblicate le opere esposte, il carteggio inedito con l'amico triestino Giorgio Cociani e con altri personaggi e un approfondimento ragionato sui temi sviluppati nell'esposizione.

- Appuntamenti collaterali nella sala Lelio Luttazzi ideati, curati e condotti da Accerboni (inizio ore 18.30)

.. 02 luglio: Un profumo per Leonor
  Grazie a un'originale scenografia olfattiva, coadiuvata da un supporto musicale, che coinvolgerà il pubblico attraverso più sensorialità, verrà presentato il profumo Lolò, realizzato da un'idea di Accerboni da Angela Laganà, biologa cosmetologa e ceo dell'omonima storica azienda italiana di ricerca avanzata nel mondo della bellezza e del lifestyle di lusso.

.. 09 luglio: Le misteriose porcellane di Leonor
Maria Grazia Spirito, già direttrice del MIDeC - Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno Mombello (Varese), illustrerà le rarissime porcellane e ceramiche forti decorate con le decalcomanie tratte dai disegni della Fini, prodotte dalla Società Ceramica Italiana della cittadina lombarda ed esposte in mostra.

.. 14 luglio: La penna visionaria di Leonor Fini, Gillo Dorfles e Arturo Natanh
Cristina Benussi, già preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Trieste, parlerà degli stili epistolari (esposti in mostra) di Nathan e di Dorfles in rapporto a quello di Leonor, che fu anche un'originale scrittrice. 

.. 23 luglio: Leonor segreta
Lilly Frausin e Annamaria Frausin Sadar, cugine della Fini e uniche parenti della pittrice ancora in vita, intervistate dalla curatrice, racconteranno Leonor.  

.. 30 luglio: Incontro con Cristina Battocletti
  Cristina Battocletti, scrittrice, giornalista de Il Sole 24 Ore, esperta di cultura del Nord Est e di quella triestina in particolare, parlerà sul tema Leonor Fini, Bobi Bazlen, Gillo Dorfles e gli altri nel clima culturale d'avanguardia della Trieste degli anni Venti. Nell'occasione verrà presentato, in anteprima per Trieste, il suo ultimo libro intitolato Giorgio Strehler. Il ragazzo di Trieste. Vita morte e miracoli (La nave di Teseo). 

.. 04 agosto: Leonor racconta...
Lettura scenica di testi di Leonor Fini, voce recitante Roberta Colacino

..13 agosto: Leonor Fini, Gillo Dorfles e Arturo Nathan. Grafie a confronto
Mauro Galli, già vicepresidente dell'Associazione Grafologica Italiana - sezione di Trieste, parlerà della personalità della Fini esaminata attraverso la sua scrittura in rapporto alle grafie e al temperamento degli amici Nathan e Dorfles, la cui analisi è esposta in mostra.

.. 20 agosto: Premiazioni
Premio di pittura a una giovane promessa dell'arte, Premio per la migliore illustrazione ispirata all'opera della Fini, che fu anche una raffinata illustratrice, e premiazione del Concorso per bambini per la migliore interpretazione della figura del gatto, personaggio cardine della creatività di Leonor.

- Appuntamenti collaterali nella sala espositiva (inizio ore 18.30)

.. 21 luglio dalle 18 alle 21 avrà luogo un laboratorio d'illustrazione per adulti

.. 22 luglio dalle 17 alle 20 un laboratorio di fumetto (9 -14 anni) con Paola Ramella, disegnatrice triestina di fama internazionale e titolare della Scuola Zerocinque.

Nata a Buenos Aires nel 1907 da padre di origini beneventane e madre triestina di origine tedesca, Leonor Fini si formò artisticamente nei primi vent'anni della sua vita nel fervido e vivace milieu culturale della Trieste dell'epoca, sospeso tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, a contatto con personalità di livello internazionale. Nella sua città, in cui nel 1969 il Gruppo giuliano cronisti le avrebbe conferito il San Giusto d'Oro, aveva stretto grande amicizia con i pittori Arturo Nathan, Carlo Sbisà ed Edmondo Passauro, ritrattista e pittore di figura che in quegli anni influenzò notevolmente la sua ispirazione e la sua maniera.

Dopo aver raffigurato, secondo uno stile ancora sul filo della tradizione, personaggi eminenti della città giuliana, a Milano Leonor assimilò l'influenza novecentista grazie all'incontro con il classicismo di Achille Funi e con il tonalismo di Carlo Carrà e Arturo Tosi. Trasferitasi nel 1931 a Parigi, abbandonò tale riferimento linguistico, per divenire in breve una delle più importanti, significative e raffinate rappresentanti del Surrealismo, in seguito anche al fatale contatto con pittori quali Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Filippo de Pisis, Massimo Campigli e con i Surrealisti d'oltralpe. Fu autrice di un lessico molto personale e pervaso d'inquietudine, assai apprezzato da critica e pubblico in un'epoca in cui non era facile per le donne operare nel campo dell'arte, a causa di molti pregiudizi.

Inseritasi nell'élite parigina, grazie anche all'amico scrittore e drammaturgo André Pieyre de Mandiargues e a de Pisis, venne presto a contatto con André Breton, poeta, critico d'arte e teorico del Surrealismo, e con il suo entourage, cui era accomunata dal piacere per la simbologia onirica e per il fantastico, che sapeva esprimere con delicatezza, grande personalità ed eleganza decorativa. Legatissima a Trieste e alla figura materna, Leonor, donna dai molti amori, mantenne comunque per quasi quarant'anni - secondo un personale concetto di fedeltà - una triangolazione affettiva stabile con il diplomatico e pittore Stanislao Lepri e con l'intellettuale polacco Kostantin Jelenski, con i quali condivise la propria abitazione parigina fino alla loro morte. Da allora si isolò volontariamente, ritirandosi più tardi in una fattoria a St-Dyé sur Loire, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel '96 a Parigi.

