Logo della Newsletter Kritik di Ninni Radicini - Arte Cinema Libri
Prima del nuovo numero di Kritik

Mostre sui Balcani
Storia | Popoli | Arte | Cinema


  • "Rhythm", di Vladimir Nikolic
  • Presentazione film "Hotel Sarajevo"

  • Chiaralice Rizzi e Alessandro Laita. "The Memory of the Air"
  • Željko Kipke: "Dismantling Structures"
  • Testimony - Truth or Politics. Il concetto di testimonianza nella commemorazione delle guerre jugoslave

  • Balkan Party: Aleksandar Dimitrijevic, Tadija Janicic, Marija Sevic
  • I.L.T. Illumina Le Tenebre. Desideri complessi di un'Europa taciuta
  • Grafica Slovena in Italia / Slovenska Grafika v Italiji

  • Waterline XII. Concorso internazionale di design
  • Premio Darko Bratina 2016
  • Immaginando i Balcani. Identità e memoria nel 19esimo secolo

  • Dan Oki: esplorazioni interiori e legami sociali
  • Tesori del patrimonio culturale albanese
  • Alija Akšamija, ritratti di Bosnia

  • Aftermath Changing cultural landscape. Tendenze della fotografia post-jugoslava 1991-2011
  • Balkan Florence Express
  • Iva Kontic: Mechanical Dream

  • Immagini di una cultura in viaggio. Incontri con il cinema croato
  • Ana Opalic: Afterwards
  • Genti di San Spiridione. Serbi a Trieste

  • Omaggio a Giulio Turci: Una storia adriatica
  • Sconfinamenti. Le chiavi della convivenza nelle opere di artisti serbi ed albanesi
  • Artisti sloveni

  • Cristiano Berti: The Legacy
  • C'è ancora il cielo sopra le città: Mostar e Sarajevo 12 anni dopo
  • Balkani: Antiche civiltà fra Danubio e Adriatico


  • "Rhythm"
    di Vladimir Nikolic


    Video SD a canale singolo, Durata: 10'45", Anno: 2001
    Performers: Branimir Stojanovic Trša (1958-2022), Žolt Kovac, Vera Vecanski, Zdravko Jankovic, Dejan Kaluderovic

    16 settembre (inaugurazione) - 29 novembre 2023
    Studio Tommaseo - Trieste
    www.triestecontemporanea.it

    Installazione video di Vladimir Nikolic, realizzata nel 2001 e i cui temi di discussione più di vent'anni dopo imprevedibilmente appartengono ancora all'attualità. Questo video d'esordio del percorso artistico dell'artista serbo - in cui cinque performers, scelti da Nikolic tra i suoi amici, ripetono il segno della croce ossessivamente al ritmo estenuante della techno music del tempo - fu definito in tempo reale da Branislav Dimitrijevic, storico dell'arte e curatore serbo noto internazionalmente per i suoi studi sulle relazioni tra cultura e ideologia nell'ex Jugoslavia: Dimitrijevic allora considerò Rhythm una potente riflessione sulla religione come ideologia, e, a commento di come l'ideologia risieda nelle pratiche e nei rituali materiali, riprese "una delle prime formule ideologiche (della religione), descritta nel diciottesimo secolo da Blaise Pascal: 'Inginocchiati, muovi le labbra in preghiera e crederai'."

    Emblematicamente, se pur opera giovanile, Rhythm fa parte della importantissima collezione del progetto di ricerca e archiviazione Transitland che nel ventennale della caduta del muro di Berlino raccolse a cura di un pool di curatori europei, co-ordinati dal Ludwig Museum-Museum of Contemporary Art di Budapest, un centinaio di opere video prodotte tra 1989 e 2009 nell'Europa dell'Est diventando un imprescindibile studio dei riflessi sull'arte avuti dalle trasformazioni dell'Europa centro orientale post-socialista (anche Trieste Contemporanea presentò nel 2010 questo archivio-progetto discutendolo con alcune curatrici e mostrandone tutti i video).

    Poiché Rhythm al tempo della sua uscita mise sotto osservazione uno spaccato socio-politico peculiarmente serbo che oggi può essere pensato come una anticipazione del diffuso crescere del nazionalismo, abbiamo deciso di ripresentare alla discussione contemporanea l'opera di Nikolic. Aprendo una nuova pagina di approfondimenti di Trieste Contemporanea, "libraryline-reloaded", Rhythm viene proposto in formato espositivo installativo, commentato dal vivo all'inaugurazione da Vladimir Nikolic e accompagnato da un nuovo testo critico scritto da Branislav Dimitrijevic dalla prospettiva dello scenario di oggi in cui lo studioso bene spiega come Rhythm ora persino potrebbe "essere interpretato in modo molto chiaro come una allegoria dell'ideologia" tout court.

    Egli scrive infatti: "Rhythm emerge da un contesto e da un arco temporale specifici ndr: dai contrasti e dal clima politico e culturale della Serbia degli anni Novanta). Tuttavia, la sua rilevanza a distanza di due decenni indica sia come quest'opera, nella sua diretta espressione critica, possieda una qualità universale, ma anche come siano diventati universali i fenomeni ai quali quest'opera rivolgeva attenzione. Ciò che sembrava essere una caratteristica delle cosiddette 'società in transizione' - che uscivano dal modello ideologico socialista e lo sostituivano con il nazionalismo, con la religiosità e con la politica di destra - è diventato un aspetto deplorevole del mondo in generale" (il testo integrale è a disposizione in sala in versione su carta per i visitatori e online nella nostra pagina pubblicazioni).

    Vladimir Nikolic vive e lavora a Belgrado. Il suo lavoro comprende opere video, performance video, film e fotografia. Nelle sue prime opere Nikolic esplora i meccanismi della sottomissione rituale all'autorità e alla tradizione religiosa in quanto ciò ha a che fare con l'autorità della storia dell'arte. La sua pratica artistica di critica istituzionale è costante mettendo anche in discussione lo scopo generale dell'artista nel mondo dell'arte. Nei lavori successivi esplora la percezione visiva, l'idea di tempo e di spazio e i modi in cui sono soggetti alle storie dell'ottica e delle nuove tecnologie.

    Ha esposto a livello internazionale sia in mostre personali che collettive e ha preso parte a programmi di residenza artistica come Foundation for a Civil Society (New York, 2003), Recollets (Parigi, 2007), Otto Prod (Marsiglia, 2008), 24cc (Roma, 2011), Times Museum (Guangzhou, 2014), IASPIS (Stoccolma, 2016) e Tobacna 001 (Lubiana, 2017). Le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche internazionali, come la collezione del Centre Pompidou, Parigi, il Museo Berardo di Lisbona, il FRAC Poitou Charente, il Museo di Arte Contemporanea di Belgrado, la Collezione di Arte Contemporanea della Fondazione Vehbi Koç, Istanbul, il MAXXI Museo Nazionale dell'Arte del XXI secolo, Roma, ecc. Nel 2022 Nikolic ha rappresentato la Repubblica di Serbia alla 59a Biennale di Venezia. (Comunicato stampa)




    Hotel Sarajevo
    17 settembre 2022, ore 20.45
    Teatro Litta - Milano

    Nell'ambito dell'ottava edizione del Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, "Hotel Sarajevo", il film documentario di Barbara Cupisti sull'assedio di Sarajevo e la guerra in Bosnia-Erzegovina. "Hotel Sarajevo" (durata: 90') sarà presentato fuori concorso a Visioni dal Mondo, appuntamento annuale con il cinema del reale, fondato e prodotto da Francesco Bizzarri, con la direzione artistica affidata a Maurizio Nichetti. Il documentario è una produzione Clipper Media, Luce Cinecittà con Rai Cinema, prodotto da Sandro Bartolozzi con la produzione esecutiva di Barbara Meleleo, proposto in anteprima lo scorso 29 maggio su Speciale Tg1, in occasione del trentennale dell'assedio di Sarajevo, è stato proiettato proprio a Sarajevo a luglio alle Giornate del Cinema Italiano in BIH 2022 e ad agosto al Sarajevo Film Festival.

    "Hotel Sarajevo" ripercorre alcune delle vicende cruciali del conflitto nella ex-Jugoslavia, per raccontare le ferite di una guerra avvenuta nel cuore dell'Europa, dove comunità che avevano fino ad allora convissuto si ritrovarono coinvolte, alternativamente vittime e carnefici, in crimini spietati. Si avvale del montaggio di Piero Lassandro, della fotografia di Antonello Sarao, delle musiche di Tommaso Gimignani. Il docufilm scava nel vivo di ferite ancora aperte. Eventi che trovano oggi delle analogie con il conflitto che sta sconvolgendo il cuore dell'Europa. Fino a qualche mese fa, si pensava che la guerra in Europa fosse ormai un lontano ricordo. Purtroppo, a trent'anni di distanza, la storia si ripete. La guerra è tornata in Europa e l'Ucraina è la vittima del nostro presente.

    Tra il 1991 e il 2001 una serie di conflitti armati e guerre civili hanno messo fine alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, dapprima con la guerra d'indipendenza slovena, proseguendo con quella croata, passando poi per la guerra in Bosnia, fino a quelle più tardive in Kosovo e nella Repubblica di Macedonia. Così come avvenuto trent'anni fa, l'Hotel Holiday Inn di Sarajevo rappresenta il luogo del racconto della guerra. Nella città assediata, l'Holiday Inn fu la "casa" di molti corrispondenti stranieri e troupe televisive e un nodo cruciale del sistema di comunicazione verso l'esterno.

    Attraverso i tre protagonisti si confrontano tre generazioni: quella di Boba Lizdek, fixer che ci aiuta ad attraversare passato e presente, quella di Zoran Herceg, oggi artista e fumettista di fama, che durante la guerra era un giovane di appena quattordici anni costretto a fuggire all'estero con un convoglio della Croce Rossa, quella di Belmina, attuale executive manager dell'Holiday Inn che all'epoca del conflitto non era ancora nata e che oggi custodisce la memoria di quel luogo simbolo. Un viaggio tra passato e presente che esplora le ripercussioni di tanta violenza attraverso il ricordo dei tre personaggi impegnati nell'elaborazione del loro passato, nella speranza che si possa compiere un passo in avanti verso la costruzione di una società multietnica, che sappia valorizzare la diversità e solidarietà tra i popoli. (Comunicato ufficio stampa Reggi&Spizzichino Communication)




    Locandina della mostra fotografica The Memory of the Air sulla Albania Chiaralice Rizzi e Alessandro Laita
    The Memory of the Air


    14 gennaio - 14 febbraio 2022
    Museo Nazionale di Fotografia Marubi - Scutari

    Un secolo di storia e di società albanese attraverso un nucleo centrale di 500.000 negativi che includono il lavoro di 18 fotografi, prevalentemente di Scutari e che prende il nome da Pietro Marubi: un cittadino italiano che, traferitosi in Albania per motivi politici e naturalizzatosi albanese, aveva precocemente avviato a Scutari il primo studio fotografico del paese. Grazie anche ai suoi successori la fototeca Marubi fu attiva ininterrottamente dal 1856, anno di fondazione, fino alla metà del '900. Il fatto che si sia fortunosamente sottratto alla distruzione durante il regime di Enver Hoxha, oltre che la meticolosità con cui Pietro Marubi registrava i nomi dei propri clienti, ha consentito negli ultimi anni alla comunità albanese di ritrovare traccia fotografica dei propri antenati e scoprire aspetti altrimenti perduti della vita privata e collettiva.

    Interessati a questa risorsa, Chiaralice Rizzi e Alessandro Laita hanno svolto un'ampia ricerca sul territorio, a partire dall'area di Scutari e Tirana - allargando poi il campo all'intero paese - con il fine di individuare la presenza, nelle abitazioni, di fotografie di famiglia scattate da Pietro Marubi, dai suoi successori e, in alcuni casi, da altri fotografi il cui legato è confluito nell'archivio. A partire da quelle fotografie Rizzi e Laita hanno raccolto dagli abitanti di quelle case o, quando possibile, con i protagonisti stessi delle foto, una serie di narrazioni.

    L'opera emersa dai momenti di incontro ha preso la forma di un'installazione sonora e di una serie di fotografie degli ambienti, per lo più domestici, in cui gli scatti di Marubi sono tuttora conservati e si configura come un affresco diffuso, composto di racconti e di memorie personali, che vede il proprio corrispettivo/contrappunto nel museo Marubi. Proprio nel museo l'opera verrà esposta, andando ad occupare l'intero piano terra dell'edificio. Se la figura di Marubi testimonia delle relazioni secolari tra Italia e Albania, questa intensità di scambio si ripropone con il progetto di Laita e Rizzi; che del resto è stato concepito durante un periodo di ricerca trascorso dai due artisti alla Art House di Scutari nell'estate del 2019.

