Bruno Dalfiume: Divagazioni cromatiche
18-29 dicembre 2010
Spazio Urbanwear - Trieste
www.urbanwear.it
La rassegna, curata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una quindicina di lavori realizzati a olio e a tecnica mista dall'artista nell'ultimo triennio. E' ospitata in uno spazio commerciale arredato con taglio innovativo, molto vivace e surreale, un concept store "Art and shop" in perfetta sintonia con le opere esposte. "Vitalissimo e aggiornato" scrive Marianna Accerboni "il pittore Bruno Dalfiume ha sviluppato nel corso di un'attività creativa quasi quarantennale un linguaggio libero e incisivo, che fonda sull'impeto cromatico, sulla libertà del gesto, sul segno e, sovente, sulla matericità, la propria forza.
Di antica origine umbra, ma triestino di nascita, il pittore, sostanzialmente autodidatta, si è accostato nel corso del tempo in modo indipendente alle diverse tendenze artistiche, sperimentando dapprima il Postimpressionismo, quindi l'Espressionismo figurativo e il Surrealismo, fino a raggiungere l'essenziale attraverso l'inclinazione alla poetica astratta e all'Informale. Una meta perseguita grazie all'uso di tecniche e materiali diversi, dal disegno all'acquarello, al pastello, dalla tempera all'olio, al dripping, al collage, alla ceramica, arricchendo spesso il supporto con stucchi, catrame, grafite, smalti e con l'impiego della canapa e di sacchi di caffè.
Attraverso tali mezzi Dalfiume, che ha dipinto fino a oggi circa 1300 opere, partecipando a quasi 300 collettive e a una quindicina di personali, compone un libero universo pittorico ricco di energia, che cattura il fruitore grazie a un cromatismo luminoso e all'originale interpretazione del quotidiano e della vita attraverso un linguaggio spontaneo, intuitivo e duttile, che dello stile espressionista coglie piuttosto l'interpretazione dei maestri francesi, quali Matisse, Delaunay, Derain, Dufy e Roualt, che seppero risolvere in un'armonia tutta mediterranea, la versione nordica più angosciosa e introspettiva del movimento. Non solo - conclude il critico - ma in una lettura anche ludica della creatività, l'artista, molto noto pure come organizzatore culturale, rende spesso leggibili i propri lavori sia in senso orizzontale che in quello verticale, celando tra le pennellate un'allusiva, accurata, simbolica, talvolta ritmica, figurazione."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Bruno Dalfiume, Montagne, tecnica mista su legno cm.50x70
2. Bruno Dalfiume, Streghe e Maghi, tecnica mista su tela cm.60x90
Leo & Co. Storia di Leo Castelli
di Annie Cohen-Solal, pagg.463, €33,00
L'architetto Marianna Accerboni, il critico Giuliana Carbi e Attilio Codognato, collezionista e amico di Leo Castelli, discuteranno con l'autrice del gallerista che ha cambiato il mondo dell'arte contemporanea. "Non sono un mercante d'arte, sono un gallerista" amava ripetere Leo Castelli. Per i suoi artisti è stato molto di più: un mecenate. Dall'apertura della prima galleria nel 1957 fino alla morte nel 1999, Castelli domina la vita culturale newyorkese ed eleva lo status dell'artista americano, che in quegli anni raggiunge la vetta più alta nel panorama artistico mondiale.
Con lui si afferma la figura del gallerista polivalente. Imprenditore e infaticabile scopritore alla perenne ricerca del nuovo, è pronto a correre rischi e a servirsi delle strategie commerciali più efficaci per dare visibilità ai suoi protetti. Affiancato da Ileana Sonnabend - ex moglie con cui mantiene un rapporto di grande complicità - Castelli incoraggia i talenti emergenti e li promuove presso le istituzioni museali. Tramite una vasta rete di rapporti internazionali reinventa le regole del mercato e rivoluziona la cultura artistica stessa.
La scoperta di DI Jasper Johns, suo artista feticcio, e la consacrazione di Robert Rauschemberg alla Biennale di Venezia del 1964 sono solo i primi colpi messi a segno. Si susseguono numerose altre epifanie - Frank Stella, Roy Lichtestein, Andy Warhol, James Rosenquist, Cy Twombly, per citarne solo alcuni - che lo confermano come creatore di miti. Ma chi è Leo Castelli, l'uomo che ha atteso i cinquant'anni per aprire la sua prima galleria? Dietro il carisma di europeo affabile e mediatico si nasconde un uomo dalle molteplici identità.
Nato nel 1907 a Trieste da genitori ebrei, Leo trascorre i primi trent'anni nelle grandi città d'Europa - Vienna, Milano, Budapest, Bucarest, Parigi. La sua traiettoria professionale inizia con l'esodo rocambolesco nel Nuovo Mondo per fuggire al drammatico contesto politico-sociale delle leggi razziali naziste e degli sconvolgimenti che ne seguiranno. Annie Cohen-Solal affonda le radici del suo racconto nel passato remoto della famiglia Castelli, ne rintraccia gli antenati nella Toscana rinascimentale e ricostruisce una storia fitta di persecuzioni, guerre, rotture, spostamenti, che offre sorprendenti analogie con il passato più recente della famiglia e con la parabola stessa di Leo. Ironia della sorte: un uomo sempre reticente sulla propria identità ebraica trova proprio nel Jewish Museum, dopo il MOMA, l'istituzione che lo sancirà come paladino dei grandi movimenti dell'arte americana - dal Pop al Concettuale - che sono l'imponente lascito di Leo Castelli.
Annie Cohen-Solal è nata in Algeria e ha conseguito un dottorato in letteratura francese alla Sorbona. Autrice della biografia Sartre (1986), già docente all'Ècole des Hautes Ètudes en Sciences Sociales di Parigi, alle Università di Berlino, Gerusalemme, Paris XIII e Caen, attualmente è visting processor alla Tisch School of the Arts (New York University), dove tiene seminari di politica culturale e globalizzazione delle arti visive. Arrivata a New York nel 1989 come consigliere culturale dell'Ambasciata di Francia, rimane segnata dall'incontro con Leo Castelli, tanto da virare il proprio campo di interessi verso l'arte contemporanea. L'edizione francese di Leo & C. ha vinto l'Artcurial Prize per il miglior libro d'arte contemporanea nel 2010.
Immagine:
Leo Castelli a New York nella sua galleria (1974)
Santa Sofia: Icona di luce | Mostra di Carolina Franza
19 dicembre 2010 - 06 gennaio 2011
Chiesa dei Santi Andrea e Rita - Trieste
Una delicata e raffinata immagine di Santa Sofia, racchiusa al centro di un candido fiore di loto, illuminerà scenograficamente la facciata della Chiesa dei Santi Andrea e Rita a Trieste: è dipinta dall'artista triestina Carolina Franza e trasformata in una magica performance augurale dall'architetto Marianna Accerboni, light designer che, dalla metà degli anni Novanta, lavora in Italia e all'estero nell'ambito della Public art sul tema della luce, avvalendosi delle più sofisticate tecnologie. Domenica 19 alle ore 12.30 (dopo la S. Messa delle 11.30) s'inaugurerà una mostra di icone della stessa Franza, che sarà presentata da Accerboni.
Alla proiezione esterna, che attraverso l'immagine di Santa Sofia simbolizza il concetto di "sapienza santa" magnificata nei Libri Sapienziali dell'Antico Testamento, fa infatti da contrappunto una mostra allestita nell'edificio sacro, dove verrà esposta una ventina di icone realizzate dalla Franza in concomitanza con le date del calendario liturgico. Le eleganti tavole riproducenti S. Lucia (13 dicembre), S. Cecilia (22 novembre), S. Andrea Apostolo (30 novembre) e altre figure sacre, sono tutte realizzate secondo il metodo antico universale su legno massiccio di prima scelta e bisso di lino con imprimitura in alabastro di Volterra, doratura in foglia d'oro a doppio spessore su bolo armeno e chiara d'uovo, pigmenti temperati al tuorlo d'uovo fresco e una vernice finale che è parte integrante dell'opera: una laboriosa esecuzione esperita nel rispetto più assoluto del canone composto dell'arte sacra tradizionale sia per i materiali impiegati che per i soggetti, le dimensioni e il simbolismo cromatico.
La chiesa di Santa Rita, unica "Chiesa di luce della città", è da anni anche luogo d'arte e di cultura e ha spesso ospitato manifestazioni in tale ambito: teatro fin dal 2006 di altri eventi sperimentali di luce firmati da Accerboni, è stata sede di alcune esposizioni pittoriche ed è oggi abbellita da diverse opere scultoree e di pittura e da una splendida vetrata artistica a colori di grandi dimensioni promossa da Giorgio Tombesi e ideata dalla pittrice triestina Maria Visconti.
"Carolina Franza, dopo aver iniziato a dipingere ancor prima d'imparare a scrivere, incoraggiata dal padre e apprendendo dalla madre il gusto per la bellezza, dopo un periodo giovanile dedicato al paesaggio e al manierismo fantastico, ha iniziato una personale ricerca, svolta in Italia e all'estero attraverso lo studio e l'analisi dal vero, per approfondire alla fonte la conoscenza e i segreti della pittura su tavola sotto il profilo estetico e scientifico, la filosofia e il pensiero che ne sottendono le immagini. Ha quindi seguito a Firenze le lezioni della pittrice Luisa del Campana e nel 1989 ha iniziato a creare le prime icone, scegliendo come maestro Andrei Rublev e la sua Scuola.
Ha continuato a realizzare delle copie fino a pervenire alla creazione di tavole con soggetti originali, sempre coerenti con la tradizione sia per quanto riguarda i materiali impiegati che per i temi trattati, le dimensioni e il simbolismo dei colori. Nel 1995 inizia ad esporre, partecipando a numerose mostre collettive e personali in Italia e all'estero, realizzando icone anche per prestigiose sedi pubbliche e ricevendo premi e riconoscimenti. I numerosi viaggi e gli approfondimenti tematici e tecnici, condotti con serietà, tenacia e passione quasi alchemica negli anni della formazione, le hanno consentito di recuperare in nuce l'essenza culturale e il significato religioso, trascendentale ed estetico, che concorrevano in origine alla realizzazione dell'icona.
Consentendole di rivisitarla, interpretarla e riproporla con fedeltà e perfetta aderenza ai parametri tecnici, formali e di pensiero che la ispirarono nei tempi antichi. Per questa ragione le sue opere sono davvero uniche e lo sono ancora di più dal 2000 in poi, quando l'approfondita e attenta analisi dei metodi, delle tecniche e della simbologia si tramuta in libera ispirazione e creatività, come accade nei lavori esposti in mostra. A questo punto l'artista, attraverso l'analisi teologica, filosofica e liturgia delle immagini e dei modi, ha in un certo senso 'interiorizzato' l'icona." (Presentazione di Marianna Accerboni)
Patrizia Bigarella / Barbara Mapelli: Borderline
11 dicembre (inaugurazione ore 18.30) - 14 dicembre 2010
Circolo Filologico di Milano - Milano
Mostra delle artiste triestine Patrizia Bigarella e Barbara Mapelli - introdotta dall'architetto Marianna Accerboni - dedicata al tema degli emarginati, propone una ventina di dipinti a olio su tela realizzati dalla Bigarella nel 2010, per la maggior parte inediti, e una trentina di foto della Mapelli, anch'esse inedite e scattate soprattutto quest'anno. In tempi di crisi economica e di nuovi poveri, appare molto attuale il tema di questa mostra, che accomuna la pittrice Patrizia Bigarella, che, di origine padovana, vive e opera da sempre a Trieste, e una sensibile e attenta giovane fotografa, Barbara Mapelli, di origine giuliana, attiva a Milano, coinvolte da una non consueta attenzione per chi sta - più o meno dolorosamente - al margine di una società che, nei momenti di difficoltà, esalta forse ancor di più l'opulenza.
Già attratta dalla poetica fauvista e dall'astrazione, Patrizia Bigarella ritorna in questa mostra al linguaggio figurativo, che la pittrice ritiene alfine fondamentale affinchè il suo messaggio artistico possa essere inteso da chiunque. In un clima di generale ritorno alla figurazione, tendenza ai nostri giorni piuttosto prevalente, l'artista compone il suo reportage di viaggio in Africa con capacità e immediatezza espressiva e perizia, che si possono riferire, così come nella fotografia della Mapelli, al lessico verista, cui perviene attraverso un'impostazione tradizionale e narrativa dell'immagine, sostenuta da una sicura conoscenza della tecnica pittorica e del disegno.
Attraverso una trentina di immagini fotografiche, realizzate rigorosamente in bianco e nero su carta forex sia attraverso il mezzo digitale che quello analogico, Barbara Mapelli compone con taglio verista e felice intuizione del particolare un emisfero toccante che accomuna ironici clochard, giovani musicisti di strada, mendicanti e zingare prostrate alle maschere e agli invisibili abitanti delle case diroccate dell'Istria.
E ancora, uno sguardo al passato con i suoi loghi politici e uno al futuro in cui i giovanissimi rivendicano il valore dell'arte. Attraverso vedute e personaggi della città di Milano, di Vienna e dell'Istria, Mapelli ripercorre, forse inconsapevolmente, le matrici delle sue origini, che affondano nelle certezze formali e nel dibattito introspettivo innescato dalla cultura mitteleuropea nel Novecento e nella poetica del fare lombarda. Dimostrando una capacità documentaria, acuta ed espressiva, che per certi evoca l'icasticità di grandi dell'arte del terz'occhio quali Robert Capa nel descrivere con vivezza l'Italia del dopoguerra o di Fosco Maraini nel vivo racconto del nostro Sud.
Patrizia Bigarella (Carmignano di Brenta - Padova,1958), pittrice, dopo aver conseguito la maturità artistica all'Istituto Statale d'Arte di Padova, si trasferisce a Trieste, dove, dal 1984 al 1988, segue i corsi della Scuola Libera di Figura del Museo Revoltella tenuti da Nino Perizi e, successivamente, gli stage en plein air alle Cave di Duino-Aurisina e alla Foci del Timavo diretti dallo stesso maestro. In tale ambito partecipa a numerose collettive meritando segnalazioni e premi a livello nazionale, tra cui il primo premio della Regione FVG e il primo premio conferitole dal curatore del Museo Revoltella Giulio Montenero.
Dal 1989, in qualità di disegnatrice, si occupa della parte iconografica della Clinica Oculistica e del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell'Università di Trieste, ottenendo nel 2007 a Vienna il premio per la migliore presentazione multimediale. Dal 2008 inaugura numerose personali e prende parte a prestigiosi simposi e collettive nazionali e internazionali. Fa parte del Comitato mostre delle Assicurazioni Generali di Trieste.
Barbara Mapelli (Trieste, 1979), fotografa e grafica, di madre triestina e padre milanese, dopo la maturità al Liceo artistico di Varese e il conseguimento dell'attestato di tecnico multimediale e grafico pubblicitario alla Scuola Arte e Messaggio di Milano, nel 2007 si laurea in pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Giornalista pubblicista, attualmente è iscritta al corso d laurea in Beni Culturali all'Università Statale di Milano. Ha collaborato e collabora con diversi importanti studi grafici, fotografici e riviste a Trieste e Milano.
