Due cialtroni alla rovescia
La parodia e la comicità di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia
di Fabio Piccione
ed. Frilli, pag.160, 2004
Recensione di Ninni Radicini
Non sappiamo se dopo Come inguaiammo il cinema italiano, film diretto da Daniele Ciprì e Franco Maresco, documentario- sceneggiato su Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, comincerà una valanga editoriale. Ma fino a oggi i libri sui due siciliani si contano nell'ordine di poche unità. Uno è dell'inizio degli anni Ottanta, oggi introvabile; un altro è quello di Marco Bertolino ed Ettore Ridola, Franco Franchi & Ciccio Ingrassia, edito da Gremese nel 2003. L'ultima pubblicazione in ordine di tempo è il libro di Fabio Piccione, Due cialtroni alla rovescia. Studio sulla comicità di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, con prefazione di Giampiero Ingrassia che poi l'autore intervista insieme a Giuseppe Benenato (fratello di Franco Franchi), Pipolo (con Castellano, autore di alcuni soggetti e sceneggiature dei primi film di Franco e Ciccio) e Franco Maresco.
Il centro è una analisi del tipo di recitazione di Franco e Ciccio, che l'autore, attraverso una ricerca storica, dimostra avere una origine differente dalla commedia dell'arte. La mimica, la tipologia delle battute superficialmente etichettate volgari, il modo di considerare l'interlocutore, e ogni altra caratteristica derivano dalla vastasata, che era un modo tutto siciliano, e palermitano in particolare, di mettere in scena una rappresentazione in cui il povero, senza nascondere la miseria e la vita disgraziata che conduceva, provava con ironia spesso pesante a rivalersi sul potere. Questo modo di essere, prima ancora che di recitare, deriva dalle tante culture che si sono sintetizzate in Sicilia a seguito degli altrettanti popoli con cui è stata a contatto.
Ma Franco e Ciccio sapevano di queste origini? No, non lo sapevano. E questo rende ancora più genuina la loro comicità perchè è la dimostrazione che non c'era nulla di artificiale, ammesso che la comicità si possa costruire in laboratorio. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, attraverso le loro maschere Franco e Ciccio, recitavano con assoluta naturalezza utilizzando delle modalità che erano connaturate alla cultura da cui provenivano, tanto da non avere nemmeno la necessità di affermarne o cercarne l'origine - la "vastasata" - perchè già presente e ancorata nel loro Dna. In fondo quando si sottolinea, o si pretende, di essere eredi di qualcosa vuol dire che si è ancora alla ricerca di una identità e si cerca di ottenere dagli altri una "patente" di appartenenza.
Per Franco e Ciccio questo problema non è esistito: il loro modo di essere era immediato perchè fisiologico. Ognuno ha sviluppato questo patrimonio con modalità differenti, da cui le due caratterizzazioni. Franco cominciò a recitare nelle strade, facendo imitazioni e cantando. Ciccio invece inizia sul palcoscenico, che seppure sgangherato, lo predispose a un metodo più sistematico. Così mentre Franco tendeva sempre a dare massima libertà alla recitazione (assecondato da copioni spesso ridotti al minimo), Ciccio, quando gli era data possibilità, cercava di attenersi a quanto gli sceneggiatori avevano previsto per il suo personaggio. Franco Maresco, durante la presentazione del libro a Palermo, ha ricordato che Ciccio agli inizi di carriera era detto u superbu, perchè aveva avuto esperienze teatrali, che seppure di non alto livello, lo ponevano "socialmente" al di sopra di Franco che invece era un puro artista di strada. Ha ricordato quando, durante la lavorazione di "Pinocchio", il regista, Luigi Comencini, ad un certo punto disse a Franco che non doveva improvvisare ma attenersi a quanto previsto dal copione.
Franco e Ciccio sfuggono alle classificazioni e sono prototipo di comicità originale e non riproducibile. è sbagliato trascinarli nella categoria del cinema trash. A parte che il trash è una invenzione che nasconde soltanto il piacere di essere alternativi perchè - ha ricordato Goffredo Fofi citando Pasolini - "è la solita voglia della piccola borghesia di sporcarsi". Le maschere di Franco e Ciccio erano tali per le origini di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, nati negli anni Venti in famiglie povere, e vissuti in quartieri dove il modo di vivere era caratterizzato da riti secolari e dove i vecchi raccontavano storie che avevano per protagonisti personaggi, maschere, che erano simboli della cultura popolare.
Quindi chi in Sicilia, o in genere a Sud, andava a vedere i film con Franco e Ciccio era in grado di sintonizzarsi subito con la loro comicità perchè attore e spettatore avevano in comune la stessa cultura popolare o culture popolari sostanzialmente simili. Come ha evidenziato Goffredo Fofi, presentando il libro, negli anni Sessanta i film più visti gli emigrati siciliani e più in genere meridionali nel nord Italia erano quelli di Franco e Ciccio e quelli di Maciste. Mentre per il secondo - l'eroe che contando soltanto sulla forza fisica sconfigge i cattivi - avveniva una traslazione nella figura dell'operaio, per quando riguarda Franco e Ciccio, il dramma dell'abbandono della propria terra diventa motivo in più per apprezzare la loro comicità e il loro successo che diventava in un certo senso motivo di orgoglio.
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