    Registrando sia la presenza delle fotografie negli interni, interpretati dunque come archivi viventi, sia i racconti relativi ai soggetti di queste fotografie, essa si pone all'intersezione tra immagine e parola, tra passato e presente, tra privato e pubblico, soggettivo e collettivo; ed evidenzia le tracce onnipresenti della storia e il vitale legame che l'individuo ha con essa. Laddove la storia ufficiale tende a congelare il racconto in una versione univoca, spesso riduttiva, Laita e Rizzi ne fanno invece emergere sfaccettature, contraddizioni e aspetti inaspettati, talvolta imprevedibili, spesso taciuti. A maggior ragione in un paese oggetto, per oltre quarant'anni, di una dittatura ferrea che ha comportato, tra l'altro, profonde rimozioni.

    Il titolo del progetto, The Memory of the Air proviene dalla raccolta di poesie Kujtesa e ajrit, 1993 di Visar Zhiti, (Durazzo, 1951), vittima di persecuzione e testimone della storia recente dell'Albania. Oltre alla mostra, a cura di Gabi Scardi, The Memory of the Air prevede la realizzazione di un libro d'artista a marzo/aprile del 2022 e a seguire la presentazione del progetto e della pubblicazione presso il Museo di Fotografia Contemporanea, che accoglierà l'opera nelle proprie collezioni implementando così il patrimonio culturale pubblico.

    Alessandro Laita (1979) e Chiaralice Rizzi (1982) si sono laureati in Arti Visive allo IUAV di Venezia nel 2009. Dal 2010 al 2015 hanno lavorato nella stessa facoltà come assistenti per i corsi di Antonello Frongia, Lewis Baltz e Adrian Paci. La loro pratica artistica si articola attorno alle relazioni esistenti tra paesaggio, immagine, memoria e la loro rappresentazione. Nei loro lavori, attraverso un processo di osservazione, le immagini si fanno racconto, andando oltre la semplice comprensione visiva. Manifestandosi attraverso media differenti, la loro ricerca pone domande critiche sul linguaggio fotografico come pratica. Nel 2016 hanno vinto il Lewis Baltz Research Fund e hanno pubblicato il loro primo libro con MACK (Londra). (Estratto da comunicato ufficio stampa ch2_eventi culturali)




    Kipke nel suo studio mentre prepara la mostra Željko Kipke: "Dismantling Structures"
    termina il 18 aprile 2020 (prorogata fino al 20 maggio) Studio Tommaseo - Trieste
    www.triestecontemporanea.it

    Nella pittura di Željko Kipke una serie di edifici-simbolo di Zagabria, fortemente connotati per la storia politica, economica o culturale della città, come ad esempio il "Cubo", sede oggi del Parlamento e prima del comitato centrale del Partito Comunista, o la casa dei giornalisti già sede del quotidiano Vjesnik. In questa mostra - a cura di Branko Franceschi - Kipke dipinge su tela e utilizza il suo tipico fondo monocromo: distorce le immagini delle architetture di Zagabria trattandole come se fossero carta straccia, sgualcibili e appallottolabili, facendo diventare gli edifici pressoché irriconoscibili.

    Le ragioni di una forte domanda critica sul funzionamento degli apparati istituzionali di un paese in transizione sono trasferite anche in un corto sperimentale contenente un'animazione della mappa di Zagabria che segnala i luoghi in cui si trovano gli edifici selezionati. Trieste è la seconda tappa di questo progetto di Kipke, che segue alla mostra dello scorso novembre curata dal critico Vanja Babic alla Galerija Kranjcar di Zagabria. La mostra è presentata da Trieste Contemporanea, in collaborazione con il Museum of Fine Arts di Spalato e la Galerija Kranjcar di Zagabria.

    Željko Kipke (Cakovec 1953) è pittore e videomaker. Studia negli anni Settanta all'Accademia di Zagabria ed è agli inizi artista di punta nella pittura analitica e poi nel film sperimentale. Nella prima metà degli anni '80 realizza cortometraggi, documentando principalmente le sue azioni pubbliche. La sua intensa carriera artistica lo vede tra l'altro rappresentante della Croazia alla Biennale di Venezia nel 1993 (dove torna nell'edizione 2007 come commissario del padiglione del suo paese) e alla Biennale del Cairo nel 1995. Importante anche la sua attività di critico, saggista, curatore e scrittore. (Comunicato stampa)




    Testimony - Truth or Politics
    Il concetto di testimonianza nella commemorazione delle guerre jugoslave
    The Concept of Testimony in the Commemoration of the Yugoslav Wars


    termina lo 08 dicembre 2017
    Boccanera Gallery - Trento
    www.arteboccanera.com

    Sono passati 25 anni dall'inizio delle guerre jugoslave: guerre che hanno infranto la speranza di pace duratura in Europa che le strutture costruite dopo la Seconda guerra mondiale avrebbero dovuto garantire. Nel processo di costruzione del nazionalismo, durante e dopo i conflitti, gli establishment di ciascun paese della secessione e successione jugoslava hanno usato le testimonianze - nei media, nei testi scolastici o nelle mostre - per giustificare la propria posizione nazionale, etnica o religiosa, mettendo a tacere ogni voce alternativa tramite diretta repressione politica e sistematica cancellazione del quadro di riferimento che collega queste testimonianze alla realtà che pretendono di rappresentare.

    Questa esposizione trova il suo punto di partenza nelle testimonianze di chi ha preso parte alla guerra e di chi ha manifestato contro la guerra: soldati e attivisti, intervistati dai loro pari - compagni di battaglia, parenti, vicini, artisti e attivisti. Le testimonianze mostrano il funzionamento del sistema e la continuità e discontinuità nel tempo: è proprio questa testimonianza che rivela il funzionamento del sistema in tutti i suoi aspetti - politico, economico, sociale e culturale - piuttosto che la testimonianza personale della propria sofferenza, che Primo Levi definisce come politica.

    Le testimonianze rendono più complessa - a volte, mettono in discussione - la narrazione storica egemonica o la "verità ufficiale", ad esempio portando alla luce motivazioni e benefici socio-economici della guerra. Riflettono inoltre un'esperienza comune di queste guerre e delle loro conseguenze. Poiché essere testimoni è un atto partecipativo, testimoniare è un atto che parla ad una molteplicità di destinatari: le persone coinvolte nella situazione su cui si testimonia, la situazione stessa del testimoniare e la costituzione di una pluralità di voci attraverso l'atto di rivolgersi a se stessi.

    La simultaneità di tempo e spazio crea un assemblaggio fluido di relazioni sociali fra singolare e plurale, tra intimo e politico, attivo ben oltre il momento della testimonianza e che si rinnova ogni volta che viene ascoltata. La varietà di relazioni sociali alla base della testimonianza rende complessa la sua relazione con la realtà, tanto quella esperita quanto quella in cui la testimonianza viene ascoltata. Questo la rende instabile per chi la ascolta chiedendo La Verità, ovvero un significato onnicomprensivo che costituirebbe la persona che testimonia come Soggetto e le situazioni testimonianti e testimoniate come Eventi.

    Un bando internazionale ha selezionato 13 artisti e formazioni artistiche. I loro approcci al processo di produzione artistica vanno dalla ricerca d'archivio all'antropologia audio-visiva partecipativa, passando per il ripensamento statistico e tecnologico. I lavori audio esposti spaziano tra vari formati, dalla composizione e performance musicale alle installazioni audio. Inoltre, l'esposizione presenterà un portale fra archivio di testimonianze e social network, che permetterà ai visitatori di ascoltare e cercare fra le interviste (in serbo-croato-bosniaco, italiano e inglese) e inserire le proprie narrazioni. L'esposizione aprirà quindi un canale attraverso il quale queste testimonianze potranno essere ascoltate e contestualizzate.

    L'esposizione è curata da Noa Treister, Dr Zoran Eric e Giorgia Lucchi Boccanera. E' parte del progetto Testimonianza - Verità o Politica: Il concetto di testimonianza nella commemorazione delle guerre jugoslave, condotto dal Centro di decontaminazione culturale di Belgrado e co-finanziato dal Programma Europa per i Cittadini 2014-2020.

    Artisti partecipanti: Ana Bunjak, Andrea Palasti + Sanja Andelkovic, Jelena Markovic, Kristina Maric, Lala Rašcic, Mersid Ramicevic, Nikola Radic Lucati, Iula Marzulli + Marianna Fumai, Ryo Ikeshiro + Aron Rossman-Kiss, Daniel Djamo, Dorone Paris, Filip Jovanovski, Vlada Miladinovic.

    Partner: in Serbia, Centre for Cultural Decontamination, Belgrado; Museo di arte contemporanea, Belgrado; The Ignorant Schoolmaster and his Committees, Belgrado; Istituto di studi filosofici e sociali, Belgrado; in Bosnia Erzegovina, Museo storico di Bosnia Erzegovina, Sarajevo; Università di Sarajevo - Facoltà di Filosofia; Centro di riparazione culturale e sociale, Banja Luka; in Italia, CCI / Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e Boccanera Gallery, Trentino; in Austria, Boem, Vienna; in Germania, Istituto per gli studi sull'Europa orientale e sud-orientale, Regensburg. Cofinanziato dal programma dell'Unione europea "Europa per i cittadini". (Comunicato stampa)

    ___ EN

    25 years have passed since the beginning of the Yugoslav Wars. This new wars in Europe shook the perception that the structures built after WWII would ensure lasting peace. As part of the buildup of nationalism, during the conflicts and afterwards, testimonies were used by the official establishments of each country seceding and succeeding Yugoslavia - in the media, in school textbooks, or historical exhibitions - to justify their own national, ethnic, or religious position, while those that were not willing to justify these positions were silenced through direct political repression and systematic erasure of the frame of reference that relates these testimonies to the reality they presume to represent.

    This exhibition builds on the testimonies of war participants and antiwar activists, interviewed by their peers - fellow fighters, family members, neighbours, artists, and activists. They show the functioning of the system and the continuity and discontinuity through time. It is precisely this testimony that reveals the way the system functions in all its aspects - political, economic, social, and cultural - rather than the testimony of one's own suffering that Primo Levi defines as political.

    They show that testimonies act to complexify, layer, and sometime oppose the hegemonic historical narrative or "the official truth", for instance by exposing the socio-economic motivation and benefits of the war, as well as to reflect a common experience of these wars and their consequences. Since witnessing is a participative act, testifying is an act of speech with multiple addressees at once, in the least; those relating to the situation testified upon, the situation of testifying, and a self-address which constitutes multiple speakers.

    The simultaneity of time and space creates an ever changing assemblage of singular-plural social relations, intimate and political, at work much after the testimony has been given and anew each time it is heard. The diversity of social relations at the base of testimony makes its relation to reality complex, both that experienced as well as that in which testimony is heard. This makes it unstable for the purpose of the listener who demands The Truth, i.e. a comprehensive meaning which would constitute the person testifying as Subject and both testifying and testified factual situations as Events.

    Thirteen artists and artistic duos were selected through an open international call. Their approaches to the process of art production range from archival research to participatory audio-visual anthropology, and statistical and technological rethinking produced audio works that display a wide range of formats (media), from music composition and performances to visual and audio installations. In addition, the exhibition will present a testimony archive - a social network portal that will allow visitors to listen and search the interviews (in BHS, Italian, and English) as well as to compile their own narratives. The exhibition will open a channel through which these testimonies can be heard and contextualised.

    This exhibition is curated by Noa Treister, Dr Zoran Eric, and Giorgia Lucchi. It is part of the project Testimony - Truth or Politics: The Concept of Testimony in the Commemoration of the Yugoslav Wars, led by The Center for Cultural Decontamination (Belgrade, Serbia) in cooperation with several cultural organisations from four European countries, and co-financed by the Europe for Citizens Programme 2014-2020.

    Partecipating Artists: Ana Bunjak, Andrea Palasti + Sanja Andelkovic, Jelena Markovic, Kristina Maric, Lala Rašcic, Mersid Ramicevic, Nikola Radic Lucati, Iula Marzulli + Marianna Fumai, Ryo Ikeshiro + Aron Rossman-Kiss, Daniel Djamo, Dorone Paris, Filip Jovanovski, Vlada Miladinovic.