Dal 2005 opera in ambito televisivo, occupandosi di grafica, montaggio e riprese video. Nel 2005 Progetta il Logo del Fonti del Vulture (premio dell'azienda e premio speciale della stampa) e nel 2007 il Premio Celeste, ha partecipato a diverse mostre collettive di pittura Milano, Trieste, Muggia e in Croazia. Al 2006 risalgono le prime personali di fotografia. Nel 2007 realizza un video backstage del film Barbarossa di Renzo Martinelli, nel 2009 un video dedicato ad Arturo Nathan con interviste a Daisy Nathan, Gillo Dorfles e Mirella Schott Sbisà, presentato alla Deutsche Bank di Trieste in occasione della mostra delle opere del grande artista.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Patrizia Bigarella, Capre sotto la tettoia
2. Barbara Mapelli, Musicista
Ivan Bidoli
13 dicembre 2010 (inugurazione ore 17.30) - 06 gennaio 2011
Sala Comunale d'Arte - Trieste
Una ventina di opere prevalentemente inedite, realizzate dall'artista ad acrilico su tela e a china su carta. "Tra ironia e metafora, sogno e bellezza, idioma ed epica popolari e fine inventiva tecnica" scrive Marianna Accerboni "si dipana il racconto serio e nel contempo un po' faceto, drammatico e giocoso di Ivan Bidoli, cantore della femminilità e delle miserie umane, dell'amore e degli emarginati. Talento raffinato, ma nel contempo vicino al sentimento e al mondo degli umili, l'artista racconta, attraverso un segno valente e incisivo e una tecnica complessa, elegante e laboriosa, molteplici e contrastanti aspetti della realtà contemporanea, con attenzione al sociale e alla storia, e libera nel contempo la propria inclinazione al sogno nella composizione di raffinate allegorie d'ispirazione e tema rinascimentali.
Il suo linguaggio si snoda in modo del tutto originale secondo una naturale inclinazione figurativa ed è caratterizzato da un'equilibrata tensione espressiva, in cui si congiungono forza e delicatezza: l'intensità del segno è infatti compendiata da un colorismo festoso, ricco di contrappunti cromatici e di sfumature, ed è sostenuta da una tecnica, in cui Bidoli assembla diversi strati di acrilico a un mix di smalti e vernici, per poi coprire tutto di nero e giungere per sottrazione, con spugna e acqua, all'opera finita. Che a volte brilla anche di alcune raffinate interserzioni d'oro, d'argento e di ricami declinati a frottage, con i quali il pittore decora le protagonisti femminili del suo racconto, che impersonano sovente il sentimento e in cui egli sa inserire sensualità, una sorta di gaia leggerezza e un'eleganza d'ispirazione botticelliana.
Sotto il profilo stilistico nella sua pittura s'incontrano molteplici influenze: dalla cultura della Secessione viennese, rivisitata attraverso il genio di Max Fabiani, all'espressionismo selvaggio di Egon Schiele, al simbolismo, alla memoria di atmosfere medievali e rinascimentali, che sfociano in ballate dolci o ironiche e talvolta graffianti, condotte di quando in quando sul limitare del grottesco. Memore di tali esperienze, Bidoli compone un linguaggio allegorico, attraverso il quale si fa interprete attento del contemporaneo, ma anche dell'epoca dolorosa e ancestrale del Friuli.
Cronista del quotidiano, è capace però di evocare le reminescenze più antiche della civiltà friulana, che albergano nel suo cuore e animano di energia delicata e intensa il suo pennello. La finezza dei frequenti frottage e dei ricami, la memoria della raffinatezza dei primi lustri del secolo scorso e del tardo Rinascimento, l'armonia intrinseca alle sue opere e il personale mezzo espressivo rendono l'artista un cantore sensibilissimo, singolare e unico della sua terra, delle vicende umane e della bellezza, capace di esprimersi con grande valenza nell'ampia dimensione, come dimostra, tra le altre opere, anche il ciclo storico dipinto per il Comune di Fiumicello.
Ivan Bidoli (Fiumicello - Udine, 1933), formatosi al Liceo artistico di Venezia, viene a contatto, appena diciannovenne, con il grande architetto e urbanista Max Fabiani, allora residente a Gorizia. Riconosciute nel giovane pittore doti artistiche molto elevate, il geniale progettista e urbanista, che si era formato a Lubiana e a Vienna nel clima della Secessione e fu attento interprete della sensibilità mitteleuropea, si offre di dargli lezioni private di architettura. Ivan diviene così il suo unico allievo e per due anni frequenta il suo studio ma, per mancanza di mezzi economici, non può iscriversi all'università e realizzare il grande sogno di divenire architetto.
Inizia comunque in quegli anni l'attività di pittore e di arredatore ed espone a livello nazionale. Nel 1960 riceve la medaglia d'oro al Concorso Nazionale di Pittura di Belluno. Dal 1962 prende avvio una lunga serie di prestigiose mostre personali in Italia e all'estero, tra cui ricordiamo quelle allestite a New York, Barcellona, Siviglia, Hong Kong e Singapore. Negli anni Sessanta perfeziona l'arte incisoria nell'atelier dell'artista triestino Federico Righi. Nel 1970 riceve la medaglia d'oro alla 1° Quadriennale d'Arte Moderna di Roma, nel '75 espone alla Galleria La nuova Margutta della capitale e nel '78 al famoso Derby Club di Milano. Dal 1974 al 2007 è presente ripetutamente con una personale alla Polveriera Napoleonica di Palmanova.
Riceve importanti premi e riconoscimenti, tra cui quelli conseguiti a Tokyo, Barcellona, all'Expò di Siviglia e a Pordenone. Nel 1995 viene invitato dal Ministero della Cultura Romena a organizzare una mostra personale al Museo d'Arte Moderna di Bucarest, che riscuote grande successo. Nel 1983 progetta e realizza il Monumento ai Caduti di Fiumicello. Disegna numerosi arredamenti per caffè e ristoranti nella regione Friuli Venezia Giulia - tra cui la famosa discoteca Arenella di Fiumicello - per i quali idea ed esegue su materiali diversi anche preziose decorazioni e dipinti. Progetta e realizza in Italia e all'estero numerose vetrate artistiche dipinte a mano di grande dimensione.
Il fantastico mondo de "L'operetta di Trieste"
04 dicembre 2010, ore 18.00
Libreria Luglio Editore (Centro Commerciale Giulia) - Trieste
L'architetto Marianna Accerboni e Marina Petronio converseranno sul fantastico mondo de "L'Operetta a Trieste", racchiuso nel calendario artistico 2011 e nell'omonimo libro realizzati dalla scrittrice e germanista. "Un amarcord colto e raffinato" scrive Marianna Accerboni "sostenuto da una profonda conoscenza della musica e del milieu austrotedesco, esteticamente affascinante ed evocativo di un mondo spesso rimpianto, rappresenta il filo conduttore dell'ultima fatica della scrittrice e germanista Marina Petronio, che ha curato di recente per i tipi dell'Editore Luglio un calendario artistico e un libro dedicati a L'operetta a Trieste. Apprenderemo dalle pagine del libro che Sissi, la mitica moglie di Francesco Giuseppe, si era accostata alla musica attraverso la cetra, strumento che per altro ritroviamo nel calendario, simbolizzato dalla figura dell'ungherese Ernst Huber, compositore di brani popolari per tale strumento.
L'elegante calendario, in cui ogni mese è illustrato dalla riproduzione di una copertina di preziosi spartiti diffusi a Vienna, Lipsia, Londra, Parigi, Berlino e New York da case editrici dell'Impero asburgico, presenta in particolare alcune chicche, come per esempio il celebre chat noir, il gatto nero riprodotto in uno dei più famosi manifesti da cabaret di Montmartre o la vanitosa civetta, che si rimira nello specchio convinta di essere un'avvenente fanciulla, simbolizzando il titolo di un famosissimo Kabarett der Komiker della Berlino anni Trenta; o ancora, una fascinosa 'Sybill', protagonista in perfetto stile Decó di un'operetta dell'ungherese Victor Jacobi e una rappresentazione postimpressionista e fauve di una canzone di Ralph Benatzky...
Tutti libretti reperiti nel corso del tempo per la maggior parte nel ghetto triestino, dove - afferma la Petronio - oggi non si trova più nulla. E proprio a Trieste fu stampato lo spartito di Parata di primavera, una delle operette più spumeggianti e rappresentative, composta da Robert Stoltz, molto legato alla città anche in virtù della grande amicizia con il giornalista Mario Nordio che aveva tradotto i libretti delle sue composizioni. Inscindibile dal calendario, acuto e profondo appare il libro, il primo pubblicato di taglio divulgativo sull'Operetta, che ha il pregio di avvalersi esclusivamente di fonti originali in tedesco: attraverso un linguaggio chiaro ed essenziale, corredato da immagini ricchissime di fascino e spesso inedite, provenienti, come quelle riprodotte sul calendario, dal vastissimo archivio dell'autrice, il fascinoso volume ripercorre e approfondisce il percorso storico- musicale dell'Operetta, del Cabaret con le sue origini europee e del Musical, di fantastica e spettacolare attualità".
Sergio Budicin
20 novembre (inaugurazione ore 18.00) - 03 dicembre 2010
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
La rassegna propone una trentina di opere realizzate dall'artista nell'ultimo decennio a olio su tela e su tavola, tra cui molti lavori inediti. "In un momento storico in cui il panorama internazionale dell'arte contemporanea registra un ritorno di sensibilità verso il figurativo" scrive Marianna Accerboni, curatrice della mostra "espresso dagli artisti in vari ambiti e secondo diverse inclinazioni, risulta certamente interessante questa personale del pittore triestino Sergio Budicin, che vi presenta il lavoro degli ultimi due lustri. Con grande professionalità e mestiere l'artista narra da decenni in particolare il mondo animale, offrendo anche una fedele, ma interpretativa, testimonianza dell'ambiente in cui tigri, leoni, bisonti, elefanti, linci, leopardi delle nevi, cavalli, aironi o più tranquilli mici abitano.
Un'attività, nata dalla passione per gli animali unita a quella per la pittura, che lo ha visto dapprima attivo come illustratore di animali domestici e poi anche di quelli selvaggi ed esotici e per la quale il pittore è molto noto e apprezzato all'estero, particolarmente in Germania, paese in cui da quasi quarant'anni le sue opere sono molto ricercate dai collezionisti del genere, tanto che in suo onore all'estero sono state allestite prestigiose esposizioni. Tutto ciò nasce a Trieste, in un'ampio e luminoso atelier ai piedi del colle di Opicina, dove, come a suo tempo fece Emilio Salgari raccontandoci le favolose Indie, Budicin ricrea le selvagge atmosfere africane e tropicali, in cui, mentre osservi la pantera nebulosa che attacca il pavone o la tigre il bufalo, intuisci l'umida brezza nella folta vegetazione.
Ma v'incontri anche l'emozione dei freddi boschi e delle montagne europee, dove si aggirano minaccioso e guardingo il lupo, nobile l'aquila e, fiero ed elegante, il cervo. Un lavoro condotto a olio su tela e su tavola, partendo da un disegno schematico a matita e a china, poi perfezionato con certosina pazienza, grande abilità e notevolissimo intuito da un artista intelligente e modesto, dal temperamento piuttosto riservato. Formatosi alla scuola di Walter Falzari, maestro d'inclinazione verista, Budicin ne ha accolto morbidamente la lezione, alleggerendola e impreziosendola a tratti con il sogno e il magico fascino del romanzo d'avventura e di viaggi, di cui i suoi lavori rappresentano la trasposizione pittorica, fortemente sorretta anche dalla capacità di centrare la dimensione psicologica di ciascun animale."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Sergio Budicin, Dopo la tempesta
2. Sergio Budicin, Testa di tigre, olio su tavola
___ Presentazione di mostre di Sergio e Roberto Budicin curate da Marianna Accerboni
Sergio Budicin
09 marzo - 22 marzo 2013
Galleria Rettori Tribbio - Trieste
Roberto Budicin
03 marzo - 22 marzo 2012
Galleria La Loggia - Udine
Fedele d'amore
di Enrico Ferri, A&B Editrice, pgg. 208, €18,00
Presentazione libro
11 novembre 2010, ore 18.30
Libreria Mondadori - Trieste
Per il ciclo "Incontro con l'autore", Marianna Accerboni presenterà l'opera prima dello scrittore napoletano Enrico Ferri. Una storia d'amore da sogno si trasforma in un incubo per Diana, ventenne innamorata di Diego, che un'inimmaginabile rivelazione precipita in un abisso d'orrore, che sembra travolgere inesorabilmente ogni cosa: un noir emozionante che lascerà il lettore avvinto fino all'imprevedibile epilogo. Enrico Ferri è nato a Baia (Napoli) nel 1976 e attualmente vive a Trieste. Da sempre appassionato di scrittura creativa e di viaggi, ha cominciato a tracciare le sue prime opere letterarie sui muri di casa, ancor prima di imparare a parlare. Si definisce un "libero pensatore" ed è molto attratto dallo studio e dalla conoscenza dell'animo umano, di cui l'Arte rappresenta la massima espressione.
Giuliana Griselli e Luigi Marrocchi
13 novembre (inaugurazione ore 17.30) - 27 novembre 2010
La Bottega dell'Immagine - Trieste
"E' soprattutto il mare il minimo comun denominatore" scrive Marianna Accerboni, curatrice della mostra "che caratterizza le opere della pittrice triestina Giuliana Griselli e del pittore laziale Luigi Marrocchi, che inaugurano con i loro paesaggi una nuova sala espositiva, la Bottega dell'Immagine, che, a due passi dal colle di San Vito, sarà per loro atelier e vetrina. La Griselli, che è anche architetto e di recente ha presentato alcune applaudite collezioni di raffinati e fantasiosi gioielli, ritorna con questa rassegna al primo amore, la pittura, perseguita negli anni giovanili con passione, studi accurati ed esposizioni di successo, sì da essere vivamente apprezzata dalla critica militante degli anni Settanta e da meritarsi due premi di pittura "Marco Aurelio" conferiti a Roma.
La stessa brillante inventiva, sostenuta da un gesto pittorico ricco e coinvolgente, sottende anche l'opera pittorica dell'artista, che si è formata in tale ambito al Liceo artistico di Venezia, alla Scuola di Figura tenuta da Nino Perizi al Museo Revoltella della città natale e nello studio dello zio Ottone Griselli, ottimo pittore triestino affinatosi nell'atelier del grande Gino Parin. Griselli affronta il paesaggio cogliendone il movimento e la luce, come a suo tempo i pittori postimpressionisti, e arricchendo i suoi dipinti di scelte cromatiche calde e smaglianti, che rappresentano spesso una sorta di inno alla vita e alla natura. Fermo restando l'equilibrio compositivo proprio di chi conosce la segreta armonia delle forme, dei pieni e dei vuoti propri anche del comporre architettonico.
Altrettanto sensibile alla luce, ancorchè più pacata, è l'interpretazione pittorica della natura attuata da Marrocchi, che, inizialmente autodidatta, ha approfondito varie tecniche e discipline artistiche alla Scuola del Vedere - Libera Accademia di Belle Arti di Trieste sotto la guida attenta di Juan Arias Gonano, poliedrico artista argentino/goriziano, e di altri maestri. La gioia del colore pervade tutte le opere di Marrocchi, originario di Accumoli, piccolo paese dell'Appennino, che, per timidezza, espone a Trieste solo da tre anni.