Oltre alle numerose e importanti esposizioni a lei dedicate in Belgio (1965), Italia (1983, 2005), Giappone (1972-'73, 1985-'86, 2005), USA (Weinstein Gallery, S. Francisco 2001-2002, 2006, 2008; CFM Gallery, New York 1997, 1999), Parigi ha ospitato sue importanti personali alla Galleria Minsky (dal 1998 al 2002, nel 2004 e 2007 e dal 2008 a oggi). In Germania è stata presente nel 1997-'98 al Panorama Museum di Bad Frankenhausen (Turingia).

In Italia sue opere si trovano al Museo d'Arte Moderna Revoltella di Trieste, Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea e Museo Mario Praz di Roma, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Massari di Ferrara. In Francia: a Parigi al Museo d'Arte Moderna della Città di Parigi, Centre Georges Pompidou e Teatro Nazionale dell'Opera; al Museo di Grenoble. Una mostra permanente e uno spazio rievocativo a lei dedicati sono ospitati dal 2008 al Museo-Hospice Saint-Roch di Issoudun in Francia. È presente in Belgio al Museo d'Arte Moderna di Bruxelles, in Svizzera al Museo di Arte e Storia di Ginevra, in Inghilterra alla Tate Modern di Londra, in Giappone al Miyazaki Prefectural Art Museum di Miyazaki, negli Stati Uniti all'Art Institute di Chicago. (Estratto da comunicato stampa)

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Mostre su Trieste




Premio alla Bontà Hazel Marie Cole
La bellezza per la bontà, l'arte aiuta la vita


21esima edizione, 02 novembre (inaugurazione ore 17) - 15 novembre 2020
Sala Xenia (ex Sala Giubileo) della Comunità Greco-Orientale di Trieste

Mostra organizzata a favore del Premio, istituito da Aldo e Donatella Pianciamore, introdotta dalla presidente Etta Carignani e dalla curatrice Marianna Accerboni. Alla rassegna, accompagnata da un esaustivo catalogo, prendono parte 26 artisti tra pittori triestini, di altre città italiane e stranieri. L'esposizione è a ingresso libero e si svolgerà nel rispetto della normativa Covid-19. Successivamente la presentazione sarà disponibile sul sito del Premio.

Espongono: Alda Baglioni, Paolo Barducci, Donatella Bartoli, Nadia Bencic, Diana Bosnjak Monai, Valerie Bregaint, Alessandro Calligaris, Giorgio Cappel, Luisia Comelli, Nora Carella, Elsa Delise, Fulvio Dot, Carla Fiocchi, Carolina Franza, Holly Furlanis, Nadia Moncheri, François Piers, Marta Potenzieri Reale, Svyatoslav Ryabkin, Carlo Sini, Giancarlo Stacul, Erika Stocker Micheli, Valentina Verani, Mery Zanolla, Livio Zoppolato, Serena Zors.

La Onlus è un'iniziativa spontanea nata per istituzionalizzare e non interrompere gli atti di bontà che Hazel Marie Cole elargiva in tutta autonomia nel corso della sua vita. Ingegnere aereonautico, nata a Southampton (Inghilterra), ha operato principalmente in Gran Bretagna, USA, Canada e in Italia (Milano, Roma e Trieste). L'attività del Premio alla Bontà Hazel Marie Cole si svolge su tre linee d'intervento: la prima premia atti di bontà compiuti da ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado, la seconda concede aiuti economici (pocket money) ai ragazzi provenienti da paesi poveri, vincitori della borsa di studio per il Collegio del Mondo Unito di Duino, la terza, dispone riconoscimenti economici a chi aiuta persone non autosufficienti. Finora sono stati assegnati 392 premi afferenti alle tre linee su tutto il territorio nazionale.

"Bontà e bellezza" - scrive Marianna Accerboni - "s'intrecciano in questa iniziativa, che premia la generosità e l'altruismo nel ricordo di Hazel Marie Cole, straordinaria figura di mecenate inglese, la quale fece di tali doti il proprio stile di vita. Al di là del precipuo fine benefico, la rassegna, giunta quest'anno alla ventunesima edizione, ha il pregio di riassumere attraverso le opere di 26 artisti, realizzate secondo tecniche diverse - dalla pittura a olio all'acrilico, alla tecnica mista, alla tempera, dall'acquarello all'incisione, all'assemblage combine painting - un panorama attraente e variegato del lessico artistico contemporaneo a Trieste, in Italia e all'estero. Gli artisti presenti seguono per la maggior parte due percorsi creativi: i più sono orientati a un'interpretazione della realtà arricchita sovente da suggestioni oniriche, fantastiche, simboliche, metafisiche e surreali, altri seguono invece il filone narrativo, legato alla figurazione tradizionale.