    Partners are: in Serbia - Centre for Cultural Decontamination, Belgrado; The Museum of Contemporary Art, Belgrade; The Ignorant Schoolmaster and his Committees, Belgrado; The Institute for Philosophy and Social Studies, Belgrade; in Bosnia Herzegovina - Historical Museum of Bosnia and Herzegovina, Sarajevo; University of Sarajevo - Faculty of philosophy; Centre for Cultural and Social Repair, Banja Luka; in Italy - Osservatorio Balcani e Caucaso | Transeuropa and Boccanera Gallery, Trentino; in Austria - Boem, Vienna; in Germany - The Institute for East and South East European Studies in Regensburg. Co-financed by the Europe for Citizens Programme of the European Union. (Press release)




    Balkan Party
    Aleksandar Dimitrijevic | Tadija Janicic | Marija Sevic


    termina lo 29 luglio 2017
    MAC Maja Arte Contemporanea - Roma
    www.majartecontemporanea.com

    Per la prima volta a Roma - a cura di Daina Maja Titonel e Katarina Srnic - tre artisti emergenti di origine balcanica: Aleksandar Dimitrijevic, Tadija Janicic e Marija Sevic, di cui si espongono dieci opere, sei delle quali di grande formato. L'indagine artistica dei tre giovani pittori percorre strade molto diverse, spaziando dal figurativo all'astratto, dalle atmosfere intimiste ad una visione satirica dell'uomo contemporaneo restituito con tratti fumettistici. L'ispirazione del lavoro di Aleksandar Dimitrijevic nasce dal ritrovamento di appunti di punteggi di gioco di autori a lui ignoti, dove all'interno di griglie venivano riportate le vittorie con il segno "+" e le perdite con il "-", oltre alle iniziali dei nomi dei giocatori.

    Trascrivendo gli appunti su tela, spesso trasponendo fisicamente le stesse carte, Dimitrijevic ha usato quei segni - legittimandoli nella pratica artistica a costituire una sorta di archivio specifico - per indagare una serie di fenomeni, quali la trivialità della vita contemporanea, il tempo libero, le relazioni. Tadija Janicic ripercorre con grande ironia la fragilità e la temporalità delle norme morali, etiche e artistiche del mondo che lo circonda, esplorando con gusto i suoi aspetti grotteschi e paradossali.

    Ne esce un'immagine autentica, mai offensiva né bigotta, resa pittoricamente con coloratissime figure simili ai cartoni animati. Marija Sevic presenta tre dipinti di grande formato che fanno parte della sua ultima serie Party. Partendo da scatti fotografici in cui isola momenti di vita suoi e delle persone a lei vicine, l'indagine pittorica della Sevic si fa intima, sensuale. I personaggi ritratti, il cui volto è spesso sfocato, sono stagliati contro scenari ariosi e immacolati dove l'osservatore ha spazio sufficiente per riconoscere e immaginare se stesso, laddove non sono ripresi in un close-up che invita al voyeurismo.

    Aleksandar Dimitrijevic (Uzice - Serbia, 1977) si è laureato e ha conseguito un Master nel 2010 all'Accademia di Belle Arti di Novi Sad (Serbia). Ha esposto ad Amsterdam, Hannover, Londra, Los Angeles, Monaco, Sarajevo, Vienna e in varie città della Serbia, dove ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Sue opere sono in collezioni private e pubbliche quali il Museo di Arte Contemporanea di Voivodina (Serbia) e il Centro Culturale di Belgrado.

    Tadija Janicic (Niksic - Montenegro, 1980) ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Novi Sad (Serbia), dove vive e lavora. Ha esposto in varie città dell'Europa - tra cui Belgrado, Berlino, Budapest, Londra, Östersund (Svezia), Parigi, Strasburgo, Timisoara (Romania), Novi Sad, Vienna - oltre che in Giappone (Osaka e Tokyo) e Stati Uniti (Los Angeles). Suoi lavori sono in collezioni private in Europa e Stati Uniti, e nella collezione del Museo di Arte Contemporanea di Novi Sad.

    Marija Sevic (Arandjelovac - Serbia, 1987) si è laureata in Pittura all'Accademia di Belle Arti di Belgrado, dove attualmente vive e lavora. Nel 2010 ha vinto una Residenza a Parigi presso l'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts, dove ha frequentato le classi dei Professori Claude Closky e James Rielly. Ha esposto a Belgrado, Brasilia, Londra, Los Angeles, Milano, Parigi, Sarajevo e Basilea (Liste Art Fair). Sevic è membro di U10, uno spazio gestito da artisti a Belgrado. (Comunicato stampa)




    I.L.T. Illumina Le Tenebre
    Desideri complessi di un'Europa taciuta


    Lodi: 10 giugno 2017, Biblioteca civica, presentazione nazionale del progetto
    Bussolengo: 17 giugno - 01 luglio 2017, Villa Spinola
    Venezia: 08-30 luglio 2017, Laguna Libre
    Bologna: 02-27 agosto 2017, Museo internazionale e biblioteca della musica
    Trieste: 02-17 settembre 2017, Magazzino delle Idee
    Settimo Torinese: 21 settembre - 01 ottobre 2017, Biblioteca civica Archimede
    Lodi: 07-29 ottobre 2017, VIII Festival della fotografia etica
    Novi Sad: 11-26 novembre 2017, Castello Edseg / Egység
    Nis: 15-24 dicembre 2017, Salone della Fortezza
    Belgrado: 28 dicembre 2017 - 15 gennaio 2018, Museo Etnografico

    Terza tappa del progetto artistico dedicato a Velika Hoca, enclave serba situata in Kosovo e Metohija. In mostra, negli spazi del museo dedicati agli eventi temporanei, una selezione di dodici ritratti fotografici di grande formato tratti dall'omonimo libro di Federica Troisi (Duuscia Edizioni, pag.216), che si svelano al suono di una colonna sonora appositamente composta da Giovanni Lindo Ferretti. L'esposizione è curata dall'Associazione Amici di Decani che si occupa del sostegno, divulgazione e promozione delle attività umanitarie e culturali del monastero ortodosso di Visoki Decani in Kosovo, dichiarato nel 2006 patrimonio dell'umanità dell'Unesco. Dopo il debutto a Lodi con la presentazione nazionale del progetto, nel corso del 2017 l'esposizione segue un percorso itinerante tra Italia e Serbia, toccando le città di Bussolengo, Venezia, Bologna, Trieste, Settimo Torinese, Lodi, Novi Sad, Belgrado e Nis.

    La storia di I.L.T. Illumina Le Tenebre ha i contorni di una favola. Inizia nell'agosto 2016, quando Federica Troisi, fotografa emiliana, giunge insieme alla propria famiglia a Velika Hoca, per partecipare come volontaria a GiocHoca2016, un programma di giochi estivi e solidali che per tre settimane animano il villaggio attraverso l'organizzazione di eventi sportivi, ludici, artistici, musicali, momenti aggregativi e workshop. Federica è stregata dall'enclave di cui non immaginava l'esistenza. "Adesso - racconta - potrei dividere la mia vita in prima di essere andata a Velika Hoca e dopo".

    Macchina fotografica alla mano, esplora il villaggio, immortala volti, congela momenti emozionanti. Federica tornerà in ottobre, con un progetto chiaro in mente: cosa desiderano gli abitanti di un'enclave? Girerà casa dopo casa per chiederlo, per scoprire un mondo altro, attraverso la fotografia e una candela, simbolo e scettro della sua ricerca poetica. Alla fine si sommano novantadue ritratti di fortissima intensità. Sapientemente catalogati, vengono impreziositi da un testo lirico di Giovanni Lindo Ferretti, intellettuale, musicista, poeta della parola e del suono. Ma la mostra nasce principalmente per essere testimone di bellezza e di solidarietà. Ecco perché viene costruita I.L.T. x K.i.M. cioè Illumina Le Tenebre per Kosovo i Metohija. Le immagini di I.L.T. sono stampate su forex fotografico in copia unica.

    Al termine delle varie mostre in Italia e Serbia, i file originali, tutti in formato raw ad alta definizione saranno distrutti in modo da rendere impossibile una eventuale ristampa delle fotografie in grande formato (cm.150x150). Così facendo i dodici scatti di I.L.T. diverranno dei veri pezzi unici, la cui originalità sarà garantita da un certificato di autenticità e dalle dichiarazioni degli artisti che saranno allegati alle fotografie. Sarà indetta un'asta pubblica su eBay per permettere a tutti i collezionisti di aggiudicarsi uno o più elementi della mostra. Il ricavato verrà impiegato nella realizzazione di progetti solidali a favore di Velika Hoca, restituendo attraverso la bellezza un valore economico e sociale alla promozione del territorio.

    "Fanno la loro traversata con esemplare dignità. In bocca alla tragedia da sempre, non perdono la capacità di meraviglia". Questo è il destino e la storia del popolo serbo di Kosovo e Metohija. Umanità sofferente, privata dell'inalienabile diritto all'identità e resistente alle ingiurie della povertà, alle difficoltà quotidiane del vivere, alle insidie della modernità omologatrice. Federica Troisi, fotografa di rara sensibilità, incontra attraverso un'esperienza solidale la realtà di una enclave. Tocca con mano la discriminazione, la stanchezza, la rassegnazione ma anche la potenza del desiderio, la volontà di coltivare un sogno a dispetto di qualsiasi razionalità. Non conosce la lingua, ma approfondisce la comunicazione, studia corpi, volti, gesti, lacrime e sorrisi. Ritorna ostinata all'enclave, Velika Hoca, un piccolo villaggio di seicento anime, adagiato sulle colline di Metohija.

    Spende giornate e chiacchiere notturne, attrezzata di apparecchio fotografico, microfono e interprete; visita case, consuma ingenti quantità di caffè, partecipa della vita taciuta di chi tutto può desiderare e poco e niente realizzare. Scatta ritratti, chiede permesso, accende candele, sorride, piange, attonita si ferma innanzi a qualche soglia, penetra la sensibilità di una popolazione ferita, incredula in un futuro colmo di nubi, anticipatore di tenebra. Tornata alle colline di Reggio Emilia, sale alla montagna appenninica, visita il reduce barbarico, che sperimenta felice l'esilio dalla volgarità del mondo. L'incontro con Giovanni Lindo Ferretti, musicista, scrittore, teatrante, è fecondo; insieme riempiono le immagini di nuove parole, sedimentano emozioni aprendo orizzonti differenti, inedite prospettive.

    Nasce così una riflessione fuori dal tempo e dallo spazio che si coniuga perfettamente alla poetica dei ritratti. "Niente di eclatante a parte l'esistere". Ed è un'esistenza nuova che affonda le proprie radici nelle origini dell'umanità fiera, gelosa custode della propria identità, rispettosa dell'altro, devota alla religione dell'ospitalità. Federica Troisi e Giovanni Lindo Ferretti ci donano un compendio d'immagini, parole e musica che raffigura con forza l'enclave del terzo millennio, dove l'Europa smarrisce il senso della propria esistenza sprofondando in un baratro che conduce all'oscurità.

    Duecentosedici pagine di mistero. Come può nell'Europa del terzo millennio esistere ancora l'apartheid? Che cosa vuol dire vivere in un'enclave a meno di due ore di volo da Milano o da Roma? Come sopravvivere nell'era della comunicazione globale a chi ti vuole ridurre al silenzio con l'arma discreta dell'indifferenza, con la forza potente dell'isolamento? Cosa rende unica l'esperienza religiosa cristiana in una terra di frontiera? Queste e molte altre ancora sono le domande che si pongono Federica Troisi e Giovanni Lindo Ferretti.

    Un problema epocale affrontato con la grammatica dell'anima, attraverso le immagini di Federica, le parole profonde di Giovanni. Novantadue ritratti. pura rappresentazione dell'anima che oltrepassa le barriere linguistiche, culturali, etniche. La parola emozionata che ne consegue, filo rosso che unisce i montanari di qualsiasi altitudine, rivelazione della natura più profonda dell'uomo che a qualsiasi latitudine lo affratella con il proprio simile, nella comunione dello Spirito.

    Federica Troisi (Reggio Emilia, 1973), giunge alla fotografia nei primi anni '90. Restituisce all'apparecchio fotografico la funzione di lente privilegiata per l'osservazione della realtà. Particolarmente attiva nel sociale, esplora differenti registri comunicativi per sottolineare il principio attorno al quale si articola la sua poetica: la profondità dell'esperienza umana in ogni contesto. Divisa tra fotocamera e cinepresa, utilizza le ambientazioni del quotidiano per restituire la meraviglia della narrazione, dall'ospedale ai teatri di quartiere.

    Nel 2002 espone ad Esterni di Milano il lavoro Brasile, successivamente partecipa a diversi eventi. "Con il mio obiettivo - ponte tra me e realtà differenti - sono entrata in dimensioni nascoste. Là dentro, la vita mi ha accolto e mi ha spinta con tutta la sua forza. Ogni volta, fiduciosa, ho lasciato che la folla mi portasse. Sono commossa per quanto ho ricevuto, per l'intima condivisione che mi ha nutrito. Sono una grata testimone che ha trovato nella fotografia il suo lasciapassare".

    Giovanni Lindo Ferretti (Cerreto Alpi, 1953), musicista, scrittore, viaggiatore, allevatore di cavalli è universalmente considerato uno dei padri del punk italiano. Fondatore del gruppo CCCP Fedeli alla Linea, di seguito trasformatosi in C.S.I. Consorzio Suonatori Indipendenti, ha continuamente innovato il suo repertorio artistico sino all'esperienza musicale dei P.G.R. Per Grazia Ricevuta e l'epico Saga, il canto dei canti, opera equestre. Ha fondato a Bologna nel 2002 la Bottega di musica e comunicazione. Ha pubblicato i libri: "Reduce" nel 2006, "Bella gente d'Appennino" nel 2009 e "Barbarico" nel 2013, tutti editi da Mondadori. Vive nella casa dei suoi avi sull'Appennino Reggiano. "Dovendo sintetizzare le mie generalità, in mancanza di una professione certificata dall'appartenenza a un albo, ne ho fatto una formula: montano italico cattolico romano".