Ma l'entusiasmo della sperimentazione ha condotto un po' alla volta l'artista a transitare da una scelta figurativa tradizionale verso un'interpretazione del paesaggio modulata di recente secondo un'armonico diapason di luci e ombre, in cui viene via via accentuato il dato luministico e cromatico, in una sorta di approccio alla sintesi presumibilmente orientato verso un percorso che offrirà sicuramente nuovi e diversi esiti. Se nella Griselli il gesto è irruente, una sorta di ricerca interiore di serenità e di una pace soffusa condeterminano ora le luminose e serene stesure cromatiche di Marrocchi, proteso verso l'essenzialità e la luce."
Immagine (da sinistra a destra):
1. Giuliana Griselli, Onde pulsive, acrilico su tela cm.40x50, 2010
2. Luigi Marrocchi, Aria e luce, olio su faesite cm.50x70, 2009
Giuseppe Saracino: L'eclettico sentire
30 ottobre (inaugurazione ore 18.30) - 07 novembre 2010
Centro Socio Culturale di Villa Prinz - Trieste
La mostra personale del pittore Giuseppe Saracino, curata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una ventina di opere realizzate dall'artista a olio e ad acrilico dalla fine degli anni Settanta a oggi. "Artista squisitamente eclettico" scrive Marianna Accerboni "Giuseppe Saracino frequenta da anni in pittura il tema del paesaggio, che interpreta con notevole sensibilità e libertà cromatica e con un pizzico di poesia. Eclettismo (dal greco eklektós scelto, selezionato) indica l'atteggiamento di chi non segue un unico metodo, ma fonde metodi diversi tratti da più indirizzi o scuole. E in filosofia indica un particolare indirizzo speculativo, che in età ellenistico-romana, conciliava dottrine filosofiche di diversa provenienza, da Platone ad Aristotele.
Saracino, di origine pugliese e di cultura classica, segue la via dell'eclettismo in modo del tutto naturale e istintivo, riuscendo a fornire diverse, luminose interpretazioni del soggetto. Sotto il profilo stilistico la sua rappresentazione è composta nell'ambito di un amorevole Impressionismo, che cattura naturalmente la luce e i colori dei boschi e dei corsi d'acqua, ma nel cui contesto il pittore sperimenta con entusiasmo tecniche e modi diversi, che lo avvicinano al Postimpressionismo e all'Espressionismo figurativo, fino a una parziale dissoluzione della forma, conducendolo quasi sulla soglia dell'astrazione.
In tale ambito Saracino agisce anche attraverso l'iterazione del segno, a volte affastellato e quasi nervoso, a volte attraverso una più pacata stesura tonale, fermo restando che il punto di partenza fu un dipinto a olio realizzato nel 1978, il quale allora gli valse un premio e lo convinse, incoraggiandolo, a proseguire sulla strada della pittura. Personaggio particolarmente creativo, l'artista ama anche il teatro e quest'anno ha fondato una Compagnia di teatro dialettale, per cui scrive i testi, che poi anche interpreta.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Giuseppe Saracino, Laguna, olio cm.70x90, 2007
2. Giuseppe Saracino, Il lago di Cornino, cm.60x80, 2004
La bellezza per la bontà - L'arte aiuta la vita
Castello di Duino - Trieste, 30 ottobre (inaugurazione ore 11.30) - 05 novembre 2010
Sala del Giubileo - Trieste, 06-14 novembre 2010
Undicesima edizione della mostra d'arte organizzata a favore del Premio alla Bontà Hazel Marie Cole Onlus, istituito da Aldo e Donatella Pianciamore, e curata dall'architetto Marianna Accerboni, che introdurrà l'esposizione. Alla rassegna, accompagnata da un accurato catalogo, prendono parte 21 artisti, triestini e provenienti da altre città italiane. "Bontà e bellezza" scrive Marianna Accerboni "s'intrecciano in questa iniziativa, che premia la generosità e l'altruismo nel ricordo di Hazel Marie Cole, straordinaria figura di mecenate inglese, la quale fece di tali doti il proprio stile di vita.
Al di là del precipuo fine benefico, la rassegna ha il pregio di riassumere attraverso più di una ventina di opere, realizzate secondo tecniche diverse, dall'olio alla tecnica mista, alla tempera, al pennarello, all'acquerello, al pastello, alla creta nera e alla china su carta, alla scultura in maiolica, un panorama attraente e variegato del lessico artistico contemporaneo a Trieste e in Italia.
Gli artisti presenti seguono per la maggior parte due percorsi creativi: i più sono orientati a una interpretazione essenziale della realtà, arricchita sovente di suggestioni oniriche, fantastiche, simboliche, metafisiche e surreali, altri seguono invece il filone narrativo. Al primo gruppo, nell'accezione simbolista, appartengono Paolo Guglielmo Giorio, presente con una tecnica mista su faesite, complessa interessante, e l'affascinante intuizione simbolica di Erika Stocker Micheli. Simbolica e contemporanea è anche la tecnica mista di Dante Pisani, che enuncia la parola Amore. E così pure Nadia Moncheri ed Elsa Delise partecipano con due accurati dipinti materici, espressione del simbolismo contemporaneo.
D'inclinazione più squisitamente surreale e fantastica appaiono il raffinato e intrigante olio su tela di Antonio Sofianopulo e l'interessante tecnica mista di Bruna Daus, la drammatica ed evocativa opera di Diana Bosnjak, l'originale composizione di Adriana De Caro e la complessa e significativa allusività di Fulvio Dot. Alice Psacharopulo espone invece una testimonianza molto recente della sua evoluzione artistica, ora dedicata all'astrazione, cui possiamo accostare l'efficace incisività del segno di Elvio Zorzenon, mentre un acquarello morbido e narrativo esplicita la scelta espressiva più attuale di Alda Baglioni.
Di sofisticata bellezza è il fiore d'ibiscus dipinto con grazia e personalità da Marta Potenzieri Reale, mentre stupisce per la calibrata originalità il richiamo classico e metafisico di Angelo Salemi, che riesce a esplicitare nella maiolica il concetto di pensiero filosofico. Un messaggio pittorico a parte va considerato il fascinoso espressionismo neoromantico di Nora Carella, cui potremmo accostare il soffuso, intenso e delicato ricordo dell'Istria di Livio Zoppolato. D'inclinazione narrativa appare anche il luminoso ricordo del mare di Carla Fiocchi, di brillante qualità il pannello decorativo di Holly Furlanis. Molto valido è da considerarsi infine l'assorto postimpressionismo di Livia Bussi, mentre il gesto diviene dolcemente intenso nel morbido, ma incisivo disegno di Rossana Longo.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Nora Carella, Gondole a Venezia, olio su tela cm.50x70, 2008
2. Antonio Sofianopulo, Rosso, olio su tela cm.35x25, 2009
Villibossi: Rinascita
08 ottobre (inaugurazione ore 18.00) - 31 ottobre 2010
Museo Mini Mu - Trieste
La rassegna propone una dozzina di sculture di grande e media dimensione realizzate dall'artista in marmo e legno negli ultimi quattro anni, assieme a una ventina di essenziali disegni preparatori del 2009. La mostra è organizzata in occasione del Contemporaneo di AMACI, che ricorre il 9 ottobre, giornata in cui avranno luogo dei laboratori dedicati alla mostra. Sponsor principale della manifestazione è la Provincia di Trieste assieme ad Azienda Sanitaria, Coop e Fondazione Kathleen Foreman Casali.
"Nel suo bellissimo castello di Muggia, cittadina dove è nato nel 1939" scrive Marianna Accerboni "Villibossi scolpisce le sue forme intrise di delicata, trasparente sensualità o le rappresentazioni più tradizionali ma più rare della ritrattistica scultorea. Formatosi ai corsi di scultura dell'Accademia Ligure di Belle Arti e a quelli di disegno della Scuola Libera di Figura del Museo Revoltella, l'artista, che è attivo dagli anni '60, ama la linea curva e la dimensione ampollosa, quasi ridondante. Con forza e pazienza modella i materiali prediletti, pietra e legno, che provengono dalla natura, sua prima ispiratrice.
E dalla natura lo scultore trae anche il ritmo morbido dell'intreccio di forme, che spesso ci rammenta il significato della riproduzione, e la suggestione estetica, fatta di uno slancio poetico e forte, che è racchiusa nelle sue opere. Può l'onda del mare o un forte alito di vento essere imprigionato ed espresso attraverso la pietra? Nella scultura di Villibossi intensamente e silenziosamente ciò accade".
Villibossi, il cui nonno, scalpellino, era proprietario di cave di arenaria nella zona di Muggia, espone dal 1964: ha al suo attivo quasi una cinquantina di personali in Italia e all'estero e la partecipazione a 45 simposi internazionali. Si distingue per la versatilità nell'impiego di materiali diversi, con una marcata preferenza per il legno e soprattutto per la pietra, in particolare per quella di Aurisina e il marmo di Carrara. Più di 50 sue sculture monumentali si trovano in spazi pubblici in Italia (Lombardia, Toscana, Sardegna, Veneto e nella Regione Friuli Venezia Giulia) e all'estero, in Germania (soprattutto in Renania e Palatinato), in Austria e nei paesi dell'ex Yugoslavia.
In particolare, l'artista ha ideato per la Germania, in occasione del secondo Millennio, una scultura con due cubi sfalsati e delle lacrime che scendono dall'alto, intitolata Lacrime sulla storia; nel 1986 ha eseguito per la Camera di Commercio di Trieste una grande scultura in Repen, creata per onorare gli scambi commerciali fra il capoluogo giuliano e Salonicco e attualmente posizionata davanti alla Camera di Commercio della città greca. Nel 1995 una sua grande scultura in Marmo Lasa viene collocata in un parco della città di Dresda (Germania). Nel 2004 esegue per la Assicurazioni Generali di Trieste un leone marciano ricavato da un monoblocco di pietra Canfanaro d'lstria di otto metri cubi, collocato sulle mura di Padova in sostituzione di quello distrutto dalle truppe napoleoniche. Alle sue opere sono stati dedicati cortometraggi trasmessi dalle televisioni italiana, tedesca e dell'ex Jugoslavia.
III° Concorso Biennale Internazionale di pittura "Dario Mulitsch"
02-10 ottobre 2010
Fondazione Palazzo Coronini Cronberg - Gorizia
Il 2 ottobre alle Scuderie di Palazzo Coronini Cronberg, cornice ideale per eventi culturali di prestigio, si è inaugurata davanti a un foltissimo pubblico di più di 800 persone la mostra degli artisti partecipanti al Concorso dedicato a Dario Mulitsch, promosso dall'Associazione Culturale omonima con il fine di valorizzare la creatività di personalità locali e non, ma anche con quello di promuovere la città di Gorizia. Durante la vernice, sono stati resi noti i nomi dei vincitori del concorso, selezionati dalla Giuria, composta dai critici d'arte Toni Toniato e Marianna Accerboni e dal pittore e gallerista Luciano Chinese.
Il Concorso ha il patrocinio di Regione FVG, Provincia e Comune di Gorizia, Fondazione Palazzo Coronini Cronberg e, per la prima volta, della Presidenza della Repubblica Italiana. Le opere, pubblicate su un elegante catalogo stampato dalle Edizioni della Laguna. Dal giorno successivo alla conclusione della mostra, in collaborazione con l'ASCOM Confcommercio Gorizia, le saranno esposte nelle vetrine di 50 prestigiosi negozi del centro cittadino, per coinvolgere attraverso l'arte tutta la città di Gorizia.
Le 67 opere scelte dai giurati su 137 già selezionate in precedenza, provengono, in misura crescente per numero e soprattutto per qualità rispetto alle edizioni precedenti, da varie parti d'Italia (Friuli, Veneto, Trentino, Lombardia, Emilia, Puglia, Sicilia) e da Austria, Croazia e Slovenia. La Giuria ha rilevato un ottimo livello e grande varietà nelle proposte pervenute, che rappresentano in modo esaustivo le diverse tendenze della ricerca artistica contemporanea, apparsa orientata in prevalenza verso la figurazione. Felice novità di questa edizione è inoltre la partecipazione degli studenti dell'Istituto d'Arte "Max Fabiani" di Gorizia, con una sezione espressamente dedicata ai giovani artisti di domani, che si sono cimentati sul tema dello sport.
Conclusi i lavori, la Giuria ha espresso un particolare plauso a Caterina Trevisan Mulitsch per la passione e la sensibilità nell'organizzare iniziative culturali di grande qualità, che ormai si pongono come un riferimento quanto mai significativo per il mondo culturale della Regione. Il Concorso costituisce, infatti, un'occasione di confronto fra esponenti di culture e paesi diversi, ispirandosi alla visione di un indimenticabile intellettuale goriziano, Dario Mulitsch, che in vita si era sempre impegnato per ravvicinare popoli e luoghi nel segno della bellezza e dell'arte.
Vincitori del 1° premio del Comune e di quello della Provincia sono risultati Luca Macauda e Ivana Bukovac, secondi ex aequo Nico von Sternenfeld, Andrea Colussi e Renzo Pagotto, terzi ex-aequo Paolo Figar, Nicola Tomasi e Domenico Gattuso, premi speciali sono andati a Rosella Gallicchio e Aldo, Famà, menzionati Maria Teresa Vaccher, Paola Gamba, Valentino Scorsa, segnalati Mauri, Rutar, Vidotti, Velussi, Montina, Morettin, Daniukova, Pavicic Donkic, Raza, Plach, Troian, Silvestri, oltre agli altri selezionati Acone, Ballarini, Bassi, Bresigar, Brumat, Cordeschi, Daus, Del Buono, Erzetic, Fonsato, Frattallone Longo, Gaier, Gallottini, Gheda, Giuffrida, Gregori, Grusovin Geromin, La Rovere, Miniussi, Pangerc, Pasqualetto, Pinchera, Punteri, Rigonat, Scandroglio Ferrari, Schizzi, Snaidero, Tuti, Ugomari, Vallajer, Varnier. Primo della sezione studenti è risultato Sosolic, segnalati Gabellini, De Grassi, Pipp, altri allievi selezionati Brandolin, Devetta, Franzot, Novelli, Pamirani, Pozar, Rossi.
Francesco de Marco: Il Segno, la Poesia, la Luce
04 ottobre (inaugurazione ore 17.00) - 16 ottobre 2010
Circolo Fincantieri Wärtsilä (Galleria Fenice 2) - Trieste
www.francescodemarco.it
La rassegna, curata da Marianna Accerboni, propone più di una ventina di oli realizzati dal pittore nel corso del 2010. Nato a Napoli nel 1964, de Marco si è formato nel capoluogo campano frequentando il pittore Vittorio Piscopo, esponente del Futurismo napoletano, col quale aveva stabilito un profondo sodalizio. Dal 1981 al 2003 ha vissuto a Trieste e a Udine, attualmente vive e opera tra Lecce e Otranto. "Un poeta con il pennello: chi conosce le opere e segue l'evoluzione della pittura di questo gentile e vigoroso artista partenopeo" scrive Marianna Accerboni "che ha scelto per vivere la luce della Puglia, non può non rimanere toccato da quel fil rouge di coinvolgente, assorto lirismo che avvolge i suoi lavori e chi li guarda: un lirismo a volte giocoso, a volte pensoso e quasi matematico, il quale rende le sue rappresentazioni essenziali, ma nel contempo profonde.
Una delle prime doti che si rilevano in un vero artista è rappresentata dalla capacità di evolvere, mutandolo, il proprio linguaggio. Nell'anno 2010, periodo principalmente rappresentato nell'esposizione triestina, la creatività del pittore ha subito un forte impulso, come se nuova linfa lo ispirasse. E si è fatta strada nell'artista una sorta di appagata chiarezza compositiva. I temi visti di recente in regione, a Udine, sono rimasti i medesimi, una riflessione sul paesaggio, sui luoghi e sugli accadimenti della vita, ma il modus operandi si è arricchito: de Marco ha saputo lanciarsi con destrezza anche in opere di maggiore dimensione e la sua pittura si è fatta più luminosa e simbolica, a tratti maggiormente figurativa, di quel figurativo, che ti appare nei sogni, che forse ricordi solo il mattino, appena sveglio.