Al primo gruppo appartengono la fantastica, magica creatività di Serena Zors, che attinge al mondo dei sogni e dell'inconscio la propria personalissima pittura, nata dall'esigenza di una fuga dal reale in favore di un immaginario salvifico, e l'universo surreale di Paolo Barducci, che trae dalla memoria una fresca e convincente linfa creativa, arricchendola di elementi luminosi che aggiungono alla sua arte un tocco di divertissement. Con la consueta classe Fulvio Dot immagina e rappresenta con felice sintesi ed eleganza il concetto non ottimista di 'Distopia', che, da valente architetto artista, sa opportunamente rappresentare e identificare in un palazzo. Al sogno fanno capo anche l'apprezzabile tratto pittorico del pittore ucraino Svyatoslav Ryabkin, autore di una poetica rappresentazione fantastica, che trae metaforica ispirazione dal mondo naturale, e l'artista austriaca Erika Stocker Micheli. Attiva ormai da decenni a Trieste con una pittura d'avanguardia che coniuga spesso, sapientemente, arte e medicina, presenta in quest'occasione un acrilico intriso di interessanti significati simbolici.

Onirico e di grande e consona eleganza interpretativa è poi l'acquerello della goriziana Meri Zanolla dedicato a Circe. Diana Bosnjak Monai,originaria di Sarajevo, libera il proprio inconscio dai fantasmi del passato attraverso una pittura molto efficace e intensa sotto il profilo cromatico e segnico. La pittrice francese Valérie Brégaint propone invece con sensibilità concettuale elementi simbolici e allusivi all'immagine, come fossero sogni leggeri, sospesi tra gestualità, segno, materia e un delicato cromatismo. Il sentiero espressionista viene percorso con originale e apprezzabilissima cadenza in un assemblage combine painting (uso del colore mixato a oggetti d'uso come la fotografia) da Alda Baglioni, architetto milanese attiva a Trento, che propone un'immagine del passato felicemente attratta in un raffinato vortice vitale, in cui il concetto di kínesis (movimento) si sposa felicemente con la sua passione per il cinema.

Prosegue lungo il sentiero espressionista il pittore triestino Alessandro Calligaris, che interpreta con libero slancio vitale il concetto di paesaggio, implementandolo attraverso un intervento materico che dona ulteriore profondità e respiro all'opera. La medesima libertà espressiva s'incontra nel rapido e brillante ricordo di viaggio di Nadia Bencic. Al paesaggio sono dedicati anche l'olio di delicata stesura del milanese Carlo Sini, la poetica tecnica mista densa di soffuse atmosfere del pittore di origine istriana Livio Zoppolato e la raffinata stesura ad acquerello di un paesaggio nordico, composta con istintiva maestria dal pittore belga Francois Piers, che sa rappresentarlo attraverso delicate sfumature cromatiche e che ha al suo attivo la partecipazione a prestigiosi eventi di livello internazionale.

Al linguaggio espressionista figurativo si riferiscono, attraverso un'intensa valenza cromatica e un segno incisivo, i luminosi dipinti di Luisa Comelli Luis e di Donatella Bartoli. Il paesaggio è ancora presente nel minimalismo figurativo di Giorgio Cappel, nella brillante e nel contempo poetica rappresentazione della Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli della monfalconese Carla Fiocchi e nell'originalissimo assemblaggio volumetrico realizzato a tecnica mista da Elsa Delise. La natura morta trova una rappresentazione molto alta nell'acrilico di Marta Potenzieri Reale e il tema sacro nell'elegantissima icona contemporanea di Carolina Franza. Nora Carella, la maestra del ritratto, è presente con un dipinto espressionista di grande forza, Holly Furlanis con una vivace scena d'ispirazione campestre, Valentina Veranì, erede del maestro Milko Bambic, con un brillante collage dedicato al calcio. Giancarlo Stacul propone un'opera di grande, ironica finezza concettuale e - last but not least - Nadja Moncheri presenta un acrilico dedicato, ispirato, attraverso una felice sintesi cromatica e segnica, alla natura".




Dipinto a pastello di cm 40x59 realizzato nel 2020 da Livia Bussi nel 2020 denominato Il Vicolo Dipinto a pastello di cm 38x48 realizzato nel 2020 da Livia Bussi denominato Madre e Figlio Dipinto a pastello di cm 39x59 realizzato nel 2020 da Livia Bussi denominato Sera nella Piazzetta Livia Bussi: "Frammenti"
17 ottobre (inaugurazione ore 17) - 30 ottobre 2020
Galleria Rettori Tribbio - Trieste

Personale della pittrice Livia Bussi, introdotta dall'arch. Marianna Accerboni. In mostra una trentina di opere inedite realizzate a pastello nel 2020. "Schiva e onirica," - scrive Marianna Accerboni - "ritorna sulla scena espositiva la pittrice triestina Livia Bussi con un corpus di opere del tutto inedite, realizzate a pastello nel 2020. Un'atmosfera silente, eppure vibrante di vita, caratterizza i delicati lavori su carta, in cui l'artista racconta se stessa e lascia intravvedere con la consueta discrezione le proprie emozioni. Una poetica malinconia e tanta dolcezza pervadono le immagini come una carezza cromatica in cui la luce, sapientemente modulata dalla sensibilità dell'artista, crea un contrappunto capace di generare un notevole pathos nel fruitore. Il racconto della Bussi pone spesso l'uomo di fronte al mare, che rappresenta l'infinito, ma anche la fuga e l'anelato ritorno.