    Associazione Amici del Monastero di Decani non ha scopo di lucro, è un'associazione di natura apolitica, non confessionale e persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale, nel campo della promozione della cultura. La propria attività consiste nel sostegno, divulgazione e promozione delle attività umanitarie e culturali del Monastero di Visoki Decani - Kosovo e Metohija, patrimonio dell'umanità dell'Unesco. L'Associazione partecipa e promuove qualsiasi forma di incentivazione relativa alla valorizzazione, conservazione, restauro e sviluppo dei beni culturali ed architettonici del sito del Monastero di Visoki Decani. (Comunicato Ufficio Stampa Istituzione Bologna Musei)




    Stampa digitale a colori denominata Two Horizontal Of Horizontal realizzata da Matjaž Hmeljak nel 1995 Acquaforte a colori denominata Viribus unitis realizzata nel 1995 da Zora Koren Skerk in una foto di Jaka Babnik 1995 Serigrafia Senza titolo realizzata da Lojze Spacal nel 1995 in una foto dall'archivio ICGA Lubiana Grafica Slovena in Italia / Slovenska Grafika v Italiji
    29 giugno - 23 luglio 2017
    Museo d'Arte Moderna Ugo Carà - Muggia (Trieste)
    www.benvenutiamuggia.eu

    La mostra di artisti di arti grafiche d'oltreconfine - a cura di Denis Volk - è una rassegna dell'attività grafica degli artisti sloveni che provengono o che hanno operato nel territorio etnico sloveno d'oltreconfine. Questa panoramica non comprende tutti ma solo coloro che si sono regolarmente cimentati con le arti grafiche e il cui lavoro ha influenzato l'attività di altri artisti. Le opere in mostra si riferiscono agli ultimi cinque decenni. Nel periodo prescelto, la gran parte degli artisti presentati ha collaborato con il Centro Internazionale della Grafica di Lubiana (ICGA), e per questo motivo, gran parte delle opere esposte proviene da questa istituzione. Si tratta quindi di lavori che sono nati dalla collaborazione con l'ICGA o che fanno parte delle sue raccolte di grafiche. Completano la rassegna i lavori provenienti dalle raccolte degli artisti stessi o da collezioni private.

    Per contenuto ed esecuzione le opere sono molto diverse poiché i singoli artisti sono presentati con i loro lavori più rappresentativi e che li caratterizzano per creatività e stile. Proprio grazie a questa diversità la panoramica è più completa. Quando parliamo di collaborazione con l'ICGA abbiamo in mente la partecipazione degli artisti ai laboratori grafici. L'ICGA è in realtà la più importante istituzione che in maniera organizzata e sistematica si prende cura della produzione grafica in Slovenia e, indirettamente, anche in altre zone dove si parla la lingua slovena. L'ICGA incoraggia la creatività artistica organizzando mostre e dando a disposizione i propri laboratori e officine di stampa agli artisti locali e stranieri.

    Grazie alla propria attività espositiva l'ICGA si è affermata anche a livello internazionale, soprattutto con l'organizzazione della Biennale Grafica di Lubiana, che è uno dei più importanti appuntamenti di questo genere al mondo e anche uno dei più vecchi. Nei laboratori dell'ICGA gli artisti sono liberi di concepire le proprie opere secondo un loro concetto già consolidato mentre le capacità offerte dai laboratori permettono loro di cimentarsi con sperimentazioni, tecniche e materiali. Molto importante anche il ruolo museale dell'ICGA in quanto custodisce numerose grafiche e libri dell'artista che sono stati realizzati dopo la Seconda guerra mondiale. Da quanto esposto possiamo concludere che gli artisti, anche se vivono e lavorano all'estero, sono strettamente legati allo spazio e alle istituzioni slovene.

    Anche se nella creazione grafica la lingua slovena non ha primaria importanza ciononostante essa rappresenta una parte importante della cultura e, nel caso degli artisti sloveni dall'estero, anche della coscienza nazionale slovena. Alla mostra con le loro opere sono presenti i seguenti artisti: Avgust Cernigoj, Bogdan Grom, Matjaž Hmeljak, Zora Koren Skerk, Marjan Kravos, Klavdij Palcic, Claudia Raza, Lojze Spacal, Franco Vecchiet, Edvard Zajec e Boris Zulian. La mostra è dedicata a tutti gli artisti sloveni d'oltreconfine e soprattutto a Zora Koren Skerk, dal momento che questa è la prima mostra postuma delle sue opere. (Denis Volk - traduzione Ivan Markovic)

    Avgust Cernigoj (1898, Trieste - 1985, Sesana) è il più importante rappresentante dell'avanguardia slovena e fondatore del costruttivismo sloveno. Il suo opus comprende disegni, dipinti, acquarelli, collage, scenografie, modelli, illustrazioni, decorazioni parietali di chiese e di attrezzature navali figurative e ricerca di nuovi modi espressivi. Le sue opere grafiche sono perlopiù acqueforti e incisioni su linoleum. Nel 1976, per il suo lavoro, ha ricevuto il Premio Prešeren. E' stato insegnante a molte generazioni e ha ispirato numerosi artisti.

    Bogdan Grom (1918, Devincina presso Prosecco - 2013, Stati Uniti) pittore, grafico e scultore. Nel 1957 si è trasferito negli Stati Uniti dove si è specializzato in arti applicate ed ha attrezzato centri commerciali e altri edifici urbani e religiosi. E' autore di dipinti, sculture, disegni, arazzi e illustrazioni. Nelle sue opere si riscontra l'attaccamento al suo Carso e al Nuovo Messico che è molto simile. Ha insegnato in diverse scuole in Slovenia, Italia e Stati Uniti.

    Matjaž Hmeljak (1941, Trieste) si è laureato in elettronica e in seguito ha insegnato informatica. Nel decennio 1970-1980, ha collaborato con il pittore Edvard Zajc, assieme al quale ha realizzato quattro grandi sistemi nel campo della computer art. Da allora sviluppa in proprio i sistemi informatici nel campo della grafica al computer.

    Zora Koren Skerk (1927, Zagorje pri Pivki - 2016, Trieste) ha lavorato a Trieste e appena dopo il pensionamento si è dedicata interamente all'arte. Ha realizzato dipinti e anche grafiche soprattutto acqueforti e incisioni su linoleum. I suoi temi preferiti sono il paesaggio carsico, i fiori, le nature morte, i ritratti... Per il suo lavoro ha ricevuto diversi premi.

    Marjan Kravos (1948, Trieste) all'Accademia di Belle Arti di Lubiana si è laureato in pittura e ha ultimato il corso post-laurea in grafica. Ha insegnato storia dell'arte e grafica; fino al pensionamento è stato per lunghi anni direttore tecnico e scenografo al Teatro Stabile Sloveno di Trieste. Ha realizzato numerose grafiche, negli ultimi anni si dedica agli ex libris. Per il suo lavoro ha vinto numerosi premi.

    Klavdij Palcic (1940, Trieste) si è laureato presso il Liceo Artistico di Venezia. Ha insegnato disegno e storia dell'arte nelle scuole slovene di Trieste e Gorizia. Nel 1977 presso l'Editoriale stampa triestina ha fondato lo studio grafico Graficenter. Si occupa di pittura e grafica ma anche di illustrazione, scenografia e costumografia. Nei suoi lavori si dedica soprattutto alle relazioni tra spirito e materia, tra l'uomo e l'ambiente.

    Claudia Raza (1943, Cividale) autrice poliedrica - pittrice, grafico e poetessa. A Venezia, ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica ed è stata tra i fondatori del laboratorio di grafica e stampa d'arte La Bottega del Tintoretto. Per realizzare le sue grafiche utilizza tecniche classiche e sperimentali. Nei suoi libri d'artista combina poesia e grafica. I sui temi preferiti sono la natura, soprattutto il Carso e le foci del Timavo.

    Lojze Spacal (1907, Trieste - 2000, Lubiana) ha studiato presso diverse scuole d'arte in Italia. E' un importante rappresentante di fama mondiale dell'arte grafica contemporanea. Ha partecipato alla Biennale di Venezia negli anni 1948, 1954 e 1958. Nelle sue opere dominano i motivi del Carso. Nel 1974 ha ricevuto il premio Prešeren alla carriera. Alla sua opera è dedicata la Galleria di Lojze Spacal di San Daniele del Carso.

    Franco Vecchiet (1941, Trieste) dopo aver studiato grafica a Urbino si è perfezionato a Venezia, Parigi e presso l'Accademia di Belle Arti di Lubiana. Il suo lavoro comprende pittura, grafica, collage e installazioni. L'espressione artistica di Vecchiet permette di vivere e interpretare liberamente le strutture che generano l'impressione del rilievo. Nel 1989 gli è stato conferito il Premio della fondazione Prešeren per la grafica. Organizza e guida laboratori di grafica.

    Edvard Zajec (1938, Trieste) dopo il trasferimento della famiglia negli Stati Uniti vi ha frequentato la scuola d'arte, poi si è laureato in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Lubiana. Per lo studio post-laurea si è recato nuovamente negli Stati Uniti all'Università dell'Ohio. Nel periodo 1970 e 1980 è tornato a Trieste per realizzare le sue idee nel campo della grafica al computer assieme a Matjaž Hmeljak. E' ritenuto uno dei pionieri della grafica al computer a livello mondiale. A Syracuse (New York, Stati Uniti), nella università, ha insegnato grafica al computer.

    Boris Zulian (1944, San Giuseppe della Chiusa - 2013, Trieste) ha studiato alla scuola d'arte di Trieste e si è laureato in arti figurative a Padova, in seguito ha completato il corso di restauro presso l'Accademia di Belle Arti e Design di Lubiana. Ha insegnato presso le scuole slovene e si è occupato di restaurato. Come pittore e grafico, ha raffigurato, con colori vivaci, i motivi astratti della natura, in particolare del paesaggio del Carso e dell'Istria. (Comunicato stampa)

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    La grafica d'arte degli Sloveni d'Italia, di Denis Volk (Mostra, 2020)

    Elisa Vladilo. Interventi ambientali 1995-2019 (Mostra, 2020)

    Sea by the City | Morje ob Mestu (Mostra, 2018)

    Premio Darko Bratina. Sette giornate di proiezioni e incontri tra Italia e Slovenia dedicate al regista croato Dalibor Matanic

    Artisti sloveni (Mostra, 2008)

    Kaja Avberšek e Stefano Ricci (Mostra su fumetti e animazione, 2014)




    Waterline XII
    Concorso internazionale di design - 12esima edizione
    Ena Priselec (Croazia) e Dominik Uhlír (Repubblica Ceca) vincono il Premio Gillo Dorfles 2016

    www.triestecontemporanea.it

    Vittoria ex aequo del Primo Premio Gillo Dorfles da parte di Ena Priselec e Dominik Uhlír. Waterline è stata la terza ideale tappa di una serie di edizioni di questo concorso biennale accomunate da un particolare tipo di ricerca legata alla storia e al territorio. Con Double Track nel 2012 era iniziata una staordinaria mappatura di oggetti del recente passato, di uso quotidiano, di design anonimo del Centro Est Europa, dai quali i progettisti sono partiti per disegnare un nuovo oggetto (o dare nuova vita a quello vecchio). Due anni dopo con Map Pin la mappatura è continuata, con le puntine sulla carta geografica a segnalare beni culturali, artistici, materiali o immateriali, per i quali i partecipanti hanno realizzato kit turistici d'autore. E per finire nel 2016, con Waterline, l'attenzione è stata dedicata a una nuova idea e un oggetto sulla vita, il lavoro e lo svago sull'acqua in Europa.

    L'acqua è una risorsa fondamentale. Una vasta serie di attività umana - riguardanti sia il lavoro che lo svago - coinvolgono l'acqua. L'Europa è circondata dal mare ed è disseminata di fiumi e laghi. Questo elemento naturale è inestricabilmente legato alla vita dell'uomo europea ed ha un ruolo sia di unione che di separazione economica e geopolitica. I mezzi di navigazione commerciale e di diporto, gli strumenti e le costruzioni utilizzate per svolgere attività che coinvolgono l'acqua, fanno parte di un importante comparto produttivo che, sempre più, deve rispondere in maniera specializzata alle vecchie e nuove richieste di questo settore.