Dopo aver sperimentato per anni il segno grafico soprattutto attraverso il pastello e le matite colorate, l'artista è pervenuto ora a un punto fermo, che esplicita mediante una decisa predilezione per l'olio: de Marco ha infatti premuto l'acceleratore non solo verso la figurazione, ma anche nei confronti di un personale simbolismo di matrice espressionista che, adornandosi spesso dei colori prediletti dal Beato Angelico, si libra con immediatezza e leggerezza verso una sintesi tra visibile e invisibile, tra sogno e vita, tra spirito e sensi.
E si avvale di una libertà compositiva dai rimandi quasi chagalliani e di una gestualità dal ritmo non dissimile dalla sperimentazione sull'uso del colore e della luce condotta da Sonia Delaunay e dal marito Robert nella Parigi dei primi decenni del '900, che sarebbe poi approdata all'orfismo, movimento artistico elitario, il quale trovava le proprie basi nell'armonia e nel ritmo prodotti da contrasti cromatici simultanei: una tendenza non a caso pressoché coeva al futurismo, nel cui ambito, negli anni 1912 -14, Balla studiava la scomposizione della luce in funzione dinamica, e della cui matrice cinetica è ricca la pittura dolcemente esplosiva di de Marco.
Pittore dalla personalissima cifra mediterranea, che - nella notevole evoluzione raggiunta in quest'ultimo anno - rappresenta la versione contemporanea dell'impeto cromatico dei fauves, addolcito nel gesto, in cui all'incanto decorativo del colore s'intreccia la magia delle rifrazioni di luce, come già accadeva negli espressionisti della prima ora, da Matisse a Van Gogh, a Gauguin, interpreti solari e appunto mediterranei di quella riflessione sul "male di vivere", condotta dalle componenti più drammatiche del movimento espressionista in Germania e nel Nord Europa.
In quest'esposizione, che rappresenta una svolta significativa nella produzione dell'artista, de Marco si presenta quale originale interprete, naturalmente colto e profondo, della contemporaneità, approdato alla sensibilità espressionista anche attraverso i venti della Transavanguardia, tendenza tra le prime a promuovere, all'inizio degli anni Ottanta, un libero ritorno alla gioia e ai colori della pittura e alla figurazione, rompendo il predominio del concettuale e aprendo l'idioma della pittura a nuove possibilità e istanze".
Immagine:
Francesco de Marco, Il ciclista, olio su tela cm.50x70, 2010
Silvia Osojnik
25 settembre (inaugurazione ore 18.00) - 08 ottobre 2010
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
La rassegna, a cura di Marianna Accerboni, propone una trentina di opere realizzate dalla pittrice a olio negli ultimi 15 anni, tra cui molti lavori inediti. Silvia Osojnik, triestina, è laureata in biologia. Pittrice autodidatta, espone dalla fine degli anni Ottanta. In tale periodo ha partecipato a numerose collettive in Italia e all'estero: le sue mostre personali più importanti sono state ordinate a Grado, Firenze, Trieste e Graz. "Quante esistenze ha vissuto un artista o un poeta, per raccontare - apparentemente senza motivo e senza sollecitazioni contingenti - vite e atmosfere passate, che odorano di tavole di palcoscenico e di fondali marini, su cui rimarranno per sempre adagiati barche e velieri? E' il caso di Silvia Osojnik, pittrice triestina di talento, dalle lontane origini croate e ungheresi, autrice di una pittura avvincente e colta, che magistralmente, nonostante la matrice totalmente autodidatta, sa evocare atmosfere svincolate dal tempo e collocarle nella cornice del sogno.
Appassionata di cultura araba, della metafisica orientale e cristiana, dell'arte gotica e medievale, della pittura di De Chirico, l'artista, dipingendo rigorosamente a olio e facendo uso di abili e istintive velature, compone un mondo morbidamente onirico e simbolico, in cui, nel corso del tempo, alla polvere del circo e del teatro, alla finezza e al ritmo delle composizioni di Pietro Longhi, all'evasiva ma drammatica intensità del gesto di Francis Bacon e al silenzio adagiato del fondo del mare, da cui trae spunto per le sue 'visioni', si va un po' alla volta sostituendo un'architettura surreale, che si fonda su moduli semplici e allusivi, intrecciata a presenze umane.
Una pittura abile e sottilmente avvincente, naturalmente ricercata e raffinata, legata ai sofismi d'Oriente, ma nel contempo anche alla cultura del passato remoto dell'Europa. Un linguaggio espresso attraverso quelle vibrazioni intense ed evanescenti di luce e di colore, quelle atmosfere incantate e apparentemente cupe, che caratterizzano ancora oggi l'arte del Nord Est europeo, dall'architettura dei castelli della Baviera all'arte croata contemporanea, alle dense atmosfere magiare, che sembrano materializzare l'evocazione di un sogno mediante un linguaggio composito, ma nel contempo elementare e attraverso le quali la Osojnik sa rendere visibile l'invisibile."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Silvia Osojnik, I fiori blu, olio su tela cm80x80
2. Silvia Osojnik, La danza dei musici, olio su tela cm.70x80
Annamaria Ducaton
17 settembre (inaugurazione ore 18.30) - 30 ottobre 2010
Foyer del Teatro Lirico G. Verdi - Trieste
Mostra di opere della pittrice Annamaria Ducaton ispirate alla musica di Gustav Mahler e allestita in occasione dell'esecuzione della Sinfonia n.4, composta dal grande boemo nel 1899 in Stiria e conclusa un anno dopo nella verde tranquillità della Carinzia, che avrà luogo la sera stessa con replica sabato 18. L'esposizione rimarrà aperta al pubblico del Teatro per tutta la durata della programmazione della Stagione Sinfonica del "Verdi".
L'esposizione, a cura di Marianna Accerboni, rappresenta anche un omaggio al prossimo centenario della morte del compositore boemo (2011) e al centocinquantesimo anniversario della nascita, per il quale la Ducaton è stata di recente invitata a Kaliste, in Boemia (dove Mahler nacque nel 1860, e a Jihlava, dove trascorse fino alla prima giovinezza), raccogliendo lusinghieri riconoscimenti. In quest'ultima città ceca la pittrice è stata l'unica italiana invitata a esporre alla MK Galerie insieme ad altri artisti europei con alcune opere di tema mahleriano.
Da più di trent'anni infatti Ducaton approfondisce e interpreta attraverso la sua pittura l'innovazione promossa dal grande compositore boemo, che rappresenta una delle più intense fonti della sua ispirazione artistica e a cui la pittrice dedicato molti cicli delle sue opere. Tra le più recenti quelle ispirate a Il canto della terra uno dei più importanti capolavori del Maestro, ora esposte a Jihlava in un'esposizione che approderà poi a Praga, a Vienna e in Germania. Nella stessa città la Ducaton è stata anche invitata ad esporre nel 2011 una personale nella casa di Mahler.
Le opere esposte nel Foyer sono dipinti realizzati a tecnica mista su carta speciale in sintonia con lo spirito della Sinfonia n.4, in assoluto la più serena tra quelle create dal grande musicista boemo. I dipinti ne rispecchiano infatti l'atmosfera poetica, delicata e dolce, in cui sono in particolare esaltati l'amore per la natura, la sua bellezza e il concetto del divino insito in essa. le opere sono realizzate con sabbie naturali non dipinte, provenienti da tutto il mondo, smalti, tempera e altri materiali, tra cui la foglia d'oro, che simbolizza l'eternità.
Artefatto - Mostra internazionale di Arte giovanile
6a edizione, 18 settembre (inaugurazione ore 20.30) - 03 ottobre 2010
Sala Veruda / Sala Comunale d'Arte / Sala Giubileo / Sala Selva - Trieste
www.artefatto.info
Iniziativa per la promozione della giovane arte italiana e internazionale che si conclude annualmente con una mostra collettiva articolata in diversi spazi espositivi della città di Trieste. Nell'edizione 2010 saranno esposte opere di 140 artisti provenienti dall'Italia e da 9 paesi europei. La manifestazione sarà inaugurata a Trieste, in Piazza dell'Unità d'Italia. Il vernissage sarà accompagnato da una performance multimediale dell'artista Martin Romeo, da una scenografia di luce ideata dall'architetto Marianna Accerboni in collaborazione con l'artista Morena Cotterle e con l'accompagnamento musicale del gruppo jazz Funkalooba.
Il progetto Artefatto, organizzato dall'equipè dei Poli di Aggregazione Giovanile, non è solo una mostra d'arte, è un percorso che vuole dare l'opportunità ai partecipanti di collaborare attivamente con gli organizzatori nell'ideazione e nella realizzazione del progetto stesso. Con questo fine, parallelamente all'evento espositivo, vengono organizzate occasioni di incontro e confronto, attività collaterali, stage, laboratori, e a tutti gli artisti viene chiesto di pronunciarsi sul nuovo bando di partecipazione, di proporre e sostenere nuovi contenuti, tematiche e approfondimenti.
Salvatore Marchese: Orizzonti
11 settembre (inaugurazione ore 18.30) - 19 dicembre 2010
Centro Socio Culturale di Villa Prinz - Trieste
La rassegna, curata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una trentina di opere realizzate dall'artista a tecnica mista prevalentemente negli anni 2000. "Da anni Salvatore Marchese" scrive Marianna Accerboni "persegue con grande passione e fantasia una significativa ricerca cromatica e segnica, condotta sul filo della sensibilità contemporanea e inizialmente sperimentata già ai tempi della sua formazione culturale e artistica, avvenuta nel corso degli anni Settanta all'Istituto Statale d'Arte E. e U. Nordio della sua città natale, Trieste.
Singolare melange tra il calore e la dolcezza del Sud e il rigore del Nord, Marchese, che è di padre siciliano e di madre triestina, esprime e sintetizza spesso le proprie emozioni, codificandole nell'ambito di un simbolismo grafico e cromatico efficace, intenso e nel contempo delicato, come se la sua naturale propensione fantastica venisse istintivamente ordinata da una sorta di rigore grafico. Anche il segno geometrico e la progressione numerica - sembra dire l'artista - possono significare e interpretare la perfezione aurea della natura e del paesaggio, il concetto di infinito, il fascino, a volte onirico e misterioso, dell'orizzonte, la bellezza e la forza della parola divina e della religiosità e la scansione degli avvenimenti della vita.
I mezzi per esprimere tali riflessioni sono l'olio, l'acrilico e la tempera su tela, la tecnica mista e il collage, spesso ottenuto attraverso l'accostamento di cartoncini colorati a mano. Il racconto cromatico e brillante di Marchese, l'amore atavico per la terra e per il mare, ereditato dal padre, la sua sensibilità tenace lo hanno condotto, nel corso degli anni, dopo diverse e fantasiose sperimentazioni di segno e colore, svolte nell'ambito di un espressionismo libero ma vigile, al raggiungimento di una maniera appagata e consapevole, in cui l'artista codifica e razionalizza lo slancio espressivo in raffinati e calibrati paesaggi materici, da un canto; mentre, dall'altro, la creatività dà libero e felice adito a un progetto di decorazione urbana, dai colori vivaci, luminosi e festosi (realizzato in collaborazione con il figlio Daniele).
Due forme espressive legate da un filo conduttore comune: si avvertono infatti, sempre costanti nella sua pittura e nella sua creatività, i parametri di un'osmosi, istintivamente insita nel linguaggio dell'artista, che intreccia all'attenzione e alla sensibilità per il fattore umano, il fascino antico della terra e il valore simbolico del quotidiano. La spiccata attitudine di Marchese a sintetizzare i concetti attraverso il segno e l'uso molto significativo del colore, rendono il pittore particolarmente incline a esprimersi attraverso la grafica pubblicitaria e la decorazione.
Ciò è accaduto per esempio in modo molto interessante nell'ambito della progettazione di un pannello ideato e realizzato per l'atrio della Scuola elementare A. Padoa di Trieste, in cui l'artista ha reso con efficacia ed essenziale vitalità il gioco. La stessa capacità di riassumere in poche linee la figurazione compare anche nelle sue opere pittoriche più recenti, come per esempio la serie di paesaggi, in cui spesso una parte è il significante del tutto e viene trasmessa al fruitore grazie a una semplificazione materica efficace, lieve e intensa al tempo stesso.
Sono rappresentazioni simboliche e quasi astratte, le quali trasmettono il proprio pathos anche attraverso l'uso originale e appassionato della materia, l'argilla carsica miscelata ai colori acrilici e ai pastelli a cera, che testimoniano ulteriormente la progressiva maturazione del linguaggio di Marchese in direzione di un raffinato minimalismo. In tali opere recenti l'ispirazione dell'artista prende avvio da un approccio non convenzionale: nel descrivere così profondamente la terra, oltre all'amore atavico per la natura ereditato dalla madre, gioca infatti anche la sua competenza di appassionato speleologo, mentre sullo sfondo permane, icastico e interessante, un segno costante di speranza simbolizzato dalla luce dell'orizzonte lontano.
Salvatore Marchese (Trieste, 1958) si diploma in Decorazione pittorica all'Istituto Statale d'Arte E. e U. Nordio, dove in seguito insegna per un certo periodo materie artistiche. Segue nella città natale i corsi della Scuola Libera di Figura tenuti al Museo Revoltella dal pittore Nino Perizi e un corso propedeutico di Restauro a Villa Manin di Passariano (Udine). Ha collaborato come disegnatore e progettista con lo studio di grafica e architettura 3A dell'architetto Giorgio Bonetta. La sua opera decorativa Miramare: lo schiudersi alla Natura, selezionata nel 1997 al Concorso pittorico promosso dal Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare (Trieste), è esposta in permanenza in tale sede.
Nel 1998 ha collaborato con il maestro Folco Iacobi alla realizzazione dell'opera pittorica d'arte sacra La gloria di S. Vincenzo de' Paoli nelle opere di misericordia (Chiesa di S. Vincenzo de' Paoli, Trieste). Nel 2010 ha partecipato a un corso per la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti nel campo dell'educazione all'arte secondo la metodologia munariana giocare con l'arte, condotta al Museo Mini Mu del Parco di S. Giovanni a Trieste dalla docente Marcella Canelles. Ha esposto con successo in Italia e all'estero.
Immagine:
Salvatore Marchese, Uncertoconcettodilibertà, colori acrilici inchiostro a colori da stampa cm.82x103
Trieste Ric Amata
III Mostra biennale di ricamo
21 agosto (inaugurazione ore 18.00) - 29 agosto 2010
Sala ex Giubileo - Trieste
La rassegna, ideata e realizzata da Barbara Chiarelli per l'Associazione culturale Trieste Ricama con il supporto della Provincia di Trieste, propone una trentina di lavori dedicati a Trieste e dintorni, eseguiti sotto la guida dell'insegnante Miriam Silverio, coordinatrice e responsabile dell'Associazione Trieste Ricama, che, nata nel 2005, è operativa dal 1999 come sede distaccata a Trieste della Scuola Ricami e legami di Udine. Alla inaugurazione interverranno la presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, la presidente di Trieste Ricama, Francesca Mafrici, la presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia Eloisa Cignatta, il direttore delle riviste Rakam e Ricamo italiano Elio Michelotti, il presidente dell'Agmen Massimiliano Duban e il critico d'arte Marianna Accerboni.
