"Venezia luogo della mente"
"Venezia leggendaria. Scrittori e personaggi"
di Paolo Barozzi, ed. Campanotto, pagg.135, €15,00 ciascuno
Presentazione libri
18 dicembre 2014, ore 18.30
Circolo degli Antichi - Venezia
L'autore Paolo Barozzi, il pittore e illustratore Ludovico De Luigi, il critico d'arte e architetto Marianna Accerboni e l'artista Ottavio Pinarello presenteranno due fascinosi volumi dedicati da Barozzi alla sua città: Venezia. Dagli scritti di Barozzi emerge un ritratto a tutto tondo, molto particolare, di una Venezia, isola magica vista dal di dentro, che l'autore ha nel sangue ma dalla cui malia sente ormai di dover scappare, dopo pochi giorni di permanenza. Sullo sfondo, i suoi "attori", personaggi celebri come per esempio la Guggenheim, Hugo Pratt, Hemingway e D'Annunzio.
Immagine:
Gillo Dorfles e Paolo Barozzi
Claudio Saccari 1964-2014. Cinquant'anni di Fotografia
15 dicembre (inaugurazione ore 13.30) - 31 dicembre 2014
Palazzo del Consiglio Regionale di Trieste
Mostra antologica dedicata al mezzo secolo di attività dell'artista triestino. La rassegna, curata dall'arch. Marianna Accerboni, propone un centinaio di immagini in bianco e nero e a colori, suddivise in 5 sezioni: 4 di queste, ripercorrono l'evoluzione del linguaggio dell'autore dal mezzo analogico a quello digitale e dallo stile narrativo a quello surreale fin quasi al limitare dell'astrazione. Una sezione speciale è dedicata ai Sentieri della Memoria, che comprende una ventina di foto realizzate da Saccari nel 2014 e dedicate al tema della Grande Guerra.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Claudio Saccari, Motivo marino, Venezia 2012
2. Claudio Saccari, Donna al mercato, Atene 1978
Concorso internazionale di Pittura Dario Mulitsch - 5a edizione
Termine di partecipazione: 28 febbraio 2015
www.concorsodariomulitsch.it
Quinta edizione del prestigioso Concorso internazionale, promosso dall'omonima associazione fondata da Caterina Trevisan Mulitsch, moglie dell'indimenticato e illuminato imprenditore goriziano, che, proveniente da un'antica nobiltà sassone, fondò il Centro Culturale Tullio Crali e fu appassionato promotore della cultura e delle arti. "Un Concorso caratterizzato da grande trasparenza" ha osservato l'arch. Marianna Accerboni, critico d'arte e coordinatrice dell'evento, che firma anche l'allestimento "Raramente capita in simili contesti di non conoscere il nome dei componenti delle giurie, che sono ben due, reso noto soltanto al momento della premiazione. A ciò fa seguito la qualità delle opere esposte e degli artisti, che partecipano sempre più numerosi.
Il Concorso, articolato in due sezioni, una per tutti gli artisti, l'altra riservata agli studenti dei Licei artistici di Gorizia, Nova Gorica, Klagenfurt e Villaco, ospita tutte le tendenza artistiche: informale, astratto, figurativo, espressionismo, surrealismo, neoromantico, formando una sorta di Biennale dell'immaginario artistico contemporaneo. Importante è infine l'apertura, che caratterizzò Dario Mulitsch, verso i paesi dell'Est europeo nella nuova ottica di un'Europa allargata e senza confini". La mostra si svolgerà dal 6 al 21 giugno nel prestigioso Palazzo Attems di Gorizia.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Sala con opere in mostra a Palazzo Coronini
2. Dario Mulitsch ritratto da Juan Arias Gonano in una foto di Ilaria Tassini
Davide Maset: "I Krampus di Masa"
Tarvisio (Udine), 05 dicembre 2014 - 11 gennaio 2015
Torre medioevale (inaugurazione ore 11)
Museo Antiquarium - Camporosso (Tarvisio)
Reporter's (inaugurazione 06 dicembre, ore 17)
* 27 dicembre, Museo Antiquarium, ore 18.30, visita guidata
Una settantina di opere pittoriche del giovane artista veneto Davide Maset in arte Masa, dedicate in gran parte alle mitiche, selvagge e inquietanti figure silvestri della tradizione austro-tedesca. La mostra nasce da un'idea del collezionista triestino Maurizio Zanei che, affascinato dalla pittura di Masa, lo ha convinto a "sperimentare" in chiave contemporanea tale tema, creando una sorta di "immaginario per i Krampus", molto ricco, intenso e vivace sul piano espressivo e cromatico.
"Capita nella vita - scrive Maurizio Zanei - d'incontrare persone particolarmente interessanti. Cosi' e' stato con Masa: con mia moglie Lia siamo abituati a cercare con occhio attento le novita' dell'arte per cui, giunti casualmente alla trattoria Alla Cerva di Serravalle, abbiamo trovato una mostra di pittura bella e intrigante. Ammirati e incuriositi, abbiamo contattato l'autore: schivo, sicuro di se' ma…nel suo mondo. Sincero e con un pizzico di narcisismo, triste e gioioso. Adora la natura e trae ispirazioni anche dai viaggi... Che dire della sua pittura? Originale. Ha un suo stile e una grande ambizione. Fragile, sensibile e generoso d' animo, con grande personalita' coglie artisticamente il nostro tempo, affrontando eticamente problemi esistenziali..."
"Un universo colorato - scrive Marianna Accerboni - da cui promana un'energia inarrestabile, i cui intrecci compongono la vita: così si palesa, come un magma di angoscia e bellezza, lirismo e stupore, pensiero e azione, la pittura contemporanea di Davide Maset, giovanissimo artista dalle origini semplici, legate alla natura e alle forme più elementari dell'esistenza. (...) Tra sogno e realtà, natura e artificio tecnologico, Maset vive i suoi giovani anni sospesi tra esaltazione e consapevolezza di potenziali débâcle, mostri e angeli, apnee d'emozione e voragini liberatorie di speranza e di soffio vitale. (...)
Nel sound a volte lirico, a volte grottesco della sua pittura, risuonano i ritmi disperati dell'ispirazione espressionista: introspezione e disagio, azione e bellezza pura del colore, libertà assoluta dagli schemi, ma, nel contempo, narrazione onirica e presagio, speranza, il buon senso e il sapore del quotidiano. Quasi avesse raccolto i frame più inquieti e contemporanei di tale corrente, Maset non abbandona tuttavia la "sicurezza" della narrazione e dei riti fondamentali della vita: la caccia, la pesca, la vendemmia, che lo rasserenano e lo acquietano, quali pause necessarie e insostituibili nel trambusto a volte sanguinoso dell'esistenza (...)
Ecco i Krampus, o meglio i suoi Krampus, creature silvestri terribili, ma in lui anche giocose, simboli e loghi che Maset sa agganciare altresì all'agognata figura femminile, oggetto di tenerezza e timore, esaltazione e nobili sentimenti. Fauve, neoromantico, espressionista, ma anche surreale e istintivamente memore della Pop Art, l'artista colloca uno di questi spiriti silvestri anche nell'acqua di un fiume o del mare, in una sorta di rappresentazione onnicomprensiva e possibilista della natura, in una specie di fiaba dove tutto può accadere. Anche in tali figure della tradizione, ritorna il concetto del Bene e del Male, inscindibile in ogni aspetto della vita; e se il Bene è luce, natura, orizzonti sconfinati e chiari e silenzio ideale, il Male è clangore, inquinamento, iterazione convulsa dei simboli, confusione, paura."
"Combinando grafemi e mappe segniche appartenenti ad un patrimonio storico-artistico solidificato - scrive Lorena Gava - Davide Maset sa ricavare un alfabeto personale innervato di illuminazioni sceniche, di felici contaminazioni grafico-espressive e di invenzioni figurali fortemente simboliche. Sui corpi dotati di busti ma generalmente sprovvisti di arti e soprattutto di piedi(manca un suolo su cui stare), prevalgono facce esagerate e teste orrende, ampliate da chiome che ricordano i serpenti aggrovigliati di Meduse dallo sguardo di pietra.
Si legge indignazione, rabbia, protesta e una lucida volontà di affidare le insanabili contraddizioni del presente alla forza antica, rivelatrice e dirompente propria del segno che diventa di-segno. Continua a sorprendere dunque l'estro creativo di Maset. Partito alcuni anni fa con uno stile metropolitano decisamente graffiante e incisivo, vicino a soluzioni pop e ad una epistemologia di segni estremamente comunicativi, è approdato, ora, ad una figurazione sempre più riconoscibile ed autonoma, fatta di linee di confine marcate e decise.
Attraverso un' iconografia composta prevalentemente di volti esagerati, deformati, caratterizzati da cavità orali che mostrano denti e lingue, Masa eleva la sua personale protesta nei confronti del tempo presente che non appaga e delude perché denso di contraddizioni e falsità. In un momento storico in cui tutto sembra frammento, separazione e distacco, l'artista insegue un sogno di unità, di congiunzione, di equilibrio. Illuminanti risultano le pagine dei suoi diari, nei quali emerge il desiderio giovanile forte e prorompente di vivere in un ambiente sociale responsabile e giusto, fatto di rapporti umani sinceri. (...) Tutta l'umanità è concentrata nei volti urlanti e frontali, dentro una bidimensionalità dissacrante, che volutamente procede con un ritmo paratattico perché risponde a sequenze lineari proprie della scrittura e della successione filmica. (...)"
Davide Maset in arte Masa (Conegliano - Treviso, 1990), nel 2010 si diplomaall'Istituto d'Arte di Vittorio Veneto (Treviso) nella sezione Grafica e Stampa. Attualmente frequenta il corso di Laurea in Beni Culturali all'Università Ca' Foscari di Venezia. Dotato di grande sensibilità e di un talento naturale, Masa ha maturato un linguaggio grafico-pittorico personale e incisivo, calato nella contemporaneità e denso di affondi interiori rintracciabili nei diari che accompagnano l'esperienza artistica. Lavora prevalentemente su cartoni usati e dismessi con tenacia e perizia tecnica decisamente singolari. In occasione dell'Anno della cultura italiana negli Usa ha ricevuto a New York il Premio Internazionale ProArte 2014. Gli inizi della sua attività espositiva raccolgono già vasti consensi di pubblico e di critica.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Davide Maset, L'amore ai tempi del petrolio, acrilico su tela cm.60x40, 2013
2. Davide Maset, Fiori (natura quasi morta), gesso su cartone cm.25x23, 2013
Fabio Colussi: Da Trieste a Venezia
22 novembre 2014 (inaugurazione ore 18) - 28 febbraio 2015
Salone d'Arte Contemporanea - Trieste
Personale del pittore triestino Fabio Colussi, introdotta sul piano critico dalla curatrice Marianna Accerboni: in mostra più di una ventina di oli su tela inediti, realizzati con grande maestria dall'artista soprattutto nel 2014. "In questa rassegna - scrive Marianna Accerboni - Colussi ricostruisce con delicata e calibrata vena lirica il fascino del mare di Venezia e della laguna, accostandolo a quello della sua città, Trieste. La medesima, sottile inclinazione neoromantica, intrecciata a una personale e sensibilissima vena cromatica, caratterizzano le marine veneziane e quelle triestine - l'ineffabile luce del golfo di Trieste e quella magica della città lagunare - consegnandoci un angolo di mondo, in cui poter sognare ancora, grazie al prezioso virtuosismo di questo poeta del paesaggio".
Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Panorama del golfo di Trieste, olio su tela cm.50x70, 2012
2. Fabio Colussi, Veduta di Trieste, olio su tela cm.40x80, 2014
3. Fabio Colussi, Verso sera, olio su tela cm.30x50, 2013"
Da Duchamp agli happening
di Paolo Barozzi, ed Campanotto Refili, pagg. 242, €20,00
Presentazione libro
18 ottobre 2014, ore 17
Galleria Michela Rizzo - isola della Giudecca - Venezia
www.galleriamichelarizzo.net
L'architetto e critico d'arte Marianna Accerboni, l'artista Ottavio Pinarello, lo scrittore Alan Jones e Carlo Sala (Fondazione Francesco Fabbri) presenteranno il libro di Paolo Barozzi, gallerista, scrittore, giornalista e traduttore, discendente da una delle più antiche famiglie nobili e di antiquari della Serenissima. Il volume, che porta la prefazione del critico e pittore d'origine triestina Gillo Dorfles, raccoglie una ricchissima sequenza di scritti di arte e vita di Barozzi, tra cui molti articoli pubblicati su Il Mondo di Pannunzio. A seguito della presentazione del libro, alle ore 18, inaugurerà la mostra "Claudio
Costa (1942-1995)" a cura di Flaminio Gualdoni.
"Gli articoli - ma sarà ben più giusto definirli 'saggi' - che Barozzi scrisse per le pagine de «Il Mondo» e altre importanti riviste come «Comunità», «Nuovi Argomenti», «Domus», «L'illustrazione italiana», ecc. negli anni Sessanta e che sono ora raccolti in questo volume - scrive Dorfles - costituiscono oggi qualcosa di molto più impegnativo e stimolante di un semplice reportage artistico di quel periodo, perché ci offrono - ormai storicizzato dal tempo - un panorama davvero imprescindibile circa un periodo, soprattutto a me talmente denso di eventi culturali, da costituire una vera e propria sintesi di quell'epoca 'eroica' per gli sviluppi dell'arte contemporanea".