L'Istria dell'infanzia con i suoi borghi intatti nel tempo e nella memoria, riappare con la sua voce antica e una natura rigogliosa, silente e amica, il cui ricordo s'intreccia con quello delle coste liguri e tirreniche. Le figure e l'atteggiamento degli esseri umani che popolano il paesaggio suggeriscono uno stato d'animo un po' rassegnato, che trova tuttavia serenità e consolazione nell'intimità dei rapporti con i propri simili e con la natura stessa. Il mare che brilla, attraverso un chiaroscuro accentuato, alla luce del sole o della luna rappresenta, là in fondo, una speranza, una via d'uscita, una luce che ci salverà, quando saremo saliti su quella nave ammiccante che sfila attraverso le case lungo il porto. Elegantemente surreale, sottilmente magica e nel contempo autobiografica e forse liberatoria, la pittura della Bussi ci conduce in quell'empireo o limbo che si situa fra la nostra coscienza e la realtà, quasi una meditazione zen per esorcizzare il male e sperare ancora di poter andare verso la luce.

Un simbolismo iconico accompagna la sua arte, come un canto delle sirene, ammaliante, seducente, quasi terapeutico, come se in un contesto atarassico il male si potesse smorzare e tradurre nella luce. Sembra di entrare nel mondo dei Nabis, artisti che tra fine Ottocento e inizio Novecento percorsero la strada del Simbolismo, interpretando in modo molto personale, attraverso un'accentuata flessuosità della linea e una notevole morbidezza cromatica, il lessico simbolista e dedicandosi anche alle arti applicate, come fece pure la Bussi, che per un certo periodo si dedicò ai disegni per stoffe. Donando tuttavia una maggiore essenzialità al linguaggio Nabis, termine di origine ebraica, che non a caso allude ai profeti."

Immagini (da sinistra a destra):
1. Livia Bussi, Il vicolo, pastello cm. 40x59, 2020
2. Livia Bussi, Madre e figlio, pastello cm. 38x48, 2020
3. Livia Bussi, Sera nella piazzetta, pastello cm 39x59, 2020




Acquaforte acquatinta di cm 70x50 realizzata da Gianna Lampe nel 1987 denominata La Strada Ritratto del pittore Nino Perizi di cm 40x30 realizzato da Gianna Lampe nel 2002 Acquaforte acquatinta di cm 50x70 realizzato da Gianna Lampe nel 1989 denominata Tramonto Gianna Lampe
"La mia grafica"


13 ottobre (inaugurazione ore 18.30) - 31 ottobre 2020
Saletta Hammerle Editori - Trieste
www.hammerle.it

Mostra personale della pittrice Gianna Lampe, introdotta sul piano critico dall'architetto Marianna Accerboni. Esposta, in una sorta di antologica, oltre una ventina tra disegni realizzati a crayon e incisioni accanto a un olio, eseguiti tra gli anni Ottanta e oggi.

"Sensibile, colta, amante della musica, un po' timida, - scrive Marianna Accerboni - Gianna Lampe ha percorso silenziosamente nella sua vita il dolce sentiero dell'arte, attratta - lei, così discreta e apparentemente semplice - da uno degli stili pittorici più aggressivi e spiazzanti del Novecento, l'espressionismo, appreso nei due anni trascorsi nel periodo giovanile a Monaco di Baviera. E, non a caso, anche il più introspettivo. Alla ricerca di comprendere meglio l'essere umano e se stessa, è riuscita a esprimersi con proprietà di linguaggio e talento nel raccontare, attraverso il graffio dei crayon, gli interni del suo luogo di lavoro, la casa di spedizioni Francesco Parisi di Trieste, del cui presidente ha dipinto a olio un ritratto perfetto; così come appare molto azzeccato quello del pittore Nino Perizi, di cui Lampe ha saputo cogliere il temperamento severo e un po' melanconico.

Sotto la guida del maestro, l'artista aveva seguito per anni la Scuola Libera di Figura del Museo Revoltella, dove si sono formati numerosi talenti cittadini. E, certamente, ha imparato bene la lezione, a giudicare dalla morbidezza e dalla delicata sensualità del nudo a crayon presentato in questa mostra e dalla qualità di quelli a tratto continuo eseguiti in varie acqueforti/ acquetinte: vi si palesa una sorta di sogno introspettivo, accanto a un'acuta riflessione sulla propria esistenza personale, realizzata secondo un'inclinazione, oltre che lievemente onirica, surreale. Creati tra gli anni Ottanta e Novanta, nel periodo in cui Lampe frequentava la Scuola libera dell'Acquaforte Carlo e Mirella Schott Sbisà, sono intitolati La notte, La strada, Il letto e rappresentano espressioni pittoricamente e graficamente originali del suo sentire, nitide e forti ma nel contempo delicate, quasi sommesse.

Un mondo interiore espresso attraverso immagini dal sapore poeticamente autobiografico con un taglio creativo personale e indipendente come appare anche nell'intenso Ritratto in blu, dalla complessa e riuscita realizzazione. Lavori che risultano dinamici e vitali, tutt'altro che statici, in particolare quando si tratta di architetture d'interni e di esterni, come la rappresentazione delle Chiese Luterana e di S. Nicolò dei Greci e del Palazzo della Prefettura di Trieste, della facciata del Duomo di Muggia e dei Caffè Tommaseo e San Marco. Meno "movimentate" appaiono invece le già citate grafiche intitolate La notte, La strada, Il letto, accomunate da un misterioso tocco rosso e da una notevole eleganza compositiva. Un'antologica gentile e interessante, che ci accompagna in punta di piedi, con la consueta discrezione, nel mondo di un'artista capace d'invenzioni di qualità e di un lirismo autobiografico non comune."