    La giovane designer croata sceglie di partire dalla šterna, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, molto diffusa nelle città costiere e insulari della Croazia. Situate nella piazza principale, le cisterne sono state il luogo simbolico della vita sociale di questi piccoli centri, punto di effettivo risparmio e condivisione di una risorsa vitale e preziosa come l'acqua. Da questa antica usanza la Priselec disegna un oggetto per la casa, che nella forma ricorda un tradizionale secchio. Il progetto vincitore aggiunge alla funzione di raccogliere l'acqua quella di purificarla con uno speciale filtro. Radicato nella tradizione, è dunque un invito al risparmio e alla consapevolezza delle limitate risorse naturali, al riuso intelligente e alla condivisione.

    Il progettista ceco individua come punto di partenza del suo progetto l'impianto idroelettrico di Dlouhe Strane, in Moravia: una centrale con sistema di pompaggio e un lago artificiale di 15 ettari situato a 1.350 metri sul livello del mare. Il luogo è una straordinaria commistione di bellezza naturale e archeologia industriale ed è la fonte di ispirazione "acquatica" per l'oggetto finale che ha vinto il Premio Dorfles. La forma del lago, con i contorni delineati sulla cima tronca della montagna, molto caratteristica e facilmente riconoscibile, si presta come originale ispirazione per un oggetto d'uso contemporaneo. Una ciotola/contenitore in silicone che si può facilmente adattare a diversi usi capovolgendone la base o la punta. (Comunicato stampa)




    Locandina del Premio Darko Bratina Dalibor Matanic Premio Darko Bratina. Omaggio a una visione
    Sette giornate di proiezioni e incontri tra Italia e Slovenia dedicate all'opera del regista croato Dalibor Matanic


    22-29 novembre 2016
    www.kinoatelje.it

    Il "Premio Darko Bratina. Omaggio a una visione 2016", è un festival monografico interculturale e transfrontaliero, diffuso su un territorio a cavallo del confine italo-sloveno con tappe a Gorizia, Nova Gorica, Trieste, Lubiana, San Pietro al Natisone, Isola e Udine. Una manifestazione che insegue autori dall'occhio attento alla società, per comprenderla e comunicarla: negli anni passati sono stati premiati Maja Weiss, Srdjan Vuletic, Jan Cvitkovic, Aljoša Žerjal, Demetrio Volcic, Edi Šelhaus, Želimir Žilnik, Adela Peeva, Petra Seliškar, Harutyun Khachatryan, Laila Pakalnina e Villi Hermann.

    Come da tradizione, Premio Darko Bratina propone un evento di anteprima prima di iniziare una nuova edizione, quest'anno in calendario dal 22 al 29 novembre 2016. Si parte quindi con una serata che avrà come ospite d'onore Želimir Žilnik, regista serbo che nel 2006 ottenne il riconoscimento dedicato alla memoria del compianto sociologo goriziano. Il regista invitato dal Kinoatelje fin dagli anni Novanta è riconosciuto, nei Paesi della ex Jugoslavia, come un autore politicamente provocatorio e socialmente impegnato. Sarà un'occasione per conoscerlo meglio indagandone la filmografia e le sue ultime produzioni. In particolare al Kinemax si potranno apprezzare, a ingresso gratuito e sottotitolati in italiano, due dei suoi lavori.

    Il primo film, alle 18.00, Una donna - Un secolo (Serbia, 2011) ed è un ritratto del Novecento visto e vissuto da una donna centenaria. Basato su testimonianze, interviste e ricostruzioni, ha al centro la figura di Dragica Srzentic - ancora viva all'epoca delle riprese -, colei che nel lontano 1947 portò a Stalin a Mosca il "deciso no" di Tito. Attraverso la biografia della protagonista, si svelano lati inediti delle traiettorie intellettuali e ideologiche jugoslave, dall'Impero Austro-Ungarico all'odierna Serbia. Alle ore 20.30 si prosegue con la visione del docu-drama Destinazione Serbistan (Serbia, 2015), girato da Žilnik nel 2014. Il regista segue clandestini e richiedenti asilo scappati dalla povertà e dalle guerre in corso in Africa del Nord e in Medio Oriente in varie località del suo Paese. Attraverso le vicende personali di alcuni tra loro, il film svela il contesto socio-politico con cui i rifugiati si trovano a fare i conti.

    L'edizione 2016 è tutta dedicata al giovane, pluripremiato e prolifico regista croato Dalibor Matanic (Zagabria, 1975). In sette giornate si potranno scoprire i suoi film, tra incontri, dibattiti e proiezioni che si terranno tra Italia e Slovenia. Gorizia, Nova Gorica, Lubiana, Isola d'Istria, Udine, San Pietro al Natisone e Trieste sono le località interessate dal festival monografico itinerante proposto dal Kinoatelje in memoria del suo fondatore, il sociologo, politico e critico cinematografico Darko Bratina. L'associazione ha scelto di offrire il suo massimo riconoscimento, quest'anno, a un voce di spicco, singolare e originale, del cinema croato.

    I suoi film sono regolarmente presenti ai festival e ricevono numerosi premi. In patria ha totalizzato già tre Arene d'oro per la miglior regia e sei Premi della critica. Il suo nono lungometraggio, Zvizdan, prodotto da Kinorama in coproduzione con la slovena Gustv Film e la serba See Film, è stato distribuito anche in Italia dalla Tucker Film con il titolo Sole alto. Quest'opera ha ottenuto il premio della giuria nella sezione "Un certain regard" al Festival di Cannes. Il film è candidato all'Oscar, votato tra i 15 film europei dell'anno, riceve 28 premi internazionali e viene venduto in oltre 60 Paesi, tra cui l'Italia, dove è visto da più di 50.000 spettatori.

    Votato al presente, Matanic fa parte della prima vera generazione post jugoslava di registi la cui opera è svincolata dalle categorie tradizionali di autorialità e artisticità. La sua produzione, davvero cospicua nonostante la giovane età, è il risultato del tentativo di raccontare la Croazia degli anni 2000 senza farsi condizionare dal passato. Ma non è solo a Est che guardano le opere di questa rassegna. L'autore infatti si ispira più all'America che alla produzione regionale. Il suo film di debutto, ad esempio, deve molto al celebre Clerks - Commessi (1994) di Kevin Smith. Nel suo percorso ci sono soprattutto le relazioni, spesso con il rapporto tra genitori e figli, presente in quasi tutti i film. Per capire meglio le sue produzioni si parte da Udine, martedì 22 novembre al Cinema Visionario alle 19.

    Alla presenza dell'autore verranno proposti due suoi cortometraggi: Zabava - La festa (2009, 15') e Suša- Siccità (2002, 14'), seguiti dal lungometraggio Kino Lika (2008, 122'). Mercoledì 23 al Palazzo del cinema di Gorizia ci sarà un masterclass con l'autore e gli interventi di Nicola Falcinella e Denis Valic dalle 9 alle 18, dove i partecipanti potranno veder varie sue opere. Sempre qui ci sarà la serata d'onore con il regista, dove, dalle 20, si potrà visionare il suo apprezzato Sole alto, (2015, 123'), distribuito in Italia dalla Tuckerfilm. Giovedì 24 ci si muove tra Gorizia e Nova Gorica. Nella cittadina slovena ci sarà un proiezione per le scuole di Sole alto mentre al Trgovski dom di Gorizia, dalle 18, si terrà un interessante dibattito con il regista basato sulla sua serie tv Novine (2016) che analizza Il ruolo dei media nella società contemporanea e l'influenza della politica e del capitale.

    L'incontro sarà condotto dalla giornalista Vida Valencic. Venerdì 25 ci si sposta a Isola, all'Art Kino Odeon, dove dalle 20 si potranno vedere di nuovo il cortometraggio Suša seguito dal film Blagajnica hoce ici na more - La cassiera vuole andare al mare, (2000, 86'). Sabato 26 il Premio tocca Lubiana. Alla Slovenska kinoteka si potranno vedere dalle 18 i corti Sretno! - Buona fortuna (1999, 35'), Zabava- La festa, (2009, 15') e Mezanin - Mezzanino, (2011, 14') seguiti, dalle 20, dal film Fine mrtve djevojke - Belle ragazze morte (2002, 77').

    Ancora, domenica 27 novembre dalle 20 all'Istituto per la cultura slovena di San Pietro al Natisone si potranno apprezzare Sretno! (1999, 35') e Bag (1999, 20'). Il primo è ambientato nel 1998, quando le autorità decisero la chiusura definitiva dell'ultima miniera di carbone di Tupljak, ad Albona (Hr). Con questa mossa, trecento minatori rimangono senza lavoro. E' proprio in questo momento che nell'ormai ex miniera entrano in scena i membri del movimento artistico Labin Art Express.

    Nel 1999 questo film, presentato a diversi festival internazionali, ha ricevuto il Premio speciale per la fotografia alle Giornate del cinema croato e nello stesso anno anche il Premio Kodak al Festival di Montona. Il secondo lavoro, dal titolo Bag, è girato invece a Karlobag, una trafficata cittadina ai piedi dei Monti Velebiti con pochi abitanti ma molti camion, quasi sempre esposta a una Bora fortissima. Il documentario ha ottenuto il riconoscimento speciale della giuria per il direttore della fotografia al Festival Dani Hrvatskog Filma nel 1999 ed è stato presentato a prestigiose rassegne cinematografiche come il Festival cinematografico di Edimburgo.

    Il programma si chiude martedì 29 al teatro Miela di Trieste dove alle 18 verrà proposto di nuovo Kino Lika, film seguito, dalle 20.30, da Bag e Oce- Papà (2011, 70'), alla presenza dell'attrice Judita Frankovic. Il festival è organizzato con il contributo di Regione FVG, Fondazione Carigo, Palazzo del cinema e Slovenski filmski center e con la collaborazione di: Slovenska kinoteka Lubiana, Kulturni dom Nova Gorica, Palazzo del Cinema /Hiša filma, Dams Cinema - Università degli Studi di Udine, Akademija umetnosti Univerze di Novi Gorica, Corso di laurea Science politiche e diplomatiche di Trieste, Univerza na Primorskem - Fakulteta za humanisticne študije, Trgovski dom Gorizia, Slori, Transmedia, Isk, Smo - Krajinski pripovedni muzej, Zavod Otok, Art Kino Odeon Isola, Casa del cinema di Trieste, società cooperative Bonawentura e Anno uno, Centro Espressioni Cinematografiche di Udine, Tucker film. (Comunicato Ufficio stampa Emanuela Masseria)




    Immaginando i Balcani
    Identità e memoria nel 19esimo secolo


    08 aprile - 25 agosto 2013
    Museo Nazionale di Slovenia - Lubiana
    www.nms.si

    Per la prima volta i musei di Storia nazionale degli stati del Sud-Est europeo hanno messo insieme e a confronto le rispettive collezioni e le storie nazionali. La mostra è strutturata in dieci aree tematiche, invece che su parallele storie nazionali: Vivere nel mondo antico; Viaggiando, comunicando; Un nuovo ordine sociale: lo sviluppo della classe media; Creazione e diffusione del sapere; Mappatura; Usare la Storia, creare Eroi; Celebrazioni pubbliche; Immagine della Nazione. La mostra sarà poi allestita in Serbia (Belgrado) e in Romania (Bucarest) da settembre a dicembre 2013.

    Il progetto è coordinato dall'Unesco nel quadro della iniziativa "Cultura: un ponte per lo sviuppo". Partecipano i seguenti musei: Museo di Storia Nazionale (Albania), Museo della Repubblica Srpska (Bosnia-Erzegovina), Museo di Storia Nazionale (Bulgaria), Museo di Storia Croata (Croazia), Museo Municipale Leventis di Nicosia (Cipro), Museo Storico Tedesco (Germania), Museo Storico Nazionale (Grecia), Museo Nazionale del Montenegro (Montenegro), Museo Storico Nazionale di Romania (Romania), Museo Storico della Serbia (Serbia), Museum of Macedonia (Fyrom - Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), Museo Nazionale di Slovenia (Slovenia).




    Dan Oki: esplorazioni interiori e legami sociali
    Retrospettiva cinematografica


    25-26-27 gennaio 2013
    Cinema Filmstudio - Roma
    Presentazione rassegna




    Icona bizantina Tesori del patrimonio culturale albanese
    24 gennaio - 07 aprile 2013
    Palazzo Madama - Museo Civico d'Arte Antica - Torino
    www.palazzomadamatorino.it

    La mostra propone un itinerario attraverso il patrimonio storico-culturale dell'Albania dalla Preistoria al XVII secolo e consente di riscoprire le componenti europee di alcune delle civiltà formatesi sulla costa orientale del mare Adriatico. Le 150 opere raccolte nella mostra, organizzata per il centenario dell'indipendenza dell'Albania (1912), raccontano la millenaria vicenda della sedimentazione e della trasformazione della cultura di un popolo che affonda le sue radici nell'età preistorica per poi aprirsi alle influenze greco-ellenistiche, a quelle della Roma imperiale e, nel Medioevo, accogliere i segni della civiltà dei comuni italiani, fino all'ingresso nell'orbita dell'impero ottomano (1479).