Barozzi, che è stato per anni anche amico e collaboratore della grande collezionista Peggy Guggenheim, ha iniziato negli anni Sessanta la sua attività di gallerista a Venezia e a Milano. Ha pubblicato tra l'altro "Il Sogno Americano" (Marsilio), "Peggy Guggenheim. Una donna, una collezione, Venezia" (Rusconi), "Andy Warhol - Voglio essere una macchina" e "Viaggio nell'arte contemporanea" (Scheiwiller), "Con Peggy Guggenheim - Tra storia e Memoria" e "Andy Wharol ed Io. Cartoline dal tempo della Pop Art" (Marinotti Ed.), "Peggy Guggenheim la collection" (in inglese e francese, Assouline, Parigi), "Venezia Leggendaria" e "Venezia luogo della mente" (Campanotto Ed.), alcuni dei quali ripubblicati di recente in versione aggiornata.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Ottavio Pinarello (a sinistra) e Paolo Barozzi
2. Gillo Dorfles (a sinistra) e Paolo Barozzi a Milano nel 2009"
Triestini europei. Esperienze a confronto
17 ottobre 2014, ore 17
Camera di Commercio di Trieste
In uno dei siti storicamente simbolici della fortuna economica e dell'imprenditorialità della città, avrà luogo la tavola rotonda che vedrà riuniti in un dialogo aperto al pubblico una rappresentanza di giovani studenti universitari, che incontrerà alcuni manager triestini che hanno saputo farsi strada all'estero e portare alto il nome della loro terra d'origine nel mondo. L'incontro, organizzato dall'Associazione Giuliani nel Mondo in collaborazione con la Camera di Commercio di Trieste e moderato e coordinato da Micol Brusaferro e Benedetta Moro.
In tempo di crisi parte dunque da Trieste un raggio di ottimismo: la filosofia del fare suggerisce un confronto e uno scambio tra testimonianze di vita e di carriera di chi ha portato un po' di Trieste nel mondo e di coloro che stanno per affrontare scelte di vita e di professione. E ha inoltre il duplice obiettivo di fornire ai giovani differenti visioni di opportunità da cogliere in Europa e nel mondo e di rafforzare una rete che può rappresentare, in questo momento di forte crisi economica, un'importante risorsa per la città di Trieste.
I giovani interrogheranno i senior sulle opportunità, le difficoltà, le sorprese, gli entusiasmi e le incognite del tentare extra moenia la via del successo, comparando il contesto socio economico del dopoguerra con quello di oggi: due fasi diverse, si potrebbe dire, ma in fondo parallele, di ricostruzione. L'auspicio è che da questo incontro possano scaturire idee e opportunità concrete per i giovani d'inserirsi con le loro competenze in fieri nel mondo produttivo europeo e internazionale in un rapporto biunivoco e indissolubile con la madrepatria. E che l'appuntamento possa rappresentare la prima tappa di un duraturo e proficuo confronto tra generazioni eccellenti in vista di un domani soddisfacente e migliore.
La tavola rotonda non potrà dare risposte definitive, né opportunità immediate a nessuno, ma potrebbe servire da stimolo, attraverso il dialogo tra giovani dell'Università di Trieste e coloro che hanno sviluppato la loro carriera lontano dalla città e dal nostro Paese, per trasformare in scelte positive la sensazione di frustrazione e sfiducia che spesso i giovani vivono, ma che non è mai stata così fondata e diffusa come dall'inizio della crisi finanziaria ed economica non ancora esauritasi. L'obiettivo - dare prospettive e fiducia in se stessi ai giovani - è sulla bocca di tutti. Purtroppo però non esistono formule magiche e viene la tentazione di guardare indietro anziché avanti. Per esempio, visto che ci troviamo qui, alla Trieste imperiale ed "emporiale" di Maria Teresa, ricca dei contributi portati da tanti abitanti della periferia dell'impero e oltre.
E forse capire in profondità le ragioni di quella ricchezza perduta non è così inutile se sappiamo ricrearne le condizioni oggi, non a livello di città naturalmente, né di regione o di Stato, ma continentale se non globale. Altri hanno segnato successi significativi, ovviamente partendo da altre realtà ed altre considerazioni, ma le ricette sono esportabili: concentrarsi per esempio sui flussi anziché sugli stock (nelle risorse finanziarie come in quelle umane), arricchire le attrattive di un territorio incentivando gli arrivi, i passaggi, gli scambi e, perché no, le partenze (e come conseguenza, anche i ritorni). Ma di che cosa? Dei cervelli naturalmente perché al brain-drain si sostituisca il brain-gain e alla fine la .
E noi che valore aggiunto possiamo dare? Semplicemente provare a fornire una prospettiva differente, ai giovani che non hanno ancora un ruolo professionale e talvolta temono di non trovarne mai uno soddisfacente, vista dall'angolazione di chi, come noi, ha acquisito con il lavoro una certa esperienza di vita altrove ma non ha smesso di credere che il processo possa essere reversibile, nell'interesse delle nostra comunità e città e del nostro Paese. Partire, tornare, ripartire e ritornare: potrebbe e dovrebbe diventare la normalità anziché l'eccezione, e i benefici, per i singoli come per la comunità, andrebbero probabilmente al di là delle più rosee aspettative. Forse è un'illusione, ma provare non nuoce. (Comunicato stampa di Marianna Accerboni)
XV Edizione della mostra di pittura
La bellezza per la bontà - l'arte aiuta la vita
Trieste, XV edizione
Sala del Giubileo, 13 ottobre (inaugurazione ore 18) - 24 ottobre 2014
Castello di Duino, 25 ottobre - 10 novembre 2014
Mostra d'arte organizzata a favore del Premio alla Bontà Hazel Marie Cole Onlus, istituito da Aldo e Donatella Pianciamore, e curata dall'architetto Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione. Alla rassegna, accompagnata da un esaustivo catalogo, prendono parte 23 artisti tra pittori triestini, di altre città italiane e stranieri. Espongono Alda Baglioni, Annie Blanchi, Valerie Bregaint, Nora Carella, Cristina Castellarin, Bruna Daus, Fulvio Dot, Annamaria Ducaton, Carla Fiocchi, Silva Fonda, Holly Furlanis, Paolo Guglielmo Giorio, Lorenzo Loffreda, Paola Martinella, Roberto Micol, Giulia Noliani, Dante Pisani, Alice Psacaropulo, Erika Stocker, Roberto Tigelli, Nicola Tomasi, Serena Zors Breuer, Elvio Zorzenon.
"Bontà e bellezza" - scrive Marianna Accerboni - "s'intrecciano in questa iniziativa, che premia la generosità e l'altruismo nel ricordo di Hazel Marie Cole, straordinaria figura di mecenate inglese, la quale fece di tali doti il proprio stile di vita. Al di là del precipuo fine benefico, la rassegna, giunta quest'anno alla quindicesima edizione, ha il pregio di riassumere attraverso le opere di 23 artisti, realizzate secondo tecniche diverse - dalla pittura a olio su tela o faesite, all'acrilico, alla tecnica mista, alla tempera su tavola, faesite, carta e tela; al collage, al gesso, all'acquarello, al pennarello, al pastello su carta; all'acquaforte, agli acrilici su tela, al disegno a matita - un panorama attraente e variegato del lessico artistico contemporaneo a Trieste, in Italia e all'estero.
Inoltre, come in molte delle scorse edizioni, alla consueta e prestigiosa sede espositiva del Castello di Duino, si affianca anche quella della Sala del Giubileo. Gli artisti presenti seguono per la maggior parte due percorsi creativi: i più sono orientati a un'interpretazione essenziale della realtà, arricchita sovente di suggestioni oniriche, fantastiche, simboliche, metafisiche e surreali, altri seguono invece il filone narrativo. Al primo gruppo appartengono il lessico luminoso e personalissimo, ricco di verve e di sorprese di Serena Zors Breuer, pittrice, scultrice e designer, attiva da decenni a Monaco di Baviera, che dipinge un mondo di sogno e libertà.
Le composizioni dolcemente surreali ed espressioniste del raffinato narrare di Roberto Tigelli; l'affascinante, coraggiosa e originale scelta cromatica ed espressiva di Erika Stocker Micheli, sostenuta da un intenso ed essenziale slancio centrifugo d'inclinazione espressionista; la fascinosa e magica arte di Annamaria Ducaton, dall'intenso pathos simbolista, venato di originali intuizioni cromatiche e compositive; l'affabulazione originale e coinvolgente di Silva Fonda, il ricco immaginario dell'architetto monfalconese Fulvio Dot, che, nell'opera esposta, ci consegna una Venezia incantevole, sospesa tra la raffinatezza del passato e il linguaggio contemporaneo.
Il racconto criptico di Dante Pisani; l'arte morbida, originale e fantastica di Bruna Daus Medin; il segno forte, vitale e deciso della francese Valérie Brégaint, della friulana Paola Martinella e di Alice Psacaropulo; il dinamismo della sperimentazione espressionista di Alda Baglioni e del poliedrico, valente linguaggio di Roberto Micol. Di gusto surreale è anche la particolare affabulazione fantastica e materica di Paolo Guglielmo Giorio. Un cenno a parte meritano la rappresentazione pittorico-architettonica di altissima qualità di Nicola Tomasi e l'interpretazione delicata e convincente del milieu romano senza tempo, realizzata con pittorica immediatezza da Annie G. Blanchi. Al filone neoromantico fa riferimento anche la delicata e intensa ricerca cromatica e luministica, che rappresenta la nuova sperimentazione dell'inesauribile vena creativa di Nora Carella.
L'inclinazione neoromantica con le sue lievi e delicate "visioni" intrise di lirismo, rimane la cifra prediletta della pittura evanescente di Giulia Noliani Pacor. Il filone narrativo è abbracciato da Cristina Castellarin, che con grande capacità ed equilibrio affronta il tema femminile, dalla monfalconese Carla Fiocchi, che dipinge con delicato sentire un universo ricco di luce e di equilibrio, e dal triestino Lorenzo Loffreda, che con tocco equilibrato ed elegante racconta l'universo che ci circonda. Secondo l'indirizzo figurativo si esprime anche Holly Furlanis, autrice di una pittura di taglio decorativo dal brillante cromatismo. La ricerca espressionista si volge all'astrazione con l'elegante taglio materico di grande bellezza cromatica di Elvio Zorzenon, dall'efficace incisività nel rapporto segno-colore.
Livio Mozina: "Tra sogno e realtà. Il sentimento in 3D"
04 ottobre (inaugurazione ore 18) - 17 ottobre 2014
* 16 ottobre, ore 18.30, visita guidata alla mostra
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
"Sospesa tra sogno e realtà" - scrive Marianna Accerboni - "la fine pittura di Livio Možina, si rivela ancora una volta intrisa di un pathos unico: quello del Maestro triestino è infatti il frutto di un lavoro certosino, consistente in un attento e composito studio volto alla strutturazione dell'immagine, cui fa seguito una giustapposizione di elementi anche tridimensionali, che talvolta sfiorano la suggestione trompe l'oeil. E fascinosa e al tempo stesso divertente, risulta l'accuratissima e ingegnosa finestra di gusto rurale, che rappresenta quest'anno l'autentica novità della mostra.
Quest'ultima si dipana con l'armonia e la brillantezza di uno spartito musicale fuori dal comune, frutto di un intenso, accurato e tenace lavoro, che l'artista persegue con passione e delicato, intenso sentimento, tant'è che questa preziosa rassegna è il frutto di ben tre anni di attività. Animo neoromantico, che sa coniugare alla delicatezza del sentimento una precisione di taglio quasi scientifico, Možina ha saputo realizzare in quest'esposizione degli effetti tridimensionali, che trasfondono la sua pittura nel concetto di bassorilievo e altorilievo, qualunque sia il tema trattato: dal Carso all'oggetto di uso comune, come per esempio le scarpe, dalle meravigliose e luminose scogliere sul mare al paesaggio, alla natura morta.
Che sono intrisi, oltre che di colori brillantissimi, che invitano alla felicità, di un elemento fondamentale in pittura, qual è la luce, che nei suoi lavori raggiunge un livello altissimo di bellezza e di significato. Altrettanto si può dire per il disegno, che sottende con sapiente levità ogni sua opera. In tal modo - conclude il critico - iperrealista dal tratto del tutto originale, l'artista ha superato - grazie a un'ispirazione sincera e del tutto personale, al proprio vivo talento e a una tecnica ineccepibile - i più grandi virtuosi, consegnandoci un universo felice, in cui poter sognare ancora e vivere serenamente."
Livio Možina (Trieste, 1941) inizia a dipingere nel '69. Nel '71 ha luogo a Trieste la sua prima mostra personale. Predilige i temi della natura morta e del paesaggio. La sua esperienza è personalissima e affonda le radici nell'iperrealismo. Da 4 anni tiene un affollatissimo corso di pittura alla Galleria Rettori Tribbio 2 di Trieste. Ha al suo attivo 26 mostre personali ordinate in sedi qualificate in Italia e all'estero: tra queste, la Sala Comunale d'Arte e la Galleria Rettori Tribbio 2 di Trieste, la Galleria Ars Italica di Milano e la Hoefer Galerie di Sattendorf (Austria).
Immagini (da sinistra a destra):
1. Livio Mozina, Luci nel silenzio, olio su tavola cm.40x53
2. Livio Mozina, Cromatismi autunnali, olio su tavola cm.70x50
Femi Vilardo: Blumen mantra
27 settembre (inaugurazione ore 18.30) - 18 ottobre 2014
Museo d'Arte Moderna Ugo Carà - Muggia (Trieste)
www.benvenutiamuggia.eu
La mostra - proposta dall'Associazione Juliet, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia - si inserisce nel programma PRACC che l'Amministrazione Comunale di Muggia ha varato, già nel 2007, assieme alle associazioni culturali Photo-Imago, Gruppo 78 e Juliet con l'intento di promuovere e valorizzare le nuove forme artistiche contemporanee, in una prospettiva nazionale e internazionale. In mostra - con la presentazione critica della curatrice Marianna Accerboni - più di una ventina di opere scelte, tecniche miste e stampe artistiche digitali stampate in alta definizione su tela, per la maggior parte inedite e realizzate ad hoc nel 2014, in cui l'artista affronta maggiormente la grande dimensione.
"Con la consueta, fascinosa, calibrata raffinatezza inventiva e tecnica" - scrive Marianna Accerboni - "Vilardo sa comporre un messaggio di passione e riflessione sulla vita e il suo divenire, simbolizzato dalla rosa e sospeso fra caducità e rinascita. Autrice di una pittura concettuale e neoromantica, l'artista fa assurgere la rosa - leitmotiv di questa coinvolgente rassegna - a simbolo della vita. I petali sfiniti e accartocciati rappresentano il traguardo della fine, da cui però risorgerà un nuovo fiore. Un ciclo naturale, quello tra vita e morte, che Vilardo interpreta secondo un'accezione positiva, sottolineandone il significato in modo molto personale e attuale grazie anche all'intreccio tra la fotografia, delicatamente rielaborata attraverso la computergraphic, e la pittura.