Gianna Lampe (Muggia) ha soggiornato per due anni in giovane età a Monaco di Baviera, dove ha visitato i ricchi musei e le importanti pinacoteche della città e scoperto la pittura impressionista con gli intensi accenti cromatici e la forte valenza del segno che l'hanno caratterizzata. Rientrata a Trieste, ha seguito per molti anni i corsi di Figura al Museo Revoltella sotto la guida del pittore Nino Perizi e la Scuola libera dell'Acquaforte sotto la guida di Mirella Schott Sbisà. In seguito ha frequentato lo studio del pittore Paolo Cervi Kervischer e la Scuola del Vedere diretta da Donatella Surian, nel cui ambito ha seguito i corsi dei maestri Claudio Mario Feruglio e Antonio Sofianopulo. Espone dal 1990 e ha al suo attivo la numerose collettive e 11 personali. È presente nel Dizionario degli Artisti di Trieste, dell'Isontino, dell'Istria e della Dalmazia dal 1996."

Immagini (da sinistra a destra):
1. Gianna Lampe, La strada, acquaforte acquatinta cm 70x50, 1987
2. Gianna Lampe, Ritratto del pittore Nino Perizi, cm 40x30, 2002
3. Gianna Lampe, Tramonto, acquaforte acquatinta cm 50x70, 1989




Dipinto ad acrilici di cm 7x88 realizzato nel 1986 da Ennio Cervi denominato Fossile Ritratto di Ennio Cervi in una foto di Ennio Demarin Dipinto ad acrilici e tecnica mista di cm 70x100 realizzato nel 2020 da Ennio Cervi denominato Sottile Linea Certa Opera in grafite di cm 29x23 realizzata nel 1961 da Ennio Cervi denominata Toro Aplomado Ennio Cervi. I disegni, la pittura
Franco Rosso Editore, pgg. 234, € 25,00

Presentazione volume
23 settembre 2020, ore 17.30
Circolo della Stampa di Trieste

Il volume riassume, attraverso numerosi testi e oltre 200 foto riprese dai fotografi Ennio Demarin e Gianni Mohor, più di settant'anni dell'attività di Cervi e rappresenta una memoria storica molto dettagliata dell'evoluzione del linguaggio artistico dell'architetto e pittore triestino dagli esordi, avvenuti a fine anni Quaranta, a oggi. L'architetto Marianna Accerboni, ideatrice e curatrice dell'incontro, presenta la monografia. Interventi del critico d'arte Giulio Montenero, del giornalista e scrittore Roberto Curci e Franco Rosso. Presente l'Artista. I posti sono limitati in base alle disposizioni anti Covid, prenotabili per telefono. L'incontro sarà trasmesso in diretta sul profilo Facebook del Circolo della Stampa (dove rimarrà sempre visibile) e successivamente inserito sul sito del Circolo stesso.

"L'accurato e ampio volume, che si apre con una presentazione dell'editore e un'introduzione di Giulio Montenero, il primo a stilare un testo critico sull'artista in occasione della sua prima mostra alla Sala Comunale d'arte di Trieste nel '63," - scrive Marianna Accerboni - "riassume, attraverso numerosi testi e oltre 200 foto di opere, riprese dai fotografi Ennio Demarin e Gianni Mohor, più di settant'anni della sua attività. E rappresenta una memoria storica molto dettagliata dell'evoluzione del linguaggio artistico dell'architetto e pittore triestino dagli esordi, avvenuti a fine anni Quaranta, a oggi: a partire dagli icastici disegni realizzati dal 1948, appena dodicenne, al 1954 a grafite, penna e china, tra cui compare un'efficace e sintetica raffigurazione del '48 dello scultore Marcello Mascherini mentre lascia il suo studio in sella alla Vespa assieme alla moglie Nera. Un disegno originale, nel cui ritmo transita, implicita, anche la memoria del Futurismo.

Dinamico ed essenziale, il segno di Cervi affronta poi con grande sicurezza numerose tematiche, da quella dantesca con l'iracondo Filippo Argenti a quella africana, alla musica, nel cui ambito appare molto apprezzabile l'esecuzione di una sonata per violino, a quella equestre e alla corrida d'ispirazione hemyngwaiana di Morte nel pomeriggio. Il segno invade anche i libri di testo usati al Liceo Petrarca e ampiamente "istoriati" dal pittore nei primi anni Cinquanta, per proseguire poi fino alla fine degli anni Novanta. Il tema sacro e quello classico, la battaglia, il toro, il pugilato, le figure muliebri e, ancora, la musica, la danza, le liaison sentimentali si susseguono alla ricerca della semplificazione della forma e dei volumi attraverso l'iterazione del segno, che appare sempre più deciso e sicuro.

Soluzioni espressive che Cervi riesce a comporre con grande naturalezza e precoce maturità, trovando istintivamente un felice equilibrio tra energia vitale e sintesi contemporanea, che dialogano felicemente, armoniche e nel contempo incisive. Alternandosi, a partire dagli anni Sessanta, con il soggetto amatissimo delle barche, delle reti, dei pesci e del mare, conosciuto e apprezzato fin da piccolo poichè Cervi era nato a Barcola, un quartiere di Trieste lambito dal mare, e grazie al nonno materno, che era stato comandante di nave ai tempi dell'Impero austroungarico. Di particolare interesse tra questi disegni appare un pesce che nel capoluogo giuliano viene chiamato angusigolo (in italiano aguglia) del 1962, che si staglia essenziale e dinamico mentre nuota in un mare immaginario e immaginato.