    Le tracce di questa lunga trama storica sono documentate da reperti archeologici di uso comune (vasellame, scultura, bronzi, gioielli) e da oggetti di culto (tra cui uno splendente nucleo di icone) che vanno dal neolitico al XVIII secolo. Se la mostra rappresenta, da un lato, un'occasione per riscoprire le radici europee dell'Albania, dall'altro intende delineare l'antico e profondo rapporto con l'Italia, che da secoli dialoga e collabora con l'Albania.

    Il percorso espositivo, organizzato cronologicamente e curato dal prof. Apollon Baçe, Direttore dell'Istituto dei Monumenti della Repubblica d'Albania, prende avvio dalla Preistoria, con oggetti in ceramica, gioielli, armi, statue dell'Antico Neolitico, dell'età del bronzo, dell'età del ferro e del periodo arcaico; vasi, manufatti, statue, ritratti, monete, stele istoriate illustrano l'Antichità, dal periodo ellenistico e romano, sino ad arrivare all'Alto Medioevo.

    Gran parte di questo tesoro è stato portato alla luce grazie all'opera di ricerca e scavo di archeologi albanesi ed europei, tra cui anche alcuni italiani, come Luigi Ugolini (1895-1936). Il percorso giunge infine all'epoca bizantina presentando al pubblico una selezione di oggetti della liturgia bizantina, molti dei quali esposti per la prima volta in Italia e realizzati tra il XII e il XVIII secolo: pur nella fissità dei modelli figurativi, le icone presenti in mostra illustrano la ricezione della pittura italiana del Trecento e le trasformazioni apportate dal maestro Onufri e dalla sua scuola, confermando l'estrema permeabilità della cultura albanese. Il catalogo, pubblicato da Gangemi Editore, oltre a uno studio inedito di Apollon Baçe sulle icone bizantine, include saggi di Neritan Ceka, Shpresa Gjongecaj e Sandro De Maria.




    Alija Akšamija, ritratti di Bosnia
    06 dicembre 2012 - 31 gennaio 2013
    Biblioteca Statale Stelio Crise - Trieste

    Prosegue l'approfondimento e la valorizzazione della figura di Ivo Andric (1892-1975), iniziato nel 2011 in occasione del 50° anniversario dalla consegna del Premio Nobel per la letteratura nel 1961. Dopo la mostra storico documentaria realizzata in occasione del 120° anniversario della nascita e la presentazione della Bibliografia Generale delle sue opere, si vuole rendere omaggio a questo intellettuale europeo, che operò come funzionario diplomatico a Trieste, da sempre in rapporto con le terre nelle quali Ivo Andric è cresciuto. Le iniziative - a cura di Mila Lazic e Massimiliano Schiozzi, per l'associazione culturale Cizerouno - sono state ideate come elementi di un progetto biennale (2011-2012).

    Alija M. Akšamija (Rogatica, Bosnia Erzegovina, 1919), è il pioniere della fotografia nella Jugoslavia socialista. Vive a Sarajevo, ma ha trascorso la maggior parte della vita a Višegrad, la città di Ivo Andric, e nella Bosnia dell'est, che sono state per entrambi fonte di ispirazione. Si forma a Sarajevo, Belgrado e negli Stati Uniti. Dopo l'assegnazione del premio Nobel a Ivo Andric, nel 1961, Akšamija scatta tre ritratti dello scrittore accanto al ponte di Mehmed Paša Sokolovic, a Višegrad, il famoso ponte sulla Drina dell'omonimo romanzo. Queste fotografie saranno i ritratti più frequentemente utilizzati e diffusi, tanto da essere ancora oggi le prime immagini che si associano a Ivo Andric.

    La mostra documenta la creatività e lo sguardo sempre nuovo con il quale il fotografo ha guardato alla sua terra. La sua continua ricerca gli ha portato molti riconoscimenti e premi nazionali e internazionali (FIAP, EUROPHOT, USUF), e nel 2008 un premio alla carriera. Questa esposizione è la prima mostra personale in Italia di Alija M. Akšamija ed è realizzata in collaborazione con la Comunità Nazionale Bosniaca di Zagabria. Akšamija è un maestro della fotografia del '900. La sua opera documenta quasi tutti i campi nei quali un occhio come il suo può operare: dalla documentazione storica alla fotografia sociale, dal paesaggio al ritratto, fino alle più raffinate ricerche formali che sfiorano l'astrazione. In questa mostra antologica, le sue immagini in bianco e nero, misurate, pacate, "solide", ci faranno conoscere una Bosnia di Andric che forse pochi hanno saputo registrare con tale sapienza e poeticità.




    Aftermath Changing cultural landscape - Tendenze della fotografia post-jugoslava 1991-2011
    27 ottobre 2012 - 20 gennaio 2013
    Parco 2 - Pordenone
    www.artemodernapordenone.it

    La mostra, a cura di Dejan Sluga, intende esplorare la produzione fotografica dell'ex Jugoslavija, dagli anni '80 ad oggi. In questo intervallo temporale, radicali cambiamenti politici e sociali nella regione dei Balcani hanno profondamente trasformato anche la cultura della fotografia, condizionandone la successiva evoluzione espressiva. Agli anni '80 risale una forte e fervida tradizione fotoamatoriale e di club fotografici diffusi in tutte le Repubbliche che facevano parte della Ex Jugoslavija. Questa tradizione si è evoluta nell'attuale concezione della fotografia.

    Verranno esposte 150 opere di circa 40 fotografi in rappresentanza di tutte le Repubbliche incluse nella ex Jugoslavia. La dimensione documentaria della fotografia ha subito alcuni cambiamenti durante gli anni '90, con l'avvio di progetti visivi più concettualistici legati alla più complessiva evoluzione del sistema dell'informazione, della stampa e del giornalismo. Gli autori hanno superato il paradigma del bressoniano momento decisivo introducendo novità formali e iconografiche con la riscoperta dell' intimismo, illustrato da annotazioni giornaliere: queste tendenze sono state percepite in particolare nel lavoro dei giovani artisti che hanno studiato alla FAMU di Praga.

    Questo approccio, che impartisce una profondità metaforica agli oggetti documentati, è caratteristico della maggior parte delle serie prodotte nell'ultimo decennio. Dal tradizionale paesaggio naturale e urbano, nel passato esaltato in particolare dai pittorialisti, i fotografi contemporanei hanno sviluppato nuovi percorsi visivi più razionali e concettuali. La relazione fra oggetto e spazio genera a volte la costruzione di una nuova realtà in virtù di esperimenti, manipolazioni prospettiche, esplorazione di una natura digitale.




    Locandina del Balkan Florence Express 2013 Balkan Florence Express
    1a edizione, 26-29 novembre 2012
    Cinema Odeon - Firenze
    www.balkanflorenceexpress.org - www.50giornidicinema.com

    Rassegna sulla cinematografia proveniente dalla penisola balcanica, vicina all'Italia, ma che ancora non ha molti scambi con il nostro paese, grazie a film provenienti dagli stati che la compongono: Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Albania. Organizzato in collaborazione con i maggiori festival dell'area - il Crnogorska Kinoteka (Montenegro), Sarajevo Film Festival e Association Film Makers of Bosnia Erzegovina, PriFilmFestival (Kosovo), Cinedays (Macedonia), Restart e Croatian National Cinema Archive (Croazia), Tirana Film Festival (Albania), FreeZoneFestival e Dokukino (Serbia). Il pubblico ha premiato due film dalla Bosnia Erzegovina e un di produzione Serba: 1° classificato Snow, di Ajda Begic; 2° Belvedere, di Ahmed Imamovic; 3° A letter to dad, di Srdjan Keca.

    Programma

    - 26 novembre

    .. ore 15.30, Perseverance... spirit... breath (Opstajanje... duh... dah)
    regia di Momir Matovic, Montenegro, 2011, 59'
    In Montenegro le esigenze della società moderna hanno cambiato radicalmente molte relazioni, trasformando le abitudini delle comunità tradizionali.

    .. ore 16.40, The albanian (Der albaner)
    regia di Johannes Naber, Germania/Albania, 2010, 105'
    Dopo una serie di drammatici eventi Arben decide di partire con la fidanzata Etleva per Berlino, rincorrendo il sogno di un nuovo inizio.

    .. ore 18.30, Cinema Komunisto
    regia di Mila Turajlic, Serbia, 2010, 100'
    Il documentario racconta la nascita e lo sviluppo dell'industria cinematografica jugoslava e la storia della casa di produzione Avala Film e della monumentale Filmski Grad. Film è stato premiato al Trieste Film Festival (2011).

    .. ore 20.30, Tilva RoŠ
    regia di Nikola Ležaic, Serbia, 2010, 99'
    Finite le scuole superiori, Toda e Stefan trascorrono l'estate girando videoclips e passando il tempo con una vecchia amica appena rientrata dalla Francia, Dunja. Sullo sfondo della cittadina mineraria di Bor.

    .. ore 22.00, Belvedere
    regia di Ahmed Imamovic, Bosnia Erzegovina, 2010, 90'
    Una famiglia di Srebrenica vive nel campo profughi Belvedere. Qui un giovane guarda al mondo del "Grande Fratello" rifiutandosi di restare ancorato al traumatico vissuto dei genitori.

    - 27 novembre

    16.00, Blue wall red door
    regia di Alban Muja e Yll Citaku, Kosovo, 2009, 33'
    Le vie di Pristina sono luogo d'incontro per i cittadini pur nell'assenza di una loro precisa denominazione.

    .. ore 16.45, The seamstress (Shivachkite)
    regia di Biljana Garvanlieva, Fyrom (ex Repubblica jugoslava di Macedonia), 2010, 26'
    Un documentario che racconta la fiorente produzione tessile in Macedonia, tutta al femminile.

    .. ore 17.30, Little love god (Mali Ljubavini bog)
    regia di Željko Sošic, Montenegro, 2011, 90'
    La vita di Nikola, medico macedone in Montenegro, viene sconvolta dall'improvvisa scomparsa della moglie Nina.

    .. ore 19.30, Family meals (Nije TiŽivot Pjesma Havaja)
    regia di Dana Budisavljevic, Croazia, 2012, 49'
    Una famiglia media croata durante una serie di colazioni e pranzi tenta di parlare di cose che realmente stanno loro a cuore.

    .. ore 20.35, Mother of asphalt (Majka ASfalta)
    regia di Dalibor Matanic, Croazia, 2010, 107'
    Mara trova il coraggio e la forza di lasciare il marito e tenta di ricostruirsi una vita.

    .. ore 22.40, Punk's not dead/Punkot ne e Mrtov
    regia di Vladimir Blaežvski, Macedonia, 2011, 104'
    Mirsa, ex star punk di Skopje, viaggia lungo la penisola balcanica per rimettere insieme la vecchia band e partecipare ad un importante evento musicale.

    - 28 novembre

    .. ore 16.00, Not a carwash (s'ËshtË Lavah)
    regia di Gentian Koçi, Albania, 2012, 49'
    L'unica sala cinematografica della capitale Tirana rischia di divenire uno spazio commerciale; studenti, professori, attivisti e amanti del cinema scendono in piazza per evitarne la chiusura.

    .. ore 17.00, The Blocake (Blokada) di Igor Bezinovic, Croazia, 2012, 93'
    Nel 2009 gli studenti della Facoltà di scienze umanistiche di Zagabria manifestano contro la privatizzazione del sistema educativo nazionale con il sostegno di parte del corpo docente, ben presto seguiti da numerose altre facoltà. Documentario sulla più lunga e significativa protesta avvenuta in Croazia dagli anni '70.

    .. ore 19.30, A letter to dad (Pismo Tati) regia di Srdjan Keca, Serbia, 2011, 48'
    Nel tentativo di dare un senso al suicidio del padre, il regista si serve di vecchie foto, video e lettere per ricostruire la storia della propria famiglia.

    .. ore 20.35, Amnesty
    regia di Bujar Alimani, Albania, 2011, 83'

    .. ore 22.10, Josef
    regia di Stanislav Tomic, Croazia, 2011, 90'
    Dopo la disfatta dell'esercito austroungarico in Galizia un soldato croato ruba la piastrina di un caduto assumendone l'identità. La piastrina, su cui è inciso un nome: Josef. Il film prende spunto dalle voci sull'incerto passato di Tito.

    - 29 novembre

    .. ore 16.00, Years eaten by lions (Godine kaje su pojeli lavovi)
    regia di Boro Kontic, Bosnia Erzegovina, 2010, 59'
    Il regista ripercorre le storie dei giornalisti che durante la guerra nella ex Yugoslavia utilizzarono i media per fomentare tensioni etniche.

    .. ore 17.20, Village without women (Selo bed ena)
    regia di Srdjan Šarenac, Bosnia Erzegonvia, 2010, 83'
    In Serbia, isolato sulla cima di una montagna, sorge il villaggio di Zabrdje abitato da quattro uomini. Uno di essi Zoran, ha 35 anni e si vuole sposare. L'unica soluzione sarebbe trovare una moglie in un villaggio a pochi chilometri in Albania.