In tal modo, quasi dipingendo con il mezzo tecnologico, l'artista crea una sorta di osmosi fra I diversi lavori: usa per esempio quale sfondo quello di altre sue opere o il colore nero, per accogliere e impaginare le nuove immagini, che, stampate su tela, vengono poi ulteriormente rielaborate e ritoccate ad acrilico e smalto. Il mezzo pittorico dona a tali "dipinti multimediali" una nuova e felice matericità, spesso accentuata anche dall'inserimento di tessuti e garze. Interventi, attraverso i quali Vilardo accentua l'essenza e la matericità del soggetto, aumentandone la profondità prospettica fino quasi a raggiungere un effetto di un delicato bassorilievo. Nasce da tale complessa operatività un ciclo di lavori così sintonico che spesso le mostre dell'artista assumono il significato di un'opera totale, di un progetto unitario in cui ogni dipinto vive di vita propria.
In questa rassegna il grande giardino della vita, fiorito di accadimenti - di cui D'Annunzio coglieva l'aspetto più sensuale, attraverso le rose sfatte che "decorano" gli interni nel romanzo Il piacere - rappresenta per l'artista lo spunto per una riflessione intellettuale e introspettiva di grande bellezza, che allude alle parole non dette e in tal senso suggerisce al fruitore un momento di concentrazione che ne cattura l'attenzione, oltre che per il suo sottile significato, anche per il calibrato fascino estetico. Arte e pensiero si coniugano dunque, come accade sempre nella pittura d'eccellenza: Blumen mantra (blumen in tedesco significa fiore, il mantra è invece ripetizione rituale d'intonazione sacra) è un modulo estetico percettibile ovunque e da tutti, grazie al profumo delle rose della nostra memoria e della vita."
Essenziale per Femi Vilardo (Trieste) è stata, nelle prime fasi della sua formazione artistica, la conoscenza del maestro Nino Perizi, insegnante presso la Scuola Libera di Figura del Civico Museo Revoltella; ha proseguito quindi la propria ricerca, accostandosi ad altri artisti quali Marino Cassetti, Roberto Tigelli, Paolo Cervi Kervischer, Franco Chersicola e Mirella Schott Sbisà alla Scuola Libera dell'Incisione Carlo Sbisà. La sua attività espositiva, suddivisa fra mostre personali e collettive, si è finora svolta in Italia, Slovenia e in Messico. Nel 2011 ha partecipato su invito alla 54° Biennale d'arte di Venezia - Padiglione Italia Friuli Venezia Giulia.
"Cupido minimus"
03 ottobre 2014, ore 18
Progetto visivo di Fabiola Faidiga ed Enrico Bonivento con elaborazione sonora di Paolo Bonivento. Attorno a Cupido minimus, una farfalla della famiglia Lycaenidae, presente nell'ampio archivio fotografico del biologo Enrico Bonivento, si sviluppa, in una particolare chiave visiva e sonora, un video in cui viene presentata tutta la preziosa raccolta composta da diverse specie di farfalle del nostro territorio. La farfalla Cupido minimus (piccolissimo Cupido/Amore) racchiude nel suo nome mitici significati. In greco antico il nome psyche significa sia "farfalla" che "anima" e il video Cupidus minimus cercherà, utilizzando corretti riferimenti scientifici e con giochi cromatici e sonori, di evocare entrambe.
Serena Zors Breuer
06 settembre (inaugurazione ore 19.30) - 19 settembre 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
www.serenazors.de
Dopo il grande successo della personale allestita alla Sala del Giubileo di Trieste, ritorna a esporre nella sua città la pittrice, designer e scultrice Serena Zors Breuer, attiva da decenni a Monaco di Baviera. La rassegna, che s'inaugura con una particolare performance multimediale di luce, parole e musica, curata dall'arch. Marianna Accerboni, che ha ideato l'evento, propone in gran parte l'ultima produzione realizzata dall'artista nel 2014: in mostra dipinti su carta, sculture, arte del vetro e design, di squisita fattura e fantastica ispirazione.
"Serena Zors Breuer" - scrive Accerboni - "è un'artista semplice e complessa al tempo stesso: semplice per i temi trattati, giocosi, simbolici, colorati, allegri, ma complessa per l'universo molteplice e simbolico che sottende le sue articolate e vivaci composizioni, le quali nella scultura sembrano invece trovare un momento di pace e di riflessione: da un canto compare un entusiasmo istintivo e vitale, verso il mondo e i suoi segreti, dall'altro l'intuizione quasi fatale di una donna che dell'esistenza sa cogliere, interpretare e descrivere l'elemento irrazionale e magico, rifugiandosi nel sogno e in un mondo irreale e fatato per fuggire il male e per esprimere il proprio bisogno di libertà; ma anche per donare al fruitore un attimo di magica bellezza, di divertissement e di onirica speranza, distraendolo da un universo tecnologico e spesso intriso di solitudine. Arte che l'autrice realizza con grazia ed equilibrio armonico - reso talvolta dissonante per aumentarne l'efficacia - di cui fa uso sia sul piano cromatico che nella composizione di pieni e vuoti, luci e ombre, bianco e nero, fragore di note, di colore e silenzio."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Serena Zors Breuer, Musica, steatite cm.32x21
2. Serena Zors Breuer, La ricerca divertente, acrilico su cartoncino cm.32x22
3. Serena Zors Breuer, Albero in fiore, acrilico su carta cm.48x56, 1987
Fabio Colussi
Light in Venice. La luce della Mitteleuropa a Venezia
07 settembre (inaugur. ore 19) - 17 settembre 2014
Galleria Melori & Rosenberg - Venezia
www.melori-rosenberg.com
Mostra personale del pittore triestino Fabio Colussi introdotta sul piano critico dalla curatrice, architetto Marianna Accerboni. La rassegna propone 25 oli su tavola e su tela, tutti inediti, realizzati dall'artista tra il 2012 e il 2014. "In queste pagine pittoriche" - scrive Marianna Accerboni - "Colussi ricostruisce con delicata e calibrata vena poetica il fascino di Venezia e della laguna, raffinando con equilibrio e perizia il suo luminoso e vivido linguaggio attraverso un colorismo avvincente e reale, che lascia tuttavia spazio anche al sogno.
Memore di una vena neoclassica, che appartiene culturalmente a Trieste, sua città d'origine, l'artista prosegue in modo del tutto personale l'antica tradizione di pittori e vedutisti attivi a Venezia nel '700 quali Francesco Guardi e Canaletto, vicino al primo per ispirazione poetica e al secondo per l'interpretazione più razionale dei luoghi. Ma, agli esordi, Colussi ha guardato anche ad altri pittori e vedutisti, in questo caso giuliani, come Giuseppe Barison, Giovanni Zangrando, Ugo Flumiani e Guido Grimani, tutti in un modo o nell'altro legati alla grande tradizione pittorica e coloristica veneziana, che rappresentava un importante punto di riferimento, nel secondo ottocento e nel primo novecento, accanto all'Accademia di Monaco, per gli artisti triestini.
Altro fulcro fondamentale fu infatti per loro anche la cultura austro-tedesca. E non a caso nelle opere di molti di questi compare spesso una luce azzurro-grigia, che più che un colore rappresenta un'atmosfera, una sorta di evocazione di quello sturm und drang (tempesta e impeto), che nel mondo germanico pose le basi del Romanticismo: punti di riferimento che costituiscono delle interessanti chiavi di lettura della pittura di Colussi, in particolare per quanto riguarda la sua interpretazione di Venezia e della laguna, che l'artista rivisita attraverso intuizioni, luminosità e ispirazioni che alludono istintivamente anche alla cultura visiva mitteleuropea. Oggi poco più che cinquantenne, il pittore è riuscito così nel corso del tempo a comporre, nel delineare la veduta, una propria maniera intensa e precisa, ma nel contempo sobria ed essenziale. Che fa vivere il paesaggio soprattutto della luce (diurna o notturna che essa sia), ottenuta attraverso ripetute e raffinate velature e un cromatismo deciso ma morbido.
Equilibrio e sensibilità caratterizzano i suoi dipinti, nei quali Colussi sa intrecciare molto armoniosamente il linguaggio del passato con le esigenze di linearità di quello moderno. Ne esce una Venezia luminosa e storica, in cui le antiche e raffinate architetture si fondono con un cielo e un mare intensamente azzurri, solcati da vividi contrappunti di luce, che ci consegnano una Venezia ideale e magicamente un po' nordica, come forse la sognarono Goethe, il Winckelmann e Foscolo; mentre le lagune riflettono, sempre attraverso la luce, la pace e l'atarassia che pervade quei luoghi.
I temi di Fabio Colussi (Trieste, 1957), autodidatta, sono paesaggi, boschi e figure realizzati anche a pastelli a cera. Più tardi approccia la tempera e l'acrilico, per poi passare nei primi anni novanta all'olio su tela e su tavola, tecnica ora prediletta, che non ha più abbandonato. Per realizzare i suoi dipinti, trae spunto dagli schizzi annotati su un taccuino che porta sempre con sé e che talvolta sono implementati, per quanto riguarda le architetture, da appunti fotografici. Colussi è presente con le sue opere in collezioni private in Italia e all'estero (Austria, Svezia, Germania, Spagna, Stati Uniti e Australia). Ha esposto a livello nazionale ed europeo.
La Galleria Melori & Rosenberg, prima galleria d'arte contemporanea del Campo del Ghetto Nuovo, espone arte contemporanea dal 1996: in oltre 18 anni di attività è stata visitata da migliaia di persone di tutto il mondo, tuttora in contatto anche attraverso la newsletter mensile, con cui la galleria divulga le novità e il lavoro dei suoi artisti. Unica rappresentante in Italia delle opere del maestro Luigi Rocca, uno dei più amati e apprezzati pittori iperrealisti a livello internazionale, espone anche altri artisti contemporanei italiani e internazionali, affermati ed esordienti. Oltre agli originali, di alcuni autori la galleria può fornire riproduzioni su tela a edizione limitata e illimitata, autenticate e firmate.
Tra le mostre curate e allestite vanno menzionate le personali di Luigi Rocca a San Donà di Piave (VE) e al Museo Ebraico di Venezia nel 2004, a San Diego (Usa) nel 2005, in galleria nel 2006 e 2009 e a Udine nel 2007; le personali di Lucia Sarto a Venezia nella sala Midrash Leone da Modena e nella sede della galleria (2006-2010); l'importante collettiva Venice - Views on Ghetto (2005), prima mostra organizzata sul Ghetto veneziano, allestita a Venezia al Museo Ebraico e nella storica Sala Midrash Leon da Modena; la mostra Oltre il muro (2009) degli artisti Serena Nono e Daniele Bianchi, allestita in collaborazione con l'Istituto Marcianum a Venezia, in galleria e alla Scuola Grande di S. Teodoro, e a Berlino; la mostra Con-sidera De-sidera (2009/ 2010) dell'artista Annalù (presente alla 54° Biennale) alla Chiesa di S. Salvador a Venezia; la collettiva Nello Spazio della Croce (2010) nella Chiesa di San Salvador e nella Chiesa di San Rocco a Venezia; e infine le personali A colorful life (2011) della pittrice finlandese Minna Laaksonen, Made in N.Y.C. (2011) della fotografa Robin Sacknoff e Ghetto... and more di Luigi Rocca. Alla Galleria è collegata la Casa Editrice Melori&Rosenberg Publisher, che pubblica le monografie degli artisti e i cataloghi delle mostre organizzate."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Fabio Colussi, Canal Grande, olio su tela cm.60x50 2013
2. Fabio Colussi, Tramonto in laguna, olio su tela cm.80x40 2014
3. Fabio Colussi, Canale a Venezia, olio su tela cm.24x16 2014
Una scuola di luce
Mostra degli allievi dell'Atelier del pittore Livio Mozina
23 agosto (inaugurazione ore 18) - 05 settembre 2014
* 30 agosto, ore 18.30, visita guidata alla rassegna
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
La rassegna, che sarà introdotta dall'architetto Marianna Accerboni, propone più di una sessantina di opere di gusto figurativo, realizzate quasi tutte a olio, ognuna delle quali rappresenta il quadro simbolo tra le molte realizzate nell'anno accademico da ciascun artista. "Ritorna anche quest'anno" - scrive Accerboni - "un interessante appuntamento per l'arte triestina: una sessantina di allievi del notissimo Atelier di Livio Mozina, di varia età e provenienza, espongono le opere realizzate - per lo più a olio - nell'anno accademico 2013/ 2014. Il taglio è tendenzialmente figurativo e la tecnica, ancorchè approcciata da poco, molto spesso ineccepibile, sicchè questa agorà d'arte diventa un'interessante vetrina della pittura locale intesa nell'ambito della modernità.
Intimismo è forse il termine che più di ogni altro è proprio per indicare il filo conduttore della mostra, in cui gli autori sanno animare il paesaggio di luce, di un cromatismo morbido e festoso o di una fredda luce invernale, che ci consegna comunque l'irripetibile intimità della natura: quasi iperrealisti per la precisione del tratto risultano Tullio Antonini e Laura Rabbaioli, neoromantico l'Omaggio a Van Gogh di Nella Bottegaro, d'inclinazione espressionista la Casa carsica di Adriana Belle e la Venezia di Piergiacomo Banda, ricchi d'atmosfera e di mistero la magica Venezia di Ginevra Braut, il vellutato paesaggio nordico di Noris Dagostini, le marina di Claudia Comuzzo e Roberta Arnoldo, il Notturno di Sabrina Felician.
Più semplicemente narrativi appaiono la passeggiata nel bosco di Giosuè Bilardo, l'angolo carsico di Claudio Iurin, la marina a Salvore di Majda Pertotti, il Paesaggio alpino di Luca Stuper. Fredda è invece la luce di cui Fabio Olenik ammanta il porto d'Amburgo mentre una luminosità speciale connota lo scorcio barcolano di Diego Polli. Ritorniamo ancora in un mondo fantastico immergendoci nel prato di girasoli di Manuela Rassini o ammirando Il castello fatato di Fulvia Rovatti, le Presenze boschive di Nadia Finzi e la tenera immagine di Elena Stalizzi Valrisano, mentre un senso di poetica solitudine ci avvince nell'algida neve di Bruno Stiglich. Il "paesaggio animato" è poi il tema prediletto da Dorina Deste, Dilva Musizza, Barbara Schreiber.