Un'opera questa, che fu utilizzata da Aurelia Gruber Benco per la copertina della rivista "Umana", da lei diretta in quegli anni, avendo la giornalista e intellettuale triestina apprezzato la particolare nitidezza del disegno. In questa fase Cervi alterna l'analisi, rappresentata da un fastello di segni che dettagliano appunto il tema, alla conseguente semplificazione del dato figurale, dotando spesso i suoi disegni di un sensibilissimo chiaroscuro dalla valenza evocativa. Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio del decennio successivo l'architetto artista inserisce nel suo disegno il colore, preludio all'attività pittorica vera e propria, testimoniata nella monografia dal 1959 a oggi.

Questa fase esprime l'anima più contemporanea di Cervi, insistendo ancora sui temi del toro, della natura e, in particolare, del mare, attraverso un raffinato cromatismo, allusivo - tra ombre e luci - al reale. E sottolineato ora spesso da una sobria ma eloquente sensibilità materica e da inattesi moti dinamici, resi più interessanti da improvvisi effetti di luce. Ed ecco gli ittiogrammi, espressi attraverso tracce semantiche che raccontano, con inclinazione criptica, il mistero e i segreti del mare. Acrilici, grafite, pastelli, tecnica mista sono i media usati dall'artista in pittura, teso sempre più a comporre un mondo essenziale nelle linee e nei colori. E in tale ambito pittorico s'inserisce, dopo i primi anni Duemila, il senso dell'architettura, capace di conferire un significato profondo, narrativo e icastico alla linea e al colore nel definire, con eleganti cromatismi, il paesaggio infinito."

Ennio Cervi (Trieste, 1936), si laurea in architettura a Venezia con Ignazio Gardella. Libero professionista, lavora inizialmente con il padre Aldo e negli studi del gruppo Boico-Cervi-Frandoli-Nordio, soprattutto nell'ambito della cantieristica navale. È il periodo delle "navi bianche" (1949 - 1966) che escono dai cantieri navali di Trieste e di Monfalcone e in tale ambito ha modo di frequentare a Trieste artisti come Bergagna e Rossini, Sbisà, Mascherini, Predonzani, Righi, Sormani, Perizi e a Venezia Music, chiamati a decorare le navi con le loro opere. Contemporaneamente, dal '63, espone a livello nazionale e internazionale i propri lavori grafici e pittorici, allacciando un sodalizio con l'artista Livio Schiozzi e creando, fino a oggi, qualche migliaio di opere.

Presidente dell'Ordine degli Architetti nel biennio '76 - '78 e docente dal 1980 al 1983 al Corso di Igiene Edilizia e Urbanistica della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell'Università di Trieste, ha progettato lavori nel campo dell'edilizia pubblica e privata, realizzando in tale ambito monumenti commemorativi, tra cui, ultimo in ordine di tempo, il recupero dell'area della Foiba di Basovizza, con la nuova perimetrazione del Sacrario e la realizzazione del monumento e del centro di documentazione.

Immagini (da sinistra a destra):
1. Ennio Cervi, Fossile, acrilici cm 7x88, 1986
2. Fotografia di un ritratto di Ennio Cervi realizzata da Ennio Demarin
3. Ennio Cervi, Sottile linea certa, acrilici e tecnica mista cm 70x100, 2020
4. Ennio Cervi, Toro aplomado, grafite cm 29x23, 1961




Marianna Accerboni presenta il catalogo su Gillo Dorfles alla trasmissione RadioRai "Sconfinamenti"
Pagina per ascoltare il file mp3

Su RadioRai la trasmissione "Sconfinamenti", con la regia di Massimo Gobessi e la conduzione di Francesco Zardini, presentato il catalogo della mostra "Il segno rivelatore di Gillo", conclusasi alla Biblioteca Statale Stelio Crise di Trieste.




Mosaico di cm 51x63x4 realizzato nel 2010 su bozzetto di Dorfles dagli allievi della Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo denominato Figure Pennarello su carta di cm 28x22 realizzato nel 1958 da Gillo Dorfles Raro bozzetto per stoffa realizzato da Gillo Dorfles nel 1937 a tempera grassa all'uovo su carta applicata su cartoncino Marianna Accerboni presenta il catalogo "Il segno rivelatore di Gillo"
23 giugno 2020, ore 12
www.facebook.com/marianna.accerboni

Dalla Sala conferenze della Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste, Marianna Accerboni in diretta sul suo profilo social presenta il catalogo della mostra chiusa anticipatamente per emergenza sanitaria. La pubblicazione, che propone opere, documenti e testi, tra cui molti inediti, esce in occasione del 110° anniversario del compleanno di Gillo Dorfles (Trieste 1910 - Milano 2.3.2018) e sarà introdotta, oltre che da Accerboni, dalla direttrice della Biblioteca Francesca Richetti e dal presidente del Rotary Club Trieste Alto Adriatico Giancarlo Cortellino.