    .. ore 19.00, premiazione concorso fotografico "I Balcani in Italia Oxfam Italia"

    .. ore 20.10, Sevdah
    regia di Marina Andree, Croazia/Bosnia Erzegovina, 2009, 66'
    Il documentario è un viaggio emotivo e personale attraverso le tradizioni musicali della Bosnia.

    .. ore 21.30, Snow (Snijeg)
    regia di Aida Begic, Bosnia Erzegovina, 2008, 99'
    Gli ultimi abitanti di Slavno, sopravvissuti alla devastazioni delle guerre, si ritrovano a dover far fronte al sopraggiungere dell'inverno ma anche all'arrivo di due uomini di affari che vogliono comprare il villaggio.

    - 30 novembre

    .. ore 18.00, Dimmi che destino avrò
    regia di Peter Marcias, Italia, 80' Anteprima per la Toscana all'Auditorium Stensen.




    Logo Beo Project Opera di Iva Kontic Iva Kontic: Mechanical Dream
    06 luglio - 01 settembre 2012
    Beo_Project - Belgrado
    www.beoproject.org

    Lo sviluppo dell'industria automobilistica in Jugoslavia ha avuto un ruolo fondamentale per la modernizzazione del paese, influendo notevolmente sulla quotidianità della popolazione. Fin dagli inizi degli anni '60, dapprima intesa come centro di assemblaggio per i produttori stranieri, e in seguito soprattutto con la produzione della Zastava 750 e 101, la fabbrica d'automobili Crvena Zastava ha contribuito alla creazione dell'identità nazionale Jugoslava.

    Seppur con i paradossi della società e del sistema che l'ha creata (es. la produzione automobilistica era maggiore alla domanda di acquisto), l'autovettura Zastava rappresentava una specie di sogno meccanico, sinonimo di un Occidente progressivo del 20esimo secolo. La disgregazione della Jugoslavia negli anni '90, e il conseguente collasso della sua economia, comprensivo del fallimento della fabbrica della Crvena Zastava, hanno hanno messo in discussione i valori di tale identità. Mechanical Dream è una installazione multimediale commissionata per il Premio Cairo 2011, presso il Museo della Permanente a Milano. La serie delle cinque fotografie reinterpretano vecchie pubblicità dei diversi modelli di automobili Zastava in differenti epoche.

    Ogni fotografia é un emblema delle strategie di marketing e dei valori del periodo: ingenui ed entusiasti della realtà consumistica, imitano i modelli occidentali con tutti i loro meccanismi di seduzione e di fabbricazione dei desideri. Una dicotomia narrativa è contenuta nella serie, infatti mentre gli automobili sono esposte in un contesto contemporaneo, l'artista ritrae se stessa come protagonista ricostruendo lo stile e i costumi delle pubblicità originali. Il video introduce lo spettatore direttamente nella realtà locale di Crvena Zastava. Il susseguirsi d'inquadrature statiche e in movimento mostrano l'attuale architettura della fabbrica e della città di Kragujevac dove il complesso industriale è situato.

    La narrazione è costituita dalle interviste con i dipendenti, ma la scelta da parte dell'artista di utilizzare una monotona lettura delle loro dichiarazioni ha neutralizzato il pathos derivante dalle paure e dalle aspettative in seguito al cambiamento. L'inserimento di vecchi filmati pubblicitari dell'azienda trovati su YouTube, interrompono ulteriormente la struttura narrativa arrichendo il video di una sfumatura ironica. L'installazione comprende anche un quadro di dimensioni panoramiche. Lo stile del dipinto ricorda il genere storico-fantasy della tradizione pittorica dell'Europa Occidentale, mentre contiene un patchwork composto da frammenti di giornali che documentano alcuni dei più recenti eventi economici e politici.

    Iva Kontic (1982, www.ivakontic.com) ha studiato pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, e ha ottenuto il suo MFA in Fine Art presso il Goldsmiths College di Londra. Attualmente svolge il dottorato in arte multimediale presso l'Università delle Arti di Belgrado. Ha partecipato a numerose rassegne internazionali, festival d'arte e video: MADATAC, EMAF, Espacioenter, Mikser Festival, Catodica, Videoart Yearbook, Biennial Tehran, etc. E' stata finalista in diversi premi d'arte e ha vinto CAC Trust Award nel 2009. 2010/11 studi residenza a Woodmill Project, Londra.

    Beo_Project, primo spazio espositivo italo-serbo a Belgrado, diretto da Zara Audiello in collaborazione con l'Associazione 22:37, situato nel centralissimo quartiere di Vracar, è una project room nata con l'intenzione di presentare progetti creativi con un prospettiva contemporanea. La scelta di aprire uno spazio a Belgrado è consequenziale alla ricerca, infatti da alcuni anni l'interesse curatoriale della direttrice è orientato ad Est, un mondo pieno di potenzialità ancora troppo poco discusso. Il suo obbiettivo principale è quello di creare uno spazio per artisti e curatori per teorizzare, condividere e realizzare idee. Questo può assumere molteplici forme, quali mostre, eventi, workshop, collaborazioni, e progetti d'arte basati sull'educazione e la partecipazione della cittadinanza. (Estratto da comunicato stampa)




    Immagini di una cultura in viaggio. Incontri con il cinema croato
    11-14 novembre 2010
    Cinema Trevi - Roma

    Rassegna cinematografica con film di Nikola Tanhofer, Ivan Livakovic, Vinko Bresan, Damir Cucic, Dalibor Matanic, Oktavijan Miletic, Zvonimir Berkovic, Zlatko Grgic, Boris Kolar, Ante Zaninovic, Arsen Anton Ostojic, Krsto Papic, Biljana Cakic Veselic, Zvonimir Juric, Goran Devic, Dusan Vukotic, Kreso Golik, Hrvoje Juvancic, Zoran Tadic, Snjetana Tribuson, Branko Schmidt.

    Presentazione rassegna




    Ana Opalic: Afterwards
    termina il 15 dicembre 2009
    Galleria Allegretti Contemporanea - Torino
    www.allegretticontemporanea.it

    Per la prima volta in Italia la personale di Ana Opalic (Dubrovnik, 1972), affermata fotografa e video artista croata. Gli scatti in bianco e nero (dimensioni cm40x50) sono stati realizzati nella primavera del 2006 sulle colline che circondano Dubrovnik, quindici anni dopo il termine del conflitto che segnò il territorio dal 1991 al 1995, dove si verificarono scontri diretti fra le forze croate e jugoslave. Saranno inoltre esposti i lavori appartenenti alle serie Self-portraits, Mine Fields (Croazia, primavera 2009), Mass execution sites (Bosnia, estate 2009), Mass grave sites (Croazia, Bosnia - primavera / estate 2009) e Untitled (Zagreb, primavera 2008).

    "Volevo sapere cos'avrei trovato sulle terre che, nella mia mente, fin dall'inizio della guerra, concepivo come scene del crimine. Il disagio che provavo nel percorrere i sentieri era generato dall'idea di quello che vi era successo, probabilmente esattamente in quel punto, o è possibile percepire il passato e la storia di un luogo? In Self-portraits, la melanconia diviene figura retorica e scaturisce dalla relazione fra la figura dell'autrice, il modo in cui si posiziona nello spazio, e il paesaggio. In ogni inquadratura si può spesso vedere qualcosa che, nella nostra cultura, rimanda a una scena melanconica, come, ad esempio, una figura solitaria posizionata in un paesaggio selvatico, roccioso e incolto. Le fotografie di Untitled nascono, invece, come risposte a domande mai pronunciate. Quando sembra che non ci sia nulla da trovare, che ogni oggetto concreto del mio interesse sia assente, esponendo la scena ritratta, voglio vedere ciò che sarà riflesso in un'immagine che non cerca nulla." (Ana Opalic).

    Difficile immaginare qualcosa di più lontano e di più difforme dai paesaggi da cartolina, dalle vedute panoramiche come anche dalle fotografie che si soffermano sui dettagli. Qui non c'è nulla da mostrare: nessuna "veduta" e nessun dettaglio. Ana Opalic ha creato le condizioni perchè fra il vedere e il sapere si interponga uno iato significativo, sulla base di una strategia già ampiamente sperimentata da diversi linguaggi artistici nel corso del Novecento. Il teatro, in altre parole, è fatto dallo spettatore mentre l'immagine se ne sottrae o perlomeno non lo conferma. "L'essere stato" si ribalta quindi sull'osservatore, su Ana Opalic fotografa e su noi stessi nel ruolo di spettatori chiamati a condividere il suo punto di vista. In queste immagini Ana Opalic ha dunque infatti realizzato in forme visibili qualcosa di assai prossimo al concetto di "Informe" elaborato da Rosalind Krauss e Yve-Alain Bois après Bataille. (Estratto da Between emptiness and in-form, di Martina Corgnati - Milano, luglio 2009)




    Giuseppe e Pompeo Bertini, Mosaico del 1880 circa nella lunetta della porta principale della chiesa di San Spiridione Genti di San Spiridione. Serbi a Trieste
    16 luglio (inaugurazione ore 19.00) - 04 novembre 2009
    Castello di San Giusto - Trieste

    Con questa mostra il Comune di Trieste intende ripercorrere la storia della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa di Trieste, in occasione del 140esimo anniversario della consacrazione della chiesa di San Spiridione e del 240esimo anniversario della prima messa celebrata a Trieste in antico slavo ecclesiastico. I primi insediamenti serbi a Trieste risalgono al Settecento. Sono gli anni in cui la città, che l'Imperatore Carlo VI assurgeva a Porto Franco di un Adriatico in cui era finalmente permessa la libera navigazione, spiccava il volo verso la modernità, quale principale porto commerciale dell'Impero austriaco. Negli anni '70 del '700 approdavano annualmente a Trieste tra i 5 e i 6 mila bastimenti e le merci esportate superavano il valore di 6 milioni di fiorini. Numericamente la Comunità Serbo Ortodossa non raggiunse mai grandi numeri, da poche decine a poche centinaia di persone.

    Nel 1864, periodo particolarmente florido per Trieste, gli Illirici erano circa 500, i Protestanti di confessione augustana 850, di confessione elvetica 520, anglicana 350, i Greci ortodossi 1200 e gli Ebrei 4400. Eppure il ruolo dei Serbi fu significativo: l'attività marittima era di primaria importanza ma non esauriva gli interessi dei commercianti della comunità illirica, che preferivano investire gli ingenti capitali di cui disponevano in diversi settori di attività. Oltre all'acquisto e alla vendita di merci, provvedevano al loro trasporto con naviglio proprio. Per finanziare gli acquisti fondarono le prime banche private e per assicurare le merci le prime compagnie di assicurazione: alla fine del '700, su quattordici compagnie esistenti sulla piazza triestina, gli Illirici ne controllavano otto.

    Quando, il 20 febbraio del 1751, Maria Teresa emise la Patente di Riconoscimento in base alla quale a Greci e Illirici veniva riconosciuto il diritto di fondare una propria comunità religiosa e fondare una chiesa, la Comunità decise di innalzarne una dedicandola a San Spiridione. L'area scelta era nel cuore della nuova Trieste, accanto al Canal Grande. Un'area instabile, visto che un secolo dopo chiesa e campanili erano così lesionati da dover essere abbattuti. Il concorso per la nuova chiesa venne vinto da Carlo Maciachini: un edificio monumentale ispirato all'architettura bizantina sovrastato da una grande cupola centrale e attorniato da quattro campanili.

    A decorarlo furono chiamati insigni artisti lombardi, in un profluvio di mosaici e marmi preziosissimi che il restauro che si sta ora concludendo restituisce in tutta la loro bellezza e forza celebrativa. Il tempio doveva confermare a tutti il "peso" economico e culturale di una comunità piccola ma di grande prestigio e rilevanza. Una comunità i cui membri stavano innalzando anche alcuni dei più imponenti edifici privati della nuova Trieste.

    Attraverso diverse sezioni, una ricca documentazione dà risalto ai personaggi più rappresentativi che contribuirono alle fortune economiche di Trieste, attivi nel settore commerciale, marittimo, assicurativo e politico, nella beneficenza e nel collezionismo: le vicende biografiche, i volti, i palazzi, i velieri di famiglie e personaggi come i Gopcevich, i Popovich, gli Opuich o gli Skuljevich - solo per citarne alcuni - sono ricostruiti tramite ritratti, fotografie, progetti, libri, documenti d'archivio. Ampio spazio viene dedicato alle vicende architettoniche della chiesa di San Spiridione, a partire dall'originario edificio settecentesco sino ai restauri di oggi: gli acquerelli che testimoniano l'aspetto della chiesa settecentesca, i progetti chiamati a concorso nel 1859 per la realizzazione della nuova chiesa, la documentazione degli importanti lavori di restauro che hanno riguardato le facciate, i mosaici e la sostituzione del tetto della chiesa di San Spiridione e che si concluderanno alla fine di quest'anno.