La mostra è anche popolata dai personaggi più diversi: da una brillante Liz Taylor a firma di Valdea Maniago Ravalico alle eleganti interpretazioni muliebri di Gabriella Dipietro, Yvonne Rowden, Ilaria Rossi, Otilia Saldana, Giuseppina Depase, Mara Giorgini, Ida Marottoli, Francesco Martinuzzi, Cristina Marussi, al sorridente ritratto maschile di Patrizia Testi. Incontriamo anche delle scene di genere: intima, discreta e molto umana quella di Mauro Anello, d'impostazione classica in Carlo Staurini, sensuale quella di Viviana Zinetti. E poi paesi lontani, testimoniati con poetica tenerezza da Marco Chermaz, Ingrid Di Meo, Neva Riva.
Tema frequentato e amato è anche quello degli animali, espresso con nitida aderenza da Alice Bellettini, Giulia Bon, Federico Bossi, Fulvio Caiulo, Tina Cencic e Gabriella Frandoli, con limpida tenerezza da Claudio Maiola e Nada Marsich, con piacevole humor da Boris Furlan e con luminoso realismo da Tatjana Zerjal. E infine, last but not least, il genere della natura morta: iperrealismo e bellezza nel delicato bouquet di Gabriella Pitacco, nel sommaco di Paolo Bonifacio e Bruna Naldi, nel "Sapore d'estate" di Serena Vivoda; un felice cromatismo in Claudia Benedetti, Walter Colomban, Lara Dassi, Antonio Di Gregoli, Vojko Lovriha, Enrica Zanzottera."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Federico Bossi, Ghiandaie
2. Bruno Stiglich, Solitudine
3. Gabriella Pitacco, Fiori
Claudio Mario Feruglio: In ascolto
06 agosto (inaugurazione ore 19) - 24 agosto 2014
Museo d'Arte Moderna Ugo Carà - Muggia (Trieste)
* Il 22 agosto alle ore 18 avrà luogo una visita guidata alla mostra
Mostra personale dell'artista udinese Claudio Mario Feruglio, organizzata dal Comune di Muggia - Assessorato alla Cultura, introdotta sul piano critico dall'arch. Marianna Accerboni e realizzata in collaborazione con l'Associazione AURA e la Casa Comune della Cultura Europea. Una trentina di opere scelte, realizzate dal Maestro dal 2002 al 2014 ad acrilico su tela e incentrate sulla poetica del silenzio, tema a lui particolarmente caro, che l'artista intreccia - scrive Accerboni - con profondo sentire, tecnica ineccepibile ed eleganza al tema della natura e a un'intima sensibilità religiosa, la quale pervade tutti i suoi lavori. Sospesi tra rigore, lirismo e percezione dell'infinito, i dipinti di Feruglio risultano affascinanti ma non estetizzanti, piuttosto sono introspettivi con un battito d'ali che tocca e coinvolge il sentire collettivo.
Avvalendosi di un cromatismo intenso, impreziosito da molteplici velature e simbiotico in rapporto alle predilezioni espressioniste - prosegue il critico - l'artista costruisce un ponte di luce tra realtà e infinito, tra individuo e universo, con intuizioni poeticamente e intellettualmente elevate, che addolciscono la vitalità graffiante dell'espressionismo secondo una vena neoromantica molto attuale ed emozionante, che ci rende tutti partecipi della sua concentrata introspezione di apertura universale. Un concetto di silenzio, luce e infinito che suggerisce al fruitore un atteggiamento di riflessione e attesa, la quale trova nella bellezza della pittura e del Creato, nell'immanenza di Dio e nella sua identificazione con la natura stessa, una pausa lontana dal fragore contemporaneo, in cui ancora una volta la figura dell'Artista si pone come antesignano e delicato interprete dell'armonia e dell'essenza dell'universo
Di Feruglio hanno scritto autorevoli personalità del mondo della cultura e dell'arte, rilevando come nelle sue opere si manifesti il Silenzio e la Luce per farsi proiezione in ognuno di noi. Già Carlo Sgorlon in un importante saggio di qualche anno fa scriveva di Feruglio definendolo "il pittore del silenzio e dell'ascolto sommesso della musica suprema dell'universo". Non potrebbe essere diversamente per un artista come lui che, nel corso della sua attività, dalla formazione accademica a oggi, ha realizzato opere uniche modulandole secondo un linguaggio che invita all'ascolto interiore.
"Per fare pittura" scrive di sé il Maestro "ho bisogno di silenzio, di rapportarmi con il silenzio, di sentire la voce dell'anima, di sentire la voce della natura, di cogliere l'essenza. Ho bisogno di ascoltarmi per creare e di ascoltare per essere stimolato al gesto pittorico. Di sintonizzarmi all'ascolto di quella voce che proviene da lontano, che ti interroga con i suoi profondi silenzi, il più delle volte questa voce ti ribalta tutti i piani. Sono felicissimo quando penso che non mi appartengo, ma appartengo a un progetto più grande di me, che non so neppure io dove mi condurrà, sicuro comunque in un cammino di luce. Mi sento dentro la pittura con tutta la forza della vita, una pittura impressa nel mio sangue, che si smaterializza per donarsi agli altri. Una pittura ricevuta come dono gratuito, compagna fedele, musica visiva che si fa comunione di pensiero".
Claudio Mario Feruglio (Udine 1953) si è formato all'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida del Maestro Edmondo Bacci. Da oltre quarant'anni è presente sulla scena della ricerca artistica internazionale, nel cui ambito ha maturato risultati che gli hanno meritato significativi riconoscimenti da parte del pubblico e della critica, tra cui il Premio nazionale San Fedele a Milano. Ha al suo attivo qualificate mostre personali e collettive in gallerie private e istituzioni pubbliche tra cui in Italia, Austria, Germania, Svizzera, Principato di Monaco, Slovenia, Croazia, Finlandia, Spagna, Gran Bretagna, Giappone, Australia. Nel 1995 ha partecipato su invito alla 46° Biennale Internazionale d'Arte di Venezia nell'ambito della rassegna-evento collaterale Memorie e Attese 1895 - 1995 a Strà (PD) con il gruppo Le Voci del Silenzio e nel 2007 alla 52° Biennale veneziana nell'ambito dell'evento collaterale P3 Performative Paper Project svoltosi a Tolmezzo (UD).
In qualità di operatore culturale si dedica all'organizzazione di eventi espositivi in numerosi centri italiani ed esteri, per enti pubblici e privati, tra i quali il Museo Regionale di Arte Sacra Contemporanea di Sesto al Reghena. Nel 2005 ha realizzato con il regista Gianni Fachin un cortometraggio dal titolo Il mistero e la luce, in cui racconta la propria poetica interiore incentrata sul silenzio. E' presidente di Aura, Associazione Artistico Culturale del FVG che promuove scambi tra artisti d'Europa, ed è fondatore della Casa Comune della Cultura Europea.
E' stato invitato alle grandi mostre Maestri del paesaggio, protagonisti del '900 in FVG (2010) e Maestri del novecento (2011), svoltesi al Museo nazionale di Palazzo de Nordis di Cividale del Friuli; alla 6° Triennale d'arte sacra contemporanea di Lecce (2012), nella Cripta della Cattedrale di Caltanissetta (2012), alle mostre Affordable di Milano (2012) e Roma (2013), al 40° Premio Sulmona (2013); ad Albissola Marina (SV) per la mostra itinerante dedicata al 90° del giornale L'Unità (2014). Sue opere figurano in diverse collezioni pubbliche, private in Italia e in Europa e in luoghi di culto. Della sua arte si sono interessati autorevoli personalità del mondo della cultura, critici, storici dell'arte, filosofi, scrittori e teologi. Una mostra, questa di Muggia, ricca di valori, che non mancherà di richiamare appassionati e cultori d'arte per vivere e condividere momenti di pace e di serenità, di cui oggi si avverte vivamente la necessità.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Claudio Mario Feruglio, Canto al divino silenzio, acrilico su tela cm.120x100, 2010
2. Claudio Mario Feruglio, Memento (dove si fermerà la poesia, si aprira l'eternità), acrilico su tela cm.100x120, 2012
3. Claudio Mario Feruglio, Il fiume riposa nel mare del silenzio, acrilico su tela cm.120x100, 2012
Nicolò Mazzuia
27 giugno (inaugurazione ore 19.30) - 17 luglio 2014
Hotel Duchi Vis à Vis - Trieste
Mostra del giovane artista triestino Nicolò Mazzuia, che sarà presentata dall'arch. Marianna Accerboni. Nella rassegna, curata da Valeria De Tullio, verrà proposta una dozzina di disegni realizzati dal 2011 a oggi a china su carta, di gusto illustrativo e squisitamente figurativo, molto dettagliati e realistici, accanto ad altri molto più surreali e metafisici. In mostra sarà presente anche una serie di oli su tela arricchiti da interventi a tecnica mista. Opere quest'ultime, d'inclinazione astratta ed espressionista, che trovano un punto di riferimento nell'espressionismo urbano alienato, dipinto da Willelm de Kooning negli anni '50 e '60, che ha affascinato l'artista per la verità di vita che vi era espressa.
Tra questi lavori, il più rappresentativo per Mazzuia è la Porta sul fiume, simbolica di una dimensione urbana da recuperare secondo un linguaggio più poetico rispetto a quello di Pollock. La mostra appare particolarmente interessante poiché, come un Giano bifronte, mette a confronto la profonda e intensa ricerca pittorica di Mazzuia nell'ambito dell'espressionismo figurativo e astratto, con il suo affondo di angoscia contemporanea, e la capacità di raccontare il reale e interpretare il fantastico attraverso la bellezza del segno grafico felicemente declinato in bianco e nero.
Dalle due anime di Mazzuia, quella pittorica e quella segnica, dall'inclinazione astratta a quella dettagliatamente figurativa, fuoriescono le molteplici sollecitazioni che s'incontrano nel suo animo d'artista informato e appassionato e che sgorgano fino a noi, intrecciate anche a effluvi d'ispirazione noir e vicine a I fiori del male di Baudelaire. Intenso, iperrealista, capace di fantasticare per ritrovare se stesso, a volte ironico, in tal modo lil pittore, che è anche un abile e delicato illustratore, dà prova di grande raffinatezza e forza gestuale e cromatica. Nicolò Mazzuia (1980), autodidatta, ha esposto ripetutamente in Italia e Spagna, aggiudicandosi il 2° posto e una menzione speciale al Premio Lilian Caraian 2009 e 2010.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Nicolò Mazzuia, tecnica mista su tela cm.60x30, 2014
2. Nicolò Mazzuia, disegno a china su carta cm.30x20, 2013
XIII edizione della Margherita d'Argento
14 giugno 2014, ore 18.30
Oasi Felina "Miranda Rotteri" - Trieste
Premio annuale che l'Associazione Il Gattile conferisce a una donna che ne condivide le finalità di cura e ricovero dei gatti randagi. Il premio, istituito nel 2001 per festeggiare il compleanno di Margherita Hack, illustre socia fondatrice de Il Gattile (Firenze, 1922 - Trieste, 2013), quest'anno si svolge, purtroppo, per la prima volta senza la sua presenza, ma per commemorarla. Inoltre per questa edizione Il Gattile deciso di assegnare per la prima volta il premio non a una persona, ma idealmente all'Oasi Felina stessa, lo spazio che Margherita Hack amava tanto. All'Oasi Felina Il Gattile dedica quest'anno pure un album, dove amici ed estimatori potranno apporre la loro firma.
Il riconoscimento è stato conferito nel 2002 alla giornalista Laura Tonero, nel 2003 a Susanna Hucksteap, testimonial de "Il Gattile", modella in carriera e già miss Italia; nel 2004 a Gioia Meloni, giornalista Raitre, nel 2005 a Giuliana Cicognani, responsabile Area Affari Generali e Istituzionali del Comune, nel 2006 a Rosella Pisciotta della Cooperativa Bonawentura, direttrice del Teatro Miela, nel 2007 all'architetto e critico d'arte Marianna Accerboni, nel 2008 a Zita Fusco, conduttrice e attrice, nel 2009 alla nota giornalista animalista Licia Colò, nel 2010 a Federica Sgarbi, scrittrice e gattofila, nel 2011 alla valente pittrice Elettra Metallinò, nel 2012 a Daniela Schifani Luchetta, insegnante e animalista triestina, e nel 2013 all'attrice Loredana Cannata.
Il Gattile, fondato nel '96, è sorto per dare ricovero e ospitalità ai gatti in pericolo di sopravvivenza. Nel tempo si è dotato di un ambulatorio veterinario e partecipa alla campagna di sterilizzazione in convenzione con il Comune di Trieste e la collaborazione dell'A.S.S. L'Oasi Felina è un ulteriore spazio per ricoverare i gatti che hanno perduto temporaneamente il loro habitat.
"La luce nella pittura. il ruolo delle alterazioni percettive nel processo creativo"
12 giugno 2014, ore 18.00-20.00
Antico Caffè San Marco - Trieste
Incontro organizzato dagli studenti del Master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico" del Laboratorio Interdisciplinare della SISSA. L'appuntamento anticipa SISSA in festa 2014, dedicato quest'anno alla "luce" e alla "visione". Marianna Accerboni, triestina, scenografo, critico d'arte e d'architettura, ripercorrerà il tema dell'importanza della luce nell'ambito dell'arte antica e moderna compendiando l'intervento con la proiezione di una serie di eventi di luce da lei ideati in occasione di varie mostre d'arte. Stefano Cappa, medico chirurgo, specializzato in Neurologia, discuterà di quella che viene chiamata "patografia", cioè lo studio del possibile impatto di malattie sulla produzione artistica, con particolare riguardo ai disturbi (veri o supposti) della percezione visiva in alcuni artisti, e alla produzione artistica di pazienti affetti da malattie neurologiche.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Performance di luce realizzata da Marianna Accerboni per Artefatto nel 2008
2. Performance di luce di Marianna Accerboni per Artefatto 2009
Gabriella Dipietro: "Gratia plena"
14 giugno (inaugurazione ore 18.30) - 27 giugno 2014
* 25 giugno, ore 18.30, la pittrice e la curatrice Marianna Accerboni incontrano il pubblico per un "Tè con l'artista"
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
Rassegna dedicata dalla pittrice Gabriella Dipietro al tema della donna, che sa interpretare con poetico sentire, grande aderenza, originalità e abile gesto pittorico. Curata e presentata dall'arch. Marianna Accerboni, la mostra propone una ventina di oli dipinti tra il 2010 e il 2014 e sarà introdotta alla vernice dal coro femminile "Auricorale VivaVoce".