La pubblicazione rappresenta, in sintesi, lo specchio della rassegna ma propone anche delle novità. In apertura del volume sono presenti infatti un testo critico della curatrice, che compone un ritratto inedito in cui Dorfles viene ricordato sia come uomo che come artista poliedrico e originale, con particolare riferimento al disegno, elemento fondamentale della sua creatività, che Accerboni definisce "disegno pittorico". Scendendo nel dettaglio, l'autrice ricorda per esempio la frequentazione del critico, - come lo stesso Dorfles le raccontò - assieme al gallerista triestino Leo Castelli, grande amico di gioventù, della Cedar Tavern, un bar ristorante di New York City, dove si ritrovavano, al margine orientale del Greenwich Village, scrittori e artisti dell'avanguardia più avanzata.

E, quale riferimento culturale, compare anche il Black Mountain College nella Carolina del Nord, importante incubatore della sperimentazione americana ed europea più coraggiosa. Espressa in quella sede tra il 1933 e il 1957 anche attraverso il concetto innovatore dell'interdisciplinarietà delle arti, di cui furono protagonisti, tra gli altri, compositori d'avanguardia come John Cage, pittori come Robert Rauschenberg e coreografi rivoluzionari come Merce Cunningham. Segue un'intervista inedita della nipote Giorgetta Dorfles allo zio, raccolta nel 2017, in cui vengono ripercorsi la vita e i diversi step di esperienze e approfondimento intellettuale e artistico che condussero via via Dorfles alla creazione del proprio linguaggio filosofico e artistico, singolare e innovatore.

Tra questi passaggi, vanno ricordati in particolare l'interesse per le teorie di Rudolf Steiner, padre dell'antroposofia, che Gillo condivideva con la madre, e l'influenza di queste sulla sua arte; l'attività pittorica e la creazione negli anni Quaranta delle prime ceramiche nella sua proprietà di Lajatico nel Volterrano, dove si era rifugiato con la famiglia durante la seconda Guerra mondiale; le motivazioni e il significato della laurea in medicina con specializzazione in psichiatria, la sua esperienza nell'ambiente manicomiale di Trieste e il rapporto tra arte e psichiatria.

Nel corso dello studio preparatorio per il catalogo è inoltre emerso un nuovo documento, che va ad aggiungersi ai numerosi inediti ritrovati dalla curatrice in occasione della rassegna. Accerboni ha infatti scoperto, tra gli altri, un curioso libretto in versi, intitolato "Le laudi tergestine. Elogio poetico di 60 personalità del gran mondo triestino", pubblicato a Trieste dopo il 1925 dalla Tipografia Vittorio Valentincig. In queste pagine l'autore, che si firma Cirillo Menapio, pseudonimo di Piero Lustig, dedica un sapido ritratto in rime al giovane Doerfles (come all'epoca si scriveva il suo nome), che già allora si palesava sospeso tra profondità di pensiero e un pizzico di mondanità.

Per inciso Lustig fu marito della pittrice praghese Felicita Frai e grande amico di Leonor Fini e di Dorfles nonché pittore di una certa qualità, del quale Gillo si occupò sul piano critico. Le rime dedicate da Lustig all'amico Dorfles, ci introducono al mondo scanzonato ma molto colto e avanzato della Trieste fra gli anni Venti e Trenta, in cui il giovane Dorfles si era formato a contatto con personaggi quali Svevo, Saba, Leo Castelli, la stessa Fini, Bobi Bazlen... Nelle rime di Menapio-Lustig s'intravvedono già le poliedriche attitudini di Gillo, testimoniate in catalogo da quattro sezioni: una dedicata al disegno, una al design, tra le sue attività meno note, una a documenti e foto rari e/o inediti e l'ultima a una selezione di artisti del Friuli Venezia Giulia di cui si era occupato.

La sezione dedicata al disegno propone una ventina di bozzetti inediti di animali e personaggi fantastici realizzati alla metà degli anni Cinquanta per i nipoti Piero e Giorgetta e, in una sorta di antologica, l'evoluzione dagli anni Trenta al 2016 del suo segno, declinato in bianco e nero o percorso da un cromatismo originale e acceso; una seconda sezione ci parla del suo raffinato design per tessuti, tappeti, arazzi, manifesti pubblicitari e servizi da caffè. E, oltre a questi, il libro pubblica mosaici, etichette per vini e un gioiello, disegnati da Dorfles e mai esposti. Inediti emersi, insieme ad altri, nel corso della preparazione della rassegna avvenuta nella casa studio milanese del grande intellettuale artista, da cui proviene la maggior parte delle opere e dei materiali in mostra e che oggi è sede dell'Associazione che porta il suo nome.

In catalogo è presente anche una selezione dei documenti esposti in mostra, tra cui molti inediti: tra questi, una delle 5 lettere scritte nel 1928, '20 e '30 a Gillo (esposte in mostra) dall'amico pittore Arturo Nathan; una delle lettere (anche queste esposte in mostra) molto accese della figlia di Svevo, Letizia Fonda Savio, e della zia materna di lei e cognata di Svevo, Dora Oberti di Valnera Veneziani, al direttore de La Lettura del Corriere d'Informazione, scandalizzate perché Gillo in un suo articolo del '46 (esposto in mostra e pubblicato in catalogo) aveva appellato, tra altre osservazioni poco simpatiche, la Villa Veneziani, dove Svevo visse con la famiglia della moglie Livia, come il "patibolo borghese" dello scrittore.