    Accompagnano l'esposizione diversi manufatti liturgici: evangeliari ed oreficerie sette-ottocenteschi ed antiche e raffinate icone permettono di entrare virtualmente nella ritualità delle cerimonie religiose di confessione ortodossa. Due sezioni inoltre sono dedicate alla biblioteca ed alla scuola della Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa di Trieste, importanti istituzioni culturali che hanno perpetuato il patrimonio culturale serbo in città con le loro raccolte di preziosi documenti e antichi volumi.

    Le opere esposte provengono prevalentemente dai Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, dalla Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa di Trieste e dalla chiesa di San Spiridione, ma per garantire la completezza del percorso espositivo ci si è avvalsi delle opere d'arte di proprietà della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e di diverse istituzioni museali, tra cui il Civico Museo Revoltella ed il Museo Etnografico di Servola a Trieste, ed i Musei Provinciali di Gorizia, fornendo così anche l'occasione per ammirare opere inedite o raramente visibili. (Estratto da comunicato stampa Studio Esseci)




    Omaggio a Giulio Turci: Una storia adriatica
    Monte di Pietà - Santarcangelo di Romagna
    02 novembre 2008 - 6 gennaio 2009
    www.iatsantarcangelo.com

    Giulio Turci, scomparso giusto trent'anni fa, a Mostar era di casa. L'antica città della Bosnia Erzegovina lo vide protagonista con numerose mostre e lo celebrò riconoscendolo come componente, a tutti gli effetti, di quella comunità di artisti. Di qui la scelta del Comune di Santarcangelo di Romagna, città natale dell'artista, e della Associazione a lui intitolata, di ricordare il trentennale della scomparsa con una mostra che documentasse questa "Storia adriatica" del pittore italiano. Il primo rapporto di Turci con l'arte e la cultura dell'altra sponda dell'Adriatico, all'epoca sotto il governo di Tito, risale al 1965. Da allora la frequentazione con Mostar fu continua. Gli artisti del luogo lo riconobbero come "fratello d'arte" e vollero ospitarlo con ogni onore anche a Pocitelj, città degli artisti e tesoro dell'Erzegovina. Sue mostre vennero presentate a Mostar, Sarajevo e Belgrado.

    La sua pittura veniva ravvisata come il "frutto arcano di una affine storia remota", "una storia adriatica", appunto. "Che con stupore e commozione sia Turci sia gli artisti slavi scoprirono d'impatto essere ad entrambi comune": una rivelazione che segnò la pittura del maestro romagnolo, connotandola di poesia, di sapori antichi, di atmosfere simboliche dall'apparente "facile" lettura. Negli oli di questi anni è evidente il connubio, felice, tra il richiamo simbolico e trascendente proprio della cultura orientale e l'inclinazione occidentale al naturalismo.

    Turci morì ben prima che la città e il territorio tanto amati venissero lacerati dalla guerra. Non ebbe il dolore di vedere nei sei mesi di continui bombardamenti del 1993 i croati distruggere gran parte della città antica e frantumare, la mattina del 9 novembre, il simbolo stesso di Mostar, lo Stari Most, il celebre ponte ad arco tra le due sponde del Narenta. Da eccellente fotografo, oltre che pittore, Turci colse, nella sua seconda passione, quella per la fotografia appunto, molti aspetti, l'anima vera di Mostar e di altri centri della Bosnia-Erzegovina. E la mostra, a cura di Gabriello Milantoni, con una trentina di dipinti, una intensa sequenza di disegni (quasi appunti di un viaggio negli spazi visitati ma soprattutto dentro se stesso ed i propri giocosi fantasmi), propone anche alcune simboliche vedute fotografiche tratte dagli album personali del maestro.

    Quella che Turci ci tramanda è una Mostar che nemmeno la ricostruzione ha effettivamente restituito: una città d'arte e di artisti, un mondo sospeso tra realtà, quotidianità e fantasia. Che è lo stesso che si ritrova in molta sua pittura. Come tra i palloncini racchiusi nell'armadio, quasi idee trattenute in attesa di volare via animando di colore e poesia un mondo troppo monocorde. Le tele e le immagini fotografiche di Turci sono commentate in mostra da testi letterari e poetici desunti dalle opere di autori bosniaci (da Ivo Andric a Aleksa Santic a Svetozar Corovic), a far rivivere quel milieu culturale in cui la pittura di Turci trovò linfa e confronto.




    Sconfinamenti
    Le chiavi della convivenza nelle opere di artisti serbi ed albanesi


    termina il 15 novembre 2008
    Galleria Alexander Alvares Contemporary Art - Alessandria

    "Una nuova speranza animava l'Europa dopo la caduta del Muro di Berlino, tragico simbolo di separazione ed irriducibile alterità. La coscienza collettiva di un continente a lungo straziato dalle lotte fratricide s'illuminava in un rinnovato orizzonte di pace. Ma, presto, a raggelare le speranze, intervenne il tragico risveglio delle Guerre Balcaniche. La terra degli Slavi del Sud, magico caleidoscopio multiculturale di millenaria tradizione, subiva la dolorosa ferita della guerra civile

    L'Italia, intanto, aveva conosciuto il biblico esodo dei fuggiaschi dall'arcaico regime comunista albanese. Fino a giungere alla stretta attualità di una dichiarazione unilaterale d'indipendenza che rischia di riaprire la ferita, non ancora del tutto sanata, di una terra di confine, il Kosovo, in cui due popoli, quello serbo e quello albanese, sembrano intrecciare i loro destini in una rinnovata sfida di convivenza, non esente dai cinici giochi della geopolitica globale ed inserita in una visione di tolleranza alla cui concretizzazione l'Arte, con il suo linguaggio universale, può offrire un contributo non indifferente.

    La collettiva prevede la partecipazione di un gruppo di giovani artisti serbi nati tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento ed accomunati dalla frequentazione, con risultati d'eccellenza, dei prestigiosi corsi dell'Università delle Arti di Belgrado, istituzione di riferimento nel panorama artistico dei territori della ex - Jugoslavia, e dell'Accademia delle Belle Arti di Firenze. L'esposizione (patrocinata dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Alessandria e dal Comune di Alessandria), nel suo insieme, permetterà un'esauriente ricognizione nell'arte contemporanea balcanica, mettendo in evidenza le differenze di natura storica: un'arte albanese più legata, nella sua ispirazione di fondo, ad un realismo popolare ed intensamente lirico; un'arte serba tendenzialmente più concettuale e maggiormente attraversata, nella sua ininterrotta apertura esterna, dalle influenze delle avanguardie contemporanee.

    Ma, al di là di ogni differenza, vi è, da parte degli artisti ospiti, la ferma volontà di rivendicare, nell'attuale momento storico di destabilizzazione dei rapporti fra le diplomazie serbe ed albanesi per via della Dichiarazione di Indipendenza del Kosovo, il potere dell'arte, che permette di unire gli individui in un linguaggio universale, al di là di qualsivoglia conflitto politico e culturale." (Estratto dal testo di Emiliano Busselli, curatore - con Gian Luca Randazzo - della mostra)

    Artisti: Dragana Adamov, Nebojsa Bogdanovic, Olga Djurdjevic, Alfred -Milot- Mirashi, Alkan Nallbani, Biserka Petrovic, Parlind Prelashi, Artan Shabani, Tijana Stankovic.




    Artisti sloveni
    16-20 ottobre 2008
    ArtVerona Fiera Espositiva di Verona

    L'Europa dell'Est è stata negli untimi venti anni testimone di grandi cambiamenti a livello sociale, economico e politico. Eventi che hanno determinato un approccio diverso verso il mercato dell'arte da parte degli artisti ed un'apertura verso il panorama artistico internazionale. Gli artisti sloveni scelti per allestire la rassegna, appartengo a quella generazione che ha vissuto questo passaggio divenendo testimoni di una società in continuo mutamento e caratterizzata da molteplici contraddizioni.

    Nel particolare la Slovenia, si trova al centro di diverse realtà: germaniche-italiche e balcaniche, socialista e liberalista. La presenza di una politica culturale discontinua e i forti legami con le realtà internazionali percepite come le più affini, ha contribuito alla creazione di storie personali e ricerche artistiche eterogenee. La condizione degli operatori sloveni non differisce dalla condizione più generale del mercato dell'arte globale, che trova nello scarto tra margine e centro una forza importante. Queste esperienze trapelano nelle tele di Miha Štrukelj, che evidenziano il nostro vivere quotidiano; ma le possiamo ritrovare anche nelle grandi opere di Victor Bernik ed in quelle del duo Son:da; e nelle ossessioni fotografiche per gli edifici in rovina di Primož Bizjak.

    In modo ancora più evidente le scopriamo nelle performance della coppia Oblak-Novak, nelle istallazione di Sašo Sledacek, e nei pupazzi sonori di Tanja Vujinovic. Tobias Putrih mostra, invece, i legami concettuali e iconoclastici tra elementi del passato riproposti nel presente. Mentre, delle metafore tecnologiche del movimento delle informazioni e del loro valore sono una peculiarità delle opere del gruppo BridA. L'esposizione è stata curata dalla Galleria A+A, centro espositivo sloveno di Venezia, con il supporto del Ministero della Repubblica di Slovenia e delle Gallerie Costiere di Pirano.




    Cristiano Berti: The Legacy
    29 febbraio - 30 marzo 2008
    Spazio culturale Stanica - Zilina (Slovacchia)
    www.stanica.sk

    Cosa resta dei nazionalismi che hanno innervato, e distrutto, l'Europa del secolo scorso? In "The Legacy" l'artista italiano osserva le rappresentazioni simboliche dell'identità nazionale. Lo fa rivolgendo lo sguardo all'inizio del Novecento, secolo che ha visto nascere e scomparire l'entità nazionale chiamata Cecoslovacchia. A guidarlo è la figura leggendaria di Milan Ratislav Stefanik, generale e uomo politico, morto in un incidente aereo nel 1919. Un video in stile documentaristico ricostruisce il lato più intimo dell'eroe militare slovacco, intervistando il nipote di Giuliana Benzoni, sua promessa sposa.

    La vicenda umana, politica e militare del generale è poi proposta come soggetto per una serie di lavori, tra cui oggetti intagliati nel legno realizzati per l'artista da maestri artigiani della zona di Rajec. La figura del nazionalista Stefanik fa quindi da contraltare ad un presente fatto di erezione ed abbattimento di frontiere, in cui le logiche economiche hanno definitivamente sbaragliato le ideologie




    C'è ancora il cielo sopra le città: Mostar e Sarajevo 12 anni dopo
    termina il 30 dicembre 2007
    Klec Blazna - Torino

    Viaggiare in Bosnia, a dodici anni dagli accordi di Dayton, significa attraversare un paese normale e ormai tranquillo, con belle strade e panorami naturali quasi intatti, città bellissime, vive e vitali, piene di turisti, negozi, souvenir. Significa scorgere le bellezze di un territorio multiculturale, storicamente conflittuale, ma anche fecondo di positive contaminazioni.

    Però la Bosnia è anche e soprattutto un paese così recentemente ferito a morte, lacerato, un paese che cerca di ricucire nell'oggi le macerie delle proprie case con i nuovi edifici, la memoria dei morti con la voglia di vivere, gli sguardi annebbiati dal dolore, le troppe zone grigie del passato con i colori che raccontano il futuro. Mostar, Sarajevo e la Bosnia tutta sono oggi una terra spaccata a metà che le fotografie di questa mostra, catturate nell'agosto 2007, cercano di raccontare, senza proporre una conciliazione tra i contrasti, offrendo solo una prospettiva particolare, un diverso angolo di lettura e di interpretazione.




    Balkani: Antiche civiltà fra Danubio e Adriatico
    termina il 13 gennaio 2008
    Museo nazionale Archeologico - Adria (Rovigo)


    Oltre 200 capolavori d'arte che il Museo Nazionale di Belgrado offre per la prima e unica volta ai visitatori italiani. Non già oggetti recuperati dai depositi, ma i veri "gioielli" delle collezioni greche e romane del grande museo serbo, oggi chiuso per restauri, a documentare mille anni di storia degli antichi popoli balcanici, dall' VIII secolo a.C. fino alla prima età romana.
    Presentazione



    Puoi proseguire con la seguente recensione:
    Mondo ex e tempo del dopo (Recensione di Ninni Radicini al libro di Pedrag Matvejevic)

    Sulla via di Alessandro in Asia (Presentazione mostra)

    Copertina del libro La Grecia contemporanea 1974-2006 di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini       La Grecia contemporanea (1974-2006)
    di Rudy Caparrini, Vincenzo Greco, Ninni Radicini
    prefazione di Antonio Ferrari, giornalista, corrispondente da Atene per il Corriere della Sera
    ed. Polistampa, 2007


    Presentazione | Articoli sulla Grecia




    Grecia e Mondo ellenico

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