"Raffinata e intensa rassegna dedicata al tema della donna, che" - scrive Marianna Accerboni - "l'artista sa interpretare con poetico sentire, grande aderenza, originalità e abile gesto pittorico. Sottesa tra passato e contemporaneità, la sua arte si snoda con eleganza e talento secondo i parametri di un gusto figurativo dall'accezione simbolica di grande suggestione e sincera partecipazione ai momenti più intensi, fortunati o meno lieti, della vita al femminile, di cui sa interpretare con felici intuizioni compositive e interessanti predilezioni cromatiche i diversi stati d'animo.
In alcune opere il riuscito rapporto tra antico e moderno, che rappresenta uno dei Leitmotiv della sua pittura, si esplica attraverso il felice connubio tra pittura e fotografia, scelta espressiva del tutto contemporanea che la Dipietro sa compiere con grande delicatezza: filo conduttore quest'ultimo, assieme a un'intensa sensibilità cromatica, che pervade tutta la sua opera. I colori sono caldi, accesi, intensi, verrebbe da dire come il suo cuore, che s'intuisce profondamente partecipe delle vicende della vita umana: non sono colori nordici, ma scelte tonali vicine alla dolcezza e all'umanità di Antonello da Messina, massimo esponente della pittura siciliana del XV secolo e antesignano della morbidezza della pittura veneta.
Precisa e nel contempo fantasiosa, Gabriella Dipietro ha inoltre creato per questa rassegna un allestimento caldo e particolare, arricchito da alcuni mobili d'antiquariato e da oggetti sintonici rispetto ai dipinti, sicchè la mostra ci appare come una sorta d'installazione totale: un'artista che certamente non mancherà d'incantarci ancora con racconti figurati allusivi e vellutati, sospesi fra la coscienza di genere narrata attraverso il senso della bellezza, un personale e interessante simbolismo e la magia di una pittura felicemente sostenuta da tecnica notevole e da una forte coscienza della condizione femminile."
Gabriella Dipietro (Gorizia 1965), di padre siciliano e madre goriziana, inizia a dipingere grazie all'incontro con il pittore acquerellista Lido D'Ambrosi. Prosegue sotto la guida degli artisti Guido Porro (Scuola Libera di Figura del Museo Revoltella), Claudio Cosmini (Scuola del Vedere Trieste), Paolo Cervi Kervischer e, dal 2009, con il pittore Livio Možina grazie al quale approfondisce l'interpretazione della figura femminile.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Gabriella Dipietro, Non solo numeri, intervento pittorico a olio su stampa fotografica cm.90x60, 2014
2. Gabriella Dipietro, Atmosfere antiche, olio su tela cm.50x40, 2014
Claudio Saccari: L'urlo dei silenzi
06 giugno (inaugurazione ore 19) - 27 giugno 2014
Hotel Duchi Vis à Vis - Trieste
Dopo il grande successo della mostra personale al Museo Regionale di Capodistria, l'itinerario espositivo del fotografo-artista Claudio Saccari prosegue a Trieste, in una rassegna curata dall'arch. Marianna Accerboni, dedicata a un tema del tutto nuovo: ossia il grido che divampa dalla solitudine, in un momento d'intima introspezione davanti alla bellezza di una natura algida, a volte misteriosa o surreale. Una quindicina di foto digitali, realizzate tutte nel 2014, ci conducono ancora una volta per mano in un mondo magico, questa volta soprattutto interiore.
L'ambientazione delle immagini paesaggistiche modulata prevalentemente secondo un'infinita gamma di tonalità azzurre o argentee ci traducono dalla realtà in un universo lievemente onirico, al cui baricentro incontriamo quasi sempre - simbolo e protagonista - l'essere umano con la sua psiche. Saccari è inoltre presente fino al 30 settembre con 20 opere al'Hotel Harmonie del Faaker See (Austria).
Claudio Saccari (Trieste) ha iniziato a fotografare nel 1964 e ha partecipato a numerosi concorsi nazionali ed internazionali. Giornalista e pubblicista dal 1976, ha collaborato a riviste e quotidiani di prestigio. Le sue fotografie sono state pubblicate su Israel Forum, Panorama, Imagen y Sonido, Turismo e Oggi. Ha esposto ai saloni internazionali di Bordeaux, Praga, Reus e Belgrado. Dopo aver abbandonato nel 1984 la camera oscura, in cui vigeva molto la casualità, nel corso del tempo e attraverso una quantità immensa di scatti (dai 50.000 in su), Saccari ha saputo affrontare più tematiche: dal paesaggio alla presenza dell'uomo, dalla poesia delle diverse etnie che popolano il mondo, all'introspezione, suscitando nel fruitore la sensazione di assistere a una sorta d'interpretazione panica del contemporaneo.
Se nel paesaggio, uno spunto pittorico eccellente gli ha consentito di evocare, mediante un contrappunto cromatico spesso audace e armonico, l'anima dei luoghi e la magia della natura, non sono mancati riferimenti sentimentali e intuitivi, che si sono addentrati nell'animo dei soggetti ritratti per cogliere il senso più profondo dell'esistenza: visioni coinvolgenti e a loro modo essenziali e atarassiche, ma nel contempo venate di passione, spesso proposte quale simbolo del suo sognare la vita, dall'autore, la cui famiglia (il cognome oscillò nel tempo da Sacher a Scakar) è dalla metà del '700 originaria del Carso; germinando da una cultura di matrice nordica, che spesso ci riconduce a un mondo educato a emozionarsi per i versi di Rilke e il grigio-scuro fantasticare kafkiano. O a gioire sulle note della musica mozartiana o per i cromatismi audaci di un genio della Secessione quale Klimt.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Claudio Saccari, L'urlo dei silenzi - Alasca, fotografia digitale cm.70x50, 2014
2. Claudio Saccari, L'Urlo dei silenzi
Annamaria Mitri: Sculture nel roseto
03 giugno (inaugurazione ore 20) - 15 giugno 2014 (prorogata al 19 giugno)
Giardino di Casa Mitri - Trieste
Interessante e suggestiva rassegna delle opere realizzate in terracotta dall'artista triestina nell'ultimo decennio, a cura di Marianna Accerboni, con scenografici effetti luce. I racconti figurati della Mitri, connotati dal candore della Bellezza, sono inseriti nel suo grande e affascinante giardino naturale a due passi dal mare, caratterizzato da cespugli di rose anche antiche e di piante rare, che l'artista cura con grande passione e amore, grazie pure ai suggerimenti dell'Associazione Amici in giardino. Mitri disegna, dipinge e scolpisce da sempre. Si è formata al Corso di Scenografia di Marianna Accerboni, a quelli di Modellazione di Laura Modolo e con lo scultore Giancarlo Buratti di Pietrasanta. Ha esposto ripetutamente alla Sala Comunale d'Arte di Trieste. Dotata di notevoli intuizioni sceniche, che si riflettono sia nell'attività scultorea che nei numerosi scritti, ha composto commedie per L'Armonia, andate in scena al Teatro Pellico di Trieste (fino al 15 giugno).
"Emozioni e situazioni intense, stati d'animo e affetti anche estremi" - scrive Marianna Accerboni - "s'intrecciano nella scultura essenziale ed espressiva di Annamaria Mitri, che trova il proprio equilibrio in un'armonia sobriamente classica e sostanzialmente figurativa, razionale ma improntata al sentimento. Nelle opere, a volte implementate da elementi realizzati in altri materiali e sottolineate da note cromatiche o dorate in acrilico, si respira però felicemente la libera e personale interpretazione del dato reale propria delle avanguardie.
Ispirazione espressionista e intuizioni simboliste rappresentano il filo conduttore delle sculture in mostra, sottese da un poetico sentire e da un sentimento di umana partecipazione, che coinvolge con immediatezza il fruitore in una narrazione fortemente empatica. I lavori tridimensionali dell'artista sono inseriti nel suo incantevole e semplice giardino: una zona in cui il presente respira ancora degli effluvi ricchissimi del passato romano di Tergeste, ai piedi di via del Pucino e della via Livia, rigogliose di verde, al riparo dai venti di Bora."
Racconta di sé la scultrice: «Cercare con le mani quello che è rimasto nella mente. Giro per il giardino e contemplo le violette che si affacciano tra le belle foglie a cuore. Contemplo e ammiro, ma subito il mio pensiero corre all'altro mondo, al fuori, che mi riporta a ciò che sta nelle vie e nelle piazze, al di là della siepe che isola il giardino dalla strada; a ciò che si ritrova nelle foto dei giornali sfogliati, nei resoconti della televisione... Sono immagini che non riescono ad abbandonare la mia mente e mi piace ritrovarle attraverso il lento lavoro del modellare la creta. Uso qualche fotografia, chiedo a qualcuno di mettersi in posa per qualche secondo, ma in realtà ho già in mente ciò che voglio e, finchè non lo ritrovo nel pezzo d'argilla che ho davanti, non sono soddisfatta.»
Immagine:
Annamaria Mitri, Il grembiule blu, terracotta e acrilico cm.30x38, 2005
"Dialoghi triestini"
di Roberto Costa Longeri e Franco Nuti, Ibiskos editore Risolo, pgg: 118, €12,00
Presentazione libro
14 maggio 2014, ore 17.30
Libreria Minerva - Trieste
Un incontro fra due menti illuminate, che si svolge in una sorta di percorso peripatetico, d'ideale memoria classica ma in realtà molto contemporaneo, dedicato all'architettura, all'urbanistica, all'impegno sociale e alla storia: così si configura Dialoghi triestini, elegante volume scritto a quattro mani da di Roberto Costa Longeri, ingegnere triestino e professore emerito della Facoltà di Architettura dell'Università di Trieste, e da Franco Nuti, ingegnere fiorentino e professore ordinario di Architettura Tecnica nelle Università di Bologna, Trieste e Firenze. Introdurrà Luigi Milazzi.
Un uomo di mare (anche se di lontana origine montanara), si potrebbe dire di Costa, triestino ma cittadino del mondo per i suoi molti viaggi e le diverse frequentazioni, osservatore acuto e razionale degli eventi; e un uomo di terra, di Nuti, mente dalla notevolissima sensibilità letteraria e poetica. Tant'è che, nel volume Trieste, note e immagini per l'interpretazione della forma urbana, dedicato nel '93 da Nuti alla Città, ogni capitolo è introdotto da una poesia di Umberto Saba, Giotti o Anita Pittoni, spesso citati dall'autore, assieme ad altri poeti italiani, quali per esempio Cardarelli e Caproni, a corredo delle proprie osservazioni e intuizioni dei luoghi.
Ancora una volta dunque, con agile profondità, la verve di un coltissimo cronista, freschezza ed entusiasmo giovanili, Roberto Costa trae dalla bisaccia dei suoi infiniti ricordi, un variegato e interessantissimo itinerario che ci conduce attraverso Trieste, ricomponendo alcuni momenti particolarmente significativi della storia della città e della vita professionale dell'autore; mentre al collega fiorentino si deve un prezioso e colto affondo, ricco di sensibilità, su Trieste, definita fin dai primi approcci "città dolente", per le tragiche vicende che ne hanno attraversato il '900.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Franco Nuti, Riva Grumula S. Vito
2. Franco Nuti, Teatro romano
3. Franco Nuti, Navi e città
24esima Mostra del piccolo formato
02-16 maggio 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
Tradizionale rassegna di pittura, scultura e grafica d'autore, che propone i migliori artisti triestini e regionali, molti anche di valenza internazionale, quali Accerboni, Alberti, Altieri, Ambrosi, Bastianutto, Baj, Bernini, Bigarella, Bomben, Borta, Bosnjak, Brumatti, Bressanutti, Roberto e Sergio Budicin, Bussi, Cante, Carà, Cassetti, Centazzo, Cerne, Chersicla, Corbidge, Crali, Dequel, Devetta, Ducaton, Duiz, Famà, Fantuzzi, Ferfoglia, Frai, Franza, Fini, Gabriella Giurovich, Kollmann, Marangoni, Metallinò, Monai, Mozina, Osojnik, Palcic, Pepeu, Perizi, Pitacco, Ponte, Postogna, Psacaropulo, Righi, Rosignano, Raza, Riavini, Saldana, Schott Sbisà, Schumann, Siauss, Sivini, Sormani, Stultus, Svara, Spacal, Villibossi.
Immagine:
Ugo Carà, Gioiello in metallo inciso
Lucia Sarto: Arte Moda Colore
19 aprile (inaugurazione ore 18.30) - 02 maggio 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
Rassegna dedicata alla pittrice Lucia Sarto, che sa interpretare il reale con intensità e nel contempo con intuito poetico. Curata e presentata dall'arch. Marianna Accerboni, la mostra propone un interessante e riuscito connubio tra pittura e moda: un'ampia selezione dei dipinti figurativi, raffinati e puntuali dell'artista, realizzati a olio e ad acrilico dal 2005 a oggi, vengono abbinati a borse, gioielli, foulard e a un abito da lei stessa disegnato, su cui sono riprodotti i suoi motivi di fiori e frutta e i suoi personaggi. Molto interessanti appaiono anche gli eleganti e accurati gioielli in oro e argento, che riportano gli stessi soggetti o altri elementi più astratti, spesso impreziositi da pietre dure, e gli oggetti d'arte e d'arredamento.