"Il paesaggio e le atmosfere della nostra città, di Muggia e del Carso, rivisitati attraverso scorci e particolari architettonici eseguiti mediante accurati e raffinati ricami a mano" scrive Marianna Accerboni "appresentano il tema di questa III Mostra biennale di ricamo. La rassegna, connotata dal profumato lindore e dalla finezza dei lini che fungono da supporto a tale antica arte, propone infatti una trentina di pannelli dedicati a Trieste e dintorni, accompagnati dall'immagine e da alcune spiegazioni didattiche dell'opera architettonica cui si riferiscono.
E, accanto a tali lavori, viene esposta tutta una serie di fascinosi manufatti, quali tovaglie, tende, lenzuola, asciugamani, lampade, realizzate da un'ottantina di socie, da sole o in gruppo, nell'ultimo biennio. Il fine della rassegna è di rendere omaggio a Trieste, riscoprendo grazie all'arte del ricamo scorci e caratteristiche tipiche della città, e di far conoscere il capoluogo giuliano a numerosi estimatori del settore provenienti da altre parti d'Italia.
Nella mostra, allestita con mobili antichi e rustici messi a disposizione da Florit, il fruitore potrà incontrare i punti tradizionali del ricamo classico, dal punto raso al punto erba, dal punto pieno al punto stuoia, al palestrina, accanto a novità quali il punto intaglio creativo, "reinventato" dalla Silverio, il punto Aquileia, ideato da Antonietta Menossi, prendendo spunto dalla policromia dei mosaici paleocristiani dell'antica colonia militare romana, o il punto "silin" inventato da Laura Merlo. In mostra - conclude Accerboni - saranno testimoniate anche le tecniche del punto hardanger, del punto antico, del punto bandera e "sfilature" di vari livelli e tipologie, utilizzati per composizioni classiche o originali, come per esempio il tendaggio riproducente lo skyline di New York, eseguito sui toni del grigio."
L'Associazione Trieste Ricama promuove l'arte del ricamo in tutte le sue particolarità: organizza eventi, collabora con riviste specializzate del settore quali Rakam e Ricamo Italiano, che ne pubblicano periodicamente i manufatti. Recentemente ha partecipato a manifestazioni di livello Nazionale a Parma, Torino e Sarzana. L'insegnante Miriam Silverio, che ricopre l'incarico di responsabile del Comitato Operativo Provinciale del Centro Italiano Tutela Ricamo, propone da una decina d'anni corsi di vari livelli e tipologie. Opera con oltre un centinaio di socie che si alternano in diversi stages annuali svolti in varie sedi, tra cui la Casa Internazionale della Donna, inaugurata di recente.
Ruggero de Calò: Landscapes
26 agosto (inaugurazione ore 18.30) - 15 settembre 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, presentata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una ventina di opere realizzate dall'artista ad acrilico su tela prevalentemente dal 2006 al 2009, che riassumono le diverse sfaccettature del suo linguaggio dalla fine degli anni Ottanta a oggi. "Artista colto e vivace, Ruggero de Calò" scrive Accerboni "incarna le qualità dell'architetto umanista, la cui professione contribuisce ad ampliare i suoi interessi verso molteplici aspetti creativi e culturali. Accanto al design, al restauro, alla progettazione architettonica e all'arredamento, la sua curiosità e la sua inventiva sperimentano, sempre con passione, anche la pittura, nella quale Ruggero si manifesta figlio del suo tempo, cogliendo con misura e finezza le istanze di una ricerca espressionista condotta anche sul filo della narrazione autobiografica, narrata attraverso il paesaggio.
La memoria dell'architettura e più propriamente del comporre architettonico, è sempre presente nei suoi luminosi landscapes, in cui la razionalità e nel contempo il piacere della libertà concorrono a formare un unicum convincente e appropriato, che ripropone la stessa essenziale chiarezza dei progetti architettonici e grafici."
Ruggero de Calò (Trieste, 1954) si laurea in architettura a Venezia. Nell'ambito della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio si specializza nel restauro architettonico e nella progettazione museale. Progetta dal 1989 al '95, inizialmente da solo e poi fino al 2008 in collaborazione con un collega, il nuovo Polo Museale delle Scuderie del Parco di Miramare a Trieste. Da libero professionista ha operato nel campo dell'architettura d'interni a Trieste, Lubiana, Venezia, Milano, Ravenna e Sibari. E' stato più volte premiato per i suoi progetti, con i quali ha partecipato da solo e in gruppo a concorsi nazionali e internazionali, e per i suoi dipinti ad acrilico su tela della misura costante di un metro per un metro.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Ruggero de Calò, Mappa otto, acrilico su tela cm.100x100, 2008
2. Ruggero de Calò, Architettura otto, acrilico su tela cm.100x100, 2007
Serata di musica e luce per Raffaella Curiel
11 luglio 2010, ore 21
Palazzo Costanzi - Trieste
Incontro nell'ambito della rassegna Raffaella Curiel. Arte e moda domenica. Nonostante la contemporaneità con i Mondiali di calcio, un pubblico di circa 250 persone ha seguito con grande interesse ed entusiasmo, l'originale serata di musica e luce dedicata alla celebre stilista di origine triestina Raffaella Curiel, le cui preziose creazioni, realizzate dagli anni Ottanta a oggi, sono esposte nella stessa sede fino al 18 luglio. Gli abiti più significativi della mostra (4000 visitatori e numerosissimi apprezzamenti in 20 giorni) sono stati raccontati da Marianna Accerboni, ideatrice e curatrice dell'evento espositivo, attraverso un'analisi storico-critica, che l'architetto ha voluto compendiare con una selezione di raffinati brani musicali per la maggior parte poco noti al grande pubblico, di compositori attivi dal II secolo a.C. a oggi.
Questi ultimi sono stati interpretati con magistrale professionalità e creatività dal soprano Marianna Prizzon, allieva di Pavarotti, già affermata in concerti internazionali, dimostratasi nell'occasione anche versatile attrice nell'interpretare i versi futuristi di Palazzeschi, dalla arpista Teodora Tommasi, cresciuta alla Scuola di Giuliana Stecchina e vincitrice di diversi concorsi nazionali, dal flautista Stefano Casaccia e Manuel Tomadin al cembalo, maestri di valenza europea: un omaggio coerente alla sofisticata progettualità della Curiel, che, per le sue collezioni, trae spunto da molteplici e variegati motivi ispiratori, nicchie d'eccellenza come per esempio il pittore orientalista Jose Tapiro y Baro, il concettuale pop Jim Dine, il genio dell'Art Deco George Barbier...
Il concerto prende spunto dal grande interesse di Raffaella Curiel e della madre Gigliola per la musica: "Ci si alzava da tavola e si andava al pianoforte. Mia mamma suonava, tutti noi cantavamo... Quando venivano a Milano Arthur Rubinstein e Arturo Benedetti Michelangeli, erano sempre nostri ospiti" ricordava la stilista in un interessante intervista rilasciata ad Arianna Boria e comparsa nel 2005 su "Il Piccolo" di Trieste in occasione del conferimento del S. Giusto d'oro alla couturier.
Un omaggio alla cultura della Curiel e alla sua passione, condivisa con la madre, per la musica, recepito da un pubblico entusiasta, che ha ricambiato musicista e curatrice con l'affetto di prolungati applausi, che provenivano anche dalla piazzetta antistante, dov'era diffusa la musica e proiettato il concerto, mentre sulla facciata del Costanzi, dipinta di luce blu, compariva magicamente la firma Curiel.
Nel corso del lungo concerto, a Gustav Klimt, artista della Secessione viennese, presente in mostra con tre creazioni Curiel ispirate a suoi ritratti, è stato dedicato il linguaggio tardo romantico sulla soglia dell'innovazione del compositore tedesco Richard Strauss e il bon ton delle note di C.N.Bochsa; per Schiele, presente in mostra in versione "campestre", è stato eseguito un Ländler del tedesco Ernest Krahmer, per i Preraffaelliti, un brano ricco di echi ispirati alla purezza del sentire di Turlough O' Carolan, considerato il più grande compositore inglese e l'ultimo bardo...; per Proust, la musica della memoria del coevo parigino Marcel Tournier, per la sfilata Mitteleuropa amore mio, il Minuetto dalla Sonata Brillante di Anton Heberle, composta per csacan (strumento a fiato tratto da un osso di animale) o per flauto bastone (bastone Biedermeier da cui si estraeva il flauto e così il gentiluomo viennese poteva interrompere la passeggiata per suonare...); o ancora il Notturno per arpa sola di Glinka per la scenografica sfilata ispirata alla Russia e l'Inno ad Apollo del II sec a.C. per quella sulle Olimpiadi, la leggerezza delle note di F.J.Dizi per la Ballerina di Degas, l'Encantamiento astratto per due flauti contralto e un flautista di Daniel Catán per Dine e Del Pezzo.
L'accostamento di brani appartenenti a epoche e stili assai diversi fra loro, secondo una selezione tipica della cultura americana, è volta a sollecitare in modo speciale l'attenzione del pubblico: una varietà di motivi ispiratori, la quale ricalca per altro la molteplicità di spunti che sostengono la particolare e scenografica progettualità della Curiel, sempre accompagnata da una grande qualità sartoriale e artistico-artigianale dell'esecuzione.
Va inoltre particolarmente sottolineato che la mostra si è resa possibile anche perchè a Trieste si è creato un substrato sensibile alla moda grazie a ITS, piattaforma internazionale di supporto ai giovani talenti che da 10 anni porta in città i più importanti professionisti e rappresentanti della stampa del settore, con un evento che a luglio proietta Trieste tra le capitali mondiali della moda. L'esposizione è promossa da Fidapa - Sezione storica di Trieste in collaborazione con il Comune di Trieste - Assessorato alla Cultura e Direzione Area Cultura.
Raffaella Curiel. Arte e moda
19 giugno (inaugurazione ore 19.30) - 18 luglio 2010
Sala Umberto Veruda di Palazzo Costanzi - Trieste
Rassegna dedicata alla stilista di origine triestina Raffaella Curiel. La mostra, promossa dalla F.I.D.A.P.A. (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) - Sezione storica di Trieste in collaborazione con il Comune di Trieste - Assessorato alla Cultura e Direzione Area Cultura, ideata e curata dall'architetto Marianna Accerboni, si propone di testimoniarne la creatività, le cui radici si riferiscono alla grande cultura centroeuropea, all'avanguardia nel secolo scorso nell'ambito della cultura, dell'arte e della psicanalisi. Vienna, cui Trieste allora si riferiva, era infatti uno dei tre grandi poli di attrazione artistico-culturale europei, assieme a Parigi e a Monaco, collegate, attraverso il costruttivismo e il Bauhaus, alla cultura russa.
La prozia di Raffaella, Ortensia, aveva un atelier prestigioso nella Trieste del primo '900, situato nel centralissimo Palazzo Smolars, che vestiva la migliore società triestina e centroeuropea dell'epoca. La nipote Gigliola, madre di Raffaella, ne raccolse l'eredità professionale, trasferendosi quindi a Milano, dove seppe brillantemente coniugare nel suo atelier l'alta aristocrazia, gli artisti, gli intellettuali e i nuovi ricchi.
Gigliola è stata la prima stilista italiana a introdurre il pret-à-porter negli Stati Uniti, dove lanciò con grandissimo successo il famoso Curiellino, l'abito pronto da indossare dalla mattina alla sera. La figlia Raffaella, cui è dedicata la preziosa rassegna triestina, dopo essersi formata alla severa scuola della madre (la prima collezione di Raffaella risale al 1961) e a quella francese di Balmain, è divenuta una delle prime stiliste italiane, celebre e apprezzata a livello internazionale da un pubblico d'elite.
Dagli anni '80 le sue sfilate sono dedicate ai grandi protagonisti dell'arte e della letteratura: Raffaella Curiel unisce moda e cultura, ispirandosi a Balla, Klimt, Schiele, Depero, Van Gogh, Matisse, Toulouse- Lautrec, Vermeer, Velasquez, Aubrey Beardsley e via dicendo. Nella sua prestigiosa attività è affiancata da tempo dalla figlia Gigliola, che firma gli accessori e due collezioni di prêt-à porter all'anno, mentre Raffaella firma l'alta moda con altre due collezioni annuali. La famosa stilista, che nel 1992 ha aperto il suo primo showroom a New York e nel '96 un corner di pret-à-porter alla Acoco Ltd Giappone, è stata insignita di numerose e prestigiosissime onorificenze.
Il filo conduttore della rassegna, cui collabora con un approfondito intervento la giornalista Arianna Boria, esperta di moda, è quello di offrire al visitatore non solo l'immagine di una sofisticata couturier, ma di sottolineare l'aspetto più colto e artistico della sua progettualità nella moda, soprattutto attraverso una ricca serie di abiti molto importanti, particolari e fascinosi, che la Curiel ha dedicato a grandi artisti, come per esempio Mantegna, Vermeer, Van Gogh, Egon Schiele, Gustav Klimt, Sonia Delaunay, i Futuristi, Depero oppure a raffinati interpreti di un certo milieu culturale, come i pittori George Barbier, Ivan Bilibin, gli Orientalisti e i Prerafaelliti, e a scrittori come Victor Hugo e Marcel Proust, componendo un mosaico in cui l'arte della moda interpreta l'arte del dipingere e dello scrivere.
Accanto a questi temi, vanno anche ricordate le collezioni Mitteleuropa amore mio e quelle dedicate al bon ton, alla civiltà africana e asiatica, alla Russia, a Roma e alla storia dell'arte moderna, quest'ultima testimoniata attraverso l'interpretazione della pittura di Picasso, Frida Kahlo, Jim Dine, Giorgia O'Keeffe e Lucio Del Pezzo: tematiche che la Curiel ha presentato quale filo conduttore delle sue prestigiose sfilate, apprezzate proprio per questa particolarità in tutto il mondo.
La rassegna proporrà anche un itinerario didattico, che ripercorrerà la genesi dei modelli più significativi attraverso schizzi, immagini fotografiche, riproduzioni di quadri, il testo di presentazione firmato dalla stilista stessa e testi di approfondimento storico/critico, mentre le sue sfilate internazionali saranno testimoniate da un video. Verranno inoltre esposti gli eleganti e originali accessori, come scarpe, guanti, cappelli e gioielli, e i disegni firmati dalla figlia di Raffaella, Gigliola, giovane stilista di gran gusto, che sa fondere una linea femminilmente classica e a volte un po' romantica con i materiali e l'essenzialità contemporanei. In mostra si potranno ammirare anche le originalissime pettinature di Oreal, eseguite dai più grandi maestri parrucchieri di Oréal Paris, che accompagnano le creazioni della Curiel.