Compaiono anche due edizioni del giornale "L'Italia letteraria" del 1930 con la pubblicazione dei primi articoli di critica di un Dorfles appena ventenne, su uno dei quali è vergato un suo appunto autografo diretto a Nathan: "Che gliene pare della mia critica?"; e poi, tra gli altri, un testo originale battuto a macchina, corretto a mano e firmato, intitolato "Le mode e le patrie" del '79, in cui Gillo riflette sulla moda austriaca e italiana e sull'eleganza americana (jeans compresi). Anche le foto inedite testimoniano una vita d'eccezione, svolta a livello internazionale. La quarta sezione sottolinea infine il legame di Dorfles con l'arte della sua città d'origine, Trieste, e della Regione Friuli Venezia Giulia, attraverso l'esposizione dei lavori di oltre una decina di pittori e scultori di cui Dorfles si era occupato, tra cui Leonor Fini, Arturo Nathan e Getullio Alviani, affiancando all'opera di ogni autore un suo testo critico.

Il catalogo, ideato e curato, così come la mostra, da Marianna Accerboni, e promosso dall'Associazione culturale Gillo Dorfles, è realizzato grazie al contributo della Fondazione CRTrieste e del Rotary Club Trieste Alto Adriatico. Il video della presentazione rimarrà visibile sul profilo facebook di Accerboni e sarà inserito nel suo sito e sul suo canale YouTube www.youtube.com/user/MariannaAccerboni (Comunicato stampa)

Immagini (da sinistra a destra):
1. Mosaico denominato Figure (inedito) di cm 51x63x4 realizzato nel 2010 dagli allievi della Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo su bozzetto di Gillo Dorfles
2. Gillo Dorfles, pennarello su carta cm 28x22, 1958
3. Gillo Dorfles, raro bozzetto per stoffa a tempera grassa all'uovo su carta applicata su cartoncino cm 9.3x16.2, 1937

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"La mia America" di Gillo Dorfles
"Bobi Bazlen. L'anima di Trieste", di Cristina Battocletti

Presentazione libri




Dipinto a tecnica mista su tela di cm. 60x120 realizzato da Silvano Clavora nel 1988 denominato Alberi Disegno Senza titolo a pennarello argento su carta di cm.32x23 realizzato da Silvano Clavora Dipinto in acrilico su cartoncino di cm.70x50 realizzato da Silvano Clavora nel 1995 denominato Espressione Carsica Il ricercare di Silvano Clavora
28 dicembre (inaugurazione ore 18.30) - 11 gennaio 2020
Art Gallery 2 - Trieste
.. 07 gennaio 2020, ore 18.30, visita guidata alla mostra

Mostra antologica curata da Marianna Accerboni. La rassegna propone, attraverso più di una cinquantina di lavori, tra cui molti inediti, realizzati dall'artista secondo varie tecniche, una ricca testimonianza del suo operare dagli esordi a oggi: dal figurativo d'inclinazione tradizionale, dipinto a olio su faesite negli anni Sessanta, e dal fine ed essenziale disegno a linea continua degli anni Settanta alle invenzioni dei decenni successivi, tra cui un particolare divisionismo e la pittura materica a tecnica mista degli anni Duemila, orientata sempre più verso l'informale. Pittore poliedrico e appassionato ricercatore, mediante l'evoluzione del proprio linguaggio Clavora offre in questa mostra al fruitore, in un percorso consequenziale e coerente, molteplici ed efficaci interpretazioni dell'essenza della sua creatività.

"Varie sono le tematiche presenti nella rassegna, tra le quali il Carso," - scrive Marianna Accerboni - "originalmente e prevalentemente interpretato nei suoi abissi secondo un taglio espressionista o fortemente materico, ma raccontato agli esordi secondo una raffigurazione tradizionale e una visione pittorica e grafica delicatamente neoromantica, ricca di cromatismi aderenti al reale e sottolineata da un segno incisivo e preciso. Linguaggio che negli anni Novanta si arricchisce di una tecnica d'ispirazione divisionista molto fresca, personale ed efficace.

Ricercatore immaginifico dalla produzione pittorica molto ampia, instancabile operatore e organizzatore culturale e docente di discipline artistiche, Clavora è anche autore di 'invenzioni' che col passare del tempo si fanno a volte giocose e spesso ingegnose come quando, alla fine degli anni Novanta, dipinge ad acrilico su cristallo le forme carsiche, lasciando alcune zone prive di colore e quindi trasparenti, modificabili grazie all'interazione del fruitore con l'apposizione sul retro di cartoni di colori diversi.

Oltre al tema prediletto del paesaggio, espresso in tempi più recenti attraverso una sorta di 'bassorilievo' pittorico enfatizzato dal rapporto tra il bianco e il nero, o per esempio dal dinamico e luminoso cromatismo di un'originale interpretazione di grandi dimensioni del Castello di Miramare, la mostra propone anche altre tematiche come la figura umana. Espressa spesso con vigore espressionista e con vivaci accenti di colore, a volte di sapore fauve, altre più morbidi e intimisti, in una ricerca a tutto tondo nell'ambito della pittura, transitando con abile leggerezza creativa e consequenzialità da un filone all'altro."

Immagini (da sinistra a destra):
1. Silvano Clavora, Alberi, tecnica mista su tela cm. 60x120, 1988
2. Silvano Clavora, Senza titolo, disegno a pennarello argento su carta cm. 32x23
3. Silvano Clavora, Espressione carsica, acrilico su cartoncino cm. 70x50, 1995

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Silvano Clavora: Espressioni carsiche
13 aprile - 18 maggio 2018
Palazzo del Consiglio Regionale - Trieste


Presentazione della monografia dedicata al pittore Silvano Clavora
14 marzo 2014, ore 18
Circolo della Stampa di Trieste




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