"In un'epoca in cui si nota in pittura un notevole ritorno al linguaggio figurativo, espresso sovente mediante i modi del gusto neoromantico" - scrive MariannaAccerboni - "appare molto contemporanea la delicata e vivace creatività dell'artista friulana Lucia Sarto, che affronta con il pennello molteplici aspetti del reale, trasfondendoli spesso - quando si tratta di paesaggi e fiori - in una soffusa e luminosissima atmosfera di sogno. Una pittura condotta con tenacia e passione, che si traduce in una sorta di divertissement contemporaneo, quando l'artista affronta i temi legati agli anni Sessanta, come accade per esempio nei dipinti ispirati a Easy rider, film cult della New generation e della New Hollywood, che testimoniava il desiderio di libertà e di evasione tipico di quegli anni. Interessante è anche la partecipazione emotiva della Sarto, il suo slancio e l'abilità nel tradurre in pittura i temi della danza, particolarmente del tango, attraverso degli sketch di grande efficacia poetica.
Il paesaggio, i fiori e il mondo giovanile degli anni '60 con i suoi miti, diventano pure motivo d'ispirazione per la decorazione di raffinati e inediti accessori d'autore, quali borse, curate nei minimi dettagli, foulard e gioielli montati su oro e argento e spesso impreziositi da pietre dure; per gli abiti da lei stessa disegnati e per complementi d'arredo come piatti e vasi. E ciò che colpisce in particolare sono l'armonioso equilibrio e l'accuratezza con cui l'artista inserisce la riproduzione dei propri dipinti in tali manufatti. Attraverso questo fantasioso e fresco intreccio tra arte e moda, la mostra propone dunque un'ampia selezione di dipinti (realizzati a olio e acrilico dal 2005 a oggi) e di oggetti dal tocco raffinato e puntuale: un mondo ricco di colore e di grazia che ci accoglie come un'oasi luminosa di bellezza.
La formazione artistica di Lucia Sarto, pittrice friulana, avviene tra Venezia e Torino, città nella quale partecipa alle prime importanti collettive. Ha al suo attivo oltre cento mostre, di cui cinquanta personali in Italia e all'estero. Dalla metà degli anni '70 è presente con i suoi dipinti in numerose gallerie americane, giapponesi, europee. In Italia le sue opere si trovano in permanenza alla Galleria San Giorgio di Portofino, Melori & Rosenberg di Venezia, Galleria Estense di Cernobbio (Como).
Germaine Bonifacio
11 aprile - 13 maggio 2014
Antico Caffè san Marco - Trieste
Nella rassegna, a cura di Marianna Accerboni, organizzata in collaborazione con l'Associazione Giuliani nel Mondo, presieduta da Dario Locchi e diretta da Fabio Ziberna, compare una ricca selezione di opere realizzate nel 2013: la Serie Trieste ad acrilico e tecnica mista, la serie Shangai su lacerti di tela dipinta e la Serie Macchie a collage. Altri importanti lavori di grande dimensione appartenenti alla Serie Ritmo, sono visibili in permanenza alla Galleria Rettori Tribbio. Germaine Bonifacio (1963), ha seguito corsi di pittura con diversi maestri argentini. Dal 1995 ha al suo attivo personali e collettive di rilievo, premi e riconoscimenti prestigiosi. Ha aperto uno studio di pittura per l'insegnamento di tecniche sperimentali a City Bell (Buenos Aires).
"Di padre istriano e di madre uruguayana, Germaine Bonifacio vive e opera in Argentina, dove ha compiuto studi specifici in ambito artistico (comunicazione visiva e pittura), laureandosi alla Facoltà di Belle Arti dell'Università Nazionale de La Plata, Buenos Aires. Ha sperimentato diversi linguaggi dell'arte" - scrive Marianna Accerboni - "ma appare particolarmente vicina all'espressionismo, che declina con sensibilità e passione, transitando con efficacia dal taglio figurativo all'astrazione e all'informale e prediligendo una vivace e intensa valenza segnica e cromatica, che da sempre caratterizza il movimento espressionista. Va altresì sottolineato che nella su pittura la valenza espressionista si esprime nella sua accezione più mediterranea, cioè priva di quella drammaticità che connotò tale corrente nell'ambito della cultura nordica e austro-tedesca, in cui nacque e di cui il pittore norvegese Edward Munch fu tra i primi mentori; ma si ammanta invece di quella solarità tutta mediterranea che caratterizzò il movimento in Francia e in Italia".
Inaugurazione dello spazio "Martoriati Arte"
Trieste, 11 aprile 2014, ore 19
L'atelier dell'artista romano Mauro Martoriati, situato nel centro cittadino, si propone anche quale nuovo punto d'incontro per l'arte e la cultura contemporanea, ospitando l'associazione M.A.R.T. (Movimento artistico Roma - Trieste), promotrice dello scambio fra artisti romani e triestini, in collaborazione con la curatrice di Roma Manuela Vannozzi. Nella mostra inaugurale, che darà presentata dalla curatrice dell'evento Marianna Accerboni, verrà esposto in particolare il magico design neobarocco di Martoriati, accanto ai dipinti dall'acceso e personale cromatismo espressionista e alle sculture fantastiche dall'impulso cinetico: un'arte per sognare un mondo migliore. La ricerca artistica di Martoriati nasce più di trent'anni fa, con Mario Schifano, all'insegna della libertà, nell'ambito della Scuola di Piazza del Popolo. Il pittore, molto noto e apprezzato anche per le sculture urbane, intensamente simboliche e innovative, ora ha scelto la luce del Nord-Est per esprimere la propria poliedrica creatività.
"Abbandonando per il momento il resto del mondo" - scrive Marianna Accerboni - "Mauro Martoriati, artista nomade e immaginifico, che ha operato per anni a Roma, New York, Madrid e Parigi, per poi scegliere di stanziare per più di un decennio nella dolce Anguillara Sabazia (Lazio), lascia ora le sponde del lago di Bracciano e la latinità per aprire uno studio, dall'inusitato impianto scenografico, nel cuore di Trieste. In questo atelier, che fino a poco tempo fa era dedicato alla moda e che, dell'essere stato una boutique - bomboniera, porta ancora le decorazioni e l'impronta, s'inserisce curiosamente ma perfettamente l'arte sfaccettata e poliedrica, dalla forte vis tecnica ma dall'impeto concettuale, di Martoriati.
Che, partendo da origini popolari, in cui risuona ancora l'arguzia della Roma antica, per sua naturale attitudine ha costruito con tenacia nel tempo un'arte molto personale e riconoscibile, originale e comunicativa, dopo una formazione avvenuta negli studi dei grandi maestri, come accadeva nei tempi dell'età dell'Umanesimo e del Rinascimento, quando i giovani artisti andavano a bottega. E dei pittori di quell'epoca, che spesso erano anche architetti e scultori, Martoriati ricorda la multiforme capacità di esprimersi con agilità e naturalezza mediante linguaggi diversi: pittura, scultura, design e, in passato, anche architettura e restauro, acquisendo così una competenza e un'abilità tecnica, che oggi gli consentono di esprimersi felicemente e con destrezza, quasi con concettuale nonchalance, in più settori del contemporaneo, intrecciando e traslando le diverse tecniche ed esperienze in un unico, coerente flusso naturale di idee e di opere.
E di fondare un lessico del tutto personale, che con guizzo veloce racconta attraverso la linea, raggiunta mediante elementi metallici di recupero, la terza dimensione; o in cui incontriamo un inedito dripping "figurativo" e cinetico, come appare per esempio in un ciclo di essenziali dipinti del 2009, Espansioni: l'operazione compiuta da Martoriati in tale dripping e in tali opere, umanizza, "italico more", il significato del gesto di rottura compiuto a suo tempo da Pollock (che cambiò il modo di dipingere di Martoriati quando egli vide una sua grande opera a New York), rimanendo tuttavia intatto il concetto di libertà. Che nell'opera e nel pensiero dell'artista romano è fondamentale e catartico.
L'innovazione del gesto pittorico operata allora da Pollock come simbolo di rottura con la tradizione e di affermazione di libertà del gesto creativo è in perfetta simbiosi con le Espansioni di Martoriati, che rappresentano e sostengono sotto il profilo concettuale il significato di libertà nella vita sociale dell'uomo e la sua necessità, per essere felice, o per lo meno sereno, di affrancarsi dai vincoli di sudditanza sociale e psicologica. Ed ecco lo slancio verso un mondo migliore.
Tutto passa attraverso la libertà in lui: dal modo di roteare i grandi occhi verdi alla coerente esperienza della Scuola romana di Piazza del Popolo accanto a Mario Schifano, con il quale collaborò a lungo, alla conoscenza di Bonito Oliva, all'intuito sincero e alla sensibilità per il sociale e l'ecologia, che lo hanno visto autore nel 2001 del Guerriero degli Anguillara, il quale secondo la leggenda uccise il drago: una scultura alta 3,50 metri e larga 2, realizzata con due tonnellate di ferro, tutti pezzi di recupero forniti dagli abitanti della cittadina laziale; così come accadde per la grande, simbolica ed elegante scultura-fontana in rame (un pannello di 15 metri) con inseriti pesci in ceramica e metallo colorati e smaltati anche dalla gente del luogo.
Opere corali, che hanno trovato un'evoluzione ancor più matura e raffinata nel 2008/ 2009 con la realizzazione di una sorta di multiforme installazione - Autorità e povertà - ed esposta con grande successo al Théâtre de l'Est Parisien a Parigi: originalità e Bellezza contemporanea, padronanza del concetto di spazio, sensibilità e intuito scenografico, cromatismo brillante, lirismo sono i parametri che racchiudono il fascino e il significato dell'opera. In cui sono per altro insite anche le esperienze per il teatro di Martoriati, tra cui nel 2003 la scenografia per la Tosca di Puccini, progettata in grande scala.
Opere pubbliche, installazioni, scultura, pittura, design rappresentano linguaggi affini e interdisciplinari per questo artista poliedrico e genuino, naturalmente raffinato e selettivo, profondo, semplice e sensuale, che nella pittura delle origini e nel medio periodo ha saputo offrire al fruitore una personale interpretazione dell'espressionismo, come appare evidente nel polittico Interno mediterraneo: un espressionismo che compendia gli aspetti drammatici della vita, apparentandosi in tali lavori più alla falange tedesca e nordica di questo movimento che non a quella mediterranea, ossia francese e italiana, solitamente più solare, che si esplica invece nelle Cariatidi del 2007 e in altri lavori.
Una prova "colossale" è rappresentata poi dal grande polittico Scorie della Memoria (m.2,70x6), cento tele di varia misura assemblate in magistrale dissonanza come le note di Stravinskij. La linea, onnipresente in pittura, prelude anche alla terza dimensione: ed ecco la scultura e il design, in cui la forma plastica lascia sempre filtrare la luce e di questa vive, sfoderando, grazie anche a tale inedito e interessantissimo rapporto tra pieni e vuoti, una levità e un impulso cinetico di grande fascino, inediti nel concetto e nella prassi tridimensionali. Qualità che incontriamo per esempio nel magnifico complesso degli Scacchi, sedici pezzi in ferro smaltato del 2003 alti 2 metri (espressi nel 2004 in una versione pittorica in smalto su tavola di cm.80x200 ciascuno) e nei fantastici complementi d'arredo, tavoli, applique e lampade, dall'elegante ritmo curvilineo.
Negli anni più recenti infine, il colore dal ricco sapore espressionista e a volte fauve, già transitato dalla "semplicità" dell'acrilico e dell'olio alla maggiore matericità e prestanza dello smalto, ha lasciato il passo a White, il bianco assoluto solcato da essenziali geometrie, che interpreta e ricerca il silenzio, costituendo una sorta di tabula rasa, da cui riprendere il tenace e impetuoso percorso in salita, che ha portato nel corso del tempo Martoriati a esporre, da instancabile e inesauribile sperimentatore, in luoghi sempre più prestigiosi: nel 2004, per esempio, al Museo Crocetti di Roma accanto ad artisti del calibro di Berlingeri, Ceroli, Kostaby e Rabarama e nel 2005 nella stessa sede con Bonalumi, Dorazio, Arman, Rotella."
Mauro Martoriati (Roma, 1957) si forma studiando e lavorando negli anni '70 e '80 negli atelier dei migliori artisti, in particolare frequentando la famosa Scuola romana di Piazza del Popolo accanto a Mario Schifano. Dopo essersi inizialmente dedicato all'architettura e al design d'interni e al restauro, negli anni '80 sente di volersi dedicare completamente all'arte. Esordisce con la pittura, esprimendosi inizialmente attraverso l'acrilico a tinte forti e adottando quindi la tecnica a smalto. Successivamente il proprio percorso evolutivo, partendo dalla superficie piatta del supporto pittorico, lo indurrà a espandersi, dalla fine degli anni '90, nella terza dimensione. Nel '93 incontra a New York, dove vive e opera per alcuni mesi, l'action painting di Jackson Pollock: l'immensa Opera n° 1 gli fa scoprire il dripping e ciò determina una svolta fondamentale nella sua pittura.
Nel '96 avrà luogo la prima personale incentrata su questa tecnica. In questi anni crea anche un originalissimo ciclo di Scacchi a misura umana, complesso scultoreo, che nel 2004 verrà esposto con grande successo a Marostica in occasione della storica Partita a scacchi e che successivamente il Maestro riproporrà anche in forma pittorica. Nel '97 si trasferisce nella quiete di Anguillara Sabazia (Lazio), dove rimarrà fino al 2008. Qui la necessità di esprimersi nello spazio attraverso la scultura, anche urbana e monumentale. Ed ecco il pannello-scultura in ferro, rame e ceramica collocato nei nuovi giardini comunali della città e la scultura monumentale Il guerriero, costruita con vecchio ferro, recuperato esclusivamente nelle campagne e nelle cantine del centro sabatino, e installata in uno spazio pubblico del centro laziale.
Tra i primi anni '90 e il 2011 soggiorna e opera ripetutamente a Madrid e a Parigi. Nel 2000 espone e colloca due opere nel Museo Nazionale Arte Contemporanea di Kuala Lumpur e nel Museo Ibrahim Hussein di Langkawi- Malaysia. Nel 2001 un dipinto di m.12x1.60 entra a far parte della collezione della Mediateca di Mouans-Sartoux (Francia). Nel 2006 e nel 2009 due sue opere sono state donate rispettivamente al Presidente del Paraguay e al governo del Brasile in un progetto della F.A.O.. Nel 2007 riprende a dedicarsi anche al design, creando originali e raffinati complementi d'arredo. Nel 2011 ritorna a Roma, dove apre un nuovo studio ed entra in contatto con l'EAC curato da Achille Bonito Oliva e Umberto Scrocca.