Walter Starz: Sintesi
08 luglio (inaugurazione ore 19.00) - 01 agosto 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, presentata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una trentina di opere realizzate dall'artista a tecnica mista dal 2008 a oggi, che riassumono in una sorta di itinerario biografico criptato le esperienze dell'autore. Rappresentano un racconto per immagini criptate, le opere di Walter Starz, pittore da anni, anche scrittore e sensibile poeta. "Nell'ambito di una sintesi segnica" scrive Accerboni "che si fa sempre più evidente, e di una serie di appunti cromatici di valenza simbolica, l'artista usa il blu scuro per raffigurare la notte, il giallo e l'arancio per significare dei momenti di gioia, il rosso a indicare la violenza o un animo fortemente turbato, mentre i verdi e i toni chiari alludono alla pace e alla calma interiori
In questo modo l'autore, nato a Trieste nel 1961, compone una pittura d'energia e d'introspezione, espressionista e surreale, dal taglio intimamente autobiografico, divenuta nel corso degli anni più vivace e più ricca sotto il profilo coloristico. In tale griglia cromatica ed emozionale, Starz inserisce quindi dei soggetti onirici, animaletti di sogno o sorta di spiritelli, che partecipano alla composizione e alla danza della vita come entità invisibili e che, tacitamente, possono condeterminare il corso degli eventi.
Oppure fa uso di simboli silenziosi quali il pennacchio, che individua nell'ambito della composizione pittorica la sua figura di protagonista, sostituendo la forma di cappello a punta, fino a poco tempo fa emblema del pessimismo all'autore. Che formatosi alla scuola di Nino Perizi e di Franco Chersicola e grazie alla frequentazione dell'atelier di Livio Rosignano, riassume in questa rassegna, attraverso una trentina di opere realizzate a tecnica mista (acrilico, matite nere e colorate), il lavoro degli ultimi tre anni, in cui si palesa un più accentuato interesse per il mondo della natura, foriero per l'artista di conforto e serenità."
Immagine:
Walter Starz, Di sera in riva al mare, tecnica mista su carta
Atelier Mozina: mostra degli allievi
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
03-16 luglio 2010
"In assenza di un accademia di belle arti istituzionalizzata" - scrive Marianna Accerboni, curatrice della mostra "gli artisti o gli aspiranti tali di Trieste studiano pittura e altre discipline affini accanto a pittori professionisti di livello. Tra questi, Livio Mozina, autore iperrealista, presente dalla fine degli anni Sessanta sulla scena espositiva locale, nazionale ed estera, persegue l'attività didattica, svolgendola alla Galleria Rettori Tribbio nei giorni in cui questa è chiusa al pubblico. Così, circondati dalle tele degli artisti espositori, il maestro trasfonde la difficile strada dell'arte ad allievi di tutte le età, la maggior parte dei quali neofiti.
"Nel corso delle mie lezioni" afferma Mozina "cerco di far emergere la personalità di ogni discepolo e di raffinarla prima attraverso il disegno, poi mediante la pratica pittorica". Modelli da imitare, a lezione, sono i dipinti di artisti noti, come per esempio lo statunitense Ton Browning, il canadese di origine belga Carel Brenders e il fotografo italiano Gianfranco Bini, facilmente interpretabili attraverso l'uso di un appropriato reticolo. Ed ecco, a conclusione dell'anno accademico 2009/ 2010 - condotto da Mozina con il consueto scrupolo, lo stesso che compare anche nella tecnica e nei modi delle proprie opere - la mostra finale con i risultati acquisiti dagli allievi. Che sono 34, presenti con un'opera o due ciascuno, quasi tutte realizzate a olio.
E, per essere in gran parte neofiti, niente male! Dorina Deste partecipa con una luminosa visione di gusto intimistico, Giovanni Bon con un notevole ritratto d'inclinazione iperrealista, così come Bruno Stiglich, che si esprime con slancio verista, mentre Ida Marottoli delinea dei lupi all'erta in un dipinto morbido e ricco di profondità. La pittrice panamense Otilia Saldana compone un delicato ritratto, che fa da pendant al gentile della giovanissima Alice Bellettini. Antonio Di Gregoli in forma ancora embrionale, Tullio Antonini, Teresa Potocco e Damiana Zagar con tratto più maturo, raccontano i segreti del bosco, che viene rivisitato con la neve e con molta sensibilità alla luce da Giuseppina Depase, Claudio Iurin e Mitja Zonta.
Il tema della natura e della presenza umana è affrontato con grazia da Valentina Butelli, Lilia Debiasi, Gabriella Di Pietro e dall'inglese Yvonne Rowden, quello carsico, con competenza, da Paolo Bonifacio, Marino Carli, Laura Pescatori e, in senso più lato, da Majda Pertotti e Selma Kralj. Il mare è il soggetto prediletto di Adriana Belle, Daniela Corso, Alessandro Ferronato ed, espresso con taglio squisitamente espressionista, da Valdea Ravalico: Il corpo umano è proposto con sensibilità contemporanea da Cristian Fermo, la natura morta con proprietà da Fulvio Caiulo, Chiara Giacometti, Bruna Naldi, Serena Vivoda, mentre Dilva Musizza e Roberto Stalio testimoniano con abilità la presenza animale e la giovanissima Anna Schnabl compone un inno surreale agli intramontabili Beatles."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Fulvio Caiulo, Ciliege, olio su tela cm25x35
2. Damjana Zagar Vecchi, Ulivi, olio su tela cm35x25
Carolina Franza: Immagini dell'eterno femminile
14 giugno (inaugurazione ore 18.30) - 04 luglio 2010
Caffè Tommaseo - Trieste
Mostra di pittura di icone dell'artista triestina Carolina Franza. L'esposizione, curata da Marianna Accerboni, proporrà una serie di tavole per lo più inedite, realizzate secondo il metodo antico su legno rivestito di bisso di lino con alabastro di Volterra, oro zecchino, lapislazzuli, malachite, pigmenti, tempera all'uovo e colla di caseina lattea. Dopo aver iniziato a dipingere ancor prima d'imparare a scrivere, incoraggiata dal padre e apprendendo dalla madre il gusto per la bellezza, dopo un periodo giovanile dedicato al paesaggio e al manierismo fantastico, la Franza ha iniziato una personale ricerca, svolta in Italia e all'estero attraverso lo studio e l'analisi dal vero, per approfondire alla fonte la conoscenza della pittura su tavola sotto il profilo estetico e scientifico, la filosofia e il pensiero che ne sottendono le immagini.
Ha quindi seguito a Firenze le lezioni della pittrice Luisa del Campana e nel 1989 ha iniziato a creare le prime icone, scegliendo come maestro Andrei Rublev e la sua Scuola. Ha continuato a realizzare delle copie fino a pervenire alla creazione di tavole con soggetti originali, sempre coerenti con la tradizione sia per quanto riguarda i materiali impiegati che per i temi trattati, le dimensioni e il simbolismo dei colori. Nel 1995 inizia ad esporre, partecipando a numerose mostre collettive e personali in Italia e all'estero, realizzando icone anche per prestigiose sedi pubbliche e ricevendo premi e riconoscimenti.
I numerosi viaggi e gli approfondimenti tematici e tecnici, condotti con serietà, tenacia e passione quasi alchemica negli anni della formazione, le hanno consentito di recuperare in nuce l'essenza culturale e il significato religioso, trascendentale ed estetico, che concorrevano in origine alla realizzazione dell'icona. Consentendole di rivisitarla, interpretarla e riproporla con fedeltà e perfetta aderenza ai parametri tecnici, formali e di pensiero che la ispirarono nei tempi antichi. Per questa ragione le sue opere sono davvero uniche e lo sono ancora di più dal 2000 in poi, quando l'approfondita e attenta analisi dei metodi, delle tecniche e della simbologia si tramuta in libera ispirazione e creatività, come accade nei lavori esposti in mostra.
A questo punto l'artista, attraverso l'analisi teologica, filosofica e liturgia delle immagini e dei modi, ha in un certo senso "interiorizzato" l'icona. E questo fatto, assieme al contemporaneo e ininterrotto studio sul significato dei colori e sulle pratiche pittoriche, le consente ora di volare alto, con profondità e nel contempo leggerezza, e d'innestare sul percorso estetico, culturale e profondo di tale linguaggio, la propria creatività fantastica, educata dall'esperienza artistica e di studio a interpretare il bello, il divino e il recondito.
Ed ecco allora in mostra, tra le altre, le tavole dedicate alla Madonna della Speranza, a Giovanna d'Arco, alla Fede, alla Carità, alla Vergine Sofia, a Iside Regina, alla Madre di Dio Stella Maris, realizzata quest'ultima con un fondo oro, punzonato con gli stessi motivi con cui è decorato il mantello e con polvere di lapislazzuli e raffigurata con i capelli originalmente biondi. Accanto ad altre opere, riunite in una rassegna, in cui la poetica mistica e la gioia per l'esegesi s'intrecciano nei fini dettagli, mentre la modernità dell'antico messaggio delle origini stupisce per l'icastica e ricca essenzialità dell'interpretazione, che caratterizza in particolare l'icona dedicata a Notre Dame de Rocamadour, punta di diamante della rassegna, che l'artista ha tratto da un'antica statua lignea dal fascino arcano, oggetto dal 1100 di culto e di pellegrinaggio. (Presentazione di Marianna Accerboni)
Umberto Vittori: Sulle tracce di Joyce in Ponterosso e dintorni
14 giugno (inaugurazione ore 17.30) - 07 luglio 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, presentata dall'architetto Marianna Accerboni e dal fotografo Paolo Cartagine, propone una quarantina di immagini fotografiche, realizzate da Vittori con il metodo digitale e rielaborate in Photoshop, e alcuni pannelli, in cui l'autore ha assemblato degli scatti risalenti al 1948, scannerizzati e virati in seppia, che, assieme alle foto recenti, raccontano i luoghi e i percorsi joyciani interpretati attraverso il punto di vista di ieri e di oggi.
"Iscritto da 45 anni al Circolo Fotografico Triestino" annota Marianna Accerboni "Umberto Vittori ha al suo attivo un ricco curriculum espositivo espletato in Italia e all'estero, in cui il fotografo affronta diverse tematiche che analizzano il legame tra il paesaggio e la presenza umana: in tale ambito il suo lavoro rappresenta un singolare esempio di commistione tra intuito poetico e sensibilità per il ritmo del reportage, valori che accomuna in una narrazione calibrata e appassionata, curiosa e vitale.
Il tema dei suoi pensieri, nel caso di questa mostra, è la memoria di Joyce, il grande scrittore divenuto per certi versi quasi più triestino che irlandese, per aver vissuto qui gli anni importanti della giovinezza, della prima maturità e della gestazione dell'Ulisse. E il titolo Sulle tracce di Joyce in Ponterosso e dintorni, adottato dal fotografo per la mostra giuliana, rappresenta una variante di quello della prima esposizione organizzata sul tema nel 2008 a Szombathely in Ungheria, assieme alle autorità locali, nell'ambito del Bloomsday, che la città magiara allestisce annualmente, vantando le origini del personaggio principale dell'Ulisse, il quale all'inizio si chiamava Virag.
A differenza di quella rassegna, la mostra triestina propone un panorama più ampio d'immagini e un notevole rinnovamento. Anche se un unico intendimento accomuna i due eventi e cioè l'impegno da parte dell'autore a ripercorrere gli itinerari joyciani senza per altro raffigurarli attraverso l'ovvietà di immagini stereotipate e banali, bensì mediante l'effetto magico di finissimi effetti luce e un'atmosfera intensa e interiore, che relaziona significativamente i nembi di Trieste a quelli di Dublino, filtrandoli spesso attraverso il pathos che emana dalla statua dedicata in Ponterosso al grande scrittore dallo scultore Nino Spagnoli."
Urban Art. Not only graffiti
22 maggio (inaugurazione ore 19.30) - 26 giugno 2010
Urbanwear - Trieste
Una trentina di opere realizzate a tecnica mista e dedicate al tema della Street Art da 8 giovani artisti triestini e inglesi. La vernice della rassegna, che viene ospitata in uno spazio commerciale arredato con taglio innovativo, molto vivace e surreale, un concept store "Art and shop", sarà sottolineata da una performance di luce e musica con brani rock, hip hop e rap, ideata dall'architetto Marianna Accerboni.
Alla rassegna partecipano gli artisti triestini Lesalienos.com, Agonistico, Darko, Malosk8 e il varesotto Zel Ebrity 133, il quale ha al suo attivo un'intensa e qualificata attività espositiva in Italia e all'estero, nell'ambito della quale transita in parte dal Graffitismo delle origini verso l'Espressionismo astratto. Proposti anche alcuni lavori degli artisti inglesi Otick, Sickboy ed Erm One. Quest'ultimo, che vive e opera a Parigi come grafico e dipinge su molti edifici abbandonati, si esprime con segni vitali e nervosi attraverso lo stile graffitaro delle origini, detto Old school, il quale si rifà agli anni Settanta. Tutte le opere appartengono a una collezione privata e non sono in vendita.
"La mostra" scrive Marianna Accerboni "trae spunto dall'interesse del proprietario dello spazio espositivo per l'arte in genere e per quella contemporanea in particolare, di cui è divenuto, nel corso del tempo, un raffinato collezionista. Quest'ultimo, vissuto per lungo tempo in Australia, è istintivamente interessato e coinvolto dalle diverse proliferazioni artistico-culturali del mondo anglosassone e internazionale, con particolare riferimento al fenomeno della Street Art, il quale allude alle forme d'arte che si manifestino in luoghi pubblici attraverso le tecniche più disparate, dallo spray alla Sticker Art, dallo stencil alle proiezioni video, alle sculture e via dicendo.
Strettamente legato al fenomeno della Street Art è il graffitismo, ben presente in mostra: un fenomeno socio-culturale che, a tre decenni dalla sua comparsa, ha guadagnato, tramite le sue influenze sulle arti visive, una rilevanza unica nel panorama della creatività contemporanea e rappresenta un aspetto importante e significativo del linguaggio artistico giovanile d'avanguardia, il quale trova le proprie radici lontane nel ritorno alla pittura e alla figurazione promosso negli anni Settanta dalla Transavanguardia del critico Achille Bonito Oliva, per reagire all'eccesso di sperimentazione che caratterizzava quel periodo.
Una tendenza, comunque, quella della Transavanguardia che, pur rivalutando strumenti tradizionali quali i pennelli, i colori a olio e gli acrilici (cui i graffitari aggiungono spesso lo stencil), non si attesta tuttavia all'interno di modi e linguaggi convenzionali. In un'epoca prevalentemente tecnologica questi giovani artisti promuovono il valore della manualità e della figurazione, guidate da una creatività connotata da estro fantastico e capacità di apprezzare, attraverso i colori e una prospettiva particolare, il sapore intenso e strano della vita, lanciando nel contempo un messaggio sincopato e simultaneo ma umano e aprendo un varco nell'ambito della comunicazione contemporanea, troppo spesso legata esclusivamente al mezzo virtuale".
Pino Ferfoglia
22 maggio (inaugurazione ore 18.30) - 04 giugno 2010
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
La rassegna, introdotta dall'architetto Marianna Accerboni, propone una trentina di disegni a china colorati a tempera, realizzati del pittore Pino Ferfoglia dagli anni Ottanta agli anni Duemila, ispirati in particolare al paesaggio carsico e al mare. "Ritorna il segno luminoso e convincente di Pino Ferfoglia" scrive Marianna Accerboni "con la sua vivace capacità narrativa, che sa intrecciare il colore della realtà a quello dei desideri, in una figurazione fantastica e ricca - in questo caso - di spunti da consumato illustratore. Temperamento apparentemente scanzonato, lievemente e nascostamente lirico, come se si vergognasse un po' di lasciarsi andare a una carezza, il pittore, nato a Trieste nel 1924 e qui scomparso nel 2007, ha saputo comporre con i suoi disegni a china, colorati a tempera coprente, che lui chiamava tecniche miste, un universo festoso e intenso sotto il profilo cromatico.
Vedute che tracciano soprattutto il Carso, ma anche il mare, con delle intense testimonianze di Canovella de' Zoppoli, e poi di Opicina e Muggia, nelle quali Ferfoglia si esprime in modo essenziale, razionale e nel contempo giocoso. Una scelta stilistica spontanea e immediata, che gli aveva meritato la stima del pubblico e della critica, fin dal 1950, anno in cui aveva iniziato la propria attività partecipando alle mostre universitarie. A quegli esordi seguirono varie, qualificate esposizioni nella città natale, a Milano, Roma, Napoli e in altre sedi italiane.
Ma nel corso degli anni l'artista rimase sostanzialmente fedele al proprio stile pittorico, in cui s 'intrecciano sfumature naive e fauviste e gli esiti della poetica impressionista ed espressionista dell'Europa del novecento. Una meta espressiva affinata tenacemente nel corso degli anni grazie anche alla frequentazione di vari corsi di figura e d'incisione e arricchita dal rapporto con artisti quali Cerne, Dequel, Brumatti, Bergagna, Rosignano e Sormani, con cui condivise anche la gioia di vivere".
Immagini (da sinistra a destra):
1. Pino Ferfoglia, Scorcio a Canovella, 1993
2. Pino Ferfoglia, Fortilizio Carsico, 1991
Luisa Rustja: Percezioni
20 maggio (inaugurazione ore 17.30) - 13 giugno 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, con intervento critico di Marianna Accerboni, propone una serie di dipinti su tela e juta realizzati dal 2004 a oggi, che riassumono l'evoluzione del linguaggio formale e cromatico dell'artista dal figurativo d'inclinazione postimpressionista all'Astrazione e all'Informale. "Temperamento genuino e vitale, Luisa Rustja ha il colore e la pittura nel sangue: una passione, che a un certo punto della vita è sbocciata insopprimibile e che l'artista" scrive Marianna Accerboni "ha saputo affinare grazie anche alla frequentazione di qualificati atelier in ambito regionale.
Il naturale talento ha fatto istintivamente ripercorrere alla pittrice l'evoluzione linguistica e stilistica, che prende avvio con l'impressionismo e, attraverso tale movimento, segna l'esordio della modernità: un punto di rottura con il gusto figurativo del passato, il quale fonda il proprio linguaggio sulla pittura en plein air, molto frequentata dalla Rustja, e sulla capacità di catturare la luce naturale e di trasfonderla nelle immagini pittoriche. Dopo aver sperimentato con vigore, interesse e buon esito il linguaggio impressionista e postimpressionista, la forza istintiva e l'intuizione, che caratterizzano la sua pittura, hanno condotto successivamente l'artista verso la graduale semplificazione formale dell'immagine, che la pittrice riesce a raggiungere felicemente fino ai limiti dell'astrazione e dell'informale, spesso sorretta, quand'è utile all'armonia dell'opera, da una matericità modulata, ricca e convincente, la quale assume anch'essa funzione narrativa.
Luisa Rustja ha dimostrato in tal modo di voler esperire i gradini fondamentali dello scibile pittorico moderno e contemporaneo, ma anche di essere in grado di percepire e recepire, ancora una volta in modo del tutto intuitivo e istintivo, le vie e le opzioni più recenti, cui guarda l'arte di oggi, che sta ritornando sovente, seppure in modo nuovo, sui propri passi, attraverso la proposta di immagini neo-figurative. Dopo tale rassegna, la quale riassume sinteticamente l'evoluzione linguistica della pittrice sarà proprio quest'ultimo il suo nuovo campo d'indagine e di sperimentazione".
Luisa Rustja (Trieste, 1948) ha studiato pittura con il maestro udinese Roberto Dolso e, alla Scuola del Vedere del capoluogo giuliano, con gli artisti Claudio Feruglio e Roberto Tigelli. Ha frequentato gli atelier del maestro espressionista Paolo Cervi Kervischer, di Silvano Clavora e di Franco Chersicola e ha approfondito l'acquarello con Claudia Raza. Ha iniziato a dipingere nel 2004. Da allora lavora intensamente e con passione, esprimendosi attraverso l'olio su tela e juta, la tecnica mista (realizzata con gesso in polvere, vinavil, acqua, malta sabbiata e pigmenti) e l'acrilico.
Ha preso parte a numerose rassegne collettive, tra cui, a Trieste, ad alcune edizioni della Mostra del Paesaggio ordinate alla Biblioteca Statale e a Palazzo Costanzi, al Gran Palais di Parigi, alle mostre internazionali Arte senza confini, allestite dall'Art Gallery nella propria sede triestina, a Klagenfurt, a Salisburgo, alla Casa della Cultura Gruden di Aurisina (Trieste) e al Castello di Duino (Trieste). Tra le altre, ha partecipato alla collettiva di Porto S. Rocco patrocinata dal Comune di Muggia, alle mostre allestite nel capoluogo giuliano per la Barcolana 2004 e per le Nozze Carsiche 2007. Ha preso parte ai concorsi ENDAS di Sappada, dell'Atelier degli Artisti di Trieste e a diversi concorsi internazionali.
A Trieste ha allestito mostre personali alla Galleria della Libreria Triestina (2004), alla Galleria Milko Bambic di Opicina (2005), al Circolo Canottieri Adria (2005), allo Spazio d'arte Bossi e Viatori (2006), al Centro Avalon (2009) e negli spazi espositivi della Provincia a Rupingrande. Nel 2009 è stata presente in Slovenia con una personale all'Hotel Safir di Sesana e all'Hotel Maestoso di Lipica. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti in Italia e all'estero.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Luisa Rustja, Espressione carsica, tecnica mista cm100x80, 2009
2. Luisa Rustja, (opera senza titolo), acrilico su tela cm60x80, 2008
La joie de vivre di Otilia Saldana
08 maggio (inaugurazione ore 18.30) - 21 maggio 2010
Galleria Rettori Tribbio 2 - Trieste
Mostra personale della pittrice Odilia Saldana, introdotta dall'architetto Marianna Accerboni, che propone una ventina di opere realizzate a olio su tela. "Giunta, per gli accadimenti della vita, a Trieste a soli 25 anni" scrive Marianna Accerboni "proveniente da zone di sogno, come quella sottile lingua di territorio - il Panamà - che congiunge Pacifico e Atlantico, tra il Mar delle Antille, la Colombia e la Costa Rica, Otilia Saldana ci dona il sorriso, l'allegria e la poesia della sua gente che, nel cuore del centro America, prende ogni giorno la vita come viene e "vive quello che ha". Nella nostra città Otilia si sposa e, dopo la nascita del primo figlio, scopre in sé la passione per l'arte e vi si avvicina, frequentando, in una sorta di full immersion, l'atelier del pittore triestino Paolo Cervi Kervischer, attivo in particolare nell'ambito dell'Espressionismo astratto.
Dopo aver sperimentato l'acrilico, la tecnica mista e l'olio, sceglie quest'ultimo quale mezzo prediletto e attraverso tale miscela compone un universo vivacissimo e felice sotto il profilo cromatico, che rispecchia e interpreta in chiave contemporanea il mondo da cui l'artista proviene, una terra ricca di tradizioni e di bellezze ancora poco note, in cui la civiltà indigena s'intreccia a quella spagnola, presente sul territorio dal XVI secolo. In tal modo Otilia Saldana porta a Trieste l'eco di antichissime civiltà, i cui decori venivano realizzati attraverso elementi e pigmenti naturali, con i quali le donne indigene kuna usavano dipingere il proprio corpo, realizzando ancestrali esempi di body painting e che l'artista riprende nei suoi lavori in modo originale e autonomo rispetto al tema del folklore.
Simboli e segni che furono adoperati in seguito dalle indios kunas anche per decorare la camicia e il vestito di uso quotidiano, chiamati mola, e per abbellire le altre parti composite del loro abbigliamento mediante la sovrapposizione di strati di tessuto opportunamente ritagliati e cuciti a formare disegni complessi e nel contempo essenziali, in cui si riflette la luce e la vitale poesia dei Tropici. Un altro settore significativo della pittura della Saldana narra invece, con inclinazione figurativa, l'umanità un po' dolente ma sorridente di quei luoghi.
Se, nell'osservare le interpretazioni dei decori popolari e i personaggi ritratti da Otilia, che vanno a formare una pittura naturalmente armonica, è istintivo, in rapporto al suo cromatismo acceso, il riferimento all'arte della mitica pittrice messicana Frida Kahlo, la quale esorcizzò il dolore attraverso l'intensità della sua brillante tavolozza e delle sue pulsioni; né può mancare, nell'analisi dell'iterazione del suo segno lineare e incisivo, il riferimento al ritmo dell'arte Inca, che connotò molte aree dell'America del Sud attraverso il più vasto impero precolombiano del continente americano; né, per scivolare in ambito letterario si può scordare la magica atmosfera, la quale avvolge i racconti del grande scrittore colombiano Gabriel Garcia Márquez, assieme alla luce e al silenzio, che rendono abbacinanti e uniche le strade di Macondo in Cent'anni di solitudine".
Immagini (da sinistra a destra):
1. Otilia Saldana, Il pavone, olio su tela cm80x80, 2010
2. Otilia Saldana, Il granchio, olio su tela cm80x80, 2008
Un uomo di neve
di Nidia Robba, ed. La Mongolfiera libri, pgg. 200, marzo 2010
09 aprile 2010, ore 18.30
Circolo della Stampa - Trieste
Presentazione del 14esimo libro della scrittrice triestina Nidia Robba. Condurrà l'incontro Helga Lumbar, che ha illustrato la copertina e leggerà alcuni passi del romanzo. Interverranno l'architetto Marianna Accerboni, cui il libro è dedicato, lo psicologo Fausto Ranieri e la giornalista Maria Cristina Vilardo. "Dopo 5 romanzi, 7 libri di poesie e uno di mottetti e scherzi" - scrive Marianna Accerboni - "Nidia Robba, 86 anni appena compiuti, scrittrice colta e delicata, compone con naturalezza, sottolineandola con una prosa piana e avvincente, un affresco contemporaneo, costellato di colpi di scena, che vede destreggiarsi nel cuore dell'Europa e in Russia, nel corso di cinquant'anni, un impenitente, acuto Casanova del 2000.
Il libro racconta la carriera di un libertino, che si scontra, s'incrocia e impegna l'esistenza di alcune protagoniste e comprimarie della commedia della vita, a volte delineate nel ruolo di vittime-carnefici. La neve e il gelo rappresentano il simbolo di purificazione e incorniciano - nel silenzio catartico della steppa russa - l'inizio e la fine della vicenda, che inizia con la giovinezza di Yves e si conclude con il suo declino..."
Nidia Robba, che per la sua attività letteraria ha ricevuto numerosi primi premi, innamorata della natura e degli animali, trova nel suo piccolo giardino il suo mondo. Qui vive con gli amati genitori prima, con la figlia poi. Appena diciassettenne frequenta la Facoltà di Lettere a Firenze, dove risiede per alcuni anni. Fin da giovanissima, viaggia molto in Italia con il padre, appassionato d'arte, e con la madre. Poi intraprende lunghi viaggi in Europa, accompagnata dalla figlia. Il primo romanzo Nidia Robba lo scrive a 18 anni. Numerosissime sono le sue poesie. Ma per decenni, fino al '78, l'autrice getta nel fuoco le sue opere, sospinta da una sorta di intimo pudore. Inizia infatti a pubblicare soltanto nel 2002, per interessamento della figlia.
Tra i suoi libri, Trieste la linda (2002), Raggi d'amore (2003), dedicato al 25esimo anno del Pontificato del Santo Padre. Nel 2004 ha dato alle stampe, in memoria dell'amato cugino Gerard, il volume intitolato Sotto il segno della nebulosa e il libro Cinquant'anni in fiore, che rievoca il ritorno di Trieste all'Italia, nel 2006 la fiaba-romanzo La cetra d'oro e Il sortilegio della città rosa, nel 2007 La verità falsa, nel 2008 L'angelo nello specchio, nel 2009 I carati dell'amore.
Auguri di luce per la Chiesa di S. Rita
03-15 aprile 2010
Chiesa di S. Rita - Trieste
Una delicata e raffinata Resurrezione di Cristo, dipinta da Giotto con grande modernità, illuminerà scenograficamente ogni sera (dalle 20.30 all'una del giorno successivo), fino al 15 aprile, la facciata della Chiesa dei Santi Andrea e Rita a Trieste: è il "Noli me tangere", realizzato dal grande maestro toscano tra il 1304 e il 1306 nell'ambito degli affreschi per la Cappella degli Scrovegni di Padova e trasformato in una magica performance augurale dall'architetto Marianna Accerboni - light designer che, dalla metà degli anni Novanta, lavora in Italia e all'estero sul tema della luce nell'ambito della public art, avvalendosi delle più sofisticate tecnologie - invitata da Vincenzo Mercante a creare un evento inedito per la Pasqua.
Nel periodo delle festività pasquali Santa Rita risulterà così l'unica "chiesa di luce" della città e nelle prossime occasioni festive e natalizie speciali effetti luministici continueranno a rendere magica la chiesa, secondo un linguaggio che, sostenuto e favorito dal continuo evolversi della tecnologia, rappresenta oggi una delle più innovative e interessanti tendenze dell'avanguardia nell'ambito della ricerca artistica contemporanea. La chiesa di Santa Rita, grazie alla sensibilità di Mercante, critico d'arte, insegnante di lettere, scrittore e pubblicista, è infatti da anni anche un luogo d'arte e di cultura e ha spesso ospitato manifestazioni in tale ambito.
L'immagine della resurrezione di Cristo, proiettata in grande scala sulla facciata della Chiesa, rappresenta la locuzione "Noli me tangere", attribuita a Gesù, che l'avrebbe rivolta a Maria Maddalena subito dopo la resurrezione (Vangelo secondo Giovanni), divenendo quindi tema ricorrente dell'iconografia sacra dal tardo Medioevo al Rinascimento. L'interpretazione di Giotto si situa in un momento della creatività dell'artista, in cui il suo stile si fa più largo e dolce, si attenua l'incisività del contorno e la composizione diventa più morbida, mentre la drammaticità dell'azione si palesa più pacata ma, in fondo, più intensa.
Immagine:
Scenografia luminosa realizzata da Marianna Accerboni proiettata nella chiesa di Santa Rita a Trieste
Luisia Comelli Luis e Lucia Lalovich Toscano: Primavera al castello... e dintorni
29 marzo (inaugurazione ore 15.00) - 11 aprile 2010
Sala I.A.T. - Sistiana (Trieste)
Nell'ambito della 2a edizione della manifestazione "Primavera al Castello", organizzata dal Comune di Duino Aurisina, la mostra propone l'originale intreccio dell'arte pittorica di Luisia Comelli Luis con quella fotografica di Lucia Lalovich Toscano: madre e figlia, riunite in un'originale operazione, che vede spesso Lucia Lalovich fotografare il meraviglioso paesaggio naturale di Duino e Sistiana, che ispira i quadri della madre. Luisia Comelli Lalovich ci propone in questa mostra il suo mondo incantato eppure reale, declinato ad olio, che rimane, dopo le prove giovanili realizzate anche a grafica e a tempera, la tecnica preferita dall'artista.
Il paesaggio è il suo cavallo di battaglia, descritto con pennellate ricche e incisive, intrise di luce e modulate sopratto sui toni di un morbido azzurro e del bianco, per descrivere soprattutto il cielo e il mare dell'amata costa di Duino e Sistiana, le sue pietre antiche e ricche di storia e la sua meravigliosa vegetazione, che l'artista declina con gioia, in modo quasi struggente. Un velo di poesia sottende questo universo della memoria, che la pittrice sa modulare secondo i modi convincenti del Postimpressionismo e dell'Espressionismo figurativo, composti sul filo di un sentimento quasi nostalgico, ma temperato dalla ragione.