Nel 2013 si trasferisce a Trieste, dove riprende a dipingere a olio "perché Trieste è una città a olio, adagiata nel tempo." afferma l'artista "E non le va di essere travolta dalla modernità. Perciò ispira una pittura classica ma rinnovata". In trent'anni di attività Martoriati ha al suo attivo più di un centinaio di mostre personali e numerosissime collettive in Italia e all'estero accanto a prestigiosi premi e riconoscimenti. Tra dipinti, sculture, oggetti di design e scenografie, ha creato più di 4000 opere.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Mauro Martoriati, Anunnaki, ferro di recupero assemblato in piu strati e laccato girevole su base cm.270x190, 2012
2. Mauro Martoriati, Medusa, applique in metallo lucidato e laccato cm.32x45, 2012
3. Mauro Martoriati, Il guerriero degli Anguillara, ferro di recupero cm.350x200, 2001
Claudio Saccari: Oltre
08 aprile (inaugurazione ore 18) - 04 maggio 2014
Museo Regionale di Capodistria
Nel museo, situato nel prestigioso Palazzo Belgramoni Tacco e diretto da Luka Juri, una fascinosa rassegna dedicata all'artista-fotografo triestino Claudio Saccari e curata da Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione: in mostra più di una quarantina di immagini realizzate per la maggior parte tra il 2013 e il 2014 sull'amato tema del paesaggio. L'itinerario, ideato da Saccari ad hoc per la mostra, parte da Trieste, scende a Capodistria e lungo la costa fino a Pirano, da dove risale attraverso la parte interna collinare della Slovenia sino a Lubiana. Da qui entra nella Venezia Giulia attraverso Tarvisio per ritornare a Trieste, passando per il Carso triestino e sloveno e concludersi a Capodistria.
Si ripete ancora una volta in questa mostra l'incanto estetico e concettuale, che ha affascinato di recente il pubblico di Bruxelles, dove Saccari ha esposto con grande successo. Oltre sintetizza bene l'operare artistico di Saccari, il cui obiettivo coglie le immagini non solo nella Città di Trieste, ma anche nella vicina Slovenia; con una tecnica che spesso lo porta a superare schemi tradizionali, fino ad arrivare appunto oltre, con un processo creativo che si avvale di "applicazioni" sofisticate, proprie dell'arte digitale. Claudio Saccari ha iniziato a fotografare nel 1964 e ha partecipato a numerosi concorsi nazionali ed internazionali. Giornalista e pubblicista dal 1976, ha collaborato a riviste e quotidiani di prestigio. Ha esposto ai saloni internazionali di Bordeaux, Praga, Reus e Belgrado.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Claudio Saccari, Sv Anton panorama, fotografia digitale fineart con stampa a pigmenti colorati su carta 100% cotone cm.50x70, 2014
2. Claudio Saccari, Podgrad visioni, fotografia digitale fineart con stampa a pigmenti colorati su carta 100% cotone cm.50x70, 2012
Roberto Budicin: Orizzonti di luce
05 aprile (inaugurazione ore 18) - 18 aprile 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
La rassegna, presentata dall'architetto Marianna Accerboni, propone un'ampia sequenza di lavori per la maggior parte recentissimi e inediti, realizzati soprattutto tra il 2013 e il 2014. "Iniziato alla pittura dal padre Sergio, artista molto noto soprattutto all'estero" - scrive Marianna Accerboni - "col quale per altro tiene una nota scuola di disegno e pittura, a distanza di non molto tempo dagli ultimi eventi espositivi in diverse città italiane, Budicin propone ora una selezione di dipinti, in cui si ravvisa un ulteriore livello di maturità espressiva e compositiva. Quest'ultima è espressa attraverso un tratto pittorico ancor più libero e leggero, sciolto e immediato: una pittura poetica e di qualità declinata da un artista che sa guardare lontano verso una Bellezza fatta di equilibrio e istinto. In un periodo di crisi economica e dei valori come quella attuale balza all'occhio e consola chi con coraggio persegue tenacemente la difficile via professionale dell'arte.
Tra questi, il giovane pittore triestino Roberto Budicin rappresenta un singolare e apprezzatissimo intreccio tra attitudine all'arte visiva e alla musica, che pratica entrambe con passione. Iniziato alla pittura dal padre Sergio, pittore animalista e illustratore molto conosciuto all'estero e soprattutto in Germania, col quale per altro tiene una nota scuola di disegno e pittura, il giovane Budicin ha seguito nella sua formazione un cursus honorum classico, attraverso gli insegnamenti del maestro Walter Falzari e studiando i grandi dell'Ottocento e dei secoli precedenti. In tal modo ha acquisito una padronanza e una finezza tecnica non consuete che, assieme all'esercizio diuturno della pratica pittorica e a un innato ed equilibrato senso poetico, hanno consentito una continua, costante e rapida evoluzione del suo linguaggio.
A distanza di non molto tempo dagli ultimi eventi espositivi che lo hanno visto protagonista in diverse città italiane, l'artista ci propone ora una rassegna composta per lo più da opere recentissime, realizzate soprattutto tra il 2013 e il 2014 e per la maggior parte inedite. Vi si ravvisa un ulteriore livello di maturità espressiva e compositiva, in cui il tratto pittorico si è fatto ancor più libero e leggero, sciolto e immediato, e tra le velature lascia trasparire lievi raggi di luce, come se le foglie fossero mosse dal vento sul nostro Carso, morbido e assolato. Precisione e istinto sottolineano i paesaggi montani, di campagna e urbani: così incontriamo, tra i vari dipinti, anche una Venezia, la cui atmosfera sul Canal Grande è perfetta. Altrettanto si può dire del nostro giardino pubblico e dei nostri porticcioli, della Val Rosandra, della laguna di Grado, dei paesaggi innevati da neve di cristallo che brilla, azzurrina, sotto i raggi del sole.
L'interpretazione della figura femminile, resa con delicatezza e con essenziale intuito poetico, va di pari passo con una grande abilità e maestria nel rendere il ritratto, arte difficilissima e attualmente poco frequentata. Accanto a tali tematiche non va dimenticato il genere della pittura Fantasy, attraverso la quale Budicin ci introduce in mondi lontani abitati da gnomi, elfi e cavalieri medievali, in sintonia con le intense ma poetiche note della musica irlandese, cui l'artista si dedica molto negli ultimi tempi. La pratica di un lavoro costante, impostato e assolto su più fronti, sostenuta da uno sguardo che sa vedere lontano verso una Bellezza fatta di equilibrio e istinto condurranno certamente il pittore al raggiungimento di orizzonti sempre più vasti ed elevati."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Roberto Budicin, Barche al tramonto (Barcolana), olio su tela cm.30x40, 2014
2. Roberto Budicin, Dal sentiero Rilke (castello di Duino), olio su tavola cm.20x30, 2014
3. Roberto Budicin, Tramonto sul Canal grande, olio su tela cm.50x70, 2013
___ Presentazione di mostre di Sergio e Roberto Budicin curate da Marianna Accerboni
Sergio Budicin
09 marzo - 22 marzo 2013
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
Roberto Budicin
03 marzo - 22 marzo 2012
Galleria La Loggia - Udine
Sergio Budicin
20 novembre - 03 dicembre 2010
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
Arte del '900 a Trieste
04 aprile (inaugurazione ore 19) - 17 maggio 2014 (prorogata al 31 maggio 2014)
Galleria One San Nicolò - Trieste
Nello spazio espositivo, fondato nel 2011 e diretto da Fiorenzo Parmiani, gallerista di origine milanese e fine intenditore d'arte, la mostra curata dall'arch. Marianna Accerboni - che introdurrà la rassegna - propone, lungo un itinerario di qualità, importanti dipinti, disegni e grafiche di alcuni dei più significativi protagonisti del linguaggio artistico triestino del secolo scorso, presenti ciascuno con più opere.
Dall'eclettismo in chiave verista e impressionista di Carlo Wostry all'impressionismo ricco di colore, luce e chiaroscuro di Giovanni Zangrando a quello fresco e genuino di Ugo Flumiani; dall'eccellente virtuosismo di Marcello Dudovich alla raffinatezza di Leonor Fini e di Gino Parin; dall'acceso cromatismo poetico di Vittorio Bergagna al lirismo di Gianni Brumatti e al novecentismo di Dyalma Stultus; dall'interessante sperimentazione di Augusto Cernigoj a quella di Bogdan Grom, Edoardo Devetta, Federico Righi e Luigi Spacal; dall'arcaismo epico e dalle forme incisive ed evocative di Oreste Dequel al segno essenziale di Marcello Mascherini; dal magistrale espressionismo di Livio Rosignano al segno poetico e intenso di Marino Sormani, la rassegna riassume i molteplici linguaggi artistici presenti nel recente passato di Trieste e la sua poliedrica anima dalle diverse e complesse matrici culturali.
Serena Zors Breuer
28 marzo (inaugurazione ore 19) - 17 aprile 2014
Sala del Giubileo - Trieste
Mostra personale della pittrice triestina Serena Zors Breuer, attiva da decenni a Monaco di Baviera. La rassegna, curata dall'architetto Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione, e realizzata con il patrocinio dell'Associazione Culturale L'Officina, ricostruisce attraverso una sessantina di affascinanti lavori, il percorso creativo dell'artista dagli anni '80 a oggi: arte del vetro, design, scultura, disegno e pittura, concentrati intorno a una modularità espressiva molteplice, giocosa e coinvolgente nella sua metafisica e surreale gioia di vivere.
"Il fantastico supera e sovverte il reale nel mondo magico di Serena Zors Breuer, poliedrico intelletto creativo, capace di dominare la linea sulla carta e di trasporla efficacemente nella terza dimensione. Arte" - scrive Marianna Accerboni - "che l'autrice realizza con grazia ed equilibrio armonico - reso talvolta dissonante per aumentarne l'efficacia - di cui fa uso sia sul piano cromatico che nella composizione di pieni e vuoti, luci e ombre, bianco e nero, fragore di note di colore e silenzio. Gioia di vivere e pioggia, vento e calma atarassica, fiaba e gioco connotano i suoi disegni divenuti dipinti, che lei crea da anni e di cui viene ora esposta la produzione più recente del periodo 2013 - 2014, che Serena è stata sollecitata a realizzare dall'entusiasmo di chi scrive.
Una strada in salita verso l'Arte, quella della pittrice triestina (che da più di quarant'anni vive e opera a Monaco), iniziata con il disegno e la pittura. E proseguita con l'apprendimento e l'"immersione" negli anni Ottanta in una tecnica artistico-artigianale di grande pregio, quella dei vetri Tiffany, imparata e realizzata con amore, scrupolosamente, intrecciandola spesso a inserti di specchio che moltiplicano il fascino cromatico e compositivo di queste elitarie creazioni. Una tecnica che però a un certo punto mette a repentaglio la salute e perciò devi rassegnarti ad abbandonarla. Tuttavia l'esigenza di raccontare il proprio mondo interiore confrontandolo con il reale, così diverso, permane nell'artista, ma il confronto tra questi universi è talmente forte che l'unica via d'uscita è il sogno.
Dalla fuga dalla realtà, nasce un mondo surreale, simbolico, fatato, felice, sintetizzato nel bianco e nero o enfatizzato da colori brillanti, vivaci, cristallini, che narrano senza esitazioni e in modo del tutto personale la festa della vita e il pensiero fantastico con una padronanza inconscia e inconsueta del sogno e del desiderio. In tal senso le prove su carta, realizzate ad acrilico e a tecnica mista (acrilico e collage), esprimono tutta l'audacia e la vitale curiosità di questa bella donna e il suo rapporto con il segno, attraverso il quale ci fa partecipi dei misteri della mente, componendo, dalla fine degli anni Ottanta anche attraverso la scultura, un'originale e fantastica riflessione su ciò che ci circonda."
Serena Zors Breuer, nasce a Trieste, che lascia poco più che ventenne per Monaco di Baviera. Si dedica allo studio del disegno e della pittura, realizzando lavori di gusto naïf. Nel 1980 è allieva a Monaco della Kunstgewerblerin Erika Liebl, artista artigiana nel cui atelier apprende l'arte del vetro secondo la famosa tecnica Tiffany. Dal 1985, per 12 anni realizza su proprio design, indipendentemente dallo studio Liebl, vetri in stile Tiffany: oggetti, lampade e vetrate che, esposti in numerose mostre, riscuotono grande consenso e la portano anche a lavorare per arredamenti d'interni. Nel '91 torna a Trieste per una personale alla Galleria Al Bastione, al cui successo fanno seguito altre esposizioni a Trieste, alla Scuola dei Mercanti della Madonna dell'Orto di Venezia e a Monaco.
In occasione di una personale allo Spazio Arte Vinissimo della capitale bavarese, il presidente dell'Azienda Autonoma di Turismo di Trieste, Alvise Barison, giunto appositamente dal capoluogo giuliano, le conferisce la Medaglia al Merito per gli Italiani all'estero. Verso la fine degli anni '80, durante numerosi viaggi a New York e nel corso di frequenti visite al Metropolitan Museum, scatta l'interesse per la scultura, con particolare entusiasmo per i periodi che intercorrono tra Canova e Rodin e tra Moore e Giacometti. Per realizzare le sue eleganti e morbide opere tridimensionali, usa principalmente lo spekstein (steatite o pietra ollare), una roccia particolare, simile alla giada e metamorfica: di molteplice struttura e colore, facilmente lavorabile, il suo ingrediente principale è il talco. Possiede una forza primitiva, percepibile al primo contatto, che trasmette tranquillità, calore e sentimento.
Presentazione della monografia dedicata al pittore Silvano Clavora
14 marzo 2014, ore 18
Circolo della Stampa di Trieste
Presentazione della monografia che ripercorre attraverso più di 200 pagine e numerosissime immagini a colori il lungo itinerario creativo e l'inesausta sperimentazione condotta dal '63 al 2013 dall'artista triestino, che in modo del tutto personale ha saputo interpretare lo spirito delle avanguardie del 2° novecento e degli anni 2000. All'incontro, organizzato e condotto dall'arch. Marianna Accerboni, interverranno il critico Sergio Brossi e Adriano Dugulin dell'Area Cultura e Sport del Comune di Trieste, cui si deve la prefazione del volume, il quale si avvale dei testi inediti di Accerboni e dello stesso Brossi.
"In una città dalla "scontrosa grazia" di sabiana memoria, esistono a volte in ambito artistico-culturale e scientifico dei gioielli nascosti, che, per riservatezza o desiderio di guardare avanti e di produrre, si celano essi stessi con levità e noncuranza al pubblico" - osserva Marianna Accerboni - "tra queste personalità, pluridotate e in fondo schive, possiamo collocare l'animo sorridente di Silvano Clavora, pittore poliedrico e artista discreto e fantasioso, che nel corso della sua lunga vita ha sperimentato con passione, curiosità e originalità molteplici aspetti del linguaggio delle avanguardie, conducendo una ricerca a tutto tondo nell'ambito della pittura e transitando con abile leggerezza creativa e consequenzialità da un filone all'altro.
Per ciascuno step, settore o fase d'intervento, Clavora ha proposto interessanti soluzioni spesso inedite e sorprendenti e talvolta inattese, sempre sottolineate da un armonioso estro creativo, da contrappunti cromatici delicatamente vivaci e da una ricerca segnica e da un ritmo svolti secondo i parametri del contemporaneo. Silvano Clavora, classe 1932, inizialmente autodidatta e successivamente formatosi alla scuola del pittore triestino Saverio Sorbise e con i maestri Nino Perizi e Livio Franceschini, fin dagli esordi ha amato e praticato intensamente anche la musica, particolarmente la fisarmonica e i compositori classici, che ascolta sempre mentre dipinge. Tant'è che diverse sue tecniche miste portano titoli ispirati alle sette note.
In particolare, negli anni giovanili aveva suonato in teatro, alla Rai e nel corso di concerti eseguiti in complessi assieme a Vittorio Carniel, figlio di Publio, celebre compositore e musicista triestino, autore di versi famosi quali Trieste mia e Marinaresca. Introdotto nell'ambiente artistico dalla moglie Livia Richermo, che, di origine torinese, aveva frequentato l'Accademia di Belle Arti di Lubiana e lo aveva incoraggiato a proseguire lungo la difficile strada dell'arte, Clavora era così venuto a contatto con le migliori avanguardie locali, rappresentate all'epoca da personalità tra cui Nino Perizi, Miela Reina, Claudio Palcic, Lauro Crisman ed Enzo Cogno.
Una realtà particolare quella di Trieste, già di per sè in prima linea nella sperimentazione, poiché gli artisti della città erano tradizionalmente legati alla cultura centro-europea, grazie alla frequentazione delle Accademie di Monaco, Vienna e Berlino, culle delle grandi avanguardie del '900. Non a caso infatti il celebre critico e pittore d'origine triestina Gillo Dorfles, riflettendo sul clima culturale della Trieste degli anni Venti e Trenta, definisce il capoluogo giuliano "una città che, anche se periferica, era decisamente più centrale rispetto all'Europa, di quanto non lo fosse allora il resto d'Italia": premesse culturali che hanno influenzato non poco l'ispirazione e condizionato positivamente sul piano concettuale una mente giovane e curiosa come quella di Clavora e la sua appassionata ricerca artistica."
Olga Micol
Algida Trieste volo tra mare e vento
27 febbraio (inaugurazione ore 18.30) - 09 marzo 2014
Caffè Tommaseo - Trieste
Rassegna della fotografa triestina presentata dall'architetto Marianna Accerboni. In mostra verrà esposta una dozzina di foto realizzate in digitale dal 2003 al 2013 secondo una cifra classica ben diversa dalle fantasiose elaborazioni di cui l'artista ci ha dato prova nei passati cicli espositivi. La rassegna, come tutte le sue esposizioni, è una manifestazione riconosciuta dalla F.I.A.F. (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), che seleziona le immagini e gli autori migliori.
"La luce e il fascino di una città incantevole e speciale, in cui gli elementi naturali creano un pathos davvero unico" - scrive Marianna Accerboni - "rappresentano il tema suggestivo di questa mostra, in cui Olga Micol interpreta in modo oggettivo ma passionale la singolarità di un paesaggio e di un clima, racchiusi tra mare, altopiano e cielo: un golfo, quello di Trieste, la cui luce è stata definita dal celebre architetto Richard Rogers, unica in Europa, perché il sole nasce all'alba dietro le colline e tramonta ogni giorno nel mare.
La Bora freddissima e violenta che proviene da Nord Est, definita Bora scura in alcune giornate particolari con cielo coperto, pioggia o neve, crea delle atmosfere singolari, che nel corso dei secoli hanno ispirato artisti, poeti, scrittori. A Trieste infatti, a causa delle grandi differenze di temperatura che si instaurano tra l'altopiano del Carso, molto più freddo, e il litorale, sensibilmente più caldo, la Bora si rinforza notevolmente, divenendo furiosa e turbolenta, con raffiche che possono superare i 150 - 160 chilometri orari.
Grande e coraggiosa viaggiatrice, la fotografa triestina si lascia coinvolgere e ispirare dalle peculiarità diverse e icastiche dei luoghi in cui si trova e dall'intensità degli elementi. La luce adamantina e algida di certe fredde giornate di sole e di vento o l'atmosfera "sturm und drang" (tempesta e impeto) della Bora scura vengono colte e interpretate alla perfezione e talvolta "forzate", con rielaborazioni in HDR, in fase di postproduzione: in ogni caso l'elemento cromatico e luministico rimane vivissimo in queste immagini, che la Micol riesce a "dipingere" con preciso e raffinato intuito femminile, comunicandoci e spesso accentuando il fascino di tali magici e intensi eventi climatici, tant'è che ogni sua mostra è ufficialmente riconosciuta dalla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) e riscuote grande consenso di pubblico."
Olga Micol nasce a Trieste da una famiglia di fotografi, nonno e nonna, zia e zio materni lo erano. Per sei mesi ha soggiornato a Melbourne (Australia), operando nello studio fotografico
degli zii materni. Dipendente delle Assicurazioni Generali nell'ambito pubbliche relazioni e stampa, ha iniziato a fotografare in digitale ben 14 anni fa, documentando per la sua azienda le varie manifestazioni organizzate anche con la sua collaborazione e inserendo le sue foto nei cataloghi delle mostre e nei bollettini aziendali. Ha vinto la sua prima coppa in un concorso fotografico nel 2000 a Napoli. La prima mostra personale è nata quasi per caso nel 2001 con foto scattate al seguito della Nation's Cup.
Ha il suo attivo più di 30 mostre personali, 12 volumi fotografici con sue foto, mostre collettive e numerosi articoli su quotidiani e mensili. Nel 2005 è stata due mesi nello Skri Lanka e in India (Ladahk e Kashmir) come volontaria nelle missioni italiane. Nel 2010 ha passato tre mesi in Australia, Nuova Zelanda e Cina. Ha realizzato video fotografici in Sardegna, Umbria, Abruzzo, Porto Vecchio di Trieste, Arsenale di Venezia, Polonia, India (Ladakh-Kashmir), Cina, Australia, Nuova Zelanda e Serbia. Insignita dell'onorificenza A.F.I.A.P. Artiste de la Federation Internationale de l'Art Photographique, è stata invitata a partecipare alla 54° Biennale di Venezia Padiglione Italia Biennale Diffusa. E' stata ammessa con più di 80 foto a 20 concorsi internazionali FIAP, ha ricevuto due medaglie d'oro in Italia e in Serbia, quattro menzioni d'onore in California, Serbia, Cina e Spagna e numeroltri premi vinti anche in Italia.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Olga Micol, Trieste inverno, fotografia digitale cm.70x30, 2013
2. Olga Micol, Trieste piazza Unità di notte, fotografia digitale cm.45x30, 2012
3. Olga Micol, Trieste scorcio di piazza Unità, fotografia digitale cm.45x30, 2008
Danilo Ceccone
08 febbraio (inaugurazione ore 18) - 21 febbraio 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
La mostra di acquerelli del pittore Danilo Ceccone, presentata sul piano critico dall'architetto Marianna Accerboni, propone una quarantina di lavori realizzati soprattutto dalla fine degli anni '80 a oggi. "L'acquarello - si sa - è la tecnica pittorica più difficile" - scrive Marianna Accerboni - "perché non consente ripensamenti. Intuizione, rapidità, un tocco agile, è quanto si richiede a un artista che si cimenti in questa via dell'arte complessa, anche se apparentemente semplice. Danilo Ceccone è tutto ciò: capta con immediatezza l'atmosfera e l'anima dei luoghi e la declina, senza esitazioni, sulla carta.
Dipinge una realtà solare, luminosa, una natura che sembra quasi sempre magicamente solcata dal vento. E con il pennello racconta dei suoi viaggi a Venezia, di cui coglie la liquida bellezza, della ventosa costa toscana in Maremma, delle pietre silenziose, degli angoli e delle luci del nostro Carso, della bellezza immanente del paesaggio innevato. E riesce così - ancora una volta istintivamente - a evolvere il proprio linguaggio dalla naturalezza di un gusto più propriamente narrativo, declinato attraverso i modi di un espressionismo dai tratti armoniosi e dai rimandi impressionisti, alla modernità di una sintesi essenziale e particolarmente interessante.
Senza seguire scuole o maestri, è sensibile alle aspirazioni estetiche del suo tempo, che asseconda con agile, istintiva maestria. Il suo taglio espressivo porta tutta la solarità e la joie de vivre dell'espressionismo italiano e francese, cioè mediterraneo, lontano dall'introspezione e dalla drammaticità che quel movimento assunse nel mondo e nell'immaginario austro-tedesco; ma v'incontriamo anche tutta la cultura pittorica impressionista, nei confronti della quale è coerente anche per il fatto di realizzare sempre i suoi lavori en plein air. La sua pittura rappresenta una nota di leggera e luminosa bellezza, che ci accompagna fuori dal quotidiano con brio e un pizzico di poesia".
Danilo Ceccone proveniente da una famiglia di origine friulana, nasce a Pola (Istria) nel 1931. Nel '47, a causa dell'Esodo, si trasferisce a Ragusa in Sicilia e si laurea a Palermo in Giurisprudenza. In quei luoghi inizia a dipingere alla fine degli anni quaranta, accanto a un cognato scultore, dedicandosi soprattutto al disegno e all'olio, per poi passare all'acquerello, e scegliendo così un'esperienza pittorica "senza rete", poiché appunto tale tecnica non ammette revisioni o emendamenti. L'esordio pittorico si svolge dunque nel clima vibrante del Fronte Nuovo delle Arti e della sua accezione neorealista, particolarmente sentita in Sicilia: un movimento rispetto al quale Ceccone preferì tenersi a latere, pur rimanendo attento ai problemi sociali e artistici dell'epoca. Da quell'esperienza trasse tuttavia una sensibilità espressionista, che da allora è rimasta intatta nella sua pittura. Nel '57 ritorna a Trieste, dove continua a dipingere, da autodidatta illuminato. Ha esposto poco, per propria scelta, soprattutto negli anni Ottanta.
"Dalla parte del perdente - Eine Geshchichte in Fluss der Erinnerungen"
Presentazione del 10° romanzo di Nidia Robba
27 gennaio 2014, ore 18.00
Libreria Lovat - Trieste
Il volume, scritto in chiave semi-autobiografica sarà introdotto dall'architetto Marianna Accerboni con testimonianze e letture della pittrice Helga Lumbar, cui si devono le efficaci illustrazioni delle copertine dei libri dell'autrice: tra queste, Tramonto di fuoco, che interpreta il dramma della guerra, narrato in questo romanzo.
Fammi un quadro. Opere scelte di Francesco Leone
25 gennaio (inaugurazione ore 18) - 07 febbraio 2014
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
La rassegna, presentata sul piano critico dall'arch. Marianna Accerboni, propone una serie di dipinti e disegni realizzati dalla fine degli anni '80 a oggi. "Una pittura e un disegno classici e adamantini, declinati dalla fine degli anni ottanta a oggi secondo la migliore tradizione" - scrive Marianna Accerboni - "caratterizzano l'arte gentile del pittore Francesco Leone, triestino con ascendenze del Sud. (...) Anche nell'ambito del colore l'artista sa dosare abilmente la misura, accostando con proprietà e buon gusto i toni più caldi a quelli freddi e donandoci in tal modo un'interpretazione serena e morbidamente vitale della realtà che ci circonda, incorniciata dalla bellezza di una pittura senza tempo.
Formatosi nell'atelier del noto acquerellista triestino Lido Dambrosi e alla Scuola di Figura tenuta al Museo Revoltella di Trieste da Nino Perizi, Leone ha iniziato a esporre nel 1981. Attraverso tali frequentazioni ha affinato il naturale talento a esprimere e a rielaborare armonicamente le forme della realtà, delle quali ci consegna prove sincere ed eleganti. Quest'ultime sono realizzate a carbone, pastello, sanguigna, olio e acrilico e sono impreziosite dalla capacità non comune di ammantare le proprie rappresentazioni di un pizzico di romantica verità, raggiunta studiando figura e anatomia e cimentandosi nella fatica di ritrarre la realtà con aderenza e fedeltà a ciò che è visibile.
A tali tematiche Leone ha poi aggiunto con agilità la rappresentazione del paesaggio, resa rapidamente, quasi in forma di appunto, secondo il ritmo della pittura postimpressionista, e, su suggerimento del pittore Ottavio Bomben, la raffigurazione del cavallo, spesso lanciato al galoppo, riuscendo a conferire a tutte le sue immagini un sentimento di poetica bellezza e levità. Per queste motivazioni il pittore ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui due medaglie d'oro del Centro artistico Italiano delle Belle Arti, particolarmente meritate in un periodo storico in cui la figurazione ha ripreso una posizione di rilievo nell'ambito della critica militante più accreditata."