Secondo i paradigmi della pittura en plein air, esercitata dai maestri europei del secondo Ottocento, la Comelli sa far scaturire dagli elementi architettonici e naturali che compongono le sue marine e le sue vedute, il linguaggio della luce, il quale rappresentò una delle caratteristiche precipue delle avanguardie di fine XIX secolo e del primo Novecento. In tal modo l'artista, nel cui fermento creativo rileviamo anche il gusto intenso per il colore che fu proprio dei fauves, sa coinvolgere il fruitore in una ricca e intensa sequenza di emozioni, espresse con grazia e con intensità. Lucia Lalovich Toscano ha nel sangue la sensibilità per l'arte e per il colore, ereditata dalla madre pittrice, e la traduce, esprimendosi in un genere che da anni a questa parte è assurto a vera e propria forma artistica: la fotografia o arte del terz'occhio.
Con grande capacità di sintesi e notevole intuizione nel cogliere l'attimo fuggente, la Lalovich, che espone soltanto da due anni, ma che in tale periodo ha già partecipato a mostre di prestigio, ci consegna, così come la madre, un'immagine rasserenata e rasserenante della natura e del paesaggio architettonico, in cui l'amore per la bellezza si sposa con la capacità di rendere l'atmosfera di un luogo, cogliendone gli aspetti cromatici più vivaci e coinvolgenti; ma soprattutto con l'istintiva abilità di rendere percepibile la natura del sito, prendendo in considerazione e inquadrando soltanto una parte per il tutto.
Un approccio naturalistico e immediato, che rappresenta sicuramente un felice punto di partenza per un'ulteriore evoluzione e per altre, diverse sperimentazioni. L'11 aprile alle ore 17, ultimo giorno della mostra, avrà luogo il finissage della manifestazione con l'introduzione critica delle opere di pittura e fotografia esposte nella rassegna, che sarà tenuta dall'architetto Marianna Accerboni.
Immagini (da sinistra a destra):
1. Luisa Comelli Luis, Luna piena sul Rilke, olio su cartone telato cm50x60, 2006
2. Lucia Lalovich Toscano, Tulipani, foto digitale reflex stampata su pannello k-mount cm50x35, 2008
Diego Iaconfcic: La danza dei corpi immobili
01 aprile (inaugurazione ore 17.30) - 25 aprile 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, inaugurata con un intervento critico di Marianna Accerboni, propone una serie di dipinti e sculture realizzati dalla metà alla fine degli anni '90 e il ciclo dedicato agli "spaventapasseri", portato a compimento dal 2007 a oggi: tutti lavori espressi attraverso quel taglio magico, onirico e surreale, che rappresenta la caratteristica precipua dell'artista. "Precario e immortale" scrive Marianna Accerboni "lo spaventapasseri, che qualcuno chiama anche lo 'straccione divino', rappresenta il principale motivo ispiratore di molte opere del pittore e scenografo triestino Diego Iaconfcic, la cui arte trae spunto dal mondo naturale e da quello magico, da un simbolismo fantastico e a tratti surreale, che s'ispira anche ad antichi riti e miti, come per esempio quello di Orfeo, che incantava gli animali con la musica...
Di madre triestina e padre di stretta ascendenza russa, Iaconfcic, che opera con successo anche nel campo del design, riesce a coniugare nella propria pittura con felice maestria l'immaginario fantastico e cromatico dell'antico teatro popolare russo con l'intensa capacità evocativa di scenografi e artisti quali per esempio Aleksandr Benois, che, assieme ad altri, fornirono un contributo straordinario e fastoso alla storia della scenografia moderna, grazie anche all'introduzione a Parigi e a Montecarlo dei celebri Balletti Russi.
Mediante una tecnica che commistiona olio, acrilico e collage, pennello e spatola, l'artista compone, attraverso l'icona dello spaventapasseri, questa magica 'danza dei corpi immobili', in cui scelte cromatiche, spesso calde e vivaci come quelle delle Saisons russes e ambientazioni diverse suggeriscono, tramite un ricco immaginario, stati d'animo e racconti differenti. E il tema della maschera, implicitamente presente nello spaventapasseri, con tutta la sua tensione emotiva, è evidenziato anche in forma scultorea da totem e opere tridimensionali ricche di pathos e di onirica poesia. Quante cose ci racconta - in fondo - lo spaventapasseri, con tutte quelle storie che ascolta, quando soffia il vento..."
Immagini (da sinistra a destra):
1. Diego Iaconfcic, Spaventapasseri 1, olio su tela
2. Diego Iaconfcic, Verso l'ignoto, olio su tela
Aldo Bressanutti: Terra d'Istria
15 marzo (inaugurazione ore 16.30) - 31 marzo 2010
Unione degli Istriani - Trieste
La rassegna, recentemente esposta a palazzo Modello a Fiume, sarà introdotta dall'architetto Marianna Accerboni nel corso di un incontro, organizzato dalla Fameia Piranesa presieduta da Franco Viezzoli e aderente all'Unione stessa. Seguirà la proiezione del documentario audiovisivo intitolato Conoscere l'Istria - Gimino (paese al centro della penisola istriana), il quale proporrà un'ampia sequenza di fascinose immagini realizzate dal fotografo piranese Rino Tagliapietra e sarà replicato alle ore 18.00. In mostra è esposta una quarantina di lavori su carta, scelti tra le centinaia di opere eseguite da Bressanutti per il libro Terra d'Istria. Viaggio pittorico attraverso i paesaggi della penisola istriana (Casa editrice Lint, 1987), che riporta testi di Luciano Lago con la collaborazione di Rinaldo Derossi e Claudio Rossit.
"Voce solista del panorama artistico triestino e regionale" scrive Marianna Accerboni "Bressanutti è capace di coniugare l'indagine del reale con il sogno introverso e metafisico, eppure solare, e la tenerezza del ricordo, celata dietro cenni ludici e ironici. Ogni sua opera è infatti venata di un'ironia più o meno accentuata, che accompagna soprattutto la produzione surreale dell'artista, mentre, nel ritrarre la realtà, il pennello si tinge sovente di una sfumatura poetica. Con un segno incisivo d'inclinazione narrativa, Bressanutti, classe 1923, insignito lo scorso anno del sigillo del Comune di Monfalcone ci consegna un'immagine fedele, analitica e poetica del fascino e della storia dell'Istria, sospesa, con i suoi scorci antichi e le reminescenze venete, tra il cielo, le colline e il mare.
Nato a Latisana, del tutto autodidatta, riprende definitivamente l'attività pittorica nel 1947, realizzando sia opere d'ispirazione narrativa, che lo rendono fin dagli inizi molto popolare, sia, subito dopo, lavori di gusto surreale. Nel corso della sua vita ha esposto in importanti e numerose rassegne personali e collettive in Italia, Inghilterra, Germania, Canada, Australia, Spagna, ecc. Nell'ultimo decennio è stato presente con i suoi quadri in varie città: da Roma a Milano e Genova a Berlino, Toronto, Melbourne, Tenerife, Düsseldorf, Londra, Berna ecc. Le sue opere si trovano in collezioni private e in Musei, enti e istituzioni in Italia e all'estero. Famoso per le sue vedute e per gli interni di Cittàvecchia, che oggi non esistono più, e per il suo particolare lessico surreale e metafisico Bressanutti è anche autore di altri cinque volumi illustrati, dedicati a Trieste, al Friuli Venezia Giulia e a Muggia".
I carati dell'amore
di Nidia Robba, ed. La Mongolfiera Libri
Se in ogni volto c'è un destino, in ogni esistenza individuale c'è la Storia un popolo. Che di questa realtà ognuno ne abbia consapevolezza non ha importanza poiché finirà comunque per segnarne ogni momento della vita. Come quella di Erika, che insieme ai familiari lascia la città di Fiume alla fine della Seconda guerra mondiale.
Odilia Egle Ciacchi: Fonti
08 marzo (inaugurazione ore 17.30) - 31 marzo 2010
Sala Comunale d'Arte - Trieste
La rassegna, curata da Marianna Accerboni, propone una ventina di opere recenti d'inclinazione espressionista, realizzate a tecnica mista, carboncino, pastello e acrilico su carta. "Odilia Egle Ciacchi" scrive Marianna Accerboni "persegue con intensità e passione una ricerca artistica volta a interpretare e svelare quel reticolo di emozioni e sensazioni che sottendono e animano la realtà visibile. Nell'ambito di tale sperimentazione la pittrice - che nel corso degli anni ha frequentato la Scuola dell'Acquaforte "C. Sbisà" con Franco Vecchiet, con il quale sta approfondendo attualmente i temi dell'incisione, e gli atelier di Paolo Cervi Kervischer e Franco Chersicola - ha istintivamente tratto dalla cultura artistica del proprio tempo i parametri secondo i quali esplicitare il proprio pensiero pittorico: la traccia è stata la poetica espressionista che, nelle sue molteplici forme, ha caratterizzato gran parte del Novecento europeo e internazionale.
Muovendo istintivamente da tale movimento, la cui matrice nasce dall'esperienza emozionale e spirituale della realtà, esplicitata attraverso un'intensa valenza cromatica e segnica, la Ciacchi, figlia d'arte, nel corso della sua attività espositiva nazionale e internazionale - con numerosi riconoscimenti (primo fra tutti il Premio internazionale Agazzi a Bergamo) - è riuscita a comporre con grande sensibilità e autentica energia un universo magico e onirico, il quale testimonia tuttavia il reale, sovrapponendo e intrecciando a una lettura soggettiva considerazioni di ordine universale.
In tale narrazione, che supera i canoni dell'Espressionismo figurativo, da cui l'artista era partita, la pittrice ha gradualmente abbandonato l'aspetto naturalistico della rappresentazione, sintetizzandola fino ai limiti dell'astrazione in un rapporto armonico delle forze e dei sentimenti, modulati attraverso un ritmo libero e personale e un'intensità cromatica più intensa, raggiunta nelle opere più recenti. Sensazioni, momenti di meditazione, intuizioni, ricordi espressi, con effetto catartico, a tecnica mista, carboncino, pastello e acrilico, che vanno recepiti quali Fonti di energia e di vita, nell'ottica di un'assimilazione del reale, positiva e profetica di speranza e di positività".
Immagine:
Odilia Egle Ciacchi, Energie cosmiche, tecnica mista cm.53x68, 2009
Francesco de Marco: Di segni in Segni
12 febbraio - 06 marzo 2010
Libreria Einaudi - Udine
L'esposizione, presentata dall'architetto Marianna Accerboni, propone una sequenza di oli e pastelli a cera realizzati di recente dall'artista, che, nato a Napoli nel 1964, si è formato nel capoluogo campano frequentando il pittore Vittorio Piscopo, fondatore del Futurismo napoletano, col quale aveva stabilito un profondo sodalizio. "Partenopeo prestato alle nebbie del nord" scrive Accerboni "de Marco supporta il proprio lavoro creativo e la propria ricerca artistica con una sapiente cultura di base, che non rende mai banali le sue allitterazioni pittoriche e le sue vivaci, luminose interpretazioni e allusioni alla realtà, conscio che quest'ultima può palesarsi in molteplici aspetti, che egli coglie con la libertà, la freschezza e l'immediatezza di un gesto pittorico e segnico, il quale conosce il linguaggio delle avanguardie e delle transavanguardie, ma, in fondo, se ne discosta.
Perseguendo un itinerario molto personale, da cui scaturiscono la gioia del dipingere e del colore, intrecciate a una filosofia atarassica nella riflessione, ma festosa e sostenuta da un ritmo e da una sintesi cinetica, che sottende la magnifica interpretazione di Pulcinella (maschera della commedia dell'arte, capace di superare i problemi con il sorriso, irridendo i potenti), così come gli elementi del paesaggio e della natura e il ritratto. Per de Marco la Maschera è il mistero, però può rappresentare anche lo stato d'animo recondito e sottaciuto, che il tocco dell'artista sa svelare, come la rabbia accesa, la tristezza e forse l'ipocrisia.
Mentre Pulcinella e il ritmo, che anima quest'antica maschera napoletana e le altre opere, promanano dall'inclinazione cinetica del Futurismo, frequentato dall'indimenticato maestro e amico Vittorio Piscopo, fondatore del Futurismo napoletano, accanto al quale de Marco si è formato a Napoli. La matrice espressionista si collega nell'artista, attraverso la mediazione dell'impeto futurista, a una vena sottile e personale di lirismo fantastico legato alla Nuova Figurazione, che accomuna tutti i suoi lavori: forme danzanti e silenziosamente palpitanti, mediante le quali de Marco esprime una molteplice e originale sperimentazione, che forse procederà ancora verso l'astrazione".
Immagine:
Francesco de Marco, Tammurrielle e nacchere, acrilico e olio su tela cm 70x100, 2005
Alice Psacaropulo
Lo spirito della musicalità dall'età cicladica all'epoca barocca
09 gennaio (inaugurazione ore 19.30) - 25 gennaio 2010
Antico Caffè Stella Polare - Trieste
Mostra personale della pittrice triestina presentata dall'architetto Marianna Accerboni. La rassegna, interamente dedicata al tema musicale, propone una quindicina di opere - selezionate dall'artista e amico Claudio Sivini, che ha curato l'allestimento - in cui la Psacaropulo interpreta in modo del tutto personale l'arte delle sette note. I lavori, realizzati a olio e tecnica mista su tela, comprendono gli Idoli cicladici, dipinti dalla fine degli anni Novanta a oggi, e i Gruppi musicali, creati dal 1991 al 2007. Gli Idoli cicladici - scrive Marianna Accerboni - traggono spunto dalle piccole statuette presenti nel Museo delle Isole Cicladi, al Metropolitan Museum di New York e in quello berlinese, che hanno particolarmente affascinato la Psacaropulo, essendo il padre originario proprio delle Cicladi.
I gruppi musicali sono stati invece ispirati dalla professione del figlio Stefano Casaccia, flautista e ideatore di eventi musicali. La stessa pittrice ha per altro sempre dimostrato grande sensibilità e attenzione per la musica, suonando da giovane il flauto e la chitarra e realizzando nel 1948 per la motonave Conte Biancamano un mosaico a tema musicale. Nata a Trieste, dove vive e opera, Alice Psacaropulo proviene da una famiglia di origine greca, sicula e lombarda, in cui si annoverano architetti e artisti. Laureata in lettere classiche, si è formata alla prestigiosa scuola di Felice Casorati dell'Accademia Albertina di Torino, ha partecipato alla storica Biennale veneziana del 1948 e ha allestito mostre personali e aderito a numerose collettive di livello in Italia e all'estero.
Ha formato - grazie alla sua attività di insegnante - molti fra i più importanti artisti triestini. Oltre alla pittura, ispirata anche da un lungo soggiorno a Venezia e in Honduras, e alla ritrattistica, si è dedicata con grande successo alla decorazione navale e all'affresco. Dal linguaggio novecentista frequentato attraverso Casorati e altri maestri italiani - conclude il critico - nel corso del tempo ha saputo evolvere la propria vena fantastica in un personale espressionismo e postcubismo e successivamente orientare il gesto verso l'arte surreale e il linguaggio naturalisticio, giungendo sulla soglia dell'Astrazione e dell'Informale.